lottatori che si spalmavano il corpo di olio per non l’asciarsi
afferrare dal nemico)
Il Sacro Crisma
E’ olio unito a profumo che viene usato sulla fronte del
battezzato.
E’ profumato perché, come dice S. Paolo noi siamo “Profumo di
Cristo” (2Cor 2,15-16) cioè siamo suoi testimoni nella vita e gli
altri se ne accorgono anche se non lo diciamo (come chi ha il
profumo).
L’olio in questo caso è segno di consacrazione cioè ci fa
appartenere a Dio. Nella bibbia tre categorie di persone
venivano scelte e consacrate a Dio attraverso dell’olio versato
in testa: i re, i sacerdoti e i profeti. Nel battesimo ogni cristiano
diventa re (= si mette al servizio della comunità) sacerdode (=
può pregare Dio chiamandolo Padre) profeta (può annunciare
la Parola di Dio)
- Cresima:
Con il Sacro Crisma si unge la fronte del cresimando con un
segno di croce, sigillo del cristiano.
- Unzione degli Infermi:
Per la celebrazione di questo Sacramento si utilizza l'Olio degli
Infermi. L'olio è segno di grazia e di forza, porta sollievo
spirituale alle persone e, talvolta, anche giovamento fisico. con
l'olio si ungono la fronte e le mani dell'infermo con il segno di
croce.
- Ordine Sacro:
Per la celebrazione di questo Sacramento si utilizza il Crisma,
il vescovo unge le mani del futuro sacerdote o vescovo, mani
che serviranno per consacrare.
Parrocchia SS. Crocifisso
Presepe Artistico
Natale 2014
Carissimo/a
benvenuto/a nella nostra
comunità del SS. Crocifisso.
Quest’anno abbiamo voluto
caratterizzare
il
nostro
presepe artistico con due
elementi importanti per la Bibbia e per la nostra vita
quotidiana: l’ACQUA e l’ULIVO/OLIO. Essi ci riportano
all’origine del nostro essere cristiani: il Battesimo. La
contemplazione di un Dio che si fa bambino per noi ci aiuti a
vivere in profondità e verità il Battesimo che abbiamo
ricevuto.
L’ACQUA.
Dal
lato
destro
della
Natività parte un lungo
fiume che irrora e porta
vita alla valle sottostante
fino a buttarsi nel lago
attorno al quale prende vita
il paese. E’ simbolicamente
rappresentato il passo della
S. Scrittura del profeta
Ezechiele che vede uscire
l’acqua dal lato destro del
Tempio segno della potenza vivificatrice di Dio che si
diffonderà nei tempi messianici e permetterà agli uomini di
portare frutto in pienezza (Ez 47,1-12). Inoltre nel presepe sono
presenti varie fontane due delle quali nei pressi della Natività:
sono il segno che quest’acqua arriva nella quotidianità della
nostra vita.
L’acqua nella Bibbia – come peraltro in tutte le religioni – non è
solo una presenza fisica, sospirata e preziosa, ma è soprattutto
un grande simbolo spirituale. Sono almeno 1.500 i passi biblici
“bagnati” dalle acque e certamente ci si imbatte in sorgenti,
fiumi e mari , ma anche in piogge, nevi, rugiade, pozzi,
cisterne, acquedotti, piscine, bagni, torrenti, imbarcazioni,
pescatori, pesci e così via. Le realtà geografiche riportate dalla
bibbia racchiudono in sé anche vicende storiche decisive: si
pensi solo al transito glorioso attraverso il mare compiuto da
Israele in fuga dall’oppressione faraonica, oppure al passaggio
del Giordano per entrare nella terra promessa, ma si deve fare
riferimento anche al battesimo di Gesù nelle acque di quel
fiume.
L’acqua, però, condensa in sé valori simbolici fondamentali al
punto tale da trasformarsi in un segno stesso di Dio e della sua
parola.
L’acqua come sete di Dio
Così, il profeta Geremia descrive in modo incisivo il peccato di
Israele come l’aver «abbandonato il Signore, sorgente di acqua
viva, per scavarsi cisterne screpolate che non tengono
l’acqua» (2,13). Per questo l’orante di quel gioiello poetico e
mistico che è il Salmo 42 (41) descrive l’anelito dell’anima verso
Dio come quello della «cerva che anela ai corsi d’acqua: così
l’anima mia sospira a te, o Dio. L’anima mia è assetata di Dio,
del Dio vivente». E il profeta Amos aveva intravisto il giorno
in cui «la sete d’acqua»sarà quella di «ascoltare la parola del
Signore» (8,11). Una parola che Isaia compara all’acqua che
«irriga la terra, la feconda e la fa germogliare dando seme al
seminatore e pane da mangiare» (55,10-11).
