Tratto da Oerter Robert, La teoria del quasi tutto, Codice Edizioni, Torino 2006
Capitolo I
Le prime unificazioni
Se tutta la conoscenza scientifica dovesse andare
distrutta in qualche cataclisma, e soltanto una frase fosse
trasmessa
alla
generazione
successiva,
quale
affermazione conterrebbe la maggior quantità di
informazione nel minar numero di parole? Io credo si
tratti dell'ipotesi atomistica [...] la quale sostiene che
tutte le cose sono fatte di atomi, piccole particelle che si
muovono di moto perpetuo, attraendosi l'un l'altra
quando sono a breve distanza e respingendosi quando
sono schiacciate l'una contro l'altra.
RICHARD FEYNMAN,
La fisica di Feynman
Prendete una roccia e colpitela con un martello pneumatico; prendete poi il pezzo di roccia più
piccolo e percuotetelo ancora. Quante volte potete ripetere questa procedura? Mano a mano che i
pezzi di roccia diventano sempre più piccoli, ci sarà bisogno di nuovi strumenti e nuove tecniche:
una lametta, per esempio, per dividere il frammento, e un microscopio per poter vedere quel che si
sta facendo. Ci sono soltanto due possibilità: o si può andare avanti a dividere i pezzi all'infinito
oppure no. Se non è possibile, deve esistere un qualche minuscolo pezzo indivisibile.
Leucippo e il suo allievo Democrito, filosofi greci che vissero nel V secolo a. C., proposero che
il processo di divisione dovesse a un certo punto giungere a un termine. Definirono il pezzo più
piccolo atomo, ossia "non tagliabile". L'ipotesi atomistica sfidava apertamente il senso comune e
l'esperienza quotidiana: "Ci puoi mostrare uno di questi atomi?", chiedevano a Leucippo i suoi
avversari. No, rispondeva l'atomista; sono troppo piccoli per essere visti, sono invisibili oltre che
indivisibili.
Più di 2000 anni più tardi, prese piede tra gli scienziati una nuova versione dell'ipotesi
atomistica. A partire dall'inizio del XIX secolo, stava diventando chiaro che tutti gli oggetti sono
fatti di piccole particelle. Il nuovo concetto di atomo era piuttosto diverso da quello dei
greci. Per i greci, imperava la geometria: gli atomi dovevano essere distinguibili tramite la loro
forma, anche se non era possibile vederla. I nuovi atomi, al contrario, si distinguevano per la loro
massa le loro proprietà chimiche. Verso la fine del XIX secolo risultò chiaro che gli atomi non
costituivano la fine della storia: c'erano due tipi di cose nel mondo, le particelle e i campi. Ogni
cosa che possiamo vedere e toccare è fatta di particelle indivisibili, che comunicano l'una con l'altra
tramite campi invisibili che permeano tutto lo spazio, così come l'aria riempie una stanza. I campi
non sono composti di atomi: non hanno nessuna unità di base, più piccola di tutte le altre. Le
particelle determinano dove i campi sono più intensi o più deboli e i campi dicono alle particelle
come muoversi nello spazio.
Oerter
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La scoperta, nel XX secolo, della meccanica quantistica, avrebbe rivoluzionato la visione,
piuttosto chiara, di un universo pieno di particelle e campi. Sarebbe trascorso un altro mezzo secolo
prima che la meccanica quantistica e la relatività speciale fossero assimilate dalla fisica delle
particelle elementari, dando come risultato la teoria scientifica più resistente e di successo di tutti i
tempi, il Modello Standard delle Particelle Elementari. Questo capitolo rivelerà come i concetti
di campo e particella si siano trasformati, durante il XIX secolo, in potenti strumenti in grado di
unificare diversi aspetti delle teorie fisiche.
La fìsica è lo studio di processi fondamentali: come funziona l'universo al livello più basilare?
