LIFE’S AS KIND AS YOU LET IT BE. Charles bukowski Mensile l n.0 l dicembre 2011 1 www.cultfreepress.tumblr.com NUOCE GRAVEMENTE ALLA SALUTE LEGGERE IL SEGUENTE TESTO RIDUCE IL RISCHIO Di ASSUEFAZIONE. CULT è una rivista di informazione e approfondimento culturale, artistico e grafico, il tutto senza perdere un valore esclusivamente trash. Una rivista che riesce a farsi leggere da un pubblico che non comprende solo la strettissima cerchia di addetti ai lavori; ma una freepress che sposta l’occhio verso una nuova visuale e stimola la percezione culturale dell’individuo. Un prodotto fresco, vivace, di facile lettura e di forte impatto. Un prodotto autenticamente immorale. La distribuzione accuratamente studiata permette a CULT di raggiungere un ampio pubblico disposto ad accettare solo il meglio senza scendere a compromessi. Duemila copie stanno per sbarcare sul territorio e con il vantaggio di essere gratuita rischia di arrivare direttamente nel cervello delle persone. I selezionatissimi punti di distribuzione sono bar e locali di tendenza, ristoranti alla moda, librerie, boutique, hair stylist, teatri e cinema. SE IL SINTOMO PERSISTE CONSULTARE LA REDAZIONE Aperto dalle 21.00 fino a tarda notte saletta fumatori - musica live- locale climatizzato Piazza verdi, 7 piombino (LI) 2 O VISITARE IL NOSTRO BLOG: www.cultfreepress.tumblr.com / [email protected] IL FRATELLO MAGGIORE E TUTTI I SUOI CUGINI pag. 5 di Simone Frau IL FRATELLO MAGGIORE E TUTTI I SUOI CUGINI pag. 6 ULTIMA VODKA A PARIGI pag. 9 I MITI ETERNI E LA MEMORIA LABILE pag. 11 INTERVISTA A PINO BERTELLI pag. 15 IL Dr. HOFMANN E IL SUO BAMBINO DIFFICILE pag. 17 LA NASCITA DEL ROCK’N‘ ROLL pag. 21 STAGIONE TEATRALE pag. 29 RAY OF LIGHT pag. 33 STORIE DI ORDINARIA FOLLIA pag. 38 APRI GLI OCCHI pag. 41 LA RICETTA DEL MESE pag. 44 IDEATORI E CREATORI: Simone Frau e Paolo Pratesi DIRETTORE RESPONSABILE: Pino Bertelli DIRETTORE EDITORIALE: Simone Frau VICEDIRETTORE EDITORIALE: Paolo Pratesi ART DIRECTION: Tommaso Alberti UFFICIO GRAFICO: www.t-toy.it Hanno collaborato a questo numero: Simone Benucci, Matteo Mozzoni, Michele Mancusi, Andrea Nelli, Massimo Martini, Elettra Ligioni, Elige. Ringraziamo per l’aiuto: Marco Funai, Emanuele Stefanucci, Pietro Venturi, Enrico Beni. Redazione: Via g. Lerario, 57 Piombino (LI) 349.57.36.107 - 380.43.04.928 [email protected] Ringraziamo per l’illustrazione in copertina: Naara Nascimento www.flickr.com/naaranascimento DRINK RESPONSIBLY pag. 11 pag. 5 pag. 6 pag. 21 pag. 17 pag. 15 pag. 29 pag. 33 Ricordo bene, successe un lunedì sera, intorno alle 21.30 o forse le 22.00, con i vestiti pronti e organizzati per uscire su un divano. Mi avvicinai al telecomando della televisione per spegnerla e iniziai a fare zapping. I canali liberi pieni di scene del crimine, cadaveri sbuzzati qua e là e delitti irrisolti ovunque. Continuai la girandola delle emittenti, improvvisamente la mia attenzione venne rapita da una folla in visibilio, urlante e maestosa. Da subito pensai che potessero essere le immagini del corteo degli indignati di Roma, tenutosi qualche giorno prima, ma poi osservando attentamente e ascoltando, scoprii che era solo l’arrivo nella casa dei concorrenti di un reality show. Pensai di uscire, (a me queste cose non interessano), ma, improvvisamente una domanda mi uscì spontanea: “Perché tanta gente ad osservare un evento simile?”. Decisi allora di seguire questo programma per colmare il divario “culturale” che mi differenziava dalla massa. Osservai la moltitudine di persone presenti alla manifestazione e pensai: “cos’è che spinge un singolo individuo di intelligenza media a inoltrarsi all’interno di un simile caos di puzzo di ascelle, odore nauseabondo di alito e urla strazianti di donne di mezza età indemoniate come se fossero alla notte degli Oscar o ad un concerto dei Pink Floyd?”. Continuai ad osservare quel pascolo multiforme di figure umane, cercando di capirne le sfumature sociologiche. Osservai anche i vari inquilini dell’appartamento, cercando di capire che cosa potesse attrarre la folla, trovai solo uomini uguali, donne simili e niente di più. Continuai ad osservare cercando nei minimi particolari quelle tracce di umana presenza a me sfuggite, ma niente, tutto fu inutile. Decisi allora di uscire, montai in macchina con la scusa buona per bere e mentre accendevo il motore mi venne in mente una frase di Andy Warhol. Iniziai a guidare continuando a pensare a quello che avevo visto. Andy continuava ad accompagnarmi nel tragitto, suggerendomi che in fondo tutti hanno bisogno dei loro 15 minuti di celebrità. tutti hanno bisogno dei loro 15 mInuti di celebrità. 5 ULTIMA VODKA A PARIGI Non illudetevi anche se forse sarà verità, quello che qualcuno afferma, non illudetevi… non morirete mai, neanche adesso, come lui. Lo avete amato, così dite, lo avete seguito solo nelle sue debolezze. Seguire un idolo è da stronzi imitarlo nelle sue debolezze è ridicolo, è da ignoranti: << tira quel laccio, fai uscire la vena e fatti ! >>… Ascolta il tuo cuore vacillare hai paura? Vuoi morire, oppure no? Sei solo un tossico di merda! Per le tue merdate hai dovuto trovare le scuse i soldi, le scuse. Adesso che hai quello per cui hai pianto a un telefono, minacciato o ucciso i tuoi cari, proponi la saggezza claudicante nel cercare di spiegare il tutto aprendo imprecisate porte e tanto vaghe, che con il loro cigolio, ricordano un suono soltanto… scuse su scuse. Con le gambe pari a tronconi di legno entrerai in un bar, prenderai da bere e cercherai di non pagare. Quando tornerai a casa, se ci tornerai, non raderti e non ascoltare per una volta, quella bella musica… quelle frasi giuste solo per chi aveva “facoltà di esprimerle”: << Come fai ad ignorare il fatto che un artista è soprattutto, un mercenario?>> << Cosa ti fa pensare che un autore di rilievo soprattutto se americano appartenuto a quella beat generation, non sia in realtà un sudicio qualunquista patriota? >> non andare a morire nella vasca facendoti prima la barba. Vai a Parigi e prova ad alloggiare In un bel palazzo, magari vicino alla Senna. Stai a Parigi e dopo aver sbattuto un po’ quella troia tossica di tua compagna, esci. Vai con il tuo autista In uno di quei locali. Ma sono locali dove non puoi entrare come non potrai mai avere quell’alloggio. << E allora? >> E allora la fine può essere Anche così: << Qualcuno entra in un bel locale di gente “fatta ma bella” fatta e artefatta e tu acconsentiresti ma non ti vogliono. Entrano solo loro, con i tuoi soldi, quasi si conoscono tutti e tutti si strizzano l’occhio, si parlano, si leccano, si ubriacano follemente… Un ragazzo prende una dose di roba che dovrebbe portare a casa alla compagna. Allora entra in un bagno con una boccia di vodka quella buona! Si chiude e si apre all’eroina… “BOOM!” Cesso, merda, sangue e vomito. E il bagno è la fine, quasi sempre >>. Non è una vasca con l’acqua pulita che ti culla. È solo calore: << il sangue è caldo, il vomito è caldo, la merda è calda tutto impazza! Il tuo corpo vuole espellere tutta la tua grande debolezza, compresa la vodka. Peccato era quella buona, Jim! >> SIMONE BENUCCI Settembre 2007 Postfazione a cura di Simone Frau Una lettura cruda, cruenta, una lettura disincantata ma allo stesso tempo romantica, che fa del moralismo carta straccia. Sì, di quel moralismo intellettuale delle prime parole e delle prime volgarità, quell’ intellettualismo che non sa leggere tra le righe, si perché quest’opera va saputa leggere tra le righe e tra tutte le sue pieghe. Un uomo e una società, una società come riportato nel testo “fatta e artefatta”, una società di privilegiati che fanno del dolore materiale da riciclo pubblicitario. Un uomo preso come esempio, come bersaglio di uno star