Il rapporto del Mezzogiorno con la crescita (bozza)

Il rapporto del Mezzogiorno con la crescita (bozza)
La provvisorietà dei dati
di Cristina Brasili
Abstract
L’indicatore di attività economica evidenzia per il 2015, una maggiore crescita nell’area del Sud, circa +1%, rispetto alle
altre macro aree, Nord-Ovest 0,8%, Nord-Est 0,7% e Centro 0,4%. Un risultato positivo per il Sud, ma che non sembra
stabilizzarsi ed essere confermato nel 2016.
La crescita del Sud, sembra essere dovuta, almeno in parte, alla revisione verso l’alto (da parte dell’Istat) dei tassi di
crescita di alcune delle sue più importanti regioni. Siamo, quindi, di fronte ad una crescita “reale” per il Sud, che
ingloba segnali di cambiamenti strutturali o, invece, i dati per il 2016 risulteranno in linea con la precedente tendenza?
1. L’indicatore di attività economica nelle macro aree italiane
L’indicatore di attività economica (elaborato da RegiosS, Cycle and Trends, www.regioss.it)
evidenzia per il 2015, una maggiore crescita nell’area del Mezzogiorno, circa +1%, come riportato
anche da altre fonti (Svimez, Istat…) rispetto alle altre macro aree, Nord-Ovest 0,8%, Nord-Est 0,7%
e Centro 0,4%. Un risultato positivo per il Mezzogiorno, ma che non sembra stabilizzarsi ed essere
confermato, però, nel 2016. Le analisi presentate in questo contributo e effettuate sulla crescita delle
nostre regioni si basano su dati che l’Istat ha recentemente rivisto profondamente per gli anni 2013 e
2014 e su stime preliminari per il 20151.
L’indicatore del ciclo di attività economica stimato (RegiosS-Benni, 2016) sulla base dei nuovi dati
proposti dall’Istat fornisce scostamenti evidenti, in particolare per il Mezzogiorno (Fig. 1.1-1.4).
Il Mezzogiorno (sulla base delle stime dell’Istat, ripetiamo, ancora provvisorie per il 2015), infatti,
evidenzia un breve ciclo espansivo nel 2015 (vedi figura 1.4 linea verde chiaro) che si esaurisce
nell’arco dell’anno per poi riprendere, nel 2016, un trend con una crescita prossima allo zero.
Quali le cause di una crescita, quella del Mezzogiorno, che sembra essere dovuta, almeno in parte,
alla revisione verso l’alto dei tassi di crescita di alcune delle sue più importanti regioni? Siamo di
fronte ad una crescita “reale” o ad un risultato derivante dalla revisione della Contabilità nazionale
“Il 12 dicembre 2016 sono state diffuse dall’Istat le nuove serie dei conti economici territoriali per gli anni
dal 1995-2015, coerenti con i dati nazionali diffusi a settembre 2016. Sono stati presentati i dati definitivi per
l’anno 2013 e le stime provvisorie per il 2014 e per il 2015. I dati diffusi in questa rilevazione si discostano
da quella precedente. Infatti, i tassi di crescita annuali del Pil, espresso in valori concatenati anno di
riferimento 2010, presentano delle marcate e sostanziali differenze, per gli anni 2013 e 2014, rispetto ai dati
pubblicati a novembre 2015, relativi alla precedente rilevazione. Inoltre, con la nuova rilevazione per l’anno
2015 si registrano, per la maggior parte delle regioni del Mezzogiorno (ad eccezione di Campania e
Sardegna), tassi di crescita del Pil molto elevati rispetto al 2014. Il Mezzogiorno, infatti, segna una crescita
rilevante, + 1,1%, rispetto all'anno precedente.