L’acqua come purificazione
L’acqua è, però, anche un segno di purificazione che riguarda
l’uomo: «Vi aspergerò con acqua pura e sarete purificati da
tutte le vostre sozzure e da tutti i vostri idoli» (Ezechiele 36,25).
in tentazione. Poi si allontanò da loro quasi un tiro di sasso e
inginocchiatesi, pregava: Padre, se vuoi, allontana da me
questo calice! Tuttavia non sia fatta la mia, ma la tua
volontà» (Lc 22,39-42). Al racconto dell'agonia e della preghiera
di Gesù fa da sfondo il monte degli Ulivi (cf Lc 22,29), dove si
trovava un frantoio, detto in aramaico «Getsemani» (cf Mt
26,36; Mc 14,32). Alcuni commentatori giudicano il giardino del
Getsemani come un “locus theologicus”, cioè un termine che non
ha solo un valore descrittivo ma ci dice qualcosa della natura
di Gesù. Prima della sua passione e morte. Gesù vi ritorna
perché Getsemani, «frantoio dell'olio», è in realtà il luogo della
sua intronizzazione messianica. Egli è «l'olivo verdeggiante» e
«l'oliva beatissima, dalla quale era stato spremuto l'olio che
aveva permesso all'umanità di liberarsi dai suoi peccati, così
che l'olio di letizia equivaleva a non avere la macchia del
peccato».
Nel giardino del Getsemani l'umanità di Gesù, torchiata,
spremuta come olive da olio, stillerà la sua essenza divina di
Figlio. In lui la terra darà il suo frutto (cf Sai 67,7).
L’olio nel Battesimo e nei sacramenti
L'olio di oliva è un protagonista delle celebrazioni cristiane. Per
essere precisi, è sempre presente nella celebrazione di alcuni
Sacramenti, come: il Battesimo, la Cresima, l'Unzione degli
Infermi e l'Ordine Sacro.
Battesimo:
Per la celebrazione di questo Sacramento vengono usati due oli:
L’Olio dei Catecumeni.
Prima del battesimo. Si unge la gola del battezzando con un
segno di croce. L’olio diventa segno della liberazione dal peccato
originale e forza per non lasciarsi afferrare dal male (come i
perdono e si rende possibile l'accesso a Dio; per mezzo della
regalità si ricostruisce il tempio e perciò il candelabro potrà
diffondere intorno a sé la luce. Il candelabro è la comunità, le
lampade sono la luce di Dio
Cristo, “olivo verdeggiante”, “oliva beatissima”
Il nome Cristo, che è riferito a Gesù nel Nuovo Testamento,
deriva da una parola greca, christòs, che vuol dire UNTO,
CONSACRATO.
Gesù Cristo, dunque. è l'UNTO di Dio, cioè il Messia, il Figlio di
Dio, Colui che viene mandato direttamente da Dio Padre per
ristabilire quel patto di amicizia con Lui, per sempre e per
tutta l'umanità.
In molte parabole raccontate da Gesù, che troviamo scritte nei
Vangeli, incontriamo la presenza dell'olio di oliva. Infatti, al
tempo in cui visse Gesù l'olio veniva utilizzato non solo
nell'alimentazione, ma anche come medicina per le ferite, come
unguento profumato per la cura del corpo e per alimentare le
lampade per l'illuminazione.
Nella parabola del Buon Samaritano, lo sfortunato viaggiatore
viene medicato con olio e vino ( Luca 10,34).
In un' altra parabola Gesù parla del Regno dei cieli
paragonandolo a dieci vergini con le lampade ad olio, in una
festa di nozze: cinque di esse erano sagge, perchè avevano le
lampade e l'olio per accenderle; le altre cinque erano stolte,
perchè avevano le lampade ma non avevano l'olio. Quando
stava per arrivare lo sposo le dieci vergini prepararono le loro
lampade, ma quelle stolte, non avendo l'olio, uscirono a
comprarlo. Così, quando lo sposò arrivò, alla festa di nozze
furono ammese solo le cinque vergini sagge che avevano pronte
le lampade, e le cinque stolte furono escluse dalla festa. ( Matteo
25,1 - 13).
Prima di affrontare la morte, Gesù, uscito dal cenacolo, «se ne
andò, come al solito, al monte degli Ulivi; anche i discepoli lo
seguirono. Giunto sul luogo, disse loro: Pregate, per non entrare
L’acqua come segno di vita
Essa è alla radice della creatura nuova che rinasce dalle acque
battesimali: «Se uno non nasce da acqua e da Spirito, non può
entrare nel regno di Dio», dice Gesù a Nicodemo (Giovanni 3,5).
E alla Samaritana Gesù promette un’acqua ben diversa da
quella attinta al pozzo di Giacobbe: «Chi beve dell’acqua che io
gli darò, non avrà mai più sete» (Giovanni 4,14). L’acqua
diventa, quindi, il segno del principio della vita nuova del
credente, nel quale è effuso lo Spirito di Dio. È ciò che viene
esplicitato in un celebre passo giovanneo: «Se qualcuno ha sete,
venga a me e beva chi crede in me. Come dice la Scrittura,
fiumi d’acqua viva scorreranno dal suo grembo» (7,37-38).
