inchiesta Quei paradisi senza santi (né tasse) Enrico Casale R iciclaggio di denaro «sporco», evasione ed elusione fiscale, ma anche mercati dai quali ottenere denaro a bassi costi: i paradisi fiscali sono anomalie nel sistema economico e finanziario internazionale. Anomalie nelle quali investimenti finanziari si mescolano a operazioni illecite. E contro le quali Stati e organizzazioni internazionali lottano, ma con armi spuntate. A Ranieri Razzante, docente di Economia degli intermediari finanziari nell’Università di Firenze e presidente dell’Associazione italiana dei responsabili antiriciclaggio, abbiamo chiesto di spiegarci come funziona il sistema complesso dei paradisi fiscali. «Per comprendere il sistema dei para16 Popoli ottobre 2011 La crisi economica ha rivitalizzato i paradisi fiscali, cassaforti sicure per capitali in fuga. Alcuni di questi centri offshore si trovano in Paesi del Sud del mondo. Ma l’afflusso di capitali non tassati sottrae, ogni anno, alle popolazioni locali almeno 125 miliardi di euro di entrate fiscali. Molto più di quanto ricevono in aiuti umanitari disi fiscali vanno innanzitutto distinti venzione con lo Stato italiano per i paradisi fiscali da quelli normativi. lo scambio di informazioni (fiscali, Un paradiso fiscale è un Paese in cui penali, ecc.). In base a questi accordi vige un regime fiscale privilegiato (si Agenzia delle entrate o Guardia di pagano imposte in misura minore ri- finanza possono chiedere al centro spetto a quelle pagate in offshore informazioni patria) o non si pagano le Nei «paradisi» sugli investimenti efimposte del tutto. A loro investono fettuati da contribuenti volta i paradisi fiscali si gli evasori italiani che si presume distinguono in relativi fiscali, ma anche abbiano commesso ree assoluti. Un paradiso le organizzazioni ati o abbiano evaso il fisco in Italia. I paradirelativo è un Paese che criminali e quelle ha sottoscritto una con- terroristiche. si assoluti sono quelli Nei centri offshore vige un’unica regola: «pecunia non olet» cammini di giustizia Un atollo delle Tuvalu, centro offshore nell’Oceano Pacifico. Sotto, manifestazione a Guernsey, paradiso fiscale nella Manica. con i quali il nostro Paese non ha sottoscritto alcuna convenzione. San Marino, ad esempio, è un paradiso fiscale assoluto perché, pur avendo un proprio sistema impositivo, non scambia alcuna informazione fiscale e finanziaria con altri Stati». il riciclaggio e il finanziamento del terrorismo. Chiunque arriva e porta soldi è bene accetto. Chi investe nei paradisi normativi? Investono imprenditori che non vogliono pagare le imposte nei loro Paesi, ma anche le organizzazioni criminali e quelle terUn contribuente italiano roristiche. Chi porta depuò operare in un para- Nei paradisi naro, per esempio, nelle diso fiscale relativo? normativi Isole Cook o a Nauru Sì, è possibile, ma deve le regole sulla (entrambe nell’Oceano dichiarare nella denun- tassazione e sul Pacifico) o, ancora, nelle cia dei redditi di aver riciclaggio non Isole della Manica sa che investito in quel Paese. puniscono la non verranno fornite inSe il contribuente non lo provenienza dichiara, Agenzia delle illecita del denaro. formazioni ai Paesi di origine nel campo del entrate e Guardia di fi- Chiunque arriva riciclaggio, dei reati finanza presumono che il e porta denaro nanziari e del finanziacontribuente abbia por- è bene accetto mento del terrorismo. Lì tato denaro in quel Paese vale solo la regola «peper evadere il fisco itacunia non olet»: è sufliano. Spetta poi al contribuente dimostrare il contrario in ficiente che arrivino i soldi, da dove arrivino non ha importanza. In quei sede giudiziaria. Paesi, anche un minorenne può coChe cosa sono invece i paradisi nor- stituire una società o aprire un conto in banca. mativi? I paradisi normativi sono quei Paesi in cui non solo non esiste un sistema Perché alcuni istituti bancari italiani