DOCUMENTO PER LA CONSULTAZIONE 509/2015/R/COM – CRITERI PER LA DETERMINAZIONE E L'AGGIORNAMENTO DEL TASSO DI REMUNERAZIONE DEL CAPITALE INVESTITO PER LE REGOLAZIONI INFRASTRUTTURALI DEI SETTORI ELETTRICO E GAS - ORIENTAMENTI FINALI. Premessa Con il Documento per la Consultazione 509/2015/R/com (di seguito: il documento) l’Autorità presenta i propri orientamenti finali sui criteri da adottare a partire dal 2016 per la determinazione, ed il successivo aggiornamento, del tasso di remunerazione del capitale investito (di seguito: Wacc) utilizzato nelle determinazioni tariffarie dei servizi infrastrutturali, sia del settore elettrico che gas. Tali orientamenti fanno seguito all’ampio dibattito sviluppatosi in materia a partire dalla pubblicazione del documento per la consultazione 275/2015/R/com contenente le proposte iniziali sul tema in oggetto. Il documento in analisi, tuttavia, sembra tener conto solo di alcuni elementi portati all’attenzione del regolatore durante la recente consultazione, mentre si ritiene che di altri, seppur di primaria importanza, non siano stati adeguatamente approfonditi gli effetti positivi, anche di carattere redistributivo. Si ritiene che una più attenta valutazione di tali elementi contribuirebbe alla definizione di un quadro regolatorio che abbia tra i propri criteri fondanti l’equità di trattamento tra operatori. Ci si riferisce, in particolare, alle proposte inerenti la corretta valutazione del costo del debito per le imprese attive nella distribuzione e la sua differenziazione da quello riconosciuto al settore della trasmissione di energia elettrica/trasporto gas. Si valuta, invece, positivamente, nonostante alcune criticità analizzate in seguito, la proposta di adottare un’ottica di Total Market Return (TMR) per la definizione del Equity Risk Premium (ERP), dato che tale approccio permette di cogliere correttamente il legame – inverso – intercorrente tra quest’ultimo ed tasso di rendimento Risk Free (RF) e, quindi, di pervenire ad una stima maggiormente attendibile dell’extra-rendimento effettivamente richiesto dagli investitori per detenere titoli azionari rispetto a titoli ritenuti maggiormente sicuri. Allo stesso modo, si concorda con le proposte finalizzate a sterilizzare l’effetto, negativo che si avrebbe nell’utilizzare aliquote fiscali nominali in un calcolo del Wacc basato su tassi di rendimento reali. Infine, come già indicato nelle osservazioni al documento 275/2015/R/eel, si conferma il parere positivo all’istituzione di un periodo regolatorio del tasso di remunerazione caratterizzato da una durata pari a 6 anni e finestre di aggiornamento biennali. Si ribadisce che la regolazione vigente nel corso di tale periodo dovrà avere ad oggetto i criteri per la definizione e l’aggiornamento dei parametri comuni della formula per il calcolo del Wacc, mentre i criteri relativi agli elementi specifici (β e D/E, a cui si ritiene vada aggiunto anche il Kd) dovranno essere stabiliti nel corso del procedimento per la definizione del periodo regolatorio tariffario della singola attività infrastrutturale. A tal proposito, non si condivide l’intenzione dell’Autorità di rivedere fra due anni (e ogni due anni) il valore del gearing, trattandosi, come affermato dalla stessa, anche nel 1 provvedimento di avvio del procedimento, di parametri tipici del settore che, quindi, devono seguire le tempistiche di aggiornamento del periodo regolatorio tariffario. Nei successivi paragrafi saranno approfonditi gli aspetti delle proposte avanzate dall’Autorità per la valorizzazione dei singoli parametri del Wacc. 1. Costo dell’Equity (Spunti per la consultazione S1 – S4) Di seguito si espongono le considerazioni sulle proposte avanzate dall’Autorità per la fissazione dei livelli dei singoli parametri previsti dalla metodologia CAPM per la determinazione del costo del capitale proprio. In generale è importante che il futuro metodo