Omelia Maria Regina, Montenero 22 agosto 2016

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Carissimi fratelli e sorelle,
celebriamo oggi con tanta gioia la festa di Maria Regina; appena una
settimana fa abbiamo celebrato la solennità della sua Assunzione al cielo.
Sono passati solo sette giorni e ancora una volta siamo chiamati a sostare e
riflettere, alla luce della Parola di Dio, sul dono grandissimo che il
Signore ci ha fatto in Maria, la Vergine Madre, la Regina del cielo e della
terra.
Scrive il santo vescovo di Losanna Amedeo: «Maria era la sposa ricca di
gioielli spirituali, la madre dell'unico Sposo, la fonte di ogni dolcezza, la
delizia dei giardini spirituali e la sorgente delle acque vive e vivificanti
che discendono dal Libano divino, dal monte Sion fino ai popoli stranieri
sparsi qua e là. Ella faceva scendere fiumi di pace e grazia. Perciò mentre
la Vergine delle vergini veniva assunta in cielo da Dio e dal Figlio suo, re
dei re, tra l'esultanza degli angeli, il giubilo degli arcangeli e le
acclamazioni festose del cielo, si compì la profezia del salmista che dice al
Signore: “Sta la regina alla tua destra in veste tessuta d'oro, in abiti
trapunti e ricamati”» (Omelia 7).
Abbiamo contemplato Maria Assunta in cielo, ora la contempliamo
incoronata Regina.
Non è una regina del mondo, ma del cielo, testimone e modello di una
regalità che ha da essere bene intesa, non equivocata.
Credo che il salmo responsoriale, che abbiamo appena ascoltato, ci aiuti a
comprendere bene la regalità di Maria. È la vicenda di Giuditta, una
donna che combatte e vince per il suo popolo esponendosi di persona e
riportando vittoria là dove falliva la forza delle armi.
Riascoltiamo alcuni passi di quel salmo.
1 Il coraggio che ti ha sostenuta
non cadrà dal cuore degli uomini:
essi ricorderanno sempre
la potenza del Signore.
Il Signore dia esito felice alla tua opera,
a tua perenne esaltazione.
Con prontezza tu hai esposto la vita
per sollevare il tuo popolo
dall'umiliazione e dall'abbattimento (cfr. Gdt 13).
Dunque Maria è regina perché combatte per noi, i suoi figli. Un
combattere che è imitazione e sequela del Figlio suo Gesù Cristo,
soprattutto nell’ora della passione e della morte. Il crocifisso del Golgota è
Re. Lo leggiamo sull’iscrizione appesa alla croce: Jesus Nazarenus Rex
Judearoum. Ce lo ricordano senza equivoci la canna postagli nelle mani
come scettro dopo averlo percosso e la corona di spine conficcata nel suo
capo dalla perfidia degli uomini.
Le parole del Profeta, che abbiamo ascoltato dalla Prima Lettura, ci dicono
di un segno della sovranità con cui viene caricato: «Sulle sue spalle è il
segno della sovranità ed è chiamato: “Consigliere ammirabile, Dio
potente, Padre per sempre, Principe della pace”; grande sarà il suo
dominio e la pace non avrà fine sul trono di Davide e sul regno, che egli
viene a consolidare e rafforzare con il diritto e la giustizia, ora e sempre;
questo farà lo zelo del Signore» (Is 9, 5-6).
Non è forse questo un profetizzare la passione, morte e risurrezione del
Signore Gesù?
Condannato a morte, condotto al Calvario e inchiodato alla croce, risorge
dai morti inaugurando così il Regno atteso e profetizzato, Regno di
giustizia e di pace che non avrà fine.
Ecco come regnano e quale tipo di regalità vivono Gesù e Maria.
«Pensiamo al Signore: la regalità e l'essere re di Cristo è intessuto di
umiltà, di servizio, di amore: è soprattutto servire, aiutare, amare.
Ricordiamoci, come abbiamo sopra ricordato, che Gesù è stato proclamato
re sulla croce con questa iscrizione scritta da Pilato: “re dei Giudei” (cfr.
Mc 15,26). In quel momento sulla croce si mostra che Egli è re; e come è re?
Soffrendo con noi, per noi, amando fino in fondo, e così governa e crea
verità, amore, giustizia. O pensiamo anche all'altro momento: nell'Ultima
Cena si china a lavare i piedi dei suoi. Quindi la regalità di Gesù non ha
nulla a che vedere con quella dei potenti della terra. E' un re che serve i
suoi servitori; così ha dimostrato in tutta la sua vita. E lo stesso vale per
Maria: è regina nel servizio a Dio, all'umanità, è regina dell'amore che
2 vive il dono di sé a Dio per entrare nel disegno della salvezza dell'uomo.