I nuovi dati del Pil (1995-2015) sono stati utilizzati per stimare, nuovamente, gli indicatori di attività
economica aggiornati a giugno 2016. Gli andamenti degli indicatori regionali di attività economica calcolati
presentano delle profonde e marcate differenze rispetto a quelli calcolati utilizzando i dati del Pil diffusi a
novembre 2015. Gli indicatori sono stati dapprima calcolati inserendo i dati del Pil fino al 2014 (ultimo dato
definitivo disponibile) e successivamente inserendo anche i dati del Pil del 2015, valore provvisorio. I nuovi
indicatori si discostano molto dalle stime precedenti, e tale scostamento è maggiormente evidente nelle regioni
che presentano le differenze più significative tra le due rilevazioni. Inserendo i dati del Pil fino al 2015, gli
scostamenti più marcati sono registrati dalle regioni del Mezzogiorno, a differenza di quanto accade per le
regioni del Nord-Ovest e del Nord-Est.” Benni F. (2016).
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con l’adozione del Sec 2010? Ci sono segnali di cambiamenti strutturali o il 2016 risulterà
nuovamente in linea con la precedente linea di tendenza?
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2. La crescita delle regioni del Mezzogiorno nel 2015 e le previsioni per il 2016
Il Rapporto della Svimez (2016) evidenzia come la ripartizione del Mezzogiorno cresca, nel 2015,
più di quella del Nord e del Centro, e, anche, che non vi sono cause strutturali ma contingenti legate
a questo andamento. Il Rapporto Svimez precisa le possibili ragioni della crescita, identificabili,
secondo gli autori, in modo chiaro.
Da un lato un’annata agraria particolarmente favorevole nel Sud, che ha visto proprio nel 2015 un
incremento del valore aggiunto del 7,3% (mentre l’anno precedente era calato del 6,3%) e una crescita
rilevante dell’occupazione in agricoltura, con un aumento di oltre 18 mila unità (+4,3%), che
corrisponde alla quasi totalità della crescita registrata in Italia. Dall’altro la crescita del valore
aggiunto nei servizi, ma più specificatamente nel settore turistico, collegata alle crisi geopolitiche
nell’area del Mediterraneo che hanno sicuramento influito sullo spostamento di parte dei flussi
turistici nelle nostre regioni del Mezzogiorno, sia come numero di viaggiatori che dei pernottamenti.
Non ultima, però, la chiusura nel 2015 della programmazione 2007-2013 dei Fondi strutturali, che ha
portato ad un’accelerazione molto importante della spesa pubblica, per evitare lo spettro del
disimpegno automatico resosi sempre più probabile dall’aggravarsi della crisi del 2008 e che ha
rallentato ulteriormente l’attuazione degli interventi.
Se, sono quindi facilmente identificabili le cause della crescita nel 2015, il Rapporto sottolinea come
la fase più intensa della recessione del Mezzogiorno sia connotata da una natura “industriale”, settore
già in estrema difficoltà nell’economia dell’area. L’industria manifatturiera del Mezzogiorno, nel
periodo della crisi dal 2008 al 2014, ha subito un’ulteriore impoverimento e indebolimento facendo
emergere chiaramente i problemi strutturali che la caratterizzano, aggravati da un calo della
produzione di oltre un terzo (-33,8%) nel periodo della crisi.
E’ quindi importante che le ragioni della crescita diventino strutturali per evitare che la fragilità
economica delle regioni del Mezzogiorno si riproponga sistematicamente e ciclicamente e che la
tenue ripresa dipenda quasi esclusivamente da fattori esogeni all’economia meridionale.
Posto che i dati stimati per il 2015 dall’Istat siano confermati nelle revisioni successive, previste per
il 2017, le stime effettuate da RegiosS, registrano, nuovamente, un affievolirsi della crescita in tutte
le regioni del Mezzogiorno, anche se in modo differenziato (Fig. 2.1).