system che rifiuta le regole e allo stesso tempo ci nuota dentro soddisfatto, grondante di autocompiacimento. Questa forte poesia va letta con attenzione, con grande attenzione, limitarsi ad ascoltarla non basterà mai. 7 I MITI ETERNI E LA MEMORIA LABILE di Simone Frau Società Telefonica Impianti Immaginatevi un Jean Paul Sartre in un minuscolo appartamento nella periferia parigina intento a scrivere una delle sue più grandi opere, che deve dividere la macchina da scrivere con sua moglie Simone de Beauvoir, semplicemente perché non potevano permettersene due. Immaginate Henry Charles Bukowsky, ubriaco e immerso in una stanza invasa dalle “pantegane” solamente perché credeva di essere un grande scrittore. Immaginate John Fante in uno sperduto hotel di Los Angeles dilaniato da un amore impossibile, con la speranza infinita di creare un opera d’arte letteraria. Un Jack Kerouac, che nei propri scritti riflette la volontà di liberarsi dalle soffocanti convenzioni sociali del tempo e dare un senso alla sua esistenza, un senso da lui cercato nelle droghe come la benzedrina e l’alcool. Joseph Roth morto a Parigi consumato dall’alcool e in pessime condizioni economiche. Un Rimbaud, un Baudelaire ed un Oscar Wilde pieni di debiti e di speranze. Adesso immaginate voi stessi davanti ad un computer o La STI, regolarmente autorizzata dal Ministero delle Telecomunicazioni, si impegna dal 1969 per la progettazione, installazione e manutenzione di sistemi di telecomunicazione. Il nostro impegno è quello di cercare insieme al cliente la soluzione “su misura”, promuovendo un prodotto, a parità di prestazioni, economicamente più vantaggioso. Le centrali telefoniche da noi trattate sono scelte tra le migliori case costruttrici. Realizziamo inoltre reti WI FI con materiali altamente professionali, e ponti radio per collegare fonia e dati tra due sedi senza l’ausilio di linee fisse. Naturalmente il tutto certificato, per assicurare il corretto funzionamento degli apparati attivi. STI s.n.c. di Venturi C. & C. Via del Desco, 11 – 57025 Piombino (LI) Tel. : 0565 22 43 32 – Fax: 0565 22 70 63 e-mail: [email protected] www.telefonisti.it TM ZONE ad una macchina da scrivere, magari ubriachi e senza soldi, magari talentuosi e senza un posto fisso, magari voi e voi soli. Adesso immaginate un docente universitario, un insegnante elementare o un più semplice passante, pensate alle loro facce o alle loro parole nel vedervi così privi di futuro, privi di lavoro e di un’ auto. Pensate ai loro commenti e alle loro parole piene di scherno, provate ad immaginarvi i loro giudizi su di voi e cercate di pensare che cosa avrebbero potuto dire se solo avessero conosciuto i loro esempi culturali prima della fama e della morte, vedendoli in scabrose pose o senza un vestito pulito, traballanti di vino nella notte. Adesso provate, ma solo per un attimo, solo per un minuscolo attimo, ad immaginarvi miti eterni, (tutti coloro come sopra citati ricordati per la loro grandezza e non per il loro tenore di vita), e come tali immaginate le facce di tutti coloro che hanno accompagnato il vostro “fallimento”. Infine chiedetevi che fine ha fatto il loro ricordo su di voi. Viale Della R pubblica, 40 - 57025 Piombino (LI) - Tel. 0565.224255 9 “Fai quello che vuoi nella vita, ma quello che fai cerca di farlo per amore, solo per amore di chi è più sfortunato di te!” Intervista a Pino Bertelli, fotografo di strada. Chi è Pino Bertelli secondo Pino Bertelli? Un fotografo di strada... un fotografo in utopia... che sta dalla parte degli ultimi, degli sfruttati, degli oppressi... non solo con la macchina fotografica... fino a venti anni tutti fanno fotografie, poi restano i fotografi e gli imbecilli... e questo vale per tutte le forme d’arte... Come puoi riassumere la tua vita in un’immagine? L’immagine nella quale più mi riconosco è quella di una bambina avvolta nelle fasce insanguinate che ho fotografato durante la guerra in Iraq... è una denuncia (fatta con grazia e amorevolezza) contro tutte le guerre... non ci sono guerre giuste, né guerre sante, né guerre umanitarie... la guerra “bruttura” l’uomo e lo rende stupido e schiavo di ogni potere... Che rapporto hai con te stesso? Ironico... mi piace stare al limitare del bosco, in margine alla stupidità generale che si affanna a cercare un posto in paradiso o nel consenso del mercimonio... un artista senza talento è un assassino o un Giuda Iscariota per eccesso di euforia... chi conosce la forca non sempre conosce l’arte e chi fa dell’arte non sempre conosce la forca, anche se qualche volta lo meriterebbe... Quali sono gli eventi che ti hanno reso quello che sei? I racconti sulla resistenza di mia nonna partigiana... mentre buttava il pesce azzurro sulla piastra di ghisa della stufa mi diceva: “Fai quello che vuoi nella vita, ma quello che fai cerca di farlo per amore, solo per amore di chi è più sfortunato di te!”... mio padre, marinaio anarchico, quando gli accendevo la pipa o il sigaro toscano, era solito dire: “Se uno è troppo 10 ricco vuol dire che quello che ha l’ha rubato ad un altro! Ribellarsi è giusto!”. Ciascuno è la coscienza che vive... Se dico Italia qual’è la prima cosa che ti viene in mente? Una massa di profittatori, di disonesti, di saltafossi, di voltagabbana annidati nei posti di potere... ma anche un popolo che è stato capace di esprimere la voglia di libertà e di giustizia... quando la meglio gioventù si è legata al collo uno “straccetto rosso” (Pier Paolo Pasolini, diceva), è andata alla macchia per combattere il nazifascismo e ha conquistato (con 60.000 morti) la democrazia... che oggi è in pericolo, defenestrata da un manipolo di faccendieri, di saprofiti e di criminali che hanno fatto il covo (di serpi) in parlamento... dietro ogni politicante c’è sempre un un bravaccio della libertà... una democrazia davvero partecipata è l’agorà di una casa comune dove libertà, giustizia ed eguaglianza sono il pane quotidiano... Cosa pensi della cultura italiana? Quello che ne pensava Pasolini... tutta apparenza e niente sostanza... la cultura italiana è la più omologata, la più servile e la più imbecille del mondo... basta scrivere un libro, fare un disegno, girare un film o andare in televisione a vendere la propria merce, ed ecco che qualcuno pensa di essere un semidio e invece è soltanto un idiota con le stigmate di intellettuale... il confine tra genio e talento è profondo e feroce, ecco perché ci sono tanti cattivi talenti in giro... quasi tutti sono a libro paga di qualche padrone o mercante che vuole un po’ di considerazione nelle sfumature della storia... 11 “il confine tra genio e talento è profondo e feroce, ecco perché ci sono tanti cattivi talenti in giro.” Cos’è che non hai mai capito della gente? L’indifferenza... l’inclinazione alla schiavitù... l’opportunismo... la vigliaccheria... la genuflessione a un dio o a uno stato... e pensare che basterebbe non servire più e ogni potere costituito sulle rovine della libertà, crolla... occorre maggiore finezza per fare a meno del consenso e del successo cercato dai poveri di spirito che danzare sulla testa dei re... la maggior parte della gente, specie quella che fa professione di pensare, è riconducibile a un crimine di leso linguaggio verso i più elementari diritti umani... Cos’è per te la felicità? La felicità è il ritorno alla bellezza, alla capacità di meravigliarsi e di stupirsi ancora del mondo... vivere ogni giorno come un’infanzia interminabile là dove finisce il mare e comincia il cielo... fare dell’amore di sé e per l’altro il primo passo verso una società di liberi e uguali... verrà l’amore e avrà i tuoi occhi... le stanze del cuore sono stregate dalla luna e l’amore è la rivelazione della propria libertà... Cos’è per te il disagio? L’impossibilità di essere normali... non possedere nessuna verità, se non la propria... avere compreso che adorare un qualsiasi simulacro (generale, papa o capo di stato) è un atto di demenza accettata... non c’è storia che non sia dell’anima in volo... il patriottismo, la fede, le ideologie sono l’ultimo rifugio dei parassiti che si incensano davanti allo spettacolo di una civiltà senza domani... 