Corso Base di Psichiatria Per operatori di comunità, educatori ed infermieri dei Ser.T. Mestre, giornata del 6 maggio 2005 Elementi di psicopatologia generale dott. Diego Saccon PREMESSA L’obiettivo di questa prima relazione è quello di fornire alcuni rudimenti di psicopatologia e semeiotica psichiatrica, che costituiscono per così dire la grammatica della psichiatria, in modo che gli operatori discenti di queste giornate di formazione possano avere degli elementi per seguire anche i prossimi interventi, ma soprattutto per cominciare ad appropriarsi di un linguaggio necessario alla comprensione degli aspetti di natura psichiatrica che riguardano i pazienti utenti delle strutture pubbliche e private per le tossicodipendenze. PSICOPATOLOGIA La psicopatologia è quella disciplina che cerca di fissare in categorie di valore generale le caratteristiche dell’accadere psichico, con riferimento al fatto patologico; è da distinguere dalla clinica che si occupa del caso nella sua specifica singolarità. E’ anche da distinguere dalla nosografia e dalla nosologia psichiatrica che si occupano della classificazione delle sindromi psichiatriche. Così mentre la nosografia organizza in categorie diagnostiche i vari sintomi psichiatrici, la psicopatologia si occupa dell’astrazione o generalizzazione delle forme e dei contenuti dell’essere e del divenire psichico nelle sue manifestazioni patologiche. SEMEIOTICA La semeiotica medica studia il linguaggio delle manifestazioni patologiche, ovvero come sintomi e segni si presentano e si associano tra loro nelle unità sindromiche e nelle malattie. Con il termine Segno si indicano le manifestazioni oggettivabili, come ad esempio la febbre, un’eruzione cutanea, una tachicardia, ecc., mentre con il termine Sintomo si indicano le manifestazioni soggettivamente percepite e riferite dal paziente, ad esempio il dolore. Un’altra distinzione che va tenuta presenta è quella tra Malattia e Sindrome. Con il termine Malattia si intende un quadro patologico di cui sono note eziopatogenesi, ovvero agente causale e meccanismo di sviluppo della patologia, caratteristiche della lesione organica e manifestazione sintomatologica; con il termine Sindrome si fa invece riferimento ad un insieme di sintomi e segni che si presentano in modo associato, ma dei quali non è, o non lo è completamente, nota l’origine eziologica e patogenetica. I termini Disturbo o Disordine sono avvicinabili o assimilabili al concetto di sindrome. In ambito psichiatrico per lo più si ha a che fare con sindromi piuttosto che con malattie. Ciò vale anche per l’abuso di sostanze e per la dipendenza se non la si riduce alla componente fisiologica, presente solo nella dipendenza da alcune sostanze, rappresentata da tolleranza ed astinenza; mentre i quadri di astinenza ed intossicazione, benché spesso indicati con il termine di sindrome, sono più avvicinabili al 1 concetto di malattia. E’ bene ricordare che sia le patologie che le diagnosi non sono, rispettivamente, eventi e categorie immutabili, ma variano nel tempo in relazione a mutamenti fisici e biologici da un lato e sociali dall’altro. Esistono pertanto, nell’ambito della storia della medicina, sia una storia delle malattie che una storia della nosografia. I tre tipi fondamentali di strumenti della semeiotica sono l’anamnesi, l’esame obiettivo del paziente, gli esami strumentali. In psichiatria l’esame psichico corrisponde in certo senso all’esame obiettivo della medicina, ma ha a che fare anziché con il corpo, con le manifestazioni mentali del paziente. Sia l’anamnesi psichiatrica che l’esame psichico si svolgono attraverso il colloquio, ma mentre la prima raccoglie i dati riferiti dal paziente, o da altre fonti, il secondo descrive le forme ed i contenuti della comunicazione del paziente come appaiono all’osservatore. STRUMENTI NELLA SEMEIOTICA PSICHIATRICA I mezzi della semeiotica psichiatrica sono quindi il colloquio, in forma libera o strutturata, gli strumenti psicometrici, quali test e scale, ma anche l’eventuale esame obiettivo e gli esami strumentali per differenziare possibili componenti organiche in determinati quadri. Nell’ambito dei disturbi da uso di sostanze, ad esempio, la valutazione tossicologica è imprescindibile, ma spesso è fondamentale anche quella di altri parametri biologici. Le modalità di svolgimento del colloquio sono ovviamente oggetto di particolare attenzione e trattazione in ambito psichiatrico, ma anche psicologico e psicosociale in generale, e seguono, almeno in parte, orientamenti diversi in base alle diverse matrici di riferimento teorico. Non vi è qui lo spazio per approfondire dettagliatamente questo argomento. L’ANAMNESI Le fonti dell’anamnesi sono il paziente, i familiari, terze persone coinvolte, eventuale documentazione clinica esistente. Solo per inciso si rammenta che la raccolta e la conservazione delle informazioni