inchiesta
Quei paradisi
senza santi (né tasse)
Enrico Casale
R
iciclaggio di denaro «sporco»,
evasione ed elusione fiscale,
ma anche mercati dai quali ottenere denaro a bassi costi: i
paradisi fiscali sono anomalie nel
sistema economico e finanziario internazionale. Anomalie nelle quali
investimenti finanziari si mescolano
a operazioni illecite. E contro le quali
Stati e organizzazioni internazionali
lottano, ma con armi spuntate. A
Ranieri Razzante, docente di Economia degli intermediari finanziari
nell’Università di Firenze e presidente
dell’Associazione italiana dei responsabili antiriciclaggio, abbiamo chiesto
di spiegarci come funziona il sistema
complesso dei paradisi fiscali.
«Per comprendere il sistema dei para16 Popoli ottobre 2011
La crisi economica ha rivitalizzato i paradisi fiscali,
cassaforti sicure per capitali in fuga. Alcuni di
questi centri offshore si trovano in Paesi del Sud
del mondo. Ma l’afflusso di capitali non tassati
sottrae, ogni anno, alle popolazioni locali almeno
125 miliardi di euro di entrate fiscali. Molto più
di quanto ricevono in aiuti umanitari
disi fiscali vanno innanzitutto distinti venzione con lo Stato italiano per
i paradisi fiscali da quelli normativi. lo scambio di informazioni (fiscali,
Un paradiso fiscale è un Paese in cui penali, ecc.). In base a questi accordi
vige un regime fiscale privilegiato (si Agenzia delle entrate o Guardia di
pagano imposte in misura minore ri- finanza possono chiedere al centro
spetto a quelle pagate in
offshore informazioni
patria) o non si pagano le Nei «paradisi»
sugli investimenti efimposte del tutto. A loro investono
fettuati da contribuenti
volta i paradisi fiscali si gli evasori
italiani che si presume
distinguono in relativi fiscali, ma anche
abbiano commesso ree assoluti. Un paradiso le organizzazioni
ati o abbiano evaso il
fisco in Italia. I paradirelativo è un Paese che criminali e quelle
ha sottoscritto una con- terroristiche.
si assoluti sono quelli
Nei centri
offshore vige
un’unica regola:
«pecunia non olet»
cammini di giustizia
Un atollo delle Tuvalu, centro offshore
nell’Oceano Pacifico. Sotto, manifestazione
a Guernsey, paradiso fiscale nella Manica.
con i quali il nostro Paese non ha
sottoscritto alcuna convenzione. San
Marino, ad esempio, è un paradiso
fiscale assoluto perché, pur avendo
un proprio sistema impositivo, non
scambia alcuna informazione fiscale
e finanziaria con altri Stati».
il riciclaggio e il finanziamento del
terrorismo. Chiunque arriva e porta
soldi è bene accetto.
Chi investe nei paradisi normativi?
Investono imprenditori che non vogliono pagare le imposte nei loro
Paesi, ma anche le organizzazioni
criminali e quelle terUn contribuente italiano
roristiche. Chi porta depuò operare in un para- Nei paradisi
naro, per esempio, nelle
diso fiscale relativo?
normativi
Isole Cook o a Nauru
Sì, è possibile, ma deve le regole sulla
(entrambe nell’Oceano
dichiarare nella denun- tassazione e sul
Pacifico) o, ancora, nelle
cia dei redditi di aver riciclaggio non
Isole della Manica sa che
investito in quel Paese. puniscono la
non verranno fornite inSe il contribuente non lo provenienza
dichiara, Agenzia delle illecita del denaro. formazioni ai Paesi di
origine nel campo del
entrate e Guardia di fi- Chiunque arriva
riciclaggio, dei reati finanza presumono che il e porta denaro
nanziari e del finanziacontribuente abbia por- è bene accetto
mento del terrorismo. Lì
tato denaro in quel Paese
vale solo la regola «peper evadere il fisco itacunia non olet»: è sufliano. Spetta poi al contribuente dimostrare il contrario in ficiente che arrivino i soldi, da dove
arrivino non ha importanza. In quei
sede giudiziaria.
Paesi, anche un minorenne può coChe cosa sono invece i paradisi nor- stituire una società o aprire un conto
in banca.
mativi?