12 Qual è il tuo rapporto con le doghe e gli alcolici? Non sono un proibizionista... i divieti non servono... si tratta di non radicarsi, non appartenere a nessuna fazione... disfarsi dei propri rimorsi e dei propri rancori... vomitare i propri segreti... non tutti hanno la fortuna di vivere o morire giovani... giocare allo spirito puro rasenta l’indecenza, diceva... il disagio dell’esistenza è tutto qui... meglio farsi sale, lievito, chicco di grano e accogliere il diverso da sé, vestire chi è nudo, farsi stranieri ovunque... che credere a qualcuno o a qualcosa che possa sollevare il nostro dolore a vivere nella condizione di ferventi collaboratori della dissolutezza imposta dalla morale dominante... la liberazione degli oppressi ci libera da tutte le ragioni degli oppressori... Di cosa hai paura? Della stupidità generalizzata... è la stupidità che partorisce mostri... che nega la dignità dei popoli... la vita è liberazione, è il gusto e il rischio di “osare la speranza”, dice il mio maestro e amico Don Andrea Gallo, un prete “angelicamente anarchico”... la forza del diritto è la ricerca del bene comune, mentre nella società dello spettacolo impera il diritto della forza... la gioia della vita piena è nel rispetto degli ultimi, degli emarginati, degli impoveriti... dove c’è fraternità c’è amore dell’uomo per l’uomo e liberarsi dalla paura significa praticare l’arte di non governare né essere governati in questo modo e a questo prezzo... Perché hai accettato di fare quest’intervista? Per amore, solo per amore dell’utopia che abita la cultura, la politica e la disobbedienza civile delle giovani generazioni, e l’utopia si realizza strada facendo... tutto qui. “La felicità è il ritorno alla bellezza, alla capacità di meravigliarsi e di stupirsi ancora del mondo. vivere ogni giorno come un’infanzia interminabile là dove finisce il mare e comincia il cielo. Piombino, dal vicolo dei gatti in amore, 8 volte novembre 2011 13 IL Dr. HOFMANN E IL SUO BAMBINO DIFFICILE di Simone Frau “COME SOSPESO IN UN sogno HO SPERIMENTATO UN FLUSSO ININTERROTTO DI IMMAGINI FANTASTICHE, FORME MERAVIGLIOSE CON GIOCHI CALEIDOSCOPICI DI COLORI STRAORDINARIAMENTE INTENSI.” 14 Albert Hofmann nasce a Baden in Svizzera nel 1906 e studia chimica all’Università di Zurigo. Le sue ricerche sull’acido lisergico, il componente centrale degli alcaloidi della Claviceps purpurea o segale cornuta (un ascomiceta che cresce sulla segale), condussero nel 1938 finalmente alla sintesi dell’LSD-25 (dextro lysergyc acid diethylamyde tartrate 25) o dietilamidetartrato 25. Fu cinque anni dopo, il 16 aprile del 1943, che ripetendo la sintesi della sostanza ormai quasi dimenticata, il Dr. Hofmann scoprì gli effetti psichedelici dell’LSD, dopo che una piccola quantità della sostanza gli cadde sulla mano durante un esperimento di laboratorio, provocandogli una notevole irrequietezza e una leggera vertigine. Questa esperienza lo condusse a testare personalmente gli effetti psicoattivi dell’LSD (da lui chiamato LSD-25 perché proveniente dal campione numero 25). Tre giorni dopo, il 19 aprile, noto come “giorno della bicicletta”, Hofmann assume intenzionalmente 250 μg di LSD, da lui considerato il dosaggio minimo efficace, sbagliando la stima di un ordine di grandezza e provocandosi un’esperienza molto più potente di quanto aveva previsto. È il primo utilizzo intenzionale della sostanza. Successivamente al test, Hofmann si dedica integralmente allo studio della sostanza. Sintetizzato per la prima volta nel 1938 nei Laboratori Sandoz di Basilea da Albert Hofmann, è basato sull’acido lisergico, che si trova nell’ergot, un fungo parassita della segale. Le caratteristiche escrescenze che si formano in seguito alla crescita di questo particolare fungo hanno portato a definire le piante di segale, che da esso vengono colpite, segale cornuta. L’ingestione dell’ergot o della segale cornuta o di prodotti che da essa derivano causano la cosiddetta “febbre del pellegrino”, o ergotismo, i cui sintomi sono deliri allucinatori e forti dolori alle gambe. Nel 2006 a Basilea, in occasione del centesimo compleanno di Hofmann, si tenne il primo congresso multidisciplinare sull’LSD. Nel convegno Hofmann affermò: “Come sospeso in un sogno, con gli occhi chiusi perché trovavo la luce del sole troppo abbagliante, ho sperimentato un flusso ininterrotto di immagini fantastiche, forme meravigliose con giochi caleidoscopici di colori straordinariamente intensi”. Hofmann sperimentò l’LSD con finalità curative, sostenendo che potesse aiutare a comprendere i percorsi e i processi associativi della mente umana, così come la struttura e le origini dell’immaginazione. Il convegno si è ripetuto nel 2008, sempre a Basilea, pochi mesi prima della morte di Hofmann, a 102 anni. 15 EL D A T I C S A N LA di Matteo Mozzoni É difficile fare una panoramica d’effetto sul rock and roll, anche se rimase circoscritto quasi unicamente agli anni Cinquanta. Un fenomeno musicale travolgente e trasgressivo che riuscì a rinnovare profondamente la musica, pur avendo le sue origini ben radicate nel passato, e ad imporre il suo messaggio in un momento in cui i giovani avevano bisogno di gridare la propria identità. L`avvento del rock and roll sconvolse tutti i flussi musicali esistenti a partire dalla musica leggera. Questa nuova corrente sonora riprende dal periodo musicale precedente l`importanza dei testi, con la differenza che prima non erano i cantanti a comporli, ma sogwriters, che davano loro un`impronta politica, predisponendoli ad essere presentati nei piccoli comizi. Il rock ‘n’ roll introdusse una novità fondamentale: il cantante inizia a comporre e suonare pezzi propri. Nella musica leggera si eseguivano e si componevano le canzoni esclusivamente al piano. Il rock and roll si ispirava al blues, facendo anche a meno dell`orchestrazione, e usava accordi piú semplici: la forza era il ritmo e non l`armonia. Il merito musicale é interamente dei neri che introdussero un nuovo modo di pensare la musica, raccontandola attraverso la chitarra elettrica. L`ausilio della società bianca fu solo commerciale facendo del rock and roll un prodotto, trovando un mercato tra i giovani ribelli e portando la musica anche sul piano del costume sociale. Si creò un genere trasgressivo, di qualitá: ritmo eccitante, testi intelligenti, interpretazioni magistrali, e, invece delle orchestre, i piccoli gruppi usavano chitarre, batteria, piano e voce. Questo sound andava contro tutte le convenzioni perbeniste della musica bianca. Il merito storico di aver diffuso tale musica spetta a Alen Freed, un disc-jockey che trasmetteva alla radio un programma chiamato “Moondog Rock ‘n’ Roll Party”. Mentre il rhythm n blues era la musica nera per i neri, il rock and roll divenne la musica nera per i bianchi. In seguito Alen Freed venne accusato di incitamento alla delinquenza giovanile come simbolo vivente della rivoluzione in corso, aveva infatti reso nota una nuova 17 musica giovanile, volgare e violenta. Non gli venne data tregua fino alla morte, che avvenne nel 1963. Nacque cosí il rock and roll (cioé “cadenzato e ondeggiato”, un eufemismo blues per l`atto sessuale) per indicare questo nuovo genere di musica, che esplose in poco tempo. Il dopoguerra aveva rappresentato la fine di una lunga era puritana, e fu inevitabile che i giovani compressi a