fiscale (quindi non c’è tassazione), hanno aperto agenzie e uffici di rapma non ci sono neppure controlli su presentanza nei paradisi fiscali? provenienza e utilizzo dei capitali Gli istituti bancari italiani aprono investiti. In sostanza le regole relative propri uffici nei paradisi fiscali in alla finanza (da quelle sulla tassazio- primo luogo per portare all’estero il ne fino a quelle sul riciclaggio) non denaro degli investitori italiani. Le puniscono la provenienza illecita del nostre banche però sfruttano questi denaro. Non solo non esistono norme uffici anche per «rastrellare» liquidinazionali, ma non vengono applicate tà, dove questa è più abbondante e neanche quelle internazionali contro a basso costo, per portarla in Italia e prestarla agli imprenditori italiani. Quali contromisure possono essere prese per combattere le degenerazioni dei paradisi fiscali? Attualmente la via del «dialogo» con i paradisi fiscali sta funzionando. Le intese che sono state sottoscritte con molti di essi hanno contenuto sia l’esportazione di capitali sia il riciclaggio. Sta funzionando anche il sistema delle black list: l’imprenditore di un paradiso fiscale in black list non può investire nell’Unione europea e quelli italiani che investono là sono svantaggiati (non possono detrarre i costi). Questi due strumenti sono le uniche armi delle quali, per il momento, possono disporre i Paesi occidentali. Per uno Stato qual è il vantaggio di essere paradiso fiscale? E quali ricadute positive possono esserci per la poUn paradiso polazione? fiscale Il principale van­­ attrae capitali taggio è attrarre che potrebbero capitali. Un regiaiutare me fiscale privil’economia locale. legiato favorisce Nei fatti non l’afflusso di deè così, perché positi e investile ricchezze menti stranieri. prendono Ciò aumenta la altre strade ricchezza, facendo crescere il Prodotto interno lordo, soprattutto in quei Paesi (come quelli del Sud del mondo) in cui industria e agricoltura non sono così forti da incidere in modo significativo sulle economie locali. Questo afflusso di capitali, in teoria, dovrebbe essere un vantaggio per l’economia. Gli imprenditori, per esempio, potrebbero avere a disposizione capitali a bassi costi. Nei fatti non è così, perché quelle ricchezze prendono altre strade. Spesso, se si tratta di Paesi in via di sviluppo, sono i governanti corrotti e i signori della guerra a prendere quei fondi sotto forma di falsi prestiti. Quindi, l’economia locale non ne ha alcun beneficio. ottobre 2011 Popoli 17 inchiesta V era Mshana è una ricercatrice di Tax Justice Africa (www.taxjusticeafrica.net), una Ong che promuove un sistema di tassazione equo e progressivo nel continente africano. Le abbiamo chiesto di fare il punto sulla presenza dei paradisi fiscali in Africa e su quali iniziative stia organizzando la società civile per chiedere maggiore trasparenza fiscale. Quanti paradisi fiscali ci sono in Africa? Il Fondo monetario internazionale ha riconosciuto come centri finanziari offshore: Mauritius, Sey­chelles, Liberia, Gibuti e Tangeri (Marocco). Le Comore (l’isola di Anjouan), Botswana e Somalia possono essere anch’essi considerati paradisi fiscali. Il Ghana stava per adottare un regime fiscale privilegiato, ma poi ha rinunciato. E l’Africa inizia a mobilitarsi «La tassazione è vista come una misura imposta dall’esterno, prima dai colonizzatori, poi dai Programmi di aggiustamento. Solo recentemente c’è maggiore attenzione su questi temi» Una nave battente bandiera liberiana. In Liberia è in vigore un regime fiscale vantaggioso per mercantili e navi passeggeri. LA BLACK LIST ITALIANA E sistono diverse liste di paradisi fiscali elaborate da organizzazioni internazionali (per esempio dal Fondo monetario internazionale o dall’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo in Europa) e dai singoli Stati. Ogni lista viene redatta secondo criteri diversi e quindi