All'angelo risponde: Eccomi sono la serva del Signore (cfr.Lc 1,38), e nel
Magnificat canta: Dio ha guardato all'umiltà della sua serva (cfr. Lc 1,48).
Ci aiuta. E' regina proprio amandoci, aiutandoci in ogni nostro bisogno; è
la nostra sorella, serva umile» (BENEDETTO XVI, Udienza generale, 22 agosto
2012).
Ecco la regalità cui siamo chiamati e fatti partecipi noi cristiani. Un popolo
che è chiamato a regnare vivendo il mistero pasquale del Cristo morto e
risorto, come ha fatto in maniera unica e irripetibile Maria.
La nostra vita per amare gli altri, dunque dare la vita. Solo chi ama dà la
vita, ma abbiamo bisogno di ricevere quest’amore che è carità, chàris,
grazia, gratuità.
Un amore che si offre e si lascia mangiare: ἀγαπη.
L’odierna festività ci invita a riflettere su cosa vogliamo fare nella nostra
vita, ma sarebbe più giusto dire della nostra vita; noi siamo un piccolo
capitale umano da spendere o meglio da spendersi: gli anni che ci restano
da vivere, la forza fisica, psichica e spirituale da mettere a frutto nel
servizio di Dio e dei fratelli.
Vogliamo regnare con Cristo come Maria, o vogliamo essere dei piccoli
reucci egoisti e orgogliosi che disprezzano e irridono il Dio umiliato e
fattosi impotente per amore?
«E quelli che passavano di là lo insultavano scuotendo il capo e dicendo:
“Tu che distruggi il tempio e lo ricostruisci in tre giorni, salva te stesso! Se
tu sei Figlio di Dio, scendi dalla croce!”. Anche i sommi sacerdoti con gli
scribi e gli anziani lo schernivano: “Ha salvato gli altri, non può salvare se
stesso. E' il re d'Israele, scenda ora dalla croce e gli crederemo. Ha
confidato in Dio; lo liberi lui ora, se gli vuol bene. Ha detto infatti: Sono
Figlio di Dio!”. Anche i ladroni crocifissi con lui lo oltraggiavano allo
stesso modo» (Mt 27,39-44).
Carissimi, dobbiamo deciderci: dove vogliamo andare, chi seguire, che
cosa vogliamo fare di noi. Una cosa è certa: dobbiamo essere santi! E per
far questo leggiamo, in una bellissima preghiera rivolta da papa Francesco
alla Vergine, questa invocazione:
«Aiutaci a rimanere in ascolto attento della voce del Signore: il grido dei
poveri non ci lasci mai indifferenti, la sofferenza dei malati e di chi è nel
bisogno non ci trovi distratti, la solitudine degli anziani e la fragilità dei
bambini ci commuovano, ogni vita umana sia da tutti noi sempre amata e
venerata. Fa’ che non smarriamo il significato del nostro cammino terreno:
la luce gentile della fede illumini i nostri giorni, la forza consolante della
3 speranza orienti i nostri passi, il calore contagioso dell’amore animi il
nostro cuore, gli occhi di noi tutti rimangano ben fissi là, in Dio, dove è la
vera gioia» (Atto di venerazione alla Madonna in Piazza di Spagna in
occasione della Solennità dell’Immacolata Concezione della Beata Vergine
Maria, 8 dicembre 2013).
Ecco una sorta di carta costituzionale ove sono indicati precetti e regole
per regnare con Cristo come Maria, per appartenere al popolo di Dio, quel
popolo pellegrino sulla terra e testimone di un regno che non è di questo
mondo, ma che è la ragione e la meta del cammino dell’umanità.
A noi spetta di collaborare alla costruzione del Regno di Dio. Come? «La
collaborazione con il progetto di Dio in noi stessi, è un segreto della vita
personale di ciascuno, si svolge in quella profondità in cui Dio aspetta
ognuno di noi, e dove, sotto lo sguardo di Dio, ciascuno decide del suo
destino (cfr. GS, n. 14). Dio ci rivela, però un modello di questo processo
intimo, nella vita della beatissima Vergine Maria, modello che fa vedere
cosa significa collaborare con il progetto divino della salvezza […] La
nostra collaborazione con il progetto di Dio, è una imitazione della
collaborazione
insuperabile
della
Madonna,
e
si
realizza,
per
l'intercessione di Maria, Madre di Dio e Madre nostra» (Z. ALSZEGHY,
Collaborare al progetto di Dio in noi stessi: linea sacramentale e di grazia).
+ Carlo, vescovo
Santuario della Madonna delle Grazie
Montenero, 22 agosto 2016
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