di calcolo del costo dell’equity sia di facile implementazione, anche per quel che riguarda il numero e il reperimento dei dati necessari. Ciò, infatti, garantirebbe una migliore prevedibilità degli esiti degli aggiornamenti futuri, elemento di grande importanza specialmente per gli investitori e per gli analisti finanziari. Di conseguenza, si ritiene necessario che la delibera di approvazione del testo integrato del periodo regolatorio del tasso di remunerazione individui in maniera univoca il riferimento utilizzato per la definizione del tasso di rendimento risk free. A tal proposito, si propone di far riferimento alle rilevazioni giornaliere Bloomberg relative al rendimento del titolo di stato a 10 anni benchmark che, a valle dell’attuale consultazione, verrà individuato come migliore proxy del parametro RF. 1.1. Tasso di rendimento risk-free (RF) A2A ribadisce la propria preferenza per un approccio backward looking per la stima del tasso di rendimento risk free in modo da determinare un tasso di rendimento “normale” e, in quanto tale, più adeguato a rappresentare il corretto rendimento da riconoscere ad un’attività infrastrutturale, caratterizzata da orizzonti di programmazione ed investimento di lungo periodo. Per quanto riguarda il titolo di stato da considerare per la stima del tasso risk free, preso atto della volontà dell’Autorità di voler superare il riferimento al BTP decennale italiano, si reputa opportuno prendere come riferimento il Bund tedesco decennale1. Rispetto all’opzione di considerare un paniere di titoli emessi da più Stati molto diversi tra loro per dimensione ed economia, la soluzione proposta ha il duplice vantaggio di garantire agli operatori ed agli investitori un’ampia ed immediata visibilità dei possibili esiti degli aggiornamenti futuri del Wacc e, soprattutto, di fornire la migliore approssimazione possibile del rendimento risk free, dato lo status di safe haven di cui gode attualmente la Germania, anche rispetto agli altri Paesi europei caratterizzati da rating simili. 1 Di conseguenza, come detto nel paragrafo precedente, si propone di considerare i rendimenti giornalieri del Bund 10Y Tedesco così come rilevati da Bloomberg per un orizzonte temporale adeguato a definire un rendimento risk free “normale”. 2 1.2. Equity Risk Premium (ERP) A2A concorda con la proposta dell’Autorità di definire il premio al rischio di mercato tramite l’approccio Total Market Return (TMR) dato che l’attuale metodologia, così come la valorizzazione del parametro ERP a cui essa perviene (4%, peraltro fisso sin dai primi periodi regolatori), oramai non è assolutamente più in grado di cogliere le richieste degli investitori in termini di premio per detenere un portafoglio di titoli azionari. Rispetto alle proposte avanzate dall’Autorità, si ribadisce che, in base a quanto rinvenibile sulla letteratura specialistica in materia2, per il calcolo del TMR si dovrebbe utilizzare la media ponderata tra la media geometrica e quella aritmetica dei rendimenti registrati nel periodo temporale considerato. I pesi per tale ponderazione dovrebbero essere pari all’87% per la media aritmetica ed al 13% per la media geometrica. Sulla base di quanto appena detto e considerando il range del TMR individuato dall’Autorità3, il Total Market Return può essere stimato pari al 6,2%. Infine, si sottolinea che la formulazione proposta per l’individuazione dell’ERP, sotto alcune condizioni, porterebbe ad esiti illogici. In particolare, a causa dell’incoerenza dell’orizzonte temporale considerato per stimare il TMR (lungo periodo) e il RF (ottica forward looking), nel caso in cui il rendimento dei titoli di stato considerati dovesse ritornare a livelli registrati negli anni pre-crisi, o anche pre-avvio del Quantitative Easing, si avrebbe una situazione paradossale, in cui il premio al rischio richiesto dagli investitori per detenere titoli azionari sarebbe