tali liste differiscono una dall’altra. Qui di seguito pubblichiamo la black list stilata dal ministero dell’Economia italiano e pubblicata nel decreto ministeriale del 27 luglio 2010. Andorra, Anguilla, Antigua e Barbuda, Antille Olandesi, Aruba, Bahamas, Bahrein, Barbados, Belize, Bermuda, Brunei, Cipro (inserito nella white list dal Dm 2.717/2010), Costa Rica, Dominica, Emirati Arabi Uniti, Ecuador, Filippine, Gibilterra, Gibuti, Grenada, Hong Kong, Isola di Man, Isole Cayman, Isole Cook, Isole della Manica (Alderney, Guernsey, Jersey, Sark), Isole Marshall, Isole Vergini Britanniche, Libano, Liberia, Liechtenstein, Macao, Malaysia, Maldive, Malta (inserito nella white list dal Dm 2.717/2010), Mauritius, Monserrat, Nauru, Niue, Oman, Panama, Polinesia Francese, Monaco, San Marino, Seychelles, Singapore, Saint Kitts e Nevis, Saint Lucia, Saint Vincent e Grenadine, Svizzera, Samoa, Taiwan, Tonga, Turks e Caicos, Tuvalu, Uruguay, Vanuatu. 18 Popoli ottobre 2011 Quali sono i vantaggi fiscali garantiti agli investitori? Questi centri offrono molti servizi: bancari e assicurativi, gestioni patrimoniali, fondi fiduciari, pianificazione fiscale e consulenza alle società multinazionali. Ciò che rende conveniente investire in questi centri è che questi servizi sono forniti in un sistema di ampie esenzioni fiscali (nessuna imposta sul capital gain, nessun tributo sui dividendi o sugli interessi, né sugli utili) e una normativa poco severa in materia di contabilità. Va detto inoltre che questi paradisi fiscali offrono l’anonimato finanziario ai clienti, nascondendo di fatto i reali protagonisti (azionisti o proprietari) delle attività commerciali. Sotto, un cartello di benvenuto plurilingue accoglie i clienti di una banca del centro offshore di Guernsey. Ciò permette a questi clienti di nascondere i loro redditi e ridurre il carico fiscale nel Paese nel quale vivono o nei Paesi dove il reddito è prodotto. la fasce più deboli della popolazione. 2) Viene creata poca occupazione, considerato che molti posti di lavoro riguardano l’industria dei servizi finanziari e che questi posti sono Chi investe nei paradisi fiscali? Investono gli istituti bancari europei e nordamericani, ma anche persone molto ricche e, in generale, le multinazionali, come per esempio la SabMiller (il secondo produttore mondiale di birra) o la banca Barclays, che era fortemente coinvolta nella creazione del centro finanziario in Ghana. occupati quasi tutti da stranieri. 3) Si creano grandi divari di reddito nella popolazione. 4) L’economia locale è poco o per nulla differenziata. La società civile come sta combattendo il fenomeno dei paradisi fiscali? I paradisi fiscali vanno combattuti sotto due aspetti: per l’impatto che essi hanno sulle economie delle altre Quali effetti producono le legislazio- nazioni (considerato che possono ni fiscali agevolate sulle economie essere utilizzati per il riciclaggio dei paradisi fiscali? di denaro sporco e per l’evasione I paradisi fiscali produfiscale) e per l’impatto cono effetti negativi, in «Nei paradisi che hanno sulle econoparticolare: 1) I sistemi fiscali africani mie locali. L’attenzione fiscali locali tendono a investono gli mondiale e le campagne fare leva unicamente o istituti bancari internazionali hanno prevalentemente sull’im- europei e prodotto effetti positivi posizione indiretta, che nordamericani, sotto il primo aspetto, colpisce maggiormente ma anche meno sotto il secondo, persone molto ricche e, in generale, le multinazionali» che credo sia il più problematico. Come Tax Justice Network notiamo che in Africa il dibattito sulla politica fiscale e sulla riforma fiscale è stato in gran parte rimosso. La tassazione è vista come una misura imposta dall’esterno, prima dai colonizzatori, poi dai Programmi di aggiustamento strutturale. Solo recentemente si è registrata una maggiore attenzione su questi temi, favorita dalla volontà