Di cosa è fatto tutto quel che ci circonda, e come interagiscono tra loro questi costituenti? Negli
ultimi anni si è fatto un gran parlare di una "teoria del tutto", e soprattutto della teoria delle
stringhe, principale candidata a diventarlo. Una teoria del tutto sarebbe, per un fisico, il risultato
definitivo: un insieme consistente di concetti ed equazioni che descrivono tutti i processi
fondamentali della natura. La ricerca di descrizioni che unifichino i fenomeni naturali ha una storia
molto lunga. I fisici hanno sempre cercato di fare tanto con poco e di trovare la descrizione più
economica dei fenomeni: l'attuale spinta verso l'unificazione non è che l'ultima di una lunga serie di
semplificazioni.
La fisica del xix secolo si divideva in molte discipline:

La dinamica: le leggi del moto. Un disco da hockey che scivola sul ghiaccio, una palla che
rotola lungo la collina, la collisione fra due palle da biliardo: tutti fenomeni analizzabili per
mezzo di queste leggi. La dinamica descrive, insieme alle leggi di Newton della gravitazione
universale, il moto dei pianeti, dei satelliti e delle comete.

La termodinamica: le leggi della temperatura e dell'energia derivante dal calore, così come
il comportamento di solidi, liquidi e gas in grandi quantità: espansione e contrazione, congelamento, fusione ed ebollizione.

Le onde: lo studio dell'oscillazione dei mezzi continui; le vibrazioni dei solidi, delle onde
nell'acqua e delle onde sonore nell'aria.

L'ottica: lo studio della luce. Come si forma un arcobaleno e perché un righello sembra
piegato quando lo si immerge in una boccia per i pesci rossi.

L'elettricità: perché i calzini si appiccicano gli uni agli altri quando sono tirati fuori
dall'asciugabiancheria? Da dove vengono i fulmini? Come funziona una pila?

II magnetismo: perché l'ago di una bussola punta sempre verso nord? Perché una calamità
resta attaccata allo sportello del frigorifero?
All'inizio del XX secolo, tutti questi rami erano stati ridotti a due. La termodinamica e la
meccanica ondulatoria erano state inglobate dalla dinamica grazie all'ipotesi atomistica, e la teoria
del campo elettromagnetico riassumeva in sé l'ottica, l'elettricità e il magnetismo. Sembrava che
tutta la fisica potesse essere spiegata in termini di particelle (gli atomi) e di campi.
L'evidenza più significativa dell'ipotesi atomistica proveniva dalla chimica piuttosto che dalla
fisica. La legge delle proporzioni definite, proposta nel 1799 dal chimico francese Joseph-Louis
Proust, sosteneva che le sostanze chimiche, quando formano i composti, si combinino in rapporti
definiti; un volume di ossigeno, per esempio, si combina sempre con il doppio del volume di
idrogeno per produrre acqua. La spiegazione di questa legge deriva dall'ipotesi atomistica: se una
molecola d'acqua è composta di un atomo di ossigeno e due atomi di idrogeno (H2O), allora due
parti di idrogeno e due di ossigeno si combineranno completamente a dare una certa quantità di
acqua senza che avanzi nulla.
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Alla fine del XIX secolo stava già diventando chiaro che questi atomi chimici non erano, a dire
il vero, indivisibili. JJ.Thomson annunciò nel 1899 che il processo di ionizzazione comporta la
rimozione di un elettrone da un atomo, e di conseguenza «implica, essenzialmente, la divisione
dell'atomo»1. Gli atomi sarebbero stati ulteriormente suddivisi all'inizio del XX secolo: la frase
"dividere un atomo" acquisì un diverso significato, cioè incominciò a indicare la rottura del nucleo
atomico tramite la rimozione di alcuni dei protoni e dei neutroni di cui è composto. Un atomo
costituito di protoni, i neutroni ed elettroni, ovviamente, non era più indivisibile, ma a quei tempi il
nome atomo era ormai diventato di uso corrente, ed era troppo tardi per cambiarlo. I costituenti più
elementari della materia, quei pozzetti che non possono essere ulteriormente scomposti, furono
chiamati particelle elementari (o fondamentali).
Come fu possibile che l'ipotesi atomistica permettesse di ridurre la termodinamica alla dinamica?