estremamente, ed irrealisticamente, contenuto4. Si ritiene opportuno, quindi, individuare un floor per il valore che l’ERP, calcolato in ottica TMR, può assumere ai fini del calcolo del Wacc. 1.3. Country Risk Premium (CRP) A2A, coerentemente con quanto osservato in materia di RF, ritiene che il CRP debba essere stimato come differenza di rendimento tra titoli di Stato Italiani (BTP decennali Benchmark) e Tedeschi (Bund decennali Benchmark). Quanto sopra è oltretutto confermato dalle metodologie adottate dalle principali agenzie internazionali di rating. Ad esempio, per S&P’s la valutazione del “Business Risk Profile”, insieme con quella del “Financial Risk Profile”, rappresenta il punto di partenza delle proprie valutazioni finalizzate all’attribuzione di un rating. Il primo elemento citato è dato dalla combinazione delle valutazioni sul rischio paese e di settore con il posizionamento competitivo del soggetto esaminato; questa valutazione viene poi incrociata con quella relativa al rischio finanziario per individuare, dopo alcuni passaggi e modulazioni, il rating definitivo da assegnare alla società valutata5 . Di 2 Cfr. (i) Stewart C. Myers, “CAA price control proposals, Heathrow and Gatwick Airports”, January 2009. (ii) Stewart C. Myers, Cost of capital parameters for SP Power Assets-Estimating the market risk premium”, August 7, 2012. ) 3 Cfr. paragrafo 6.28 del DCO 509/2015/R/com A maggior ragione si ribadisce l’opportunità di adottare un approccio backward looking di lungo periodo per la stima del tasso RF. 5 Per un’analisi più approfondita delle modalità di attribuzione del rating e sull’influenza su ciò del rischio paese si veda il documento “Corporate Ratings. Corporate Criteria: Request for Comment: Corporate Criteria” ed in particolare le sezioni da 12 a 50. Si sottolinea che la metodologia proposta in 4 3 conseguenza, è evidente che il rischio Paese si riflette fortemente sulle capacità e, soprattutto, sul costo per l’accesso al credito delle società. Di seguito si propone la rappresentazione grafica del processo: (Fonte: presentazione S&P’s proprie metodologie di rating) Quanto appena descritto è poi confermato dal confronto dei rating attribuiti alle società energetiche italiane con quello del Paese stesso: tale documento (e valida a partire da dicembre 2013) non modifica l’approccio attuale della società ma, al contrario, attribuisce un peso maggiore alla valutazione del rischio paese. 4 Società di rating Società/Paese S&P Fitch Moody's Italia Long Term: BBBShort Term: A-3 BBB+ Baa2 Snam Long Term: BBB Short Term: A-2 BBB+ Baa1 Terna Long Term: BBB+ Short Term: A-2 BBB+ Baa1 A2A Long Term: BBB Short Term: A-3 Baa3 Iren Hera BBB- Long Term: BBB Short Term: A-2 Baa1 Acea Enel Long Term: BBB Short Term: A-2 BBB+ Baa2 BBB+ Baa2 Fonte: sito S&P, Moody's e Fitch; aree investor relations siti societari Com’è possibile notare, in nessun caso il rating di una società è sensibilmente superiore al rating del Paese in cui opera, a riprova che il rischio paese ha una influenza notevole sul rischio attribuito all’azienda. Tale comparazione, inoltre, deve essere fatta considerando anche il diverso livello di inflazione incorporato in tali rendimenti. Considerando l’orizzonte temporale proposto dall’Autorità per il c.d. Spreadbase6 , il CRP stimato come spread tra il rendimento dei BTP decennali e dei Bund decennali è pari a 1,28%, ma passa all’1,74% considerando anche il differenziale di inflazione tra i 2 paesi emittenti. Quest’ultimo valore può essere ritenuto la migliore stima dell’extra rendimento reale che l’investitore richiede per prendere la decisione di investire in un paese, come l’Italia, considerato maggiormente rischioso rispetto al benchmark. Di seguito si riporta la tabella contenente i dati di dettaglio: 6 Cfr. paragrafo 11.9 del DCO 509/2015/R/com 5 GERMANIA Anno Mese ottobre 2014 novembre dicembre gennaio febbraio marzo