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RINASCITA
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Finanza
CRISI ANNUNCIATA
Venerdì 30 novembre 2007
La stagflazione, creando inflazione e il crollo dei salari, condurrà l’Italia verso la recessione
Il prossimo terreno di caccia per le banche
Fulvia Novellino
SALERNO
Secondo le stime degli
analisti, l’economia internazionale sta per toccare i suoi
punti soglia prima di innescare un perverso meccanismo che potrebbe portare
ad un conflitto o allo sconvolgimento della situazione
di alcune economie più
deboli. Il petrolio ha pienamente superato il valore di
90 dollari al barile e ora si
profila all’orizzonte il prossimo obiettivo della quota
100 dollari, sulla spinta
delle
tensioni
in
Medioriente,
alimentate
dalla
propaganda
tra
Turchia e Iraq e tra Usa e
Iran.
Di conseguenza, altrettanti record si sfiorano sul
valore dell’oro, quotato
sopra gli 800 dollari per
oncia, con inevitabili ripercussioni anche sulla quotazione del dollaro, la cui ulteriore svalutazione è ormai
inevitabile.
Ci si aspetta dunque il
cedimento del sistema da un
momento all’altro, ma quello che sta per arrivare in
realtà è qualcosa di ben più
preoccupante e di più invisibile, in quanto non vi saran-
disoccupazione, rallentamento della produzione e
recessione.
In tale situazione è quasi
impossibile agire per le
autorità, soprattutto perché
in Europa la politica monetaria è congelata, per non
parlare di quella sociale visti
i
patti
di
stabilità.
L’aumento dei costi, dovuti
in questo caso al rincaro
delle risorse energetiche e
alle
crisi
finanziarie,
dovrebbe essere contrastato
divenendo la nostra unità di
conto e il peso del nostro
valore.
Oggi i processi di stagflazione sono già presenti nell’economia americana perché è una società che vive
ormai da anni con un’inflazione patologica, con la crisi
dei consumi e una sussistenza garantita dai prestiti
e dal credito. Di questo
passo, la caduta del valore
del dollaro e la progressiva
riduzione della produttività
no eventi eclatanti ma solo
la percezione che la situazione diviene di giorno in
giorno sempre più insostenibile. Stiamo parlando
della stagflazione, che provoca il blocco del sistema
produttivo partendo dagli
anelli più deboli, come i
lavoratori e le piccole
imprese, che si trovano proprio alla base della piramide
usuraia del sistema in cui
viviamo.
La stagflazione si ha
quando l’aumento dei prezzi
viene accompagnato da una
crescita della disoccupazione e da un ristagno della
produzione; infatti l’inflazione se in un primo
momento crea una sorta di
“illusione monetaria” che
spinge le imprese a rincarare i prezzi per recuperare i
costi,
successivamente
induce a ridurre sempre più
i salari sino a licenziare i
lavoratori, innescando così
con delle politiche monetarie restrittive, come la
Banca Centrale Europea e la
Federal Reserve stanno
facendo aumentando i tassi
di interesse, ma questo poi
va ad accelerare la recessione dovuta al crollo dei consumi. Una situazione molto
simile a quella che stiamo
vivendo oggi si è avuta nel
1973, quando la crisi energetica creò una iperinflazione in tutta l’Europa, e allora
le Istituzioni decisero per
politiche
economiche
espansive in quanto “lo status del lavoratore” e la
“sostenibilità della società”
erano considerati dei fattori
intoccabili.
Molte cose sono cambiate
da allora, perché oggi lo status da preservare non è
quello del lavoratore, in
quanto entità portante del
catena produttiva, ma è
quello del “tasso di interesse” e del credito, che sta
americana non faranno
certo ridurre l’inflazione,
mentre la Federal Reserve
condurrà lo Stato nella
recessione per presentare al
Congresso l’unica soluzione
possibile il controllo o un
conflitto da qualche parte
nel mondo. L’economia
americana, in questi ultimi
anni, si è specializzata
essenzialmente nella produzione di “ debiti”, e questo
vale per le case, per le
imprese e le istituzioni pubbliche, per un indebitamento collettivo che supera i
400% del loro PIL.
Per molto tempo hanno
tentato anche di nascondere
l’insolvenza crescente degli
operatori economici facendo rivendere attraverso le
banche di Wall Street, degli
attivi finanziari “ virtuali”, i
cosiddetti collaterali che
sono finiti nel bilancio delle
banche di tutto il mondo,
nei portafogli degli “hedge
funds”, nelle tesorerie delle
imprese, negli investimenti
dei risparmiatori. Hanno
così prosciugato ancor di
più la liquidità dal mercato
destinata invece allo sviluppo della produzione.
