GRAZIE
PAPA BENEDETTO XVI
PER IL TUO IMMENSO AMORE PER LA CHIESA
Amo la Chiesa certamente molto meno di papa Benedetto XVI.
Amo questa istituzione divina ed umana, perciò santa e peccatrice, perciò mi sento
pienamente partecipe della sua vita, e come membro di essa voglio mediante il mio sito
internet dare il saluto a papa Benedetto XVI che giovedì sera alle 20.00 ha rinunciato al
ministero di Pontefice. Quindi la sede episcopale del vescovo di Roma è vacante e tra
pochi giorni i cardinali si riuniranno in Conclave per eleggere un nuovo successore
dell’apostolo Pietro.
In questo mio “saluto” tenterò di giustificare la ragionevolezza umana e cristiana
dell’atto delle dimissioni, metterò in evidenza alcune caratteristiche che hanno
contraddistinto la grandiosa personalità di Benedetto XVI e sottolineerò gli insegnamenti
che ci ha trasmesso.
Lascerò perdere il chiacchereccio di intrighi o di congiure tanto questo argomento è
già stato trattato in abbondanza da altri con logorroiche parole e molteplici pagine di
pettegolezzi che giungono fino alla calunnia.
La notizia della “rinuncia alla continuazione del suo ministero di Pontefice”
comunicata da papa Benedetto XVI l’11 febbraio ai cardinali riuniti in concistoro ha colto
tutti di sorpresa, anche i suoi più stretti collaboratori e ha sbalordito, suscitato emozione,
stupore e tristezza nell’opinione pubblica in ogni parte della terra.
E’ la prima volta nel corso della storia che un Papa comunica in diretta le sue dimissioni!
Di fronte a questo incredibile annuncio abbiamo avuto l’impressione che per un secondo il
mondo si fosse fermato, anche quel mondo relativista ed ateo per il quale Dio non è
necessario, anzi va eliminato
E’ senz’altro un evento storico di grande portata, infatti per trovare le dimissioni di
un altro Pontefice dobbiamo andare indietro di 719 anni, al 13 dicembre 1294 quando
Celestino V, eletto papa in quell’anno rassegnò le dimissioni, o meglio come ricorda Dante
nella III terzina dell’Inferno, il Papa “fece il grande rifiuto”. Un trattamento, quello riservato
a Celestino V dall’autore della Divina Commedia che lo pone all’inferno “per viltà”,
senz’altro ingiusto, tanto è vero che la Chiesa l’ha canonizzato e sulla sua tomba a
Sulmona, Benedetto XVI lasciò il 4 luglio 2009 il pallio che aveva ricevuto nel momento
dell’investitura.
Tutti, in quel secondo di silenzio, si sono chiesti: “Perché Benedetto XVI si è
dimesso?”
Le motivazioni sono state espresse dal Papa con onestà, semplicità e fermezza.
Ha affermato di essere anziano (86 anni) e malandato con le forze fisiche e psichiche che
progressivamente diminuiscono e quindi non si ritiene più in grado di “svolgere
adeguatamente” il ministero di Vicario di Cristo, cioè di assolvere le molteplici incombenze
che gli derivano da Vescovo di Roma e Sommo Pontefice della Chiesa Universale.
Un logorio fisico, quello del Papa, che tutti, soprattutto negli ultimi mesi abbiamo potuto
constatare: “Le mie forze per l’età avanzata diminuiscono, non sono più adatte per
esercitare in modo adeguato il ministero petrino” .
Ha ammesso con consapevolezza disarmante e con parole chiarissime la sua situazione!
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Le dimissioni del Papa da un incarico che non ha paragoni al mondo per
l’importanza spirituale e il peso reale, sono previste dal Codice di Diritto Canonico: “Nel
caso che il Romano Pontefice rinuncia al suo ufficio, si richiede per la validità che la
rinuncia sia fatta liberamente e che venga debitamente manifestata, non si richiede invece
che qualcuno la accetti” (Can. 332, par. 2).
Lo stesso Benedetto XVI aveva affermato questa possibilità nel libro-intervista
curato da Peter Seewald “Luce del mondo”. Chiede Seewald: “Quindi è immaginabile una
situazione nella quale Lei ritenga opportuno che il Papa si dimetta?”. Così rispose Papa
Ratzinger: “Sì. Quando un Papa giunge alla chiara consapevolezza di non essere più in
grado fisicamente, mentalmente e spiritualmente di svolgere l’incarico affidatogli, allora ha
il diritto e in alcune circostanze anche il dovere di dimettersi” (pg. 53).
