La funzione della ciaccona nella coreografia Susanna Avanzini (Milano) Nel libretto di sala della prima rappresentazione di Dido & Aeneas, eine Choreografie von Sasha Waltz (2003), Janina Klassen osserva che nelle arie della musica barocca il basso di ciaccona forniva «una base armonica e metrica» [Dido & Aeneas 2005, p. 30] sulla quale si poteva sviluppare un canto ritmicamente libero [cfr. ibid.]. L’osservazione non è certo originale, ma permette di introdurre l’argomento di cui voglio trattare. Lo spettacolo di Waltz è una choreographic opera la cui musica è basata sulla partitura purcelliana, rielaborata e integrata da Attilio Cremonesi. La contrapposizione musicale fra la struttura stabile del basso ostinato e la linea di canto di Didone – il conflitto emotivo fra dovere e desiderio manifestato dalla regina nella prima aria Ah, Belinda, I Am Pressed With Torment e quello fra desiderio di morire e di essere ricordata nella seconda, When I Am Laid in Earth – è rappresentata coreograficamente attraverso uno sdoppiamento. Il movimento è “suddiviso” fra due danzatrici e ne mette in relazione reciproca i corpi: una di esse sta «avvinghiata a Didone come un parassita» [Waltz 2008, p. 75], come il desiderio da cui lei non riesce a liberarsi. La trasposizione della musica in coreografia è particolarmente interessante poiché le due arie/song di Didone possono essere considerate alla stregua di due danze: secondo Peter Holman, infatti, il basso della prima è una variante in minore della ciaccona; quello della seconda una passacaglia cromatica [Holman 1994, p. 200]. Una relazione coreo-musicale analoga a quella fra basso ostinato e melodia è messa in atto a mio parere da Pina Bausch in Vollmond, uno Stück del 2006. In questo spettacolo la coreografa impiega il modulo ripetitivo della musica ‘minimalista’ di Balanescu Quartet o di René Aubry, piuttosto che quello della musica techno, come base o come cornice spazio-temporale sulla quale sviluppare le sequenze coreografiche, costruite lasciandosi guidare dalle emozioni o dagli spunti forniti dalla linea melodica. All’interno di tale cornice il movimento può svilupparsi liberamente, con il proprio ritmo e la propria peculiare qualità. Due brani della “colonna sonora” di Vollmond, Life and Death e Aria, sono tratti dal CD Maria T di Balanescu Quartet con il percussionista Steve Arguelles: si tratta di una raccolta di pezzi basati sulle canzoni di Maria Tanase – una cantante rumena famosa negli anni Quaranta-Cinquanta del Novecento – che Balanescu ha rielaborato per quartetto d’archi [Sanderson, 2013]. Life and Death è costruito su una ‘base’ costante: un modulo ritmico-intervallare che si ripete per tutto il brano. Il quartetto di Balanescu riprende all’inizio solo il basso della canzone lume lume di Maria Tanase, trasferendolo dall’accordeon originale al violoncello e assegnandogli una struttura metrica trocaica (il trocheo ottosillabico è quella fondamentale della musica popolare rumena sia vocale, sia strumentale); separa quindi il ‘refrain’, che nella canzone originale viene esposto subito, affidato al violino (vioară) e antepone una lunga in- troduzione. In una seconda sezione al modulo ritmico viene sovrapposta la canzone – in 2/4 – prima in forma strumentale e successivamente vocale. Su questo brano Bausch costruisce un lungo assolo per Ditta Miranda Jasjfi: in esso la luce è a cono solo sulla danzatrice e la illumina dall’alto, isolandola. Mi concentrerò soltanto sulla sezione che propone la canzone in forma strumentale. La coreografia di Bausch fa coincidere ogni frase di movimento con una ripetizione del modulo del basso, cambiando ogni volta la sequenza e ponendo un accento sul