Ciò che è accaduto negli
Stati Uniti si sta inevitabilmente ripetendo anche sull’economia europea e italiana, e anche in questo caso
assistiamo all’immobilismo
delle Istituzioni che invece
di contrastare la crisi della
stagflazione la assecondano:
non dimentichiamo che lo
status da preservare è ancora quello del credito e delle
banche, che nel consiglio di
amministrazione
della
Banca Centrale siedono dei
banchieri privati e che il
Parlamento risponde degli
interessi delle lobbies che
rappresentano. Dinanzi alla
preoccupante situazione del
welfare, il governo della
Banca
d’Italia,
Mario
Draghi, parla “di salari troppo bassi”, di “mancanza di
imprenditorialità
delle
nuove generazioni”, di un
“disequilibrio del rapporto
salario-produttività”, e conclude suggerendo maggior
incentivi al risparmio e alle
imprese che intendono crescere.
Forse, ciò che il nostro
governatore ha dimenticato
di dire è che la contrazione
dei salari è un segnale di
allarme che le aziende italiane inviano alle Istituzioni,
per dire che “manca la
sostenibilità della produzione”, per via dell’eccessivo
cuneo fiscale, dei costi delle
materie prime e per giunta
dei lavoratori.
Occorre prestare molta
attenzione a questi campanelli d’allarme, perché
annunciano la recessione:
curare questi sintomi con i
protocolli del welfare o altri
ammortizzatori sociali non
risolverà il problema che
resta lì a covare. Magari
questi signori aspettano che
si arrivi all’esasperazione, si
aspettano che l’ulteriore
aumento delle derrate alimentari, del pane e della
pasta spinga le persone ad
“indebitarsi per mangiare”.
Ebbene, è proprio questo
quello che stanno facendo e che si legge chiaramente
nel discorso di Draghi -
ossia di far vedere alla gente
uno scenario di difficoltà
economica “in sicura ripresa” che può essere superato
se ci si affida alle premura
del sistema bancario. E oggi
è in netta crescita la percentuale del credito al consumo, valutata dall’Abi intorno al 17,5% , pari a 93,8
miliardi di euro, mentre il
credito fondiario è cresciuto
del 10,8 per cento raggiungendo i 289,8 miliardi; altro
dato allarmante arriva dalla
constatazione che il rapporto tra l’indebitamento e il
reddito delle famiglie italiane è passato dal 48% al 75%,
con un terribile aumento del
ricorso al credito al consumo e ai mutui. Le cifre sono
così preoccupanti che si
parla di sovraindebitamento
delle famiglie, spinto dalla
povertà : un dato tragico e
importante, perché è l’ulteriore prova che alcuni processi recessivi nell’economia
italiana sono già cominciati.
L’avanzare inarrestabile
del credito è d’altronde un
effetto indotto dal sistema
stesso, considerando che le
Banche si ripropongono,
per l’ennesima volta, come
soluzione allo stesso male di
cui sono l’origine.
L’Abi parla della possibilità di costituire un “Fondo
di solidarietà” a supporto
della clientela che per eventi particolari, come la perdita del lavoro, accanto ad iniziative di alfabetizzazione
finanziaria per conoscere
tutti gli strumenti di debito&credito che sono a disposizione delle imprese e dei
nuovi clienti, che vogliono
sperimentare nuove forme
di indebitamento che più
soddisfano le proprie esigenze.
Dai mutui eterni alle
rateizzazioni del conto della
spesa, è in atto in maniera
ormai inarrestabile il processo di ‘’bancarizzazione’’,
che pone le banche al centro
dell’economia.
D’altro canto, per coloro
che non avessero abbastanza fiducia in quelli che sembrano essere dei normali
Istituti di credito, stanno
per arrivare le “Banche
Etiche”, del circuito del
microcredito solidale nate
dalle stesse fondazioni bancarie. Abbiamo assistito
infatti alla presentazione di
Banca Prossima, prima
banca europea operante nel
non-profit, nata da un progetto di collaborazione del
gruppo Intesa Sanpaolo con
le Organizzazioni del non
profit laiche e religiose, e dal
Laboratorio
Banca
e
Società. Il nuovo istituto
opererà attraverso le 6.200
filiali del gruppo Intesa
Sanpaolo: non sarà altro che
un altro sportello di raccolta
del credito, che si propone
come alternativa semplicemente per cogliere quella
parte di clienti che si affidano ai circuiti del microcredito.
In questo caso l’arma utilizzata è ancora più subdola
in quanto entra in un campo
che è stato ben preparato
dalla disinformazione che
ha demonizzato le Banche
d’Affari e ha elogiato le banche etiche come probabile
alternativa. Occorre, dunque, prestare molta attenzione alla nuova disinformazione, alle nuove banche,
e alla nuova moneta, che si
nutrirà proprio delle difficoltà finanziarie di imprese
e lavoratori, vittime dei giochi di potere delle lobbies.
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