di controllare la spesa pubblica. Anche se la tassazione è considerata sempre una questione tecnica, estranea al dibattito pubblico. La nostra organizzazione è molto coinvolta sul tema dei paradisi fiscali e partecipiamo alla campagna mondiale che chiede la loro fine e profonde riforme della politica fiscale. In particolare, noi chiediamo una riforma della contabilità. Auspichiamo che venga adottato il sistema chiamato «Paese per Paese», che impone alle multinazionali di stilare, oltre ai bilanci consolidati, anche rendiconti delle attività economiche svolte nelle singole nazioni e di «Auspichiamo che esplicitare i novenga adottato mi delle società il sistema ad esse collegate chiamato “Paese in quelle stesse per Paese”, nazioni. La seche impone alle conda riforma multinazionali a che chiediamo è stilare rendiconti la creazione di delle attività una piattaforsvolte nelle ma, gestita dalle singole nazioni» Nazioni Unite, che permetta lo scambio automatico di informazioni fiscali e finanziarie. Questa piattaforma dovrebbe permettere alle Agenzie delle entrate di ogni Paese di ottenere le informazioni necessarie a smascherare possibili elusioni (o evasioni) dei contribuenti. La nostra organizzazione sta poi facendo pressioni sul governo sudafricano affinché metta all’ordine del giorno dell’incontro del G20, che si terrà il 3 novembre a Cannes (Francia), il tema dell’elusione e dell’evasione fiscale. ottobre 2011 Popoli 19 inchiesta Benedetto XVI: «Soldi sottratti ai poveri» Jean Merckaert * Parigi L’ esistenza di luoghi dove si svolgono attività finanziarie non trasparenti e incontrollate, che permettono a persone e imprese di nascondere i propri introiti, priva i Paesi più poveri di almeno 125 miliardi di euro di entrate all’anno. A tanto ammonta l’evasione fiscale delle multinazionali che colpisce i bilanci dei Paesi del Sud del mondo e corrisponde quasi a una volta e mezza l’ammontare complessivo dell’aiuto pubblico allo sviluppo che questi ricevono dai Paesi ricchi. Na t u r a l m e n te esiste anche Il papa: «Non è lecito delocalizzare un danno per i Paesi ricchi che solo per godere hanno forti dedi particolari ficit di bilancio condizioni di e che vengono favore, o peggio privati dei loper sfruttamento, ro strumenti di senza apportare redistribuzione. alla società Solo in Francia, locale un vero la frode fiscacontributo» le distoglie dal bilancio dello Stato dai 40 ai 50 miliardi di euro (il doppio del deficit del sistema di protezione sociale). Nella crisi finanziaria iniziata nel 2008 queste distorsioni si sono fatte ancora più gravi. L’EDEN DELLE MULTINAZIONALI Non deve sorprendere che nel mondo cattolico ci siano persone che si sentono chiamate a occuparsi di giustizia fiscale e di destinazione universale dei beni e che perciò si mobilitano contro i paradisi offshore. La Chiesa cattolica, come altre Chiese cristiane, ricorda a ciascuno il dovere di contribuire al finanziamento 20 Popoli ottobre 2011 delle spese pubbliche, meccanismo senza il quale le società sarebbero solo giungle dominate dalla legge del più forte. Paradisi fiscali, giudiziari e normativi sono i buchi neri della finanza globale. Non si limitano a qualche isoletta esotica, ma si trovano anche nel cuore di alcune metropoli finanziarie. Offrono il segreto bancario, mercio mondiale, in modo da fare oppure la possibilità di creare società apparire inferiori i loro profitti e di comodo che celano il nome dei dunque pagare meno. Questo è anveri proprietari, un fisco debole per i cora più facile per le società che non residenti. Altre non collaborano non traggono profitti dalle fabbriche, con i giudici stranieri che danno la come i giganti delle nuove tecnologie caccia a chi vuole fuggire al fisco, (Google, Microsoft, iTunes, eBay), le riciclare denaro originato da crimi- grandi banche, ecc. La concorrenza ni e corruzione, aggirare le regole fiscale sleale spinge