SOGGETTO E PREDICATO NELLA PROPOSIZIONE SPECULATIVA HEGELIANA * Cinzia Ferrini 1. Premessa Il tema della preposizione speculativa è tornato di recente ad attrarre l’attenzione degli studiosi, e proprio ad “Hegel e il linguaggio” è stato dedicato il XVII incontro, nell’ottobre 2002, della Hegel Society of America.1 Il mio studio si propone di contribuire alla discussione in corso sul problema del linguaggio del sapere assoluto in Hegel, dal punto di vista logico-fenomenologico: 2 non prenderò pertanto ad oggetto la teoria hegeliana della natura del linguaggio così come è principalmente esposta a livello sistematicoenciclopedico nelle edizioni berlinesi (§§ 451-460) della sezione “Psicologia” della Filosofia dello spirito soggettivo, teoria che esamina i segni, i toni, le parole, la grammatica comparata, i sistemi di scrittura, la storia e l’interrelazione tra le lingue (§ 459, 1827 e 1830).3 La mia analisi si concentrerà soprattutto sulla trattazione hegeliana delle * Una prima versione di questo saggio è stata presentata nell'ambito delle Giornate di studio: “Il soggetto in filosofia: oggetto di riflessione/enunciatore di discorso” (Seminario per il Dottorato in Filosofia, XVI ciclo) organizzate dal Dipartimento di Filosofia della Facoltà di Lettere dell’Università di Trieste (26-27 febbraio 2001). Ringrazio: la coordinatrice, Prof. M. Sbisà, e il Prof. R. Festa, rispettivamente per l’occasione di lavoro e di confronto, il Prof. M. Pagano per le opportune, utili e stimolanti osservazioni. 1 Il programma del convegno comprendeva le seguenti relazioni: K. Thompson, “Fragmentation, Contamination, Systematicity: The Threats of Representation and the Immanence of Thought”; Chong-Fuk Lau, “Language and Metaphysics: The Dialectics of Hegel’s Speculative Proposition”; A. Nuzzo, “The Language of Hegel’s Speculative Philosophy”; J. Reid, “Objective Language and Scientific Truth in Hegel”; J. McCumber, “SoundTone-Word: Towards an Hegelian Philosophy of Language”; D. Kolb, “The Logic of Language Change”; K. Dulckeit, “Language, Objects and the Missing Link: Reflections on Hegel’s Theory of Reference”; J. Vernon, “The Realm of Abstraction: The Role of Grammar in Hegel’s Linguistic System”; W. Dudley, “Telling the Truth: Systematic Philosophy and the Aufhebung of Poetic and Religious Language”; C. Kellogg, “The Three Hegels: Kojève, Hyppolite and Derrida on Hegel’s Philosophy of Language”; C. May, “Hegel, Kristeva, and the Language of Revolution”; K. Pahl, “The Dance of the Speculative Proposition”. Tra i contributi italiani più recenti sul tema, si vedano: M. Adinolfi, Quel che giunge alla parola: Hegel e la proposizione speculativa, “Il Pensiero”, XL, 2001, 1, pp. 63-81; V. Vitiello, Hegel: proposizione speculativa e riflessione ponente, ivi, pp. 83-90. 2 L’importanza del tema del linguaggio per il progetto speculativo hegeliano è stata di recente riaffermata da M. Richir, “Langage et langue philosophique dans le devenir chez Hegel (Science de la logique)”, in J.-C. Goddard (ed.), Le transcendental et le spéculatif dans l’idéalisme allemand, Paris, Vrin, 1999, pp. 173-189. 3 Commenti a questi paragrafi dell’Enciclopedia si trovano in: F. Schmidt, Hegels Philosophie der Sprache, “Deutsche Zeitschrift für Philosophie”, IX, 2, 1961, 7, pp. 1479-1486; I. Fetscher, Hegels Lehre vom Menschen. Ein Kommentar zu den §§ 387 bis 482 der Enzyklopädie der philosophischen Wissenschaften (Tübingen Univ. Diss. 1950), Tübingen, Frommann, 1970; Hegel’s Philosophy of Subjective Spirit, ed., trad., comm. di M. J. Petry, vol. 3, Phenomenology and Psychology, Dordrecht, Reidel, 1978; J. McCumber, Hegel’s Philosophical Languages, “Hegel-Studien”, XIV, 1979, pp. 183-196; L. Eley (hrsg.), Hegels Theorie des subjektiven Geistes in der Enzyklopädie der philosophischen Wissenschaften im Grundrisse, Stuttgart-Bad Cannstatt, FrommannHolzboog, 1990; F. Hespe (hrsg.), Psychologie und Anthropologie oder Philosophie des Geistes (Beiträge zu einer Hegel-Tagung in Marburg 1989), Stuttgart-Bad Cannstatt, Frommann-Holzboog, 1991; H. Drüe et al., Hegels “Enzyklopädie der philosophischen Wissenschaften” (1830). Ein Kommentar zum Systemgrundriß, Frankfurt a. M., Suhrkamp, 2000. La considerazione hegeliana del linguaggio in sede psicologica e antropologica è esaminata da T. Bodammer, Hegels Deutung der Sprache, Hamburg, Meiner, 1969, rispettivamente alle pp. 23-67 e 97-112. 5 Cinzia Ferrini / Soggetto e predicato nella proposizione speculativa hegeliana determinazioni del giudizio, soggetto, copula e predicato, nelle loro possibili relazioni logico-formali (nel capitolo “Il giudizio” della Logica soggettiva o Dottrina del concetto), in rapporto all’io enunciatore di discorso e alle proposizioni del sapere ordinario nella Fenomenologia dello spirito,4 e non si occuperà del linguaggio della “vita” dello spirito assoluto, così come si esprime nelle relazioni sociali e storiche del mondo morale e religioso.5 Il contesto generale in cui si viene a collocare la mia riflessione vuole essere infatti il dibattito in corso nella filosofia contemporanea tra coloro che ritengono la dialettica hegeliana incapace di “liberare le differenze”6 e coloro che reagiscono a questa lettura tacciandola di “semplicismo”.7 Qui mi propongo di riconsiderare la dialettica di identità-differenza attraverso l’esame del modo scelto da Hegel per parlare del contesto logico e fenomenologico in cui il linguaggio è usato in senso ordinario e in senso filosofico. L’intento è quello di ricostruire il percorso secondo cui viene “distrutta” la certezza dell’opinione comune sulla natura della proposizione in generale. Tale opinione vede i predicati come differenze permanentemente indipendenti e divise dal soggetto della proposizione, al quale vengono attribuiti grazie alla mediazione estrinseca di un Io giudicante, secondo un rapporto di inerenza o sussunzione: “senza indagare se tali predicati in sé e per sé siano qualcosa di vero, né se la forma del giudizio possa essere la forma della verità”.8 Dal punto di vista dei contenuti, il tema verrà sviluppato a partire dalla specifica interpretazione hegeliana (il vero non come sostanza, ma altrettanto come soggetto) del principio idealistico secondo cui le nostre soggettive determinazioni di pensiero sono anche determinazioni dell’essenza delle cose, della loro realtà e oggettività (la famosa identità di soggetto e oggetto, o di razionalità e realtà effettiva, per cui il Wissen è conoscenza dell’an sich del Gegenstand, e solo il pensiero è l’essenziale dell’essente).9 Centrale per il nostro 4 Per questi aspetti, si veda la seguente bibliografia essenziale: J. Simon, Das Problem der Sprache bei Hegel, Stuttgart, Kohlhammm, 1966; W. Marx, Absolute Reflexion und Sprache, Frankfurt a. M., Suhrkamp, 1967; J. Simon, Die Kategorien im ‘gewohnlichen’ und im ‘spekulativen’ Satz, “Wiener Jahrbuch für Philosophie”, n. 3, 1970, pp. 9-37 (anche in “Contemporary German Philosophy”, n. 2, 1983, pp. 112-37); D. Cook, Language in the Philosophy of Hegel, The Hague, Nijhoff, 1973; R. Heede, Die Dialektik des spekulativen Satzes, “Hegel-Jahrbuch 1974”, pp. 280-293; J. Soll, Sentences Against Sentences: An Aspect of the Hegelian Dialectic, “Dialectic and Humanism”, I, n. 4, 1974, pp. 64-73; J. P. Surber, Hegel’s speculative sentence, “Hegel-Studien”, X, 1975, pp. 211-230; H. G. Gadamer, Verità e Metodo, a c. di G. Vattimo, Milano, Fabbri, 1972 (ma cfr. anche Id., Verità e metodo 2, a c. di R. Dottori, Milano, Bompiani 1995); G. Wohlfart, Der spekulative Satz. Bemerkungen zum Begriff der Spekulation bei Hegel, Berlin/New York, De Gruyter, 1981; S. Houlgate, Hegel, Nietzsche and the Criticism of Metaphysics, Cambridge, Cambridge University Press, 1986, pp. 141-156; H. S. Harris, Hegel’s Ladder, vol. I: The Pilgrimage of Reason, Indianapolis/Cambridge USA, Hackett, 1997, pp. 137-146. 5 A questo tema sono state dedicate due relazioni alla recente conferenza internazionale “Contemporary Hegel. La ricezione americana a confronto con la tradizione europea” (Venezia, 16-18 maggio 2001): “The Role of Language in Hegel’s Critique of Knowledge” di A. B. Collins, e “Hegel e il linguaggio (Quale alterità?)” di D. Goldoni, di prossima pubblicazione nei relativi Atti. 6 M. Foucault, “Theatrum Philosophicum”, in Dits et écrits 1954-1988, Paris, Gallimard, 1994, vol. 2 (1970-1988), p. 90. 7 R. Devos, How Absolute is Hegel’s Absolute Knowing?, “The Owl of Minerva”, 30, n. 1, 1998, pp. 33-34. 8 Hegel, Werke in zwanzig Bänden [d’ora in poi W] vol. 8, Enzyklopädie der philosophischen Wissenschaften I, a c. di E. Moldenhauer e K. M. Michel, Frankfurt a. M, Suhrkamp, 1983, § 28, p. 94. La resa del testo hegeliano della grande Enciclopedia con le Aggiunte segue solo in parte la trad. it. a c. di V. Verra (vol. I, La Scienza della logica, Torino, Utet, 1981), da me rivista. 