aprile 2015 maggio giugno luglio agosto settembre MEDIA PERIODO Rendimento Bund 10Y Inflazione (Y2Y) 0,87 0,79 0,64 0,44 0,35 0,26 0,16 0,58 0,83 0,76 0,66 0,67 0,59 0,76 0,57 0,19 0,28 0,09 0,28 0,47 0,66 0,28 0,19 0,19 0,28 ITALIA Rendimento Rendimento BUND 10Y al BTP Decennale netto inflazione 0,12 2,42 0,23 2,29 0,45 1,99 0,72 1,71 0,26 1,57 0,02 1,28 0,31 1,36 0,08 1,81 0,55 2,22 0,57 2,04 0,47 1,85 0,67 1,84 0,30 1,86 Inflazione (Y2Y) - - 0,09 0,19 0,56 0,90 0,90 0,90 0,09 0,19 0,19 0,19 0,19 0,18 Rendimento BTP 10Y al netto inflazione 2,33 2,10 1,99 2,27 2,47 2,18 2,26 1,72 2,03 1,85 1,66 1,65 2,04 CRP BTP VS BUND CRP BTP Vs BUND al netto inflazione 1,55 1,50 1,34 1,27 1,22 1,02 1,19 1,23 1,39 1,29 1,19 1,16 1,28 2,21 1,88 1,53 1,55 2,21 2,20 2,56 1,80 1,48 1,29 1,19 0,97 1,74 Fonte Dati: elaborazioni su rendimenti giornalieri BTP 10Y e Bund 10Y Bloomerg e tassi inflazione da www.inflation.eu Infine, si ritiene che il parametro CRP debba essere unico, e valorizzato in maniera univoca, al fine di definire sia il costo dell’equity che quello del debito. 1.4 Beta (β) Come correttamente ribadito dall’Autorità, l’individuazione del livello di tale parametro non può essere un processo del tutto deterministico, ma implica necessariamente una valutazione di coerenza rispetto al contesto generale da parte del regolatore. Il principio appena enunciato deve essere quindi declinato tenendo conto della volontà dell’Autorità di valorizzare questo parametro tenendo conto anche delle evidenze quantitative relative ad imprese dell’area euro operanti in paesi con rating elevato, nonché delle specificità tipiche della regolazione nazionale, attuale e prospettica, ricordate nelle osservazioni al DCO 275/2015/R/com. Da ciò non può che conseguire una revisione in aumento degli attuali valori del β, dato che i livelli medi di tale parametro utilizzati nella regolazione tariffaria di settore dei principali paesi europei, che risentono direttamente o indirettamente dei dati quantitativi rilevanti ai fini del calcolo del β relativi alle imprese di tali paesi, sono mediamente maggiori di quello attualmente previsto dalla regolazione italiana. A ciò, poi, vanno ad aggiungersi le già richiamate specificità nazionali. Si rileva, inoltre, che da un recente studio7 emerge chiaramente che la regolazione tariffaria non pone in capo al DSO il rischio volume in nessuno principali paesi europei e che, anzi, i casi contrari sono effettivamente molto rari (ad esempio, Danimarca o Slovenia) e, comunque, anche in questi casi il rischio è limitato (ad esempio, solo una piccola parte dei ricavi è vincolata ai volumi). Di conseguenza, differentemente da quanto asserito nel documento di consultazione8, la differenziazione del coefficiente β tra l’Italia e altri paesi europei non è determinata da un differente grado di esposizione al rischio domanda. Ciò conferma la necessità di rivedere in aumento il valore di tale parametro, ben oltre il range individuato nel documento per la consultazione 544/2015/R/eel. 7 “Study on tariff design for distribution systems”del 28.02.2015 condotto in collaborazione da REF-E, Mercados e Indra su richiesta del Directorate‐General For Energy, Directorate B – Internal Energy Market . Cfr. tabella pagina 48 e ss. 8 Cfr. paragrafo 6.51 del DCO 509/2015/R/com. 6 Infine, nell’ottica di garantire stabilità ed affidabilità del quadro regolatorio, si ritiene pienamente condivisibile la proposta dell’Autorità di fissare il livello del parametro in occasione della definizione delle regole per ciascun periodo regolatorio, confermando, quindi, i valori del parametro β attualmente validi per i servizi i cui periodi regolatori sono attualmente ancora in corso. Si precisa, tuttavia, la necessità che all’interno del periodo regolatorio per l’attività di trasmissione, distribuzione e misura dell’energia elettrica tale parametro sia adeguatamente differenziato tra le singole attività in modo tale da intercettare correttamente le differenze oggettive intercorrenti tra esse, nonché le sfide che le stesse dovranno sostenere nel prossimo futuro (come ad esempio il piano di sostituzione dei misuratori attuali con quelli elettronici di seconda generazione nel caso dell’attività di misura). 