Prendiamo, come esempio, la legge dei gas perfetti. I fisici che conducevano esperimenti con i gas
nel XVIII e nel xix secolo scoprirono che quando un gas era scaldato, la pressione che esercitava sul
contenitore cresceva in modo direttamente proporzionale alla temperatura. Non era nota nessuna
spiegazione di questo comportamento: si trattava di una legge termodinamica sperimentale.
Applichiamo ora l'ipotesi atomistica: consideriamo il gas nel suo contenitore come composto di
tanti piccoli "atomi" perennemente in moto, che si scontrano gli uni contro gli altri e contro le pareti
del recipiente, come bambini in una stanza dei giochi. Ora, scaldiamo il gas, dando alle molecole
più energia e aumentando la loro velocità media. La pressione sulle pareti del contenitore è il
risultato complessivo di tante molecole che vi sbattono contro: mano a mano che la temperatura
aumenta, le molecole, muovendosi più rapidamente, colpiscono le pareti con frequenza maggiore e
con più forza, causando l'innalzamento della pressione.
Un'analisi matematica dimostra che quando si fa la media sugli effetti di un gran numero di
collisioni molecolari, la pressione risultante su una parete è proporzionale alla temperatura del gas.
Ciò che, in principio, non era che un'osservazione sperimentale, è diventato un teorema della
dinamica: le proprietà del gas sono considerate una diretta conseguenza della sua struttura
fondamentale e della sua composizione.
Sogni di campi
Per farci un'idea della comprensione del concetto di campo nel XIX secolo poniamoci una semplice
domanda: come fa l'ago di una bussola a sapere in che dirczione è il nord? L'ago della bussola,
isolato all'interno del contenitore, non tocca, ne è toccato da, nient'altro che lo stesso contenitore;
eppure, non importa quanto si giri e si rigiri la bussola: l'ago torna sempre a indicare il nord. Come
un mago che fa levitare un corpo, un qualche potere spettrale riesce a entrare nel contenitore e a
girare con dita invisibili l'ago nella dirczione giusta. Affibbiare a questo potere l'etichetta
magnetismo non risponde alla domanda fondamentale: come è possibile che un oggetto ne influenzi un altro senza che vi sia un contatto fisico?
Isaac Newton si trovò a lottare contro la stessa domanda quando pubblicò la sua legge della
gravitazione universale nel 1687. Newton capì che la caduta di una mela era causata dalla medesima
forza che mantiene la Luna in orbita intorno alla Terra: la gravita terrestre. Ma come poteva la Terra
estendersi per 400000 chilometri in modo da tenersi stretta la Luna?
Che la gravita debba essere innata, inerente ed essenziale alla materia, cosicché un
corpo possa agire su un altro da lontano attraverso il vuoto, senza la mediazione di
nient'altro per mezzo di e attraverso il quale l'azione e la forza possano essere
trasmesse, è per me una tale assurdità da non ritenere che alcun uomo avente una
buona facoltà di pensiero nell'ambito della filosofia potrà mai cadervi. La gravita
1
Citato in Pais, 1986, p.99
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deve essere causata da un agente che agisce di continuo secondo certe leggi; ma
che questo agente sia materiale o immateriale, lo lascio alla considerazione dei
miei lettori.2
La soluzione al problema delibazione a distanza", come fu chiamato, arrivò 200 anni dopo, grazie al
concetto di campo.
Immaginiamo di fare una grigliata in giardino: nel giro di poco tempo cominciano ad arrivare dei
vicini chiedendo "Come va? Oh, fai una grigliata? Hai per caso un po' di carne in più?". Non c'è alcun bisogno di chiamarli uno a uno per dire loro del pranzo in giardino: l'aroma del cibo invia il
messaggio. Un campo (elettrico o magnetico) funziona in modo simile. Gli oggetti che mostrano di
possedere proprietà elettriche o magnetiche si dicono essere dotati di carica elettrica; questa carica
produce un campo, analogamente alla carne grigliata che produce un aroma. Più la carica è grande,
più il campo è intenso. Un oggetto distante non ha bisogno che la presenza della carica gli sia
comunicata: deve semplicemente fiutare il campo nelle sue immediate vicinanze, come i vicini
hanno fiutato l'odore di carne alla griglia. Per questo motivo, si dice che la Terra si comporta come
una "carica" magnetica e crea un campo magnetico che riempie tutto lo spazio intorno ad essa; l'ago
di una bussola, anch'esso un magnete, fiuta il campo magnetico e si allinea lungo la sua dirczione.
