Basato su The Economy by The CORE Project, Beta September 2015 (http://core-econ.org) Materiale protetto da Licenza Creative Common 4.0 — 17 febbraio 2016 1 LA RIVOLUZIONE CAPITALISTA Come il capitalismo ha rivoluzionato il nostro modo di vivere, e come la scienza economica può spiegare il funzionamento dei sistemi economici – In molti paesi ci sono stati cambiamenti straordinari nel tenore di vita negli ultimi mille anni; – in molti casi il tenore di vita ha iniziato a migliorare rapidamente con la rivoluzione industriale; – avanzamenti tecnologici e un particolare sistema economico hanno contribuito a questa rivoluzione; – la scienza economica è lo studio di come le persone interagiscono tra loro e con l’ambiente naturale per produrre ciò di cui hanno bisogno per vivere; – il capitalismo è un sistema economico in cui proprietà privata, mercati e imprese svolgono un ruolo centrale; – l’aumento nel tenore di vita è stato accompagnato da mutamenti demografici e nello stile di vita, da effetti sull’ambiente e da cambiamenti nelle diseguaglianze tra i diversi paesi e all’interno di essi; – ci sono differenze rilevanti tra un paese e l’altro quanto a incremento nel reddito, e nel grado di diseguaglianza del tenore di vita al loro interno. Nel XIV secolo, il mercante e studioso marocchino Ib’n Battuta descriveva la regione del Bengala in India come “un paese di grandi dimensioni, dove il riso è estremamente abbondante. In effetti, in nessun’altra parte del mondo ho mai visto tanta disponibilità di cibo”. E avendo viaggiato in Cina, Africa Occidentale, Medio Oriente ed Europa, di mondo ne aveva visto molto. Tre secoli più tardi, nel XVII secolo, la stessa impressione veniva confermata dal mercante di diamanti francese Jean Baptiste Tavernier, che scrisse di quel paese: “Perfino nel più piccolo villaggio riso, farina, burro, latte, fagioli e altre verdure, zucchero e dolciumi, sono disponibili in abbondanza”. — Jean B. Tavernier, Viaggi in India (1676) 2 Capitolo 1 Nel periodo dei viaggi di Ib’n Battuta l’India non era più ricca delle altre aree del mondo, ma nemmeno più povera. Un osservatore a quel tempo avrebbe potuto notare che la popolazione, in media, viveva meglio in Italia, Cina e Inghilterra rispetto al Giappone o all’India. Ma le marcate differenze tra ricchi e poveri di uno stesso paese, che il viaggiatore avrebbe notato ovunque fosse andato, erano molto più pronunciate delle differenze tra paesi. Ricchi e poveri erano spesso indicati con nomi diversi: in alcuni paesi erano signori feudali e servi, in altri reali e sudditi, proprietari di schiavi e schiavi, oppure mercanti e marinai che trasportavano i loro beni. Allora, come oggi, il futuro di una figlia o di un figlio dipendeva dalla posizione sociale ed economica dei genitori. Rispetto ai nostri tempi, la differenza è che nel XIV secolo era molto meno importante in quale parte del mondo la figlia o il figlio nascesse. Proiettandoci in avanti fino ad oggi, la popolazione in India sta molto meglio di sette secoli fa in termini di accesso al cibo, cure mediche, disponibilità di un tetto o altri beni necessari; tuttavia, per gli attuali standard mondiali, la maggior parte degli indiani è considerata povera. Ib’n Battuta Ib’n Battuta (1304-1368) è stato un viaggiatore e mercante marocchino, le cui memorie di viaggio furono pubblicate nel libro Rihla (Il Viaggio). I suoi viaggi, durati 30 anni, lo portarono attraverso il Nord Africa e l’Africa Occidentale, l’Europa orientale e l’Asia, fino in Cina. Viaggiò per 70.000 miglia (113.000 Km), molto oltre la distanza coperta dal suo ben più noto contemporaneo Marco Polo (1254-1324) La figura 1.1a racconta una parte della storia. L’altezza di ciascuna linea rappresenta una stima del livello medio del tenore di vita — misurato dal prodotto interno lordo pro capite, una misura che spiegheremo nel prossimo paragrafo — nel periodo indicato sull’asse orizzontale. In base a questa misura, gli abitanti del Regno Unito in media stanno sei volte meglio che in India. I giapponesi sono ricchi come gli inglesi, proprio come nel XIV secolo, ma ora gli americani stanno anche meglio dei giapponesi, e i norvegesi ancora meglio. Mille anni fa, economicamente parlando il mondo era piatto. C’erano differenze di reddito tra regioni del mondo, ma, come possiamo vedere dalla figura, le differenze erano molto esigue rispetto a quello che sarebbe seguito. Siamo in grado di disegnare il grafico della figura 1.1a grazie all’economista Angus Maddison (1926-2010), che ha dedicato il lavoro di una vita alla difficile ricerca dei dati necessari a confrontare i livelli di vita su un arco di 1.000 anni (questa ricerca è tuttora in corso nell’ambito del Maddison Project). Dati come questi sono il punto di partenza di gran parte dell’analisi economica. 1.1 Il bastone da hockey della storia: la crescita del reddito Un modo diverso per riportare i dati della figura 1.1a è quello di usare per l’asse verticale una scala logaritmica, come nella figura 1.1b, nella quale l’aumento da un livello sulla scala verticale al successivo rappresenta un raddoppio del PIL pro capite. La scala ordinaria è utile per confrontare i livelli di PIL pro capite tra paesi, ma la scala logaritmica è preferible se vogliamo confrontare i tassi di crescita. Basato su The Economy by The CORE Project, Beta September 2015 (http://core-econ.org) La rivoluzione capitalista 3 30,000 GRAN BRETAGNA 25,000 GIAPPONE PIL pro capite 20,000 ITALIA 15,000 10,000 CINA 5,000 INDIA 2000 1900 1800 1700 1600 1500 1400 1300 1200 1100 1000 0 (a) livello del PIL pro capite 32,000 CINA 8,000 INDIA 4,000 2,000 ITALIA 1,000 CINA GRAN BRETAGNA 500 2000 1900 1800 1700 1600 1500 1400 1300 1200 1100 GIAPPONE 1000 PIL pro capite (scala logaritmica) 16,000 (b) livello del PIL pro capite su una scala logaritmica Fonte: Bolt, J. e van Zanden, J. 2013. “The first update of the Maddison Project; re-estimating growth before 1820”. Maddison Project working paper 4. Broadberry, S. 2013. “Accounting for the great divergence”. Economic history working papers, 184/13. London School of Economics and Political Science. Figura 1.1. Il bastone da hockey della storia: il PIL pro capite in 5 paesi, 1000-2013 Il bastone da hockey della storia Ci sono stati cambiamenti culturali e progressi scientifici in molte parti del mondo durante l’intero periodo considerato, ma lo standard di vita ha iniziato a crescere in modo sostenuto solo alla fine del XIX secolo. Il nostro sguardo è attratto dal punto di svolta del bastone da hockey. La svolta è meno brusca nel Regno Unito, dove la crescita è iniziata intorno al 1650. Essa è più netta in Giappone, dove ha luogo intorno al 1870. In Cina e India il punto di svolta è molto recente. In India il PIL pro capite si ridusse durante gli anni della dominazione coloniale britannica, e questo vale anche per la Cina nello stesso periodo, quando la politica e l’economia cinese erano controllate dalle nazioni europee. Materiale protetto da Licenza Creative Common 4.0 4 Capitolo 1 Per tasso di crescita del PIL (o di una qualsiasi altra quantità, come ad esempio la popolazione) intendiamo il tasso di variazione tasso di crescita = variazione del PIL . livello iniziale del PIL Se il livello del PIL pro capite nell’anno 2000 è di $21.046, come in effetti era nel Regno Unito nei dati mostrati nella figura 1.1a, ed è di $21.567 nel 2001, possiamo calcolare il tasso di crescita variazione del PIL tasso di crescita = livello iniziale del PIL y2001 − y2000 = y2000 21.157 − 21.046 = = 0, 025 = 2, 5% 21.046 Se siamo interessati a confrontare i livelli o i tassi di crescita dipende dalla domanda che ci stiamo ponendo. La figura 1.1a facilita il confronto dei livelli del PIL pro capite tra paesi e in diversi periodi storici. La figura 1.1b, che utilizza sull’asse verticale la scala logaritmica, consente il confronto dei tassi di crescita nei diversi paesi e in diversi periodi. Quando usiamo una scala logaritmica, una variabile che cresce ad un tasso costante (cioè in percentuale o proporzione costante), ci appare come una linea retta crescente. Una retta più ripida rappresenta su una scala logaritmica un tasso di crescita più elevato. Per capire il punto, si pensi ad un tasso di crescita del 100%, cioè ad un raddoppio del livello. Nella figura 1.1b, con la scala logaritmica, quando il PIL pro capite raddoppia nell’arco di 100 anni da 500 $ a 1.000 $, la retta avrà la stessa inclinazione che ha quando esso in 100 anni raddoppia da 2.000 $ a 4.000 $ o da 16.000 $ a 32.000. $ Se il livello invece di raddoppiare quadruplicasse (diciamo da 500 $ a 2.000 $ in 100 anni), la retta avrebbe una pendenza doppia, riflettendo il fatto che la crescita è due volte più rapida 1 . Se non avete mai visto un bastone da hockey su ghiaccio, ecco un’immagine che mostra perché parliamo di curva del bastone da hockey: In alcune economie, miglioramenti sostanziali nel tenore di vita della popolazione non ebbero luogo prima dell’ottenimento dell’indipendenza dalla dominazione coloniale o dall’interferenza delle nazioni europee: – le condizioni dell’India nel 1947, quando ebbero fine 300 anni di dominio coloniale britannico, sono così descritte dall’economista Angus Deaton: “È possibile che la 1 [NdT] Si parla di scala logaritmica, o più precisamente semi-logaritmica, perché la rappresentazione grafica è ottenuta applicando alla variabile sull’asse verticale una trasformazione logaritmica. A questo proposito, è utile ricordare che la differenza tra il logaritmo di due quantità è uguale quando è uguale il rapporto tra le quantità: log 1000 − log 500 = log 1000 = log 2 500 log 2000 − log 1000 = log 2000 = log 2. 1000 Basato su The Economy by The CORE Project, Beta September 2015 (http://core-econ.org) La rivoluzione capitalista 5 condizione di deprivazione dei bambini in India . . . fosse la più grave mai raggiunta da una grande collettività nel corso della storia”. In quegli anni, un bambino indiano aveva un’aspettativa di vita di 27 anni; cinquant’anni più tardi, l’aspettativa di vita alla nascita in India aveva raggiunto i 65 anni. – Un tempo la Cina era più ricca dell’Inghilterra, ma alla fine del XX secolo il PIL pro capite cinese era solo un quindicesimo di quello del Regno Unito. – Né durante il dominio coloniale spagnolo in America Latina, né nel periodo immediatamente successivo all’indipendenza delle nazioni latino-americane all’inizio del XIX secolo, si ebbe niente di simile al punto di svolta nel bastone da hockey del tenore di vita illustrato nella figura 1.1. Dalla figura 1.1 traiamo due informazioni: – per lungo tempo, non vi sono stati aumenti permanenti nel tenore di vita; – l’avvio della crescita sostenuta ha avuto luogo in tempi diversi e in paesi diversi, portando a differenze molto significative nel tenore di vita. Comprendere come ciò sia accaduto significa dare risposta ad una delle domande fondamentali poste dagli economisti fin dagli albori della disciplina, quando Adam Smith scrisse la sua opera più importante, intitolata Un’indagine sulla natura e le cause della ricchezza delle nazioni. 1.2 Misurare il reddito e il tenore di vita La misura del tenore di vita utilizzata nella figura 1.1, il PIL pro capite, considera il reddito (o la produzione) totale di un paese, chiamato prodotto interno lordo (o PIL)2 , e lo divide per la popolazione del paese. Il PIL è una misura della produzione, o output, totale di un’economia in un certo periodo, solitamente un anno. Nelle parole dell’economista Diane Coyle: “somma tutto, dai chiodi agli spazzolini da denti, ai trattori, alle scarpe, alle acconciature, ai servizi di consulenza manageriale, alla pulizia delle strade, i corsi di yoga, i piatti, le bende, i libri, e milioni di altri beni e servizi prodotti di un’economia”. Sommare questi milioni di beni e servizi richiede che si trovi qualche misura di quanto vale un corso di yoga rispetto ad uno spazzolino. Gli economisti devono per prima cosa decidere cosa includere, ma anche come attribuire un valore a ognuna di queste cose. Il modo più semplice è utilizzare i prezzi. Tre punti importanti devono essere ricordati sul come misurare il tenore di vita in un paese: – il PIL è una misura del reddito totale di un paese; per avere una misura media il PIL è diviso per la popolazione, in modo da ottenere il PIL pro capite; – il PIL pro capite non è lo stesso del reddito disponibile di un individuo rappresentativo della popolazione; – il reddito disponibile di un individuo è una misura del suo tenore di vita, ma omette aspetti importanti del suo benessere. Cosa significano il secondo e il terzo punto? Il tenore di vita di una persona ha a che fare coi suoi mezzi economici, ed è misurato dal suo reddito disponibile, cioè dalla somma del suo stipendio o salario, dei profitti, delle rendite finanziarie e dei trasferimenti dal governo (per esempio la pensione o il sussidio di disoccupazione o di invalidità) o 2 [NdT] In inglese l’acronimo corrispondente è GDP, che sta per Gross Domestic Product. Materiale protetto da Licenza Creative Common 4.0 6 Capitolo 1 ECONOMISTI DEL PASSATO Adam Smith Adam Smith (1723-1790) è considerato da molti il fondatore dell’economia. Rimasto orfano di padre poco dopo la nascita, crebbe con la madre vicino ad Edinburgo, in Scozia. Studiò filosofia all’Università di Glasgow e più tardi ad Oxford dove, egli scrisse, “la maggior parte dei . . . professori ha . . . rinunciato completamente anche solo a fingere di insegnare”. Viaggiò in lungo e in largo per l’Europa e visitando Tolosa, in Francia, dove a suo dire aveva “molto poco da fare”, iniziò a “scrivere un libro per passare il tempo”. Quel libro sarebbe diventato il più famoso trattato di economia mai scritto. In Un’indagine sulla natura e le cause della ricchezza delle nazioni, pubblicato nel 1776, Smith si chiedeva come potesse la società coordinare le attività indipendenti di un grande numero di attori economici — produttori, trasportatori, venditori, consumatori — che spesso non si conoscevano e svolgevano la propria attività in località diverse. La sua idea era che il coordinamento tra tutti questi attori emergesse spontaneamente, senza che alcuna persona