4. Costo del Debito (Spunto per la consultazione S5) A2A ritiene che il documento in analisi non tenga adeguatamente conto di alcune evidenze già portate all’attenzione del regolatore in materia del costo del debito, oltre a presentare criticità ulteriori rispetto al precedente documento per la consultazione, come ad esempio il parametro CRPdebt. Identificazione del range dell’effettivo costo del debito sostenuto dagli esercenti L’Autorità, anche a valle della specifica raccolta dati sul costo del debito degli operatori, stima il costo del debito medio inferiore al 3,5%9. Tale valore, tuttavia, non trova riscontro nei dati pubblici periodicamente comunicati dagli esercenti al mercato. I dati più recenti relativi al costo del debito sostenuto dai principali operatori dell’attività di distribuzione di energia elettrica e gas, infatti, posso essere riassunti come segue: (€/mln) Società A2A ACEA HERA IREN Costo medio ponderato Fonte: Presentazioni societarie 9M 2015 IFN Costo medio 3.770 3,60% 2.131 3,30% 2.640 3,80% 2.156 3,40% 10.697 3,55% Il dato relativo al costo del debito sostenuto dal principale operatore nazionale della distribuzione di energia elettrica, con oltre l’80% del mercato, è riportato nella tabella sottostante: 9 Al netto degli outlier, cfr. paragrafo 7.4 del DCO 509/2015/R/com. 7 In questo caso, si sottolinea che il costo del debito al 2014 stimato per la società Enel Distribuzione è coerente con quello sostenuto dalla relativa holding company, Enel S.p.A., e che, per quest’ultima, il costo del debito al 30 settembre 2015 risulta essere pari a 4,9%. Per quanto riguarda i principali operatori della distribuzione di gas naturale, il costo del debito può essere così stimato: (€/mln) Società ITALGAS 2i RETI GAS Media ponderata Fonte: bilanci societari al 31.12.2014 Costo medio 3,45% 2,13% 2,7% Si sottolinea, inoltre, che, salvo casi particolari10, i servizi di distribuzione sono svolti da operatori appartenenti a Gruppi societari presenti anche in altre attività della filiera dell’energia elettrica e del gas, nonché in attività diverse. In questi casi è la holding company, in alcuni casi quotata, ad accedere al mercato dei capitali tramite emissione di titoli di debito e a contrattare linee di finanziamento con gli istituti bancari, anche perché le società di distribuzione avrebbero dimensioni troppo ridotte per muoversi autonomamente sul mercato dei capitali. Ne consegue che il costo nominale del debito per le imprese di distribuzione italiane è evidentemente maggiore di quello considerato dall’Autorità. In particolare, considerando i dati più recedenti comunicati ai mercati dalle società precedentemente indicate e procedendo alla ponderazione di tale costo con la relativa posizione finanziaria netta, il costo nominale del debito può essere stimato nel range di 3,8%- 4%. La differenza con il valore indicato dall’Autorità è da attribuire, probabilmente, all’eliminazione di operatori outlier dal campione analizzato; tuttavia, qualora tale operatore coincidesse con il maggior operatore nazionale della distribuzione, tale operazione risulterebbe evidentemente errata, stante la sua rilevante quota di mercato. Si richiede, di conseguenza, di esplicitare nel dettaglio le imprese considerate nel campione e ripetere l’analisi del costo del debito medio qualora nel campione non fosse presente il principale operatore nazionale. Non si condivide poi l’affermazione dell’Autorità secondo cui “[…] dare peso a livelli che riflettano costi del debito effettivi non efficienti premierebbe le imprese che non sono state efficienti nella provvista.”