La bussola non ha bisogno di sapere dove sia la Terra o cosa stia facendo, sia che si trovi a livello
del suolo o lontana migliaia di chilometri nello spazio: risponde a qualsiasi campo magnetico riesca
a rivelare, sia esso quello generato da una Terra lontana oppure da una calamità da frigorifero a
pochi centimetri di distanza.
I fisici rappresentano un campo tramite frecce. Una barretta magnetica, per esempio, è circondata
da un campo magnetico fatto più o meno così:
Più il campo è intenso, più la freccia è lunga. Pensiamo a un campo magnetico come se fosse un
campo di grano: ogni spiga è una freccia, e il "campo" la serie completa delle frecce. A differenza
di un campo di grano, però, in cui le spighe sono separate l'una dall'altra da qualche decina di
centimetri, il campo magnetico ha una freccia in ogni punto dello spazio. Vale a dire che, per
descrivere completamente un campo magnetico, è necessario specificare l'intensità del campo (la
lunghezza della freccia) e la sua direzione (la direzione verso cui punta la freccia) in ogni punto
dell'intero universo. Ovviamente, sarebbe impossibile determinare sperimentalmente i valori del
campo magnetico in ogni punto, anche soltanto in una porzione di spazio limitata, poiché si tratta di
2
Cohen, 1958, pp. 302-303
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un'operazione che richiederebbe un numero infinito di misure. Nella vita reale, i fisici devono
accontentarsi di avere un'idea abbastanza buona dei valori del campo in qualche limitata regione
dello spazio. Per un fisico il campo è ovunque: nell'aria che ci circonda, nei muri delle nostre case,
nel legno delle sedie, e persino nei nostri stessi corpi.
Nel 600 a. C., all'incirca, il filosofo Talete di Mileto notò che una bacchetta di ambra strofinata
con un pezzo di seta acquistava il potere di attirare piccoli oggetti. Questo fenomeno è conosciuto
con il nome di elettricità statica; la parola elettricità deriva dal termine greco electron, che significa
ambra. Potete anche voi eseguire l'esperimento di Talete: strappate alcuni pezzetti di carta e
strofinate un pettine di plastica sulla camicia. Se avvicinate poi il pettine ai pezzi di carta
abbastanza rapidamente (e se l'aria è poco umida) vedrete la carta saltare e attaccarsi al pettine.
Questa forza è diversa da quella magnetica:
nemmeno un magnete molto potente sarebbe in grado di raccogliere i frammenti di carta, ne, d'altra
parte, il pettine e il magnete eserciterebbero uno sull'altro la stessa forza che eserciterebbero tra loro
due magneti. Chiamiamo questa nuova forza inforza elettrica: questa è la forza che sperimentiamo
quando ci pettiniamo i capelli e questi ci si drizzano sulla testa o quando tiriamo fuori i nostri vestiti
dall'asciugabiancheria ed essi si appiccicano l'uno all'altro.
In tutti questi casi c'è un trasferimento di carica elettrica da un corpo all'altro. Benjamin
Franklin scoprì, nel 1747, l'esistenza di due tipi di carica elettrica: li chiamò carica positiva e carica
negativa. Di solito, oggetti come i vostri calzini hanno una quantità uguale di cariche negative e
positive, cosicché sono elettricamente neutri (o privi di carica). Mentre girano
nell'asciugabiancheria, i calzini si passano l'un l'altro elettroni negativamente carichi come bambini
che si scambiano le carte dei Pokemon. Il risultato è che, alla fine, un calzino si ritrova con un
eccesso di carica negativa e l'altro con un eccesso di carica positiva. Secondo la legge della forza
elettrica gli opposti si attraggono, cosicché i calzini si appiccicano gli uni agli altri. Quando ci si
pettina, il pettine strappa elettroni dai capelli: dato che cariche uguali si respingono, i capelli
cercano di allontanarsi uno dall'altro il più possibile.
