Aureliano, un Imperatore contro la crisi

ROMA ANTICA
Imperatori contro il declino
Aureliano
il guerriero del
Sol Invictus
Energico, severo, pietoso.
Questi aggettivi descrivono Lucio
Domizio Aureliano, l’Imperatore
romano che nella seconda metà
del III secolo arrestò il declino
di Roma sedando rivolte e
secessioni, ricacciando i barbari
oltre il limes e diffondendo il
nuovo culto del Sole Invitto. Fu
lui che salvò Roma schiacciando
con le sue legioni la cricca degli
approfittatori che insidiavano la
sovranità monetaria dell’Impero
L
di Gerardo Lonardoni
ucio Domizio Aureliano è probabilmente il meno noto fra i più grandi
Imperatori romani. Non è mai stato
celebrato come il sommo Augusto o
l’«ottimo» Traiano, né glorificato per
una tardiva conversione al Cristianesimo come Costantino; eppure, nel
breve tempo in cui rivestì la porpora
imperiale, compì gesta quali forse mai nessuno prima di
lui, né dopo, seppe compiere. Se l’Impero Romano non collassò sul finire del III sec. d.C., sotto la spinta congiunta dei
Germani devastatori a Occidente e del rinato Impero Persiano dei Sassanidi a Oriente, fu unicamente merito suo.
Era nato a Sirmio, nell’odierna Serbia, nel 214 d.C. da
una famiglia di modeste condizioni. Il padre era colono di
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un certo senatore Aurelio, mentre la madre sarebbe stata
una liberta della stessa famiglia e avrebbe ricoperto il ruolo di sacerdotessa del Sole. Aureliano, secondo i biografi,
era dotato d’ingegno vivace e di grande forza fisica; fin
da giovanissimo avrebbe preso l’abitudine di non lasciar
trascorrere un solo giorno senza esercitarsi nell’uso delle
armi. Entrò da ragazzo nell’esercito romano – la Mesia,
sua terra natale, era una delle zone preferenziali nell’arruolamento dei legionari – e combatté contro Sarmati e
Franchi. Si racconta che prese parte a un’ambasceria in
Persia e nel corso di quella missione avrebbe ricevuto un
fausto presagio per la sua futura gloria imperiale; ma su
questo torneremo più avanti. Nel 268 d.C. come comandante della cavalleria prese parte all’assedio di Milano (in
cui si era rinchiuso il ribelle Aureolo) da parte dell’armata
dell’imperatore Gallieno; l’usurpatore si arrese ma ven-
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ne ucciso. Stessa sorte tuttavia incontrò
In alto: Giovanni Battista Tiepolo (1696–1770), Il trionfo di Aureliano. La
anche il vincitore Gallieno, stroncato di
regina Zenobia si sottomette all’Imperatore, che si dimosterà clemente.
lì a poco da una congiura di generali cui
Sopra, una moneta fatta coniare da Aureliano. Sul recto Aureliano è
partecipò lo stesso Aureliano. Al posto di
rappresentato con una corona radiata, come il dio Sole Invitto. Sul verso
l’Imperatore stringe la mano alla dea Concordia. Aureliano dovette fare i
Gallieno salì al soglio il suo generale Clauconti con l’inflazione causata dalla speculazione dei battitori di moneta
dio; Aureliano, che era ormai divenuto il
braccio destro di Claudio, combatté contro
gli Alemanni sconfiggendoli sulle rive del lago di Garda contro i Goti, tornò a Sirmio dove fu acclamato Imperae nel 269 affrontò i Goti che erano penetrati in Mesia tore dall’esercito; a questa notizia Quintillo si suicidò
battendoli a Doberos e a Naisso. Claudio non vide il o, secondo altre fonti, fu ucciso dai suoi stessi soldati.
termine dell’anno 270: morì a Sirmio colpito dalla peste, a quanto sembra nominando successore il suo mi- Alla presa del potere, Aureliano si ritrovava un Impero
gliore ufficiale, Aureliano. Ma il Senato conferì invece diviso in tre parti. La Gallia e la Britannia, che costituila porpora al fratello dell’Imperatore defunto, Quintil- vano il cosiddetto «Impero gallo-romano», erano assoglo, che tuttavia non ricevette l’appoggio dell’esercito. gettate all’usurpatore Tetrico e si trovavano in piena crisi
Aureliano, conclusa rapidamente la propria campagna interna, dovendo guardarsi dalle incursioni delle tribù
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