E il 16 aprile 2012, in occasione dell’ottantacinquesimo compleanno, a coloro che gli
auguravano “ad multos annos”, egli ripose “spero che Dio non vorrà che siano troppi”.
Quindi, nessuna fuga di fronte ad intrighi o maneggi, come ipotizzato dalla De
Gregori su Repubblica o da Franco sul Corriere della Sera e da molti altri.
M. Politi, nel testo “Joseph Ratzinger crisi di un papato”, così descriveva le condizioni di
salute del Pontefice:”Si stanca facilmente, è affetto da lieve diabete, il cuore è indebolito
da ipertensione e aritmie. Per due volte è stato soggetto ad attacchi ischemici. La prima
volta un’emorragia cerebrale gli ha provocato un affievolimento dell’occhio sinistro” pg.
23).
Ritengo che questa descrizione sia più che sufficiente per dare pienamente credito alle
motivazioni addotte da Benedetto XVI come giustificazione alle sue dimissioni, anzi,
personalmente ritengo “un miracolo” che nonostante la precaria salute, abbia retto per
quasi otto anni un massacrante ritmo di vita.
Le priorità di questo Pontificato.
La “nuova evangelizzazione” soprattutto dell’Europa, da qui la scelta del nome
Benedetto; la lotta al vento del relativismo che investe vasti spazi della società
globalizzata; la purificazione della Chiesa e del cristianesimo per ridare credibilità al
messaggio cristiano; le grandi questioni etiche ed antropologiche del mondo
contemporaneo.
Ma alla base del Pontificato, Benedetto XVI, ha posto la tematica della fede, colonna
portante della Chiesa; per questo ha proclamato “l’Anno della Fede”.
Alcuni “insegnamenti” di Papa Benedetto XVI
Saper rinunciare.
A volte l’uomo deve avere il coraggio della rinuncia, in questo caso per il bene della
Chiesa, alla conservazione di una carica quando questa richiede un impegno di forze e di
energie che il soggetto non è più in grado di offrire.
Dunque, quello del Papa è stato un gesto di immensa umiltà che ha anteposto il
bene della Chiesa alla sua persona dimostrando, in questo modo, uno straordinario
distacco dal potere e mostrando come il suo ruolo sia sempre stato vissuto come servizio.
Dopo, come ha affermato, aver “esaminata la questione in coscienza”, davanti a
Dio, e personalmente ritengo per un lungo periodo essendo quello il suo stile, ha deciso.
Basti ricordare che quando il beato Giovanni Paolo II gli chiese di assumere la
responsabilità di Prefetto della Congregazione per la Dottrina delle Fede, prima di
accettare passò oltre un anno.
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Quindi, il gesto del Papa, non è stato un atto di debolezza ma di distacco da un ruolo, oltre
che il voler ribadire l’immensa responsabilità che comporta essere Capo della Chiesa.
Ha affermato il direttore de L’ Osservatore Romano Gian Maria Vian: “La decisione del
Pontefice è stata presa da molti mesi, dopo il viaggio in Messico e a Cuba, in un riserbo
che nessuno ha potuto infrangere, e avendo ‘ripetutamente esaminato’ la propria
coscienza ‘davanti a Dio’, a causa dell’avanzare dell’età”(Il futuro di Dio, L’Osservatore
Romano, 12.2.2013, pg. 1)
Benedetto XVI ha saputo separare “l’autorità del Vicario di Cristo” e la “fragile
persona di J. Ratzinger” chiaramente riconoscendo la propria debolezza, mostrando che
“non esiste un’identificazione totale e perenne tra la persona e la funzione”.
Il suo amore per la Chiesa frutto di una forte spiritualità.
Con le dimissioni Benedetto XVI ha mostrato quanto la persona di Cristo è reale
nella sua vita e la certezza che “la Chiesa è di Cristo, il Quale non le farà mai mancare la
sua guida e la sua cura” (Udienza Generale del mercoledì, 13 febbraio 2013).
La profonda convinzione che la “Chiesa è di Cristo” ha generato, a mio parere, nel
Papa un “gesto sorprendente di libertà”: il “farsi da parte” per permettere al Signore Gesù
di donare alla Chiesa una nuova guida fornita delle forze necessarie ad assolvere questo
gravoso compito.
Benedetto XVI è perfettamente convinto che questo gesto darà nuovo vigore alla Chiesa e
al suo ruolo di guida spirituale ed etica a livello mondiale.