l’insieme degli internazionali. Spesso «catturano» Stati a moltiplicare le agevolazioni quote di sovranità di Paesi piccoli e per attirare gli investitori. L’imposta fragili che hanno solo questo come sulle società è già scesa mediamente vantaggio comparativo a livello in- a livello mondiale dal 37% del 1993 ternazionale: possono commerciare al 25% del 2009. Benedetto XVI, la propria sovranità vendendola al nell’enciclica Caritas in Veritate, ha miglior offerente, cioè le multinazio- scritto che «non è però lecito delocanali e i loro intermediari finanziari, lizzare solo per godere di particolari le grandi banche o i grandi revisori condizioni di favore, o peggio per contabili (i cosiddetti Big 4: Kpmg, sfruttamento, senza apportare alla Deloitte, Ernst & Young, PwC). Ap- società locale un vero contributo». poggiarsi alla sovranità di un Paese I Paesi poveri sono le principali vitconsente di aggirare obblighi fiscali time di questi meccanismi. Alcune e regolamentari, così nascono sedi ricerche del centro di ricerca Global di società in luoghi che non hanno Financial Integrity (Gfi) di Waniente a che vedere con la produzione shington hanno mostrato che in un della società stessa. Due terzi degli anno circa 800 miliardi di euro sono investimenti destinati a Cina e India, illecitamente distolti dai Paesi in via ad esempio, arrivano da paradisi di sviluppo. Che si tratti di proventi fiscali, come Mauritius, le isole Cay- della corruzione (3-5%), del crimine man o le isole Vergini britanniche. organizzato (30-33%) o di introiti non dichiarati che corIn queste ultime, dove vivono 25mila persone, In Africa, i vescovi rispondono all’evasione fiscale (60-65%), quesono registrate 830mila di Yaoundé e sti fondi finiscono nelle società. Ma dove sono i Kinkala si sono banche occidentali e nei loro lavoratori? pronunciati in paradisi fiscali. Le multinazionali fanno maniera molto Cifre di questo calibro transitare nei paradisi chiara perché i sono indicate anche in fiscali metà del com- soldi sottratti da alcuni dirigenti politici tornino ai rispettivi Paesi The Harbour Centre, uno dei centri finanziari delle Isole Cayman (Caraibi). un documento del Pontificio Consi- il fallimento di Lehman Brothers, il glio Giustizia e Pace (approvato dalla presidente Nicolas Sarkozy dichiarò Segreteria di Stato) del novembre che bisognava incominciare a met2008 che, citando stime del 2005 tere fine ai paradisi fiscali, queste ,punta il dito contro i centri finan- organizzazioni gli fecero notare che ziari offshore: «Potrebbero rendere Andorra e Monaco, ai confini francecirca 860 miliardi di dollari all’anno si, erano ancora nella «lista nera» dei e corrisponderebbero a un mancato paradisi fiscali. Con la rivista Pèlerin introito fiscale di circa 255 miliardi fu lanciata una petizione che raccolse di dollari: più di tre volte l’intero am- decine di migliaia di firme e qualche tempo dopo il governo montare dell’aiuto pubfrancese promise di inblico allo sviluppo da In Francia, tervenire sui due microparte dei Paesi dell’Or- organizzazioni ganizzazione per la co- si sono mobilitate Stati in questione. Anche in Germania i operazione e lo sviluppo sui paradisi cattolici si sono mossi economico (Ocse)». fiscali. Sono con l’organizzazione MiDa alcuni anni c’è una guidate da Ccfdsereor; in Gran Bretagna mobilizzazione per l’au- Terre solidaire sono attivi gruppi protemento di questi aiuti. Il e Secours stanti, in Italia la spin2000 ha visto la Campa- catholique, ta viene maggiormente gna del Giubileo per la oltre ad alcuni da Ong laiche. Anche riduzione del debito che ordini religiosi in America Latina c’è strozza la spesa sociale sempre più interesse per nei Paesi poveri. Autola giustizia fiscale. Nei revoli voci cattoliche si sono levate contro la corruzione, il Paesi in via di sviluppo, movimenti riciclaggio del denaro sporco o il cristiani hanno iniziato a studiare