UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI MILANO Facoltà di Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali Corso di Laurea in Matematica (triennale) Topologie deboli e loro metrizzabilità in spazi di Banach Relatore: Prof. Clemente Zanco Elaborato Finale di: Andrea Marchese matricola n. 666861 Anno Accademico 2005/2006 Indice Introduzione 2 Avvertenze 4 Simbologia 5 1 Convergenza in spazi topologici 1.1 Insiemi diretti e Net . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 6 6 1.2 Successioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 12 2 Spazi metrizzabili 16 2.1 Teoremi di metrizzabilità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 16 2.2 Metrizzabilità in SVT . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 22 3 Topologie deboli 23 3.1 Generalità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 23 3.2 Confronti fra topologie deboli e forti . . . . . . . . . . . . . . 30 3.3 Metrizzabilità delle topologie deboli . . . . . . . . . . . . . . . 39 3.4 Applicazioni a C(Ω) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 42 4 Spazi k∗ -metrizzabili 4.1 4.2 44 Definizioni e prime proprietà . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 44 k∗ -metrizzabilità della topologia debole . . . . . . . . . . . . . 46 Bibliografia 49 Introduzione Nell’ottica di recuperare la compattezza, che negli spazi normati infinitodimensionali viene persa ogni volta che si ha a che fare con insiemi il cui interno sia non vuoto, si introducono topologie, che vengono chiamate deboli, meno fini di quella indotta dalla norma, riservando a quest’ultima la qualifica di forte. La topologia debole di uno spazio normato hrisp: debole∗ del duale topologico di uno spazio normatoi è definita come la topologia meno fine per la quale gli elementi del duale topologico hrisp: del predualei rimangano continui. Scopo di questa tesi è descrivere le proprietà fondamentali di queste topologie, analizzarne la completezza e la metrizzabilità e infine caratterizzare gli spazi la cui topologia debole è k∗ -metrizzabile (un’estensione recente del concetto di metrizzabilità). Nel primo capitolo discuteremo la convergenza introducendo il concetto di net (o successione generalizzata), analizzando come le net possano differire dalle successioni e mostrando come sia possibile descrivere le caratteristiche di uno spazio topologico in termini di net convergenti. Infine esamineremo alcuni casi in cui le successioni sono sufficienti a descrivere la topologia. Nel secondo capitolo descriveremo alcune caratteristiche degli spazi topologici metrizzabili ed enunceremo condizioni equivalenti alla metrizzabilità: dapprima ci occuperemo di spazi separabili, in seguito analizzeremo la metrizzabilità di spazi topologici qualsiasi e in conclusione tratteremo il caso di spazi vettoriali topologici dotati di base locale numerabile. Nel terzo capitolo formalizzeremo le definizioni di topologia debole e debole∗ , mostrando che si tratta di topologie di Hausdorff, localmente convesse e strettamente contenute nella topologia forte ogni volta che si lavora in spazi infinito-dimensionali. Descriveremo gli spazi che sono completi per successioni rispetto alle topologie deboli e mostreremo Introduzione 3 che uno spazio è completo rispetto ad una delle topologie deboli se e solo se è finito-dimensionale (in questo caso le topologie deboli coincidono con quella forte). Mostreremo che le nozioni di limitatezza e separabilità di un insieme coincidono nella topologia debole e in quella forte e che per insiemi convessi chiusura e chiusura debole si equivalgono. Ci occuperemo poi di compattezza: vedremo che gli insieme debolmente∗ compatti sono tutti e soli quelli debolmente∗ chiusi e limitati (proprietà che permette di caratterizzare gli spazi riflessivi come spazi in cui la bolla unitaria chiusa è debolmente compatta) e che gli insiemi debolmente compatti coincidono con quelli debolmente compatti per successioni. Descriveremo alcune caratteristiche degli spazi che hanno la proprietà di Schur, ovvero degli spazi in cui le successioni convergono fortemente ogni volta che convergono debolmente. Passeremo poi ad occuparci della metrizzabilità delle topologie deboli: dimostreremo che in uno spazio infinito-dimensionale le topologie deboli non sono mai metrizzabili, ma lo sono sui sottoinsiemi limitati se e solo se lo spazio di funzionali che le genera è separabile. Infine utilizzeremo alcuni dei risultati ottenuti per analizzare gli spazi C(Ω) i cui elementi sono funzioni continue su Ω compatto di Hausdorff: un tale spazio è separabile se e solo se Ω è metrizzabile; inoltre vedremo che un qualunque spazio di Banach è isometricamente isomorfo ad un sottospazio chiuso di qualche C(Ω). Nel quarto capitolo, allo scopo di recuperare una qualche forma di metrizzabilità delle topologie deboli sull’intero spazio, introdurremo le definizioni, assai recenti, di spazio k-metrizzabile e k∗ -metrizzabile. Vedremo che la topologia debole di uno spazio normato è k-metrizzabile se e solo se lo spazio ha la proprietà di Schur, mentre la topologia debole di uno spazio di Banach è k∗ -metrizzabile sia nel caso in cui esso abbia duale separabile sia nel caso in cui goda della proprietà di Schur (eventualità mutuamente esclusive); inoltre se la topologia debole di uno spazio di Banach è k∗ -metrizzabile, allora o il duale è separabile oppure lo spazio contiene una copia di `1 (spazio che ha la proprietà di Schur). I risultati esposti nei primi tre capitoli della tesi sono classici e, dove non indicato espressamente, reperibili nell’unione dei testi elencati in bibliografia. Alcuni degli esempi prodotti sono rielaborazioni personali di esempi noti. Avvertenze La tesi è suddivisa in due sezioni: la prima comprende i primi due capitoli e tratta questioni riguardanti spazi topologici generici; nella seconda parte viene affrontato lo studio delle topologie deboli in spazi normati. Per la comprensione della prima parte è sufficiente la conoscenza degli aspetti basilari della topologia generale ([6], Cap. 1). Per indicare una net scriveremo spesso {xσ } o, in ogni caso, utilizzeremo lettere greche per gli indici; questo per differenziarle dalle successioni, che indicheremo spesso con la notazione {xn }∞ n=1 o semplicemente con {xn }. Per la comprensione della seconda parte (in particolare del terzo capitolo) è necessario conoscere alcuni aspetti fondamentali dell’analisi funzionale; in particolare si fa largo uso del teorema di Banach-Steinhaus e di varie versioni del teorema di Hahn-Banach ([13], Parte I). Lungo tutta la tesi (X, τ ) denoterà uno spazio topologico, mentre si indicherà con (X, d) uno spazio metrico. Con abuso di notazione, si scriverà solo X, qualora sia chiaro dal contesto il tipo di spazio in questione; nel caso si tratti di uno spazio normato, la norma verrà denotata con || · ||; per indicare il duale topologico dello spazio si scriverà X ∗ . L’immersione canonica di uno spazio normato nel suo duale secondo verrà denotata con Q. Le lettere gotiche indicheranno famiglie di insiemi. Simbologia A Chiusura di A ◦ A A\B Q F ∈F F Interno di A Differenza insiemistica Prodotto cartesiano degli elementi di F BX SX b X co(X) Bolla unitaria chiusa: {x ∈ X : ||x|| ≤ 1} Sfera unitaria: {x ∈ X : ||x|| = 1} Completamento di X Involucro convesso di X τ|A c0 Restrizione della topologia τ ad A Spazio delle successioni a valori reali nulle all’infinito con la norma dell’estremo superiore Spazio delle successioni a valori reali a supporto finito con la norma dell’estremo superiore c00 `1 `2 `∞ Spazio delle successioni a valori reali assolutamente sommabili con la norma integrale Spazio di Hilbert delle successioni a valori reali a quadrato sommabile Spazio delle successioni a valori reali limitate con la norma dell’estremo superiore Capitolo 1 Convergenza in spazi topologici Questo capitolo è dedicato allo studio della convergenza di Moore Smith; introdurremo il concetto di net (o successione di Moore Smith) e vedremo come le net permettano di descrivere completamente la topologia di uno spazio in termini di convergenza, analogamente a come le successioni permettono di descrivere topologia degli spazi metrici. Si faccia riferimento a [6], Cap. 2; [4], [10], Cap. 2.1. 1.1 Insiemi diretti e Net Sia X un insieme e ¹ una relazione binaria su X. Diciamo che ¹ dirige X, o che X è diretto da ¹, se ¹ ha le seguenti proprietà: • Se x ¹ y e y ¹ z allora x ¹ z. • x ¹ x per ogni x ∈ X. • Per ogni x, y ∈ X esiste z ∈ X tale che x ¹ z e y ¹ z. Un sottoinsieme A ⊂ X diretto da ¹ è cofinale in X se per ogni x ∈ X esiste a ∈ A tale che x ¹ a. È immediato verificare che un sottoinsieme cofinale di un insieme diretto è esso stesso un insieme diretto. ESEMPIO 1.1.1. Sia X uno spazio topologico e sia x ∈ X. Sia U(x) la famiglia degli intorni di x con la relazione ¹, definendo U ¹ V ogni volta che U ⊃ V . Allora U(x) è un insieme diretto. 1.1 Insiemi diretti e Net ESEMPIO 1.1.2. Sia Σ un insieme diretto da ¹. 7 Allora Σ × Σ è un insieme diretto da ≺, dichiarando (σα , σβ )≺(σγ , σδ ) ogni volta che σα ¹ σγ . È degno di nota il fatto che (σα , σβ )≺(σα , σδ ) e (σα , σδ )≺(σα , σβ ) ma (σα , σβ )6=(σα , σδ ). Una net in un insieme X è una generica funzione da un insieme non vuoto Σ a X, dove Σ è diretto da ¹ ed è detto insieme degli indici. Una net verrà denotata con il simbolo S = {xσ , σ ∈ Σ}, dove xσ è l’immagine in X dell’elemento σ ∈ Σ. Scriveremo spesso S = {xσ }, quando l’abuso di notazione non crei confusione. ESEMPIO 1.1.3. Ogni successione è una net, che ha come insieme diretto N con l’ordinamento naturale. ESEMPIO 1.1.4. Sia I ={a, b, c} un insieme di tre elementi. Sia ¹ la relazione definita da: α ¹ α ∀α ∈ I; a ¹ c; b ¹ c. Definiamo una net {xα , α ∈ I} con immagine in N tale che: xa = 1; xb = 2; xc = 3. Questo esempio mette in evidenza alcune importanti differenze tra net e successioni: 1. Una net può avere come insieme degli indici un insieme finito. 