9 Sul vero sia come sostanza che come soggetto si vedano le considerazioni di Vitiello, “Hegel: proposizione speculativa”, cit., pp. 83-87, che pone a tema, richiamando il Platone della VII Lettera, anche la anomalia della struttura sintattica di questa celebre proposizione hegeliana. Cfr. in particolare le pp. 85-86: “Se non è ‘sostanza’ – id est: se non è l’immoto soggetto del giudizio del pensare rappresentativo, della logica formale –, il vero neppure 6 Esercizi filosofici 2002 / Testi discorso sarà il confronto tra: 1) la forma di giudizio (soggetto-copula-predicati) che Hegel ascrive alla “riflessione ordinaria” e al comune “comportamento del sapere”, inteso come attribuzione di una varietà di predicati ad un soggetto fisso e stabile nella sua identità: “un quieto soggetto che, immoto, sostenga gli accidenti”; e 2) il suo sviluppo conflittuale nella proposizione speculativa caratteristica del “pensiero concepente”, in cui al predicato viene attribuito un significato sostanziale, in quanto viene espresso come l’essenza che esaurisce la natura di quel soggetto: esso quindi passa interamente nel predicato, togliendosi quale “fondamento”.10 Dal punto di vista della struttura argomentativa, il primo passo sarà quello di evidenziare, attraverso una selezione di testi, la definizione hegeliana dell’operare riflessivo proprio del Verstand e quello negativo-dialettico e positivo-speculativo della Vernunft, definendone la natura specifica e le modalità di rapporto (§ 1). Il secondo punto della nostra analisi sarà quello di mostrare le conseguenze di tali definizioni sulla concezione dalla natura delle opposizioni finite (quale ad esempio quella di soggettooggetto), e sulla relazione tra conoscere comune e filosofico nel pensiero hegeliano (§ 2). Partendo dal duplice risultato fenomenologico presupposto dalla logica hegeliana: 1) “che per noi la cosa (Sache) non possa essere altro che i nostri concetti di essa”,11 e che 2) è “di fatto (faktisch) falso che si dia (es … gebe) un sapere immediato, un sapere privo di mediazione, sia questa mediazione con altro o in lui stesso con sé”,12 avremo sufficienti strumenti per esaminare il “contraccolpo” (Gegenstoß) che il pensiero subisce confrontando forme riflessive di giudizio con la connessione di determinazioni differenti mediate intrinsecamente dall’unità del concetto (§ 3). Contro le interpretazioni che vedono nella dialettica hegeliana un metodo garante della riduzione dell’alterità all’identità del Sé, concluderemo infine che per Hegel compito della proposizione veramente filosofica è piuttosto di esporre quel contrasto interno che è il movimento dialettico della proposizione (§ 4).13 Da una parte, la proposizione speculativa “risveglia” continuamente l’opinione della comune divisione tra soggetto e predicato, dall’altra, mettendo tali determinazioni in relazione, rende visibile il loro conflitto, il quale non esibisce (darstellt) altro che “il è solo ‘soggetto’ – il vuoto Io del pensiero raziocinante, che è sempre di là d’ogni contenuto determinato –. Vero è il movimento dal soggetto al predicato – dalla ‘sostanza’ al ‘soggetto’ –; vero è il concetto che si fa da soggetto predicato, riprendendo ‘in sé le proprie determinazioni’. Vero non è sostanza – è anche sostanza –. Ed è ‘soggetto’, Selbst, Sé, solo essendo anche sostanza. Chiaro che qui il termine ‘sostanza’ assume un significato affatto diverso da quello che ha nel pensare rappresentativo e raziocinante (vorstellendes und räsonnierendes Denken). Siamo al punto più profondo dell'analisi hegeliana della proposizione speculativa”. 10 Secondo W. Maker, Philosophy Without Foundations: Rethinking Hegel, Albany, Suny Press, 1994, e “The Very Idea of the Idea of Nature, or Why Hegel Is not an Idealist”, in S. Houlgate (ed.), Hegel’s Philosophy of Nature, Albany, Suny Press, 1998, pp. 1-27, questa sarebbe una strategia costante della filosofia hegeliana. Ad esempio, per quanto riguarda la Fenomenologia, essa non va intesa come la “perversione” del progetto critico kantiano, ma come il suo ultimo e radicale completamento, in quanto non porta alla assolutizzazione affermativa della coscienza. Piuttosto, attraverso la considerazione del tentativo della coscienza di rendersi essa stessa assoluta, l’opera di Hegel conduce alla dimostrazione immanente che la coscienza non può essere presa come il “principio fondazionale” della filosofia (Maker, Philosophy Without Foundations, cit. p. 78). 11 W, vol. 5, Wissenschaft der Logik I, Prefazione alla II ed., p. 25 La resa del testo hegeliano segue solo in parte la trad. it. a c. di A. Moni, riv. da C. Cesa, Bari, Laterza, 1984, da me rivista. 12 W 8, § 75, pp. 164-165. 13 Queste le conclusioni di Vitiello rispetto al motivo dell'alterità, per cui l'altro “si cela nel medesimo e si confonde con esso”: “…appare chiaro che non fuori ma nella forza stessa dello spirito che si espande è la pesantezza, l’impedimento che la trattiene, il contraccolpo che la ripiega su di sé, l’altro che la nega. Che non è l’op-posto, ciò che sta di contro, dal quale non sarebbe poi tanto difficile guardarsi. L’altro è l’interno, l’intimo – l’Ansichsein che resta tale pur nel Fürsichsein quel duro nocciolo sostanziale che mai non si scioglie” (Hegel: proposizione speculativa, cit., p. 90). 7 Cinzia Ferrini / Soggetto e predicato nella proposizione speculativa hegeliana necessario contrasto delle determinazioni dell’intelletto con se stesso”, poiché “la lotta della ragione consiste nel superare (überwinden) quello che l’intelletto ha fissato”.14 2. Verstand e Vernunft tra logica e logicità Hegel distingue tra “logica” (die Logik) ed elemento logico o logicità (das Logische). La “logica” è definita “scienza del pensiero puro” o sistema della ragion pura, il cui contenuto è il pensare oggettivo, secondo la celebre formula dell’identità razionale di metafisica e logica. La Scienza della logica ha come presupposto la Fenomenologia, vale a dire la negazione della forma dell’opposizione, propria della coscienza, tra un soggettivo esser per sé ed un separato ed indipendente essere oggettivo (che non ha bisogno del pensiero per costituirsi nella sua permanenza e stabilità), che fronteggia il soggetto come una realtà già compiuta in se stessa. Hegel scrive: La scienza pura presuppone la liberazione dall’opposizione della coscienza. Essa contiene il pensiero (den Gedanken) in quanto è insieme anche la cosa [rappresentata, considerata] in se stessa (die Sache an sich selbst), oppure la cosa in se stessa, in quanto è insieme anche il puro pensiero (der reine Gedanke).15 Per “opposizione fenomenica” ci riferiamo a ciò che Hegel intende come apprensione ordinaria del rapporto soggetto-oggetto quale si dà nella nostra coscienza comune (non filosofica) e nel nostro modo usuale di conoscere o sapere l’oggetto. Secondo il modo in cui le cose dapprima appaiono e vengono comprese, si presuppone che la materia del conoscere sussista già in sé e per sé quale un mondo già compiuto nella sua realtà al di fuori del pensiero, e che il pensiero sia una forma vuota e indeterminata, che soppraggiunge dall’esterno, si riempie di quella materia del conoscere, e solo in questo modo acquista un contenuto, diventando un conoscere reale, rendendosi adeguato all’oggetto.16 Come vedremo più avanti, questa rappresentazione comune si esprime nella relazione predicativa, definita “raziocinante” (räsonierenden), della proposizione copulativa (Satz). Con l’espressione die Befreiung von dem Gegensatze des Bewußtseins, Hegel intende indicare il risultato positivo-razionale (vale a dire la generazione dell'universale e la comprensione concettuale del particolare in esso)17 delle esperienze che la coscienza fa di tutte le forme – teoriche e pratiche – del suo rapporto verso l’oggetto. Nel paragrafo che conclude la fenomenologia sistematica dell’Enciclopedia, seconda sezione della “Filosofia dello spirito soggettivo”, il § 439, tale risultato è espresso come quella raggiunta identità, razionale e consapevole, di certezza soggettiva e contenuto oggettivo che è il possesso (non la ricerca) di un sapere “vero”. La Fenomenologia si conclude infatti con la conquista del punto di vista del sapere assoluto o con il concetto della scienza. Se per Hegel la “verità è l'accordo del pensiero con gli oggetti”,18 siamo nell’elemento della verità come sapere, siamo nella Vernunft, pensiero infinito, come vedremo tra poco, e non nel Verstand, pensiero finito, in quanto abbiamo l’autocoscienza, la “certezza” (Gewißheit), che i nostri pensieri non sono solo un alcunché di soggettivo, ma sono altrettanto oggettivi, 14 Ivi, § 32, Z., p. 99. W 5, Introduzione, p. 43. 16 Ivi, pp. 36-37. 17 Ivi, p. 16. 18 Ivi, p. 37. 