devono rispettare le norme sulla privacy, ma che già prima di queste vi erano norme relative al segreto professionale e, in contesti istituzionali, al segreto d’ufficio. Una raccolta anamnestica completa dovrebbe comprendere l’anamnesi medica, l’anamnesi psichiatrica e l’indagine psicosociale e della rete relazionale. CONTENUTI DELL’ANAMNESI PSICHIATRICA Indichiamo le aree fondamentali delle quali la raccolta anamnestica dovrebbe tener conto e quelli che possono essere considerati dei dati critici per il ruolo che rivestono nel ciclo vitale della persona. Le aree che bisogna considerare comprendono: l’ambiente familiare alla nascita e nell’infanzia, il contesto socioeconomico, i primi anni di vita, il rendimento scolastico, la crisi puberale, l’attività sessuale, i rapporti interpersonali, l’attività lavorativa, la situazione familiare, le abitudini di vita, la personalità premorbosa, eventuali eventi psicopatologici pregressi. Tra questi vanno considerati come dati anamnestici critici la pubertà, la gravidanza, la menopausa e l’andropausa, la scolarizzazione, l’ingresso nel mondo del lavoro, il servizio di leva, il matrimonio, il pensionamento. 2 E’ inoltre fondamentale considerare l’eventuale presenza di eventi stressanti come lutti, separazioni, incidenti, ecc. MODALITÀ DI RACCOLTA DELLE INFORMAZIONI La raccolta delle informazioni anamnestiche deve rispettare, non solo la segretezza e la privacy, ma anche soprattutto la sensibilità sia del paziente che di eventuali terze persone a lui vicine. Saranno da evitare pertanto operazioni di inchiesta con carattere burocratico o intrusivo, ci dovrà essere attenzione alla relazione nel contesto dell’incontro con la persona e la richiesta di informazioni non presentate spontaneamente dovrà rispettare il timing dell’incontro stesso. Alcuni dati potranno non essere immediatamente disponibili. D’altra parte anche il dire o il non dire, l’esporsi o meno, sono elementi che manifestano la modalità del soggetto di porsi in relazione con gli altri e riflettono il suo assetto mentale; in questo senso siamo su un margine di sovrapposizione tra anamnesi ed esame psichico. ESAME PSICHICO Come già detto l’esame psichico corrisponde in un certo senso all’esame obiettivo medico (“la visita”). Ciò che si cerca di descrivere in questo caso è, non lo stato del corpo visto come oggetto naturale, ma lo stato della mente così come appare nella relazione tra medico (operatore) e paziente. Ovviamente dire che si cerca di descrivere lo stato della mente vuol dire fare delle ipotesi, perché ciò che appare come dato rilevabile sono atteggiamenti, comportamenti, manifestazioni linguistiche, stati di coscienza. Anche il corpo deve ricevere attenzione nell’esame psichico, ma non come oggetto naturale, bensì come corpo del soggetto che esprime significati. Benché la persona sia un insieme unico, l’esame psichico si compone analiticamente di diverse parti: la descrizione generale (aspetto, atteggiamento…), la coscienza, la memoria, le percezioni, il pensiero, l’affettività, il comportamento, l’intelligenza, le manifestazioni somatiche. I DISTURBI DELLA COSCIENZA Lo stato di coscienza si valuta attraverso i parametri della Vigilanza, dell’Orientamento, dell’Attenzione ed eventualmente dei Vissuti corporei e della Coscienza dell’Io. La vigilanza può variare dallo stato vigile della veglia fino all’estremo opposto del coma, nei suoi diversi gradi di intensità, passando per gradi intermedi di attenuazione come il torpore. Anche il sonno è una condizione della coscienza opposta allo stato vigile. L’orientamento è la capacità del soggetto di essere orientato nello spazio, nel tempo e nella persona, ovvero di essere consapevole di dov’è, in che momento cronologico e di sapere chi è. L’attenzione è la capacità di mantenersi selettivamente concentrati su uno stimolo, ad esempio il colloquio con l’interlocutore, piuttosto che essere facilmente distratti da qualsiasi stimolo ambientale senza possibilità di mantenere la concentrazione. 3 PRINCIPALI ALTERAZIONI DELLA COSCIENZA Gli Stati confusionali sono caratterizzati da alterazioni concomitanti, ma di grado variabile, dell’orientamento, dell’attenzione ed eventualmente della vigilanza che può essere torpida. Gli Stati onirodi sono caratterizzati dalla presenza di confusione mentale ed aspetti allucinatori soprattutto, ma non solo, visivi con caratteristiche incoerenti ed un’adesione delirante del soggetto al suo stato; come una specie di sogno in condizioni di semivigilanza. Gli Stati crepuscolari sono delle condizioni di restringimento del campo di coscienza con parziale riduzione della vigilanza e dell’orientamento con focalizzazione selettiva dell’attenzione ed esclusione della percezione di parte dell’ambiente. La Dissociazione è uno stato di perdita dell’integrazione della coscienza di sé con alterazioni dell’orientamento, ma