Le previsioni, per il Mezzogiorno, per la prima metà del 2016 (come già affermava Maria De Paola
in “Crescita del Sud: una rondine non fa primavera”, lavoce.info 2016), evidenziano l’assenza di una
crescita stabile e a tassi rilevanti. Fino al mese di giugno del 2016 si mette in evidenza una sorta di
convergenza delle otto regioni del Mezzogiorno, su valori di tassi di crescita molto bassi e in alcuni
casi negativi. Le regioni Basilicata e Sardegna, infatti, che hanno vissuto due fasi molto diverse nel
2015, la prima di espansione superiore a tutte le altre regioni del Mezzogiorno e la seconda di continuo
declino, arrivano ad avere valori negativi e molto simili.
La flessione dell’attività economica per le regioni del Mezzogiorno, evidenziata nella prima metà del
2016, dipende anche dal fatto che l’indicatore di RegiosS (basato sui dynamic factor model, Benni
F., Brasili A. 2006), tiene conto delle dinamiche reali che avvengono nell’economia regionale ed è
maggiormente rappresentativo dell’attività manifatturiera e dell’import-export. Questa forse è una
delle cause per cui l’indicatore è meno sensibile a variazioni contingenti dell’attività economica e
legato maggiormente alla specializzazione produttiva regionale. Ancora, le dinamiche occupazionali
in alcuni settori e i consumi interni (immatricolazioni di auto) colgono solo parzialmente, l’aumento
dell’attività turistica (i cui dati non sono presenti in dettaglio perché non disponibili ad alta
frequenza). L’indicatore, inoltre, non include l’aumento di spesa pubblica dell’ultimo anno, per
evitare il disimpegno automatico per il periodo di programmazione 2007-2013, che ha (pensiamo in
parte artificiosamente) “gonfiato” il Pil del Mezzogiorno nel 2015 (Fig. 1.4) ma i cui effetti si
evidenzieranno negli anni successivi.
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3. Qualche riflessione conclusiva
Non ci si può adagiare sull’analisi dell’andamento positivo di un solo anno del Mezzogiorno, area
che sconta una crisi persistente e profonda dal 2006 (Brasili A., Brasili C. 2009), e con elementi che
lo rendono atipico (il 2015), mentre alcune previsioni evidenziano, nel 2016, un crescita più fragile e
differenziata per le regioni del Mezzogiorno per alcune delle quali sono previsti tassi negativi (Fig.
2.1).
Evitiamo di elencare le criticità, note da tempo, che caratterizzano l’economia del Mezzogiorno, non
è un esercizio utile per superarle. Nel proporre qualche riflessione sugli interventi vorrei però
ricordare che, come scrivevano Domenico Cersosimo e Carmine Donzelli (in “Mezzo giorno”
Donzelli Editore, 2000), “il Mezzogiorno è un ramo più storto di un albero storto”. Tutto il territorio
nazionale ha necessità di iniziative di politica economica, ma in questa sede ci stiamo occupando
della sola area del Mezzogiorno.
Se gli interventi non assumeranno contestualmente un carattere strutturale, una forte dimensione
integrata e una decisa e accurata scelta degli investimenti, avremo solo la possibilità per il
Mezzogiorno di fluttuare intorno ad una bassa crescita senza possibilità di innescare lo sviluppo. Vi
sarà una persistenza nella fragilità: nulla cambierà nei tassi di crescita a parte qualche decimale.
E’ necessario agire sulla dotazione dei fattori che sono allo stesso tempo “causa ed effetto” (Martucci,
2016) della crescita e capaci di creare sviluppo. Incrementare la dotazione di capitale territoriale in
tutte le sue componenti rispettando le peculiarità del Mezzogiorno (capitale sociale, qualità del
capitale umano, capitale cognitivo, capitale infrastrutturale, materiale e immateriale) (Brasili C. et
altri, RegiosS, 2012).
Partire dal positivo dato del 2015 per cogliere i cambiamenti all’apparenza solo congiunturali e
renderli strutturali e permanenti.