Le interazioni elettriche possono essere descritte in termini di forze o di campi. In termini di
forze si postula una legge universale dell'elettricità (analoga alla legge universale della gravitazione
di Newton), secondo la quale "ogni oggetto carico nell'Universo è attratto (o respinto, a seconda che
le cariche siano opposte o uguali) da ogni altro oggetto carico con una forza proporzionale alla
carica elettrica di entrambi".
In termini di campi, invece, si postula un processo a due stadi. Nel primo, ogni oggetto carico
crea un campo elettrico (quest'ultimo è diverso da un campo magnetico, ma anch'esso può essere
rappresentato disegnando frecce in ogni punto dello spazio). Nel secondo stadio, ogni oggetto
risente di una forza proporzionale al campo elettrico in quel punto; il campo è generato da tutti gli
altri oggetti carichi.
Dal punto di vista matematico, una legge dice che genere di campo è prodotto da un dato insieme
di cariche, e un'altra descrive la forza agente su una carica, dovuta ai campi elettrici e magnetici
esistenti nel luogo in cui è la carica. Il calzino non ha bisogno di "sapere" dove sono posizionati
tutti gli altri oggetti carichi dell'universo, ma soltanto di "conoscere" il campo elettrico nel punto in
cui si trova. In termini di campi, gli oggetti rispondono alle condizioni dei loro immediati
dintorni piuttosto che alle posizioni e ai movimenti di oggetti lontani.
Può sembrare una specie di imbroglio: dato che i concetti di forza e di campo danno lo stesso
risultato, non stanno semplicemente dicendo la medesima cosa con parole diverse? Non abbiamo
semplicemente nascosto la "magica" azione a distanza dietro un altrettanto magico campo elettrico?
Effettivamente, sembra che la domanda "come fa un oggetto a sapere cosa stanno facendo
oggetti molto distanti?" sia semplicemente stata sostituita con la domanda "come fa il campo
elettrico a sapere cosa stanno facendo oggetti molto distanti?".
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Per comprendere appieno la potenza del concetto di campo, bisogna sostituire la domanda
"come?" con "quando?". Supponiamo di spostare all'improvviso in una nuova posizione uno dei
vostri due calzini elettricamente carichi: quand'è che l'altro calzino viene a sapere che è cambiato
qualcosa? Dal momento che, in termini di forze, ogni calzino si comporta secondo la posizione
dell'altro, la dirczione della forza che agisce sul secondo calzino deve cambiare non appena si
sposta il primo. In termini di campi, ad ogni modo, è possibile concepire la possibilità di un
intervallo di tempo tra il movimento del calzino e i cambiamenti nel campo distante: nei dintorni
della nuova posizione del calzino che è stato spostato, il campo è centrato in questo nuovo punto,
ma lontano da qui il campo è ancora centrato nella posizione originale del calzino.
Se c'è un intervallo temporale, devono esserci delle increspature nel campo tra le due regioni. Forse,
con il passare del tempo, le increspature si muovono e la regione interna, che "conosce" la nuova
posizione del calzino, cresce sempre di più. E possibile cambiare la teoria del campo elettrico in
modo che questo "forse" diventi una previsione definita? Per trovare la risposta, dobbiamo prima
trovare la connessione esistente tra i due tipi di campo: il campo elettrico e il campo magnetico.
Il matrimonio fra elettricità e magnetismo
La prima prova di una connessione tra elettricità e magnetismo fu scoperta da un fisico danese,
Hans Christian Oersted, nel 1820. Oersted costruì un semplice circuito con una batteria e un filo:
con l'interruttore aperto, la corrente non scorreva nel filo e una bussola messa sopra il circuito
puntava verso nord, come al solito. Quando si chiudeva l'interruttore, consentendo alle cariche
elettriche di defluire nel filo da un polo all'altro della batteria, l'ago della bussola era deflesso dal
nord e puntava invece nella dirczione perpendicolare al filo. Tutto ciò dimostrava che una corrente
elettrica, ossia un flusso di carica elettrica, produce un campo magnetico.