I paradisi normativi sono quei Paesi
in cui non solo non esiste un sistema Perché alcuni istituti bancari italiani
fiscale (quindi non c’è tassazione), hanno aperto agenzie e uffici di rapma non ci sono neppure controlli su presentanza nei paradisi fiscali?
provenienza e utilizzo dei capitali Gli istituti bancari italiani aprono
investiti. In sostanza le regole relative propri uffici nei paradisi fiscali in
alla finanza (da quelle sulla tassazio- primo luogo per portare all’estero il
ne fino a quelle sul riciclaggio) non denaro degli investitori italiani. Le
puniscono la provenienza illecita del nostre banche però sfruttano questi
denaro. Non solo non esistono norme uffici anche per «rastrellare» liquidinazionali, ma non vengono applicate tà, dove questa è più abbondante e
neanche quelle internazionali contro a basso costo, per portarla in Italia e
prestarla agli imprenditori italiani.
Quali contromisure possono essere
prese per combattere le degenerazioni
dei paradisi fiscali?
Attualmente la via del «dialogo» con
i paradisi fiscali sta funzionando.
Le intese che sono state sottoscritte
con molti di essi hanno contenuto
sia l’esportazione di capitali sia il
riciclaggio. Sta funzionando anche il
sistema delle black list: l’imprenditore
di un paradiso fiscale in black list non
può investire nell’Unione europea e
quelli italiani che investono là sono
svantaggiati (non possono detrarre
i costi). Questi due strumenti sono
le uniche armi delle quali, per il
momento, possono disporre i Paesi
occidentali.
Per uno Stato qual è il vantaggio di essere paradiso fiscale? E quali ricadute
positive possono
esserci per la poUn paradiso
polazione?
fiscale
Il principale van­­
attrae capitali
taggio è attrarre
che potrebbero
capitali. Un regiaiutare
me fiscale privil’economia locale.
legiato favorisce
Nei fatti non
l’afflusso di deè così, perché
positi e investile ricchezze
menti stranieri.
prendono
Ciò aumenta la
altre strade
ricchezza, facendo crescere il Prodotto interno lordo,
soprattutto in quei Paesi (come quelli
del Sud del mondo) in cui industria
e agricoltura non sono così forti da
incidere in modo significativo sulle
economie locali. Questo afflusso di
capitali, in teoria, dovrebbe essere un
vantaggio per l’economia. Gli imprenditori, per esempio, potrebbero avere
a disposizione capitali a bassi costi.
Nei fatti non è così, perché quelle ricchezze prendono altre strade. Spesso,
se si tratta di Paesi in via di sviluppo,
sono i governanti corrotti e i signori
della guerra a prendere quei fondi
sotto forma di falsi prestiti. Quindi,
l’economia locale non ne ha alcun
beneficio.
ottobre 2011 Popoli 17
inchiesta
V
era Mshana è una ricercatrice di Tax Justice Africa
(www.taxjusticeafrica.net),
una Ong che promuove un sistema
di tassazione equo e progressivo nel
continente africano.
Le abbiamo chiesto di fare il punto
sulla presenza dei paradisi fiscali in
Africa e su quali iniziative stia organizzando la società civile per chiedere maggiore trasparenza fiscale.
Quanti paradisi
fiscali ci sono
in Africa?
Il Fondo monetario internazionale ha riconosciuto come
centri finanziari offshore:
Mauritius,
Sey­chelles, Liberia, Gibuti e
Tangeri (Marocco). Le Comore (l’isola di Anjouan), Botswana e Somalia possono
essere anch’essi considerati paradisi
fiscali. Il Ghana stava per adottare
un regime fiscale privilegiato, ma
poi ha rinunciato.
E l’Africa
inizia a mobilitarsi
«La tassazione
è vista come una
misura imposta
dall’esterno, prima
dai colonizzatori,
poi dai Programmi
di aggiustamento.
Solo recentemente
c’è maggiore
attenzione
su questi temi»
Una nave battente bandiera liberiana.
In Liberia è in vigore un regime fiscale
vantaggioso per mercantili e navi passeggeri.
LA BLACK LIST ITALIANA
E
sistono diverse liste di paradisi fiscali elaborate da
organizzazioni internazionali (per esempio dal Fondo
monetario internazionale o dall’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo in Europa) e dai singoli Stati. Ogni
lista viene redatta secondo criteri diversi e quindi tali liste
differiscono una dall’altra. Qui di seguito pubblichiamo la
black list stilata dal ministero dell’Economia italiano e
pubblicata nel decreto ministeriale del 27 luglio 2010.