2. Una net può avere un ultimo termine e più di un primo termine. 3. L’insieme degli indici di una net non è necessariamente una catena. Una net S = {xσ , σ ∈ Σ} è in I se xσ ∈ I per ogni σ ∈ Σ; è definitivamente in I se esiste σ0 ∈ Σ tale che xσ ∈ I per ogni σ tale che σ0 ¹ σ; è frequentemente in I se esiste un sottoinsieme cofinale A ⊂ Σ tale che S|A è in I. Chiaramente se S è definitivamente in I, allora è frequentemente in I; se non è frequentemente in I, allora è definitivamente nel complementare di I. Una net S = {xσ , σ ∈ Σ} in uno spazio topologico (X, τ ) converge a x (oppure x è un punto limite di S) se S è definitivamente in ogni τ -intorno di x. Una net può convergere a più di un punto; l’insieme dei punti limite di una net S = {xσ , σ ∈ Σ} verrà denotato con limσ∈Σ xσ o lim S. Se la net S = {xσ , σ ∈ Σ} ha un solo punto limite scriveremo x = limσ∈Σ xσ = 1.1 Insiemi diretti e Net 8 lim S. Mostriamo ora come è possibile caratterizzare uno spazio topologico in funzione delle sue net convergenti. Ricordiamo che una prebase per una topologia su uno spazio X è una famiglia di insiemi le cui intersezioni finite costituiscono una base. Proposizione 1.1.5. Sia B una prebase per la topologia di uno spazio X. Sia S = {xσ , σ ∈ Σ} una net in X e sia x ∈ X. Allora x ∈ lim S se e solo se S è definitivamente in ogni B ∈ B che contiene x. Dimostrazione. Sia A la base generata dalle intersezioni finite di elementi di B. S è definitivamente in ogni intorno di x, quindi in ogni elemento di A che contiene x, quindi in ogni B ∈ B che contiene x. Viceversa, se S è definitivamente in ogni elemento di B che contiene x è definitivamente anche in ogni elemento di A che contiene x, quindi x ∈ lim S. Proposizione 1.1.6. Siano X e Y spazi topologici, sia f : X → Y . Allora f è continua se e solo se per ogni net {xσ } che converge a x ∈ X la net {f (xσ )} converge a f (x). Dimostrazione. Se f è continua e {xσ } converge a x, allora per ogni intorno V di f (x) si ha che {f (xσ )} è definitivamente in f (f −1 (V )) ⊂ V . Viceversa, supponiamo che f non sia continua: sia V un intorno di f (x) tale per cui non esiste alcun intorno U di x per il quale valga f (U ) ⊂ V . Costruiamo una net S = {xU , U ∈ U(x)}, dove U(x) è diretto da ⊃, come nell’Esempio 1.1.1, e xU è un punto di U tale che f (xU ) ∈ / V . Allora {xU } converge a x, ma f (x) ∈ / lim f (S). Corollario 1.1.7. Se per due topologie su uno stesso insieme le stesse net hanno gli stessi punti limite, allora la mappa identità è un omeomorfismo fra i due spazi topologici. Un punto x ∈ X è un punto di accumulazione della net S se S è frequentemente in ogni intorno di x. È possibile descrivere i punti di accumulazione di un insieme, la chiusura e in definitiva la topologia di un insieme specificando la classe di net convergenti. In uno spazio metrico un punto è nella chiusura di un insieme A se e solo se esiste una successione in A che converge a tale 1.1 Insiemi diretti e Net 9 punto. Lo stesso è vero per uno spazio topologico in generale, se sostituiamo al termine successione il termine net. Proposizione 1.1.8. Sia A un sottoinsieme di uno spazio topologico X e sia x ∈ X. Allora x ∈ A se e solo se esiste una net in A che converge a x. Dimostrazione. Se x ∈ A allora per ogni intorno U di x esiste un punto xU di A appartenente a U . La net {xU , U ∈ U(x)} converge a x. Viceversa, se una net in A converge a x, ogni intorno di x contiene parte della net e quindi interseca A, quindi x ∈ A. Corollario 1.1.9. x è un punto di accumulazione per A se e solo se esiste una net in A \ {x} che converge a x. Diamo ora una generalizzazione del fatto che in uno spazio metrico un insieme è chiuso se e soltanto se è chiuso per successioni. Corollario 1.1.10. A è chiuso se e soltanto se contiene tutti i punti limite delle net i cui termini stanno in A. Abbiamo visto come in generale una net in uno spazio topologico possa avere più di un punto limite. Ricordiamo che in uno spazio di Hausdorff una successione convergente ha un unico limite. L’analogo enunciato per le net fornisce una caratterizzazione degli spazi di Hausdorff. Proposizione 1.1.11. Uno spazio topologico è di Hausdorff se e solo se ogni net nello spazio ha al più un punto limite. Dimostrazione. È chiaro che nessuna net in uno spazio di Hausdorff può avere due punti limite distinti. Viceversa, supponiamo che X non sia di Hausdorff e che s e t siano due punti che non possono essere separati da due aperti. Siano U1 e U2 ∈ U(s), V1 e V2 ∈ U(t). Diciamo che (U1 , V1 ) ¹ (U2 , V2 ) se U1 ⊃ U2 e V1 ⊃ V2 . Per ogni coppia (U, V ), con U ∈ U(s) e V ∈ U(t), sia x(U,V ) un elemento di U ∩ V . Allora la net {x(U,V ) } converge sia a s sia a t. Sia S = {xσ , σ ∈ Σ} una net in X, con Σ diretto da ¹, sia Σ0 un insieme diretto da ≤. Se esiste una funzione φ : Σ0 → Σ tale che: 1.1 Insiemi diretti e Net 10 • φ(σ10 ) ¹ φ(σ20 ) ogni volta che σ10 ≤ σ20 (in Σ0 ) • φ(Σ0 ) è cofinale in Σ allora la net S 0 = {xφ(σ0 ) , σ 0 ∈ Σ0 } è chiamata subnet di S. Scriveremo spesso S 0 = {xφ(σ0 ) } anzichè S 0 = {xφ(σ0 ) , σ 0 ∈ Σ0 }. Potevamo supporre che una naturale definizione di subnet fosse la restrizione di una net a un sottoinsieme cofinale dell’insieme degli indici. Si nota che questa definizione intuitiva genera in effetti solo subnet, ma sarebbe limitativa, in quanto, per esempio, implicherebbe che subnet di successioni siano sottosuccessioni. Nei prossimi esempi mostreremo come le successioni possano avere subnet che non sono sottosuccessioni. ESEMPIO 1.1.12. Sia {xn } una successione. Consideriamo il sottoinsieme di R [1, +∞) con l’ordinamento naturale e sia φ : [1, +∞) → R la funzione che associa a r ∈ [1, +∞) la sua parte intera. Allora {xφ(r) } è una subnet di {xn }. Mentre una sottosuccessione si può ottenere da una successione solo assottigliando l’insieme degli indici, abbiamo visto come una subnet si possa ottenere anche ampliando l’insieme degli indici. In questo caso si può notare come, viceversa, la successione {xn } possa essere vista in modo ovvio come una subnet di {xφ(r) }. ESEMPIO 1.1.13. Sia {xn } una successione e sia J l’insieme N con l’or- dinamento naturale, in cui però viene eliminata la relazione secondo cui un numero può essere strettamente inferiore di numeri dispari. Dunque J è un indebolimento dell’ordinamento naturale. Se consideriamo la mappa identità φ : J → N, allora {xφ(n) } è una subnet di {xn }, che non è una sottosuccessione (infatti il suo insieme degli indici non è una catena). Proposizione 1.1.14. Un punto x in uno spazio topologico X è un punto di accumulazione di una net S se e solo se S ha una subnet che converge a x. Dimostrazione. Se S ha una subnet S 0 che converge a x allora x è un punto di accumulazione per S 0 , dunque è un punto di accumulazione anche per S. Viceversa, sia x un punto di accumulazione di S = {xσ , σ ∈ Σ}. Consideriamo 1.1 Insiemi diretti e Net 11 l’insieme Σ0 costituito dalle coppie (σ, U ) dove σ ∈ Σ, U ∈ U(x) è un intorno di x tale che xσ ∈ U . Diamo a Σ0 una struttura di insieme diretto, dichiarando (σ1 , U1 ) ≺ (σ2 , U2 ) se σ1 ¹ σ2 e U1 ⊃ U2 . La net S 0 = {xσ0 , σ 0 ∈ Σ0 }, con xσ0 = x(σ,U ) = xσ , è una subnet di S che converge a x. Corollario 1.1.15. Un sottoinsieme A di uno spazio topologico è chiuso se e soltanto se contiene tutti i punti di accumulazione delle net i cui termini stanno in A. Ricordiamo che in uno spazio metrico la compattezza è equivalente alla compattezza per successioni. Diamo ora un enunciato analogo valido per uno spazio topologico in generale. Proposizione 1.1.16. Un sottoinsieme A di uno spazio topologico X è compatto se e solo se ogni net in A ha un punto di accumulazione in A. Dimostrazione. Sia {xσ } una net in A che non ha punti di accumulazione in A. Consideriamo per ogni a ∈ A un intorno aperto Ua che definitivamente non interseca la net. Sia U = {Ua , a ∈ A} un ricoprimento aperto di A. U non ammette alcun sottoricoprimento finito, perché escluderebbe la net da un certo termine in poi, quindi A non è compatto. Viceversa, se A ha un ricoprimento aperto U che non ammette alcun sottoricoprimento finito, costruiamo U0 da U aggiungendo le intersezioni finite dei suoi elementi. U0 è un insieme diretto dalla relazione ⊃ e non ammette alcun sottoricoprimento finito. Per ogni U 0 ∈ U0 sia xU 0 ∈ A \ U 0 . Allora {xU 0 , U 0 ∈ U0 } è una net in A tale che se U10 ⊂ U20 allora xU20 ∈ / U1 . Dunque {xU 0 } non ha punti di accumulazione in A. Un’ultranet è una net con la proprietà che è definitivamente in ogni insieme in cui è frequentemente. Mostreremo come questi strumenti permettano di caratterizzare la compattezza di spazi topologici. Proposizione 1.1.17. Sia {xσ } un’ultranet in X e sia f : X → Y una funzione. Allora {f (xσ )} è un’ ultranet in Y . Dimostrazione. Supponiamo che {f (xσ )} sia frequentemente in A ⊂ Y . Allora {xσ } è frequentemente in f −1 (A) ⊂ X, quindi è definitivamente in f −1 (A): allora {f (xσ )} è definitivamente in A. 1.2 Successioni 12 Proposizione 1.1.18. Ogni net ha una subnet che è un’ultranet. Non dimostreremo questo risultato, ma ne mostreremo alcune importanti conseguenze. Proposizione 1.1.19. Un sottoinsieme A di uno spazio topologico X è compatto se e solo se ogni ultranet in A converge in A. Dimostrazione. Se A è compatto, ogni ultranet ha un punto di accumulazione in A e quindi ha un punto limite. Viceversa, se ogni ultranet in A ha limite in A, allora ogni net in A ha una subnet che converge in A (perché ogni net ha una subnet che è un’ultranet), quindi ogni net ha un punto di accumulazione in A, che equivale a dire che A è compatto. Teorema 1.1.20 (di Tychonoff). Ogni prodotto di spazi topologici compatti è compatto. Dimostrazione. Sia {X (α) , α ∈ I} una famiglia di spazi topologici compatti e sia X il loro prodotto (con la topologia prodotto). Sia {xβ } un’ultranet (α) in X. {xβ } è un’ultranet per ogni α, perché per 1.1.17 ogni funzione (in questo caso la proiezione su X (α) ) conserva le ultranet. Esiste x ∈ X tale che (α) {xβ } converge a x(α) per ogni α ∈ I, perché ogni X (α) è compatto. Quindi {xβ } converge a x, da cui segue che X è compatto. 