lungo in un involucro di perbenismo, esplodessero fragorosamente e che fossero attirati da tutti quegli atteggiamenti anti-conformisti come il sesso (grazie all`avvento degli anticoncezionali e un` alta tolleranza all`aborto) e la violenza. E senza dimenticare tutte le frustrazioni causate dal capitalismo e dall`imperialismo: la vita impersonale delle megalopoli e la paura della guerra atomica. Il rock and roll fu per molti versi, il sottoprodotto del cambiamento in atto nella società Americana. Si introdusse l`identificazione ritmo-automobile, urlo-frenesia, ballo-sesso, chitarra-successo, per cui si traducono in musica i suoni stridenti, brutali e violenti della città. Il rock and roll é la prima forma di cultura musicale a celebrare senza riserve quei tratti della vita cittadina che erano stati tradizionalmente mostrati come mali del secolo dagli uomini di cultura. Se pur scaturito da un processo puramente capitalista, il rock and roll é una musica di rottura: nasce fra le piccole etichette e non fra le grandi case discografiche, ridicolizza la musica leggera sdolcinata, avvicina per la prima volta la musica dei neri ai giovani bianchi, e sopratutto celebra il ribellismo adolescenziale. C’erano almeno tre forze che agivano contro il rock’n’roll: una forza politica (gli USA stavano uscendo dal periodo di “caccia alle streghe” di Joseph McCarthy, dove un qualsiasi comportamento indisciplinato era facilmente sospettato di favorire il comunismo), una forza religiosa (il rock’n’roll, con i suoi riferimenti espliciti al sesso non era esattamente il tipo di musica che i ferventi religiosi desideravano per i propri figli) e una forza razziale (il rock’n’roll era chiaramente un’invenzione dei neri, in un periodo in cui era ancora ossessivo il problema della separazione razziale). In pochi anni cambiò il mondo musicale e il modo di suonare: la batteria frenetica e rumorosa in pri- 18 mo piano (come insegna il jazz), la voce sporca e dura (come insegna il blues), a gridare e scandire, il piano o la chitarra (elettrica) ruvidi ed eccitanti, atteggiamento spavaldo e agitato, e infine, come abbiamo già detto testi con slogan giovanili e ambientati nel loro mondo. Ma ora analizziamo chi erano questi musicisti. Se la prima canzone rock and roll é da tutti considerata “The Fat Man” di Fats Domino, il primo musicista rock and roll é Chuck Berry. Le sue canzoni furono le prime ad avere la chitarra come strumento principale e introdussero la scala pentatonica, l’essenza della tecnica chitarristica rock. Le sue canzoni raccontavano storie con i quali i giovani potevano identificarsi, alludevano ad argomenti come l’amore adolescenziale (Sweet little sixteen, school day), satire di vita americana (too much monkey buisness). Con l`attacco mozzafiato di “Johnny B Gode, l`assolo veloce di Maybelline” e una grande serie di riff e assoli chitarristici Berry non si limitó a interpretare i suoi brani, ma li compose in modo autonomo e indipendente tanto da essere considerato anche il primo compositore di rilievo del rock and roll, se non addirittura il suo primo profeta. Oppure Elvis Presley, uno dei più celebri cantanti di tutti i tempi, fonte di ispirazione per musicisti e cantanti di rock’n’roll e rockabilly (That’s All Right (Mama), Blue Moon of Kentucky, Good Rockin’ Tonight, Baby Let’s Play House), tanto da meritarsi il soprannome de Il Re del Rock and Roll o semplicemente The King (Il Re in lingua inglese). Che con i suoi caratteristici movimenti di bacino gli guadagnarono l’altro importante soprannome: “The Pelvis”. Un altro musicista che gettò le fondamenta per il rock and roll con uno stile violento e selvaggio è Little Richard, che con i suoi vestiti osceni e il suo viso truccato, fu il primo del rock decadente. Le canzoni di Little Richard sarebbero rimaste le più isteriche del rock and roll (Tutti Frutti, Long Tall Sally, Rip It Up, Lucille, Keep a Knocking, Good Golly Miss Molly). Gli arrangiamenti al piano di Jerry Lee Lewis erano pari ai riff di chitarra di Chuck Berry. Lewis coniò con il piano uno stile selvaggio, (Whole Lotta Shakin` Goin On, Great Balls Of Fire). Buddy Holly e Eddie Cochran furono due talenti che Chuck Berry, Elvis Presley, J.Lee Lewis, Little Richard, Buddy Holly peró morirono a soli 22 anni. Holly alterò radicalmente l’immagine del rock’n’roll, arrivando a rappresentare l’esatto opposto del giovane delinquente. Eddie invece resterá nella storia per brani come come: Summertime Blues e C’mon Everybody, nei quali raddoppiò tutti gli strumenti e le voci, andando addirittura oltre il rockabilly. Il rock and roll fu un fenomeno di breve durata, si consumò nel giro di tre anni. Tutti i suoi protagonisti hanno in comune il brusco declino, o addirittura la morte, alla fine degli anni ‘50. D’altronde il senso stesso del rock and roll era la frenesia e la voglia di bruciare in fretta tutte le energie. C’era anche un soffio di tragedia che alitava su queste vite per lo più ribelli, e la tragedia spezzò nel fiore degli anni alcune carriere, altre le rese brevissime ma intense. Gli scampati al massacro morirono artisticamente per il solo fatto di diventare dei cantanti milionari. Il benessere placò il loro stile e addolcì il loro suono. 19 SGM STUDIOGRAFICO M Comune di Marco Formaioni progettista grafico Piombino ITALIA L’ITA LIA LO DEL SGUA RD SUL CINEM RISO AO RGIM erd ì Sen4 novemb ENTO so re l ven dal 1988 l ven erd ì 25 l GRAFICA EDITORIA COMUNICAZIONE 2 gio Allonnovemb Inchievedì 10 san re sta novemb fan su Cav re our l ven erd ì2 L’e dicemb re de roe erd ì 18 due moind Ne novemb i del ll’anno re Signo re l ven Saletta Ros sa PROGRAMMA PIEDI A DO PER IL MON PGGJ DJOF 2012 nuovoconsumo Il mensile per i soci Unicoop Tirreno euro 1,50 ottobre 2011 anno XX 210 LA STRETTA Crisi di fiducia e crisi dei consumi. Il futuro incerto dell’Italia, soprattutto quello dei giovani, all’indomani della manovra. I dati del Rapporto Coop su consumi e distribuzione. socioaiap Un certo non so che Q Intervista a Miguel Benasayag sulla società dell’incertezza Poveri di calcio Q La crisi dello sport nazionale Tic tac Q Consigli per guarire dai tic Ti telefono o no Q Guida all’acquisto degli smartphone INSERTO CONVENIENZ A da pag. 75 a pag. 82 3 Piombino (LI) via Tellini, 13 cellulare 3395606784 telefono 0565224360 e-mail [email protected] skype marcoformaioni azione 2011 mento della popol Guida al Censi 20 In collaborazione con la Fondazione Toscana Spettacolo [email protected] 21 PIOMBINO (li) www.comune.piombino.li.it Teatro Metropolitan - Piazza Cappelletti, 2 tel. 0565 30385 - inizio spettacoli ore 21 PORTOFERRAIO (li) www.comune.piombino.li.it giovedì 8 dicembre giovedì 15 dicembre Chi è di scena Vincenzo Salemme in L’ASTICE AL VELENO una commedia scritta e diretta da Vincenzo Salemme. Mariano Anagni in collaborazione con la Compagnia Teatro di Castalia SOGNO DI UNA NOTTE DI MEZZA ESTATE di W. Shakespeare adattamento e regia di Andrea Battistini con Alessandro Buggiani, Chiara Di Stefano, Guglielmo Guidi, Totò Onnis, Giovanni Rizzuti, Daniele Squassina. martedì 20 dicembre a.Artisti Associati Zuzzurro & Gaspare in LA CENA DEI CRETINI di Francis Veber traduzione di Filippo Ottoni - regia di Andrea Brambilla con Dario Biancone, Gianfranco Candia, Alessandra Schiavoni scene e costumi di Pamela Aicardi. CAMPIGLIA M.MA (li) www.comune.campigliamarittima.li.it Associazione Nuovo Teatro dell’Aglio - Teatro dei Concordi via Aldo Moro, 1 - tel. 0565 837028 - inizio spettacoli ore 21.30 venerdì 9, sabato 10, domenica 11 dicembre Teatro dell’Aglio CALIGOLA di Albert Camus, versione 1958 traduzione di Rosa Marulo - regia di Roberto Raso con Michele Paoletti, Rosa Marulo, Sandro Sandri, Federico Raffaelli, Laura Passarella, Loretta