15 8 Esercizi filosofici 2002 / Testi determinazioni dell’essenza, della natura (vale a dire del concetto o dell’in sé) delle cose esterne, cui la nostra rappresentazione si riferisce: le Dinge.19 Ci potrà essere una “scienza” della logica solo in quanto è stato dimostrato dialetticamente come “per noi la cosa (la cosa rappresentata, Sache) non possa essere altro che i nostri concetti di essa”.20 Vedremo che questo sapere assoluto sarà espresso dal superamento della forma proposizionale corrispondente al modo comune di intendere la relazione soggetto-oggetto, in quanto opposizione i cui i termini valgono solo nella loro divisione e separatezza. A differenza della logica, dell’elemento del pensiero puro, del pensiero come forma assoluta che ha come materia e contenuto le forme del pensare oggettivo, das Logische indica invece nel suo complesso l’attività assolutamente universale (soggettivo-oggettiva) del pensiero, quando inizia e termina di concepire un oggetto.21 Un’attività formale che viene definita come una unità processuale scandita secondo due momenti fondamentali, intellettivo e razionale, dove la razionalità opera a sua volta in modo prima negativo/dialettico nei confronti dei risultati dell’operare intellettivo, e poi positivo. Il movimento del conoscere viene dunque definito da Hegel come la logicità che, quanto alla forma, inizia con la modalità intellettiva, che consiste nel cogliere gli oggetti dati nelle loro distinzioni determinate, fissandoli poi in tale isolamento.22 Come nel caso richiamato prima dell’opposizione fenomenica tra un soggetto/pensiero/vuota forma e un oggetto/essere/contenuto. Più precisamente, il pensiero intellettivo “consiste in generale nel conferire al suo contenuto la forma dell’universale”, e in primo luogo opera astraendo, secondo il principium individuationis e quello di identità, distinguendo, determinando, separando, irrigidendo, fissando, o anche contrapponendo l’universale al particolare, il quale viene ‘sussunto’ sotto il primo.23 3. La forma dell’opposizione e il suo superamento dialettico Per questo aspetto astraente, la forma intellettiva del pensiero si oppone alla sensazione e all’intuizione immediata, che per Hegel non sono, come tali, attività conoscitive, benché il pensiero operi e sia presente, permei e determini, sentimenti e rappresentazioni, e in generale ogni attività e manifestazione umana in quanto tale.24 Nella Prefazione alla seconda edizione della Scienza della logica, Hegel ribadisce che il pensiero effettua, produce, il carattere propriamente “umano” di ciò che ci appartiene anche istintivamente, nel momento stesso in cui parliamo dei nostri sentimenti: passioni, desideri, intuizioni, istinti più interni, vale a dire li esprimiamo linguisticamente: Le forme del pensiero sono anzitutto esposte e consegnate nel linguaggio umano. Ai nostri giorni non si può mai ricordare abbastanza spesso che quello, per cui l’uomo si distingue dall’animale, è il pensiero. In tutto ciò che diventa per lui un interno, in generale una rappresentazione, in tutto ciò che l’uomo fa suo (was er zu dem Seinigen macht), si è insinuato il linguaggio; e quello di cui l’uomo fa linguaggio e ch’egli estrinseca nel 19 W , vol. 10, Enzyklopädie der philosophischen Wissenschaften III, § 439, p. 229. W 5, Prefazione alla II ed., p. 25. 21 W 8, § 79, p. 168. 22 Ivi, § 80, p. 169. 23 Ivi, Z., p. 169. 24 Ivi, § 2, p. 42. 20 9 Cinzia Ferrini / Soggetto e predicato nella proposizione speculativa hegeliana linguaggio, contiene, in una forma più inviluppata e meno pura, una categoria. Tanto è naturale all’uomo la logicità (das Logische), o, meglio, tanto è vero che questa è la sua stessa peculiare natura.25 Hegel procede poi alla individuazione delle espressioni logiche nelle lingue (preposizioni, articoli, sostantivi, verbi).26 Così ad esempio, in ogni proposizione il cui contenuto è interamente sensibile come “questa foglia è verde”, sono già mescolate categorie come “essere” e “singolarità” (Einzelheit);27 tuttavia, “è diverso avere tali sentimenti e tali rappresentazioni” in cui sono presenti forme di pensiero, ed avere dei pensieri in proposito.28 Se da una parte Hegel ritiene che sia un “pregiudizio” della sua epoca aver stabilito la separazione di sentimento e pensiero, tanto da renderli opposti,29 d’altra parte solo al metalivello del riflettere, del Nachdenken, possiamo parlare di trasformazione di sentimenti e rappresentazioni “in pensieri”. Se intuizione e sensazione nell’uomo sono comunque i sentimenti di un essere pensante e non di un animale,30 tuttavia, all’opposto dell’intelletto, di per sé essi “hanno interamente a che fare con il concreto e rimangono fermi ad esso”.31 Il punto di partenza del nostro esame dell’attività mentale con cui apprendiamo un oggetto è costituito dalla relazione fra la coscienza immediata, naturale, sensibile, e la singolarità della cosa. La Fenomenologia inizia prendendo ad oggetto la certezza sensibile, che si rapporta alla cosa come ad un “questo”, un Dieses, tale che “è”, sussiste, indipendentemente e indifferentemente dal fatto di venir saputo o meno. A tale piano ontologico di rappresentazione corrisponde quello gnoseologico di ritenere che il proprio sapere sussista solo in funzione dell’esistenza dell’oggetto, ne dipenda assolutamente. Questa opinione della certezza sensibile sulla relazione sapere-oggetto si rovescia proprio nell’espressione linguistica, dove quell’essenziale che l’oggetto era ritenuto essere, come un “questo” che è “adesso e qui”, diventa, per la coscienza sensibile stessa, “un qualcosa che non è né questo né quello, un non-questo, e che è altrettanto indifferente ad essere sia questo che quello” vale a dire un universale astratto32. Scrive Hegel: 25 W 5, Prefazione alla II ed., p. 20. Si veda inoltre W 8, § 24, Z. 1, p. 82. Per una trattazione più ampia e sistematica di questo tema, mi permetto di rimandare al mio “Forma e natura nei presupposti della logica come scienza in Hegel”, Il Pensiero, XXVI, 2, 1985, pp. 137-164. 26 Cfr. W 10, § 459, pp. 271-277, ed il contesto storico-culturale in cui si situa il riferimento di Hegel alla grammatica comparativa ricostruito da Petry in Hegel’s Philosophy of Subjective Spirit III, cit., pp. 416-417, e pp. 420-421, con particolare riguardo agli scritti di Wilhelm von Humboldt Ueber das Entstehen der grammatischen Formen, und ihren Einfluss auf die Ideenentwicklung (1822) e Ueber den Dualis (pubblicato nel 1828). 27 W 8, § 3, p. 45. 28 Ivi, § 2, p. 43: “Allein es ist verschieden, solche vom Denken bestimmte und durchdrungene Gefühle und Vorstellungen – und Gedanken darüber zu haben”. 29 Di legame armonico di Gefühl e Gedanken come forze congiunte aveva già parlato Wilhelm von Humboldt nel suo Ueber den Geschlechtsunterschied und dessen Einfluss auf die organische Natur (1795), in Id., Werke, vol. I, 1785-1795, a c. di A. Leitzmann, Berlin, Behr, 1903; repr. Berlin, de Gruyter, 1968, p. 313. 30 Nell’Aggiunta al § 24 troviamo scritto che anche l'animale è an sich universale, ma l’universale come tale non è per lui, nel senso che per l’animale ci sono soltanto cose singolari. Chiarito che qualcosa è “per me” in quanto è nella mia coscienza, Hegel procede a differenziare ulteriormente l’animale dall’uomo dal punto di vista del linguaggio della soggettività. Mentre l’uomo può dire che l’Io è il pensiero come pensante (Wir können sagen […] Ich ist das Denken als Denkendes), l’animale non può dire “Io”. Solo l’uomo può, perché è pensiero (cfr. W 8, pp. 82-83). 31 Cfr. W 8, § 80, Z., p. 169. 32 Su questo punto si veda C. Bruaire, Idealisme et philosophie du langage, “Hegel-Jahrbuch 1964”, pp. 16-26. 10 Esercizi filosofici 2002 / Testi Anche il sensibile noi lo esprimiamo (aussprechen) come un universale. Ciò che noi diciamo (was wir sagen), “è: questo”, vale a dire “l’universale questo”, oppure: “esso è”; vale a dire, l’essere in generale. Certo con ciò non ci rappresentiamo (vorstellen) il questo universale o l’essere in generale [bensì quell’oggetto concreto di cui parliamo], ma enunciamo (aussprechen) l’universale, o anche noi semplicemente non parliamo (sprechen) come intendiamo/opiniamo in questa certezza sensibile. Ma il linguaggio (die Sprache) è, come si vede, il più vero. in esso noi stessi confutiamo immediatamente la nostra opinione. E poiché l’universale è il vero della certezza sensibile e il linguaggio esprime solo questo vero, così è del tutto impossibile che noi possiamo mai dire (sagen) un essere sensibile che noi opiniamo.33 Il linguaggio esprime solo l’universale, e mai quell’esserci immediato, irripetibilmente singolare e quindi incommensurabile agli altri esserci, per sé stante, che la coscienza naturale crede di dire. Nei termini della riflessione contemporanea, il linguaggio non è, dunque, das Haus des Seins, non ha dignità ontologica, neppure è un mezzo in cui io e mondo “si presentano nella loro originaria cogenerità”,34 ma, come ha ben riconosciuto Löwith, per Hegel il linguaggio è la casa non dell’essere, ma del pensiero umano, così come il linguaggio, insieme al lavoro, è un “modo di esistenza originario dello spirito che appare come coscienza”.35 Tuttavia, quando Löwith sottolinea che qui il linguaggio ha “solo” (nur) questo significato, di essere privo in quanto tale di indipendenza e originarietà, la priorità che egli ascrive alla dimensione ontologica non gli fa cogliere la essenzialità della dimensione epistemico-speculativa del linguaggio stesso. Secondo Hegel, infatti, quando nella certezza