Carissimi fratelli e sorelle, celebriamo oggi con tanta gioia la festa di Maria Regina; appena una settimana fa abbiamo celebrato la solennità della sua Assunzione al cielo. Sono passati solo sette giorni e ancora una volta siamo chiamati a sostare e riflettere, alla luce della Parola di Dio, sul dono grandissimo che il Signore ci ha fatto in Maria, la Vergine Madre, la Regina del cielo e della terra. Scrive il santo vescovo di Losanna Amedeo: «Maria era la sposa ricca di gioielli spirituali, la madre dell'unico Sposo, la fonte di ogni dolcezza, la delizia dei giardini spirituali e la sorgente delle acque vive e vivificanti che discendono dal Libano divino, dal monte Sion fino ai popoli stranieri sparsi qua e là. Ella faceva scendere fiumi di pace e grazia. Perciò mentre la Vergine delle vergini veniva assunta in cielo da Dio e dal Figlio suo, re dei re, tra l'esultanza degli angeli, il giubilo degli arcangeli e le acclamazioni festose del cielo, si compì la profezia del salmista che dice al Signore: “Sta la regina alla tua destra in veste tessuta d'oro, in abiti trapunti e ricamati”» (Omelia 7). Abbiamo contemplato Maria Assunta in cielo, ora la contempliamo incoronata Regina. Non è una regina del mondo, ma del cielo, testimone e modello di una regalità che ha da essere bene intesa, non equivocata. Credo che il salmo responsoriale, che abbiamo appena ascoltato, ci aiuti a comprendere bene la regalità di Maria. È la vicenda di Giuditta, una donna che combatte e vince per il suo popolo esponendosi di persona e riportando vittoria là dove falliva la forza delle armi. Riascoltiamo alcuni passi di quel salmo. 1 Il coraggio che ti ha sostenuta non cadrà dal cuore degli uomini: essi ricorderanno sempre la potenza del Signore. Il Signore dia esito felice alla tua opera, a tua perenne esaltazione. Con prontezza tu hai esposto la vita per sollevare il tuo popolo dall'umiliazione e dall'abbattimento (cfr. Gdt 13). Dunque Maria è regina perché combatte per noi, i suoi figli. Un combattere che è imitazione e sequela del Figlio suo Gesù Cristo, soprattutto nell’ora della passione e della morte. Il crocifisso del Golgota è Re. Lo leggiamo sull’iscrizione appesa alla croce: Jesus Nazarenus Rex Judearoum. Ce lo ricordano senza equivoci la canna postagli nelle mani come scettro dopo averlo percosso e la corona di spine conficcata nel suo capo dalla perfidia degli uomini. Le parole del Profeta, che abbiamo ascoltato dalla Prima Lettura, ci dicono di un segno della sovranità con cui viene caricato: «Sulle sue spalle è il segno della sovranità ed è chiamato: “Consigliere ammirabile, Dio potente, Padre per sempre, Principe della pace”; grande sarà il suo dominio e la pace non avrà fine sul trono di Davide e sul regno, che egli viene a consolidare e rafforzare con il diritto e la giustizia, ora e sempre; questo farà lo zelo del Signore» (Is 9, 5-6). Non è forse questo un profetizzare la passione, morte e risurrezione del Signore Gesù? Condannato a morte, condotto al Calvario e inchiodato alla croce, risorge dai morti inaugurando così il Regno atteso e profetizzato, Regno di giustizia e di pace che non avrà fine. Ecco come regnano e quale tipo di regalità vivono Gesù e Maria. «Pensiamo al Signore: la regalità e l'essere re di Cristo è intessuto di umiltà, di servizio, di amore: è soprattutto servire, aiutare, amare. Ricordiamoci, come abbiamo sopra ricordato, che Gesù è stato proclamato re sulla croce con questa iscrizione scritta da Pilato: “re dei Giudei” (cfr. Mc 15,26). In quel momento sulla croce si mostra che Egli è re; e come è re? Soffrendo con noi, per noi, amando fino in fondo, e così governa e crea verità, amore, giustizia. O pensiamo anche all'altro momento: nell'Ultima Cena si china a lavare i piedi dei suoi. Quindi la regalità di Gesù non ha nulla a che vedere con quella dei potenti della terra. E' un re che serve i suoi servitori; così ha dimostrato in tutta la sua vita. E lo stesso vale per Maria: è regina nel servizio a Dio, all'umanità, è regina dell'amore che 2 vive il dono di sé a Dio