Mazzinghi, Fiorenza Rafanelli. venerdì 16 dicembre Točnadanza Venezia/Comune di Venezia – Assessorato alla Produzione Culturale con Ministero per i Beni e le Attività Culturali Regione del Veneto in co-produzione con Festival di Danza “Montegrotto Terme” MADE IN ITALY i isoliti ignoti Coreografia e regia Michela Barasciutti con Federica Iacuzzi, Alessia Cecchi, Manfredi Perego, Giulio Petrucci, Marika Vannuzzi - musica dal vivo, Oreste Sabadin clarinetto - sound engineer David Mora - costumi di Lorenza Savoini - luci di Federica Preto. CECINA (li) ufficio cultura tel. 0586 611610 Teatro Eduardo de Filippo - via G. B. Vico, 1 tel. 0586 684969 - inizio spettacoli ore 21.O0 domenica 11 dicembre Agidi Angela Finocchiaro e Michele Di Mauro in OPEN DAY di Walter Fontana regia di Ruggero Cara. 22 Teatro dei Vigilanti - Piazza Gramsci 15 tel. 0565 937240 - 944024 - inizio spettacoli ore 21.15 PISA www.teatrodipisa.pi.it Teatro Verdi - Associazione Teatro Verdi - via Palestro, 40 tel. 050 941111 - inizio spettacoli ore 21 e domenica ore 17 sabato 3 e domenica 4 dicembre Piccolo Teatro di Milano – Teatro d’Europa Ferruccio Soleri in ARLECCHINO SERVITORE DI DUE PADRONI di Carlo Goldoni - regia di Giorgio Strehler messa in scena da Ferruccio Soleri con la collaborazione di Stefano de Luca, maschere di Amleto e Donato Sartori, con Enrico Bonavera, Giorgio Bongiovanni, Francesco Cordella, Leonardo de Colle, Alessandra Gigli, Stefano Guizzi, Tommaso Minniti, Stefano Onofri, Annamaria Rossano, Giorgio Sangati, Camilla Semino Favro, Giorgia Senesi e con i musicisti Gianni Bobbio, Franco Emaldi, Paolo Mattei, Francesco Mazzoleni, Elisabetta Pasquinelli. sabato 10 e domenica 11 dicembre Chi è di scena Vincenzo Salemme in L’ASTICE AL VELENO una commedia scritta e diretta da Vincenzo Salemme. 23 S. CROCE sull’ ARNO (pi) www.comune.santacroce.pi.it Teatro Verdi - via G. Verdi - tel. 0571 33267 inizio spettacoli ore 21.15 giovedì 8 dicembre Pa n e t t e r i a d a V i to Gli Ipocriti/Nuovo Teatro Alessandro Haber, Alessio Boni e Gigio Alberti in ART di Yasmina Reza - traduzione di Alessandra Serra regia di Giampiero Solari - scene di Gianni Carluccio costumi di Nicoletta Ceccolini. VOLTERRA (pi) Accademia dei Riuniti - Teatro Persio Flacco - via dei Sarti, 37 tel. 0588 88204 - inizio spettacoli ore 21.15 mercoledì 7 dicembre Andrea Maia-Teatro Golden/Vincenzo Sinopoli Gianni Ferreri, Daniela Morozzi e Roberto Nobile in TERAPIA TERAPIA da un soggetto di Roberto Nobile una commedia di Augusto e Toni Fornari, Andrea Maia, Roberto Nobile, Vincenzo Sinopoli - regia di Augusto Fornari. GROSSETO www.gol.grosseto.it/industri martedì 20 e mercoledì 21 dicembre Teatro degli Industri - via Mazzini, 99 tel. 0564 21151 Teatro Moderno - via Tripoli, 33/35 tel. 0564 22429 sabato 3 dicembre Teatro degli Industri Teatro Metastasio Stabile della Toscana Teatro degli Industri Teatro dell’Argine in collaborazione con Castel dei Fondazione Istituto Dramma Popolare di San Miniato Mondi Festival/Festival Internazionale di Andria/Lu- SARABANDA natica Festival/Provincia di Massa Carrara e Archi- di Ingmar Bergman - traduzione di Renato Zatti regia di Massimo Luconi con Giuliana Lojodice, Masvio Rossini Opera Festival simo De Francovich, Luca Lazzareschi, Clio Cipolletta. I CAVALIERI Aristofane cabaret dai testi di Aristofane di Mario Perrotta regia di Mario Perrotta con Mario Perrotta, Paola Roscioli, Lorenzo Ansaloni, Maria Grazia Solano Giovanni Dispenza, Donatella Allegro - musiche dal vivo eseguite da Mario Arcari e Maurizio Pellizzari. Via della Resistenza, 9 Piombino (LI) - 0565 070665 PIZZERIA DA GIACOMO giovedì 8 dicembre Teatro Moderno Chi è di scena Vincenzo Salemme in L’ASTICE AL VELENO una commedia scritta e diretta da Vincenzo Salemme. 24 PER PRENOTAZIONI: 0565 070665 Via della Resistenza, 9 Piombino (LI) 25 COMUNALE DI PIOMBINO Tutto iniziò così... Novembre 1926, il dott. Formentano, ematologo, fu svegliato dal telefono. Un suo collega, ginecologo, lo chiamava al capezzale di una giovane donna che era diventata madre da poco. La donna aveva perso molto sangue e aveva bisogno di un’urgente trasfusione per salvarle la vita. Formentano corse in ospedale. Si offrirono, per donare sangue, due fratelli della donna e alcuni parenti. Formentano si mise subito all’opera e per prima cosa determinò il gruppo sanguigno della donna. Cominciò quindi ad analizzare il sangue dei donatori, ma nessuno di loro aveva un gruppo sanguigno compatibile. La perdita di sangue intanto continuava e la donna morì, senza aver potuto vedere il figlio appena nato. Il dott. Formentano quella notte tornò a casa amareggiato e deluso, un pensiero continuo lo tormentava: possibile che non si potesse chiedere aiuto a tanti uomini e donne della città, affinchè donassero una piccola parte del loro sangue per salvare tutti coloro che, per mancanza di sangue, erano destinati a morire? La mattina dopo scrisse un appello sul giornale, in cui cercava donatori di sangue, disposti a donare volontariamente, segretamente, disinteressatamente. Il giorno dopo, qualcuno, letto l’appello, disse che Formentano era matto; qualcun altro disse che il suo sangue se lo teneva e gli altri si arrangiassero. Lui però attendeva fiducioso e al suo appello risposero 17 persone che dettero vita alla prima Associazione Italiana di Volontari del Sangue. L’Associazione Italiana di Volontari del Sangue si costituì ufficialmente a Milano nel 1929. Con il passare degli anni AVIS viene riconosciuta dallo Stato e la diffusione dell’Associazione si fa sempre più capillare, grazie alla nascita delle sedi regionali, provinciali e comunali, legate da un unico Statuto alla Sede Nazionale. 26 Anche Piombino volle fare la sua parte e durante una conferenza sull’importanza della donazione del sangue, vengono gettate le basi per costituire una sezione AVIS anche nella nostra città. Ciò avverrà il 29 settembre 1957. Dopo tanti anni siamo cresciuti, diventando una realtà vera e concreta che opera con i cittadini e gli enti locali per garantire una costante riserva di sangue. Oggi possiamo contare quasi 2000 donatori effettivi ai quali va il nostro più grande ringraziamento. Molto attivo è il gruppo del Senegal, che conta 40 donatori effettivi. Il coordinatore di questo gruppo è nostro consigliere, la collaborazione è ottima. AVIS Piombino è sempre attiva sul territorio con varie manifestazioni che coinvolgono i cittadini, ad esempio la pedalata della solidarietà, è presente in varie manifestazioni ed eventi cittadini con i gazebi, ma ancora più importante è la presenza nelle scuole, dove non soltanto parla di sangue, ma anche dell’importanza della donazione. Fondamentale quindi è la collaborazione di presidi e insegnanti che ci aiutano e danno disponibilità e fiducia. È di nuovo attivo sul territorio il gruppo giovani, che riunisce i ragazzi dai 18 ai 35 anni che vogliono dare una mano e portare sempre nuove idee. È un modo diverso per conoscersi e conoscere altri ragazzi, partecipando a varie iniziative, forum, consulte, locali, regionali e internazionali. Una ragazza è stata infatti selezionata per far parte della delegazione italiana e rappresentare la Toscana al forum internazionale dei giovani donatori di sangue che si è svolto in Lussemburgo ad agosto 2011. Il 2012 è un anno importante per AVIS Piombino, perché festeggia 55 anni di attività a Piombino. AVIS ringrazia tutte le persone che ci sostengono e ci dimostrano continuamente affetto e fiducia. Il 9 Dicembre 2011 ore 21.00 Sala Auditorium Centro Giò Fabrizio de Andrè Presentazione del libro NOWHERE MAN gli ultimi giorni di John Lennon di Robert Rosen (direttamente collegato da New York) CONIGLIO editrice sarà presente il traduttore del libro Paolo Palmieri ospite dell’evento Riccardo Bertoncelli moderatore Fabio Canessa 27 Ditta edile soffredini marco Serietà, professionalità, disponibilità Ristrutturazione facciate e interni nuove costruzioni imbiancature di tutti i tipi PREVENTIVI GRATUITI 28 Via Bachelet, 23 - Piombino (LI) 340.33.68.743 - 349.94.47.036 Ray of light. di Michele Mancusi “Quando ero ragazzo amavo Nat King Cole, volevo essere come lui, quindi suonavo Nat King Cole, dormivo Nat King Cole, bevevo Nat King Cole, facevo tutto come lui...”