o istituzione cercasse consapevolmente di crearlo o mantenerlo. Tale affermazione era in contrasto con l’idea, fino ad allora prevalente, che l’organizzazione politica ed economica fosse il risultato dell’ordine imposto dai governanti ai loro sudditi. Ancora più radicale era la sua convinzione che il coordinamento potesse verificarsi come risultato della ricerca dell’interesse individuale di ciascuno. Egli scrisse che “non è dalla benevolenza del macellaio, del birraio, o del fornaio che ci aspettiamo di ottenere la nostra cena, ma dalla considerazione di costoro per il proprio interesse”, aggiungendo che ciascuno è “portato da una mano invisibile a promuovere un fine che non era nelle sue intenzioni”. Da allora l’immagine della “mano invisibile” è divenuta una metafora del modo in cui i mercati possono coordinare il perseguimento degli interessi individuali per produrre un risultato socialmente desiderabile. Smith non riteneva che le persone fossero guidate soltanto dal proprio interesse, e scrisse un testo sul comportamento etico dal titolo La teoria dei sentimenti morali, pubblicato nel 1759. Egli inoltre capiva che il sistema di mercato presenta alcuni problemi, specialmente quando chi vende si accorda per evitare di competere: “La gente dello stesso mestiere raramente si incontra” scrisse “anche solo per divertimento e svago, senza che la conversazione finisca in una cospirazione ai danni del pubblico, o in un qualche piano per aumentare i prezzi”. Prese di mira in particolare i monopoli protetti dal governo, come la Compagnia Britannica delle Indie Orientali, che non solo controllava il commercio tra India e Gran Bretagna ma amministrava anche molte delle colonie Britanniche in quell’area. Condivideva coi suoi contemporanei l’idea che compiti del governo fossero la protezione della nazione dai nemici esterni, e l’amministrazione della giustizia attraverso la polizia e i tribunali. Era inoltre favorevole all’investimento pubblico nell’istruzione e nelle infrastrutture quali ponti, strade e canali. Basato su The Economy by The CORE Project, Beta September 2015 (http://core-econ.org) La rivoluzione capitalista 7 DISCUSSIONE 1.1. Scegliere tra scala convenzionale e scala logaritmica Il grafico della figura 1.1a utilizza sull’asse delle ordinate una scala convenzionale, mentre quello della figura 1.1b utilizza una scala logaritmica. 1. Scegliete due paesi a piacere tra quelli mostrati nella figura e confrontate la crescita dei rispettivi PIL pro capite dal 1400 ad oggi, usando l’informazione delle figure. 2. Quale dei due grafici vi aiuta meglio ad effettuare il confronto? da altri (ad esempio, una donazione) ricevuti in un certo lasso di tempo, tipicamente un anno, al netto dei trasferimenti effettuati dall’individuo, incluse le imposte pagate al governo. Il reddito imponibile è considerato una buona misura del tenore di vita perché rappresenta il massimo ammontare di cibo, vestiario e altri beni e servizi che una persona è in grado di acquistare senza ricorrere a prestiti, cioè senza doversi indebitare o dover vendere qualche sua proprietà. Tuttavia, possiamo mettere in discussione l’uso del reddito disponibile per rappresentare il tenore di vita da almeno due punti di vista: – il reddito disponibile rappresenta effettivamente il nostro benessere? – quando siamo parte di una collettività (ad esempio una nazione o un gruppo etnico) il reddito disponibile medio è una buona misura del benessere materiale del gruppo? Reddito disponibile e benessere Il reddito ha un impatto rilevante sul benessere perché ci consente di acquistare i beni e servizi di cui abbiamo bisogno o che desideriamo, ma molti aspetti del nostro benessere non dipendono da ciò che possiamo acquistare. Per esempio, il reddito disponibile tralascia di considerare: – la qualità del nostro ambiente sociale e fisico, come la nostra rete di amicizie e l’aria pulita; – beni e servizi che non acquistiamo, come le cure sanitarie e l’istruzione quando queste sono fornite dallo stato; – i beni e servizi prodotti all’interno della famiglia, come i pasti o la cura dei bambini (fornita in misura predominante dalle donne). Reddito disponibile medio e benessere medio Consideriamo un gruppo di persone in cui ciascuno ha inizialmente un reddito disponibile di 5.000 $ al mese, e immaginiamo che, senza alcuna modifica nei prezzi, il reddito cresca per tutti gli individui del gruppo. In questo caso possiamo affermare che il benessere medio è aumentato. Prendiamo però una situazione diversa: in un secondo gruppo, il reddito disponibile medio di metà dei componenti è di 10.000 $, mentre l’altra metà ha a disposizione solo 500 $ al mese. Il reddito medio nel secondo gruppo (5.250 $) è più elevato che nel primo (che era pari a 5.000 $ prima dell’aumento). Ma possiamo dire che il benessere nel secondo gruppo è maggiore che nel primo gruppo, nel quale tutti avevano un reddito di 5.000 $? Il maggiore reddito nel secondo gruppo non ha probabilmente una grande importanza per gli individui ricchi, ma la metà povera si sente certamente deprivata dalla propria situazione di povertà. Il reddito assoluto è importante per il benessere, ma sappiamo anche dalle ricerche effettuate che le persone sono interessate anche alla loro posizione relativa nella distriMateriale protetto da Licenza Creative Common 4.0 8 Capitolo 1 buzione del reddito. Esse dichiarano un livello inferiore di benessere se scoprono di guadagnare meno degli altri nel loro gruppo di appartenenza. Dal momento che la distribuzione del reddito influenza il benessere, e dal momento che lo stesso reddito medio può corrispondere a distirbuzioni molto diverse del reddito tra ricchi e poveri nel gruppo, il reddito medio può riflettere in modo non corretto il livello di benessere materiale di un gruppo rispetto ad un altro. Valutare i beni e servizi forniti dal governo Il PIL include i beni e servizi prodotti dal governo, come l’istruzione, la difesa nazionale, e l’applicazione delle leggi. Si tratta di beni e servizi che contribuiscono al benessere ma non sono inclusi nel reddito disponibile. A questo riguardo, il PIL pro capite è una misura più adeguata del tenore di vita rispetto al reddito disponibile. Ma è difficile attribuire un valore ai servizi forniti dallo stato, anche più difficile rispetto a servizi come un taglio di capelli o un corso di yoga. Per i beni e servizi che le persone acquistano possiamo prendere il prezzo come misura del valore (se valutiamo un taglio di capelli meno del suo prezzo, lasceremo semplicemente crescere i capelli), ma i beni forniti dallo stato tipicamente non sono venduti, e la sola misura disponibile del loro valore è il costo di produzione. Le differenze tra ciò che intendiamo per benessere e ciò che viene misurato dal PIL pro capite dovrebbe renderci molto cauti nell’utilizzo di questo indicatore. Ma quando i cambiamenti nel tempo o le differenze tra paesi in fatto di PIL sono così ampie come quelle illustrate nella figura 1.1 (e più avanti nelle figure 1.9 e 1.10), il PIL pro capite ci dà senza dubbio informazioni rilevanti sulle differenze nella disponibilità di beni e servizi. Analizziamo in maggiore dettaglio come si calcola il PIL nell’Einstein in fondo al presente paragrafio. Utilizzando questi metodi, saremo in grado di utilizzare il PIL pro capite per comunicare in modo non ambiguo concetti come “i giapponesi oggi sono in media molto più ricchi di quanto fossero 200 anni fa, e molto più ricchi di quanto non siano oggi gli abitanti dell’India”. Guardando ai grafici della figura 1.1, la domanda ovvia è: cosa è cambiato di così rilevante negli ultimi 300 anni? DISCUSSIONE 1.2. Cosa dovremmo misurare? Il 18 marzo 1968, durante la campagna presidenziale americana, il senatore Robert Kennedy pronunciò un famoso discorso in cui metteva in discussione “la mera accumulazione di oggetti materiali” nella società americana, e si chiedeva perché, tra le altre cose, l’inquinamento, la pubblicità delle sigarette e le carceri fossero conteggiate quando si misurava il tenore di vita degli Stati Uniti, mentre la salute, l’istruzione o la devozione al paese non lo fossero. Il tenore di vita, disse, “misura tutto quanto, eccetto ciò che rende la vita degna di essere vissuta”. Leggete il suo discorso per intero, o ascoltate una sua registrazione. 1. Quali beni elenca tra quelli inclusi nella misurazione del PIL? 2. Pensi che sia giusto includere tali beni? Perché? 3. Quali beni elenca tra quelli che mancano nella misurazione del PIL? 4. Pensi che sarebbe giusto includerli? Perché? Basato su The Economy by The CORE Project, Beta September 2015 (http://core-econ.org) La rivoluzione capitalista EINSTEIN. Confrontare il reddito in momenti diversi, e tra paesi diversi Le Nazioni Unite raccolgono le stime del PIL dagli istituti statistici di tutto il mondo. Sono queste stime, insieme a quelle compilate dagli storici economici, a consentirci di costruire grafici come quello della 1.1, che confrontano il tenore di vita tra paesi e in diversi periodi storici, e di capire se il divario tra paesi ricchi e poveri si sia ristretto o allargato. Prima di poter fare affermazioni come “in media, gli italiani sono più ricchi dei cinesi, ma il divario si sta riducendo”, gli statistici e gli economisti devono risolvere tre problemi: – separare ciò che vogliamo misurare — le variazioni o le differenze nelle quantità di beni e servizi — da ciò che non è rilevante per il confronto, in particolar modo le variazioni o i cambiamenti nei prezzi degli stessi beni e servizi; – quando confrontiamo la produzione in un paese in due momenti diversi nel tempo, è necessario tener conto delle variazioni nei prezzi intercorse nel frattempo; – quando confrontiamo la produzione tra due paesi nello stesso momento, è necessario tener conto delle differenze nei prezzi tra i due paesi. Osserviamo quanto si somiglino gli ultimi due punti: misurare variazioni nella produzione nel tempo presenta problemi analoghi a quelli che incontriamo provando a confrontare due paesi diversi misurando le differenze di produzione in uno stesso momento. Il problema è trovare un insieme di prezzi da usare per il calcolo che ci consenta di identificare le differenze nella quantità di produzione, senza concludere erroneamente che il divario nella produzione tra due paesi è aumentato solo perché nel primo paese, ma non nel secondo, sono aumentati uno o più prezzi. Il punto di partenza: il PIL nominale. Quando stimano il valore di mercato della produzione di un’economia nel suo insieme in un certo periodo, ad esempio un anno, gli statistici usano i prezzi ai quali i beni e servizi sono venduti sul mercato. Moltiplicando le quantità di un insieme molto ampio di beni e servizi per i rispettivi prezzi, possono convertire tali quantità in unità monetarie, ovvero in termini nominali. Utilizzando i valori nominali (monetari) come unità di misura comune, le quantità possono essere sommate tra loro. Il PIL nominale è dato da (prezzo di una lezione di yoga × numero lezioni di yoga)+ + (prezzo di un paio di scarpe × numero paia di scarpe) + · · · + + (prezzo × quantità) per tutti i beni e servizi In generale: P PIL nominale = i pi qi P dove pi è il prezzo del bene i, qi è la quantità del bene i, e indica la somma, estesa a tutti i beni e servizi che consideriamo. Tener conto dei cambiamenti dei prezzi nel tempo: il PIL reale. Per valutare se l’economia sta crescendo o si sta contraendo, abbiamo bisogno di una misura della quantità di beni e servizi acquistati: il PIL reale. Se confrontiamo l’economia in due anni successivi, e se tutte le quantità restano immutate mentre i prezzi aumentano — diciamo — del 2% da un anno all’altro, allora il PIL nominale sarà cresciuto del 2% mentre il PIL reale sarà rimasto invariato. L’economia non è cresciuta. Dal momento che non possiamo sommare tra loro il numero di computer, scarpe, pasti al ristorante, voli, autocarri e così via, non è possibile misurare direttamente Materiale protetto da Licenza Creative Common 4.0 9 10 Capitolo 1 il PIL reale. Per stimare il PIL reale, dobbiamo partire dal PIL nominale. Al membro di destra dell’equazione con cui abbiamo definito il PIL nominale vi sono i prezzi di tutti i beni venduti moltiplicati per le rispettive quantità. Per capire cosa succede al PIL reale, iniziamo selezionando un anno base, per esempio l’anno 2010. Definiamo poi il PIL reale usando il prezzi 2010: in quell’anno esso sarà dunque uguale al PIL nominale. Il PIL nominale 2011 sarà calcolato usando i prezzi del 2011. Per vedere cosa è successo al PIL reale, moltiplichiamo le quantità del 2011 per i prezzi del 2010. Se, usando i prezzi dell’anno base, il PIL è cresciuto, possiamo dedurre che il PIL reale è aumentato. Se applicando questo metodo vedessimo che, utilizzando per il calcolo i prezzi 2010, il PIL del 2011 è lo stesso del PIL 2010, dovremmo dedurne che, pur non potendo escludere un cambiamento nella composizione della produzione (ad esempio, meno voli aerei ma più computer), la quantità complessiva di beni e servizi prodotti non è cambiata. Dovremmo cioè concludere che il PIL reale, denominato anche PIL a prezzi costanti, non è variato. Il tasso di crescita dell’economia in termini reali è stato pari a zero. Tener conto delle differenze nei prezzi tra paesi: prezzi internazionali e potere di acquisto. Per confrontare due paesi diversi, dobbiamo scegliere uno stesso insieme di prezzi da applicare alla produzione di entrambi. Per cominciare, immaginiamo una semplice economia che produce solo un bene, ad esempio il cappuccino (abbiamo scelto questo bene perché lo si trova, con caratteristiche simili, in molte parti del mondo e possiamo facilmente ottenere informazioni sul suo prezzo). Consideriamo in particolare due economie molto diverse quanto a livello di sviluppo: la Svezia e l’Indonesia. Convertendo il prezzo del cappuccino applicato nei due paesi in dollari (USD) al tasso di cambio corrente, vediamo che esso costa 3.76 $ a Stoccolma e 2.71 $ a Giacarta. Ma non è sufficiente esprimere i due prezzi in una valuta comune, perché i tassi di cambio che utilizziamo per queste conversioni non ci danno una misura precisa di