battere della prima battuta di ogni modulo. Sottolinea poi determinati momenti della melodia attraverso movimenti contrastanti. La scala impiegata per questo brano sembrerebbe avere origine nella musica suonata dai gitani rumeni, musicisti di origine orientale, ma stanziali, che vivono nelle città o nei paesi [cfr. Lewis Lloyd, 1963-64]; la loro musica, presa da quella delle popolazioni fra le quali hanno vissuto, è solitamente in 2/4 e la melodia è una doină, una sorta di recitativo che si ritrova in un ampio gruppo di canzoni liriche, rituali e di melodie per danza. La scala cosiddetta gitana, con un intervallo di seconda aumentato fra 2-3 e 6-7 grado è in realtà il VI ekhos della musica sacra grecoortodossa, collegata a sua volta al makam arabico [cfr. ibidem]. La scala usata in lume lume ha infatti Sol˜ e Do˜ (Mi Fa Sol˜ La Si Do˜ Re Mi). Carmelo di Gennaro nel suo intervento Il minimalismo americano su Musica e Realtà, nota – in riferimento a uno studio di Giovanni Giuriati – «come la musica strumentale di tradizione orale si muova secondo il principio della variazione continua, non potendosi individuare un tema ben preciso, ma solo variazioni elaborate a partire da questo; un principio che è comune anche all’estetica della musica minimalista» [Di Gennaro 1993, p. 12]. In realtà anche la musica colta ha sempre usato procedimenti iterativi, ma in Europa ha poi seguito strade diverse, “dimenticando” la cultura popolare e applicando alla musica una variazione pervasiva [cfr. Alban Berg, 1995, pp. 223-241; Th. W. Adorno, 1969, pp. 41-105, A. Schönberg, 2008, pp. 203-214 e 219-260]. La connessione individuata da Di Gennaro potrebbe essere dovuta a una riformulazione del concetto di ripetizione e iterazione scaturita da un dibattito nato in Italia negli anni Ottanta intorno all’estetica della serialità, evidentemente correlato al modernismo. Secondo l’accezione americana del termine, il modernismo è un movimento artistico al quale il minimalismo è strettamente legato, che riutilizza le opere del passato applicando procedimenti quali la parodia, la riscrittura, la ripresa. Come afferma Umberto Eco, secondo l’estetica post-moderna la serialità è intesa come ripetizione (un processo tipico dei media) e non nel senso assegnatole in Europa con la dodecafonia, dove la successione dei dodici suoni della serie originale compare una sola volta nell’ambito del brano musicale. L’originalità è infatti un concetto nato con il romanticismo. L’arte moderna con le tecniche di collage, si riavvicina alla ripetitività e alla citazione che caratterizzavano quella classica [cfr. Eco, 1990, pp. 83-101]. RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI THEODOR W. ADORNO, Il fido maestro sostituto, trad. it. a cura di G. Manzoni. Torino, Einaudi 1969. ALBAN BERG, Suite lirica, tutti gli scritti, a cura di A. M. Morazzoni, Milano, Il Saggiatore 1995. Dido & Aeneas, eine Choreografie von Sasha Waltz, Libretto di sala della prima rappresentazione, 19 febbraio 2005, Staatsoper Unter den Linden, Berlin. CARMELO DI GENNARO, Il minimalismo americano, «Musica/Realtà», n. 41 (Ago 1993), pp. 10-15. UMBERTO ECO, The Limits of Interpretation. Bloomington, Indiana University Press 1990. PETER HOLMAN, Henry Purcell. Oxford, Oxford University Press 1994. ANTHONY LEWIS LLOYD, The Music of Rumanian Gypsies, «Proceedings of the Royal Musical Association», 90th Sess. (1963 - 1964), pp. 15-26. BLAIR SANDERSON, http://www.allmusic.com/album/maria-t-mw0000255747 02.03.2013. ARNOLD SCHÖNBERG, Stile e pensiero. Scritti su musica e società, a cura di A. M. Morazzoni, Milano, Il Saggiatore, 2008. SASHA WALTZ, Gespräche mit Michaela Schlagenwerth. Berlin, Alexander Verlag 2008.