anche dell’affettività e della memoria con aspetti amnestici relativi alla propria persona, alla propria storia, agli altri, ma con la permanenza di uno stato di vigilanza e di conservazione della relazione con l’ambiente. Sono esempi le amnesie psicogene, le fughe psicogene, le personalità multiple. La Depersonalizzazione è una sensazione di estraneità di parti del proprio corpo, del proprio vissuto corporeo generale o del proprio Io. Può avere entità, pervasività e caratteristiche diverse variando da stati lievi, compatibili anche con situazioni fisiologiche come ad esempio la stanchezza, a condizioni più impegnative e soggettivamente penose come negli attacchi di panico fino alle forme proprie delle manifestazioni psicotiche dove può perdersi il mantenimento della critica rispetto all’episodio. La Derealizzazione è un po’ il corrispettivo della depersonalizzazione rivolta però al mondo esterno che appare estraneo, strano; per fare un esempio, come se improvvisamente il soggetto si sentisse all’interno di un film. I DISTURBI DELLA MEMORIA I disturbi della memoria si distinguono in disturbi quantitativi e disturbi qualitativi, questi ultimi talora anche chiamati con il termine di paramnesie. Tra i disturbi quantitativi vi sono le ipomnesie, le ipermnesie e le amnesie che rappresentano l’elemento di maggior interesse nell’ambito dei disturbi della memoria. Le ipermnesie sono costituite da un aumento delle capacità mnestiche e si distinguono in ipermnesie permanenti e ipermnesie transitorie. L’ipomnesia è un indebolimento generalizzato della capacità mnestiche. L’amnesia, in rapporto all’insorgenza di un evento patogeno, può essere retrograda, anterograda o retro-anterograda rispetto all’evento stesso; l’amnesia retrograda può essere globale, se riguarda tutta l’esperienza antecedente l’evento, o lacunare se riguarda solo alcuni aspetti. L’amnesia è globale o semplice quando riguarda tutti i ricordi, mentre è selettiva quando concerne solo una parte del materiale mnestico e sistematizzata quando riguarda tutti i ricordi relativi ad un fatto o una persona specifici. Le paramnesie o disturbi qualitativi della memoria si distinguono in allomnesie e pseudomnesie. Le allomnesie sono deformazioni dei ricordi e si possono considerare delle illusioni della memoria. Le pseudomnesie comprendono i falsi riconoscimenti nei quali si ha l’impressione di ricordare come già vissuta un’esperienza nuova, il fenomeno del deja vu, e i falsi ricordi nei quali vi è la produzione compensatoria di fatti immaginari a copertura di gravi lacune mnestiche, come avviene nel fenomeno della confabulazione; le pseudomnesie si possono intendere come allucinazioni della memoria. 4 I DISTURBI DELLA PERCEZIONE La percezione è classicamente distinta sulla base delle aree percettive, in buona parte corrispondenti ad organi percettori diversi; si descrivono pertanto un’area sensoriale visiva, una uditiva, una tattile e cenestesica, una gustativa e olfattiva. Nell’ambito dei disturbi psichici della percezione si distinguono le pseudoallucinazioni, le allucinosi, le illusioni e le allucinazioni. La Pseudoallucinazione è una particolare forma intensificata di rappresentazione mentale, è riconosciuta come facente parte dello spazio interno e non ha carattere delirante. L’Allucinosi è una percezione senza oggetto riconosciuta come tale, ha i caratteri di fisicità e di proiezione esterna delle allucinazioni, ma il giudizio di realtà su di essa è correggibile con la logica e con l’evidenza. L’Illusione è una distorsione e completamento non reale di un oggetto esterno reale, può avere carattere delirante in quanto non correggibile con la critica e con l’evidenza. L’Allucinazione è una percezione senza oggetto con caratteri di fisicità e di proiezione spaziale esterna, non è correggibile né con la logica né con l’evidenza e ha un prevalente contenuto di autoriferimento, il che le attribuisce una connotazione delirante. LE ALLUCINAZIONI Le caratteristiche generali dell’allucinazione sono rappresentati dalla percezione senza oggetto costituita dalla fisicità e dall’attribuzione all’esterno (il soggetto percepisce nel mondo esterno a lui un oggetto che non c’è), e dalla connotazione delirante definita dalla certezza soggettiva, dall’impossibilità o falsità dell’esperienza, dalla non correggibilità e dal carattere autocentrico. Le caratteristiche specifiche sono costituite dall’area sensoriale interessata, dai contenuti, dal livello di strutturazione, dalla continuità e fissità temporale, dalla pervasività comportamentale e dal vissuto emozionale. I DISTURBI DEL PENSIERO Nell’ambito dei disturbi del pensiero si distinguono i disturbi della forma del pensiero e i disturbi del contenuto del pensiero, tra questi sono compresi i deliri, le idee prevalenti, le ossessioni; pur rappresentando manifestazioni comportamentali vengono comprese qui anche le compulsioni per la loro associazione con l’ideazione ossessiva. DESCRITTORI DEI DISTURBI FORMALI DEL PENSIERO Nell’accelerazione del pensiero i processi associativi si svolgono con una maggiore rapidità, ma con una minor efficacia comunicativa; nei casi in cui l’accelerazione è particolarmente esasperata si parla di fuga delle idee, che in casi estremi può portare ad un linguaggio completamente incoerente ed incomprensibile, talora definito come “insalata di parole”. Nel rallentamento, viceversa, i processi associativi hanno una marcata lentezza e una bassa produttività che determinano, anche in questo caso, una ridotta efficacia comunicativa. 