quanto possiamo acquistare con una rupia a Giacarta e quanto con una corona a Stoccolma. I prezzi sono tipicamente più elevati nei paesi più ricchi, come nell’esempio scelto. Una ragione è che i salari sono più alte, e questo si traduce in maggiori prezzi. Visto che i prezzi dei cappuccini, dei pasti al ristorante, dei tagli di capelli, di gran parte dei cibi, dei trasporti, degli affitti e di molti altri beni e servizi sono più alti in Svezia che in Indonesia, se applicassimo gli stessi prezzi ai beni dei due paesi, la differenza nel PIL pro capite in Svezia e in Indonesia misurata in PPA (Parità di potere d’acquisto)a è minore di quanto essa risulta se il confronto è effettuato utilizzando i tassi di cambio. Ai tassi di cambio correnti, il PIL pro capite dell’Indonesia è pari soltanto al 6% di quello della Svezia; misurandolo in PPA, cioè usando prezzi standardizzati a livello internazionale, il PIL pro capite indonesiano è il 21% di quello svedese. Questo confronto mostra che il potere d’acquisto della rupia indonesiana confrontato con quello della corona svedese è più di tre volte maggiore di quanto indicato dal tasso di cambio corrente tra le due valute. Torneremo ad affrontare in maggiore dettaglio il tema della misurazione del PIL (e di altre misure dell’economia nel suo complesso) nel capitolo 12. a [NdT] In inglese l’acronimo corrispondente è PPP, che sta per Purchasing Power Parity. Basato su The Economy by The CORE Project, Beta September 2015 (http://core-econ.org) La rivoluzione capitalista 11 1.3 La rivoluzione tecnologica permanente Più o meno nello stesso periodo del punto di svolta del bastone da hockey in Inghilterra, a metà del XVIII secolo, si verificarono importanti progressi scientifici e tecnologici. Vennero introdotte nuove tecniche produttive in campo tessile, nella produzione di energia e nei traporti. Il carattere cumulativo di questi eventi ha fatto sì che essi siano indicati col termine rivoluzione industriale. Fino al XVII secolo inoltrato, la maggior parte della produzione aveva luogo con le tradizionali tecniche di produzione artigianale, che si basavano su abilità tramandate di generazione in generazione. La nuova era introdusse nuove idee, nuove scoperte, nuovi metodi e nuovi macchinari, rendendo obsolete le idee e gli strumenti utilizzati fino ad allora. Questi nuovi modi di produrre a loro volta furono resi obsoleti da altri ancor più nuovi. Spesso nel linguaggio ordinario parlando di tecnica ci riferiamo all’insieme delle norme su cui è fondata la pratica di una certa attività, ma in economia questo termine indica il processo che utilizza un insieme di materiali e altri input — incluso il lavoro delle persone e delle macchine — per creare un prodotto. Ad esempio, la tecnica per fare un torta può essere descritta come la ricetta che specifica la combinazione di input (ingredienti come la farina, e attività come mescolare) necessari a creare un prodotto (la torta). Fino alla rivoluzione industriale le tecniche disponibili, così come le competenze necessarie ad utilizzarle, venivano aggiornate lentamente, e passavano di generazione in generazione. A seguito della rivoluzione portata dal progresso tecnico, il tempo richiesto per produrre un paio di scarpe si dimezzò in soli venti anni, e lo stesso accadde per filatura e tessitura. Ciò segnò l’inizio di una rivoluzione tecnologica permanente, perché da quel momento l’ammontare di tempo richiesto per produrre la maggior parte dei prodotti è andato riducendosi generazione dopo generazione. Il cambiamento tecnologico nell’illuminazione Per avere un’idea del ritmo senza precedenti del cambiamento tecnologico, consideriamo il modo in cui si produce l’illuminazione. Per buona parte della storia umana i progressi nella tecnologia dell’illuminazione sono stati lenti. La migliore fonte di luce di cui disponevano i nostri più remoti antenati per la notte era un fuoco da campo. La “ricetta” per produrre la luce (se fosse stata scritta) sarebbe stata più o meno questa: metti insieme molto legname da ardere, prendi uno stecco accesso da un altro luogo dove c’è un fuoco, accendi la legna e mantieni la fiamma. La prima grande innovazione tecnologica nel campo dell’illuminazione avvenne 40.000 fa, quando si iniziarono ad utilizzare lampade che bruciavano olii vegetali o animali. Possiamo misurare l’emissione di luce in lumen: un lumen equivale approssimativamente alla quantità di luce per metro quadro generata dal chiaro di luna, e un lumen-ora (lm-hr) corrisponde all’emissione di tale ammontare di luce per la durata di un’ora. Il progresso tecnologico si può dunque misurare considerando quanti lm-hr possono essere generati da un’ora di lavoro. Ad esempio, generando luce con un fuoco da campo si producevano circa 17 lm-hr con un’ora di lavoro, mentre le lampade con grasso animale producevano, con lo stesso ammontare di lavoro, 20 lm-hr. A Babilonia, intorno al 1750 a.C., l’invenzione di una lampada che utilizzava olio di sesamo portò a 24 lm-hr la quantità prodotta con un’ora di lavoro. Il progresso tecnologico era lento: questo piccolo miglioramento richiese 7.000 anni. Materiale protetto da Licenza Creative Common 4.0 Capitolo 1 10,000,000 1,000,000 10,000,000 1,000,000 100,000 100,000 10,000 10,000 1,000 1800 1820 1840 1860 1880 1900 1920 1940 1960 1980 2000 100 1,000 1800 100 20,000 40,000 60,000 80,000 10 100,000 Lumen-ora per ora di lavoro (scala logaritmica) 12 anni fa Fonte: Nordhaus W. 1998. “Do Real Output and Real Wage Measures Capture Reality? The History of Lighting Suggests Not”. Cowles Foundation for Research in Economics Paper 957. Figura 1.2. La produttività del lavoro nella produzione di illuminazione: lm-hr per ora di lavoro (da 100.000 anni fa ad oggi). Tre millenni più tardi, all’inizio del secolo XIX, le forme più efficienti di illuminazione (che usavano candele al sego), fornivano un’illuminazione nove volte superiore a quella delle lampade a grasso animale del passato. A partire da allora l’illuminazione è diventata sempre più efficiente, con lo sviluppo delle lampade a gas e a kerosene, delle lampadine con filamento, di quelle fluorescenti e di altre forme di illuminazione. Le lampadine fluorescenti, introdotte nel 1992, sono 45.000 volte più efficienti, in termini di tempo di lavoro utilizzato, delle lampade di 200 anni fa; e la produttività del lavoro nel generare illuminazione è mezzo milione di volte maggiore di quella dei nostri antenati attorno ai loro fuochi da campo. Il grafico a forma di bastone da hockey della figura 1.2 illustra questa impressionante crescita di efficienza nell’illuminazione, utilizzando sull’asse verticale la scala logaritmica. Il caso della produttività del lavoro nell’illuminazione mostra che il processo di innovazione non si è arrestato con la rivoluzione industriale, ma è andato avanti, con l’applicazione all’attività industriale di nuove tecnologie, come il motore a vapore, l’elettricità, i nuovi mezzi di trasporto (canali, ferrovie, automobili) e più recentemente la rivoluzione informativa nell’elaborazione e trasmissione dell’informazione. Queste tecnologie ad ampio spettro di applicazione hanno dato una spinta particolarmente forte alla crescita nel tenore di vita, cambiando il modo di funzionare di gran parte dell’economia. Riducendo l’ammontare di ore di lavoro necessarie a produrre gli oggetti di cui abbiamo bisogno, i cambiamenti tecnologici hanno consentito una crescita significativa nel tenore di vita. Lo storico dell’economia David Landes ha scritto che la rivoluzione industriale è stata “una successione interrelata di cambiamenti tecnologici” che hanno trasformato le società in cui hanno avuto luogo. Questo processo continua ancora oggi: nel video cui puoi accedere utilizzando il codice QR qui a lato, lo statistico Hans Rosling sottolinea ad esempio l’importanza della lavatrice, un apparecchio che consente Basato su The Economy by The CORE Project, Beta September 2015 (http://core-econ.org) La rivoluzione capitalista 13 di risparmiare lavoro e ha avuto effetti enormi sul benessere di milioni di donne. 1.4 Un mondo connesso Il successo coreano Gangnam Style fu lanciato nel luglio 2012, e a fine anno era diventata la canzone più ascoltata in 33 paesi, tra i quali l’Australia, la Russia, il Canada, la Francia, la Spagna e il Regno Unito. Con 2 miliardi di visualizzazioni a metà del 2014, Gangnam Style è divenuto il video più visto su YouTube. La rivoluzione tecnologica permanente ha generato un mondo connesso, di cui tutti sono parte. Il materiale che costituisce questo testo di introduzione all’economia è stato scritto da un gruppo di economisti, disegnatori, programmatori ed editori che hanno lavorato insieme — spesso simultaneamente — davanti ai loro computer nel Regno Unito, in India, negli Stati Uniti, in Russia, in Colombia, in Sud Africa, in Cile, in Turchia, in Francia, in Italia e in molti altri paesi. Sulla rete, la trasmissione dell’informazione avviene ad una velocità prossima a quella della luce. Mentre la maggior parte dei beni commerciati nel modo si muove ancora al ritmo di una nave cargo oceanica, circa 21 miglia orarie (33 km/h), le transazioni finanziarie internazionali si realizzano ad una velocità inferiore al tempo necessario per leggere questa frase. La velocità di trasmissione dell’informazione ci dà una prova della novità rappresentata rivoluzione tecnologica permanente. Confrontando la data di un evento storico con la data in cui lo stesso evento è stato riportato in altri luoghi (in diari, bollettini o quotidiani) possiamo determinare la velocità a cui viaggiavano le notizie. Per esempio, quando nel 1860 Abramo Lincoln venne eletto presidente degli Stai Uniti, la notizia arrivò via telegrafo da Washington a Fort Kearny, che costitutiva il punto terminale della linea verso Ovest, ma oltre quel punto essa dovette viaggiare per mezzo di staffette a cavallo, chiamate Pony Express, per circa 1260 miglia (2013 km) fino a Fort Churchill in Nevada, da cui venne trasmessa in California di nuovo mediante telegrafo. Il processo richiese sette giorni e 17 ore. Nel tratto coperto dai Pony Express, la notizia viaggiò ad una velocità di 7 miglia orarie (11 km/h). Una lettera di mezza oncia (14 grammi) spedita su questo percorso veniva a costare $ 5, l’equivalente di cinque giorni di salario. Da calcoli simili sappiamo che le notizie tra l’antica Roma e l’Egitto viaggiavano a circa 1 miglio orario (1,6 km/h), e 1500 anni più tardi tra Venezia e le altre città del Mediterraneo la velocità delle notizie era forse anche leggermente inferiore. Tuttavia, pochi secoli dopo, come mostrato dalla figura 1.3, la velocità cominciò ad aumentare. Nel 1857, la notizia della rivolta delle truppe indiane contro il governo britannico richiese “solo” 46 giorni per raggiungere Londra, e i lettori del quotidiano londinese Times vennero a conoscenza dell’assassinio di Lincoln solo 13 giorni dopo l’evento. Un anno dopo la morte di Lincoln, un cavo transatlantico ridusse il tempo di trasmissione delle notizie tra New York e Londra a pochi minuti. 1.5 La crescita della popolazione e delle città Con il progresso tecnologico e il miglioramento del tenore di vita, anche la popolazione è cresciuta rapidamente. Per gran parte degli ultimi 12.000 anni la popolazione mondiale è crescita lentamente, con aumenti nei periodi favorevoli seguiti da diminuzioni dovute alle avversità climaticho o a disastri di altro genere. La figura 1.4 mostra l’evoluzione della popolazione mondiale dall’anno 1000 in avanti. In un piccolo numero di paesi la popolazione iniziò a crescere rapidamente 200 anni fa, ma è nel XX secolo che assistiamo ad un vero e proprio decollo della popolazione Materiale protetto da Licenza Creative Common 4.0 14 Capitolo 1 12 10 7 MPH: Notizia dell'elezione di Lincoln raggiunge la costa del Pacifico da Washington DC (1860) 8 6 3.7 MPH: Notizia della rivolta indiana raggiunge Londra da Delhi (1857) 4 2.7 MPH: 2 1 MPH: 1900 1800 1700 1600 1500 1400 1300 1200 1100 0 1000 Velocità delle notizie (miglia x ora) 12 MPH: Notizia dell'assassinio di Lincoln attraverso gli USA (1865) Notizia della battaglia di Trafalgar al largo della costa della Spagna raggiunge Londra (1805) 1 MPH: Tra Venezia e Damasco, Alessandria, Lisbona e Palermo (1500) Tra l'Egitto e l'Italia (50-222) Fonte: Tabelle 15.2 e 15.3 da Clark, G. 2007. A Farewell to Alms: A Brief Economic History of the World. Princeton: Princeton University Press Figura 1.3. La velocità di trasmissione dell’informazione dal 1000 al 1865. mondiale, a seguito dello sviluppo e della diffusione di sistemi fognari efficienti, di servizi di distribuzione di acqua potabile e altre misure di igiene pubblico. La popolazione nel mondo continua ad aumentare, ma dopo il picco raggiunto negli anni Settanta del secolo scorso il ritmo di crescita sta rallentando (vedi figura 1.5). Con il termine transizione demografica ci riferiamo al rallentamento nella crescita della popolazione che si ha quando la diminuzione nel tasso di mortalità è bilanciata dalla diminuzione della natalità dovuta alla scelta di avere meno figli, associata in molti casi a politiche pubbliche 8,000 Popolazione mondiale (milioni) 7,000 6,000 5,000 4,000 3,000 2,000 1,000 2000 1900 1800 1700 1600 1500 1400 1300 1200 1100 1000 0 Fonte: Maddison, A. “Statistics on World Population, GDP and Per Capita GDP, 1-2008 AD.” e US Census Bureau “International Programs, International Data Base.”. Accesso ai dati nel giugno 2015. Figura 1.4. La popolazione mondiale, 1000-2010. Basato su The Economy by The CORE Project, Beta September 2015 (http://core-econ.org) La rivoluzione capitalista 15 2010 1990 1970 1950 1930 1910 Tasso di crescita medio anno, % finalizzate a scoraggiare le famiglie numerose, come in Cina. Con l’incremento della produttività del lavoro 2.0 in agricoltura, il numero di agricoltori necessari a nutrire il resto della popolazione diminuisce. Una 1.5 più elevata produttività del lavoro significa che in un dato appezzamento di terreno ciascun agricol1.0 tore può produrre una maggiore quantità. L’abbandono dell’agricoltura da parte di chi ha deciso 0.5 di dedicarsi ad altre occupazioni ha dato luogo ad un’ulteriore cambiamento: la crescita delle città. 