Quello del Papa è un atto “di alto magistero spirituale ma anche un gesto di
governo di grande portata”, oltre che “un profondo innamoramento alla Chiesa” insegnato
più volte, vissuto giorno dopo giorno, e ben espresso anche nell’incontro del 14 febbraio
con il clero di Roma quando, parlando della stagione conciliare, che lui visse come
consulente teologico, ha avuto un seguito limitato.
Il coraggio
“Nel mondo di oggi”.
Il mondo di oggi si trasforma ad un ritmo vertiginoso, è sempre più plurale, le
convinzioni etiche e le convenzioni sociali si allontanano ogni giorno di più dalle radici
giudaico-cristiane; ma con questo mondo complesso serve dialogare.
Un mondo, con i tempi dettati dai media che trasmettono 24 ore al giorno, e con questo
mondo Benedetto XVI ha mantenuto il passo usufruendo delle tecniche di comunicazioni
più innovative, sbarcando anche su twitter.
Ma per un uomo di ottantasei anni stare al passo con questa società globalizzata era
un’impresa titanica!
“Nel mondo di oggi per governare la barca di san Pietro è necessario anche il
vigore sia del corpo sia dell’animo, vigore che negli ultimi mesi, in me è diminuito”, disse
comunicando le sue dimissioni.
Per il cardinale Ratzinger, che non aveva in alcun modo cercato l’elezione, lo
testimonia il fatto che per tre volte (1994 intervista al giornale Mittelbayerische Zeitung, al
compiersi dei settant’anni e dei settantacinque) aveva chiesto al beato Giovanni Paolo di
esonerarlo dall’incarico di Prefetto della Congregazione della Fede e di fronte al “no” del
Papa rimase unicamente per senso del dovere, i quasi otto anni del pontificato sono stati
straordinariamente difficili sia a livello storico per i mutamenti globali del mondo
occidentale e le rivoluzioni nei Paesi arabi, sia a livello culturale essendo le moderne
società attraversate dal relativismo, dalla secolarizzazione e dall’impermeabilità
all’annuncio del Vangelo.
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Inoltre, non possiamo scordare le molteplici incomprensioni e i vari fraintendimenti mostrati
nei suoi riguardi anche nella Chiesa, ma Lui, ha avuto sempre il coraggio di guardare in
faccia alle situazioni e di affrontarle lasciarsi intimorire dalle campagne di odio e di
denuncie piene di falsità.
Nulla gli è stato risparmiato da coloro si sono proposti come finalità della loro vita la
distruzione della Chiesa Cattolica, come ho già sottolineato nella riflessione pubblicata
all’inizio di questo anno, ma anche da parte di molti che si professano cristiani, con
continui confronti al suo predecessore, dimenticando che papa Ratzinger, per vent’anni, fu
uno dei più stretti collaboratori del beato Giovanni Paolo II, e ha proseguito perfettamente
in linea con il magistero del beato papa Wojtyla.
Devo quindi ritenere che “il Papa migliore” per gli amanti del chiacchereccio, è sempre il
“Papa morto”, anche se fu biasimato o deplorato da vivo.
Ma Lui, uomo libero, ha oltrepassato la mentalità dominante, il cosiddetto
“politicamente corretto”, per annunciare con chiarezza i valori evangelici e neppure si è
messo in concorrenza con la figura del beato Giovanni Paolo II.
Già nel primo saluto al mondo dopo la sua elezione dalla loggia centrale della Basilica di
san Pietro non ha negato le difficoltà che lo avrebbero atteso a seguito del ricco e lungo
pontificato del beato papa Wojtyla: “Dopo il grande Papa Giovanni Paolo II, i signori
cardinali hanno eletto me un semplice e umile lavoratore nella vigna del Signore”.
I fraintendimenti su Maometto.
Era il 12 settembre 2006, nel discorso che tenne all’università di Regensburg lesse
“una citazione” di un dialogo avvenuto più di seicento anni fa fra l’imperatore di bizantino
Manuele II Paleologo e un persiano di fede musulmana. Questa frase, male interpretata,
causò violente proteste, non solo verbali, in vari Paesi mussulmani. E più volte Benedetto
XVI dovette pubblicamente scusarsi.
Ma il Papa, come sottolineò il suo portavoce padre Lombardi, intendeva sottolineare
unicamente “il radicale rifiuto di qualsiasi motivazione religiosa alla violenza”.
Aids ed educazione alla sessualità.