dirottamento dei fondi per i poveri. sempre più a fondo come funziona il In Africa, Simon Tonyé Bakot, ve- bilancio dello Stato. scovo di Yaoundé (Camerun), e Louis Il Vaticano è stato spesso incluso nelPortella, vescovo di Kinkala (Congo le liste di Paesi che non garantiscoBrazzaville), si sono pronunciati in LA SCHEDA maniera molto chiara perché i soldi sottratti da alcuni dirigenti politici tornino ai rispettivi Paesi. Di fatto hanno denunciato i paradisi fiscali. no sufficiente trasparenza in campo finanziario e la sua banca è stata indicata come una possibile sede di riciclaggio di denaro sporco. La A lungo il Vaticano Santa Sede per non si è occupato molto tempo non dell’origine dei si è preoccupata fondi che dell’origine dei transitavano fondi che tranal suo interno, sitavano al suo ma nel 2010 interno, ma lo Benedetto XVI si scorso dicemè schierato contro bre Benedetto il riciclaggio XVI ha stabilito di capitali che il Vaticano si adeguerà alle regole del Gafi, il Gruppo di azione finanziaria internazionale contro il riciclaggio di capitali. Questo organismo è stato creato dal G7 nel 1989 e finora ha elaborato in tutto 49 raccomandazioni, alcune delle quali interessano banche, casinò, agenzie immobiliari e tutte quelle imprese in cui transitano fondi sui quali è possibile richiedere di accertare la provenienza. Questa decisione del papa è un segno incoraggiante. * Caporedattore di Projet, rivista del Ceras, centro di studi sociali dei gesuiti francesi. Un tesoro di 11.500 miliardi di dollari MOBILITAZIONE INTERNAZIONALE Oggi, tra le realtà più attive contro i paradisi fiscali ci sono le Ong che si occupano di sviluppo. Un esempio viene dalla Francia, dove una piattaforma di organizzazioni e gruppi, cristiani e laici (cfr www.stopparadisfiscaux.fr), si è mobilitata sui paradisi fiscali. È guidata in particolare da Ccfd-Terre solidaire e Secours catholique, la Caritas francese, oltre ad alcuni ordini religiosi più sensibili (tra cui i gesuiti). L’azione che svolge è di informazione e sensibilizzazione, nonché di lobby presso il governo, l’Ocse e l’Ue. Quando nel 2008, dopo A nonimato, conti cifrati, prestanome: i paradisi fiscali sono fortezze impenetrabili. Difficile quindi carpirne i segreti e comprendere con esattezza quale sia il giro d’affari che gravita intorno a questi centri finanziari. Esistono solo alcune stime elaborate nel 2010 dall’Ocse (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico), secondo le quali nei quaranta paradisi fiscali (ma il loro numero varia a seconda dei differenti criteri di classificazione) sarebbero investiti circa 11.500 miliardi di dollari. Cioè il doppio di quanto i governi di tutto il mondo hanno investito negli ultimi due anni per far fronte alla crisi economica e finanziaria mondiale. Nei paradisi fiscali opererebbero 10mila istituti di credito. Secondo il fisco statunitense, ogni anno 100 miliardi di dollari (71 miliardi di euro) vengono sottratti alle casse di Washington per essere investiti in centri offshore. Secondo la Banca d’Italia i capitali italiani all’estero non dichiarati nel 2008 ammontavano a 140 miliardi di euro. Di questi solo una sessantina sarebbero rientrati in Italia grazie al cosiddetto «scudo fiscale». I paradisi fiscali danneggiano anche i Paesi del Sud del mondo. Secondo Christian Aid, una Ong britannica di matrice protestante, i Paesi in via di sviluppo perdono a causa della fuga di capitali circa 160 miliardi di dollari, molto più di quanto ricevono in aiuti umanitari. Ma qual è la provenienza dei capitali investiti nei paradisi fiscali? Secondo l’Ocse il 45% è frutto di evasione o elusione fiscale, il 15% di «finanza politica» (i proventi della corruzione e della concussione o i «tesori» dei vari dittatori del Terzo Mondo), il 40% deriverebbe da ottobre 2011o Popoli 21 traffici illeciti: proventi del commercio di stupefacenti, del traffico d’armi del terrorismo.