6. How the world’s population growth Trecento anni fa la maggioranza della popo- Figure Fonte: Serie storiche di Angus Maddison. lazione viveva nelle campagne, interagendo solo US Census: World population growth rate. con poche altre persone, principalmente i membri della propria famiglia e i vicini. Negli ultimi secoli Figura 1.5. Come la popolazione la gente è stata attratta — o in alcuni casi spinta mondiale nel XX secolo è prima — verso le città. Abitare in una città comporta un aumentata e poi diminuita cambiamento drastico, poiché la vita comporta il contatto giornaliero con dozzine o perfino centinaia di persone sconosciute. Ciò cambia il modo in cui interagiamo gli uni con gli altri, magari con persone che non rivedremo più, in alcuni casi mettendo a rischio la sicurezza personale e richiedendo nuovi modi per mantenere l’ordine sociale. L’attività di polizia è qualcosa di relativamente recente nella storia dell’umanità, iniziata con la nascita dei grandi centri urbani. Tokyo, l’area urbana più estesa al mondo, conta 34 milioni di abitanti, cioè quattro volte la popolazione mondiale complessiva di 11,000 anni fa, quando la il genere umano iniziò a dedicarsi all’agricoltura. Nel 1990 nove delle dieci città più grandi del mondo erano in Europa e Nord America, con Tokyo unica eccezione. Oggi, con la diffusione globale del capitalismo, nove di queste dieci città sono in Asia o America Latina, con l’eccezione di New York. Nel 1850 vi erano solo tre città con una popolazione superiore a un milione di abitanti — Londra, Parigi e Pechino — mentre oggi ve ne sono più di 500 (figura 1.6). Fonte: Thomas Brinkhoff. Major Agglomerations of the World. I dati si riferiscono ad agglomerati (centri urbani e relativi sobborghi che formano una regione connessa di popolazione prevalentemente urbana) con più di un milione di abitanti. http://www.citypopulation.de/ Figura 1.6. Città con più di un milione di abitanti, 2013 Materiale protetto da Licenza Creative Common 4.0 16 Capitolo 1 DISCUSSIONE 1.3. I dati sulla popolazione mondiale Utilizzate il link http://tinyurl.com/ch4eqpb per scaricare il file Excel con i dati sulla popolazione mondiale, tra cui quelli riportati nel grafico della figura 1.4 (vedi il secondo foglio del file). Scorrete i dati relativi a India e Cina e sommate le due serie così da ottenere la popolazione totale dei due paesi in ciascun anno. 1. Rappresentata mediante un grafico come quello della figura 1.4 l’evoluzione della popolazione complessiva di India e Cina. Inserite nello stesso grafico la popolazione totale dei 30 paesi dell’Europa occidentale. Cosa si può dire sulla crescita della popolazione in questi due gruppi di paesi? 2. Create una versione dello stesso grafico utilizzando una scala logaritmica. Attraverso questo nuovo grafico, confrontate i tassi di crescita della popolazione dei due gruppi di paesi. Come spiegate le differenze nei tassi di crescita? 3. Quali sono le implicazioni delle differenze evidenziate al punto precedente? 1.6 L’impatto sull’ambiente Accanto alla crescita della produzione, sono cresciuti l’utilizzo delle risorse naturali e il degrado dell’ambiente in cui viviamo. Elementi del sistema ecologico come l’aria, l’acqua, il suolo, e il clima sono stati alterati dagli esseri umani in misura più radicale di quanto non sia mai accaduto prima nella storia umana. Un esempio è il cambiamento climatico. Nella figura 1.7 sono presentati alcuni dati su come l’uso di combustibile fossile — carbone, benzina e altri derivati del petrolio — abbiano profondamente inciso sul nostro ambiente naturale. Dopo che per secoli l’atmosfera terrestre era rimasta relativamente immutata, nel XX secolo le crescenti emissioni hanno provocato un aumento della quantità di CO2 presente nell’atmosfera terrestre (figura 1.7a), portando ad un percettibile incremento della temperatura media nell’emisfero boreale (figura 1.7b). La figura 1.7a mostra anche come negli ultimi 250 anni siano aumentate considerevolmente le emissioni di anidride carbonica dovute al consumo di combustibile fossile. La figura 1.7b mostra come le temperature medie della terra siano soggette a fluttuazioni. Ciò è dovuto ad una molteplicità di fattori, tra i quali l’attività vulcanica, come nel caso dell’eruzione del Monte Tambora, in Indonesia, nel 1815, che emise tanta polvere vulcanica da far diminuire la temperatura dell’intero pianeta e far ricordare il 1816 come “l’anno senza l’estate”. DISCUSSIONE 1.4. La curva di Kuznets dell’ambiente Molti ricercatori ritengono che vi sia una relazione a U rovesciata tra reddito di un paese e degrado ambientale. Questa relazione viene spesso indicata come curva di Kuznets ambientale. 1. Cercate informazioni sulla curva di Kuznets ambientale e spiegate con le vostre parole perché potremmo riscontrare tale relazione. 2. Come cambierebbe la relazione se facessimo riferimento al PIL invece che al PIL pro capite? Basato su The Economy by The CORE Project, Beta September 2015 (http://core-econ.org) 17 400 10,000 350 7,500 CO2 nell'atmosfera 300 5,000 250 2,500 Emissioni globali di carbonio da combustibile fossile 200 2000 1900 1800 1700 1600 1500 1400 1300 1200 1100 1000 0 Milioni di tonnellate di carbonio CO 2 nell'atmosfera 2 (parti per miione) La rivoluzione capitalista Fonte: Anni 1010-1975: Etheridge, D. E., L. P. Steele, R. J. Francey, and R. L. Langenfelds. 2012. “Historical Record from the Law Dome DE08, DE08-2, and DSS Ice Cores.” Division of Atmospheric Research, CSIRO, Aspendale, Victoria, Australia. Anni 1976-2010: dati del Mauna Loa observatory. Boden, T. A., G. Marland, and R. J. Andres. 2010. “Global, Regional and National Fossil-Fuel CO2 Emissions.” Carbon Dioxide Information Analysis Center (CDIAC) Datasets. 0.6 0.4 0.2 0 -0.2 -0.4 -0.6 2000 1900 1800 1700 1600 1500 1400 1300 1200 1100 -0.8 1000 Deviazioni dalla temperatura media 1961-1990 (a) Anidrida carbonica nell’atmosfera (1010-2010) ed emissioni globali di carbonio da combustibile fossile (1750-2010) Fonte: Mann, M. E., Z. Zhang, M. K. Hughes, R. S. Bradley, S. K. Miller, S. Rutherford, and F. Ni. 2008. “Proxy- Based Reconstructions of Hemispheric and Global Surface Temperature Variations over the Past Two Millennia.” Proceedings of the National Academy of Sciences 105 (36): 13252–57. (b) Temperatura media nell’emisfero boreale nel lungo periodo (1000-2006). Figura 1.7. L’effetto dell’uso di combustibili fossili sull’atmosfera Il cambiamento climatico è un fenomeno globale. BIOSFERA Ma in molti casi l’impatto ambientale è locale, come SOCIETÀ per gli abitanti delle città che soffrono di affezioni respiratorie e altre malattie per l’alto livello di emissioECONOMIA ni nocive degli impianti di riscaldamento, dei veicoli a altre fonti. Anche le comunità rurali sono colpite, ad esempio dalla deforestazione e dall’esaurimento di risorse come l’acqua potabile e la fauna ittica. Questi esempi del modo in cui gli esseri umani Figura 1.8. L’economia è parte sono influenzate e influenzano l’ambiente sia locale della società, che è parte della che globale giustificano l’uso che facciamo del termibiosfera ne “economia”. Quando abbiamo deciso di intitolare Materiale protetto da Licenza Creative Common 4.0 18 Capitolo 1 questo libro L’economia stavamo pensando al modo in cui le persone interagiscono le une con le altre, ma anche con la natura, per produrre ciò di cui necessitano. La figura 1.8 mostra un possibile modo di pensare all’economia, come parte di un sistema sociale più ampio, che a sua volta è parte della biosfera, ovvero l’insieme di tutte le forme di vita sulla terra. Il cambiamento climatico globale e l’esaurimento delle risorse a livello locale sono il risultato dell’espansione dell’economia (illustrata dalla crescita della produzione locale) e del modo in cui l’economia è organizzata (da cui dipende ad esempio la scelta di cosa abbia un valore e debba essere conservato). Non c’è dubbio che la rivoluzione tecnologica permanente — che ha determinato la dipendenza dal combustibile fossile — sia una delle cause del problema ambientale di oggi. Ma è anche parte della soluzione. Torniamo alla figura 1.2, che mostrava la produttività del lavoro nella produzione di illuminazione: la straordinaria crescita nel corso della storia, e specialmente a partire da metà del XIX secolo, ha avuto luogo in gran parte per effetto del sensibile aumento della quantità di luce per unità di calore prodotto (per esempio nel passaggio dal fuoco da campo alla candela alla lampadina). Nell’illuminazione, la rivoluzione tecnologica permanente ha portato a più luce ottenuta con meno calore, consentendo di risparmiare risorse naturali — dalla legna al combustibile fossile — utilizzabili per la generazione di calore. Gli avanzamenti tecnologici possono oggi consentirci lo sfruttamento del vento, dell’energia solare e di altre risorse rinnovabili di energia. Il cambiamento climatico La realtà e le cause delle variazioni climatiche non sono ormai messe in discussione dalla comunità scientifica nel suo complesso. La Commissione Intergovernativa sul Cambiamento Climatico (Intergovernmental Panel on Climate Change — IPCC) rappresenta una fonte autorevole per la ricerca e la raccolta dati. Le verosimili conseguenze del riscaldamento globale sono di vasta portata: lo scioglimento delle calotte polari, l’aumento del livello del mare che può inondare vaste aree costiere, e potenziali variazioni nel clima e nel ritmo delle piogge possono distruggere le aree coltivate del pianeta. Nel capitolo 18 discuteremo le conseguenze fisiche ed economiche di lungo periodo di questi cambiamenti e le politiche che i governi possono adottare. 1.7 Definire il capitalismo I dati presentati nelle figure dalla 1.1 alla 1.7 evidenziano un punto di svolta, corrispondente alla curva nel nostro bastone da hockey, nel PIL pro capite, nella produttività del lavoro (luce per ora di lavoro), nella trasmissione delle informazinoi (la velocità a cui viaggiano le notizie), nella popolazione mondiale, nell’impatto dell’economia sull’ambiente (emissioni di carbonio, CO2 nell’atmosfera, cambiamento climatico). Come possiamo spiegare il passaggio da un mondo in cui le condizioni di vita potevano mutare per effetto dalle variazioni climatiche o dalle epidemie a un’era in cui ciascuna generazione ha visto quasi sempre il proprio tenore di vita migliorare in modo sensibile rispetto alla generazione precedente? La spiegazione più ragionevole, sia su un piano fattuale che logico, è ciò che i cambiamenti descritti siano una conseguenza di ciò chiamiamo rivoluzione capitalista. La rivoluzione capitalista ha introdotto un nuovo sistema economico, chiamato capitaliBasato su The Economy by The CORE Project, Beta September 2015 (http://core-econ.org) La rivoluzione capitalista 19 smo, caratterizzato da tre istituzioni chiave: la proprietà privata, i mercati e una specifica forma di impresa, che chiameremo impresa capitalista. Un sistema economico è un modo di organizzare la produzione e la distribuzione dei beni e dei servizi nell’economia presa nel suo insieme. Per istituzioni, intendiamo i differenti insiemi di leggi e norme sociali che regolano la produzione e la distribuzione nelle famiglie, nell’attività economica privata, nell’azione di governo. In alcune economie del passato le istituzioni economiche chiave erano la proprietà privata, i mercati e le famiglie, perché la produzione aveva luogo nelle famiglie invece che nelle imprese. Pensiamo ad una fattoria a conduzione familiare in una società tradizionale: chi debba lavorare chi possa consumare ciò che viene prodotto veniva deciso dalla generazione anziana (nella maggior parte delle società, il capofamiglia maschio), e dalle norme sociali. In altre società, l’istituzione che aveva il compito di governare la produzione, la distribuzinoe e i cambiamenti era lo stato. In tal caso, la maggior parte dell’attività produttiva aveva luogo in strutture produttive di proprietà pubblica, e lo stato decideva quali beni devessero essere prodotti e a chi dovessero essere distribuiti. Parliamo in questo caso di sistemi di economia centralmente pianificata. Esempi di questo tipo di economia erano l’Unione Sovietica, la Germania Est e molti paesi dell’Europa Orientale prima della fine del regime comunista nei primi anni Novanta del secolo scorso. Benché stati e famiglie rappresentino istituzioni essenziali per il funzionamento di tutte le economie, le economie di oggi sono per la maggior parte economie capitaliste. Vivendo in un’economia capitalista, è facile non far caso all’importanza di istituzioni che sono fondamentali per il suo buon funzionamento, ma che ci risultano così familiari da passare quasi inosservate. Prima di vedere come proprietà privata, mercati e imprese interagiscano in un’economia capitalista, dobbiamo definire queste istituzioni. 