. A sentirla così pare una cazzata. E secondo me deve essere suonata poco convincente anche per la Atlantic Records. Per fortuna il bello di avere un dono come quello di poter avere tutte le voci, di poter assomigliare a tutti è anche quello di poter assomigliare a se stessi. E alla fine ce l’ha fatta, il ragazzo nero che suonava tutto e cantava tutti senza aver bisogno di vedere. La grande lezione per tutti, musicisti e non, il coraggio di passare dal mestiere di intrattenitore a inventore - credo che si possa dire - di un genere, o quantomeno di uno stile musicale che avrebbe delineato le linee guida del futuro della musica: la fusione di stili, linguaggi, suoni, stilemi, che ha portato alla rottura degli schemi ferrei in cui il music biz si muove agevolmente da sempre, e che suo malgrado si è visto cambiare in mano. Sapere cosa vuole il pubblico è una carta in più, ma avere il coraggio di mettere a fuoco un personale modo di esprimersi fondendo cose per l’epoca tanto distanti...un sound gospel sopra un testo blues, R&B e country ad un pubblico jazz, coro e orchestra d’archi...Ray Charles Robinson ha spaccato i muri dei generi e ha inventato il soul, portato i sacrari della musica di nicchia in vetta alle classifiche pop: What I’d say e Hit the road jack spaccano ancora come spaccavano appena uscite, perché a parte il saper fare un prodotto musicale ( e Mr Charles lo sapeva fare) ciò che dimostra essere veramente importante è il non fare mai compromessi tra il personale sentimento e genio creativo e quello che i discografici pensano o peggio, vogliono, se poi hai il dono di avere oro puro tra le mani il gioco è fatto. Il presentatore inizia il cerimoniale del concerto, e la musica, suonata dalla spalla, accompagna l’ingresso del mattatore, the entertainer, la star, che offre al pubblico il suo genio, come quando vai al ristorante e il cameriere ti fa scegliere la spigola da fare arrosto; è pura magia il passaggio dal protocollo teatrale alla musica e basta, con quelle dita nervose che appena toccano il pianoforte cominciano ad aprire le stanze dell’anima. Ray ha sempre pagato il suo tributo alle opere degli altri con cui è cresciuto e con cui ha iniziato a far strada, ed è bello sentire le sue intro dei suoi brani con testi di altri e musica improvvisata, tipo “Baby please don’t go” per iniziare “I’ve got a woman”, rivelando un filo rosso interiore, un grande senso di coinvolgimento. Ray Charles sorprende per l’architettura sonora standard per un Big, che ha bisogno della Big Band, ma all’epoca presa in prestito ovunque nei generi e messa insieme a fare non una miscela ma un nuovo tutto, cercando come punto comune solo la profonda relazione lirica tra gli strumenti e i linguaggi. Allevato musicalmente da un pianista ‘stride’ del country, Ray amava le storie, quelle storie struggenti su quanto amare ti faccia sentire piccolo, 29 “Ascoltarlo era impressionante, un fiume di note, e non potevi credere a ciò che sentivi, e che fosse suonato da un solo uomo” quella vena di malinconia; il blues parla d’amore, un amore semplice ma robusto, dove ci si trova, ci si lascia, si soffre quasi sempre ma si scopa anche tanto, e l’amore per Dio del gospel tiene tutto insieme, facendo un racconto rotondo, esaustivo della dimensione dell’anima. Certo, non a tutti piace e piacque questa contaminazione, ma i puristi in musica han sempre fatto poco testo, rimanendo legati al loro spazio-tempo e soprattutto non hanno mai inventato niente. Lui sì, invece. Risalendo dalla Florida a Seattle e poi nel ‘chitlin circuit’ ha rodato tutto quello che sapeva fare e tenuto a bada band dal culo pesante che avevano anche poca voglia di provare, come quella di Lowell Fulson. Il ragazzo si faceva anche in vena. Per vent’anni, fino a che la paura del buio è diventato vero buio, e tutto quello che con fatica e volontà aveva costruito stava per crollargli addosso. In tanti hanno avuto la stessa sorte, (nella macchina del commercio artistico le droghe servono anche a tener buoni quegli zucconi ribelli sempre in bilico tra edonismo e mordere la mano che li nutre, o magari solo per reggere quel male che non capisci fino a che non ci sei già dentro fino al collo) in pochi, e solo recentemente, ci sono usciti non solo puliti, ma hanno continuato a fare il lavoro con lo slancio e la direttiva iniziale. Ray Charles, la ‘sensazione cieca’, a parte regalare lui personalmente delle performances da brivido, aprendo con la sua voce una prospettiva musicale che andava ben oltre l’allestimento strumentale, imponente eppure appena sufficiente per seguirlo dove la sua voce voleva portare, ha avuto i suoi momentacci anche politicamente sdoganando la Black Music in posti dove non si sperava andasse, e soprattutto in posti dove i bianchi speravano non arrivasse mai il ‘negro’, partito come uno che era lì solo per intrattenere a quattro dollari a sera, ma non ha nessuna intenzione di fare il bravo. Bandito per quasi vent’anni dallo Stato della Georgia per avere rifiutato di suonare in un paese segregazionista, alla fine si è trovato ad avere un suo brano eletto proprio dalla Georgia a inno di Stato: “Georgia on my mind” - per l’anno in cui è uscita una sensazione - non da meno tutta la rilettura dei classici del blues, diventata essa stessa un classico...si, ma di quale genere? Io credo di Ray Charles. Con una frenesia incontenibile e con l’imperativo del groove di un pianista che non vedeva una mazza, ma dirigeva un’orchestra con tutto il corpo, ha animato il mondo reale, non solo quello musicale, anche con i lavori degli ultimissimi anni, dedicati soprattutto ai duetti e al jammin’, non conosco i motivi peculiari, ammesso che ce ne siano, mi pare un buffo percorso a ritroso, dove, finalmente famoso e indiscusso, si prende le libertà di fare quello che si fa quando si comincia, e si continua a fare quando si cerca nuove relazioni con il mondo, quello che i musicisti non divrebbero mai smettere di fare, cioè suonare insieme. Lasciando perdere fintamente il fatto che il new trend lo impone, i duetti di Ray, a mia personalissima opinione, sono quanto di più naturale ci si potesse aspettare da un tipo come lui, tradizionale ma mai tradizionalista. Parlando di un altro pianista cieco, Art Tatum, dice: “ Ascoltarlo era impressionante, un fiume di note, e non potevi credere a ciò che sentivi, e che fosse suonato da un solo uomo; quando suonava sorseggiava una birra, e così a volte suonava tutto con la mano sinistra, e non sentivi la differenza! Il pianoforte ha solo 88 tasti, e lui aveva solo 10 dita! “. Ray Charles Robinson nacque ad Albany nel 1930, è morto nel 2004 a Beverly Hills dopo aver avuto dodici figli da sette donne diverse, rispettando così a pieno la tradizione del bluesman, è stato un genio molto più discusso di quanto si pensa, ma non c’è dubbio sul fatto che il suo sia un atteggiamento ‘totale’ nei confronti della musica che ha non solo una certa distanza con l’atteggiamento della sua generazione, ma getta le basi di un nuovo modo di vedere la musica anche nel commercio musicale stesso, basta pensare al successo che ha avuto su tutte le generazioni che hanno attraversato il corso della sua vita: come altri pari suo non ha conquistato nuovi fan, lui ne ha aggiunti di nuovi durante gli anni. Questo è un privilegio di chi fa le cose in grande e bene, visti i grammy e tutto il resto, un dono immenso come questo modo di fare musica dove tutti, nel corso del tempo, possono ritrovare il proprio retaggio e i motivi per cui si dovrebbe muovere il futuro. Se solo tutti avessimo il coraggio di aprire gli occhi e ascoltare, forse tutto quello che ci tiene distanti cadrebbe e si sgretolerebbe come le etichette di genere sulla musica di Ray Charles; lui non vedeva, ma ha sempre tenuto gli occhi aperti. 