sensibile stessa si mostra che non possiamo non “dire” il sensibile “questo, adesso” che come l’universale “questo, adesso”, tale impossibilità a cogliere la puntualità esprime in realtà la verità di ogni singolo “questo, adesso”. Ciò che risulta vero, permanentemente vero (in senso idealistico), dell’oggetto sensibile, è il suo esser saputo non come una puntualità eterogenea ad un altro “questo, adesso”, qualitativamente escludente ed estrinseca al soggetto, ma come una determinazione universale, in sé mediata dal presupposto di un soggetto. Tuttavia, questo rovesciamento dell'opinione non investe solo il lato dell’oggetto, bensì anche quello del soggetto, e proprio nella misura in cui è “soggetto enunciatore di discorso”. Se quando pronuncio termini quali “il singolo”, “questa singola cosa”, “qui”, “adesso”, per Hegel non pronuncio altro che universalità, ugualmente, quando pronuncio la parola “io”, intendo il “me”, come essere individuale distinto e separato da tutti gli altri, ma ciò che dico: “io”, è precisamente ogni “io” che in quanto tale si distingue da tutti gli altri. Per questo alcuni interpreti di queste pagine hegeliane hanno parlato di un linguaggio che, per Hegel, non sarebbe capace di “esprimere” (aussprechen) alcunché di individuale.36 Basti qui solo accennare alla singolarità della posizione 33 W, vol. 3, Phänomenologie des Geistes, p. 85, la resa in italiano del testo hegeliano segue solo in parte la la tr. it. di E. De Negri, Fenomenologia dello spirito, Firenze, La Nuova Italia (1960), vol. I, 1995, p. 84, da me rivista. 34 Gadamer, Verità e metodo, cit., p. 541. 35 Cfr. K. Löwith, Hegel und die Sprache, “Sinn und Form”, nn. 1-2, 1965, pp. 110-131: in particolare le pp. 117118. 36 Cfr. J. M. Ripalda, Die Sprache spricht nicht aus. Bemerkungen zu Hegels Sprachphilosophie, “Hegel-Studien”, XXXIV, 1999, pp. 39-59. Ripalda conduce la sua analisi confrontandosi in modo particolare con J. Derrida, Le puits et la pyramide. Introduction à la sémiologie de Hegel (1972), secondo cui la produzione creatrice del segno si ridurrebbe in Hegel ad una semplice esteriorizzazione o “espressione” come trasposizione all'esterno di un contenuto interiore (cfr. ivi, pp. 49-59). Analoga posizione troviamo in I. Soll, An Introduction to Hegel’s Metaphysics, Chicago, Chicago University Press, 1969, pp. 91-110; G. Plumer, Hegel on Singular Demonstrative Reference, “Philosophical Topics”, 11, 1980, pp. 71-94; secondo questi autori, Hegel nega la possibilità di riferirsi a oggetti particolari di esperienza, quali alberi e case, in quanto il linguaggio è universale. Recentemente K. Dulckeit (“Can Hegel refer to Particulars?”, in J. Stewart, The Phenomenology of Spirit Reader. Critical and Interpretive Essays, Albany, Suny Press, 1998, pp. 105-121) ha contestato una simile interpretazione, 11 Cinzia Ferrini / Soggetto e predicato nella proposizione speculativa hegeliana hegeliana, rispetto alle teorie del tempo, dallo Schleiermacher di Dialektik e Hermeneutik,37 allo Humboldt di Über Denken und Sprechen.38 Ricordato così il significato assunto nel suo complesso dal linguaggio in sede di esperienza fenomenologica, un senso speculativo che non può essere ridotto alla “preformazione istintiva di rapporti logici di riflessione”,39 va però detto che la parte formale del linguaggio, esaminata in sede di Psicologia enciclopedica, è, quella sì, prodotta dall’istintiva attività categoriale del nostro intelletto, che si costruisce nei toni articolati come la parte grammaticale del discorso.40 Ora se per Hegel “preposizioni, articoli, sostantivi, verbi” contengono tutti implicitamente espressioni logiche, l’attività astraente, individuante, fissante, del pensiero nella sua modalità intellettiva è però solo il primo, immediato aspetto formale della logicità stessa, che ha valore realmente determinante solo nella completezza dei suoi aspetti, nella sua interezza. L’operare intellettivo è dunque, filosoficamente, qualcosa da superare per la sua rigidità e unilateralità, ma da conservare e non da annullare/cancellare. Hegel riconosce in più punti41 che al pensiero semplicemente intellettivo deve essere attribuito “il suo diritto e il suo merito”, in campo sia teorico (per le scienze della natura: l’individuazione di elementi/forze/generi; per la matematica: la trattazione della grandezza; per la geometria: il confronto tra figure; per la giurisprudenza: il principio di identità) che pratico (l’individuazione di scopi determinati nell’agire) e religioso (la superiorità della mitologia greca, plastica e determinata, rispetto a quella nordica, sfumata e indistinta nei caratteri). Tale merito consiste nel fatto di distinguere e determinare saldamente, nel non rimanere nella dispersione del vago, del generico e dell’indistinto. Hegel inoltre precisa in che senso la filosofia non possa fare a meno dell’intelletto: “la filosofia implica anzitutto che ciascuna nozione di pensiero venga intesa nella sua piena precisione e che non ci accontenti del vago e dell’indeterminato”.42 riesaminando il “qui” e l’“adesso” della certezza sensibile, e concludendo che mentre è vero che il linguaggio per Hegel è universale e che è vero che la certezza sensibile non riesce a cogliere i particolari usando i pronomi dimostrativi, da questo però non segue che il riferimento ai particolari sia impossibile: “it merely follows that reference cannot be successful on the conditions proposed by sense-certainty” (p. 108). 37 Secondo Schleiermacher, il pensiero completa la sua determinazione prima nel linguaggio, in quanto si costituisce in parola, ed essendo “pensiero che parla”, è, nella sua origine, sempre individuale. Secondo Maciej Pot pa, nell'ottica di Schleiermacher, la validità universale del pensiero, così come la obbligatorietà universale del discorso, non esigono alcun linguaggio universale attraverso la Aufhebung dei limiti individuali del linguaggio (cfr. M. Pot pa, “Subjekt, Sprache und Verstehn bei Novalis, Schleiermacher und Friedrich Schlegel”, in M. J. Siemek (hrsg.), Natur, Kunst, Freiheit. Deutsche Klassik und Romantik aus gegenwärtiger Sicht, Amsterdam, Rodopi, 1998, p. 81). 38 W. von Humboldt definisce il linguaggio come il “contrassegno sensibile” (die sinnliche Beziehung) dell’unità a cui riconduciamo il molteplice, per cui il linguaggio comincia subito e senza mediazioni con il primo atto della riflessione (cfr. Simon, Die Kategorien, cit., pp. 13-14). Sulla discussione, nella Germania tra ‘700 e ‘800, relativa all'origine del linguaggio articolato umano e al suo rapporto con la maturazione della facoltà di pensare e riflettere, e con quello inarticolato degli animali, mi permetto di rimandare al mio saggio: La lettura herderiana dell’Essai di Condillac nella Abhandlung über den Ursprung der Sprache, “Archivio di Filosofia”, LIX, nn. 1-3, 1991, pp. 3763. 39 È questa l’opinione di H. G. Gadamer in Verità e metodo, cit., p. 535. 40 W 10, § 459, p. 272: “Das Formelle der Sprache aber ist das Werk des Verstandes, der seine Kategorien in sie einbildet; dieser logische Instinkt bringt das Grammatische derselben hervor”. 41 Si veda principalmente W 8, § 80 Z., pp. 170-171 dove si insiste sulla imprescindibile validità del principium individuationis: sulla Bestimmtheit. 42 Ivi, p. 171: “Zum Philosophieren gehört vor allen Dingen, daß ein jeder Gedanke in seiner vollen Präzision aufgefaßt wird und daß man es nicht bei Vagem und Unbestimmtem bewenden läßt”. 12 Esercizi filosofici 2002 / Testi Chiarita questa indispensabilità del pensiero puramente astratto o intellettivo, che in modo istintivamente logico e naturale struttura la parte formale stessa del linguaggio, costituendone la grammatica, va anche ribadito che esso non è l’elemento ultimo in cui si esaurisce e completa il conoscere, il conoscere vero del pensiero infinito e razionale, in quanto le sue determinazioni sono determinazioni di pensiero “finite”. Le forme fisse dell’intelletto, le nozioni che utilizziamo per conoscere gli oggetti quando riflettiamo su di essi, sono infatti tutte “finite”. Ora per Hegel, dal punto di vista formale, “finito significa ciò che ha una fine, [significa] quello che “è” [in modo determinato, individuabile], ma cessa di essere là dove è connesso con il suo altro e, quindi, ne viene limitato”.43 Il finito consiste dunque nella relazione al suo altro, che ne è la negazione e si presenta come il suo limite. Solo se si definisce così il procedere raziocinante dell’intelletto viene infatti garantito lo speculativo rovesciamento reciproco delle nozioni contraddittoriamente opposte tramite la dialettica del finito, che secondo la propria natura (relativa a ciò che lo delimita) viene spinto oltre quello che è immediatamente, nel suo altro.44 Di contro, il pensiero razionale, la Vernunft rispetto al Verstand, è pensiero infinito o speculativo. Infinito non significa, astrattamente, un perenne andare oltre e aggiungere indefinito, ma stare nella verità sapendosi pensare oggettivo, vale a dire forma sostanziale (essenza, fondamento