. Sul punto, si deve considerare che il costo effettivo di un determinato ammontare di debito contratto da una società in un preciso momento storico, sia esso in forma di prestito obbligazionario, bancario o altro, rappresenta in ogni caso le migliori condizioni ottenibili sul mercato (in termini di tasso di interesse, flessibilità, garanzie ecc) nel momento in cui si è manifestata la necessità/opportunità di accedervi. Ciò dipende dal fatto che, come ricordato in precedenza, ad accedere al mercato del capitale di debito, nel caso degli operatori della distribuzione, non è la 10 Ci si riferisce ad 2i Reti Gas, unica società italiana di distribuzione gas di dimensioni rilevanti a non essere parte di un gruppo verticalmente integrato. 8 singola società, bensì la capogruppo. Questa non ha, e non può avere, alcun interesse a contrarre debiti ad costo sub-ottimale ritenendo che il costo sostenuto verrà comunque pienamente riconosciuto nelle tariffe per svariati ordini di motivi. Tra questi, i principali possono essere individuati nel fatto che le attività regolate rappresentano solo una quota (di solito circa il 20-25% in termini di EBITDA) delle attività svolte dal Gruppo nella sua interezza e soprattutto che, essendo spesso società quotate in borsa, un costo di finanziamento non efficiente comporterebbe valutazioni molto negative da parte degli analisti finanziari e delle società di rating da cui deriverebbero effetti altrettanto negativi sull’andamento del titolo azionario che, in definitiva, non potrebbero che imporre azioni correttive da parte del management. Infine, si sottolinea che le rinegoziazioni del debito, qualora possibili, hanno solitamente un costo molto elevato per le aziende dato che è comunque necessario riconoscere ai possessori dei titoli di debito il valore dei flussi di cassa cui tali titoli danno diritto. Differenziazione del costo del debito tra DSO e TSO A2A ritiene prioritario differenziare il livello di costo del debito riconosciuto per le attività di trasmissione di energia elettrica e di trasporto nazionale del gas naturale da quello per le attività di distribuzione e misura. Tale necessità deriva, oltre che dall’evidente differenza tecnico/operativa dell’attività, anche dalla struttura normativa e societaria alla base delle attività in analisi, che influenzano in modo rilevante il costo. l servizio di trasporto nazionale del gas e di trasmissione dell’energia elettrica è svolto, sostanzialmente senza vincoli temporali, da società a capo dei rispettivi gruppi, quotate in borsa e che accedono direttamente al mercato dei capitali tramite l’emissione di propri titoli di debito. Tali società, essendo completamente regolate e non presentando particolari rischi in termini di continuità nell’esercizio della propria attività, offrono grande “visibilità” al mercato circa i flussi di cassa futuri e, quindi, forti garanzie in termini di certezza di rimborso del debito. Ciò permette a queste società di mantenere molto basso il proprio costo del debito, nonostante un ricorso a capitali di debito ed un rapporto Net Debt/Ebitda molto maggiore rispetto alle principali utility nazionali. Nella seguente tabella si mettono a confronto i principali indicatori economico/finanziari relativi al debito con il relativo costo11: 11 Si precisa che il costo del debito indicato in tabella è al 31.12.2014, in modo tale da garantirne la coerenza con l’indicatore Net Debt/EBITDA che, essendo un rapporto tra una grandezza patrimoniale ed una economica, non può che essere espresso su base annuale. Di conseguenza, il costo del debito qui considerato non deve essere confuso con quello indicato in precedenza, che rappresenta la situazione più aggiornata ad oggi disponibile. 