1.8 Proprietà privata, mercati e impresa capitalista Se di un bene abbiamo la proprietà privata, possiamo sceglierne l’utilizzo e impedirne l’utilizzo da parte di altri se vogliamo; possiamo inoltre disfarci del nostro bene vendendolo o regalandolo a qualcun altro, che ne diventerà a sua volta il proprietario. Nel corso della storia umana, la rilevanza della proprietà privata non è stata sempre la stessa. In alcune società, come quelle di caccia e raccolta dei nostri più antichi progenitori, solo gli indumenti e gli ornamenti personali erano posseduti individualmente. In altre società, il raccolto e gli animali erano proprietà privata, ma non lo era la terra: il diritto all’uso della terra era garantito alle famiglie in base ad un accordo tra i membri del gruppo, o per decisione di un capo, senza che alle famiglie fosse consentito vendere il terreno assegnato. In altri sistemi economici la proprietà privata poteva riguardare altri esseri umani, gli schiavi. In un’economia capitalista, un’importante forma di proprietà privata è quella sugli impianti, gli edifici, le materie prime, i brevetti e le altre forme di proprietà intellettuali, e gli altri input utilizzati nella produzione di beni e servizi, ovvero i beni capitali. La proprietà privata non include, nemmeno in un’economia capitalista, alcuni beni essenziali come l’aria che respiriamo e la gran parte delle nostre conoscenze (come le abilità che abbiamo acquisito, la conoscenza necessaria a produrre le cose e le nostre capacità di risolvere i problemi che possono sorgere nel processo di produzione). La proprietà può essere attribuita ad un individuo, una famiglia, un’impresa o un’altra entità diversa dal settore pubblico. Materiale protetto da Licenza Creative Common 4.0 20 Capitolo 1 Pensiamo a tutte le possibili modalità per trasferire un bene o servizio da una persona all’altra: come un dono, attraverso un furto, o per ordine del governo. I trasferimenti nei mercati differiscono da queste e da altre modalità da due punti di vista: – comportano reciprocità: a differenza dei doni e del furto, in uno scambio di mercato il trasferimento di un bene e servizio da parte di una persona a un’altra è direttamente ricambiato da un trasferimento nella direzione opposta (di un altro bene o servizio nel caso di un baratto, di denaro, o di una promessa di pagamento futuro se l’acquisto è a credito); – sono volontari: entrambi i trasferimenti — quello del venditore e quello del compratore — sono volontari perché ciò che è scambiato è proprietà privata e quindi lo scambio deve essere considerato mutuamente vantaggioso dalle parti. In questo, lo scambio di mercato differisce dal furto, e anche dal trasferimento di beni e servizi in un’economia pianificata. DISCUSSIONE 1.5. La casetta del più povero degli uomini “Il più povero degli uomini può, nelle sua casetta, lanciare una sfida a tutte le forze della Corona. La sua casetta potrà essere fragile, il suo tetto traballante, il vento può attraversarla, la tempesta può entrare e può entrarvi la pioggia, ma il re d’Inghilterra non può entrare; tutte le sue forza non osano attraversare la soglia di quella casa in rovina.” — William Pitt, I Conte di Chatham, discorso al Parlamento Inglese, 1763 1. Cosa ci dice questo discorso sul significato della proprietà privata? 2. Quanto affermato si applica alle abitazioni private nel vostro paese? DISCUSSIONE 1.6. Mercati e social network Pensate ad un social network che utilizzate, ad esempio Facebook e rileggete la definizione di mercato. Quali sono le analogie e quali le differenze tra il social network e il mercato? Proprietà privata e mercati sono state istituzioni importanti anche molto prima del capitalismo, e non bastano da sole a definire questo sistema economico. Il terzo elemento che definisce il capitalismo, quello di origine più recente, riguarda l’impresa. Il termine impresa è utilizzato per indicare genericamente un’attività economica organizzata al fine della produzione e scambi di beni e servizi3 . Con il capitalismo acquista centralità tuttavia una specifica forma di impresa. L’impresa capitalista è caratterizzata dal fatto che: – uno o più individui sono proprietari dei beni capitali utilizzati per la produzione; – pagano stipendi e salari ai loro dipendenti; – impartiscono istruzioni ai dipendenti (eventualmente tramite manager assunti a loro volta) su come svolgere l’attività produttiva; – sono proprietari dei beni e servizi prodotti dall’impresa; – vendono tali beni sul mercato con l’intenzione di ottenere un profitto. 3 [NdT] Questa nozione corrisponde alla definizione giuridica di imprenditore adottata nel Codice civile italiano (art. 2082). Basato su The Economy by The CORE Project, Beta September 2015 (http://core-econ.org) La rivoluzione capitalista 21 Sono normalmente organizzate in questa forma le banche, le imprese agricole con dipendenti salariati, le imprese industriali, i sumermercati, i fornitori di servizi internet, e molte altre. Altri tipi di impresa, come l’impresa familiare, l’impresa non-profit, l’impresa cooperativa e l’impresa pubblica (che gestisce ad esempio il servizio idrico o la rete ferroviaria), non corrispondono alla nostra definizione di impresa capitalista, perché il loro scopo non è ottenere un profitto o perché non appartengono ad un individuo che ha la proprietà dei beni capitali dell’impresa e impiega altre persone come dipendenti. Le imprese capitaliste già esistevano (pur giocando un ruolo secondario) in molte economie già prima che l’arrivo del capitalismo ne facesse la forma predominante di organizzazione della produzione di beni e servizi. L’accresciuta rilevanza dell’impresa capitalista portò alla rapida espansione di un’altra istituzione il cui ruolo era limitato nei sistemi economici precedenti: il mercato del lavoro. Nel mercato del lavoro i proprietari delle imprese (o i loro manager) offrono opportunità di impiego a salari e stipendi in grado di attrarre coloro che stanno cercando un lavoro. Nel linguaggio economico, i datori di lavoro sono il lato domanda (domandano lavoro) mentre i lavoratori rappresentano il lato offerta (essi offrono di lavorare sotto la direzione dei proprietari o manager dell’impresa che li hanno assunti) del mercato del lavoro. Ciò che colpisce delle imprese capitaliste, e distingue tali istituzioni sia dalle famiglie che dagli stati, è la rapidità con cui esse possono nascere, espandersi, contrarsi e morire. Un’impresa di successo può crescere, nel giro di pochi anni, da una realtà con pochi dipendenti ad una società che opera su scala globalre con centinaia di migliaia di clienti e impiega migliaia di persone. Le imprese capitaliste possono crescere con tale rapidità perché sono in grado di aumentare i dipendenti rivolgendosi al mercato del lavoro, e di attrarre i fondi necessari a finanziare l’acquisto dei beni capitali necessari ad espandere la produzione. Altrettanto rapidamente le imprese capitaliste possono morire, perché un’impresa che non fa profitti non avrà il denaro sufficiente a continuare ad assumere e produrre (e non troverà nessuno disposto a finanziarla). L’impresa si contrae e una parte di coloro che vi lavoravano perde il proprio impiego. Facciamo il confronto con una fattoria a gestione familiare. Se l’attività ha successo, la famiglia sarà più ricca delle famiglie vicine ma, a meno che non si organizzi in forma di impresa capitalista, assumendo cioè altre persone che lavorino sui suoi terreni, la sua espansione sarà limitata. Se al contrario l’attività va male, la famiglia starà peggio delle famiglie vicine; ma il capofamiglia non può licenziare i propri figli il cui lavoro è diventato superfluo e, finché la famiglia ha di che sostenersi, manca un meccanismo equivalente al fallimento d’impresa che costringa a chiudere l’attività. Qualcosa di simile vale anche per gli enti pubblici e le imprese pubbliche che, rispetto all’impresa capitalista, hanno una più limitata capacità di espandersi in caso di successo, e sono solitamente protetti dal rischio di fallimento se non hanno dei buoni risultati. I mercati e la proprietà privata sono condizioni essenziali per l’impresa capitalista per due ragioni – gli input e gli output dell’impresa sono proprietà privata: gli edifici e gli impianti, i brevetti e gli altri input utilizzati nella produzione, così come ciò che viene prodotto (output), appartengono a chi ha la proprietà dell’impresa; – le imprese vendono i loro prodotti attraverso il mercato: il profitto dei proprietari dell’impresa dipende dall’esistenza di mercati nei quali vi siano clienti interessati ad acquistare i beni prodotti ad un prezzo superiore ai costi di produzione. Materiale protetto da Licenza Creative Common 4.0 22 Capitolo 1 Un sistema economico con proprietà privata produzione da parte di famiglie autosufficienti e mercati economia di mercato con produzione su base familiare e imprese economia capitalista Figura 1.9. Il sistema economico capitalista: proprietà privata, mercati e imprese Una caratteristica distintiva del sistema economico capitalista rispetto agli altri sistemi economici è la proprietà privata dei beni capitali utilizzati nell’impresa. Altri sistemi economici hanno quale elemento distintivo la centralità della proprietà privata della terra, dell’utilizzo di schiavi, la proprietà pubblica dei beni capitali. Rispetto ai sistemi economici che l’hanno preceduto, il sistema economico capitalista differisce anche per la rilevanza quantitativa dei beni capitali utilizzati nella produzione. Enormi telai meccanici hanno sostituito i filatoi di un tempo, un trattore spinge l’aratro svolgendo il lavoro che un tempo spettava al contadino con la sua zappa. 1.9 Il capitalismo come sistema economico La figura 1.9 mostra in che rapporto sono tra loro le tre parti della definizione di sistema economico capitalista. La proprietà privata è una condizione necessaria per il funzionamento del mercato, e l’impresa, a sua volta, presuppone sia i mercati che la proprietà privata. Il cerchio a sinistra descrive un’economia composta di famiglie isolate, proprietarie dei beni capitali che utilizzano e di ciò che producono, in cui gli scambi sono ridotti al minimo. Nella storia ci sono state economie di questo tipo, ma la loro importanza è stata molto inferiore a quelle dei sistemi caratterizzati sia da proprietà privata che dalla presenza di mercati, rappresentate dall cerchio in mezzo. In queste economie, la maggior parte della produzione è realizzata da individui (per esempio il calzolaio o il fabbro) o da famiglie (es. famiglie contadine). Prima del XVII secolo molte economie nel mondo avevano queste caratteristiche. Il capitalismo è un sistema che combina decentramento e centralizzazione: – Il capitalismo decentra, limitando il potere del governo e di terze parti nelle decisioni relative all’acquisto e alla vendita di beni di proprietà privata; – Il capitalismo concentra il potere nelle mani dei proprietari e dei manager delle imprese, che possono così coordinare e far cooperare nel processo produttivo un numero elevato di dipendenti. Un modo semplice per ricordare tale contrasto è pensare che quando il proprietario di un’impresa interagisce con un suo dipendente, è lui o lei “il capo”, mentre quando lo stesso proprietario ha a che fare con un potenziale cliente è semplicemente uno dei tanti che cerca di vendere qualcosa, in concorrenza con altri venditori. È questa insolita combinazione di concorrenza tra imprese e concentrazione di potere e cooperazione all’interno di esse che spiega il successo del capitalismo come sistema economico. Il modo in cui le istituzioni del capitalismo — proprietà privata, mercati e imprese — Basato su The Economy by The CORE Project, Beta September 2015 (http://core-econ.org) La rivoluzione capitalista 23 si combinino tra di loro e con le famiglie, lo stato e altre istituzioni, varia profondamente tra paesi. Proprio come ghiaccio e vapore sono entrambi acqua, la Cina e gli Stati Uniti d’America sono entrambe economie capitaliste. Ma esse differiscono nel modo in cui lo stato influisce sul funzionamento dell’economia e in molti altri aspetti. Questo mostra come le definizioni nelle scienze sociali in molti casi non possano essere precise come lo sono nelle scienze naturali. Apprendere un nuovo linguaggio Il nostro auspicio è che chi segue questo corso non solo impari qualcosa sull’economia, ma impari anche a praticare la scienza economica, e questo significa apprendere un nuovo linguaggio. Usare i termini tecnici della scienza economica ci aiuta a comunicare concetti complicati a chi ha appreso lo stesso linguaggio. È per questo motivo che sottolineamo le definizioni. Essere in grado di spiegare come gli economisti usano i termini è anche cruciale per comunicare concetti economici ad altre persone. Per questa ragione, e poiché a questo punto abbiamo visto un certo numero di definizioni, riflettiamo sulla loro funzione. L’acqua, ad esempio, è definita dal punto di vista chimico come un composto di due atomi di idrogeno legati ad uno di ossigeno, che prende la forma liquida ma anche quella solida (ghiaccio) e gassosa (vapore), per non parlare di altre forme (la neve o la nebbia). Qualcuno potrebbe dire che il ghiaccio non è “veramente” acqua, e obiettare che la definizione non è il “vero significato” della parola. Ma i dibattiti sul “vero” significato (specialmente quando riferiti a idee complesse come il capitalismo o la democrazia) fraintendono la ragione per la quale le definizioni sono utili. La definizione di acqua, o di capitalismo, non va intesa come qualcosa che deve cogliere un qualche vero significato, ma piuttosto come un espediente il cui valore è quello di rendere più facile la comunicazione. La parola “capitalismo”, come “acqua”, non si riferisce ad un singolo oggetto, ma ad una classe di oggetti che condividono alcune caratteristiche. Come la definizione di acqua (che richiede che siamo in grado di usare con precisione parole come ossigeno e idrogeno), abbiamo avuto bisogno di definire tre istituzioni che caratterizzano un sistema economico capitalista prima di definire il capitalismo stesso. Ma, a differenza dell’acqua, non siamo in grado di identificare un sistema economico capitalista riferendoci a caratteristiche fisiche facilmente osservabili. L’economia britannica era certamente capitalista nel 1800 e certamente non lo era ancora nel 1500, ma non avrebbe senso provare ad individuare una data precisa in cui il passaggio è avvenuto. Potremmo dire che per buona parte del periodo di transizione l’economia era un sistema misto con elementi capitalisti e non capitalisti. La Cina è stata un’economia centralmente pianificata dal 1953 fino all’inizio delle riforme economìche nel 1978. Successivamente ha adottato nuove istituzioni che hanno dato importanza crescente alla proprietà privata, ai mercati e alle imprese. Oggi è un’economia capitalista. Ma in che anno, di preciso, la definizione è divenuta adeguata? Le grandi distinzioni sono importanti — per esempio la differenza tra un’economia centralmente pianificata e un’economia capitalista — ma dobbiamo accettare che è piuttosto raro nella realtà che i confini tra l’una e l’altra siano definiti con precisione. Il modo in cui descriviamo un sistema avrà sempre un elemento di soggettività. Anche oggi, benché il capitalismo sia divenuto dominante in Cina, esiste ancora un piano quinquennale definito a livello centralizzato. Materiale protetto