5 Il concretismo indica una condizione nella quale è molto ridotta o assente la capacità di produrre astrazioni e generalizzazioni con una forte tendenza a riferirsi alla singolarità concreta degli oggetti. Nel deragliamento vi è una alterazione dei nessi associativi tra i vari significati del discorso, per cui il pensiero appare perdere continuamente il proprio binario, quando questo disturbo è particolarmente accentuato può esservi una situazione di completa incoerenza del discorso. Con tangenzialità ci si riferisce ad una modalità di risposta ad una domanda che accenna solo marginalmente al tema della domanda stessa. L’illogicità indica un discorso sostanzialmente incomprensibile secondo le regole della logica comune. Con blocco si intende un arresto improvviso ed inaspettato dell’eloquio dovuto probabilmente ad un arresto del pensiero. Con impoverimento si fa riferimento ad un eloquio, e presumibilmente ad un’ideazione, impoveriti sia qualitativamente che quantitativamente. La circostanzialità indica una modalità di comunicazione dei pensieri indiretta, ripetitiva, ridondante e stereotipata. La perseverazione è una modalità di ripetizione stereotipata di idee e parole. La distraibilità indica una condizione nella quale il soggetto è continuamente distratto da stimoli di varia natura perdendo il filo della linea ideativa principale. IL DELIRIO I criteri di identificazione del delirio sono la certezza soggettiva non correggibile, l’impossibilità o falsità del contenuto e la struttura autocentrica nel senso che il soggetto è solitamente collocato al centro della tematica delirante. Vi sono vari elementi di descrizione del delirio. Si può definire un rapporto tra tematiche generali e contenuti specifici. I contenuti specifici di persecuzione, riferimento, influenzamento, talora quelli ipocondriaci, fanno riferimento alla tematica del pericolo o della minaccia; i contenuti di grandezza, onnipotenza, talora di erotomania, alla tematica della dominanza e del controllo; i deliri di colpa, rovina, indegnità, negazione, talora quelli ipocondriaci, sono riferibili all’area della passività e della rinuncia; l’erotomania e la gelosia alla tematica della sessualità e della riproduzione. Il concetto di derivabilità si riferisce alla possibilità o meno di comprendere il senso di un delirio in rapporto ad eventi, a stati affettivi o al contesto di vita del soggetto. Questo criterio classicamente tende a porre una distinzione tra “delirio primario” e “delirio secondario”, dove il primo sarebbe altamente inderivabile mentre il secondo sarebbe derivabile dal contesto in cui si sviluppa; in realtà la “comprensibilità” di un delirio dipende, almeno in parte, anche dalla disposizione dell’osservatore. La fissità tematica indica la tendenza a mutare o meno di una tematica delirante nel decorso di un episodio psicopatologico o del decorso generale del disturbo. Il livello di strutturazione è relativo al grado di organizzazione delle tematiche del delirio. La pervasività comportamentale indica il grado con cui l’ideazione delirante determina, condiziona, il comportamento. Le variazioni temporali indicano le fasi dello sviluppo del delirio che solitamente ha una fase di ingresso, una fase di stato e una fase di risoluzione. Il delirio ha caratteristiche di persistenza nel tempo, cosa che lo distingue da quelle alterazioni transitorie del pensiero definite come “esperienze deliranti normali” o”microdeliri fisiologici”, riscontrabili in soggetti normali solitamente in rapporto ad una alterazione transitoria, ma intensa, dello stato emozionale, che normalmente sono della durata di minuti o ore. Il vissuto emozionale riguarda la valutazione della modalità emozionale con cui viene vissuto il delirio dal soggetto. Vi sono due elementi di valutazione semiologica principali, uno riguarda la congruità tra 6 contenuto delirante e alterazione del tono dell’umore nei disturbi dell’umore, l’altro ha a che vedere con la partecipazione emotiva al delirio indipendentemente dalla presenza di un alterazione di base dell’umore. TERMINOLOGIA DESCRITTIVA DEL DELIRIO Vi è una terminologia con cui si cerca di sintetizzare la caratteristica principale di un delirio; alcuni di questi