Andorra, Anguilla, Antigua e Barbuda, Antille Olandesi, Aruba, Bahamas, Bahrein, Barbados, Belize, Bermuda, Brunei,
Cipro (inserito nella white list dal Dm 2.717/2010), Costa
Rica, Dominica, Emirati Arabi Uniti, Ecuador, Filippine, Gibilterra, Gibuti, Grenada, Hong Kong, Isola di Man, Isole
Cayman, Isole Cook, Isole della Manica (Alderney, Guernsey,
Jersey, Sark), Isole Marshall, Isole Vergini Britanniche, Libano, Liberia, Liechtenstein, Macao, Malaysia, Maldive, Malta (inserito nella white list
dal Dm 2.717/2010), Mauritius, Monserrat, Nauru, Niue, Oman, Panama, Polinesia
Francese, Monaco, San Marino, Seychelles, Singapore, Saint Kitts e Nevis, Saint Lucia,
Saint Vincent e Grenadine, Svizzera, Samoa, Taiwan, Tonga, Turks e Caicos, Tuvalu,
Uruguay, Vanuatu.
18 Popoli ottobre 2011
Quali sono i vantaggi fiscali garantiti agli investitori?
Questi centri offrono molti servizi: bancari e assicurativi, gestioni
patrimoniali, fondi fiduciari, pianificazione fiscale e consulenza alle
società multinazionali.
Ciò che rende conveniente investire
in questi centri è che questi servizi
sono forniti in un sistema di ampie
esenzioni fiscali (nessuna imposta
sul capital gain, nessun tributo sui
dividendi o sugli interessi, né sugli
utili) e una normativa poco severa
in materia di contabilità.
Va detto inoltre che questi paradisi
fiscali offrono l’anonimato finanziario ai clienti, nascondendo di
fatto i reali protagonisti (azionisti
o proprietari) delle attività commerciali.
Sotto, un cartello di benvenuto
plurilingue accoglie i clienti di una banca
del centro offshore di Guernsey.
Ciò permette a questi clienti di nascondere i loro redditi e ridurre il
carico fiscale nel Paese nel quale
vivono o nei Paesi dove il reddito è
prodotto.
la fasce più deboli della popolazione.
2) Viene creata poca occupazione,
considerato che molti posti di lavoro riguardano l’industria dei servizi
finanziari e che questi posti sono
Chi investe nei paradisi fiscali?
Investono gli istituti bancari europei
e nordamericani, ma anche persone
molto ricche e, in generale, le multinazionali, come per esempio la SabMiller (il secondo produttore mondiale
di birra) o la banca Barclays, che era
fortemente coinvolta nella creazione
del centro finanziario in Ghana.
occupati quasi tutti da stranieri. 3) Si
creano grandi divari di reddito nella
popolazione. 4) L’economia locale è
poco o per nulla differenziata.
La società civile come sta combattendo il fenomeno dei paradisi fiscali?
I paradisi fiscali vanno combattuti
sotto due aspetti: per l’impatto che
essi hanno sulle economie delle altre
Quali effetti producono le legislazio- nazioni (considerato che possono
ni fiscali agevolate sulle economie essere utilizzati per il riciclaggio
dei paradisi fiscali?
di denaro sporco e per l’evasione
I paradisi fiscali produfiscale) e per l’impatto
cono effetti negativi, in «Nei paradisi
che hanno sulle econoparticolare: 1) I sistemi fiscali africani
mie locali. L’attenzione
fiscali locali tendono a investono gli
mondiale e le campagne
fare leva unicamente o istituti bancari
internazionali hanno
prevalentemente sull’im- europei e
prodotto effetti positivi
posizione indiretta, che nordamericani,
sotto il primo aspetto,
colpisce maggiormente ma anche
meno sotto il secondo,
persone molto
ricche e,
in generale,
le multinazionali»
che credo sia il più problematico.
Come Tax Justice Network notiamo
che in Africa il dibattito sulla politica
fiscale e sulla riforma fiscale è stato
in gran parte rimosso. La tassazione
è vista come una misura imposta
dall’esterno, prima dai colonizzatori,
poi dai Programmi di aggiustamento
strutturale. Solo recentemente si è
registrata una maggiore attenzione
su questi temi, favorita dalla volontà di controllare la spesa pubblica.