e terreno comune) che è anche soggetto, ciò che si determina da sé facendosi oggettivo, produzione di differenze, universale concreto capace di istanziarsi, “mediazione del divenir-altro con se stessi”. Il concetto di scienza raggiunto alla fine della Fenomenologia con cui inizia il ‘sistema’ di filosofia speculativa hegeliano assume infatti che è “di fatto falso che ci sia un sapere immediato, un sapere privo di mediazione, sia questa mediazione con altro o in lui stesso con sé”.45 La dialettica sistematica ha pertanto un risultato positivo: non cancella le determinazioni individuate dall’intelletto ma solo la rigidità escludente del loro limite. Il risultato è un contenuto determinato: l’unità concreta di quelle distinzioni che per l’intelletto valevano solo in quanto separate e contrapposte. Il terzo aspetto formale della logicità è infatti costituito dall’elemento speculativo o positivamente razionale che coglie l’unità delle determinazioni nella loro contrapposizione, l’elemento affermativo che è contenuto nella loro risoluzione e nel loro passare in altro. Se dunque una determinazione fissa del Verstand si esprime attribuendo di volta in volta dei predicati a un soggetto (es. finitezza o infinitezza al mondo, semplicità o complessità all’anima etc.), vale a dire formula giudizi secondo la forma soggetto-copulapredicato, in cui soggetto e oggetto sono tenuti fermi nel loro isolamento reciproco, cosa accade di tale proposizione quando l’idealismo della filosofia speculativa ne mostra l’unilateralità? In che modo per Hegel il linguaggio filosofico può sormontare quello ordinario? Visto il rifiuto del vago e dell’indeterminato in campo filosofico, vale a dire dell’ineffabile, o del solo intuibile, come si esprime allora la dialettica dell’autocontraddizione e 43 Ivi, § 28, Z., p. 95: “Endlich heißt, formell ausgedrückt, dasjenige, was ein Ende hat, was ist, aber da aufhört, wo es mit seinem Anderen zusammenhängt und somit durch dieses beschränkt wird”. 44 Ivi, § 81, Z. 1, p. 173: “Das Nähere aber ist, daß das Endliche nicht bloß von außen her beschränkt wird, sondern durch seine eigene Natur sich aufhebt und durch sich selbst in sein Gegenteil übergeht”. 45 Ivi, § 75, pp. 164-165: “Es is hiermit als faktisch falsch aufgezeigt worden, daß es ein unmittelbares Wissen gebe, ein Wissen, welches ohne Vermittlung, es sei mit Anderem oder in ihm selbst mit sich, sei”. 13 Cinzia Ferrini / Soggetto e predicato nella proposizione speculativa hegeliana dell’autosuperamento di una determinazione intellettiva finita nel suo opposto? Con quale linguaggio il contenuto speculativo del sapere assoluto può essere espresso?46 4. La teoria hegeliana del Gegenstoß Per prima cosa dobbiamo chiarire che, a livello sistematico, Hegel distingue tra giudizio, Urteil, e semplice proposizione, Satz, in base al contenuto veramente oggettivo, effettuale, essenziale, del rapporto tra soggetto e predicato. Una frase meramente descrittiva, può essere esatta (mai comunque ‘vera’ nel senso idealistico-speculativo del termine) o meno (e quindi soddisfatta da altri contenuti), ma non risponde alla domanda che il giudizio (nella Logica come scienza), invece pone, che riguarda cosa sia quel tale soggetto secondo la sostanza, secondo il concetto.47 Esaminando das Urteil in sede di Scienza della logica, Hegel porta gli esempi di: “Aristotele è morto nel quarto anno della 115ma Olimpiade a 73 anni di età”, che è “una semplice proposizione, niente affatto un giudizio”, e della notizia: “il mio amico N. è morto”. In quest'ultimo caso, la frase non descriverebbe un mero stato di fatto, e quello stesso identico contenuto sarebbe poi soltanto un giudizio qualora la domanda fosse se l'amico è effettivamente o solo apparentemente morto.48 Nell’ottica speculativa, ciò che è primo e fondamentale è la mutua inerenza di singolare e universale: il soggetto (che viene significato dapprima come das Einzelne, o il singolo essente immediato) è in verità la determinatezza che è determinata solo nel suo predicato (il quale viene nominato dapprima in opposizione ad esso, come das Allgemeine),49 che ne esprime l’essenza.50 Il giudizio è l’unità originaria del concetto che si divide in questi due estremi del soggetto-singolare e del predicato-universale, e che appare dapprima come un rapporto in cui si fronteggiano due elementi mutuamente indipendenti ed autosussistenti, astratti e fissi: un soggetto come oggetto esistente da una parte, e dall’altra una serie di qualità predicabili che stanno solo nella nostra mente, come rappresentazioni di pensiero. La visione intellettiva del conoscere ordinario procede per “nomi”, denotando così il soggetto grammaticale come una unità vuota, priva di ogni carattere concettuale.51 Secondo essa, il giudizio consisterebbe nel fatto che è attraverso di 46 Così la questione è anche stata formulata: “How can the copulative proposition, whose very form seems to be simple identity, bear of itself the dialectical movement of reflection, and reveal, within this structure, thought in its «true form»”? (Surber, “Hegel’s Speculative Sentence”, cit., p. 20). 47 Per un commento di queste pagine si vedano Bodammer, Hegels Deutung der Sprache, cit., pp. 227-233 e Wohlfart, Der spekulative Satz, cit., pp. 260-284. 48 W, vol. 6, Wissenschaft der Logik II, p. 305: “So ist die Nachricht ‘mein Freund N. ist gestorben’ ein Satz und wäre nur dann ein Urteil, wenn die Frage wäre, ob er wirklich tot oder nur scheintot wäre”. 49 Cfr. ivi, p. 302. 50 Cfr. ivi, p. 308. 51 La teoria hegeliana che i “nomi” dei soggetti grammaticali siano privi di significato concettuale (ma all'interno dell'analisi del “giudizio” – Urteil – e nella misura in cui viene distinto dal semplice Satz) è stata criticata in modo particolare da J. Soll, “Sentence against Sentences”, cit., che conclude la sua analisi sostenendo che Hegel ignora il ruolo del riferimento e della denotazione nel linguaggio (cfr. ivi, p. 72): “For reasons already adduced, Hegel’s attempt to demonstrate the conceptual vacuousness of these subject is unconvincing, but even if he had succeded, he would not thereby have shown these subjects and the sentences they constitute to be superfluous und dispensable. Hegel’s mistaken belief, that to show the conceptual vacuousness of a word is to show its superfluousness, reveals an important aspect and failing of his philosophy of language, his insensitivity to any distinction between meaning and reference and to the role played by reference in language” (p. 72). Per un’analisi 14 Esercizi filosofici 2002 / Testi esso che un predicato viene unito – tramite la copula – a un soggetto, per cui, quando questa connessione non ha luogo, i due estremi godrebbero di una esistenza autonoma e separata, rispettivamente ideale (quella di una determinazione generale per il predicato qualora non fosse riferito a un soggetto) e reale (quella di un oggetto per il soggetto, se esso non fosse sostrato di predicazione).52 Per la Scienza della logica dunque, da una parte il giudizio “ha totalità”, vale a dire, la proposizione è presa come un tutto, ed è Diremption dell’unità originaria del concetto attraverso sé stesso, dall’altra questa totalità è dapprima, sul piano reale, come rapporto di lati indipendenti, e in tal modo è nota al sapere comune, non filosofico.53 Dialetticamente, la piena unità è un ritorno in sé come risultato dalla divisione, e dunque una unità ricostituita, mediata, negativa, che si compie soltanto quando l’idealità del concetto torna in sé da questa realtà prendendosi ad oggetto, pensandosi, guadagnando il punto di vista dei due estremi, il soggetto e il predicato, come superati.54 In sede di esposizione enciclopedica del concetto della logica, il problema del significato del contenuto speculativo e della sua necessità di essere enunciato da proposizioni non unilaterali è così impostato da Hegel: lo speculativo nel suo vero significato non è né provvisoriamente, né definitivamente, un semplice soggettivo, ma, piuttosto, espressamente ciò che contiene in sé come superate (als aufgehoben in sich enthält) quelle opposizioni a cui rimane fermo l’intelletto (e quindi anche l’opposizione tra soggettivo e oggettivo) e proprio così si dimostra essere come concreto e come totalità. Un contenuto speculativo perciò non può essere espresso in una proposizione unilaterale (in einem einseitigen Satz). Se per es. diciamo che l’assoluto è l’unità di soggettivo e oggettivo, questo è certamente corretto, ma unilaterale, in quanto così viene soltanto espressa (ausgesprochen) l’unità e posto l’accento su di essa, mentre, in effetti, il soggettivo e l’oggettivo sono non soltanto identici, ma anche distinti (unterschieden).55 Sul piano fenomenologico, pre-sistematico, Hegel distingue tra das räsonierende e begreifende Denken.56 Secondo il modo di argomentare della prima forma, tra soggetto e oggetto, viene istituita una “relazione raziocinante”: l’oggetto del conoscere è un soggetto rappresentato, fissato, una base o fondamento, cui il