www.lucagrion.it 1. MERAVIGLIA «Una vita senza ricerca non è

CAMMINANDO CON LA FILOSOFIA
Domenica 10 marzo 2013
1. MERAVIGLIA
«Una vita senza ricerca non è degna di essere vissuta».
Platone, Apologia di Socrate
«Ed è proprio del filosofo essere pieno di meraviglia; né altro cominciamento ha il
filosofare che essere pieno di meraviglia».
Platone, Teeteto
«Gli uomini hanno cominciato a filosofare, ora come in origine, a causa della
meraviglia: mentre da principio restavano meravigliati di fronte alle difficoltà più
semplici, in seguito, progredendo a poco a poco, giunsero a porsi problemi sempre
maggiori: per esempio i problemi riguardanti i fenomeni della luna e quelli del sole e
degli altri astri, o i problemi riguardanti la generazione dell’intero universo. Ora, chi
prova un senso di dubbio e di meraviglia riconosce di non sapere; ed è per questo che
anche colui che ama il mito è, in certo qual modo, filosofo: il mito, infatti, è costituito da
un insieme di cose che destano meraviglia. Cosicché, se gli uomini hanno filosofato per
liberarsi dall’ignoranza, è evidente che ricercano il conoscere solo al fine di sapere e
non per conseguire qualche utilità pratica. E il modo stesso in cui si sono svolti i fatti lo
dimostra: quando già c’era pressoché tutto ciò che necessitava alla vita ed anche
all’agiatezza ed al benessere, allora si incominciò a ricercare questa forma di
conoscenza. E’ evidente, dunque, che noi non la ricerchiamo per nessun vantaggio che
sia estraneo ad essa; e, anzi, è evidente che, come diciamo uomo libero colui che è fine
a se stesso e non è asservito ad altri, così questa sola, tra tutte le altre scienze, la
diciamo libera: essa sola, infatti, è fine a se stessa».
Aristotele, Metafisica
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Domenica 10 marzo 2013
2. VERITÀ
«Il vero è affermare ciò che è realmente unito, e negare ciò che è realmente diviso; il
falso è invece la contraddizione di questa affermazione e di questa negazione. [...]
Infatti il vero e il falso non sono nelle cose, ma solo nel pensiero».
Aristotele, Metafisica
«La verità è l’adeguamento dell’intelletto alla realtà».
Tommaso d’Aquino, De veritate.
Dizionario minimo
Mito. La parola mytos , in greco, significa “parola”, “annuncio”, ma anche “la cosa stessa”, “la
realtà”. La descrizione mitica non vuol essere una invenzione fantastica, ma l’annuncio del senso
profondo e complessivo della realtà. Ciò che, tuttavia, distingue il mito dalla dimostrazione filosofica è
la sua mancanza di incontrovertibilità: il mito è infatti una leggenda a cui si crede. Esso cerca di
spiegare la complessità del mondo senza però riuscire a offrirne una dimostrazione secondo necessità.
Epistéme. Dal greco epi- (su) e stéme (stare), ovvero stare sopra. L'epistéme è il termine greco che
designa la conoscenza certa e incontrovertibile delle cause e degli effetti del divenire, ovvero quel
sapere che intende porsi al di sopra di ogni possibilità di dubbio attorno alle ragioni degli accadimenti.
Verità. In greco la verità è aletheia (a- come privativo e lèthe, nascondimento, ovvero ciò che non è
nascosto, che è esposto allo sguardo). La verità è la caratteristica di ciò che è vero, ossia di ciò che
possiede le caratteristiche del proprio essere in modo incontestabile.
Natura umana. per gli antichi tale temine indica sia l’eidos (la forma, l’essenza) che il telos (il fine)
dell’uomo; ne evidenzia cioè le caratteristiche peculiari (la sua normalità di funzionamento, ovvero la
sua “normalità essenziale”) e il fine proprio a cui l’uomo dovrebbe tendere per esprimere in pienezza le
proprie potenzialità (la sua normalità di destinazione, ovvero la sua “normalità teleologica”). Lo stesso
termine “natura” veicola con efficacia tale duplice polarità: per un verso viene utilizzato per specificare
il “tipo di cosa” che si ha di fronte (nella misura in cui ci si chiede quale sia la natura dell’ente preso in
considerazione, ovvero i suoi tratti essenziali); per altro verso l’etimologia del termine natura rimanda
al participio futuro (naturus sum) del verbo nascor e indica “ciò che è chiamato a nascere”. In questo
contesto, natura significa dunque un fatto ma, soprattutto, un compito; non solo l’origine, ma
eminentemente la destinazione.