31 STORIE DI ORDINARIA FOLLIA (Charles Bukowski) Caffè OLTREbar davanti alle isole. Aperto d’inverno. Calamoresca - Piombino (LI) - info 3482825768 / 3299179227 32 Non è facile per un adolescente approcciarsi alla letteratura, non è facile prendere un libro in mano e sfogliarlo dall’inizio fino alla fine. Non è facile soprattutto se non ha ricevuto degli insegnamenti validi al riguardo. Tanti scrittori e nessuno simile a te, tante storie, ma nessuna paragonabile alla tua sofferenza. Penserai sicuramente che il tuo tempo sia meglio impegnarlo in altro modo, in altre attività. Un giorno, però, quasi per caso, tra le mani ti capita un libro, un libro come tutti gli altri, provi ad aprirlo, provi a leggerlo e ti accorgi che non ha nessuna somiglianza con tutto ciò che finora hai letto. Questo libro è di Henry Charles Bukowski jr., meglio conosciuto come Charles Bukowski o per gli amici Hank. è da qui che il mondo degli scrittori ti apparirà differente, non solo arroganti e supponenti studiosi, ma anche gente comune con talento e idee. Ed è forse da qui che la letteratura ti si aprirà come eterna fonte di ispirazione. Nel 1968 Bukowski alla veneranda età di quarantotto anni pubblica la sua prima raccolta di poesie con l’aiuto di John Martin (amministratore di una ditta di articoli per cancelleria), con il titolo di “At terror street and agony way”. Settecentocinquanta copie, che non si sa come vennero vendute in due mesi. Sta di fatto che di fronte a questo inaspettato successo John Martin lasciò il suo lavoro per diventare editore a tempo pieno e Bukowski lasciò il suo ufficio postale per diventare scrittore professionista. John Martin descrisse il suo incontro con lo scrittore come “il signor Rolls incontra il signor Royce”. Il 1968 segna dunque l’inizio della “storia” di Bukowski come letterato, facendo finalmente della scrittura la sua professione; lasciandosi alle spalle esperienze non proprio gratificanti da funzionario delle poste e scaricatore di carni da macello, anni di vero e proprio vagabondaggio, tra alcolismo e perversioni erotiche quasi mai represse, che rappresentarono l’archivio dei ricordi dal quale “Hank” estrasse migliaia di poesie, centinaia di racconti e sei romanzi, da Post Office, opera d’esordio, a Pulp, romanzo d’addio. In mezzo c’è stata l’associazione forzata alla cerchia degli impegnati della Beat Generation, che Bukowski in realtà detestava. Tra i suoi più celebri libri spicca la raccolta di racconti Storie di ordinaria follia. Erezioni, eiaculazioni, esibizioni. In cui nella quarta di copertina(edito da Feltrinelli nella collana Universale Economica), è riportata un’appassionata analisi del personaggio curata dal giornalista e critico letterario Beniamino Placido: in essa Bukowski viene rappresentato forse nella sua più totale nudità, distaccandolo da un idea letteraria precisa e da qualunque corrente, Placido analizza Bukowski in pochissime righe dandone forse la sua più completa descrizione, più di quanto provarono a dire orde di studiosi e intellettuali che cercarono invano di incastrarlo in un recinto letterario. john Martin descrisse il suo incontro con lo scrittore come “il signor Rolls incontra il signor Royce”. 33 “Charles Bukowski, detto gambe d’elefante, il fallito” <<La biografia di Bukowski include due tentativi di lavorare come impiegato, dimissioni dal “posto fisso” a cinquant’anni suonati, “per non uscire di senno del tutto” e vari divorzi. Questi scarsi elementi ricorrono con insistenza nella narrativa di Bukowski, più un romanzo a disordinate puntate che non racconti a sé, dove si alternano e si mischiano a personaggi ed eventi di fantasia. “Rispetto alla tradizione letteraria americana si sente che Bukowski realizza uno scarto, ed è uno scarto significativo”, ha scritto Beniamino Placido su “La Repubblica”, aggiungendo: in questa scrittura molto “letteraria”, ripetitiva, sostanzialmente prevedibile, Bukowski fa irruzione con una cosa nuova. La cosa nuova è lui stesso, Charles Bukowski. Lui che ha cinquant’anni (al tempo in cui scrive questi racconti, attorno al ’70), le tasche vuote, lo stomaco devastato, il sesso perennemente in furore; lui che soffre di emorragie e di insonnia; lui che ama il vecchio Hemingway; lui che passa le giornate cercando di racimolare qualche vincita alle corse dei cavalli; lui che ci sta per salutare adesso perché ha visto una gonna sollevarsi sulle gambe di una donna, lì su quella panchina del parco. Lui, Charles Bukowski, “forse un genio, forse un barbone”. “Charles Bukowski, detto gambe d’elefante, il fallito”, perché questi racconti sono sempre, rigorosamente in prima persona ed in presa diretta. Un pazzo innamorato, beffardo, tenero e cinico, i cui racconti scaturiscono da esperienze dure, pagate tutte di persona, senza comodi alibi sociali e senza falsi pudori>>. “Storie di ordinaria follia” sono il brusio stesso della sua narrazione: sesso, alcool e corse di cavalli. Ed è qui che il lettore si fonde con l’autore, in una spasmodica ricerca della verità, in una instancabile conoscenza dell’avvenire, un avvenire incerto e oscuro. Bukowski fa di tutto questo un recipiente di esperienze vissute e non vissute fino in fondo nella sua totalità, nella sua completa pienezza, avvicinando il lettore a se. E’ la sua scrittura diretta, carica di sentimenti che salta addosso al lettore, che lo sconvolge e lo attrae allo stesso tempo, facendo percepire il disagio, la rabbia, ma anche la desolazione dei personaggi. “I protagonisti di queste storie infatti mettono in evidenza una grande debolezza, un senso di sconfitta che li accomuna e grazie alle parole di Bukowski, appaiono in qualche modo speciali”. Uomini e donne che non riuscendo a stare al passo con i tempi, si limitano a farsi da parte, a mettersi in un angolo e vivere con pochi sogni alcolizzati, spesso trainati dai cavalli dell’ippodromo. Un romanzo folle, dei racconti disincantati e “sporchi”, che conducono il lettore nell’incanto della vita libertina di Henry Charles Bukowski jr. Ed è proprio tra queste pagine che tutto si materializza e scompare, è proprio tra questa pagine che il flusso di coscienza prende il sopravvento. Quella coscienza liberatoria, quella coscienza dannata ed irriverente, quella coscienza propria che mai dovrà sfuggire dalla mente. E tra le pagine di questo libro è possibile scoprire il disincanto di una vita gettata e riconquistata ma mai perduta. In pochi inoltre sanno che, lo scrittore che ha esercitato forse la maggiore influenza su Bukowski è John Fante. Raccoglie 42 racconti, spesso ispirati alla sconvolgente vita del suo autore. I protagonisti dei racconti di Bukowski, infatti, sono ubriaconi, barboni e prostitute che vivono di espedienti, troppo indolenti per la trascinante società americana che incita tutti a ricercare la fama. In “Storie di ordinaria follia” le passioni di Bukowski 34 35 APRI GLI OCCHI di Paolo Pratesi è un film del 1997 diretto da Alejandro Amenábar (Santiago del Cile 31 Marzo 1972). Presentato al Festival del cinema di Venezia, il film fu campione di incassi a Madrid, dove superò anche l’allora film concorrente Titanic. Il film parte con una voce femminile che recita “apri gli