Dopo l'importante conquista di Oersted, gli scienziati scoprirono molte altre connessioni fra
elettricità e magnetismo. Michael Faraday, fisico inglese, si convinse che, se una corrente elettrica
poteva generare un campo magnetico, allora un campo magnetico dovrebbe essere in grado di
provocare una corrente elettrica. Faraday riuscì a generare una corrente in un filo chiuso ad anello
cambiando il campo magnetico lungo il filo: un magnete stazionario non crea nessuna corrente, ma
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se si muove il magnete lungo l'anello di filo, il campo magnetico che passa dentro l'anello cresce in
intensità e, nel mentre, nel filo scorre corrente.
Ecco la scoperta: un campo magnetico variabile da origine nel filo a un flusso di carica.
Come poteva Faraday spiegare un simile fenomeno in termini di campi? Ripensiamo al processo a
due stadi: una legge dice come i campi sono generati dalle cariche, l'altra come le cariche sono
influenzate dai campi. Ai tempi di Faraday, il secondo stadio era descritto con la legge della forza di
Lorentz, secondo la quale soltanto un campo elettrico può accelerare o rallentare una carica, mentre
un campo magnetico può soltanto cambiare la dirczione di moto di una carica che si stia già
muovendo. Prima che il magnete inizi a muoversi, gli elettroni nel filo sono stazionari: il misuratore di corrente indica un valore nullo. Perché, allora, gli elettroni cominciano a muoversi quando il
magnete si sposta? Forse la legge di Lorentz è sbagliata, o forse un magnete in movimento produce
un tipo di forza completamente nuovo. Faraday, ad ogni modo, aveva una spiegazione più semplice:
se una carica in moto può produrre un campo magnetico nell'esperimento di Oersted, sembra
ragionevole che un magnete in movimento produca un campo elettrico, ed è questo campo elettrico
a causare il flusso di corrente nel filo. Faraday considerò questo esperimento la prova del fatto che
un campo magnetico variabile crea un campo elettrico.
Fu uno scozzese di nome James Clerk Maxwell, nel 1865, il primo a prendere il concetto di
campo inventato da Faraday e a dargli una chiara formulazione matematica, incorporando la forza
elettrica e magnetica in un insieme di quattro equazioni oggi note come equazioni di Maxwell.
Mentre sviluppava queste equazioni, Maxwell si accorse che ci sarebbe stata un'incongruenza se
non fosse stato possibile che un campo elettrico variabile generasse un campo magnetico. Quando
incluse questo cruciale cambiamento nelle sue equazioni per i campi elettrici e magnetici, Maxwell
capì improvvisamente che le sue quattro equazioni non spiegavano soltanto tutti i fenomeni elettrici
e magnetici, ma anche le scoperte nel campo dell'ottica e la legge di Lorentz.
Per capire la connessione con l'ottica, riportiamo alla mente le increspature che si formano nel
campo elettrico quando la carica si muove all'improvviso: mentre la carica si sposta, il campo
elettrico nei dintorni cambia. Sappiamo dalla scoperta di Maxwell che un campo elettrico variabile
genera un campo magnetico, cosicché la carica è ora circondata sia da un campo elettrico che da un
campo magnetico. Prima che la carica si spostasse, però, non c'era nessun campo magnetico; in altri
termini, anche il campo magnetico è cambiato. Secondo Faraday, un campo magnetico variabile
genera un campo elettrico; si genera così un processo autosostenentesi, in cui un campo elettrico
variabile genera un campo magnetico che, variando a sua volta, genera un campo elettrico
aggiuntivo e così via. I due effetti si rinforzano a vicenda, portando le increspature del campo
sempre più lontano;
nel frattempo, la porzione di spazio più vicina, "consapevole" della nuova posizione della carica,
diventa sempre più grande mano a mano che le increspature si allontanano dalla carica.