Anche se la tassazione è considerata
sempre una questione tecnica, estranea al dibattito pubblico.
La nostra organizzazione è molto
coinvolta sul tema dei paradisi fiscali e partecipiamo alla campagna
mondiale che chiede la loro fine e
profonde riforme della politica fiscale. In particolare, noi chiediamo
una riforma della contabilità. Auspichiamo che venga adottato il sistema chiamato «Paese per Paese», che
impone alle multinazionali di stilare,
oltre ai bilanci consolidati, anche
rendiconti delle attività economiche
svolte nelle singole nazioni e di
«Auspichiamo che
esplicitare i novenga adottato
mi delle società
il sistema
ad esse collegate
chiamato “Paese
in quelle stesse
per Paese”,
nazioni. La seche impone alle
conda riforma
multinazionali a
che chiediamo è
stilare rendiconti
la creazione di
delle attività
una piattaforsvolte nelle
ma, gestita dalle
singole nazioni»
Nazioni Unite,
che permetta lo scambio automatico
di informazioni fiscali e finanziarie.
Questa piattaforma dovrebbe permettere alle Agenzie delle entrate di
ogni Paese di ottenere le informazioni
necessarie a smascherare possibili
elusioni (o evasioni) dei contribuenti.
La nostra organizzazione sta poi facendo pressioni sul governo sudafricano affinché metta all’ordine del giorno
dell’incontro del G20, che si terrà il 3
novembre a Cannes (Francia), il tema
dell’elusione e dell’evasione fiscale.
ottobre 2011 Popoli 19
inchiesta
Benedetto XVI:
«Soldi sottratti ai poveri»
Jean Merckaert *
Parigi
L’
esistenza di luoghi dove si
svolgono attività finanziarie non trasparenti e incontrollate, che permettono a persone
e imprese di nascondere i propri
introiti, priva i Paesi più poveri di almeno 125 miliardi di euro di entrate
all’anno. A tanto ammonta l’evasione fiscale delle multinazionali che
colpisce i bilanci dei Paesi del Sud
del mondo e corrisponde quasi a una
volta e mezza l’ammontare complessivo dell’aiuto pubblico allo sviluppo
che questi ricevono dai Paesi ricchi.
Na t u r a l m e n te esiste anche
Il papa: «Non è
lecito delocalizzare un danno per i
Paesi ricchi che
solo per godere
hanno forti dedi particolari
ficit di bilancio
condizioni di
e che vengono
favore, o peggio
privati dei loper sfruttamento,
ro strumenti di
senza apportare
redistribuzione.
alla società
Solo in Francia,
locale un vero
la frode fiscacontributo»
le distoglie dal
bilancio dello Stato dai 40 ai 50
miliardi di euro (il doppio del deficit
del sistema di protezione sociale).
Nella crisi finanziaria iniziata nel
2008 queste distorsioni si sono fatte
ancora più gravi.
L’EDEN DELLE MULTINAZIONALI
Non deve sorprendere che nel mondo cattolico ci siano persone che
si sentono chiamate a occuparsi di
giustizia fiscale e di destinazione
universale dei beni e che perciò si
mobilitano contro i paradisi offshore.
La Chiesa cattolica, come altre Chiese cristiane, ricorda a ciascuno il dovere di contribuire al finanziamento
20 Popoli ottobre 2011
delle spese pubbliche, meccanismo
senza il quale le società sarebbero
solo giungle dominate dalla legge
del più forte.
Paradisi fiscali, giudiziari e normativi sono i buchi neri della finanza
globale. Non si limitano a qualche
isoletta esotica, ma si trovano anche
nel cuore di alcune metropoli finanziarie. Offrono il segreto bancario, mercio mondiale, in modo da fare
oppure la possibilità di creare società apparire inferiori i loro profitti e
di comodo che celano il nome dei dunque pagare meno. Questo è anveri proprietari, un fisco debole per i cora più facile per le società che
non residenti. Altre non collaborano non traggono profitti dalle fabbriche,
con i giudici stranieri che danno la come i giganti delle nuove tecnologie
caccia a chi vuole fuggire al fisco, (Google, Microsoft, iTunes, eBay), le
riciclare denaro originato da crimi- grandi banche, ecc. La concorrenza
ni e corruzione, aggirare le regole fiscale sleale spinge l’insieme degli
internazionali. Spesso «catturano» Stati a moltiplicare le agevolazioni
quote di sovranità di Paesi piccoli e per attirare gli investitori. L’imposta
fragili che hanno solo questo come sulle società è già scesa mediamente
vantaggio comparativo a livello in- a livello mondiale dal 37% del 1993
ternazionale: possono commerciare al 25% del 2009. Benedetto XVI,
la propria sovranità vendendola al nell’enciclica Caritas in Veritate, ha
miglior offerente, cioè le multinazio- scritto che «non è però lecito delocanali e i loro intermediari finanziari, lizzare solo per godere di particolari
le grandi banche o i grandi revisori condizioni di favore, o peggio per
contabili (i cosiddetti Big 4: Kpmg, sfruttamento, senza apportare alla
Deloitte, Ernst & Young, PwC). Ap- società locale un vero contributo».