1.2 Successioni Abbiamo introdotto il concetto di net per descrivere la topologia di uno spazio in termini di convergenza. Ci interessa ora individuare alcune classi di spazi in cui le successioni sono sufficienti a descrivere la topologia. Uno spazio soddisfa il primo assioma di numerabilità se ogni punto ammette un sistema di intorni numerabile. Uno spazio topologico X è chiamato spazio sequenziale quando un insieme A ⊂ X è chiuso se e solo se contiene ogni limite delle successioni a valori in A che sono convergenti in X. Uno spazio topologico X è chiamato spazio di Fréchet se per ogni A ⊂ X e per ogni x ∈ A esiste una successione {xn } di punti di A che converge a x. Il seguente esempio 1.2 Successioni 13 prova l’esistenza di spazi topologici che non sono di Fréchet, visualizzando chiaramente la situazione per quanto riguarda la convergenza. Un esempio analogo, nel contesto delle topologie deboli sarà l’Esempio 3.1.10. ESEMPIO 1.2.1. Sia ½ A= 1 2n ¾∞ ⊂R n=0 e sia B = N × A ⊂ R2 . Sia C = B ∪ {(n, 0) : n ∈ N} ∪ {(∞, 0)} (vedi Figura 1.1). Dotiamo C di una topologia τ nel modo seguente. τ|C∩R2 sia la topologia 1 1/2 1/4 1/8 .. . 0 1 2 3 4 5 6 7 ... ∞ Figura 1.1: Rappresentazione dell’insieme C euclidea (ristretta a C ∩ R2 ) inoltre un sistema fondamentale U di intorni di (∞, 0) sia definito nel modo seguente. Per ogni funzione φ : I ⊂ N → A chiamiamo ipografo di φ l’insieme {(n, y) ∈ C : n ∈ I, y ≤ φ(n)} : la famiglia U sia costituita dagli ipografi di tutte le possibili funzioni φ : [n, +∞) ∩ N → A, con n = 1, 2, . . . . 1.2 Successioni 14 Chiaramente B è numerabile e il punto (∞, 0) sta nella chiusura di B, ma non esiste nessuna successione a valori in B che cada definitivamente in ogni intorno di (∞, 0). Tuttavia si noti che la successione dei punti {(n, 0)}, contenuta nella chiusura di B, converge al punto (∞, 0). Teorema 1.2.2. Ogni spazio che soddisfa il primo assioma di numerabilità è uno spazio di Fréchet; ogni spazio di Fréchet è uno spazio sequenziale. Dimostrazione. Sia x ∈ A. Sia {Un }n∈N un sistema fondamentale per gli intorni di x. Se prendiamo xn ∈ A ∩ U1 ∩ · · · ∩ Un possiamo costruire la successione {xn }, che converge a x. Questo dimostra la prima parte del teorema. Per la seconda parte occorre solo dimostrare che se uno spazio è di Fréchet, un insieme è chiuso se contiene tutti i limiti delle sue successioni. Questo deriva dal fatto che se ogni punto di A è limite di una successione di punti di A e A contiene tutti i limiti delle sue successioni, allora A ⊃ A. Proposizione 1.2.3. Sia X uno spazio topologico che soddisfa il primo assioma di numerabilità. Allora: (a) Un punto x è un punto di accumulazione di un insieme A se e solo se esiste una successione in A \ {x} che converge a x. (b) Un insieme A è aperto se e solo se ogni successione che converge a un punto di A è definitivamente in A. (c) Se x è un punto di accumulazione di una successione S, allora esiste una sottosuccessione di S che converge a x. Dimostrazione. (a) Sia x un punto di accumulazione di A e sia {Un } un sistema fondamentale di intorni di x. Possiamo ottenere una successione che converge a x, prendendo un punto xn ∈ A \ {x} ∩ U1 ∩ · · · ∩ Un per ogni n. Il viceversa è ovvio. (b) Se A non è aperto, allora X \ A non è chiuso, ovvero esiste una successione in X \ A che converge a un punto di A. Una tale successione non può essere definitivamente in A. Viceversa una successione che converge a un punto x ∈ A deve essere definitivamente in A perché A è un intorno di x. 1.2 Successioni 15 (c) Se x è un punto di accumulazione di {xn } e {Un } un sistema fondamentale di intorni di x, per ogni intero positivo i scegliamo Ni tale che Ni ≥ i e xNi ∈ U1 ∩ . . . ∩ Ui . Allora {xNi } è una sottosuccessione di {xn } che converge a x. Capitolo 2 Spazi metrizzabili Nella prima parte del capitolo i due principali teoremi forniscono condizioni necessarie e sufficienti affinché uno spazio sia, rispettivamente, metrizzabile e separabile, e metrizzabile. Il primo di essi è il teorema di Urysohn e, nonostante tratti un caso molto particolare, per molti anni è stato ritenuto uno dei risultati più soddisfacenti in questo ambito. Il secondo è più recente e la sua dimostrazione consiste in parte di una variazione del procedimento di Urysohn, ma globalmente richiede un nuovo tipo di costruzione. Nell’ultima parte si illustra un risultato sugli spazi vettoriali topologici. Fare riferimento a [6], Cap. 4, per la prima parte, [13], 1.24, per la seconda. 2.1 Teoremi di metrizzabilità Dato un insieme generico non è possibile trovare su di esso una topologia rispetto alla quale l’intero spazio risulti compatto, che sia strettamente più fine di una topologia di Hausdorff, come mostra la seguente: Proposizione 2.1.1. Siano τ1 ⊂ τ2 due topologie sullo stesso insieme X. Se (X, τ1 ) è di Hausdorff e (X, τ2 ) è compatto, allora τ1 = τ2 . Dimostrazione. Sia C τ2 -chiuso. C è τ2 -compatto perché chiuso in un compatto. Dato che τ1 ⊂ τ2 , C è τ1 -compatto, dunque, essendo compatto in uno spazio di Hausdorff, è τ1 -chiuso. 2.1 Teoremi di metrizzabilità 17 Ricordiamo che uno spazio topologico soddisfa il secondo assioma di numerabilità se ammette una base numerabile, inoltre ricordiamo che uno spazio X si dice di Lindelof se ogni ricoprimento aperto di X ammette un sottoricoprimento numerabile. Nel risultato che segue vedremo che in uno spazio metrico le due proprietà si equivalgono. Teorema 2.1.2. Per ogni spazio metrizzabile X, le seguenti affermazioni sono equivalenti: (i) X soddisfa il secondo assioma di numerabilità. (ii) X è di Lindelof. (iii) X è separabile. Dimostrazione. È facile verificare la validità di (i) ⇒ (ii) in un qualunque spazio topologico. (ii) ⇒ (i) Consideriamo, per ogni q ∈ Q, il ricoprimento di X costituito da tutti gli aperti di X di diametro ≤ q. Sia Bq un suo sottoricoprimento S numerabile. La famiglia B = q∈Q Bq è una base numerabile per X. (i) ⇔ (iii) Data una base numerabile B di X, costruiamo l’insieme SB prendendo per ogni B ∈ B un punto xB ∈ B. SB è numerabile e denso in X. Viceversa, sia S un sottoinsieme denso numerabile di X. La collezione di insiemi BS = {Bq (s) : q ∈ Q, s ∈ S}, dove Bq (s) è la bolla centrata in s di raggio q, è una base numerabile per X. In particolare in uno spazio metrizzabile ogni compatto è separabile. Vedremo nel prossimo capitolo che questo non è vero per uno spazio topologico qualunque (cfr:3.2.25). Uno spazio topologico si dice normale se per ogni coppia di chiusi disgiunti A e B esistono due aperti disgiunti U e V tali che A ⊂ U e B ⊂ V . Uno spazio X si dice regolare se per ogni punto x ∈ X e ogni U ∈ U(x) esiste un chiuso V tale che x ∈ V ⊂ U , ovvero se gli intorni chiusi sono una base per U(x) in ogni punto x ∈ X. 2.1 Teoremi di metrizzabilità 18 Lemma 2.1.3 (di Tychonoff). Ogni spazio X regolare e di Lindelof è normale. Dimostrazione. Siano A e B chiusi disgiunti di X. Dalla regolarità di X segue che per ogni punto di A esiste un aperto la cui chiusura non interseca B. Dunque A è ricoperto dalla famiglia UA di aperti la cui chiusura non interseca B. Similmente B è ricoperto da VB , dunque UA ∪ VB ∪ (X \ (A ∪ B)) è un ricoprimento aperto di X. Dunque esiste una successione {Un } di membri di UA che ricopre A e una successione {Vn } di membri di VB che ricopre B. Definiamo: [ [ Un0 = Un \ {Vi }; Vn0 = Vn \ {Ui }. i≤n i≤n Si verifica che Un0 non interseca Vm e quindi non interseca Vm0 per m ≤ n. Applicando lo stesso ragionamento con i ruoli di U e V invertiti, si deduce S S che {Un0 : n ∈ N} non interseca {Vn0 : n ∈ N} e i due insiemi sono aperti contenenti rispettivamente A e B. Lemma 2.1.4 (di Urysohn). Se A e B sono due chiusi disgiunti in uno spazio normale X, allora esiste una funzione continua f : X → [0, 1] tale che f (A) = 0 e f (B) = 1. Dimostrazione. Sia D = { 2pq : p, q ∈ N}. Definiamo F : D → X in modo che: se t > 1, F (t) = X; F (1) = X \ B; F (0) = A0 , con A0 aperto tale che A ⊂ A0 e A0 ∩ B = Ø. Imponiamo inoltre che, dato t ∈ (0, 1) ∩ D della forma 2m+1 , F (t) sia un aperto tale che 2n µ F 2m 2n ¶ µ ⊂ F (t), F (t) ⊂ F 2m + 2 2n ¶ . È possibile farlo perché X è normale. Definiamo ora f : X → [0, 1] tale che per ogni x ∈ X, f (x) = inf{t : x ∈ F (t)}. Ovviamente si ha f (A) = 0 e f (B) = 1. Per provare che f è continua mostriamo che f −1 ([0, a)) e f −1 ((b, 0]), con a ≤ 1 e b ≥ 0, sono aperti in X. Si ha f (x) < a ⇔ esiste 2.1 Teoremi di metrizzabilità 19 t < a tale che x ∈ F (t), dunque f −1 ([0, a)) = [ {F (t)} t<a è aperto. Similmente f (x) > b ⇔ esiste t0 > b tale che x ∈ / F (t0 ), allora esiste t, con t0 > t > b tale che x ∈ / F (t), dunque f −1 ((b, 0]) = [ {X \ F (t)} t>b è aperto. Dati X uno spazio topologico e F una famiglia di funzioni f : X → Yf , Q definiamo la mappa e : X → {Yf : f ∈ F}, detta valutazione, tramite la relazione e(x)f = f (x) per ogni x ∈ X, dove e(x)f indica la coordinata f -esima di e(x). Si dice che una famiglia F di funzioni separa i punti se per ogni coppia di punti distinti x, y ∈ X esiste f ∈ F tale che f (x) 6= f (y). Una famiglia separa punti e chiusi se per ogni chiuso A di X e ogni punto x ∈ X\A esiste f ∈ F tale che f (x) ∈ / f (A). Verificheremo come alcune caratteristiche di F garantiscano determinate proprietà della mappa valutazione e. Embedding Lemma 2.1.5. Sia F una famiglia di funzioni f : X → Yf , Allora: Q (a) La mappa e è continua da X a {Yf : f ∈ F}. (b) La mappa e è aperta da X in e(X) se F separa punti e chiusi. (c) La mappa e è iniettiva se e solo e F separa i punti. Dimostrazione. (a) Sia Pf la proiezione sulla coordinata f -esima. Si ha che Pf ◦ e(x) = f (x), quindi e è continua. (b) Mostriamo che l’immagine di un intorno aperto U ∈ U(x) contiene l’intersezione fra e(X) e un intorno di e(x). Scegliamo f ∈ F tale che f (x) ∈ / X \ U . L’insieme: ( y∈ Y f ∈F ) {Yf } : yf ∈ / f (X \ U ) 2.1 Teoremi di metrizzabilità 20 è aperto e la sua intersezione con e(X) è contenuta in e(U ). (c) Ovvio. Osservazione 2.1.6. Sia (X, d) uno spazio metrico. Definiamo δ(x, y) = min{1, d(x, y)} per ogni x, y ∈ X. Allora (X, δ) è uno spazio metrico omeomorfo a (X, d) e il suo diametro non supera 1. Osservazione 2.1.7. Sia {(Xn , dn ), n ∈ N} una famiglia numerabile di spazi metrici compatti. Per l’osservazione precedente possiamo supporre che abbiaQ no diametro al più 1. Allora il prodotto cartesiano X = {Xn , n ∈ N} è uno spazio metrizzabile, dove una metrica compatibile con la topologia è definita P 1 da d(x, y) = d (x , y ). 