contenuto viene unito, riferendosi ad esso come accidente e predicato. Gli interpreti hanno individuato i riferimenti storici di di queste pagine su das Urteil, cfr. Bodammer, Hegels Deutung, cit., pp. 227-233; Wohlfart, Der spekulative Satz, cit., pp. 261-284; Heede, Die Dialektik, cit., pp. 281-283. Soll ha anche argomentato, in An Introduction, cit., pp. 105-106 che Hegel confonde types e tokens. A questa accusa, la Dulckeit ha replicato rintracciando in Hegel una teoria della distinzione tra type e tokens che anticipa le tesi di Quine e Strawson: “Take ‘Here is a tree’ as an example of a type. Various tokens of this type may be either true or false depending on the context in which they are uttered. Now Soll assumes that Hegel argues that these truths cannot be ‘trusted’ because they constantly change, and that hence he conflates types and tokens. I submit, however, that on the contrary, Hegel means precisely to point out the distinction, by showing that tokens should not be mistaken for types by absolutizing them. Types do not occur in context, only tokens, and only tokens are true or false. But sense-certainty does not want to recognize the mediating role of the context which ensures that a statement (token) successfully refers. It thinks it has its truth immediately, that is, it thinks it has hold of a type not a token. However, the demand to write the truth downs turns it into a type, and now it is revealed that types are but empty universals which cannot be true or false because apart from a context they fail to refer to anything at all. As a matter of fact, however, sensecertainty is situated within a context; as a matter of fact, therefore, it utters only tokens, not types. And since a token is always mediated, sense-certainty's own utterance betrays its proposed criterion of immediacy by which it seeks to validate its truth” (Dulckeit, Can Hegel Refer, cit., p. 115). 52 Cfr. W 6, pp. 304-305. 53 Su questa connotazione dello spekulative Satz, cfr. Simon, Das Problem der Sprache, cit., pp. 191-194. 54 Cfr. W 6, p. 304. 55 W 8, § 82, Z., p. 178. 56 W 3, pp. 56-57. 15 Cinzia Ferrini / Soggetto e predicato nella proposizione speculativa hegeliana questo “ragionare” negli Stoici, i Wolffiani, Ockham. Al contrario, come abbiamo visto, elemento e contenuto della filosofia, per Hegel non è l’astratto, ma l’essere determinato che è nel proprio concetto, come manifestazione dell'universale concreto. La filosofia quindi considera la determinazione in quanto essa è essenziale, secondo l’automovimento qualitativo e immanente del concetto. La sostanza diviene oggetto perché è il movimento di divenire a sé un altro, e di togliere l’estraneità prima facie di questo esser-altro, ricongiungendosi con sé nell’oggetto, la cui essenza è appunto concetto. La proposizione speculativa, pertanto, deve poter esprimere questo movimento, che può essere letto insieme sia come il “divenire sostanziale” dell’oggetto, sia come il trapasso del soggetto (del Sé, del concetto), nell’essere determinato. Hegel non ‘inventa’ la proposizione speculativa in quanto tale, e gli interpreti hanno rintracciato precisi riferimenti a Spinoza e Leibniz. Scrive Hegel che questo movimento “travolge”, “distrugge” la forma relazionale della proposizione intellettiva con il suo soggetto inteso come base fissa e statica che riceve attributi.57 La natura di tale relazione raziocinante tra soggetto e oggetto implica inoltre che un contenuto possa essere del tutto negato, che dei predicati non vengano attribuiti al soggetto, come se potessero esistere soggetti privi di qualità, il che provoca una specie di paralisi interna della proposizione, in quanto il soggetto non trova niente in sé in cui passare, e deve ricorrere a un contenuto altro ed esterno per ricevere una determinazione. Ora Hegel designa tale riflessione priva di contenuto come “la riflessione nell'Io vuoto”, con chiari intenti polemici antifichtiani58 e antikantiani,59 e con una terminologia ripresa dal linguaggio del 180160 che ha dei paralleli nella Scienza della logica.61 Nella dimensione idealistica, poiché il concetto “è il sé proprio dell'oggetto che si esibisce come il suo divenire”:62 “il sé non è un soggetto quieto, che immoto sostenga gli accidenti; piuttosto è il concetto che si muove e che riprende in sé le sue determinazioni. In tal movimento vien travolto anche quel quiescente soggetto; questo penetra nelle differenze e nel contenuto e, invece di starsene immoto di fronte alla determinatezza, piuttosto la costituisce; costituisce, cioè, il contenuto differenziato e il suo movimento”.63 Tuttavia è importante sottolineare che per Hegel la forma della proposizione raziocinante, che dal punto di vista della filosofia speculativa si rivela un metodo per cui l’oggetto del conoscere riceve dall’esterno – per opera del soggetto conoscente – delle determinazioni intellettive finite, astratte e fisse, è pienamente adeguata nell’ambito delle cose finite, coerentemente con quanto abbiamo detto prima sulla indispensabilità dell’attività distinguente e determinante dell’intelletto. Hegel ci dice che quando si tratta di cose finite, si deve necessariamente determinarle mediante predicati finiti, e qui l’intelletto, nel suo modo di operare, non è semplicemente al suo posto, ma al “giusto posto”.64 57 Ivi, p. 59. Ivi, p. 56. 59 W 6, p. 307: “Das Subjekt ohne Prädikat ist, was in der Erscheinung das Ding ohne Eigenshaften, das Ding-ansich ist, ein leerer unbestimmter Grund”. 60 W, vol. 2, Jenaer Schriften 1801-1807, cfr. “Differenz”, pp. 10-12, e “Glauben und Wissen”, pp. 296-297: “die Kantische und Fichtesche haben sich wohl zum Begriff, aber nicht zur Idee erhoben, und der reine Begriff ist absolute Idealität und Leehrheit, der seinen Inhalt und deine Dimensionen schlechtin nur in Beziehung auf das Empirische und damit durch dasselbe hat”. 61 Cfr. W 5, pp. 36-37. 62 W 3, p. 57. 63 Ibid. 64 W 8, § 28, Z., p. 96: “Bei den endlichen Dingen ist es nun allerdings der Fall, daß dieselben durch endliche Prädikate bestimmt werden müssen, und hier ist der Verstand mit seiner Tätigkeit am rechten Platz”. Cfr. Vitiello, 58 16 Esercizi filosofici 2002 / Testi L’intelletto, esso stesso finito, conosce infatti soltanto la natura del finito, e tra gli esempi forniti nella Fenomenologia da Hegel per illustrare questo stesso punto, troviamo il caso del sapere formalistico, che procede sulla linea dell’uguaglianza e dell’evidenza (il principio di identità), ed ha per proprio principio relazioni che Hegel chiama “aconcettuali”. Con questo termine vengono designate differenze o determinazioni inessenziali, astratte, che per definizione non implicano aspetti qualitativi: come nel caso della grandezza per la matematica, la cui variazione, puramente e semplicemente quantitativa, è indifferente alla natura della cosa.65 O, ancora, nell’Aggiunta al § 28 dell’Enciclopedia, Hegel si riferisce alle scienze empiriche, “per il rapporto di causa ed effetto, di forza ed estrinsecazione della forza” o alla giurisprudenza: “se chiamiamo furto un’azione, tale azione è definita secondo il suo contenuto essenziale, e per il giudice è sufficiente conoscere questo”.66 In tutti questi casi, cose finite sono adeguatamente conosciute nella loro finitezza, e non c’è conflittualità a livello di relazione soggetto-predicato tra pensiero rappresentativo/raziocinante, e concepente. Il problema nasce quando oggetti della ragione (l’assoluto, lo spirito, Dio, l’anima, il mondo etc., non il lato del quadrato o i rapporti causa-effetto in fisica) vengono definiti mediante predicati finiti, o quando un conoscere finito avanza pretese di verità incondizionata, universale, oggettiva e necessaria (come ad. sulla natura (inerte) della materia nei principi della Meccanica). Allora abbiamo conflitto, un conflitto che è il movimento dialettico della proposizione stessa, tra la forma del giudizio intellettivo e l’unità del concetto che distrugge la rappresentazione del soggetto come fondamento, e del predicato come accidente. Hegel parla infatti di “contraccolpo” (Gegenstoß) che il pensare raziocinante per rappresentazioni subisce quando, in giudizi dal contenuto speculativo come “Dio è l’essere”, “l’effettuale è l’universale” (in cui il soggetto è determinato solo nel suo predicato e solo in quello esso è soggetto, gli estremi non sono indipendenti, ma mutuamente inerenti a livello essenziale), esso inizia a passare “naturalmente” dal soggetto come fondamento (secondo la sua rappresentazione ordinaria) ai suoi accidenti, quasi che si predicasse semplicemente esistenza, esserci o Dasein, di Dio (non l’essere), o che si dicesse che l’effettuale è universale (e non l’universale).67 La modalità raziocinante del pensare, il cui proprio diritto “non è tenuto in conto”, non vale, “nel modo della proposizione speculativa”,68 viene (insolitamente, ungewöhnlich, a sottolineare la differenza con il sapere ordinario o comune, gewöhnlich) frenata nel suo movimento quando trova che i predicati non sono un esserci, un’esistenza, ma l’essere come l’essenza che esaurisce la natura del soggetto, e che l’universale esprime l’essenza “Hegel: proposizione speculativa”, cit., p. 90: “Hegel riconosce i diritti della “proposizione”, e quindi del parlare comune, quantunque sappia e dica che nel comune uso della proposizione e nel comune modo di concepirla, lo speculativo resta nascosto, inavvertito”. 