termini sono tuttora in uso altri sono divenuti desueti. La percezione delirante è l’attribuzione di un significato delirante ad una percezione corretta. L’intuizione delirante indica l’insorgenza di una nuova certezza, delirante, non basata su una percezione. La rappresentazione delirante si riferisce a rappresentazioni mentali e ricordi con significato delirante. Lo stato d’animo delirante è un vissuto soggettivo, solitamente angoscioso, di trasformazione non ancora strutturata della realtà. Un sistema delirante è un insieme di elementi deliranti (percezioni, intuizioni, rappresentazioni) connessi da una coerenza interna. Pensieri e idee deliranti sono termini aspecifici utilizzati per indicare percezioni, intuizioni, rappresentazioni deliranti Il termine delirio primario, poco usato, indica un delirio con caratteristiche di inderivabilità dal contesto in cui si è sviluppato; viceversa delirio secondario indicata un disturbo del pensiero comprensibile in relazione ad eventi contestuali. Anche i termini di reazione delirante e di deliroide, poco usati, hanno un significato assimilabile a quello di delirio secondario enfatizzandone l’aspetto reattivo. LE IDEE OSSESSIVE I pensieri ossessivi sono caratterizzati dall’essere nel contempo intrusivi ed estranei rispetto ai correnti normali contenuti di coscienza del soggetto, che peraltro mantiene la coscienza di malattia giudicando le ossessioni come qualcosa proveniente dalla propria mente, non dall’esterno, ma che egodistonicamente si impone alla propria coscienza contro la sua volontà. Per potersi ritenere ossessivo un pensiero deve inoltre avere caratteristiche di persistenza, invasività e iteratività. Il soggetto cerca di controllare la pervasività dell’ideazione ossessiva sviluppando quello che viene definito come psichismo di difesa che è costituito da un’attività mentale volontaria che cerca di compensare l’effetto dell’ossessione; questa nel tempo tende però a configurarsi come un pensiero parassitario secondario con caratteristiche qualitative simili a quelle dell’ossessione. Analogamente lo psichismo di difesa si esprime a livello comportamentale nelle compulsioni che sono comportamenti che tendono a controllare l’ossessione primaria; in tal senso la compulsione è sempre secondaria e finalizzata a ridurre l’ansia e la persistenza dell’ossessione. Un esempio potrebbe essere quello della ripetizione di un certo rituale per neutralizzare la comparsa dell’ossessione di poter ferire o uccidere qualcuno. In sintesi i caratteri peculiari, classicamente descritti, dell’ideazione ossessiva sono l’estraneità, la persistenza, l’incoercibilità e la consapevolezza dell’origine interna del disturbo. 7 PRINCIPALI CONTENUTI DELLE OSSESSIONI I temi principali delle ossessioni riguardano l’aggressività, la contaminazione, le ossessioni sessuali, quelle di raccolta e conservazione di oggetti, quelle religiose, le ossessioni di simmetria o ordine, le ossessioni somatiche. Vi possono essere poi altre ossessioni a vario contenuto. PRINCIPALI COMPORTAMENTI COMPULSIVI Per quanto riguarda i comportamenti compulsivi, più spesso riguardano compulsioni di lavaggio e pulizia, compulsioni di controllo, compulsioni di iterazione, compulsioni di ordine, compulsioni di raccolta. IDEE PREVALENTI E DOMINANTI Le idee prevalenti si distinguono dalle ossessioni per essere egosintoniche, non avere quindi i caratteri dell’estraneità e dell’intrusività, e per non presentare psichismo di difesa. La coscienza di malattia solitamente è assente anche se può esservi consapevolezza dell’eccessivo spazio mentale occupato dall’idea prevalente che però non è considerato dal soggetto un fatto patologico. D’altra parte le idee prevalenti si distinguono dal delirio soprattutto per quanto riguarda l’assenza di impossibilità o falsità del contenuto e di inderivabilità e per la corregibilità soprattutto in relazione alla consapevolezza della pervasività dell’idea prevalente. DISTURBI DELL’AFFETTIVITA’ Sebbene i contenuti dell’affettività, come la tristezza, la rabbia, l’euforia, ecc., siano di immediata comprensione per tutti, una loro descrizione sistematica è meno semplice di quella di altri aspetti della vita psichica e la terminologia che è stata utilizzata è più spesso ambigua e controversa. La psicopatologia classica, comunque, comprende nell’ambito dell’affettività i sentimenti, le emozioni, l’umore o stato d’animo, le pulsioni o tendenze. I sentimenti sono stati soggettivi dell’Io caratterizzati dalla qualità piacevole o spiacevole; vengono distinti nelle due componenti principali di sentimenti somatici, che fanno riferimento a ciò che viene dal corpo, e sentimenti psichici, che appartengono più alla vita mentale; vi sono inoltre ulteriori suddivisioni che tralasciamo per brevità. Le emozioni sono sentimenti psichici reattivi, acuti, solitamente accentuati, accompagnati da