Questa combinazione di campi elettrici e magnetici variabili in grado di autosostenersi è
chiamata onda elettromagnetica. Maxwell scoprì che la velocità di queste onde è legata in modo
molto semplice a due costanti presenti nelle sue equazioni. I valori numerici di queste costanti erano
noti, grazie a esperimenti che misuravano l'intensità dei campi elettrici e magnetici; Maxwell usò i
valori noti per trovare la velocità delle onde elettromagnetiche, e scoprì che esse si muovono alla
velocità della luce. Non poteva trattarsi di una semplice coincidenza: la luce visibile ordinaria
doveva essere un'onda elettromagnetica. Il legame tra luce ed elettromagnetismo è stato, da allora,
confermato in moltissimi esperimenti.
Una teoria di successo non deve soltanto spiegare fenomeni già osservati e fornire un
inquadramento per la loro comprensione; deve anche prevedere fenomeni nuovi. Si possono così
ideare esperimenti che vadano alla ricerca di questi nuovi fenomeni e verifichino la teoria. Se
Maxwell aveva ragione nel ritenere la luce un tipo di onda elettromagnetica, dovevano esserci altre
forme di "luce": onde elettromagnetiche con lunghezza d'onda inferiore o superiore a quella della
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luce visibile. Non c'era nulla, nelle equazioni, a impedire l'esistenza di queste onde; tutto quello che
c'era da fare per produrle era trovare un qualche metodo per agitare le cariche elettriche con la
giusta velocità. Il fisico tedesco Heinrich Hertz si mise alla loro ricerca e decise di caricare due
sfere di metallo separate da una piccola distanza. Quando la carica era abbastanza elevata, una
scintilla si formava nello spazio tra le due sfere, portando la carica negativa verso la sfera carica
positivamente. L'improvviso movimento delle cariche da una sfera all'altra creava un'increspatura
nel campo elettrico: un'onda elettromagnetica, secondo la teoria di Maxwell. Hertz mise, nel lato
opposto del laboratorio, un anello di filo in mezzo al quale poteva passare un po' d'aria. Sapeva che
l'onda avrebbe dovuto viaggiare nella stanza alla velocità della luce, e quando avesse colpito il filo,
avrebbe dovuto causare al suo interno un flusso di corrente. A causa della fessura per l'aria, il
fenomeno avrebbe avuto luogo soltanto se la scintilla vi fosse passata attraverso. Dopo aver
oscurato il laboratorio completamente, Hertz si mise a fissare la fessura per l'aria e aspettò che le
sfere si caricassero: ogni volta in cui una scintilla compariva tra le due sfere. Hertz, dall'altro lato
della stanza, vedeva una seconda, minuscola scintilla nella fessura d'aria all'interno dell'anello di
filo.
Hertz scoprì che le sue onde avevano una lunghezza d'onda dell'ordine di 60 centimetri, ossia un
milione di volte maggiore di quella della luce visibile. Le onde elettromagnetiche con lunghezze
d'onda di queste dimensioni sono oggi note come onde radio. La "trasmissione" di Hertz, sebbene
non fosse avvincente e ricca di informazioni come Home Shopping Network3, era nondimeno un
risultato incredibile: la prima trasmissione radio. L'esperimento fornì la prova diretta della capacità
di un'onda elettromagnetica di attraversare una stanza senza il supporto di fili.
Più tardi si scoprì come produrre onde elettromagnetiche con lunghezze d'onda comprese tra
quelle delle onde radio e della luce visibile, e queste onde furono chiamate microonde e radiazione
infrarossa. Si produssero anche onde con lunghezza d'onda minore, come la radiazione ultravioletta,
i raggi X e i raggi gamma. La società moderna non funzionerebbe senza la nostra conoscenza delle
equazioni di Maxwell: usiamo le onde radio per la ricezione di radio e televisione, microonde per
forni a microonde e telefoni cellulari, infrarossi per lampade a infrarossi, radiazione ultravioletta per
lampade abbronzanti e luci da discoteca, raggi X in medicina e raggi gamma per decontaminare il
cibo. La luce visibile, che va dal rosso (la lunghezza d'onda visibile più lunga) al violetto (la più
corta), non è che una piccola frazione dello spettro elettromagnetico.