da Licenza Creative Common 4.0 24 Capitolo 1 DISCUSSIONE 1.7. Impresa capitalista o no? Facendo riferimento alla definizione, si consideri se ciascuna delle entità di seguito elencate è un’impresa capitalista (nel dubbio potete cercare on-line informazioni su ciascuna di esse): – John Lewis (UK) – una fattoria a conduzione familiare in Vietnam – il vostro medico di base – Walmart (USA) – una nave pirata del XVIII secolo (vedi Capitolo 5 per una descrizione del Rover) – Google (USA) – Manchester United plc (UK) – Wikipedia 1.10 Il capitalismo come causa della svolta nel bastone da hockey della storia Ci sono ragioni sia storiche che logiche per pernsare che l’emergere del capitalismo come sistema economico sia una delle cause della svolta verso l’alto nel bastone da hockey. Ma è giusto essere scettici quando qualcuno afferma che un fenomeno complesso come il capitalismo “causa” un aumento nel tenore di vita (o miglioramenti tecnologici, crescita della popolazione, un mondo interconnesso, problemi ambientali, ecc.). Da un punto di vista scientifico, possiamo affermare che X causa Y – comprendendo la relazione tra causa (X ) ed effetto (Y ); – effettuando esperimenti che, attraverso la misura di X e Y , ci forniscano una prova empirica della relazione causale. In fisica, comprendiamo bene il modo in cui il calore modifica lo stato dell’acqua (trasformandola ad esempio in vapore acqueo), e possiamo facilmente effettuare un esperimento per osservare cosa accade quando portiamo la temperatura a 100°C (un esperimento che ripetiamo ogniqualvolta facciamo bollire l’acqua). Possiamo dunque stabilire in modo convincente l’esistenza di un nesso causale in grado di spiegare quel che accade quando alziamo la temperatura dell’acqua. Asserzioni causali di questo stesso tipo sono essenziali nella scienza economica. Spesso vorremmo trovare modi per modificare qualcosa in modo da far funzionare meglio l’economia, e questo significa avere in mente una relazione causale sul fatto che la politica X porterà al cambiamento Y . Per esempio, un economista potrebbe affermare che, se la banca centrale abbassa il tasso di interesse, aumenteranno gli acquisti di case e automobili. Ma la scienza economica non è la fisica. Non siamo in grado di comprendere pienamente e nel dettaglio i nessi causali, e spesso non possiamo effettuare esperimenti (anche se nel capitolo 4 forniremo alcuni esempio sull’uso degli esperimenti in campo economico). Come possono allora gli economisti “fare scienza”? Nel riquadro che segue illustriamo un esempio su come ciò che osserviamo nel mondo può aiutarci ad investigare cause ed effetti. Basato su The Economy by The CORE Project, Beta September 2015 (http://core-econ.org) La rivoluzione capitalista Come gli economisti imparano dai fatti Le istituzioni sono importanti per la crescita del reddito? Il capitalismo si è affermato nello stesso periodo, o subito prima, della rivoluzione industriale e del punto di svolta dei nostri bastoni da hockey. Questa osservazione sarebbe coerente con l’ipotesi che le istituzioni capitaliste furono tra le cause della nuova era di crescita continua della produttività. Ma l’emergere di un contesto culturale improntato al libero pensiero, l’Illuminismo, coincide anch’esso con il punto di svolta, o comunque lo anticipa di poco. Quindi, sono state le istituzioni o la cultura (o magari entrambe le cose, o altro ancora) le cause del cambiamento? Come vedremo nel capitolo 2, economisti e storici non sono d’accordo sulla risposta da dare alla domanda “quali sono state le cause della rivoluzione industriale?” Gli studiosi di tutti i campi provano a ridurre i margini di disaccordo guardando ai fatti. Per domande complicate, come quella se le istituzioni abbiano importanza dal punto di vista economica, i fatti possono fornire informazioni sufficienti a raggiungere una conclusione. Un modo per ottenere questo risultato è utilizzare ciò che chiamiamo un esperimento naturale, cioè una situazione nella quale rileviamo differenze in qualcosa di nostro interesse — ad esempio un cambiamento istituzionale — che non è associato a differenze in altre possibili cause. Dal momento che, anche qualora potessimo effettuare un esperimento controllato su un’intera popolazione, non potremmo comunque modificare il passato, dobbiamo affidarci agli esperimenti naturali, [come ci spiegano il biologo Jared Diamond and il politologo James Robinson]. La divisione della Germania, alla fine della seconda guerra mondiale, in due sistemi economici separati — uno centralmente pianificato a Est, l’altro capitalista a Ovest — rappresenta un esperimento naturale. La cosiddetta “cortina di ferro” che divideva le due Germanie separava due popolazioni che condividevano la stessa lingua, cultura e storia recente di economia capitalista. Prima della seconda guerra mondiale, il tenore di vita in quelle che sarebbero più tardi diventate la Germania Est e la Germania Ovest era il medesimo. Prima della guerra, le imprese della Sassonia e della Turingia erano leader mondiali nella produzioni di automobili e aerei, nel settore chimico, nell’ottica e nell’ingegneria di precisione. Con l’introduzione della pianificazione centralizzata nella Germania Est, la proprietà privata, i mercati e le imprese capitaliste praticamente scomparvero. Le decisioni su cosa e quanto (nonché in quali impianti, uffici, miniere e fattorie) produrre, venivano prese non da imprenditori privati, ma da funzionari del governo. Questi, nella gestione dell’attività produttiva, non avevano bisogno di rispettare le regole dell’economia capitalista producendo beni e servizi che i clienti avrebbero acquistato a prezzi maggiori dei costi. La Germania Ovest rimase invece un’economia capitalista. Nel 1958 il Partito Comunista della Germania Est aveva previsto che entro il 1961 il benessere materiale avrebbe superato quello della Germania Ovest. Il non avverarsi di questa previsione fu probabilmente uno dei motivi per cui nel 1961 si decise di edificare il muro di Berlino, che separava Est e Ovest. Quando, nel 1989, cadde il muro di Berlino e la Germania Est abbandonò la pianificazione centralizzata, il suo PIL pro capite era meno della metà di quello della Germania Ovest capitalista. La figura 1.10 mostra (utilizzando la scala logaritmica) i differenti sentieri di crescita delle due economie, e di altri paesi, dopo il 1950. Dalla figura 1.10 possiamo notare che la Germania Est partiva da una situazione peggiore della Germania Ovest nel 1950. La ragione non era solo la differenza nella dotazione di capitale, attrezzature e capacità disponibili in termini pro capite, ma soprattutto il fatto che la divisione aveva compromesso in misura maggiore la struttura industriale della Materiale protetto da Licenza Creative Common 4.0 25 26 Capitolo 1 PIL pro capite (USD 1990, scala logaritmica) 24,000 GERMANIA OVEST GIAPPONE 12,000 SPAGNA GERMANIA EST 6,000 3,000 1985 1980 1975 1970 1965 1960 1955 1950 1,500 Fonte: The Conference Board. 2015. “Total Economy Database”, consultato nel giugno 2013. Maddison, A. 2001. “The World Economy: A Millennial Perspective”. Development Centre Studues. OECD, Parigi. Figura 1.10. Le due Germanie: pianificazione e capitalismo, 1950-1989 Germania Est rispetto alla Germania Ovest. Diversamente da altre economie capitaliste, che avevano livelli anche inferiori di PIL pro capite nel 1950, la Germania Est non riuscì a recuperare terreno rispetto alle economie leader mondiali, tra cui la Germania Ovest. Nel 1989, l’economia giapponese (che aveva anch’essa subito danni pesanti per la guerra), con la sua particolare combinazione di proprietà privata, mercati e imprese, e con un forte ruolo di coordinamento del governo, aveva raggiunto la Germania Ovest, e la Spagna aveva colmato parte del divario di partenza. L’esperimento naturale tedesco non è sufficiente per concludere che il capitalismo promuova sempre una crescita rapida e che la pianificazione centrale sia sempre una ricetta per la stagnazione. Ciò che possiamo desumere è qualcosa di più limitato: durante la seconda metà del XX secolo, le divergenze nelle istituzioni economiche sono state determinanti per il benessere materiale della popolazione tedesca. Quando il capitalismo risulta dinamico? Per garantire il dinamismo di un sistema economico capitalista sono necessarie condizioni sia economiche che politiche (queste ultime relativa al funzionamento dell’attività di governo). Condizioni economiche. L’impatto delle condizioni economiche è sintetizzato dal confronto tra la seconda e la terza colonna nella tabella della figura 1.11. Il capitalismo risulta meno dinamico quando i diritti di proprietà sono incerti, quando la concorrenza nei mercati è limitata, e quando le imprese che primeggiano sono nelle mani di chi, invece di aver superato il test della concorrenza, ha acquisito tale posizione per eredità dai genitori o attraverso relazioni politiche. Quando al contrario la proprietà è sicura, i mercati sono concorrenziali e le imprese sono guidate da chi ha dimostrato le proprie capacità, il capitalismo mostra tutto il suo Basato su The Economy by The CORE Project, Beta September 2015 (http://core-econ.org) La rivoluzione capitalista 27 Caratteristiche di Quando il capitalismo è dinamico . . . e quando non lo è PROPRIETÀ PRIVATA Sicura Incerta MERCATI Competitivi (chi perde perde) Monopolizzati (chi perde sopravvive) IMPRESE Primato per merito Primato per eredità o relazioni Figura 1.11. Le istituzioni che rendono dinamico il capitalismo potenziale: è il primo sistema economico nella storia umana nel quale l’appartenenza all’élite dipende dalla performance a livello economico. Come proprietario di un’impresa, se fallisci non sei più parte del club. Non c’è bisogno che qualcuno ti cacci via: farai semplicemente fallimento. Una caratteristica importante della disciplina del mercato — devi produrre beni di buona qualità a poco prezzo o fallisci — è che, laddove essa funziona correttamente, è automatica; avere un amico potente non garantisce di poter continuare l’attività. La stessa disciplina si applica alle imprese e agli individui nell’impresa: chi perde, perde veramente. La concorrenza di mercato fornisce un meccanismo per liberarsi di chi non è all’altezza. Pensiamo a quanto un sistema del genere sia diverso da altri sistemi economici. Il signore feudale che gestiva male la sua proprietà, per quanto potesse impoverirsi, era sempre un nobile. Il proprietario di un’impresa che non è in grado di produrre beni che la gente acquisti ad un prezzo tale da coprire i costi, fallisce, e un proprietario fallito è un ex proprietario. Naturalmente, se sono molto ricchi e hanno buoni rapporti politici, proprietari e manager di un’impresa capitalista possono sopravvivere, e le imprese restare sul mercato nonostante i cattivi risultati, a volte per lungo tempo o magari per generazioni. I perdenti a volte sopravvivono. Ma non c’è alcuna garanzia: stare al passo con la concorrenza richiede capacità di innovare in modo continuo. Condizioni politiche. Anche il ruolo dello stato è importante. Le politiche che adotta spesso determinano se la proprietà privata è sicura, se i mercati sono concorrenziali, se il primato di un’impresa è basato sul merito. E queste condizioni determinano se il bastone e la carota del processo concorrenziale funziona o no. Perché gli innovatori assumano il rischio di introdurre nuovi prodotti o processi produttivi, la loro capacità di appropriarsi dei risultanti profitti deve essere protetta (ad esempio dal furto) da un sistema legale ben funzionante. È lo stato che risolve le dispute sulla proprietà e garantisce il rispetto dei relativi diritti, condizione per il funzionamento del mercato. Ma, come sottolineato già da Adam Smith, creando posizioni di monopolio come la Compagnia delle Indie Orientali, lo stato può anche limitare la forza della concorrenza. Se una grande impresa può stabilire un monopolio escludendo tutti i suoi concorrenti o un gruppo di imprese riesce a colludere per tenere alti i prezzi, l’incentivo a innovare e la disciplina del rischio di fallimento saranno attenuati. Lo stesso vale, nelle economie moderne, quando certe banche o imprese sono considerate troppo grandi per fallire (too big to fail) e vengono salvate dal governo nei casi in cui sarebbero andate incontro al fallimento. Oltre a fornire un ambiente favorevole alle istituzioni del sistema economico capitalista, lo stato fornisce le infrastrutture fisiche, l’istruzione, la difesa nazionale, e altri beni e servizi essenziali. In sintesi, il capitalismo può essere un sistema economico dinamico, quando: Materiale protetto da Licenza Creative Common 4.0 28 Capitolo 1 – fornisce incentivi a innovare e ridurre i costi, tramite la concorrenza di mercato e la certezza dei diritti di proprietà; – seleziona alla guida delle imprese coloro che hanno dimostrato la propria capacità di produrre beni a basso costo; – le politiche pubbliche sostengono queste condizioni, e forniscono altri beni e servizi essenziali. Queste tre condizioni, insieme, determinano quella che abbiamo chiamato la rivoluzione capitalista che, prima in Inghilterra e poi in altre economie, ha trasformato il modo in cui le persone interagiscono tra loro e con la natura per produrre il necessario per vivere. 