coinvolgimento somatico. L’umore (o stato d’animo) è invece uno stato del sentimento di più lunga durata e non sempre di natura reattiva. Le pulsioni o tendenze si riferiscono, almeno in parte, alle tendenze istintive. Per quanto riguarda la semeiotica delle manifestazioni patologiche le principali aree fenomeniche di interesse sono quella dell’ansia e quella delle alterazioni dell’umore. I DISTURBI DELL’UMORE. Un aspetto rilevante nella definizione di disturbo dell’umore è la distinzione tra normalità e patologia, nel senso che cambiamenti e alterazioni nello stato dell’umore sono propri di tutti gli esseri umani, con una gradualità variabile. Le caratteristiche principali che distinguono le alterazioni patologiche 8 dell’umore dalla “normalità” sono le seguenti: hanno carattere quantitativamente eccessivo; insorgono indipendentemente da una causa ambientale evidente o sono chiaramente sproporzionate; decorrono in modo sostanzialmente indipendente rispetto agli eventi esterni; hanno durata eccessiva rispetto a qualunque altro stato affettivo “normale”; hanno una qualità del vissuto particolare quale il sentimento di vuoto e di immobilità affettiva e ideativa nella depressione e quello di incontrollabilità angosciosa nella mania; sono regolarmente accompagnati da sintomi somatico-vegetativi e ideativi non presenti nelle comuni esperienze affettive. Sebbene sia stata messa in discussione, una distinzione da sempre presente nella psicopatologia è quella tra reattività ed endogenicità, dove la prima indica un quadro che è reattivo ad un evento, esterno o interno, mentre la seconda indica un quadro dove vi è impossibilità di trovare una relazione diretta tra un evento ed il quadro sintomatologico osservato. I disturbi dell’umore possono essere descritti sulla base delle quattro aree che definiscono le loro caratteristiche: l’umore, i sintomi ed i segni ideativi, quelli psicomotori e quelli vegetativi. Per una descrizione dettagliata delle singole sindromi rimandiamo alla trattazione effettuata nelle relazioni successive. I principali quadri di alterazione patologica dell’umore sono costituiti dalla depressione, dalla mania e dalla sua variante minore, l’ipomania, dalla disforia e dagli stati misti. Nella depressione l’umore è caratterizzato da tristezza profonda definibile come tristezza vitale per la presenza di una risonanza somatica del sentimento depressivo, dall’anedonia o perdita di piacere in tutte le attività, dal sentimento di mancanza di sentimenti; l’ideazione è connotata, nella forma, dal rallentamento dei processi associativi, di apprendimento e della memoria e, nel contenuto, in modo negativo con tematiche di perdita, indegnità, autosvalutazione e colpa alle quali si associano facilmente idee di morte e di suicidio; sia l’ideazione che la percezione, nella forme più gravi, possono divenire psicotiche con lo sviluppo di deliri ed allucinazioni. I sintomi e i segni psicomotori sono solitamente caratterizzati dall’inibizione e dal rallentamento, anche se esistono forme di depressione agitata. L’attività fisiologica vegetativa è alterata nella sfera dell’appetito e del peso, del sonno, della funzionalità sessuale, dei ritmi biologici e dell’attività di vari apparati somatici. Nella mania le manifestazioni sono, orientativamente di segno opposto, l’umore è euforico ed esaltato, ma con la tendenza ad essere labile e passare facilmente verso l’irritabilità o l’aggressività; l’ideazione è accelerata fino al limite della fuga delle idee ed i contenuti sono orientati alla grandiosità e talora possono esservi aspetti persecutori; il contenuto grandioso dell’ideazione delirante viene detto congruo con l’umore, mentre la presenza di deliri incongrui con l’umore pone il problema della diagnosi differenziale con disturbi dello spettro schizofrenico. L’attività psicomotoria è orientata all’accelerazione, all’irrequietezza, all’affacendamento inconcludente e all’impulsività. A livello somatico vi è un senso di aumentata energia, con iposonnia, ipersessualità, possibile tendenza all’abuso di alcol o sostanze. Stati misti è un termine usato per indicare delle condizioni, la cui specificità è accettata da alcuni autori ma rifiutata da altri, in cui alcuni aspetti di depressione e mania si presentano, quasi paradossalmente, in modo concomitante. Disforia è un termine usato in psicopatologia con accezioni diverse, ma riconducibili a due tipi di significato: malumore, caratterizzato da un sentimento spiacevole con umore tendenzialmente depresso, ansia, sensazione di tensione, pessimismo; irritabilità, ovvero tendenza a reagire esageratamente agli stimoli interni o esterni con scarsa capacità di controllo che si manifesta in rabbia o aggressività. DISTURBI D’ANSIA L’ansia ha varie manifestazioni che possono coinvolgere il soggetto nel complesso dell’unità 9 psicosomatica, sono distinguibili infatti componenti