per entrare nel disegno della salvezza dell'uomo. All'angelo risponde: Eccomi sono la serva del Signore (cfr.Lc 1,38), e nel Magnificat canta: Dio ha guardato all'umiltà della sua serva (cfr. Lc 1,48). Ci aiuta. E' regina proprio amandoci, aiutandoci in ogni nostro bisogno; è la nostra sorella, serva umile» (BENEDETTO XVI, Udienza generale, 22 agosto 2012). Ecco la regalità cui siamo chiamati e fatti partecipi noi cristiani. Un popolo che è chiamato a regnare vivendo il mistero pasquale del Cristo morto e risorto, come ha fatto in maniera unica e irripetibile Maria. La nostra vita per amare gli altri, dunque dare la vita. Solo chi ama dà la vita, ma abbiamo bisogno di ricevere quest’amore che è carità, chàris, grazia, gratuità. Un amore che si offre e si lascia mangiare: ἀγαπη. L’odierna festività ci invita a riflettere su cosa vogliamo fare nella nostra vita, ma sarebbe più giusto dire della nostra vita; noi siamo un piccolo capitale umano da spendere o meglio da spendersi: gli anni che ci restano da vivere, la forza fisica, psichica e spirituale da mettere a frutto nel servizio di Dio e dei fratelli. Vogliamo regnare con Cristo come Maria, o vogliamo essere dei piccoli reucci egoisti e orgogliosi che disprezzano e irridono il Dio umiliato e fattosi impotente per amore? «E quelli che passavano di là lo insultavano scuotendo il capo e dicendo: “Tu che distruggi il tempio e lo ricostruisci in tre giorni, salva te stesso! Se tu sei Figlio di Dio, scendi dalla croce!”. Anche i sommi sacerdoti con gli scribi e gli anziani lo schernivano: “Ha salvato gli altri, non può salvare se stesso. E' il re d'Israele, scenda ora dalla croce e gli crederemo. Ha confidato in Dio; lo liberi lui ora, se gli vuol bene. Ha detto infatti: Sono Figlio di Dio!”. Anche i ladroni crocifissi con lui lo oltraggiavano allo stesso modo» (Mt 27,39-44). Carissimi, dobbiamo deciderci: dove vogliamo andare, chi seguire, che cosa vogliamo fare di noi. Una cosa è certa: dobbiamo essere santi! E per far questo leggiamo, in una bellissima preghiera rivolta da papa Francesco alla Vergine, questa invocazione: «Aiutaci a rimanere in ascolto attento della voce del Signore: il grido dei poveri non ci lasci mai indifferenti, la sofferenza dei malati e di chi è nel bisogno non ci trovi distratti, la solitudine degli anziani e la fragilità dei bambini ci commuovano, ogni vita umana sia da tutti noi sempre amata e venerata. Fa’ che non smarriamo il significato del nostro cammino terreno: la luce gentile della fede illumini i nostri giorni, la forza consolante della 3 speranza orienti i nostri passi, il calore contagioso dell’amore animi il nostro cuore, gli occhi di noi tutti rimangano ben fissi là, in Dio, dove è la vera gioia» (Atto di venerazione alla Madonna in Piazza di Spagna in occasione della Solennità dell’Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria, 8 dicembre 2013). Ecco una sorta di carta costituzionale ove sono indicati precetti e regole per regnare con Cristo come Maria, per appartenere al popolo di Dio, quel popolo pellegrino sulla terra e testimone di un regno che non è di questo mondo, ma che è la ragione e la meta del cammino dell’umanità. A noi spetta di collaborare alla costruzione del Regno di Dio. Come? «La collaborazione con il progetto di Dio in noi stessi, è un segreto della vita personale di ciascuno, si svolge in quella profondità in cui Dio aspetta ognuno di noi, e dove, sotto lo sguardo di Dio, ciascuno decide del suo destino (cfr. GS, n. 14). Dio ci rivela, però un modello di questo processo intimo, nella vita della beatissima Vergine Maria, modello che fa vedere cosa significa collaborare con il progetto divino della salvezza […] La nostra collaborazione con il progetto di Dio, è una imitazione della collaborazione insuperabile della Madonna, e si realizza, per l'intercessione di Maria, Madre di Dio e Madre nostra» (Z. ALSZEGHY, Collaborare al progetto di Dio in noi stessi: linea sacramentale e di grazia). + Carlo, vescovo Santuario della Madonna delle Grazie Montenero, 22 agosto 2016 4