65 W 3, p. 44: “Ihr [della matematica] Zweck oder Begriff ist die Größe. Dies ist gerade das unwesentliche, begrifflose Verhältnis”: non ha caso non è concepibile, all'interno del sistema hegeliano, una “filosofia della semplice grandezza matematica”, ma solo della misura, come quantità qualificata, essenzialmente legata alla natura della cosa. Per questo aspetto mi permetto di rimandare al mio Mode and Measure in Hegel’s Science of Logic: Some Introductory Remarks, “The Owl of Minerva”, XX, n. 1, 1988, pp. 21-49. 66 W 8, p. 96. 67 W 3, pp. 58-59. 68 Ivi, p. 61: “In der Tat hat auch das nicht spekulative Denken sein Recht, das gültig, aber in der Weise des spekulativen Satzes nicht beachtet ist”. 17 Cinzia Ferrini / Soggetto e predicato nella proposizione speculativa hegeliana dell’effettuale: il soggetto non è più soggetto, ma sfuma nel predicato, e altrettanto il predicato non è accidente, ma sostanza.69 Scrive Hegel: La proposizione filosofica (Der philosophische Satz), appunto perché proposizione (Satz), risveglia l’opinione della comune relazione tra soggetto e predicato, e del comune comportamento del sapere. Il contenuto filosofico della proposizione distrugge (zerstört) tale comportamento e l’opinione relativa; l’opinione esperisce (erfährt) che si intendeva altro da quello che essa intendeva; e, con questa correzione della propria opinione, il sapere è necessitato a ritornare sulla proposizione e ad intenderla, ora, diversamente.70 Da notare che è per il sapere, cioè per il punto di vista filosofico, che è necessario ritornare sulla proposizione e ricomprenderla, perché è stato mostrato che nell'esperienza della sua opinione c’è, è presente, in verità, un rapporto soggetto-predicato che è l’opposto, appunto, di quello comunemente ritenuto. Questo non significa però che sia l’opinione stessa, il punto di vista della coscienza naturale, a dover necessariamente mutare, evolversi, e che si debba ricercare che tale verità si manifesti in tutta la sua pienezza “per la stessa coscienza che l’ha inizialmente assunta”.71 Altrove ho mostrato che, contrariamente a quanto viene comunemente suggerito, specie da parte anglo-americana, non ritengo che la certezza sensibile “trovi” di essere incapace di pronunciare la sua supposta abilità nel designare i particolari che conosce, “senza ammettere l’uso di concetti”.72 Né tanto meno che, imparando da tale esperienza, “riveda” il suo sapere dell’oggetto e il proprio sapere di sé come “io che conosce”. In altre parole, non mi pare che la coscienza naturale (e mi riferisco qui per semplicità al caso della “Certezza sensibile”, ma il mio discorso vale anche per i capitoli “Percezione” e “Intelletto”) “colga” ciò che di fatto accade nella sua esperienza, e conosca con ciò essa stessa una sorta di progresso, nella misura in cui “accetta” ciò che era escluso dalla sua precedente comprensione unilaterale della realtà.73 69 Ivi, pp. 59-60. Sul tema del “contraccolpo” cfr. il § 3 di Vitiello, “Hegel: proposizione speculativa”, cit., pp. 8687. 70 Ivi, p. 60. Sulla base di questo passo Suber afferma che il dominio della proposizione speculativa e quello delle proposizioni del sapere ordinario sono coestesi. Scrive infatti Surber (Hegel’s speculative sentence, cit., pp. 227228): “Considered simply as an objective linguistic entity (or, in a somewhat different mode of discourse, a ‘sentence-token’), the sentence of simple identity with which we began is no different than the final result of Hegel’s analysis: the sentence ‘God is being’ can express both simple identity and the dialectic of the ‘speculative’. However, the manner in which we consider and reflect upon such a sentence is precisely what is in question for Hegel. The same sentence becomes speculative by virtue of the very manner in which we comprehend and reflect upon it […] Thus, when Hegel speaks of the ‘speculative sentence’, he refers not to any particular sentence, distinguished on the basis of some special content or extra-ordinary form, but to comprehend concrete unity of objective articulation and subjective comprehension which lies at the basis of any occurence of language”. Con questo tipo di considerazioni, tuttavia, Surber non è in grado di dar conto di proposizione che sono soltanto speculative, per forma e contenuto, del tipo: Sein und Nichts ist Eins und dasselbe (cfr. Wohlfart, Der spekulative Satz, cit., pp. 228-232, e Heede, Die Dialektik, cit., p. 282 e p. 285). 71 Così ritiene invece Adinolfi, Quel che giunge alla parola, cit., p. 66. 72 Mi riferisco al Cap. II, § 2 del mio Dai primi hegeliani a Hegel. Per una introduzione al sistema attraverso la storia delle interpretazioni, Napoli, La Città del Sole, in corso di pubblicazione. 73 Cfr. M. H. Miller Jr., “The Attainment of the Absolute Standpoint in Hegel’s Phenomenology”, in J. Stewart (ed.), The Phenomenology of Spirit Reader: A Collection of Critical and Interpretive Essays, Albany, Suny Press, pp. 427-443: “In Hegel’s Phenomenology of Spirit, immediate sensory consciousness passes to absolute selfconsciousness. In each of the many and substantially diverse intermediate transitions, essentially the same rhythm of passage occurs: a certain standpoint or ‘shape’ (Gestalt) of consciousness grasps reality as such-and-such, only to find that this grasp is one-sided and cannot be maintained except by the further accepting of what it excludes” 18 Esercizi filosofici 2002 / Testi La coscienza esperisce di fatto che, ad esempio, il “questo” non è un che di immediatamente individuale, ma un universale, tuttavia non lo vede, non lo “coglie” e non lo tesaurizza, come tale. È solo dal punto di vista del Wir, che lo evidenzia allo sguardo del lettore con cui interagisce, che si vede che questo è il risultato vero di ciò che “viene esperito” in ogni certezza sensibile. Scrive infatti Hegel: La stessa coscienza naturale giunge dunque di continuo a questo risultato: che cosa, in tale certezza, è il vero; e di ciò fa esperienza; ma come lo raggiunge, così di nuovo sempre lo oblia, e ricomincia da capo il movimento (corsivo mio).74 Nel tedesco, però, non c’è traccia di quel “ma come lo raggiunge” introdotto da De Negri, il verbo erreichen non compare, si parla solo di “gehen zu diesem Resultate”, di giungere, di arrivare di fatto al risultato dell’universale, e di ‘fare esperienza di questo’, non di ‘raggiungerlo’, nel senso di afferrarlo prima, e di perderlo poi, dimenticandoselo.75 Anche la traduzione di Miller è fortemente interpretante: “This is why the natural consciousness, too, is always reaching this result, learning from experience (und macht die Erfahrung darüber) what is true in it”.76 A mio parere, la coscienza invece non vergißt un risultato che ha raggiunto, in quanto, successivamente, non lo rammemora, ma ne è dimentica, lo oblia, nel senso che non coglie ciò che ha davanti: benché faccia parte della sua esperienza, l’universale non diventa mai, per essa, neppure per un istante, una verità presente. Come si è visto, Hegel afferma, nella certezza sensibile, che la coscienza “oblia” (vergißt) ciò che pure ha di fatto esperito, che è in essa (an sich) come verità, riproponendo continuamente il suo atteggiamento. In questo Vergessen c’è, a mio parere, tutta la distanza di Hegel da ogni approccio ottimistico e da ogni supposto ‘progresso’ della coscienza naturale. La conoscenza filosofica non si sostituisce ad altre forme di sapere, la coscienza filosofica non deriva dalla coscienza naturale, non ne è l’evoluzione, non la nega una volta per tutte, quasi fosse un che di ‘acquisito per sempre’: raggiungere il punto di vista del sapere assoluto richiederà sempre la ‘fatica’ del concetto, è un progredire, un emanciparsi dalla coscienza naturale.77 (p. 427). Si veda anche, più recentemente, R. Stern, Hegel and the Phenomenology of Spirit, London, Routledge, 2002, p. 47: “Hegel’s central strategy against sense-certainty is to argue that what sense-certainty grasps in experience is not unique to the individual object” (corsivo mio). Più sofisticata, la riflessione di Westphal sui tratti caratteristici fondamentali del metodo fenomenologico di Hegel, è giunta a ricercarne il possibile prototipo nella tragedia attica, e in particolare nel percorso catartico di Creonte, mettendo però anche in conto che ogni singola figura della coscienza non impari dall’esperienza (cfr. K. R. Westphal, “L’ispirazione tragica della dialettica fenomenologica di Hegel”, § A, in L. Napolitano (a c. di), Antic i e nuovi dialoghi di sapienti ed eroi. Etica, linguaggio e dialettica fra tragedia greca e filosofia, Trieste, E.U.T., 2002). 74 Fen., cpv. 20, p. 90. 