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3. FELICITÀ
«Il sommo bene deve essere qualcosa di perfetto. Cosicché se vi è un solo fine perfetto,
questo è ciò che cerchiamo; se ve ne sono di più esso sarà il più perfetto di essi. Noi
diciamo dunque che è più perfetto il fine che si persegue di per se stesso che non quello
che si persegue per un altro motivo e che ciò che non è scelto mai in vista di altro è più
perfetto dei beni scelti contemporaneamente per se stessi e per queste altre cose, e
insomma il bene perfetto è ciò che deve esser sempre scelto di per sé e mai per qualcosa
d’altro. Tali caratteristiche sembra presentare soprattutto la felicità».
«Tutto considerato, appare chiaro che il dire: “il sommo bene è la felicità” è una cosa
su cui tutti sono d’accordo; ciò di cui si sente bisogno è che si dica in che modo ancora
più chiaro che cos’è».
«La felicità è un certo modo di vivere bene e di agire bene».
Aristotele, Etica Nicomachea
«Tutti gli uomini desiderano la felicità, ma si differenziano nello stabilire che cosa sia;
e perciò alcuni desiderano questo, altri quello. Troviamo quattro opinioni a proposito
della beatitudine. Alcuni infatti credono che consista soltanto nelle cose esteriori,
ovvero nel disporre delle cose temporali […]. Altri [ritengono] che la perfetta
beatitudine consista nel fatto che l’uomo soddisfi ogni proprio volere, perciò diciamo:
beato chi vive come vuole […]. Altri dicono che la perfetta beatitudine consiste nelle
virtù della vita attiva. Altri nelle virtù della vita contemplativa, delle cose più divine ed
intelligibili, come Aristotele».
Tommaso d’Aquino, Super Matthaeum.
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4. PERSONA (E BENE COMUNE)
«L’uomo è per natura un animale politico e chi vive fuori dalla comunità civile, per sua
natura e non per qualche caso, o è un abietto o è superiore all’uomo […] ed è tale per
natura e nello stesso tempo desideroso di guerra in quanto è isolato come una pedina
tra le pedine. Perciò, che l’uomo sia un essere più socievole di qualunque ape e di
qualunque animale da gregge, è chiaro. Perché la natura, come diciamo, non fa niente
senza ragione e l’uomo è l’unico essere ad avere la parola. La voce è espressione di
dolore e di piacere, perciò la posseggono anche gli altri animali […], invece la parola
serve a comunicare ciò che è utile e ciò che è nocivo, e quindi anche ciò che è giusto e
ciò che è ingiusto; questo infatti è proprio dell’uomo rispetto agli altri animali, l’avere
egli solo, la percezione del bene e del male, del giusto e dell’ingiusto e delle altre cose;
e l’avere in comune tutto questo costituisce la famiglia e lo stato […]. Chi non è in
grado di fare parte di una comunità civile o non ha bisogno di nulla perché basta a se
stesso, non è parte dello stato. Quindi o è una bestia o è un dio».
Aristotele, Politica
«Il bene comune della civitas non è né la semplice collezione dei beni privati, né il
proprio di un tutto che (come la specie, per esempio, riguardo agli individui, o come
l’alveare per le api) frutti soltanto per sé e sacrifichi a sé le parti; è la vita buona
umana della moltitudine, di una moltitudine di persone, ossia delle totalità carnali e
spirituali insieme, e principalmente spirituali, benché accada loro di vivere più sovente
nella carne che nello spirito. Il bene comune della civitas è la loro comunione nel viver
bene».
J. Maritain, La persona e il bene comune
«[L’azione dell’uomo] può seguire il pendio della personalità, o il pendio
dell’individualità materiale. Se lo sviluppo dell’essere umano ha luogo nel senso
dell’individualità materiale, egli andrà nel senso dell’io odioso, la cui legge è di
prendere, di assorbire per sé; e nello stesso istante la personalità come tale tenderà ad
alterarsi, a dissolversi. Se, al contrario, lo sviluppo va nel senso della personalità
spirituale, allora l’uomo si dirigerà nel senso dell’io generoso degli eroi e dei santi».