poggiarsi alla sovranità di un Paese I Paesi poveri sono le principali vitconsente di aggirare obblighi fiscali time di questi meccanismi. Alcune
e regolamentari, così nascono sedi ricerche del centro di ricerca Global
di società in luoghi che non hanno Financial Integrity (Gfi) di Waniente a che vedere con la produzione shington hanno mostrato che in un
della società stessa. Due terzi degli anno circa 800 miliardi di euro sono
investimenti destinati a Cina e India, illecitamente distolti dai Paesi in via
ad esempio, arrivano da paradisi di sviluppo. Che si tratti di proventi
fiscali, come Mauritius, le isole Cay- della corruzione (3-5%), del crimine
man o le isole Vergini britanniche. organizzato (30-33%) o di introiti
non dichiarati che corIn queste ultime, dove
vivono 25mila persone, In Africa, i vescovi rispondono all’evasione
fiscale (60-65%), quesono registrate 830mila di Yaoundé e
sti fondi finiscono nelle
società. Ma dove sono i Kinkala si sono
banche occidentali e nei
loro lavoratori?
pronunciati in
paradisi fiscali.
Le multinazionali fanno maniera molto
Cifre di questo calibro
transitare nei paradisi chiara perché i
sono indicate anche in
fiscali metà del com- soldi sottratti
da alcuni
dirigenti politici
tornino ai
rispettivi Paesi
The Harbour Centre, uno dei centri
finanziari delle Isole Cayman (Caraibi).
un documento del Pontificio Consi- il fallimento di Lehman Brothers, il
glio Giustizia e Pace (approvato dalla presidente Nicolas Sarkozy dichiarò
Segreteria di Stato) del novembre che bisognava incominciare a met2008 che, citando stime del 2005 tere fine ai paradisi fiscali, queste
,punta il dito contro i centri finan- organizzazioni gli fecero notare che
ziari offshore: «Potrebbero rendere Andorra e Monaco, ai confini francecirca 860 miliardi di dollari all’anno si, erano ancora nella «lista nera» dei
e corrisponderebbero a un mancato paradisi fiscali. Con la rivista Pèlerin
introito fiscale di circa 255 miliardi fu lanciata una petizione che raccolse
di dollari: più di tre volte l’intero am- decine di migliaia di firme e qualche
tempo dopo il governo
montare dell’aiuto pubfrancese promise di inblico allo sviluppo da In Francia,
tervenire sui due microparte dei Paesi dell’Or- organizzazioni
ganizzazione per la co- si sono mobilitate Stati in questione.
Anche in Germania i
operazione e lo sviluppo sui paradisi
cattolici si sono mossi
economico (Ocse)».
fiscali. Sono
con l’organizzazione MiDa alcuni anni c’è una guidate da Ccfdsereor; in Gran Bretagna
mobilizzazione per l’au- Terre solidaire
sono attivi gruppi protemento di questi aiuti. Il e Secours
stanti, in Italia la spin2000 ha visto la Campa- catholique,
ta viene maggiormente
gna del Giubileo per la oltre ad alcuni
da Ong laiche. Anche
riduzione del debito che ordini religiosi
in America Latina c’è
strozza la spesa sociale
sempre più interesse per
nei Paesi poveri. Autola giustizia fiscale. Nei
revoli voci cattoliche si
sono levate contro la corruzione, il Paesi in via di sviluppo, movimenti
riciclaggio del denaro sporco o il cristiani hanno iniziato a studiare
dirottamento dei fondi per i poveri. sempre più a fondo come funziona il
In Africa, Simon Tonyé Bakot, ve- bilancio dello Stato.
