10.08.2016 Il parere dell'economista capo di Raiffeisen BRIC, Olimpiadi e tecnicismi di borsa Solo pochi anni fa, l’acronimo BRIC era sulla bocca di tutti. Si parlava di miracolo di crescita economica. Soprattutto dopo la crisi finanziaria, i Paesi BRIC (Brasile, Russia, India e Cina) sono stati in prima fila nel risollevare la congiuntura mondiale nonostante lo stato di profonda crisi in cui versavano le economie altamente industrializzate. La Cina cresceva a ritmi attorno al 10% annuo, l’India era considerata come la grande tigre dell’Asia, e anche Brasile e Russia registravano un boom economico senza precedenti. Oggi invece il termine BRIC è sempre meno diffuso, per non dire che appare ormai destinato all’estinzione. Il motivo? Nel frattempo, nella maggior parte dei Paesi BRIC le cose vanno tutt’altro che bene – e, soprattutto, le loro economie non si muovono più all’unisono. Ogni nazione è impegnata ad affrontare i propri problemi specifici. Nello stato di forma migliore appare ancora l’India, che continua comunque a crescere a ritmi nettamente superiori al 5% dopo che nel 2012 e 2013 la sua stella sembrava essersi un po’ offuscata. Tassi di crescita economica a doppia cifra sono tuttavia un lontano ricordo anche per il gigante indiano, e la povertà resta un fenomeno ampiamente diffuso. Per l’anno in corso è attesa una crescita del 7,5%, addirittura leggermente di più per l’anno successivo. Economia dominata dalla politica La Cina sta attualmente cercando di tenere alti i giri del motore dell’economia con formule ormai costantemente uguali e peraltro sempre più onerose, in primis affinché vi sia qualcosa da distribuire e il sistema politico non venga quindi messo in discussione. Per quanto a breve termine un simile approccio possa dissimulare i veri problemi, si tratta tuttavia di una politica tutt’altro che sostenibile. Dall’altro lato c’è la Russia. Il Paese risente ancora dello shock successivo alla fine del boom petrolifero, la povertà è diffusa e si pone in contrasto stridente con la ricchezza smisurata di pochi magnati. Soprattutto, dopo il conflitto in Ucraina e il ruolo opaco svolto in Siria, la Russia si trova in una posizione difficile sullo scacchiere della politica mondiale. A ciò si aggiunge lo sdegno per le Olimpiadi, in quanto l’orgoglio nazionale dei russi è stato pesantemente offeso dalla minaccia di un’esclusione totale dai giochi. Il fatto che alla fine numerosi atleti e atlete russi possano lottare per l’alloro olimpico è una magra consolazione. L’immagine dell’intero Paese risulta infatti estremamente compromessa da quando è emerso che i numerosi successi riscossi alle Olimpiadi invernali di Sochi 2014 sono stati in realtà ottenuti grazie a un sistematico doping di stato. lo politico appare almeno altrettanto alle corde. Lo scandalo Petrobras, che non potrebbe esemplificare meglio la palude di corruzione in cui affonda il Paese e che è costato la testa allo stesso Fabiano Silveira (titolare del ministero della Trasparenza e quindi incaricato della lotta alla corruzione), nonché la precedente sospensione della presidente Dilma Rousseff gettano una luce tutt’altro che favorevole sul Paese. Il Brasile è altresì colpito da un’inflazione galoppante a fronte di un brusco calo della crescita economica: una classica situazione di stagflazione. Il debito pubblico è inoltre in forte crescita e alla disfatta sportiva di due anni fa ai Mondiali di calcio organizzati in casa ha fatto seguito anche un crollo economico. Di conseguenza, il peso specifico di Russia e Brasile in rapporto all’intera economia globale risulta inferiore ai livelli del 2000. I due Paesi hanno quindi in comune più di quanto non vorrebbero. Il fatto che il Brasile sia l’organizzatore delle attuali Olimpiadi e che nelle ultime settimane, scientemente o in modo del tutto casuale, non abbia più sottoposto i propri atleti di punta ad alcun controllo antidoping, consente di individuare numerosi parallelismi. Un’autostima ammaccata non è così facilmente riacquistabile, e comunque non a ogni costo. Lo scenario è visto tuttavia in modo diverso dalla maggior parte delle banche d’investimento, che puntano all’unisono sulle aziende brasiliane. Quest’anno in nessun’altra borsa al mondo è stato possibile conseguire performance altrettanto elevate: attualmente il principale indice borsistico brasiliano, l’IBOVESPA, è in crescita del 63% da inizio anno. Una scommessa azzardata, che poggia probabilmente le proprie basi più sui tecnicismi di borsa che sui fondamentali economici. Citigroup argomenta ad esempio che, nei dodici mesi successivi alle Olimpiadi, in cinque Paesi organizzatori le borse sono cresciute in misura superiore alla media. Beh, se questo non è un argomento stringente. Russia e Brasile perdono terreno Quote della crescita globale Cina India Russia Brasile 0.0% Olimpiadi dell’autocelebrazione Infine, sebbene nell’alfabeto BRIC venga per primo, abbiamo il Brasile, che ha subito contraccolpi congiunturali ancora più pesanti della Russia e che anche sotto il profi- Il parere dell'economista capo di Raiffeisen Raiffeisen Economic Research [email protected] Tel. +41 (0)44 226 74 41 3.0% 6.0% 9.0% 12.0% 15.0% 18.0% 2016 2000 IWF, Raiffeisen Research Martin Neff, Economista capo di Raiffeisen Il parere dell'economista capo di Raiffeisen BRIC, Olimpiadi e tecnicismi di borsa 10.08.2016 Raiffeisen Economic Research [email protected] Tel. +41 (0)44 226 74 41 Importanti note legali Esclusione di offerta I contenuti della presente pubblicazione vengono forniti esclusivamente a titolo informativo. Essi non costituiscono dunque né un'offerta agli effetti di legge né un invito o una raccomandazione all'acquisto, ovvero alla vendita, di strumenti di investimento. 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