75 Il testo tedesco dice semplicemente: “Das natürliche Bewußtsein geht deswegen auch zu diesem Resultate, was an ihr das Wahre ist, immer selbst fort und macht die Erfahrung darüber, aber vergißt es nur ebenso immer wieder und fängt die Bewegung von vorne an” (GW 9, p. 68,36-69,2). 76 Hegel’s Phenomenology of Spirit, trans. by A. V. Miller, with anal. of the text and forew. by J. N. Findlay, Oxford, Oxford University Press, 1977, cpv. 109, p. 64. 77 Cfr. Vitiello, Hegel: proposizione speculativa, cit., p. 84. 19 Cinzia Ferrini / Soggetto e predicato nella proposizione speculativa hegeliana 5. Conclusioni Gli interpreti, focalizzandosi sull’esempio dell’essere come predicato di Dio78 hanno anche commentato che una simile “compulsione” del sapere ordinario a ritornare sulla proposizione non è assoluta. Tuttavia, dato che le alternative sarebbero o di rendere triviale la proposizione, prendendola come una stipulative definition, o di respingerla come un ovvio nonsense, hanno ripreso, anche molto recentemente l’esame di quell’“intendere diversamente” proposto da Hegel.79 Ora, l’esposizione filosofica perfettamente adeguata al proprio contenuto sarebbe quella “plastica”, in cui le singole determinazioni fossero così elaborate da escludere rigorosamente la comune relazione soggetto-predicato, presentando, esibendo (qui l’accento è posto sulla Darstellung e poi sulla dimostrazione, Beweis) il ritornare in sé del concetto, il movimento dialettico della proposizione stessa, guadagnando così visibile esistenza determinata esteriore all’interiorità dell’intuizione dell’essenza dell’oggetto, come concetto. In altre parole, se la proposizione deve esprimre ciò che il vero è (e questo costituisce il compito della dimostrazione filosofica per concetti), e se il vero è la sostanza come soggetto nel suo movimento dialettico: “ritmo autoproducentesi che si spinge oltre e ritorna in se stesso”, allora “non si dà contenuto alcuno comportantesi come quel soggetto che starebbe a fondamento e al quale converrebbe il suo significato come un predicato”.80 Gadamer commenta questi passi sostenendo che “la forma della proposizione si distrugge dunque da se stessa, in quanto la proposizione speculativa non predica qualcosa di qualcos’altro, ma porta a rappresentazione l’unità del concetto”.81 Ma a me sembra che la conclusione hegeliana sia piuttosto che una esposizione filosofica che fosse “plastica” non avrebbe come risultato la semplice distruzione della forma della proposizione in quanto tale, ma svuoterebbe del tutto di senso la relazione raziocinante tra soggetto-oggetto espressa dalla forma ordinaria della proposizione, sostituendola con l’autoriflessione di quella relazione stessa.82 Tuttavia, se riteniamo che per Hegel il compito della spekulative Darstellung sia quello di sormontare quel tipo di relazione soggetto-predicato propria del sapere e della coscienza non-filosofici, il conflitto tra raziocinio e speculazione non cesserà tuttavia di riproporsi continuamente, dato anche l’uso della proposizione – la cui forma qua talis è la distinzione tra soggetto e predicato – per la stessa esposizione filosoficodialettica.83 Allora i due modi, quello speculativo (soggetto automoventesi, predicato come concetto ed essenza) e quello ordinario (soggetto statico e predicato come accidente), “si mescolano continuamente”, disturbandosi a vicenda. A riprova di questa lettura, possiamo sottolineare il ruolo svolto dall’io-che-sa, dal soggetto enunciatore di discorso speculativo, nei confronti di quel soggetto-sostrato 78 Si veda in particolare Suber, Hegel’s speculative sentence, cit., pp. 218-226. Mi riferisco qui a H. S. Harris, Hegel’s Ladder, vol. I, Indianapolis, Hackett, 1997, pp. 143-146. 80 W 3, p. 62. 81 Gadamer, Verità e metodo, cit., p. 533. 82 Cfr. Simon, Die Kategorien, cit., p. 27: “Der philosophische Inhalt ist im Grunde nur die Selbstreflexion der Gewohnheit als die Erkenntnis, daß die Kategorie der Substantialität das im Subjekt Gemeinte als das zugrunde liegende ‘Eine’ setzt, so daß es seinen Grund nicht von sich her, sondern in der kategorialen Unterscheidung vom Prädikat (von allen möglichen Prädikaten) hat, in der es als das ‘Eine’ bestimmt oder ausgesagt ist […] ‘Philosophisce Inhalte’ bedeuten nicht Inhaltliches im Sinne gewohnter Vorstellungen, sondern bewirken die Reflexion der Regeln der stabilität solcher Vorstellungen”. 83 W 3, p. 61: “Es kann hierüber erinnert werden, daß die dialektische Bewegung gleichfalls Sätze zu ihren Teilen oder Elementen habe”. 79 20 Esercizi filosofici 2002 / Testi grammaticale di molti predicati-accidenti che determina il contenuto della proposizione, il quale come tale rimane invariato, dato che il conflitto riguarda solo la forma del rapporto soggetto-predicato. L’io-che-sa non può eliminare mai, infatti, nel predicato, la presenza del primo tipo di soggetto, che vale come un estremo fisso e indipendente. Può solo inverarne, razionalmente, l’autonomia e l’astrattezza, ma non sostituirsi ad esso per il lato della Bestimmtheit, della determinazione (che, come abbiamo visto, è compito del Verstand). Il passo cui ci riferiamo è il seguente: Ma mentre quel primo soggetto entra nelle determinazioni stesse e ne è l'anima, il secondo soggetto, vale a dire quello che sa, trova ancora (noch) nel predicato quel primo soggetto, col quale vuole già aver finito (es schon fertig sein […] will) e oltre il quale vuole essere tornato in se stesso, e invece di poter essere l'elemento operante nel muovere il predicato […] ha piuttosto (vielmehr) ancora (noch) a che fare con il sé del contenuto, né deve essere per sé, ma insieme con il contenuto medesimo.84 Per concludere, a mio parere dunque, in tutti i casi di coesistenza conflittuale, o contraccolpo, data la difficoltà di intendere in un giudizio il predicato speculativo come concetto e come essenza, lo speculativo svolgerà esattamente e solo la funzione di costituire il ‘non-ordinario’ freno interiore in un sapere ordinario che continuamente si ripropone. In questo tipo di ottica filosofica, quel distinguere tra soggetto e predicato che caratterizza la forma della proposizione in genere assume il significato di costituire il terreno ‘discorde comune’ di ragione e intelletto, dove la ragione lotta per sormontare ciò che l’intelletto ha fissato, con esiti tuttavia non disgreganti ma al massimo dissonanti, dato che la lotta, benché distruttiva, si svolge pur sempre nell’unità immanente del pensiero come Forma nelle sue forme, come è estesamente dichiarato nel § 2 dell’Enciclopedia del 1830. Scrive Hegel nella Prefazione alla Fenomenologia, rendendo esplicita questa sottostruttura di tipo eracliteo (Diels nr. 10), con un probabile implicito accenno anche alle innovazioni della musica strumentale introdotte da Beethoven sin nei primissimi anni dell’Ottocento:85 un tale conflitto della forma di una proposizione in genere e dell’unità del concetto che distrugge quella forma, è simile a ciò che nel ritmo ha luogo tra il metro e l’accento; il ritmo risulta dalla oscillante (schwebenden) medietà e unificazione del metro e dell’accento. Similmente anche nella proposizione filosofica l’identità di soggetto e predicato non deve annullare (nicht vernichten) la loro distinzione (Unterschied) espressa (ausdrückt) nella forma della proposizione, anzi la loro unità ha da risultare come armonia (sondern ihre Einheit [soll] als eine Harmonie hervorgehen).86 84 Ivi, pp. 58-59. Un analitico ed esaustivo commento all’analogia tra confronto di contenuto e forma della proposizione, e conflitto tra accento e metro nel ritmo, si trova in Wohlfart, Der Spekulative Satz, cit., pp. 201-208, che sviluppa lo spunto più in direzione della versificazione lirica che della musica, riferendosi alle Lezioni di estetica. Sul riferimento di Hegel alla musica delle composizioni religiose (dedicate alla Passione di Cristo), quando parla del “farsi avanti di una contrapposizione più profonda che distrugge (zerstört) l’unità immediata e la consonanza”, si veda H. Heimsoeth, Hegels Philosophie der Musik, “Hegel-Studien”, II, 1963, pp. 161-201; in particolare tutto il paragrafo “Harmonie in Gegensätzen; die Dissonanz”, pp. 194-201. Dell’“eloquente silenzio” di Hegel su Beethoven – e dunque del loro rapporto implicito – parla diffusamente C. Dahlhaus, “Hegel und die Musik seiner Zeit”, in O. Pöggeler e A. Gethmann-Siefert (hrsg.), Kunsterfahrung und Kulturpolitik im Berlin Hegels, “HegelStudien”, Beiheft 22, 1983, pp. 333-350, cfr. in particolare le pp. 338-339. Sul tema è tornata A. GethmannSiefert, Phänomen versus System. Zum Verhältnis von philosophischer Systematik und Kunsturteil in Hegels Berliner Vorlesungen über Ästhetik oder Philosophie der Kunst, “Hegel-Studien”, Beiheft 34, 1992, pp. 175-176 e pp. 179-180. In particolare, con questo accenno a Beethoven, mi riferisco al passaggio dalla forma binaria alla ternaria del minuetto, cambiandone il rapporto metro-accento nel ritmo, introdotto nella Sinfonia n. 2 del 1802. 86 W 3, p. 59 (corsivo mio). 85 21