scovo di Yaoundé (Camerun), e Louis Il Vaticano è stato spesso incluso nelPortella, vescovo di Kinkala (Congo le liste di Paesi che non garantiscoBrazzaville), si sono pronunciati in
LA SCHEDA
maniera molto chiara perché i soldi
sottratti da alcuni dirigenti politici
tornino ai rispettivi Paesi. Di fatto
hanno denunciato i paradisi fiscali.
no sufficiente trasparenza in campo
finanziario e la sua banca è stata
indicata come una possibile sede di
riciclaggio di denaro sporco. La
A lungo il Vaticano
Santa Sede per
non si è occupato
molto tempo non
dell’origine dei
si è preoccupata
fondi che
dell’origine dei
transitavano
fondi che tranal suo interno,
sitavano al suo
ma nel 2010
interno, ma lo
Benedetto XVI si
scorso dicemè schierato contro
bre Benedetto
il riciclaggio
XVI ha stabilito
di capitali
che il Vaticano
si adeguerà alle regole del Gafi, il
Gruppo di azione finanziaria internazionale contro il riciclaggio di capitali. Questo organismo è stato creato
dal G7 nel 1989 e finora ha elaborato
in tutto 49 raccomandazioni, alcune
delle quali interessano banche, casinò, agenzie immobiliari e tutte quelle
imprese in cui transitano fondi sui
quali è possibile richiedere di accertare la provenienza. Questa decisione
del papa è un segno incoraggiante.
* Caporedattore di Projet,
rivista del Ceras, centro di studi
sociali dei gesuiti francesi.
Un tesoro di 11.500 miliardi di dollari
MOBILITAZIONE INTERNAZIONALE
Oggi, tra le realtà più attive contro
i paradisi fiscali ci sono le Ong che
si occupano di sviluppo. Un esempio
viene dalla Francia, dove una piattaforma di organizzazioni e gruppi,
cristiani e laici (cfr www.stopparadisfiscaux.fr), si è mobilitata sui
paradisi fiscali. È guidata in particolare da Ccfd-Terre solidaire e Secours
catholique, la Caritas francese, oltre
ad alcuni ordini religiosi più sensibili
(tra cui i gesuiti). L’azione che svolge
è di informazione e sensibilizzazione,
nonché di lobby presso il governo,
l’Ocse e l’Ue. Quando nel 2008, dopo
A
nonimato, conti cifrati, prestanome: i paradisi fiscali sono fortezze
impenetrabili. Difficile quindi carpirne i segreti e comprendere con
esattezza quale sia il giro d’affari che gravita intorno a questi centri finanziari.
Esistono solo alcune stime elaborate nel 2010 dall’Ocse (Organizzazione
per la cooperazione e lo sviluppo economico), secondo le quali nei quaranta
paradisi fiscali (ma il loro numero varia a seconda dei differenti criteri di
classificazione) sarebbero investiti circa 11.500 miliardi di dollari. Cioè
il doppio di quanto i governi di tutto il mondo hanno investito negli ultimi due anni per far
fronte alla crisi economica e finanziaria mondiale. Nei paradisi fiscali opererebbero 10mila
istituti di credito.
Secondo il fisco statunitense, ogni anno 100 miliardi di dollari (71 miliardi di euro) vengono
sottratti alle casse di Washington per essere investiti in centri offshore. Secondo la Banca
d’Italia i capitali italiani all’estero non dichiarati nel 2008 ammontavano a 140 miliardi di
euro. Di questi solo una sessantina sarebbero rientrati in Italia grazie al cosiddetto «scudo
fiscale».
I paradisi fiscali danneggiano anche i Paesi del Sud del mondo. Secondo Christian Aid, una
Ong britannica di matrice protestante, i Paesi in via di sviluppo perdono a causa della fuga
di capitali circa 160 miliardi di dollari, molto più di quanto ricevono in aiuti umanitari.
Ma qual è la provenienza dei capitali investiti nei paradisi fiscali? Secondo l’Ocse il 45% è
frutto di evasione o elusione fiscale, il 15% di «finanza politica» (i proventi della corruzione
e della concussione o i «tesori» dei vari dittatori del Terzo Mondo), il 40% deriverebbe da
ottobre
2011o Popoli
21
traffici illeciti: proventi del commercio di stupefacenti, del traffico
d’armi
del terrorismo.