2n n n n Dimostrazione. Proviamo che la topologia τd indotta dalla metrica coincide con la topologia prodotto τ . τd ⊂ τ , infatti: sia V la τd -bolla di centro x e raggio 21p , sia: ½ U = y : dn (xn , yn ) < 1 2p+n+2 ¾ per n ≤ p + 2 , allora U ⊂ V . L’inclusione opposta segue da 2.1.1, ricordando che (X, τd ) è di Hausdorff perché metrizzabile, mentre (X, τ ) è compatto per 1.1.20. Il prodotto cartesiano di intervalli chiusi unitari, con la topologia prodotto è detto cubo. Un cubo, quindi, è l’insieme I A delle funzioni da A all’intervallo chiuso I, con la topologia della convergenza puntuale. Nel seguito denoteremo con I ω il prodotto di I con se stesso un infinità numerabile di volte; ovvero I ω è l’insieme delle funzioni da N a I, con la topologia prodotto. Teorema 2.1.8 (di Urysohn). Sia X uno spazio T1 , regolare, che soddisfa il secondo assioma di numerabilità. Allora X è omeomorfo a un sottospazio del cubo I ω , e quindi è metrizzabile. Dimostrazione. Dall’Osservazione 2.1.7 segue che I ω è metrizzabile. Per 2.1.5 è sufficiente dimostrare che esiste una famiglia F numerabile di funzioni f : X → Q che separa punti e chiusi. Sia B una base numerabile per X e sia A l’insieme delle coppie (U, V ) con U, V ∈ B tali che U ⊂ V . A è numerabile. 2.1 Teoremi di metrizzabilità 21 Costruiamo la famiglia di funzioni F come segue: per ogni (U, V ) scegliamo f : X → I continua tale che f (U ) = 0 e f (X \ V ) = 1. È possibile farlo in virtù di 2.1.4, della normalità di X che segue da 2.1.3 e da (i) ⇒ (ii) in 2.1.2. Se B è chiuso in X e x ∈ X \ B, sia V ∈ B tale che x ∈ V ⊂ X \ B, sia U ∈ B tale che x ∈ U ⊂ V . Sia f ∈ F la funzione corrispondente alla coppia (U, V ). Allora si ha f (x) = 0 e f (B) = 1, quindi F separa punti e chiusi. Teorema 2.1.9. Sia X uno spazio T1 . Allora le seguenti affermazioni sono equivalenti: (i) X è regolare e soddisfa il secondo assioma di numerabilità. (ii) X è omeomorfo a un sottospazio del cubo I ω . (iii) X è metrizzabile e separabile. Il risultato precedente esaurisce il caso particolare degli spazi separabili. Vogliamo ora migliorare il procedimento, indebolendo la richiesta di una base di intorni numerabile. La chiave di questo problema sta nella nozione di locale finitezza. Una famiglia A di sottoinsiemi di uno spazio topologico X si dice localmente finita se per ogni x ∈ X esiste un intorno U ∈ U(x) che interseca un numero finito di elementi di A. Una famiglia A di sottoinsiemi di X si dice discreta se per ogni x ∈ X esiste un intorno U ∈ U(x) che interseca al più un elemento di A. Uno spazio topologico X si dice σ-localmente finito hrisp: σdiscretoi se lo spazio è unione numerabile di famiglie localmente finite hrisp: discretei. Si può dimostrare che uno spazio regolare dotato di una base σlocalmente finita è metrizzabile e che ogni ricoprimento aperto di uno spazio metrico è dotato di un raffinamento σ-discreto. Dalle precedenti affermazioni si deduce un teorema di caratterizzazione degli spazi metrizzabili. Teorema 2.1.10. In uno spazio topologico X, le seguenti affermazioni sono equivalenti: (i) X è metrizzabile. (ii) X è regolare e dotato di una base σ-localmente finita. (iii) X è regolare e dotato di una base σ-discreta. 2.2 Metrizzabilità in SVT 2.2 22 Metrizzabilità in SVT In uno spazio vettoriale topologico (SVT), oltre alla metrizzabilità è ragionevole richiedere che la metrica che induce la topologia sia in particolare invariante per traslazioni. Uno spazio vettoriale topologico si dice localmente convesso se per ogni punto esiste una base locale di intorni convessi. Un insieme B in uno spazio vettoriale topologico si dice bilanciato se αB ⊂ B per ogni α ∈ R, con |α| ≤ 1. Teorema 2.2.1. Sia (X, τ ) uno spazio vettoriale topologico dotato di base locale numerabile. Allora: (a) Esiste una metrica d invariante su X compatible con la topologia τ. (b) Le bolle aperte centrate in 0 sono bilanciate. Se inoltre lo spazio è localmente convesso: (c) Le bolle aperte sono convesse. Capitolo 3 Topologie deboli Scopo principale di questo capitolo è formalizzare le definizioni di topologia debole e debole∗ , descrivendone alcune caratteristiche fondamentali; in seguito ci si occupa del confronto tra queste e la topologia indotta dalla norma, analizzando in particolare questioni riguardanti completezza, metrizzabilità e compattezza. Si faccia riferimento in generale a [13], Cap. 3, [17], Cap. 3 e 10, [10], Cap. 2; riguardo la completezza fare riferimento a [9], Cap. 9. 3.1 Generalità Sia X uno spazio normato. Se non specificheremo altrimenti, con X ∗ indicheremo sempre il duale topologico di X rispetto alla topologia indotta dalla norma. La topologia debole per X, che indicheremo con il simbolo σ(X, X ∗ ), è la topologia meno fine per cui ogni elemento di X ∗ è continuo; ovvero: • ogni f ∈ X ∗ è continuo rispetto a σ(X, X ∗ ); • se τ è una topologia per X tale che ogni f ∈ X ∗ è τ -continuo, allora σ(X, X ∗ ) ⊂ τ . La famiglia di insiemi B = {f −1 (A) : f ∈ X ∗ , A intervallo aperto di R} (3.1) 3.1 Generalità 24 è una prebase per σ(X, X ∗ ). Spesso per indicare lo spazio X dotato della topologia σ(X, X ∗ ) scriveremo (X, w). In generale, dato un insieme X e una famiglia di funzioni G = {g : X → Yg }, dove Yg sono spazi topologici, la topologia σ(X, G), o topologia indotta dalla famiglia di funzioni G, è la topologia meno fine per cui ogni g ∈ G è continua. Una prebase di questa topologia è data da: B = {g −1 (B) : g ∈ G, B ∈ BYg }, (3.2) dove BYg è una base per la topologia di Yg . Proposizione 3.1.1. Sia X un insieme, sia F = {f : X → Yf }, una famiglia di funzioni che separa i punti, in cui Yf è di Hausdorff per ogni f . Allora la topologia σ(X, F) è di Hausdorff. Dimostrazione. Se x, y ∈ X sono tali che x 6= y allora esiste f ∈ F tale che f (x) 6= f (y), quindi f (x) e f (y) hanno intorni aperti disgiunti in Yf , le cui retroimmagini tramite f sono intorni aperti disgiunti di x e y. Per un corollario del teorema di Hahn-Banach, se x e y sono elementi distinti di uno spazio normato X, esiste un funzionale lineare limitato f su X tale che f (x) 6= f (y). Dunque X ∗ è una famiglia di funzioni che separa i punti: dalla proposizione precedente segue che la topologia debole per uno spazio normato è di Hausdorff. Proposizione 3.1.2. Sia S = {xα } una net in uno spazio normato X, sia x ∈ X. Allora x ∈ lim S rispetto alla topologia σ(X, X ∗ ) se e solo se {f (xα )} converge a f (x) per ogni f ∈ X ∗ . Dimostrazione. L’implicazione verso destra segue immediatamente da 1.1.6 per la continuità di ogni f . Viceversa, supponiamo che per ogni f ∈ X ∗ , {f (xα )} sia definitivamente in ogni intorno U di f (x). Allora {xα } è definitivamente in f −1 (U ), quindi da 1.1.5 segue la tesi. Sia {xn } una successione convergente nella topologia debole; dal teorema di Banach-Steinhaus, applicato alla successione {Q(xn )} di funzioni continue 3.1 Generalità 25 su X ∗ (dove Q indica l’immersione canonica di X in X ∗∗ ), segue subito che {xn } è limitata. Lo stesso non vale in generale per le net, come si vedrà nell’Esempio 3.1.10. In uno spazio normato, ogni successione convergente nella topologia ereditata dalla norma (o topologia forte) converge nella topologia debole. Per indicare una proprietà che riguarda la topologia debole diremo che è una proprietà debole (ad esempio, parleremo di limitatezza debole e compattezza debole) oppure diremo che la proprietà si verifica debolmente (parleremo di successioni debolmente convergenti). Come mostra il seguente esempio può accadere che la topologia debole sia strettamente meno fine della topologia forte. ESEMPIO 3.1.3. Sia {en } la successione di vettori unitari in `2 . Si ha che x∗ (en ) converge a 0 per ogni x∗ ∈ `∗2 , quindi la successione {en } converge debolmente a 0, mentre ovviamente non converge nella topologia forte. Lemma 3.1.4. Siano f e f1 , . . . , fn funzionali lineari sullo stesso spazio vettoriale X. Allora f è combinazione lineare di f1 , . . . , fn se e solo se Ker(f1 ) ∩ . . . ∩ Ker(fn ) ⊂ Ker(f ). Dimostrazione. L’implicazione verso destra è ovvia. Viceversa, definiamo π : X → Rn tale che π(x) = (f1 (x), . . . , fn (x)). Per ipotesi, se π(x) = π(x0 ), allora f (x) = f (x0 ), quindi esiste una funzione lineare F : Rn → R tale che f = F ◦ π. Dalla linearità di F segue che per ogni n-upla (r1 , . . . , rn ) ∈ Rn esiste (λ1 , . . . , λn ) ∈ Rn tale che F (r1 , . . . , rn ) = λ1 r1 + . . . + λn rn . Quindi per ogni x ∈ X si ha: f (x) = F (π(x)) = λ1 f1 (x) + . . . + λn fn (x). Proposizione 3.1.5. Sia X uno spazio normato. Allora (X, w) è uno spazio localmente convesso e il duale di X rispetto alla topologia σ(X, X ∗ ) coincide con X ∗ . Dimostrazione. Indicheremo il con Xw∗ duale di X rispetto alla topologia σ(X, X ∗ ). Siano {αβ } una net in R, {xβ } e {yβ } net in X e aventi tutte lo 3.1 Generalità 26 stesso insieme degli indici e convergenti rispettivamente a α, x e y. Per ogni f ∈ Xw∗ si ha: f (αβ xβ + yβ ) = αβ f (xβ ) + f (yβ ), che converge a αf (x) + f (y) = f (αx + y). Quindi addizione e prodotto per uno scalare sono σ(X, X ∗ )-continue. Inoltre la base generata da 3.1 è formata da insiemi convessi, perciò (X, w) è