9 Società TERNA A2A ACEA HERA IREN D/E Net Debt/EBITDA Costo del debito 2,30 4,67 2,50% 1,10 1,39 1,07 1,09 3,30 2,91 3,04 3,59 3,9% 3,1% 3,8% 3,8% Fonte: presentazioni societarie risultati al 31.12.2014 Com’è possibile vedere, nonostante un livello di indebitamento nettamente maggiore rispetto ai gruppi verticalmente integrati di cui fanno parte i DSO, il TSO riesce a mantenere molto basso il proprio costo del debito. Ciò, come già sottolineato in precedenza, è dovuto alla particolare natura del TSO stesso che, grazie all’incidenza dei ricavi regolati, fornisce ampie garanzie di solvibilità al mercato e, di conseguenza, ottiene condizioni particolarmente favorevoli in termini di costo del debito, nonostante l’ampio ricorso alla leva finanziaria. Alla luce di tali evidenze, si ritiene pertanto corretto differenziare tra distribuzione e trasmissione/trasporto il costo del debito considerato nel calcolo del Wacc in modo da evitare dannosi fenomeni redistributivi tra questi soggetti che genererebbero indebiti vantaggi per i TSO a scapito dei DSO. Valorizzazione del parametro CRPdebt Come già osservato sopra, si ritiene che il parametro CRP debba essere unico e stimato come differenza tra il rendimento medio dei BTP decennali italiani bechmark e quello dei Bund decennali tedeschi. Conclusioni La definizione di un tasso di remunerazione del capitale coerente con gli obiettivi affidati ai gestori dei servizi infrastrutturali dei settori dell’energia elettrica e del gas è una condizione fondamentale per garantirne il raggiungimento nei modi e tempi previsti. Il documento in analisi contiene diversi elementi adeguati a far sì che i futuri criteri di determinazione ed aggiornamento del tasso di remunerazione garantiscano tale coerenza tra gli obiettivi e i mezzi messi a disposizione degli operatori per il loro raggiungimento. Tuttavia, è necessario rimuovere alcune, notevoli, barriere ancora presenti nell’impianto regolatorio proposto nel documento. In sintesi: 1) la principale di queste barriere può essere identificata con il mancato riconoscimento della differenza intercorrente tra alcune attività infrastrutturali dei settori dell’energia elettrica e gas che porta al riconoscimento di un costo medio del debito unico per il calcolo del Wacc causando implicitamente un inopportuno trasferimento di risorse tra due diverse fasi della filiera (ovvero a vantaggio di quelle attività che, per cause tecniche e normative, riescono a contenere il proprio costo del debito a danno, evidentemente, delle società che operano nella fase della filiera 10 immediatamente a valle). Si ritiene che, nel caso dei DSO, il valore corretto da attribuire a tale parametro sia compreso nel range 2,2% - 2,5%. 2) Adeguata valorizzazione del parametro β e sua distinzione tra quello valido per i TSO da quello valido per i DSO. Inoltre, nell’ambito dei DSO, il β dovrà essere differenziato tra distribuzione e misura, in modo da riconoscere l’elevato grado di rischiosità connesso ai programmi di sostituzione di misuratori, già in corso nel settore gas ed imminenti nel settore elettrico. Per quanto concerne la possibile stima di tale parametro da utilizzare nella regolazione tariffaria della distribuzione dell’energia elettrica, unica attività regolata il cui periodo di regolazione tariffaria si concluderà entro l’anno e per la quale, di conseguenza, si dovrà procedere alla valorizzazione anche dei c.d. parametri specifici, si rimanda alle osservazioni al DCO 544/2015/R/eel. 3) Valorizzazione del parametro CRP, che dovrà essere basata sul confronto tra titoli di Stato Italiani e Tedeschi, tenendo in considerazione anche i differenti livelli di inflazione nei diversi Paesi e che dovrà essere unico sia per il debito che per il capitale di rischio. Si ritiene che il valore corretto da attribuire a tale parametro sia 1,7%. 4) Superamento dei limiti in termini di robustezza e coerenza temporale rilevanti nelle proposte dell’AEEGSI per il calcolo del TMR e, quindi, dell’ERP. Ad ogni modo, si ritiene che la stima corretta del TMR sia pari a 6,2%. 11