1.11 Varietà di capitalismi: la divergenza tra i ritardatari Non tutti i paesi capitalisti corrispondono alla storia di successo esemplificata nella figura 1.1a dall’Inghilterra o più tardi dal Giappone e dagli altri paesi che hanno raggiunto il medesimo livello di sviluppo economico. La figura 1.12 evidenzia le varie fortune di una selezione di paesi nel XX secolo. Mostra ad esempio come in Africa il successo del Botswana nell’ottenere una crescita sostenuta sia in forte contrasto con il relativo fallimento della Nigeria. Entrambi i paesi sono ricchi di risorse naturali (i diamanti in Botswana, il petrolio in Nigeria) e sono quindi le differenze nella qualità delle rispettive istituzioni — il livello di corruzione e il cattivo utilizzo delle risorse pubbliche, per esempio — che possono spiegare la differente traiettoria seguita. La migliore performance nella figura 1.12 è certamente quella della Corea del Sud. Il suo PIL pro capite era lo stesso della Nigeria nel 1950, ma nel 2013 risulta ben dieci volte superiore a quello del paese africano. Il decollo della Corea del Sud ha avuto luogo in presenza di istituzioni e politiche molto diverse da quelle prevalenti in Inghilterra nel XVIII e XIX secolo: la differenza principale è il ruolo svolto dello stato (insieme ad alcune grandi società private) nel dirigere il processo di sviluppo coreano, promuovendo direttamente la crescita di alcune industrie, spingendo le imprese a competere sui mercati esteri e anche fornendo istruzione di alta qualità alla forza lavoro del paese. Il termine inglese developmental state (stato orientato allo sviluppo) è stato applicato al caso coreano per indicare il ruolo di guida svolto dallo stato nel decollo economico di un paese, ed è ora utilizzato in tutti i casi analoghi di impegno pubblico nell’economia, come ad esempio il Giappone e la Cina. Nella figura 1.12 vediamo anche che nel 1928, quando l’Unione Sovietica adottò il suo primo piano quinquennale, il suo PIL pro capite era pari a un decimo di quello dell’Argentina, vicino a quello del Brasile e ben più alto di quello della Corea del Sud. La pianificazione centralizzata in Unione Sovietica produsse un crescita stabile, seppure non impressionante, per quasi 50 anni. Il PIL pro capite dell’Unione Sovietica staccò quello brasiliano di un ampio margine e, poco prima della fine del regime comunista nel 1990, superò addirittura quello dell’Argentina. Il confronto tra Germania Ovest ed Est analizzato in precedenza dimostra che una delle ragioni per cui la pianificazione centralizzata è stata abbandonata come sistema economico è stata la sua incapacità, nell’ultimo quarto del XX secolo, di assicurare gli stessi miglioramenti nel tenore di vita ottenuti da alcune economie capitaliste. Tuttavia, possiamo dire che nemmeno la varietà di capitalismo che ha rimpiazzato la pianificazione centralizzata nei paesi un tempo parte dell’Unione Sovietica ha ottenuto grandi risultati. Questo è evidente dalla notevole caduta del PIL pro capite per i paesi dell’ex Unione Sovietica dopo il 1990 riportata nella figura 1.12. Basato su The Economy by The CORE Project, Beta September 2015 (http://core-econ.org) La rivoluzione capitalista 29 25,000 COREA DEL SUD PIL pro capite 20,000 15,000 ARGENTINA FEDERAZIONE RUSSA EX UNIONE SOVIETICA BRASILE 10,000 BOTSWANA 5,000 NIGERIA 2013 2008 2003 1998 1993 1988 1983 1978 1973 1968 1963 1958 1953 1948 1943 1938 1933 1928 0 Fonte: Bolt, J. e van Zanden, J. J. 2013. “The First Update of the Maddison Project Re-Estimating Growth Before 1820.” Maddison-Project Working Paper WP-4, January. Figura 1.12. Divergenza del PIL pro capite tra i paesi in ritardo nella rivoluzione capitalista, 1928-2013 Il ritardo di alcune economie capitaliste, include quelle la cui crescita lenta e irregolare è illustrata dalla figura 1.12, evidenzia i seguenti problemi, riconducibili a quanto riportato nella colonna di destra della figura 1.11: – la proprietà privata può essere incerta, come conseguenza della scarsa capacità di garantire il rispetto della legge e dei contratti, o del rischio di espropriazione da parte di gruppi criminali o dello stesso governo; – i mercati possono essere poco competitivi, e offrire in modo inadeguato sia le carote che i bastoni che garantiscono il dinamiscmo dell’economia capitalista; – in parte come risultato di quanto ai punti precedenti, le imprese possono essere dirette da persone che occupano quella posizione più per le relazioni che hanno con il potere politico o per i propri privilegi di nascita che per la loro capacità di garantire la produzione di beni e servizi di alta qualità a prezzi concorrenziali. La debolezza di una o più tra queste tre istituzioni di base del capitalismo fa sì che gli individui e i gruppi possano trovare più proficuo impiegare il proprio tempo e le proprie risorse per ottenere protezioni politiche, per svolgere attività criminali o per sviluppare altri mezzi in grado di influenzare a proprio favore la distribuzione del reddito, che per creare ricchezza. 1.12 Varietà di capitalismi: lo stato e l’economia Abbiamo visto che in alcune economie — ad esempio la Corea del Sud — lo stato ha svolto un ruolo centrale nella rivoluzione capitalita. Ma anche laddove questo ruolo è stato più limitato, come in Inghilterra al tempo del suo decollo, il governo ha definito le norme e le regole che influenzano il modo in cui l’economia funziona, modificandole quando necessario e garantendone il rispetto. I mercati, la proprietà privata e le imprese, ad esempio, sono regolate da leggi e oggetto di politiche. Inoltre, praticamente in tutte le Materiale protetto da Licenza Creative Common 4.0 30 Capitolo 1 economie capitaliste moderne lo stato rappresenta una parte consistente dell’economia stessa. Nei capitoli che seguono, vedremo perché le politiche pubbliche in aree come il sostegno della concorrenza, la tutela dell’ambiente, la distribuzione del reddito, la creazione di ricchezza, il sostegno all’occupazione e il controllo dell’inflazione, abbiano una valida giustificazione in termini economici. Una delle ragioni per le quali il capitalismo si presenta in tante forme diverse è che, nel corso della storia come nel presente, le economie capitaliste hanno coesistito e coesistono con una varietà di sistemi politici. Un sistema politico determina il modo in cui si seleziona il governo, e il modo in cui i governi prendono e mettono in atto le decisioni che interessano la popolazione. La democrazia è un sistema politico definito da: – il riconoscimento di diritti individuali fondamentali tra cui la libertà di espressione, di stampa e di associazione; – libere elezioni in cui a tutti gli adulti sia riconosciuto il diritto di voto – . . . e tali che il perdente debba lasciare la propria carica. Il capitalismo ha preso piede in Inghilterra, nei Paesi Bassi, e nella maggior parte dei paesi ad alto reddito di oggi, ben prima della democrazia. In nessun paese vigeva il suffragio universale prima della fine del XIX secolo (il primo paese ad introdurlo fu la Nuova Zelanda nel 1893). Anche nel passato più recente, il capitalismo ha potuto convivere con regimi non democratici, come nel caso del Cile tra il 1973 e il 1990, in Brasile tra il 1964 e il 1985 e in Giappone prima del 1945. La Cina di oggi ha adottato una variante del sistema economico capitalista, ma il suo governo non è democratico secondo la nostra definizione. Nella maggior parte dei paesi, tuttavia, capitalismo e democrazia oggi coesistono, influenzandosi a vicenda. Come il capitalismo, anche la democrazia può assumere diverse forme. In alcuni casi il capo dello Stato è eletto direttamente; in altre è un’assemblea elettiva, come il parlamento, ad eleggerlo. In alcune democrazie vi sono limiti molto stretti al modo in cui gli individui possono influenzare le elezioni o la politica pubblica mediante i loro contributi finanziari; in altre i finanziamenti privati esercitano una grande influenza attraverso i contributi erogati nelle campagne elettorali, le pressioni politiche, e persino attività illecite come la corruzione. Queste differenze tra i sistemi democratici spiegano in parte perché il peso dello stato nelle economie capitaliste possa essere così diverso tra un paese e l’altro. Nella figura 1.13 mostriamo un possibile indicatore della dimensione dello stato rispetto all’economia: l’ammontare totale delle entrate fiscali (sia a livello centrale che di enti locali) in rapporto al PIL. Anche considerando economie che presentano livelli molto simili di PIL pro capite, tale indicatore può variare in modo significativo: negli Stati Uniti è pari circa a un terzo del PIL, in sei paesi ricchi del Nord Europa, supera la metà del PIL. Osserviamo che con riferimento a questa grandezza, lo Corea del Sud appare molto simile agli Stati Uniti. Le entrate fiscali sono piuttosto basse anche in Giappone, benché il governo coreano e quello giapponese abbiano un ruolo di direzione dell’economia ben più importante di quello del governo americano, e paragonabile al ruolo svolto dallo stato in paesi come la Svezia e la Danimarca, dove entrate e spesa pubblica sono ben più alte in rapporto al PIL. La grande differenza tra Corea del Sud e Giappone da una parte e Svezia e Danimarca dall’altra, è nella misura delle politiche pubbliche finalizzate alla riduzione delle diseguaglianze nel reddito disponibile. Nel prossimo paragrafo vedremo Basato su The Economy by The CORE Project, Beta September 2015 (http://core-econ.org) La rivoluzione capitalista 31 60 40 30 20 Belgio Svezia Francia Finlandia Danimarca Norvegia Austria Germania Grecia Ungheria Italia Russia Paesi Bassi Israele Spagna Canada Regno Unito Polonia Colombia 0 Corea del Sud Australia Irlanda 10 Messico USA Giappone Entrate pubbliche complessive in percentuale del PIL (2012) 50 Fonte: OECD. 2015. General government revenue indicators Figura 1.13. La dimensione dell’intervento pubblico misurata dalle entrate fiscali in rapporto al PIL (2012) che in Svezia e Danimarca la diseguaglianza del reddito disponibile (misurata con uno degli indici più utilizzati) è la metà della diseguaglianza di reddito misurata prima del pagamento delle imposte e dell’erogazione dei trasferimenti pubblici. In Giappone e in Corea del Sud, le imposte e i trasferimenti pubblici riducono la diseguaglianza del reddito disponibile in misura molto inferiore. 1.13 Misurare la diseguaglianza economica L’indicatore di diseguaglianza cui abbiamo fatto riferimento nel paragrafo precedente parlando di Giappone, Corea del Sud, Svezia e Danimarca è detto coefficiente di Gini (dal nome dello statistico italiano Corrado Gini, 1884-1965). Esso misura la concentrazione del reddito, o di qualsiasi altra caratteristica, in una popolazione data. Se tutti gli individui nella popolazione avessero lo stesso reddito, e non vi fosse quindi alcuna diseguaglianza, il coefficiente di Gini avrebbe valore zero. La massima diseguaglianza, con valore uno, si avrebbe se tutto il reddito fosse concentrato nelle mani di un solo individuo. Quando abbiamo rilevato che imposte e trasferimenti pubblici in Svezia modificano la distribuzione del reddito dimezzando il grado di diseguaglianza, ci riferivamo al fatto che il coefficiente di Gini della Svezia prima di imposte e trasferimenti (il livello per i Paesi Bassi è mostrato nella figura 1.14a) è 0,47, mentre lo stesso coefficiente riferito al reddito disponibile è 0,24. Come il PIL pro capite, il coefficiente di Gini misura un aspetto importante dell’economia e, come il PIL pro capite, è opportuno capire che cosa esso misuri di preciso. Il coefficiente di Gini si basa su una costruzione statistica chiamata curva di Lorenz, introdotta nel 1905 dall’economista americano Max Lorenz (1876-1959) quando ancora era uno studente. Cominciamo quindi spiegando come calcolare il coefficiente di Gini partendo da tale curva. La curva di Lorenz mostra l’intera popolazione ordinata sull’asse orizzontale dall’inMateriale protetto da Licenza Creative Common 4.0 32 Capitolo 1 100 Gini = 90 A (A+B) Quota cumulata del reddito (%) Quota cumulata del reddito (%) 100 80 70 Linea di perfetta eguaglianza 60 50 A 40 30 B 20 Reddito di mercato 10 Gini = 90 A' A'+ B' Reddito disponibile 80 70 Linea di perfetta eguaglianza 60 50 40 A' 30 B' 20 Reddito di mercato 10 0 0 0 10 20 30 40 50 60 70 80 90 100 0 Quota cumulata della popolazione dal reddito più basso al più alto (%) (a) La distribuzione del reddito di mercato bau 10 20 30 40 50 60 70 80 90 100 Quota cumulata della popolazione dal reddito pià basso al più alto (%) (b) La distribuzione del reddito di mercato e del reddito disponibile a confronto Quota cumulata del reddito (%) 100 Reddito disponibile Paesi Bassi Reddito disponibile USA 90 80 70 60 Linea di perfetta eguaglianza 50 40 30 20 10 0 0 10 20 30 40 50 60 70 80 90 100 Quota cumulata della popolazione dal reddito più basso al più alto (%) (c) La distribuzione del reddito disponibile: un confronto con gli USA Fonte: LIS. 2015. “Cross National Data Center”. Calcoli effettuati da Stefan Thewisse (University of Oxford) nell’aprile 2015. Il reddito di mercato (da lavoro e di capitale) e il reddito disponibile delle famiglie sono considerati in termini equivalenti. I dati per gli Stati Uniti si riferiscono al 2013 Figura 1.14. La curva di Lorenz e l’indice di Gini dei Paesi Bassi, 2010 dividuo più povero a quello più ricco. L’altezza della curva in corrispondenza di ciascun punto sull’asse orizzontale indica la frazione del reddito totale ricevuta dalla frazione di popolazione indicata da tale punto. La figura 1.14a mostra la curva di Lorenz relativa ai Paesi Bassi nel 2010; si basa sui dati del reddito di mercato, e quindi non tiene conto di imposte e trasferimenti pubblici (vedremo tra un attimo cosa questo comporta). La curva indica che il 10% più povero Basato su The Economy by The CORE Project, Beta September 2015 (http://core-econ.org) La rivoluzione capitalista 33 Diseguaglianza del reddito nei Paesi Bassi Osserviamo che nella figura 1.14 la curva di Lorenz si presenta come un arco con la convessità rivolta verso il basso rispetto alla retta a 45°. Questo perché c’è diseguaglianza tra gli olandesi: se tutti avessero lo stesso reddito la curva di Lorenz coinciderebbe con la retta a 45°, visto che lungo tale retta il 10% più povero avrebbe il 10% del reddito, e così via. L’area ombreggiata indicata con la lettera A è tanto maggiore quanto più la convessità della curva di Lorenz è pronunciata, e ciò misura la dimensione della diseguaglianza in Olanda. Confrontiamo ora la cuvra di Lorenz relativa al reddito disponibile con quella relativa al reddito di mercato. La nuova area ombreggiata A0 compresa tra la curva del reddito disponibile e la retta di perfetta eguaglianza è molto più piccola: questo perché imposte e trasferimenti pubblici hanno ridotto la diseguaglianza. della popolazione (il punto corrispondente al valore 10 sull’asse orizzontale) riceve solo lo 0,1% del reddito totale (0,1 sull’asse verticale). Gli altri punti sulla curva ci danno informazioni analoghe. Quando studiamo popolazioni molto grandi, come quella di uno stato o una città, il coefficiente di Gini è pari all’area compresa tra la linea di perfetta eguaglianza e la curva di Lorenz (indicata con la lettera A nella figura 1.14a) divisa per l’area totale al di sotto della linea di perfetta eguaglianza (A + B). Il coefficiente di Gini fu proposto dallo statistico italiano solo sette anni dopo la definizione della curva da parte di Lorenz. Quindi A Gini = . A+B Dai dati utilizzati per costruire la curva di Lorenz possiamo calcolare che il coefficiente di Gini del reddito di mercato per i Paesi Bassi nel 2010, che risulta pari a 0,47. Come possiamo vedere dalla curva di Lorenz relativa al reddito disponibile (figura 1.14b), la nuova area A0, ombreggiata in azzurro, risulta molto più ridotta, e il nuovo valore del coefficiente di Gini è più basso: A0 Gini = 0 = 0, 25. A + B0 Nei Paesi Bassi, come in Svezia e in Danimarca, imposte e trasferimenti pubblici riducono in modo sostanziale le disparità nel reddito disponibile. Come per il PIL pro capite, possiamo usare la curva di Lorenz e il coefficiente di Gini per effettuare confronti tra paesi. Per esempio, la figura 1.14c mostra la curva di Lorenz relativa al reddito disponibile degli USA. Confrontando questa curva con quella dei Paesi Bassi, vediamo che negli Stati Uniti la diseguaglianza risulta molto maggiore: usando ancora una volta la formula dell’indice di Gini, troviamo che il suo valore per il reddito disponibile degli USA è 0,39. Abbiamo illustrato solo due tra le possibili misure di diseguaglianza. Altre misure possono prendere in considerazione il reddito ricevuto dall’1% più ricco della popolazione, o il rapporto tra il reddito del 10% più ricco e il 10% più povero della popolazione. 