localmente convesso. Sia ora f0 un elemento di Xw∗ . Sia U0 l’intorno aperto di 0 ∈ X, che è retroimmagine dell’aperto (−1, 1) di R tramite f0 . Esiste un insieme finito {f1 , . . . , fn } di elementi di X ∗ e una famiglia {U1 , . . . , Un } di intorni di 0 ∈ R tali che f0 (f1−1 (U1 ) ∩ . . . ∩ fn−1 (Un )) = (−1, 1). Sia x ∈ Ker(f1 ) ∩ . . . Ker(fn ). Allora mx ∈ f1−1 (U1 ) ∩ . . . ∩ fn−1 (Un ) per ogni m ∈ N, da cui m|f0 (x)| = |f0 (mx)| < 1 per ogni m ∈ N, perciò deve essere x ∈ Ker f0 . Per il lemma precedente, questo implica che f0 è combinazione lineare di f1 , . . . , fn , quindi f0 ∈ X ∗ . L’inclusione opposta è ovvia. Si può osservare che la definizione di topologia debole può essere data, più in generale, per uno spazio vettoriale topologico. Poiché la Proposizione 3.1.5 continua chiaramente a valere anche in questo assetto, la topologia debole “costruita su una topologia debole” coincide con quella di partenza. Esempi come 3.1.3 potrebbero quindi non essere costruibili in un generico spazio vettoriale topologico. Dalla Proposizione 3.1.2, da 2.1.5 e dal fatto che X ∗ separa i punti, segue Q che la mappa valutazione e : X → {Yf : f ∈ F} è un omeomorfismo fra X e Q un sottospazio topologico di {Yf : f ∈ F} con la topologia prodotto. Dato che sottospazi topologici e prodotti topologici di spazi regolari conservano la regolarità, possiamo riassumere i risultati ottenuti finora nel seguente: Teorema 3.1.6. La topologia debole di uno spazio normato è una topologia di Hausdorff, regolare e localmente convessa, contenuta nella topologia forte. 3.1 Generalità 27 Sia X uno spazio normato e sia Q l’immersione canonica di X in X ∗∗ . La topologia debole∗ per X ∗ , o la topologia σ(X ∗ , X), è la topologia indotta dalla famiglia di funzioni Q(X); ovvero la topologia meno fine per X ∗ , tale da rendere continuo, per ogni x ∈ X, il funzionale fx : X ∗ → R, definito da fx (g) = g(x) per ogni g ∈ X ∗ . Spesso per indicare uno spazio Y dotato della topologia debole∗ scriveremo (Y, w∗ ), qualora sia evidente il preduale cui si b il completamento fa riferimento. Conviene osservare che, indicato con X b X ∗ )|X , se X non è completo non è di X, mentre si ha σ(X, X ∗ ) = σ(X, b (in altre parole la topologia debole∗ dipende vero che σ(X ∗ , X) = σ(X ∗ , X) strettamente dal preduale cui si fa riferimento). È significativo in proposito quanto si dirà dopo il Corollario 3.2.8. Conviene notare anche che gli unici elementi di X ∗∗ debolmente∗ continui sono quelli in Q(X). La topologia debole∗ per X ∗ è di Hausdorff, perché Q(X) è una famiglia di funzioni che separa i punti, è inoltre regolare e localmente convessa e il duale di X ∗ rispetto a tale topologia è Q(X). Uno spazio normato si dice riflessivo se l’immersione canonica di X in X ∗∗ è suriettiva. Dato che Q(X) ⊂ X ∗∗ e che la topologia debole per X ∗ è la topologia generata dalla famiglia di funzioni X ∗∗ , segue che la topologia debole∗ per X ∗ è meno fine della topologia debole σ(X ∗ , X ∗∗ ). Le due topologie coincidono se e solo se Q(X) = X ∗∗ , cioè se e solo se X è riflessivo. Chiaramente σ(X, X ∗ ) = σ(X ∗∗ , X ∗ )|Q(X) . Come abbiamo fatto per la topologia debole, per indicare una proprietà che riguarda la topologia debole∗ diremo che è una proprietà debole∗ o che la proprietà si verifica debolmente∗ . Uno spazio vettoriale topologico X si dice completo hrisp: completo per successioni i se ogni net hrisp: successionei di Cauchy in X ammette un limite in X. In analogia con 3.1.2, una net {xσ } è debolmente di Cauchy in uno spazio normato X se e solo se {f (xσ )} è di Cauchy per ogni f ∈ X ∗ . Teorema 3.1.7. Sia X uno spazio normato. (a) Se X è uno spazio di Banach allora (X ∗ , w∗ ) è completo per successioni. (b) Se X è uno spazio riflessivo allora (X, w) è completo per successioni. Dimostrazione. Dimostreremo solo la parte (b). La dimostrazione della parte (a) è un’applicazione del teorema di Banach-Steinhaus. 3.1 Generalità 28 (b) Se X è riflessivo e {xk } è una successione debolmente di Cauchy, allora {Q(xk )} è una successione debolmente∗ di Cauchy in X ∗∗ . Siccome X ∗∗ è debolmente∗ completo per successioni, allora {Q(xk )} converge debolmente∗ in X ∗∗ e quindi {xk } converge debolmente in X per la riflessività. Riguardo alla completezza in assoluto vale però il seguente: Teorema 3.1.8. Sia X uno spazio normato. Allora le seguenti affermazioni sono equivalenti: (i) X è finito-dimensionale. (ii) (X, w) è completo. (iii) (X ∗ , w∗ ) è completo. Dimostrazione. Dimostreremo solo l’implicazione (ii) ⇒ (i). L’implicazione (iii) ⇒ (i) si può provare analogamente, mentre le implicazioni (i) ⇒ (ii) e (i) ⇒ (iii) seguiranno immediatamente dalla Proposizione 3.2.11. Sia X infinito-dimensionale. Sia u un funzionale lineare illimitato su X ∗ . Sia I la collezione dei sottoinsiemi finiti di X ∗ alla quale diamo struttura di insieme diretto, dichiarando F1 ¹ F2 ogni volta che F1 ⊂ F2 per ogni coppia F1 , F2 ∈ I. Per ogni F ∈ I sia xF l’elemento di X tale che x∗ xF = ux∗ per ogni x∗ ∈ F . La net {xF : F ∈ I} è debolmente di Cauchy perché x∗ xF = ux∗ per ogni F che soddisfa {x∗ } ¹ F . Tuttavia {xF } non è debolmente convergente, infatti se convergesse debolmente a x ∈ X si avrebbe ux∗ = limF ∈I x∗ xF = x∗ x per ogni x∗ ∈ X ∗ ovvero si avrebbe che u è limitata. Gli spazi di misura Lp (X, Ω, µ), 1 < p < ∞, sono completi per successioni sia nella topologia debole sia nella topologia debole∗ . Per spazi di Banach non riflessivi, la completezza per successioni delle topologie deboli dipende dallo spazio in questione; ad esempio c0 non è debolmente completo per successioni (come mostreremo fra breve), mentre se µ è σ-finita, allora L1 (X, Ω, µ) lo è. Proposizione 3.1.9. Lo spazio c0 non è debolmente completo per successioni. 3.1 Generalità 29 Dimostrazione. Sia en l’n-esimo vettore unitario di c0 e sia sn = e1 + . . . + en . La successione {sn } è debolmente di Cauchy, ma l’unico valore possibile per s = lim{sn } è la successione costituita da soli 1, che non appartiene a c0 . w Sia X uno spazio normato. La chiusura debole sequenziale S seq di un insieme S ⊂ X è l’insieme di tutti i punti x ∈ X tali per cui esiste una successione in S che converge debolmente a x. Il seguente esempio, dovuto a Von Neumann, è particolarmente significativo rispetto a questo concetto. ESEMPIO 3.1.10. Sia E ⊂ `2 l’insieme delle successioni si,j = ei + iej : w w i, j ∈ N, i < j. Si ha E seq & E . w L’elemento 0 di `2 non appartiene a E seq . Infatti una successione debolmente convergente deve essere limitata. Se è a valori in E deve quindi contenere infiniti elementi del tipo sk,j per qualche k fissato, ma allora esiste una sottosuccessione debolmente convergente all’elemento ek di `2 . Questo mostra w w che E seq = E ∪ {en }n∈N e inoltre che la chiusura debole sequenziale di E seq contiene l’elemento 0, essendo questo limite debole della successione {en }. Se ne deduce che il passaggio da un insieme alla sua chiusura debole sequenziale non è un operatore di chiusura, in quanto non idempotente. Mostriamo ora direttamente che 0 appartiene alla chiusura debole di E, esibendo una net a valori in E che vi converge (di fatto , la cosa segue immediatamente dalla w w w considerazione che (E seq )seq ⊂ E ). Dati f ∈ `∗2 ed ² ∈ R+ , definiamo: Sf,² = f −1 (−², ²). È facile constatare che, per ogni coppia (f, ²) ∈ (`∗2 × R+ ), Sf,² contiene infiniti punti di E e che la stessa cosa vale per l’intersezione di una qualunque famiglia finita di insiemi del tipo Sf,² . Sia U il sistema fondamentale di intorni deboli di 0 in `2 costituito dalle intersezioni finite di insiemi del tipo Sf,² , cui diamo struttura di insieme diretto secondo la relazione usuale: U ¹ V ogni volta che U ⊃ V per ogni U, V ∈ U. La net {sU , U ∈ U}, che ad ogni U ∈ U associa un elemento del corrispondente insieme Sf1 ,²1 ∩ . . . ∩ Sfn ,²n , converge debolmente a 0. 3.2 Confronti fra topologie deboli e forti 3.2 30 Confronti fra topologie deboli e forti Un sottoinsieme A di uno spazio normato X si dice limitato hrisp: debolmente limitatoi se, per ogni intorno hrisp: intorno debolei U di 0 in X, esiste sU > 0 tale che A ⊂ tU , ogni volta che t > sU . Siccome ogni intorno debole di 0 contiene un insieme della forma V = {y ∈ X : |fi (y)| < ri per 1 ≤ i ≤ n}, dove fi ∈ X ∗ e ri > 0, allora un insieme A è debolmente limitato se e solo se f (A) è limitato in R, per ogni f ∈ X ∗ . Nonostante la topologia debole sia in generale strettamente meno fine della topologia forte, il concetto di limitatezza nelle due topologie coincide, come afferma la seguente: Proposizione 3.2.1. Un sottoinsieme A di uno spazio normato X è limitato se e solo se è debolmente limitato. Dimostrazione. Ovviamente un insieme limitato è debolmente limitato. Viceversa, sia A 6= Ø debolmente limitato in X. Per ogni f ∈ X ∗ si ha sup{|Q(x)f | : x ∈ A} = sup{|f x| : x ∈ A} < ∞. Da cui segue per il teorema di Banach-Steinhaus sup{||x|| : x ∈ A} = sup{||Q(x)|| : x ∈ A} < ∞. Corollario 3.2.2. Sia X uno spazio normato infinito-dimensionale. Allora ogni aperto debole non vuoto è illimitato. Dimostrazione. La (debole) limitatezza è invariante per traslazioni. Dunque è sufficiente dimostrare che ogni intorno aperto debole U di 0 è illimitato. Siano f1 , . . . , fn ∈ X ∗ e siano V1 , . . . , Vn intorni aperti di 0 in R tali che f1−1 (V1 ) ∩ . . . ∩ fn−1 (Vn ) ⊂ U ; 3.2 Confronti fra topologie deboli e forti 31 sia inoltre S = Ker(f1 ) ∩ . . . ∩ Ker(fn ) ⊂ U. Scegliamo f0 ∈ X ∗ \ hf1 , . . . , fn i. È possibile scegliere un tale f0 , perché da dim(X) = ∞ segue che dim(X ∗ ) = ∞. Per il Lemma 3.1.4 esiste un x ∈ S\ Ker (f0 ). Essendo S un sottospazio di X si ha nx ∈ S per ogni n ∈ N. Allora f0 (nx) = nf0 (x) → ∞, dunque f0 (S) è illimitato, da cui S è debolmente illimitato, quindi U è illimitato. Un’immediata conseguenza del corollario precedente è che ogni insieme limitato ha interno debole vuoto: questa è una sostanziale differenza fra