L’acqua come giudizio
Certo, l’acqua rivela anche un profilo terribile, di giudizio e di
distruzione: pensiamo solo al diluvio o, più semplicemente, al
mare che nella Bibbia è visto come un simbolo del nulla, del
caos, della morte. Ma la meta ultima della storia è nella
rappresentazione
della
Gerusalemme
nuova,
dipinta
dall’Apocalisse: «Il mare non c’era più […]. Un fiume d’acqua
viva, limpida come cristallo, scaturiva dal trono di Dio e
dell’Agnello […]. A colui che ha sete darò gratuitamente acqua
della fonte della vita» (21,1.6; 22,1). Quel Dio, che aveva dissetato
il suo popolo nel deserto, offrirà allora una «sorgente di acqua
che zampilla per la vita eterna» (Giovanni 4,14).
L’acqua del Battesimo
Il simbolismo dell'acqua trova il suo pieno significato nel
battesimo cristiano. È un bagno che ci lava dai nostri peccati
(1Cor 6,11; Ef 5,26; Atti 22,16), applicandoci la virtù redentrice
del sangue di Cristo (Ebr 9,13ss; Ap 7,14; 22,14). Comunicandoci lo
Spirito di Dio, il battesimo è anche principio di vita nuova. È
possibile che Cristo abbia voluto farvi allusione effettuando
parecchie guarigioni per mezzo dell'acqua (Gv 9,6ss; cf 5,1-8). Il
battesimo è concepito allora come un «bagno di rigenerazione e
di rinnovamento nello Spirito
Santo» (Tt 3,5; cf Gv 3,5).
L’ULIVO /OLIO
superficie sotto il cielo.
Olivo come segno di benessere e abbondanza
Difronte alla Natività,
è
piantato un Ulivo anche questo è
un albero (col suo relativo frutto:
l’olio) di una grande simbologia
biblica.
Da notare che la sabbia che c’è
intorno alla pianta viene
direttamente dal deserto della
Terra Santa: è il nostro ideale
collegamento tra il nostro
presepe e la nascita di Gesù in quei luoghi.
Ulivo come segno di pace
L'olivo, sia nella tradizione ebraica sia in quella cristiana, è da
sempre simbolo di pace: lo troviamo menzionato alla fine del
diluvio, quando la colomba porta a Noè proprio un ramo di
olivo.
Il libro della Genesi narra che, dopo il deflusso delle acque,
l'arca di Noè approdò sul monte Ararat e questo non a caso,
visto che l'Ararat si trova in Asia Minore, culla delle prime
colture d'olivo. Passati quaranta giorni. Noè compì un
esperimento: inviò un corvo, nella speranza che questo non
fosse ritornato all'arca, annunciando col non-ritorno il ritirarsi
delle acque. Il corvo però, non trovando l'asciutto, fece volo di
ritorno. Noè allora liberò una colomba; ma anch'essa «non
trovando dove posare la pianta del piede», tornò all'arca (cf
Gen 8,9). Fallito anche questo tentativo, Noè attese sette giorni
e fece uscire per la seconda volta la colomba. Al far della sera
la colomba tornò con una foglia di olivo lacerata nel becco,
portando la notizia che l'universo si era pacificato e la terra
rivide così luce ed asciutto. La terra, fondo di diluvio, ora è
L'olivicoltura, nei tempi biblici, allora come oggi, era tra le
principali attività agricole e l'olio, ricavato da questo albero,
assieme ai cereali e al vino, rappresentava uno dei patrimoni di
Israele. L'olivo e l'olio che ne derivavano erano infatti segni di
abbondanza e di benessere. Non ci sorprenderà allora che
l'autore del Deuteronomio annoveri l'olivo tra i sette prodotti
principali della Terra Promessa: «II Signore tuo Dio sta per
farti entrare in un paese fertile, paese di frumento, di orzo e di
viti, di fichi e di melograni; paese di ulivi, di olio e di miele» (Dt
8,8; 2 Re 18,32).
A rafforzare l'idea della preziosità di questo prodotto, i saggi
d'Israele ribadivano che un buon nome, lasciato ai posteri,
valeva più dell'olio prezioso: «Un buon nome è preferibile
all'unguento profumato». Questo proverbio apre il capitolo
settimo del libro di Qoelet 7,1);
I “figli d’olivo”, portatori di speranza
II profeta Zaccaria, nel periodo postesilico, ricorre all'immagine
dell'olivo sotto il segno della speranza: «Che cosa vedi? Risposi:
Vedo un candelabro tutto d'oro; in cima ha un recipiente con
sette lucerne e sette beccucci per le lucerne. Due olivi gli stanno
vicino, uno a destra e uno a sinistra»(Zc 4,1a-3). I due ulivi
rappresentano il potere civile e religioso, personificati in
Zorobabele, di stirpe davidica, e in Giosuè, sommo sacerdote.
Questi due personaggi vengono nominati con un'espressione
insolita: «figli dell'olio»; così è infatti scritto nella versione
ebraica (v 14). I due «figli d'olivo» rappresentano
simbolicamente il sommo sacerdozio Giosuè), e la regalità
(Zorobabele), annunciando ambedue una nuova speranza per la
comunità d'Israele. Per mezzo del sacerdozio si ottiene il