J. Maritain, La persona e il bene comune
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5. PRUDENZA
«La prudenza è una virtù massimamente necessaria alla vita umana. Vivere bene
significa agire bene. Ma perché qualcosa sia fatto bene, non solo è importante ciò che
viene fatto, ma anche il modo in cui lo si fa, ovvero secondo una scelta buona e
ponderata, non solo d’impulso o per l’emozione. Ma poiché la scelta riguarda i mezzi
rispetto al fine, la scelta buona e ponderata richiede due condizioni, ovvero un fine
appropriato e dei mezzi che con esso siano ben accordati. L’uomo si dispone ad un fine
appropriato grazie a quella virtù che educa il desiderio, il cui obiettivo è il bene ed il
fine».
Tommaso d’Aquino, Summa Theologiae
«L’emotivismo […] è la dottrina secondo cui tutti i giudizi di valore, e più
specificatamente tutti i giudizi morali, non sono altro che espressioni di una preferenza,
espressioni di un atteggiamento o di un sentimento, e appunto in questo consiste il loro
carattere di giudizi morali o di valore».
A. MacIntyre, Dopo la virtù
«non si deve ricercare la precisione nella stessa misura in rutti i discorsi, proprio come
avviene anche nelle produzioni degli artigiani: le cose belle e giuste, su cui indaga la
politica, hanno tanta varietà e mutevolezza da sembrare tali solo per convenzione e non
per natura […].
Dunque ci si deve accontentare se, trattando di tali argomenti e a partire da tali
premesse, la verità viene mostrata solo approssimativamente e a grandi linee, e se,
riguardo a oggetti che sono per lo più e a partire da premesse simili, non si giunge che
a conclusioni per lo più».
Aristotele, Etica Nicomachea
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6. AMICIZIA
«L’amicizia è una virtù o s’accompagna alla virtù; inoltre essa è cosa necessarissima
per la vita. Infatti nessuno sceglierebbe di vivere senza amici, anche se avesse tutti gli
altri beni (e infatti sembra che proprio i ricchi e coloro che posseggono cariche e poteri
abbiano soprattutto bisogno di amici; infatti quale utilità vi è in questa prosperità, se è
tolta la possibilità di beneficare, la quale sorge ed è lodata soprattutto verso gli amici?
O come essa potrebbe esser salvaguardata e conservata senza amici? Infatti quanto più
essa è grande, tanto più è malsicura). E si ritiene che gli amici siano il solo rifugio nella
povertà e nelle altre disgrazie; e ai giovani l’amicizia è d’aiuto per non errare, ai vecchi
per assistenza e per la loro insufficienza ad agire a causa della loro debolezza, a quelli
che sono nel pieno delle forze per le belle azioni».
«Tre dunque sono le specie di amicizie, come tre sono le specie di qualità suscettibili
d'amicizia: e a ciascuna di esse corrisponde un ricambio di amicizia non nascosto. E
coloro che si amano reciprocamente si vogliono reciprocamente del bene, riguardo a
ciò per cui si amano. Quelli dunque che si amano reciprocamente a causa dell'utile non
si amano per se stessi, bensì in quanto deriva loro reciprocamente un qualche bene;
similmente anche quelli che si amano a causa del piacere. […] L'amicizia perfetta è
quella dei buoni e dei simili nella virtù».
Aristotele, Etica Nicomachea
«Noi giudichiamo e distinguiamo il bene e il male avendo in mente alcuni eventi o
alcune persone, assenti nel tempo e nello spazio, che sono diventati un esempio. E di
esempi del genere ce ne sono tanti. Possono essercene anche tra coloro che ci vivono
accanto. […] Le nostre decisioni sul bene e il male dipendono dalla scelta dei nostri
compagni, di coloro con cui vogliamo passare il resto dei nostri giorni. E anche qui,
questa compagnia è scelta pensando a certi esempi, all’esempio di persone vive o morte,
reali o irreali, e all’esempio di eventi passati e presenti. Nel malaugurato caso che
qualcuno venisse a dirci che preferisce la compagnia di Barbablù, prendendolo a
esempio, la sola cosa che potremmo fare sarebbe di assicurarci che ci stia lontano. Ma
il caso più plausibile e frequente, purtroppo, è quello di coloro che vengono a dirci che
non importa, che qualsiasi compagnia andrà bene».
H. Arendt, Alcune questioni di filosofia
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