Se aumentano i flussi turistici non può esserci un continuo disinvestimento in infrastrutture (Martucci,
2016, pag.1 Figura 1) con un trend decrescente dal 1990 al 2012 dove si sono ridotti ad un quinto.
Se aumenta il valore aggiunto e contemporaneamente l’occupazione nell’agricoltura del
Mezzogiorno, bisogna riconoscere nell’agroalimentare, nell’intera filiera, il possibile settore trainante
dell’economia dell’area e creare le condizioni per una sempre maggiore produttività nei comparti di
qualità e a più alto valore aggiunto per attrarre i giovani e i finanziamenti europei.
Consapevoli di essere di fronte ad un Mezzogiorno eterogeneo e con differenze regionali molto
evidenti bisognerà promuovere la qualità istituzionale (sfruttando pienamente le potenzialità del
Programma Operativo Nazionale “Governance e Capacità istituzionale”), costituita da un mix
necessario di legalità, capacità di governo della pubblica amministrazione per promuovere
un’efficace spesa dei fondi strutturali (Brasili C. et altri, RegiosS, 2013). Solo l’insieme di questi
elementi potrà innescare lo sviluppo e non evidenziare, unicamente, una crescita passeggera.
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Fig.1.1 Indicatore di attività economica – Nord-Ovest
Fig.1.2 Indicatore di attività economica – Nord-Est
Fig.1.3 Indicatore di attività economica – Centro
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Aug-06
Oct-06
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Apr-16
Jun-16
Fig.1.4 Indicatore di attività economica – Mezzogiorno
Fig. 2.1
Indicatore previsivo di attività economica nelle regioni del Mezzogiorno
(con utilizzo dei dati del Pil stimati dall'Istat per il 2015)
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4
2
0
-2
-4
-6
-8
-10
Basilicata
Calabria
Sicilia
Campania
Puglia
Abruzzo
Molise
Sardegna
Fonte: elaborazioni su dati RegiosS Trends & Cycles (2016)
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Riferimenti bibliografici
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Benni F. (2016), Gli indicatori di attività economica previsivi e gli indicatori di attività
economica alla luce del nuovo Pil, working paper RegiosS
Benni F., Brasili A. (2006), Un indicatore sintetico di attività economica per le regioni italiane,
Rivista di Economia e Statistica del Territorio, n.2 maggio-agosto 2006, Ed. Franco Angeli
Brasili C. e altri (2013), La Politica di Coesione e la Qualità Istituzionale nelle regioni, V
Workshop “Le regioni italiane: ciclo economico e dati strutturali. Il benessere delle regioni”,
18 aprile 2013, UniCredit Banca e Regioss Cycles & Trends, Bologna
Brasili C. e altri (2012), Gli indicatori per la misura del capitale territoriale, IV Workshop
“Le regioni italiane: ciclo economico e dati strutturali. Il benessere delle regioni”, aprile 2012,
UniCredit Banca e Regioss Cycles & Trends, Bologna
Brasili A., Brasili C. (2009), Sincronia e distanza nel ciclo economico delle regioni italiane,
in POLITICA ECONOMICA, Anno XXV, n.2, pp. 211-232, agosto 2009, Il Mulino, Bologna
SVIMEZ (2016), Rapporto Svimez 2016 sull’economia del Mezzogiorno, introduzione e
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Indicatori Regioss, www.regioss.it
Articoli lavoce.info:
De Paola M. (2016), Crescita del Sud: una rondine non fa primavera, lavoce.info (08.07.16)
Crescenzi R., Holman N., Orrù E. (2016) Se il cervello in fuga rimane nella rete, lavoce.info
(22.08.16)
Martucci N. (2016) Nord e Sud divisi anche dalle infrastrutture, lavoce.info (6.09.16)
Cerea G. (2016) Se i mali del Sud iniziano in classe, lavoce.info (7.10.16)
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