Il 17 marzo 2009 i governanti di mezzo mondo attaccarono il Papa a seguito di
un’affermazione che fece ai giornalisti mentre era in viaggio per il Camerum. Alla domanda
di Philippe Visseyrias di France 2 sui preservativi, Benedetto XVI, nel contesto di
un’argomentata ed ampia risposta affermò: “Direi che non si può superare il problema
dell’Aids solo con soldi, pur necessari, ma se non c’è l’anima, se gli africani non aiutano
(impegnando la responsabilità personale), non si può superarlo con la distribuzione di
preservativi: al contrario, aumentano il problema”.
L’evidente strumentalizzazione della frase l’ha trasformata nel leit motif del viaggio
in Africa, scordando volutamente i contenuti dei vari discorsi: necessità di cure gratuite,
accuse alle multinazionali anche del farmaco, accenni alla crisi economica mondiale.
Lo scandalo della pedofilia.
Nel 2009, nel clima spirituale dell’ “Anno Sacerdotale”, si presentò con immenso
eco mondiale, i massmedia di tutto il mondo ne parlarono per mesi, l’orrendo delitto della
pedofilia da parte di alcuni membri del clero. Si tentò anche di colpire il Papa in persona.
Benedetto XVI affrontò con fermezza ed intransigenza questa “vergogna” della
Chiesa, che per troppo tempo era stata nascosta con la malintesa disponibilità alla
comprensione e al perdono, ed ordinò a tutti gli episcopati mondiali “tolleranza zero” nei
confronti del clero che si era macchiato con questo atteggiamento.
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Inoltre, nei viaggi internazionali, incontrò alcune delle vittime. Nell’aprile del 2010,
durante la visita a Malta, dichiarò: “Provo vergogna e dolore”.
La sporcizia nella Chiesa.
Ha combattuto, senza risparmiarsi, quella che da cardinale aveva definito nella Via
Crucis al Colosseo del 2005 in mondovisione: “la sporcizia nella Chiesa”. Quella sera
affermò: “Quanta sporcizia c’è nella Chiesa, e proprio anche tra coloro che nel sacerdozio
dovrebbero appartenere completamente a lui. Quanta superbia, quanta autosufficienza”. Il
fatto che questi atteggiamenti amareggiavano innumerevoli coscienze non poteva
tollerarlo.
Noi, non sappiamo né l’entità, né la gravità della situazione, ma possiamo supporre
dalla lettura di alcuni documenti sottratti dalla scrivania del Papa e da posizioni
difficilmente spiegabili, che Benedetto XVI abbia sofferto molto per rivalità e scontri che
hanno prodotto lacerazioni in quella Chiesa che, secondo le sue parole, non è una
semplice organizzazione ma “un organismo, una realtà vitale che entra nella mia anima,
così come io stesso divento un elemento costruttivo della Chiesa come tale” (14 febbraio
2013).
Beni non negoziabili.
E’ questa una categoria concettuale particolarmente presente nel Magistero di
Benedetto XVI. Per meglio conoscere il suo pensiero si riportano alcuni passaggi del
discorso ai partecipanti al Convegno promosso dal Partito Popolare Europeo:
“-Tutela della vita in tutte le sue fasi, dal primo momento del concepimento fino alla morte
naturale;
- riconoscimento e promozione della struttura naturale della famiglia, quale unione fra un
uomo e una donna basata sul matrimonio, e sua difesa dai tentativi di renderla
giuridicamente equivalente a forme radicalmente diverse di unione che, in realtà, la
danneggiano e contribuiscono alla sua destabilizzazione, oscurando il suo carattere
particolare e il suo insostituibile ruolo sociale;
- tutela del diritto dei genitori di educare i propri figli.
Questi principi non sono verità di fede anche se ricevono ulteriore luce e conferma dalla
fede. Essi sono iscritti nella natura umana stessa e quindi sono comuni a tutta l'umanità.
L'azione della Chiesa nel promuoverli non ha dunque carattere confessionale, ma è rivolta
a tutte le persone, prescindendo dalla loro affiliazione religiosa” (30 marzo 2006).
La dittatura del relativismo.
Nell’omelia della Messa Pro Eligendo Romano Pontefice (18 aprile 2005), il
cardinale Ratzinger, affermò: “Quanti venti di dottrina abbiamo conosciuto in questi ultimi
decenni, quante correnti ideologiche, quante mode del pensiero... La piccola barca del
pensiero di molti cristiani è stata non di rado agitata da queste onde - gettata da un
estremo all'altro: dal marxismo al liberalismo, fino al libertinismo; dal collettivismo
all'individualismo radicale; dall'ateismo ad un vago misticismo religioso; dall'agnosticismo
al sincretismo e così via. Ogni giorno nascono nuove sette e si realizza quanto dice San
Paolo sull'inganno degli uomini, sull'astuzia che tende a trarre nell'errore (cfr Ef. 4, 14).