la topologia forte e quella debole. La proposizione che segue indica una condizione necessaria affinché il divario fra le due topologie sia, in un certo senso, ridotto. Diciamo che uno spazio di Banach X è saturato dallo spazio di Banach Y se ogni sottospazio chiuso infinito dimensionale di X contiene una copia (isomorfa) di Y . Ad esempio, lo spazio di Hilbert separabile è saturato da se stesso. Proposizione 3.2.3. Se lo spazio di Banach X contiene un aperto limitato che sia un insieme Gδ rispetto alla topologia debole, allora X è saturato da c0 . Per esempio, se X = c0 e x = (xi )∞ 1 è il generico elemento di c0 , posto i fi (x) = x , i = 1, 2, . . ., è ovvio che ◦ B c0 = ∞ \ fi−1 ((−1, 1)) i=1 e che questi ultimi sono aperti deboli in c0 : ne segue che anche c0 è saturato da se stesso (non tutti gli spazi, nemmeno quelli separabili, lo sono!). Si noti che questo esempio non funzionerebbe in `∞ (a differenza di quanto accade in c0 , in `∞ si può avere ||(xi )|| = 1 con |xi | < 1 ∀ i): in effetti è noto che `∞ contiene isometricamente ogni spazio separabile, in particolare ogni spazio riflessivo separabile, per cui non può essere saturato da c0 . Per una trattazione più completa vedere [5], 3.2 Confronti fra topologie deboli e forti 32 È noto che in uno SVT ogni sottoinsieme compatto dello spazio è limitato e ogni successione di Cauchy è limitata. Da questo seguono due ulteriori corollari della Proposizione 3.2.1. Corollario 3.2.4. Sia X uno spazio normato. Allora ogni sottoinsieme debolmente compatto di X è limitato. Corollario 3.2.5. Sia X uno spazio normato. Allora ogni successione debolmente di Cauchy in X è limitata (quindi lo è ogni successione debolmente convergente, come già osservato). La proposizione successiva è l’analogo di 3.2.1 per la topologia debole∗ . È degno di nota il fatto che in questo caso viene richiesto che X sia uno spazio di Banach. Proposizione 3.2.6. Sia X uno spazio di Banach. Un sottoinsieme A di X ∗ è limitato se e solo se è debolmente∗ limitato. Corollario 3.2.7. Sia X uno spazio di Banach. Allora ogni sottoinsieme debolmente∗ compatto di X ∗ è limitato. Corollario 3.2.8. Sia X uno spazio di Banach. Allora ogni successione debolmente∗ di Cauchy in X ∗ è limitata, quindi lo è ogni successione debolmente∗ convergente. I tre enunciati precedenti non sono validi senza l’ipotesi di completezza di X. Ad esempio, con riferimento alla Proposizione 3.2.6, sia X = c00 (spazio delle successioni a supporto finito con la norma dell’estremo superiore) e sia ( A= n X )∞ ⊂ `1 , ei i=1 n=1 dove {ei }∞ 1 indica la base naturale di `1 . A è chiaramente illimitato in `1 , mentre è ovvio che per ogni x = (xi )∞ 1 ∈ c00 si ha ( x(A) = n X i=1 )∞ xi , n=1 3.2 Confronti fra topologie deboli e forti 33 che è un insieme finito, dunque limitato. Come per la topologia debole, si deduce la limitatezza debole∗ di A. Il seguente enunciato è valido anche per spazi normati che non siano completi. Corollario 3.2.9. Sia X uno spazio normato infinito-dimensionale. Allora ogni aperto debole∗ di X ∗ non vuoto è illimitato. Vogliamo ora generalizzare quanto osservato nell’Esempio 3.1.3, caratterizzando gli spazi normati in cui la topologia debole è strettamente più fine di quella forte. Premettiamo un risultato generale riguardante gli SVT. Teorema 3.2.10. Due SVT (X, τ1 ) e (X, τ2 ) con lo stesso sostegno lineare finito-dimensionale sono linearmente omeomorfi (in altre parole: assegnato uno spazio vettoriale finito-dimensionale, esiste una sola topologia che lo rende SVT). Se X è uno spazio normato infinito-dimensionale, (X, || · ||) e (X, w) non possono coincidere perché per 3.2.2 le bolle unitarie (fortemente) aperte non sono aperti deboli. Se X è finito-dimensionale, invece, le due topologie devono coincidere perché devono essere uguali all’unica topologia di Hausdorff per X. Riassumendo: Proposizione 3.2.11. In uno spazio normato la topologia debole coincide con quella forte se e solo se lo spazio è finito-dimensionale. Sia S un insieme in uno spazio normato, sia co(S) il suo involucro convesso. Poiché la chiusura di un convesso è convessa, per il teorema di Hahn||·|| e un punto z esterno ad esso possono essere fortemente Banach co(S) separati da un elemento di X ∗ . Dunque esiste un aperto debole che contiene ||·|| z e non interseca co(S) , quindi la chiusura debole di S non supera mai la chiusura forte del suo involucro convesso, da cui il seguente: Teorema 3.2.12 (di Mazur). Un sottoinsieme convesso di uno spazio normato è chiuso se e solo se è debolmente chiuso. Ovviamente un chiuso debole non è necessariamente convesso, nemmeno se contiene infiniti punti, come mostra il seguente: 3.2 Confronti fra topologie deboli e forti 34 ESEMPIO 3.2.13. Sia {xn } una successione in uno spazio normato, che non è definitivamente costante e che converge a x. L’insieme C costituito dall’unione di x e degli elementi di {xn } è un compatto forte, quindi anche compatto debole (l’indebolimento della topologia aumenta il numero di compatti). Essendo la topologia debole di Hausdorff, C è anche debolmente chiuso, ma non è convesso. Il prossimo esempio mostra che per la topologia debole∗ non vale l’analogo del Teorema 3.2.12. ESEMPIO 3.2.14. Sia X uno spazio di Banach non riflessivo e sia x∗∗ un elemento di X ∗∗ che non appartiene a Q(X). Essendo x∗∗ continuo, ma non debolmente∗ continuo, il suo nucleo è un sottoinsieme chiuso e convesso di X ∗∗ che non è debolmente∗ chiuso. Dal teorema di Mazur segue che la separabilità di un insieme, come la limitatezza, è una proprietà che equivale nella topologia debole e in quella forte. Nell’Esempio 3.2.22 vedremo che non è possibile dire lo stesso per la topologia debole∗ . Proposizione 3.2.15. Un sottoinsieme A di uno spazio normato X è separabile se e solo se è debolmente separabile. Dimostrazione. Ovviamente un insieme separabile è debolmente separabile. Viceversa, sia {an } una successione debolmente densa in A. Sia S l’insieme delle combinazioni lineari (finite) a coefficienti razionali di elementi di {an }. L’insieme S è numerabile e la sua chiusura forte è un insieme conves||·|| w ||·|| so. Allora, per 3.2.12, S coincide con S e quindi S contiene A. In uno spazio metrico sottoinsiemi di insiemi separabili sono separabili, perciò A è separabile. Un corpo è un insieme convesso non vuoto che coincide con la chiusura del proprio interno. La bolla unitaria chiusa BX di uno spazio normato è un esempio di corpo convesso. Proposizione 3.2.16. Sia X uno spazio normato infinito-dimensionale. Allora la chiusura debole della sfera unitaria SX è la bolla BX . 3.2 Confronti fra topologie deboli e forti 35 Dimostrazione. Sia x ∈ X, con ||x|| < 1. Sia U un intorno debole di x. Per quanto visto nella dimostrazione di 3.2.2 esiste v ∈ X \ {0} tale che x + λv ∈ U per ogni λ ∈ R. Sia φ : R → R, definita da φ(λ) = ||x + λv||. La mappa φ è continua con φ(0) < 1 e limλ→+∞ φ(λ) = +∞. Sia λ0 tale che φ(λ0 ) = 1 e sia x0 = φ−1 (λ0 ) ∈ SX . Dunque, qualunque sia x punto interno di BX , ogni intorno debole di x interseca SX ; ovvero la chiusura debole di SX contiene BX . Perciò: ω SX ⊂ BX ⊂ SX , da cui per 3.2.12 si ha la tesi. Più in generale vale la seguente: Proposizione 3.2.17. La chiusura debole del bordo forte di un corpo convesso coincide con il corpo stesso. Nel tentativo di estendere alcune proprietà degli spazi normati finitodimensionali a quelli infinito-dimensionali, una delle perdite più importanti è la proprietà di Heine-Borel: infatti in uno spazio normato infinitodimensionale X, la bolla unitaria chiusa BX non è mai compatta (nella topologia forte). Il fatto che in uno spazio infinito-dimensionale le topologie deboli siano strettamente meno fini della topologia forte permette, in alcuni casi, di recuperare la compattezza. Il prossimo teorema fornisce una caratterizzazione degli insiemi debolmente∗ compatti, analoga alla caratterizzazione degli insiemi compatti negli spazi euclidei: infatti un sottoinsieme del duale X ∗ di uno spazio di Banach X è debolmente∗ compatto se e solo se è debolmente∗ chiuso e limitato. Teorema 3.2.18 (di Banach-Alaoglu). Sia X uno spazio normato. Allora BX ∗ è debolmente∗ compatta. Corollario 3.2.19. Sia X uno spazio normato. Allora ogni sottoinsieme di X ∗ limitato e debolmente∗ chiuso è debolmente∗ compatto. Quanto segue mostra che non è possibile estendere la validità del teorema di Banach-Alaoglu a uno spazio (X, w) generico. 3.2 Confronti fra topologie deboli e forti 36 Teorema 3.2.20 (di Goldstine). Sia X uno spazio normato e sia Q la mappa canonica di X in X ∗∗ . Allora Q(BX ) è debolmente∗ denso in BX ∗∗ . Il teorema precedente, insieme al teorema di Banach-Alaoglu permette di fornire un’importante caratterizzazione degli spazi riflessivi: Teorema 3.2.21. Uno spazio normato X è riflessivo se e solo se BX è debolmente compatto. Dimostrazione. L’implicazione verso destra è un ovvia conseguenza del teorema di Banach-Alaoglu. Viceversa, se BX è debolmente compatto, allora Q(BX ) è debolmente∗ compatto, quindi debolmente∗ chiuso. Il teorema di Goldstine assicura: w∗ Q(BX ) = Q(BX ) = BX ∗∗ , da cui Q(X) = X ∗∗ . Come anticipato mostriamo un esempio di spazio normato che non è separabile, ma è debolmente∗ separabile. ESEMPIO 3.2.22. `∞ è debolmente∗ separabile (si intende: nella topologia σ(`∗∞ , `1 )), infatti il teorema di Goldstine assicura che lo spazio separabile c0 è debolmente∗ denso in `∞ . Un insieme S in uno spazio topologico X si dice numerabilmente compatto se da ogni ricoprimento aperto numerabile di S è possibile estrarre un sottoricoprimento finito. Si dice compatto per punti di accumulazione se ogni sottoinsieme infinito di S ha un punto di accumulazione. Si dice compatto per successioni se ogni successione in S possiede una sottosuccessione convergente in S. In uno spazio metrico un insieme è compatto se e solo se è compatto per successioni. Nonostante uno spazio normato infinitodimensionale