occhi”, che è in realtà la suoneria di una sveglia, e racconta la storia di Cesar (Eduardo Noriega), giovane madrileno, bello, ricco e di successo, che si ritrova rinchiuso in un ospedale psichiatrico giudiziario, con l’ accusa di omicidio, e con il volto sfigurato e protetto da una maschera. Il ragazzo racconta la sua storia ad uno psichiatra. La sera della festa del suo compleanno, grazie al suo amico Palayo (Fele Martinez), aveva conosciuto Sofia (Penelope Cruz), una giovane e bellissima donna, ed era nato un feeling irresistibile, ma il giorno dopo la sua ex-amante, Nuria (Najiwa Nimri), gelosissima, lo fa salire in macchina con una scusa e provoca un incidente in cui lei muore e il ragazzo resta sfigurato. Quando Cesar prova a ricontattare Sofia, lei lo allontana, imbarazzata dal suo aspetto. Ma poi, al mattino successivo, ritorna inaspettatamente da lui, 38 confessandogli il suo amore. Poco dopo Cesar subisce un salvifico intervento al volto, riacquistando le sue sembianze di prima, e i due tornano insieme. Ma durante una notte d’amore Sofia improvvisamente sparisce, e nel letto acquista le sembianze di Nuria. Cesar non crede ai suoi stessi occhi e colpisce la donna in volto, la lega al letto e corre alla centrale di polizia a denunciare la sparizione di Sofia, ed il presunto complotto di Nuria che, a suo dire, avrebbe simulato la morte e lo sta sottoponendo a una tortura psicologica. Tutti credono che Cesar sia diventato pazzo, anche Pelayo, il suo amico del cuore. “Nuria è morta”, gli ripetono tutti. Proseguendo l’alternarsi psichedelico tra Sofia e Nuria, a volte nello spazio di qualche istante, l’equilibrio mentale di Cesar è a rischio: una notte, durante un rapporto sessuale con Sofia, finisce per soffocarla con il cuscino. In seguito all’omicidio, Cesar si ritrova nell’ospedale psichiatrico giudiziario, dove il medico tenta di comprendere il suo comportamento ricostruendo la sua storia passo dopo passo. E’ questo l’inizio della verità o solo il proseguo del sogno? Un mondo basato sui suoi desideri e sulle immagini presenti nel suo inconscio. Poiché però il sogno, per via di lievi alterazioni prodotte dall’inconscio, si è via via trasformato in un incubo, culminato nell’omicidio e l’arresto. Una visione onirica, un film psichedelico e romantico con un finale a sorpresa dove una voce femminile recita “apri gli occhi”. Un film da cui la compagnia hollywoodiana ha ripreso nel 2001 Vanilla Sky. APERTI ANCHE A PRANZO C.soVittorioEmanuelell 57025Piombino(LI) Tel. 380.43.53.948 [email protected] SPAGHETTI ALLA CARBONARA Ricetta a cura di Massimo Martini STORIA: Come la maggior parte delle ricette, le origini del piatto sono oscure, e ci sono varie ipotesi al riguardo. Una delle più accreditate, associa il nome a quello dal carbonaio,infatti alcuni credono che il piatto sia stato creato come un pasto per i lavoratori del carbone. Nella complicata e tortuosa storia inerente l’origine, sembra che i carbonai, dovendo presenziare costantemente alla fornace, anche per dei lunghi ed estenuanti turni, si attrezzassero con della pancetta (molto in uso al tempo tra la classe sociale povera),del formaggio e rubando o barattando le uova, mentre il colore nerastro del piatto(oggi impreziosito con del pepe nero in polvere), sempre secondo questa leggenda,sembra derivasse dalla polvere di carbone che si posava sui piatti. La pasta alla carbonara è un piatto rustico, veloce da preparare, con ingredienti “poveri” ma dal gusto intenso; un piatto ad alto contenuto calorico ed energetico. INGREDIENTI: •SPAGHETTI DAL n°10 AL n°12 (in quantità sufficiente per sfamare il numero dei commensali) •PANCETTA MEGLIO SE AFFUMICATA (in quantità più che abbondante) •UOVA (1 rosso a persona più uno intero “per la pentola”) •PECORINO ROMANO (quantità a seconda del proprio gusto) •PEPE NERO (come per il pecorino) PREPARAZIONE: Mettete sul fuoco una pentola contenente abbondante acqua che, a bollore, salerete moderatamente, in considerazione del fatto che la pasta ha già un condimento molto saporito a base di pancetta e pecorino romano. Introducete quindi gli spaghetti nell’acqua. Nel frattempo tagliate la pancetta (preferibilmente se affumicata) a dadini, mettetela in un tegame con l´aggiunta dell´olio e fatela soffriggere fino a quando il grasso non sia diventato trasparente e leggermente croccante, quindi toglietela dal fuoco e lasciatela intiepidire leggermente. Sbattete intanto le uova in una ciotola, quindi unitevi il pecorino romano e il pepe macinato (secondo i gusti). Scolate la pasta e dopo averla saltata sul fuoco con la pancetta, versatela ed amalgamatela nella ciotola unitamente alla salsa precedentemente preparata. Servite gli spaghetti alla carbonara immediatamente e all´occorrenza aggiungete altro pecorino romano e pepe nero macinato. N.B. Le uova sbattute, inoltre, non dovrebbero mai essere unite alla pasta sul fuoco, poiché questo causerebbe la cottura delle uova ottenendo un effetto frittata. BUON APPETITO 43 Aviation Cocktail drink responsibly A cura di Andrea Nelli 44 Base del cocktail: Gin Livello alcolico: Medio alto Tecnica di preparazione: Shake Guarnizione: Una ciliegia rossa Tipo di servizio: Straight up senza ghiaccio Bicchiere di servizio: Coppetta cocktail L’Aviation è un cocktail molto particolare e raffinato, una ricetta classica preparata con un ingrediente raro e dal gusto antico, la Crème de Violette. Questo liquore è generalmente composto da una base di brandy o da una base di alcool neutrale (anche se, ad onor del vero, spesso si trova una combinazione di entrambe le basi) con l’aggiunta di un aroma, artificiale o naturale, di quella che comunemente viene chiamata viola odorata o viola mammola. Il cocktail Aviation fu creato dal barman Hugo Hensslin, capo barman dell’hotel Wallik di New York nei primi anni del ventesimo secolo. La prima pubblicazione della ricetta risale infatti al 1916 ad opera dello stesso Hensslin nel suo: ”Recipes for mixed drinks”. Come ogni ricetta l’Aviation cocktail ha subito molte modifiche nel corso degli anni, ad esempio, nel 1930, Harry Craddock nel celebre “Savoy Cocktail Book” si prodigò ad eliminare la crema di violetta per far fronte all’enorme difficoltà nel reperire questo particolare liquore. Oggi noi vogliamo ricordare la ricetta originale, sia per il tipico colore grigio azzurro a cui il drink deve il suo nome, sia per il particolare e coinvolgente aroma che la ricetta classica è capace di sprigionare . Ingredienti 2 once di Gin ½ oncia di succo di limone fresco ½ oncia di Maraschino ¼ oncia di Crème de Violette Preparazione Versate tutti gli ingredienti in uno shaker colmo di ghiaccio cristallino, agitate con energia per alcuni secondi e filtrate il preparato in una coppetta cocktail. Guarnite adagiando sul fondo una ciliegia rossa. 45 SAI DOVE TROVARE LA TUA COPIA DI “CULT!”? PER LA TUA PUBBLICITà SU “CULT!” LIBRERIE COOP PIOMBINO Via Gori N°1 Piombino (LI) RIVELLINO PUB P.zza Verdi N°7 Piombino (LI) GATTA ROSSA Piazzale di Calamoresca Piombino (LI) FERREIRO Via della Repubblica N°40 Piombino (LI) DA ALDO Viale Lungomare Marconi Piombino (LI) ZIBIBBO Via Cellini N°19 Piombino (LI) BUFFALO WING FACTORY C.so Vittorio Emanuele II N°6 Piombino (LI) LA ROCCHETTA P.zza Giovanni Bovio N°6 Piombino (LI) DA VITO Viale della Resistenza N°9 Piombino (LI) LE FATE RISTOPUB Corso Italia N°119 Piombino (LI) MOVIDA Via Ferrer N°36/38 Piombino (LI) LA ROTONDA Via Adige N°26 Piombino (LI) LA BITTA Via Vittorio Emanuele II N°119 San Vincenzo (LI) CAFFE’ NANNI Corso Vittorio Emanuele II Piombino (LI) Contatta la redazione 380.43.04.928 349.57.36.107 E in tutti i maggiori punti di ritrovo delle province di Livorno e Grosseto. 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