Avere una fede chiara, secondo il Credo della Chiesa, viene spesso etichettato come
fondamentalismo. Mentre il relativismo, cioè il lasciarsi portare "qua e là da qualsiasi vento
di dottrina”, appare come l'unico atteggiamento all'altezza dei tempi odierni. Si va
costituendo una dittatura del relativismo che non riconosce nulla come definitivo e che
lascia come ultima misura solo il proprio io e le sue voglie”.
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Fede, ragione e scienza. …
Da fine intellettuale, ha seguito con attenzione anche il pensiero dei non credenti,
per identificare delle strade che rendono attuale il messaggio evangelico e permettano
l’incontro tra fede, ragione e scienza.
Ha affermato: “Non c’è alternativa: ragione e scienza, fede e teologia devono
ritornare insieme, nell’autonomia, nella distinzione e nella complementarietà, cioè senza
dissolversi l’una nell’altra. Non è in questione la tutela di qualche interesse… E’ in
questione l’uomo, è in questione il mondo” (7 novembre 2009).
Conservatore?
Assolutamente no! Le dimissioni che Papa Benedetto ha rassegnato, oltre che
essere un grande gesto evangelico ed umano, sono una lezione a coloro che lo
dipingevano come un inquisitore, il “Rottweiler di Dio” e lo accusavano di conservatorismo.
Nessuno potrà negare che queste dimissioni sono “un’innovazione assoluta”!
La personalità di Benedetto XVI.
Molti che lo hanno potuto accostare descrivono la sua personalità di disarmante
semplicità. Ha affermato mons. Rino Fisichella: “Joseph Ratzinger è un gentleman, è
timido, rispettoso, si accosta alle persone guardandole negli occhi, si fa forte della sua
semplicità” (Joseph Ratzinger. Crisi di un papato, op. cit., pg. 45)
La sua mitezza, la sua raffinatezza, lo stile personalissimo e riservato dopo quello
vulcanico del beato Giovanni Paolo II, gli ha permesso di parlare al cuore di giovani, adulti
ed anziani.
Anche l’atto dell’annuncio delle sue dimissioni è avvenuto nel contesto di un
“appuntamento della routine del Papa”; un Concistoro indetto per alcune canonizzazioni, e
prima della benedizione finale ha letto il suo comunicato. Ritengo però che la data non sia
stata casuale, infatti l’11 febbraio si ricorda la festa della Madonna di Lourdes e il Papa ha
una devozione filiale alla Madonna, inoltre in quel giorno si celebra la Giornata Mondiale
del Malato, e lui ha riconosciuto come già affermavano gli antichi:”senectus ipsa è
morbus”.
La fede.
Sull’importanza, anzi sull’aspetto fondamentale che la fede riveste per Chiesa e per
il cristiano, Papa Benedetto è tornato molteplici volte ed ha indetto “l’Anno della Fede”.
Per Lui, questo, è il maggior problema che la Chiesa oggi deve affrontare. Affermò a
Friburgo: “Il nocciolo della crisi della Chiesa in Europa è la crisi della fede. Se ad essa non
troviamo una risposta, se la fede non riprende vitalità, diventando una profonda
convinzione ed una forza reale grazie all’incontro con Gesù Cristo, tutte le altre riforme
rimarranno inefficaci” (15 settembre 2010).
Ecco il suo consiglio che è anche la conclusione di queste riflessioni.
La fede è innanzitutto l’incontro con un avvenimento, con una Persona che dà alla vita un
nuovo orizzonte e con ciò la direzione decisiva.
Fondata sull’incontro con Gesù Cristo risorto, la fede dovrà essere riscoperta nella sua
integrità e in tutto il suo splendore.
Scrive il Papa nel documento “Porta Fidei”: “Anche ai nostri giorni la fede è un dono da
riscoprire, da coltivare e da testimoniare”, perché il Signore “conceda a ciascuno di noi di
vivere la bellezza e la gioia dell’essere cristiani”.
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Grazie, Papa Benedetto perché sei stato Servo di Dio all’inizio, servo di Dio alla fine
concretizzando quella frase che hai detto nella Messa d’inizio del Tuo ministero pastorale:
“Io, ma non più io”.
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