dotato della topologia debole non sia mai metrizzabile (come vedremo nel prossimo capitolo), il teorema di Eberlein-Smulian asserisce l’equivalenza tra compattezza debole e compattezza debole per successioni in qualunque spazio normato. Teorema 3.2.23 (di Eberlein-Smulian). Sia X uno spazio normato, sia S un sottoinsieme di X. Allora le seguenti affermazioni sono equivalenti: 3.2 Confronti fra topologie deboli e forti 37 (i) S è debolmente compatto. (ii) S è debolmente numerabilmente compatto. (iii) S è debolmente compatto per punti di accumulazione. (iv) S è debolmente compatto per successioni. La seguente proposizione mostra che la validità teorema di EberleinSmulian non può essere estesa a uno spazio duale dotato della topologia debole∗ . Proposizione 3.2.24. La bolla unitaria chiusa in `∗∞ (che è un insieme debolmente∗ compatto) non è debolmente∗ compatta per successioni. Dimostrazione. Per ogni x = {an } ∈ `∞ , definiamo fk ∈ `∗∞ nel modo seguente: fk (x) = ak . Ovviamente ||fk || = 1 per ogni k ∈ N. Sia {fni } una qualunque sottosuccessione di {fn }. Definiamo la successione y = {bj } ∈ `∞ tale che bj = 1 se j = ni per qualche i pari, 0 altrimenti. Si ha: fni (y) = bni = 1 per i pari e fni (y) = 0 per i dispari, dunque {fni } non converge puntualmente su `∞ . Poiché la convergenza debole∗ implica quella puntuale, {fn } non ha sottosuccessioni debolmente∗ convergenti. D’altra parte B`∗∞ è debolmente∗ compatto per il teorema di Banach-Alaoglu. Mostriamo ora quanto avevamo anticipato in 2.1, ovvero che esistono spazi topologici compatti non separabili. Proposizione 3.2.25. Sia H uno spazio di Hilbert non separabile. Allora BH (debolmente compatta per la riflessività) non è (debolmente) separabile. Dimostrazione. Supponiamo per assurdo che {xi : i ∈ N} sia debolmente denso in BH . Assumiamo per semplicità che la cardinalità di una base per H coincida con la cardinalità di R. Sia {eλ }λ∈R un sistema ortonormale completo contenuto in BH . Per ogni i ∈ N si ha: xi = X λ∈R xiλ eλ : xiλ ∈ R, 3.2 Confronti fra topologie deboli e forti 38 dove il supporto S(xi ) dell’insieme {xiλ }λ∈R è un insieme al più numerabile. Allora: A= [ S(xi ) i∈N è al più numerabile. Sia λ0 ∈ R\A e consideriamo eλ0 ed il funzionale lineare continuo f , proiezione su heλ0 i. Allora f (xi ) = 0 per ogni i ∈ N, mentre f (eλ0 ) = 1, perciò f −1 ( 12 , 32 ) è un intorno debole di eλ0 che non contiene nessun xi ; assurdo. Uno spazio normato X ha la proprietà di Schur se vale la seguente condizione: ogni successione che converge debolmente converge fortemente (ovviamente al limite debole). ESEMPIO 3.2.26. `1 ha la proprietà di Schur. Abbiamo osservato nell’E- sempio 3.1.3 che `2 non ha la proprietà di Schur. In uno spazio che ha la proprietà di Schur, la compattezza debole per successioni è compattezza forte per successioni, quindi il teorema di Eberlein Smulian assicura che la topologia debole e quella forte hanno gli stessi compatti. Per il teorema di estensione di Hahn Banach, la topologia debole su un sottospazio S di uno spazio normato X coincide con la topologia su S indotta dalla topologia debole su X. Dunque si ha la seguente: Proposizione 3.2.27. La proprietà di Schur è ereditaria, cioè se uno spazio ha la proprietà di Schur, allora qualunque suo sottospazio ha la proprietà di Schur. Sia X uno spazio riflessivo infinito-dimensionale. Allora per 3.2.21 si ha che BX è debolmente compatto, quindi debolmente compatto per successioni. In uno spazio infinito-dimensionale è sempre possibile scegliere una successione ²-separata {xn } ⊂ BX . Per la debole compattezza per successioni, è possibile estrarre una sottosuccessione debolmente convergente, che ovviamente non può essere fortemente convergente. Perciò si ha la seguente: Proposizione 3.2.28. Uno spazio infinito-dimensionale che ha la proprietà di Schur non può essere riflessivo. 3.3 Metrizzabilità delle topologie deboli 3.3 39 Metrizzabilità delle topologie deboli Abbiamo visto nella dimostrazione del Corollario 3.2.2 che ogni aperto debole contiene qualche sottospazio non banale, dunque in uno spazio infinitodimensionale la topologia debole non può essere indotta da alcuna norma. Il seguente teorema mostra che, di più, in un tale spazio la topologia debole non è indotta da alcuna metrica. Teorema 3.3.1. Sia X uno spazio normato. Allora (X, w) è metrizzabile se e solo se X è finito-dimensionale. Dimostrazione. Supponiamo che la topologia debole w su X sia indotta da una metrica d. Sia D 1 con n ∈ N il relativo disco aperto debole di raggio n1 n centrato in 0. Per 3.2.2 esiste xn ∈ D 1 tale che ||xn || ≥ n. Allora la succesn sione {xn } converge debolmente a 0 ed è || · ||-illimitata. Ma ciò contraddice 3.2.5. L’implicazione opposta è assicurata da 3.2.11. Allo stesso modo si verifica che la topologia debole∗ di uno spazio normato non è mai metrizzabile, salvo il caso in cui lo spazio abbia dimensione finita. Abbiamo quindi visto che in spazi infinito-dimensionali non si ha mai la metrizzabilità su tutto lo spazio. Tuttavia se consideriamo insiemi limitati, in alcuni casi le topologie deboli sono metrizzabili, come mostrano i seguenti teoremi: ∗ Teorema 3.3.2. Sia X uno spazio normato. Allora (BX ∗ , w|B ) è metrizX∗ zabile se e solo se X è separabile. Dimostrazione. Sia {xn } un insieme numerabile denso in BX . Per f, g ∈ X ∗ definiamo ∞ X 1 |(f − g)(xn )|. d(f, g) = 2n n=1 È facile vedere che d è una metrica su BX ∗ . Mostriamo che d è compatibile con la topologia debole∗ . Sia f0 ∈ BX ∗ e sia V un suo intorno debole∗ , che possiamo supporre essere della forma: V = {f ∈ BX ∗ : |(f − f0 )(yi )| < ²; i = 1, . . . , k} 3.3 Metrizzabilità delle topologie deboli 40 per qualche k-upla (y1 , . . . , yk ) ∈ X k con ||yi || < 1. Per ogni i = 1, . . . , k sia ni un intero tale che ||yi − xni || < 4² . Fissiamo r > 0 tale che 2ni r < ogni i = 1, . . . , k. Allora l’insieme: ² 2 per U = {f ∈ BX ∗ : d(f, f0 ) < r} è contenuto in V . Quindi si ha che la topologia τd indotta da d su BX ∗ è contenuta nella topologia debole∗ w∗ . Per il teorema di Banach-Alaoglu (BX ∗ , w∗ ) è compatto, mentre (BX ∗ , τd ) è ovviamente di Hausdorff. Utilizzando 2.1.1 segue che w∗ = τd . Viceversa, supponiamo che la topologia debole∗ su BX ∗ sia indotta da una metrica d e mostriamo che X è separabile. Sia ½ ¾ 1 Un = f ∈ BX ∗ : d(f, 0) < n e sia Vn un intorno debole∗ di 0 tale che Vn ⊂ Un . Possiamo supporre che Vn sia della forma Vn = {f ∈ BX ∗ : |f (x)| < ²n ∀ x ∈ An } , dove An ⊂ X è un insieme finito. Notiamo che D = S∞ n+1 An è numerabile. ∩∞ n=1 Vn D’altra parte = {0} e dunque se f (x) = 0 per ogni x ∈ D allora f = 0. Ne risulta che lo spazio vettoriale generato da D è denso in X; da cui X è separabile. Teorema 3.3.3. Sia X uno spazio normato. Allora (BX , w|BX ) è metrizzabile se e solo se X ∗ è separabile. Dimostrazione. Dimostreremo solo l’implicazione verso sinistra. Riprendiamo la dimostrazione precendente, con fn numerabile denso in BX ∗ e ∞ X 1 d (x, y) = |fn (x − y)|. 2n n=1 0 La dimostrazione dell’inclusione τd0 ⊂ w è analoga. Per l’inclusione opposta, 3.3 Metrizzabilità delle topologie deboli 41 sia x0 ∈ BX e fissiamo r > 0. Sia U = {x ∈ BX : d(x, x0 ) < r}. Prendiamo V della forma: V = {x ∈ BX : |fi (x − x0 )| < ²; i = 1, . . . , k}. Scegliendo ² < ha V ⊂ U . r 2 e k grande a sufficienza da permettere P∞ 1 n=k+1 2n < 2r , si Segue immediatamente dai due teoremi precedenti che le topologie deboli sono metrizzabili sui sottoinsiemi limitati di uno spazio normato se e solo se lo spazio di funzionali che le genera è separabile. Potrebbe apparire strano che una topologia localmente metrizzabile non lo sia globalmente. Il motivo per cui si verifica ciò è che se f e g sono due funzionali indipendenti su X può accadere che gli intorni deboli che essi inducono siano gli stessi su un limitato, mentre questo non accade mai sull’intero spazio. Il Teorema 3.3.3 fornisce una dimostrazione immediata del teorema di Eberlein-Smulian nel caso in cui X sia uno spazio normato con duale separabile. Infatti, insiemi debolmente compatti e debolmente compatti per successioni sono limitati, dunque metrizzabili, perciò i concetti di compattezza debole e compattezza debole per successioni coincidono come in ogni spazio metrico. Si ha un’ulteriore applicazione dello stesso teorema nella seguente: Proposizione 3.3.4. Sia X uno spazio che ha la proprietà di Schur. Allora X ∗ non è separabile. Dimostrazione. Se X ∗ fosse separabile, per il Teorema 3.3.3 si avrebbe che w BX sarebbe metrizzabile. Dalla Proposizione 3.2.16 sappiamo che 0 ∈ SX , dunque sarebbe possibile scegliere una successione {xn }, contenuta in SX , che converga debolmente a 0. Tale successione non potrebbe ovviamente convergere fortemente a 0. Dal momento che la proprietà di Schur è ereditaria, ne segue che ogni sottospazio infinito dimensionale di uno spazio di Schur (ad esempio di `1 ) ha 3.4 Applicazioni a C(Ω) 42 duale non separabile. In un certo senso `1 è universale per gli spazi di Schur: è noto, infatti, che ogni spazio di Banach infinito-dimensionale che ha la proprietà di Schur contiene un sottospazio isomorfo a `1 . 3.4 Applicazioni a C(Ω) Sia (Ω, τ ) uno spazio topologico compatto di Hausdorff. Denoteremo con C(Ω) lo spazio delle funzioni a valori in R, continue su Ω, dotato della norma dell’estremo superiore. Si tratta chiaramente di uno spazio di Banach. Ad ogni w ∈ Ω associamo il funzionale fw ∈ C(Ω)∗ definito da fw (x) = x(w) : x ∈ C(Ω). Abbiamo cosı̀ definito una applicazione f : Ω → C(Ω)∗ , f (w) = fw , analoga e = all’immersione canonica di uno spazio normato nel suo biduale. Sia Ω f (Ω). Se τ è la topologia forte di C(Ω), si vede facilmente che l’applicazione e w∗ ) e inoltre che ||g|| = 1 per ogni f è un omeomorfismo fra (Ω, τ ) e (Ω, e Questo ci permette di dimostrare il seguente risultato. g ∈ Ω. Teorema 3.4.1. Lo spazio di Banach C(Ω) è separabile se e solo se Ω è metrizzabile. Dimostrazione. Se C(Ω) è separabile allora (BC(Ω)∗ , w∗ ) è metrizzabile per 3.3.2. Allora anche (Ω, τ ) è metrizzabile, perché omeomorfo ad un sottoinsieme di (BC(Ω)∗ , w∗ ). Viceversa, sia (Ω, d) uno spazio metrico compatto. Sia {xn } una successione densa in Ω. Sia fn,m (x) = m1 − d(x, xn ) se d(x, xn ) ≤ m1 , fn,m (x) = 0 altrimenti. La famiglia di funzioni {fm,n }, insieme a una funzione costante, generano un algebra separabile A di funzioni continue su Ω, che separa i punti di Ω: allora la chiusura di A è C(Ω) per il teorema di Stone-Weierstrass. Nel prossimo teorema vedremo come gli spazi di Banach possano essere rappresentati come spazi di funzioni continue su uno spazio topologico compatto di Hausdorff. 