somatiche, ideopercettive e motoriocomportamentali. Anche per l’ansia è rilevante il problema della distinzione tra manifestazioni normali e patologiche, essendo l’ansia stessa parte integrante della vita, rappresentando anzi un meccanismo di stimolo utile o un sistema di allarme necessario alla vita. L’ansia diviene patologica quando non svolge più questo ruolo di stimolo o di protezione, ma diventa marcatamente disturbante a livello soggettivo e causa disfunzionalità significative nella vita mentale e relazionale. Possiamo distinguere le seguenti principali forme di manifestazioni patologiche dell’ansia: il Panico, l’Ansia generalizzata, l’Ansia anticipatoria, le Fobie, le Condotte di evitamento. Il Panico è uno stato d’ansia acuto, parossistico, dalla durata limitata, che può variare indicativamente da alcuni minuti ad un’ora circa, caratterizzato da intensa paura di morire, di perdere il controllo o di impazzire, possono esservi depersonalizzazione e derealizzazione; è inoltre accompagnato da un corteo variabile di sintomi somatici come tachicardia o palpitazioni, vertigini, brividi, sudorazione, tremori, dispnea, parestesie, dolore o fastidio toracico, nausea, disturbi addominali. La Fobia è una paura esagerata e irrazionale per un determinato oggetto o una determinata situazione, la cui presenza induce intensi sintomi d’ansia, per evitare i quali vengono sviluppate condotte di evitamento dell’oggetto o della situazione fobica oppure condotte di rassicurazione. La fobia presenta quindi un contenuto ideativo associato al quadro ansioso. Le fobie sono variamente classificate, ad esempio in base al contenuto o alla distinzione tra fobia ad uno stimolo esterno o interno come la fobia delle malattie o le fobie ossessive. Tra le fobie agli stimoli esterni si possono distinguere i tipi principali dell’agorafobia, spesso correlata al panico, della fobia sociale e delle fobie semplici o specifiche denominate sulla base del loro contenuto. L’Ansia Generalizzata si caratterizza come uno stato di ansia e preoccupazione eccessivo, persistente e difficile da controllare per una varietà di situazioni che solitamente riguardano la quotidianità del soggetto, come preoccupazione per il lavoro, per la famiglia, per la salute, ecc.; il contenuto della preoccupazione può variare nel tempo ed i pensieri relativi alla preoccupazione tendono ad interferire con le normali attività; è accompagnato da irrequietezza, irritabilità, affaticamento, tensione muscolare, difficoltà a concentrarsi o vuoti di memoria, disturbi del sonno. L’Ansia Anticipatoria è uno stato di preoccupazione, con un corteo sintomatologico ansioso variabile, legato all’attesa del verificarsi di un evento. E’ una condizione non necessariamente patologica che si presenta comunemente nell’attesa di eventi significativi per il soggetto, come ad esempio un esame, una competizione, un incontro, un potenziale pericolo, ecc. Lo stato di attenzione è aumentato fintanto che l’ansia si mantiene entro certi limiti, mentre può subire un certo grado di interferenza quando questi limiti vengono superati. In condizioni patologiche l’ansia anticipatoria si presenta in relazione al timore del ripetersi di un attacco di panico, del presentarsi di una situazione fobica, di una separazione in soggetti con importante ansia di separazione, dal timore del ripetersi di un evento stressante nel disturbo post traumatico da stress ed in altri quadri. Le Condotte di Evitamento sono quei comportamenti che il soggetto mette in atto per evitare una situazione fobica. DISTURBI DEL COMPORTAMENTO Possiamo distinguere tra Disturbi dell’attività psicomotoria e disturbi del comportamento strutturati. Tra questi ultimi si possono includere i comportamenti etero e auto-aggressivi, le fughe psicogene, i disturbi della condotta sessuale, i disturbi del comportamento alimentare, i disturbi da uso di sostanze ed altre condotte additive definibili come dipendenze comportamentali come il gioco d’azzardo patologico, altri disturbi del comportamento e del controllo degli impulsi come la tricotillomania. I comportamenti autoaggressivi includono il suicidio, il parasuicidio, l’autolesionismo; quelli 10 eteroaggressivi includono il furto (nel quale è compresa la cleptomania), l’incendio (compresa la piromania), il disturbo esplosivo intermittente, i comportamenti violenti, l’omicidio. Rimandando alla descrizione dei vari quadri sindromici dei disturbi sessuali, alimentari, additivi, per l’approfondimento delle caratteristiche relative, sottolineiamo qui che un disturbo comportamentale può discendere da un’alterazione della sfera ideopercettiva o affettiva o può rappresentare una manifestazione primaria - come nelle condotte additive e in buona parte nei disturbi del comportamento alimentare -, nel qual caso solitamente riveste maggior importanza l’osservazione del comportamento del