1.14 Varietà di capitalismi: la diseguaglianza economica Al pari del PIL pro capite, il coefficiente di Gini (o altre misure di diseguaglianza) possono essere utilizzate per evidenziare l’evoluzione temporale dell’economia di un certo paese. Materiale protetto da Licenza Creative Common 4.0 34 Capitolo 1 0.65 0.60 Indice di Gini 0.55 GRAN BRETAGNA USA 0.50 0.45 PAESI BASSI 0.40 0.35 2010 1990 1970 1950 1930 1910 1890 1870 1850 1830 1810 1790 1770 1750 1730 0.30 Fonte: Lindert, P. e Williamson, J. 2013. “Two centuries of American growth and inequality, 1650-1860”, Stanford University Economics Department. Il grafico illustra la diseguaglianza nel reddito di mercato, non quella nel reddito disponibile, per la quale i dati sono disponibili sono per gli anni più recenti. Pertanto, gli effetti di imposte e trasferimenti, la cui importanza prima del 1950 era comunque limitata, non sono inclusi. Figura 1.15. La disuguaglianza del reddito negli Stati Uniti, Gran Bretagna e Paesi Bassi, 1730-2010 La figura 1.15 mostra coefficienti di Gini per il reddito a partire dal XVII secolo negli Stati Uniti, in Gran Bretagna e nei Paesi Bassi. Mentre nei Paesi Bassi assistiamo ad un declino nella diseguaglianza dal XVIII ad oggi, in Gran Bretagna la diseguaglianza, dopo un iniziale periodo di crescita alla fine del XVIII secolo, e una successiva riduzione fino agli ultimi decenni del XX secolo, ha ripreso a crescere di nuovo. Negli Stati Uniti, dopo un andamento crescente dalla dichiarazione di indipendenza nel 1776 fino alla guerra civile nel 1861, ha visto un progressivo declino nel secolo successivo, seguito da un aumento nei decenni a noi più vicini. La diseguaglianza del reddito negli Stati Uniti, misurata dall’indice di GIni, è ora un po’ più alta di quanto fosse ai tempi dello schiavismo, alla vigilia della guerra civile. Un forte aumento della diseguaglianza come quello registrato in Gran Bretagna e negli Stati Uniti negli anni più recenti ha avuto luogo in alcune tra le principali economie, come India e Cina, ma non in altre. La figura 1.15 (e il confronto tra Stati Uniti e Paesi Bassi nel paragrafo precedente) evidenziano due punti importanti sul rapporto tra capitalismo e diseguaglianza: – il livello di diseguaglianza cambia nel tempo, rendendo un’economia capitalista più o meno diseguale; – in uno stesso momento, il grado di diseguaglianza nel reddito disponibile può essere molto diverso in diverse economie capitaliste, alcune delle quali sono molto più diseguali di altre. La ragione principale di queste differenze nella diseguaglianza del reddito disponibile di diversi paesi è l’azione del governo che tassa gli individui e le famiglie più ricche e utilizza il gettito a vantaggio degli individui e le famiglie più povere. La figura 1.16 illustra la diseguaglianza nel reddito di mercato e nel reddito disponibile misurate con il coefficiente di Gini. La parte rossa di ciascuna barra rappresenta il coefficiente di Gini per il reddito disponibile, l’altezza complessiva di ciascun barra ci dà il coefficiente Basato su The Economy by The CORE Project, Beta September 2015 (http://core-econ.org) La rivoluzione capitalista 35 0.8 Coefficiente di Gini (vari anni, 1992-2013) 0.7 Gini reddito di mercato Gini reddito disponibile 0.6 0.5 0.4 0.3 0.2 0.1 Svezia Norvegia Islanda Danimarca Slovenia Paesi Bassi Finlandia Austria Belgio Germania Francia Svizzera Ungheria Irlanda Giappone Polonia Corea del Sud Canada Taiwan Grecia Italia Spagna Australia Regno Unito Russia Israele USA Messico Uruguay Brasile Egitto Colombia Guatemala India Cina Peru Sud Africa 0 Figure 1.16 Income inequality in market and disposable income across the world. Fonte: LIS. 2015. “Cross National Data Center”. Accesso ai dati nelg giugno 2015. Stime effettuate da Stefan Thewissen (Univ. Oxford) nell’aprile 2015. Il reddito di mercato (lavoro e capitale) e il reddito disponibile delle famiglia sono considerati in termini equivalenti. Figura 1.16. La disuguaglianza nel reddito di mercato e nel reddito disponibile nel mondo di Gini per il reddito di mercato. I paesi sono ordinati da sinistra a destra dal meno al più diseguale in termini di reddito disponibile (il riferimento preferito quando vogliamo misurare la diseguaglianza del tenore di vita). Notiamo che: – le differenze tra paesi nel livello di diseguaglianza del reddito disponibile (parte rossa di ciascuna barra) sono molto meno pronunciate di quelle nel livello di diseguaglianza del reddito prima di imposte e trasferimenti pubblici (altezza complessiva di ciascuna barra); – Stati Uniti e Regno Unito sono tra i paesi a più alta diseguaglianza tra le economie ad alto reddito; – i pochi paesi a reddito medio o basso per i quali i dati sono disponibili presentano un livello di diseguaglianza ancora più elevato degli Stati Uniti; con l’eccezione del Sud Africa, questo è il risultato soprattutto della limitata azione redistributiva dello stato, non l’effetto di un’alta diseguaglianza nel reddito di mercato. La figura 1.17 mostra infine, per gli stessi paesi della figura 1.16, una misura dell’azione redistributiva attraverso imposte e trasferimenti pubblici. Il rapporto di redistribuzione rappresentato nel grafico è dato dalla differenza tra la porzione blu di ciascuna barra nella figura 1.16 divisa per la lunghezza totale della barra stessa (somma tra porzione rossa e porzione blu). DISCUSSIONE 1.8. Il rapporto di redistribuzione Dalla figura 1.17 selezionate due paesi che hanno rapporti di redistribuzione marcatamente diversi. Spiegate la ragione di questa differenza facendo riferimento a fattori politici, storici ed economici riferiti ai due paesi. Materiale protetto da Licenza Creative Common 4.0 36 Capitolo 1 0.6 0.4 0.3 0.2 0.1 0 Ungheria Svezia Irlanda Danimarca Finlandia Norvegia Paesi Bassi Germania Francia Austria Belgio Regno Unito Slovenia Islanda Grecia Polonia Canada Spagna Italia Australia Russia Svizzera Israele USA Giappone Uruguay Brasile Sud Africa Corea del Sud Taiwan Messico Guatemala Egitto Colombia Peru Cina India Rapporto di redistribuzione (vari anni, 1992-2013) 0.5 Fonte: LIS. 2015. “Cross National Data Center”. Stime effettuate da Stefan Thewissen (Univ. Oxford) nell’aprile 2015. Il reddito di mercato (lavoro e capitale) e il reddito disponibile delle famiglia sono considerati in termini equivalenti. Figura 1.17. La disuguaglianza nel reddito di mercato e nel reddito disponibile nel mondo 1.15 La scienza economica e l’economia La scienza economica è lo studio di come le persone interagiscono l’una con l’altra e con l’ambiente naturale che le circonda per produrre ciò di cui necessitano, e di come tale interazione cambi nel tempo. Dunque essa riguarda: – come acquistiamo le cose — i cibo, il vestiario, un tetto, il tempo libero — che fanno parte della nostra vita quotidiana e, nel far questo, – come interagiamo tra noi in qualità di venditori e compratori, dipendenti e datori di lavoro, cittadini e funzionari pubblici, genitori, figli e altri membri della famiglia; – come interagiamo con il nostro ambiente naturale, svolgendo attività che vanno dal respirare all’estrarre materie prima dalla terra; – come tutte queste attività cambiano nel tempo. Nella figura 1.8 abbiamo mostriamo che l’economia è parte della società, che a sua volta è parte della biosfera. Nella figura 1.18 mostriamo la posizione di famiglie e imprese nell’economia, e i flussi che intercorrono tra di esse nella sfera economica e tra la sfera economica e la biosfera. Le imprese utilizzano lavoro insieme a impianti e macchinari per produrre beni e servizi che sono utilizzati dalle famiglie e da altre imprese. La produzione di beni e servizi ha luogo anche all’interno delle famiglie, anche se molto spesso, a differenza delle imprese, le famiglie non vendono ciò che producono sul mercato. Oltre a produrre beni e servizi, le famiglie “producono” persone: la prossima generazione di lavoratori. Il lavoro dei genitori, di chi presta lavori di cura, e di altri componenti o collaboratori familiari, utilizzando strutture ed attrezzature (ad esempio: il forno di casa) riproduce e fa crescere la forza lavoro per le imprese — nonché i componenti delle famiglie — di domani. Tutto ciò avviene all’interno di un sistema fisico e biologico nel quale sia le imprese che le famiglie utilizzano l’ambiente e le risorse naturali, a partire dall’energia generata coi combustibili fossili fino all’aria che tutti respiriamo. Nell’ambito di questo processo, Basato su The Economy by The CORE Project, Beta September 2015 (http://core-econ.org) La rivoluzione capitalista 37 BIOSFERA macchinari, impianti scarti inquinamento servizi di cura beni e servizi IMPRESE FAMIGLIE forza lavoro scarti inquinamento terra, materie prime, energia, acqua. . . Figura 1.18. Un modello di economia: imprese e famiglie famiglie e imprese trasformano la natura utilizzando le sue risorse, ma anche fornendole nuovi “input”. Al momento, alcuni tra i più importanti di questi input sono i gas serra, che contribuiscono al cambiamento climatico di cui abbiamo parlato nel paragrafo 1.6. DISCUSSIONE 1.9. Dove e quando avreste voluto nascere? Supponete di poter scegliere in quale periodo e in quale paese nascere, tra quelli presenti nelle figure 1.1a, 1.10 e 1.12, sapendo però che apparterrete al 10% più povero della popolazione. 1. In quale paese scegliereste di nascere? 2. Supponete invece che, pur appartenendo al 10% più povero della popolazione, lavorando sodo avete la possibilità di muovervi nel 10% più ricco. Cambiereste la vostra scelta? 3. Supponete infine di poter decidere il paese e il periodo della vostra nascita senza essere sicuro se nascerete in città o in campagna, maschio o femmina, ricco o povero. Quale periodo e paese scegliereste in questo caso? 4. Nello scenario 3, in quale paese e periodo evitereste di nascere? Spiegate la vostra scelta utilizzando ciò che avete appreso in questo capitolo. 1.16 Conclusioni Il capitalismo è il sistema economico più dinamico che il mondo abbia mai conosciuto. Fino ad ora, ciò ha comportato per lo più effetti positivi: molte economice capitaliste hanno portato ad un aumento sostanziale e sostenuto nell’accesso ai beni materiali e nel tempo libero dei cittadini. D’altra parte, a dispetto della rivoluzione tecnologica permanente, deprivazione materiale e insicurezza persistono, e sono in molti a considerare ingiuste le diseguaglianze economiche. Mentre da un lato il dinamismo del capitalismo ha il potenziale per creare tecnologie in grado di ridurre l’inquinamento, dall’altro l’innovazione non regolata da adeguate politiche ambientali minaccia l’ambiente naturale da cui dipende la vita. Materiale protetto da Licenza Creative Common 4.0 Concetti chiave del capitolo 1 – – – – – – – – – – – Scienza economica Rivoluzione industriale Tecnica Sistema economico Capitalismo Istituzioni Proprietà privata Mercati Imprese Rivoluzione capitalista Democrazia 38 Capitolo 1 I PUNTI FONDAMENTALI DEI CAPITOLO 1 1. Il PIL (Prodotto Interno Lordo) è una misura del reddito di un paese. Il PIL pro capite è il PIL diviso per la popolazione, ed è comunemente usato per misurare il tenore di vita. 2. Per lunga parte della storia il PIL pro capite è rimasto grosso modo lo stesso nel mondo, ed è cambiato poco da un secolo all’altro. A partire dal XVIII secolo è cresciuto rapidamente in alcuni paesi, a cominciare dall’Inghilterra, assumendo un profilo a forma di bastone da hockey. 3. A partire dal XVIII secolo ha inizio la rivoluzione tecnologia permanente, che si accompagna ad un aumento della popolazione, ad un crescente impatto sull’ambiente e alla crescita delle differenze di reddito tra paesi. 4. Il capitalismo è un sistema economico nel quale la proprietà privata, i mercati, e le imprese svolgono un ruolo centrale. 5. Insieme con la rivoluzione tecnologica permanente, il capitalismo ha rivoluzionato il modo in cui le persone interagiscono tra loro e con la natura per produrre ciò di cui necessitano. 6. La diseguaglianza in una collettività è misurata dalla curva di Lorenz e dal coefficiente di Gini. 7. Le economie capitaliste differiscono in misura significativa tra loro, e nel tempo, nella forma di governo e nelle politiche adottate, nel grado di diseguaglianza, e nell’entità dei miglioramenti nel tenore di vita. Basato su The Economy by The CORE Project, Beta September 2015 (http://core-econ.org)