3.4 Applicazioni a C(Ω) 43 Teorema 3.4.2. Sia X uno spazio normato. Esiste uno spazio compatto di Hausdorff Ω tale che X è isometricamente isomorfo a qualche sottospazio di C(Ω). Se X è uno spazio di Banach, allora X è isometricamente isomorfo a qualche sottospazio chiuso di C(Ω). Dimostrazione. Sia Ω la bolla unitaria BX ∗ di X ∗ , con la topologia indotta dalla topologia debole∗ su X ∗ . Definiamo T : X → C(Ω) tramite la relazione (T (x))(f ) = f (x). T è lineare e ha valori in C(Ω), inoltre: ||x|| = max{|f (x)| : f ∈ BX ∗ } = max{|(T x)f | : f ∈ Ω} = ||T x||∞ , quindi T è un isomorfismo isometrico da X a un sottospazio di C(Ω). Se X è uno spazio di Banach, allora lo è anche T (X) e quindi T (X) è chiuso in C(Ω). Capitolo 4 Spazi k∗-metrizzabili Questo capitolo è dedicato ad un estensione del concetto di metrizzabilità, allo scopo di recuperare qualche forma di metrizzabilità della topologia debole sull’intero spazio. I risultati esposti provengono da [7]. 4.1 Definizioni e prime proprietà Una mappa continua f : X → Y fra spazi topologici si dice propria se per ogni insieme relativamente compatto (ovvero a chiusura compatta) K ⊂ Y , l’insieme f −1 (K) è relativamente compatto in X. Una mappa g : X → Y fra spazi topologici si dice subpropria se esiste un sottoinsieme Z ⊂ X tale che g(Z) = Y e, per ogni insieme relativamente compatto K ⊂ Y , l’insieme Z ∩ g −1 (K) è relativamente compatto in X. Una funzione (non necessariamente continua) s : Y → X si dice sezione di una mappa f : X → Y se f ◦ s(y) = y per ogni y ∈ Y . Diciamo che una funzione s : Y → X conserva gli insiemi relativamente compatti se l’immagine s(K) di ogni relativamente compatto K ⊂ Y è relativamente compatto in X. Una mappa f : X → Y si dice compact covering se ogni compatto K ⊂ Y è immagine tramite f di qualche compatto C ⊂ X. Teorema 4.1.1. Sia f : X → Y una mappa suriettiva fra spazi topologici di Hausdorff. Allora f è subpropria se e solo se f ha una sezione che conserva gli insiemi relativamente compatti. 4.1 Definizioni e prime proprietà 45 Una funzione s : Y → X fra spazi topologici si dice • sequenzialmente continua (o anche cs-continua) se per ogni successione convergente {yn } contenuta in Y la successione {s(yn )} converge in X • cs∗ -continua se per ogni successione convergente {yn } contenuta in Y la successione {s(yn )} ha un punto di accumulazione in X. Chiaramente ogni funzione f : X → Y che conserva gli insiemi relativamente compatti è cs∗ -continua. Una collezione di insiemi U in uno spazio topologico X si dice localmente finita se per ogni x ∈ X esiste un intorno di x che interseca solo un numero finito di elementi di U. In uno spazio topologico X un sottoinsieme B ⊂ X si dice limitato se per ogni collezione localmente finita U di aperti in X solo un numero finito di elementi U ∈ U interseca B. Notare che il concetto di limitatezza qui introdotto non coincide con quello descritto in 3.2, che coinvolge sia la struttura topologica sia quella lineare. Uno spazio topologico X si dice µ-completo se ogni sottoinsieme limitato di X è relativamente compatto. Proposizione 4.1.2. Siano X, Y spazi topologici tali che X è µ-completo e ogni insieme compatto di Y è compatto per successioni. Allora una funzione s : Y → X conserva gli insiemi relativamente compatti se e solo se è cs∗ continua. Dimostrazione. L’implicazione verso destra è ovvia a prescindere dalle ipotesi su X e su Y . Viceversa, sia K ⊂ Y relativamente compatto e assumiamo per assurdo che s(K) non sia relativamente compatto, quindi, per la µ−completezza di X, s(K) non sia limitato. Scegliamo una famiglia infinita localmente finita U = {Un , n ∈ N} di aperti di X tale che per ogni n ∈ N l’intersezione Un ∩ s(K) contenga un punto xn . Prendiamo yn ∈ K tale che s(yn ) = xn e utilizziamo la compattezza per successioni di K: poiché s è cs∗ -continua, esiste {nk } tale che la successione {s(ynk )} converge a qualche punto x∞ . Quindi ogni intorno di x∞ contiene infiniti punti del tipo s(ynk ) e perciò interseca un numero infinito di insiemi Unk 3 xnk , che contraddice l’ipotesi sulla locale finitezza di U. 4.2 k∗ -metrizzabilità della topologia debole 46 La proposizione precedente conduce a un’ulteriore caratterizzazione delle mappe subproprie. Teorema 4.1.3. Siano X, Y spazi topologici tali che X è µ-completo e ogni insieme compatto di Y è compatto per successioni. Allora una mappa f : X → Y è subpropria se e solo se ha una sezione cs∗ -continua s : Y → X. Uno spazio topologico X si dice k∗ -metrizzabile hrisp: k-metrizzabilei se X è l’immagine di qualche spazio metrizzabile M tramite qualche mappa subpropria hrisp: propriai π : M → X. Uno spazio topologico X si dice cs∗ -metrizzabile hrisp: cs-metrizzabilei se X è l’immagine di qualche spazio metrizzabile M tramite qualche mappa cs∗ -continua hrisp: sequenzialmente continuai π : M → X. Proposizione 4.1.4. Uno spazio topologico X è k∗ -metrizzabile hrisp: kmetrizzabilei se e solo se X è cs∗ -metrizzabile hrisp: cs-metrizzabilei e ogni insieme compatto di X è compatto per successioni. Dimostrazione. Assumiamo che X sia k∗ -metrizzabile, sia π : M → X una mappa subpropria da uno spazio metrizzabile M . Lo spazio M , essendo metrizzabile, è µ-completo, quindi X è cs∗ -metrizzabile per 4.1.3. Essendo π compact covering, ogni compatto di X è metrizzabile, perciò compatto per successioni. Viceversa, sia φ : N → X una mappa che ha una sezione cs∗ -continua, dove N è metrizzabile e tutti i compatti di X sono compatti per successioni. Per 4.1.3 questa mappa è subpropria, dunque X è k∗ -metrizzabile. L’equivalenza fra k-metrizzabilità e cs-continuità più compattezza per successioni di tutti i compatti si può provare analogamente. 4.2 k∗-metrizzabilità della topologia debole Una familia N di sottoinsiemi di uno spazio X è una k-network per X se per ogni aperto U ⊂ X e per ogni compatto K ⊂ U esiste una sottofamiglia finita F ⊂ N tale che [ K⊂ {Fi } ⊂ U. Fi ∈F 4.2 k∗ -metrizzabilità della topologia debole 47 Uno spazio topologico regolare che possiede una k-network numerabile è detto ℵ0 -spazio. È possibile dimostrare che un ℵ0 -spazio X è immagine di qualche spazio separabile metrizzabile M tramite qualche mappa subpropria π : M → X; inoltre vale la seguente: Proposizione 4.2.1. Se X è uno spazio normato con duale separabile, allora (X, w) è un ℵ0 -spazio. Diciamo che uno spazio topologico X ha la proprietà di Arkhangelski (α4 ) nel punto x ∈ X, se per ogni famiglia numerabile S di successioni non banali convergenti a x esiste una successione T ⊂ X convergente a x, che interseca infinite successioni S ∈ S, dove per successione non banale in X intendiamo un sottoinsieme infinito numerabile S ⊂ X che ha un unico punto limite non isolato e la cui chiusura in X è un compatto. Proposizione 4.2.2. Sia X uno spazio normato. Le seguenti affermazioni sono equivalenti: (i) (X, w) è k-metrizzabile; (ii) (X, w) è cs-metrizzabile; (iii) X ha la proprietà di Schur. Dimostrazione. Il teorema di Eberlein-Smulian e la Proposizione 4.1.4 assicurano l’equivalenza (i) ⇔ (ii). (ii) ⇒ (iii) Sia (X, w) cs-metrizzabile, ma X non ha la proprietà di Schur. Allora è possibile trovare una successione {xn } contenuta in SX debolmente convergente a 0. Notiamo che anche la successione {mxn } converge debolmente a 0 per ogni m ∈ N. Il fatto che (X, w) sia cs-metrizzabile implica che (X, w) ha la proprietà di Arkhangelski (α4 ), che permette di scegliere due successioni crescenti di indici {mk } e {nk } tali per cui la successione {mk xnk } converge debolmente a 0, che è impossibile perché è illimitata. (ii) ⇒ (iii) Se X ha la proprietà di Schur, allora la mappa identica id : X → (X, w) ha un’inversa sequenzialmente continua. 4.2 k∗ -metrizzabilità della topologia debole 48 Abbiamo visto che la proprietà di Schur è responsabile della k-metrizzabilità della topologia debole di uno spazio normato. Il problema riguardante la caratterizzazione degli spazi la cui topologia debole è k∗ -metrizzabile è più delicato. Possiamo osservare che, per le due proposizioni precedenti, in uno spazio di Banach X, la topologia debole è k∗ -metrizzabile sia nel caso in cui X ∗ è separabile, sia nel caso in cui X ha la proprietà di Schur. Il prossimo risultato mostra che i due casi precedenti (che abbiamo visto in 3.3.4 essere mutuamente esclusivi) sono vicini ad esaurire la classe degli spazi k∗ -metrizzabili del tipo (X, w), dove X è uno spazio di Banach. Teorema 4.2.3. Sia X uno spazio normato. Le seguenti affermazioni sono equivalenti: (i) (X, w) è k∗ -metrizzabile; (ii) (X, w) è cs∗ -metrizzabile; (iii) (BX , w) è k∗ -metrizzabile; (iv) (BX , w) è cs∗ -metrizzabile. Inoltre se il completamento di X non contiene alcun sottospazio isomorfo a `1 , allora le condizioni (i)-(iii) sono equivalenti a: (v) (BX , w) è k-metrizzabile; (vi) (BX , w) è cs-metrizzabile; (vii) (BX , w) è metrizzabile. Per il teorema precedente e per la discussione che segue 3.3.3, se (X, w) è k∗ -metrizzabile, con X spazio di Banach, allora o X ∗ è separabile oppure X contiene un sottospazio chiuso infinito-dimensionale che ha la proprietà di Schur. Bibliografia [1] Kim C. Border Charalambros D. Aliprantis. 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