La maggior parte delT"arcobaleno" elettromagnetico è invisibile per gli esseri umani; possiamo
"vedere" le onde ultraviolette in qualche modo vago e indistinto, ma non con i nostri occhi: la nostra
pelle le rivela e reagisce scottandosi. I raggi x e gamma, molto energetici, penetrano all'interno dei
nostri corpi e possono causare danni alle cellule degli organi interni. Nella maggior parte dei casi,
ad ogni modo, abbiamo bisogno di strumenti specifici, che svolgono la funzione di occhi artificiali,
per svelare lunghezze d'onda che non siamo in grado di vedere direttamente. Una radio o un
telefono cellulare fanno uso di un'antenna e di un circuito elettrico, la macchina a raggi X di un
dentista utilizza pellicole fotografiche: tutto per trasformare questi segnali in una forma accessibile
ai nostri sensi. Sebbene siano generate e rivelate in un gran numero di modi diversi, queste
onde sono tutte, fondamentalmente, la stessa cosa: campi elettrici e magnetici che viaggiano
autosostenendosi.
Grazie a Maxwell, il campo elettrico e il campo magnetico sono molto più dell'imbroglio che
sembravano a prima vista: non sono soltanto un altro modo di parlare delle forze esercitate tra le
particelle. I campi elettrici e magnetici si possono combinare per formare onde elettromagnetiche
che trasportano lungo distanze enormi energia e informazioni. Le onde radio trasportano un segnale
dalla stazione alla nostra ricevente, dove vengono decodificate sotto forma di notizie, musica e
pubblicità, senza le quali le nostre vite sarebbero incomplete. La luce proveniente dal Sole viaggia
3
Canale televisivo statunitense che trasmette esclusivamente televendite. [N.d.T]
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per milioni di chilometri attraverso lo spazio vuoto: senza la sua luce, la vita non esisterebbe. I
campi esistono davvero, e sono una parte essenziale del mondo che ci circonda.
Verso la fine del XIX secolo, i fisici avevano un quadro piuttosto chiaro delle interazioni fisiche
di base. Secondo questo quadro, ogni cosa nell'universo è fatta di particelle che interagiscono per
mezzo dei campi. Le particelle producono i campi e risentono della loro azione secondo leggi
matematiche precise. I risultati più sensazionali della fisica sono stati le due grandi unificazioni: la
teoria cinetica della termodinamica, basata sul modello atomico, e la teoria dei campi
elettromagnetici di Maxwell. Queste teorie hanno non solo riunito insieme molti fenomeni diversi
fra loro, ma hanno fatto previsioni su fenomeni nuovi, hanno portato a nuovi esperimenti e hanno
creato nuove tecnologie. Il quadro complessivo era così ben riuscito e suscitava una tale
ammirazione che alcuni fisici pensavano fosse rimasto ben poco da fare. Albert Michelson, fisico
americano di altissima levatura, disse nel 1894 che sembrava probabile che la maggior parte dei più
importanti principi fondamentali fosse stata stabilita con sicurezza e che i futuri avanzamenti
fossero da ricercare soprattutto nell'applicazione rigorosa di tali principi a tutti i fenomeni che si
sottoponevano alla nostra attenzione, concludendo poi che le future verità della fìsica andavano
cercate nella sesta cifra decimale.
La tempestività di questa affermazione sarebbe diffìcilmente potuta essere peggiore. Verso la fine
del secolo, sarebbero stati scoperti nuovi fenomeni quanto meno sconcertanti nell'ottica delle leggi
fisiche note. Stavano infatti per verificarsi in fisica due rivoluzioni che, una volta sedimentata la
polvere, avrebbero stravolto i concetti di campo e di particella in modo tale da renderli
irriconoscibili.
BIBLIOGRAFIA
Cohen, I. B. (a cura di) (1958), Isaac Newton’s Papers and Letters on Natural Philosophy,
Harvard University Press
Pais, A. (1982), ”Subtle is the Lord…”: The Science and the Life of Albert Einstein,Oxford
University Press, Oxford [trad. It. “Sottile è il Signore…”. La vita e la scienza di Albert Einstein,
Bollati Boringhieri, Torino 1986].
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