paziente rispetto a quella delle sue rappresentazioni mentali. DISTURBI DELL’ATTIVITA’ PSICOMOTORIA Accenniamo brevemente ai disturbi dell’attività psicomotoria. L’aumento dell’attività psicomotoria (ipercinesia) comprende i casi di irrequietezza, iperattività, eccitamento, impulsività; la riduzione (ipocinesia) comprende il rallentamento, lo stupor, l’arresto psicomotorio. La Catatonia è il mantenimento per tempi lunghi di una posizione assunta dal paziente in una condizione di ipertonia muscolare. La Catalessia è la perdita della motilità volontaria con il mantenimento della capacità di conservare la posizione imposta passivamente. La Cataplessia è la perdita improvvisa e transitoria bilaterale del tono muscolare con caduta a terra del soggetto. Il Manierismo è costituito dall’esecuzione di gesti o movimenti bizzarri con un qualche significato finalistico mantenuto. Le Stereotipie sono movimenti ripetitivi non finalizzati. Le alterazioni della stazione eretta e quelli dell’andatura e del coordinamento, sono più frequentemente segni di alterazioni neurologiche, comprese quelle di natura tossica, ma possono avere alcune volte origine psicogena. Le terapie con neurolettici possono produrre alcune alterazioni come distonie, discinesie ed acatisia, quest’ultima caratterizzata da irrequietezza soprattutto a livello degli arti inferiori. DISTURBI SOMATICI Vari disturbi somatici possono avere una natura parzialmente o completamente psichica. La principale distinzione che può essere fatta è quella tra disturbi cosiddetti funzionali e alterazioni nelle quali è presente una lesione d’organo. Nel primo caso non si può riscontrare nessuna malattia a carico dell’apparato interessato ed i sintomi lamentati sono riconducibili ad alterazioni reversibili della normale funzionalità mediati da meccanismi neurovegetativi o psiconeuroendocrini oppure sono attribuibili ad una distorsione cenestesica ed eventualmente ideativa. Si usa spesso il termine di somatizzazione per indicare queste evenienze; le somatizzazioni sono solitamente costituite da sintomi dolorosi, gastrointestinali, sessuali o pseudoneurologici. Nel secondo caso abbiamo a che fare con malattie con una evidente alterazione anatomopatologica, nella cui genesi sono presenti componenti psichiche che, anche qui attraverso la mediazione di meccanismi neurovegetativi e neuroendocrini, giocano un ruolo eziologico primario o di cofattore. Si utilizza in questi casi a volte il termine di malattia psicosomatica; è il caso ad esempio delle ulcere da stress, di alcune malattie dermatologiche, della componente fattoriale psicosociale delle malattie cardiovascolari, ecc. 11 DISTURBI DELL’INTELLIGENZA La definizione di cosa sia l’intelligenza non è questione semplice, né risolta. Le manifestazioni psicopatologiche dell’intelligenza attualmente definite sono il Ritardo Mentale e la Demenza, ma anche altri disturbi psichici possono interferire con le funzioni intellettive. La psicopatologia classica utilizzava vari termini come oligofrenia, debolezza mentale ed altri per indicare quadri attualmente ricondotti al concetto di ritardo mentale. Quest’ultimo è suddiviso in livelli di gravità ed è quantificato con il Quoziente di Intelligenza (Q.I.); sia i punteggi del Q.I. che i test psicometrici creati per misurarlo non sono esenti da influenze da parte di fattori socioculturali. Il ritardo lieve, come un funzionamento cognitivo al limite, possono non rappresentare un problema clinico in soggetti con una personalità sviluppata armonicamente e senza altri disturbi, mentre possono esserlo in presenza di disturbi di personalità o di altri disturbi psichici o comportamentali. Con demenza si intende la perdita, più o meno progressiva, in età adulta del livello cognitivo precedentemente raggiunto, che può essere causata da fattori diversi. Altri disturbi psichici, dai disturbi d’ansia, a quelli dell’umore, alla schizofrenia possono interferire con le funzioni intellettive in modo transitorio o perdurante fino ad assumere caratteristiche pseudodemenziali, come nella pseudodemenza depressiva, in certa misura reversibile, o nella schizofrenia cronica; in generale, la cronicizzazione di alcuni disturbi tende a favorire il deterioramento delle funzioni cognitive. BIBLIOGRAFIA American Psychiatric Association, DSM-IV-TR Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, IV edizione rivista, edizione italiana a cura di Vittorino Andreoli, Giovanni B. Cassano, Romolo Rossi, Masson, 2001, Milano Ey Henri, Bernard Paul, Brisset Charles, Manuale di Psichiatria, IV edizione italiana, Masson, 1990, Milano Fradà Giovanni, Semeiotica Medica, Piccin, 1983, Padova Pancheri Paolo, Cassano Giovanni B. (a cura di), Trattato Italiano di Psichiatria, seconda edizione, Masson , 1999, Milano Schneider Kurt, Psicopatologia Clinica, III edizione italiana, Città Nuova Editrice, 1983, Roma 12