I quadrati di Steenrod IT Bachelor thesis

Università di Pisa
Dipartimento di Matematica
Corso di Laurea Triennale in Matematica
I quadrati di Steenrod
Tesi di Laurea Triennale
Candidato
Giovanni Paolini
Relatore
Dr. Filippo Callegaro
Anno accademico 2012/2013
A mamma e papà
Indice
Introduzione
7
1 Preliminari
1.1 Costruzioni di base . . . . . . . . . . . . .
1.2 Omologia e coomologia . . . . . . . . . . .
1.3 Spazi classificanti e approssimazione CW .
1.4 Spazi proiettivi reali . . . . . . . . . . . .
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9
11
14
15
2 Costruzione dei quadrati di Steenrod
17
2.1 Costruzione omotopica della coomologia . . . . . . . . . . . . . . 17
2.2 Operazioni coomologiche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 21
2.3 I quadrati di Steenrod . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 22
3 Proprietà dei quadrati
37
3.1 Conseguenze dirette degli assiomi e caso del proiettivo reale . . . 37
3.2 L’isomorfismo di sospensione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 39
3.3 Gli omomorfismi di Bockstein . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 42
4 L’algebra di Steenrod
45
4.1 Algebra di Steenrod e monomi ammissibili . . . . . . . . . . . . . 45
4.2 Algebre di Hopf . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 50
4.3 L’algebra duale di A . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 54
5 Campi di vettori tangenti alle sfere
5.1 Struttura CW su SO(n) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
5.2 Varietà di Stiefel e campi di vettori . . . . . . . . . . . . . . . . .
61
61
63
Bibliografia
67
Ringraziamenti
69
5
Introduzione
Lo scopo di questa tesi è definire e studiare alcune trasformazioni naturali della
coomologia a coefficienti in Z2 , i cosiddetti quadrati di Steenrod, introdotti per la
prima volta dal matematico statunitense Norman Steenrod nel 1947. L’esistenza
di tali applicazioni fornisce ulteriore struttura all’anello di coomologia H ∗ (X; Z2 ),
permettendo di distinguere in maniera ancora più fine spazi con diverso tipo di
omotopia.
Le trasformazioni naturali della coomologia sono anche chiamate operazioni
coomologiche, e risultano di grande interesse in topologia algebrica. Componendo
tra loro i quadrati di Steenrod si ottiene un’algebra graduata A di operazioni
coomologiche, chiamata algebra di Steenrod, studiata in particolar modo da
Henri Cartan e Jean-Pierre Serre negli anni Cinquanta. Sull’algebra di Steenrod
si definisce una struttura aggiuntiva, quella di algebra di Hopf, in un modo che
risulta naturalmente compatibile con il prodotto cup in coomologia. Mentre la
struttura moltiplicativa di A non ha una descrizione semplice, John Milnor ha
dimostrato nel 1958 che l’algebra duale A∗ è un’algebra libera commutativa.
Le operazioni di Steenrod si possono definire a coefficienti in Zp anche per i
primi p > 2, ottenendo quelle che sono chiamate potenze di Steenrod. Sebbene
per molti aspetti la teoria delle potenze di Steenrod sia simile a quella dei
quadrati, ci limiteremo a trattare questi ultimi.
Il primo capitolo di questa tesi presenta sommariamente le principali nozioni e
i teoremi più significativi di topologia algebrica che vengono utilizzati nel seguito.
Si discutono in particolare alcune proprietà dei CW complessi e diversi fatti
riguardanti omologia e coomologia. Conclude il capitolo una breve descrizione
degli spazi proiettivi reali da un punto di vista coomologico e omotopico.
All’inizio del secondo capitolo è presentata una costruzione dei gruppi di
coomologia come classi di equivalenza di opportune mappe a meno di omotopia.
Questo diverso punto di vista consente di dedurre un importante risultato di
caratterizzazione delle operazioni coomologiche. Successivamente vengono dati
gli assiomi che definiscono i quadrati di Steenrod, e il resto del capitolo è dedicato
a dimostrare (in modo costruttivo) l’esistenza di operazioni coomologiche che
soddisfano tali assiomi.
Nel terzo capitolo vengono effettuati calcoli espliciti dei quadrati di Steenrod
in alcuni casi particolari, e si dimostra la naturalità rispetto all’isomorfismo di
sospensione. Viene poi descritta la relazione tra i quadrati di Steenrod e gli
7
8
Introduzione
omomorfismi di Bockstein, mappe tra gruppi di coomologia che si presentano a
partire da successioni esatte corte di gruppi.
Nel quarto capitolo viene introdotta l’algebra di Steenrod. Segue una trattazione delle sue proprietà algebriche: ne viene descritta esplicitamente una
base su Z2 e ne viene definita la struttura di algebra di Hopf. Si introduce
infine l’algebra duale, e viene dimostrato il risultato di Milnor che ne descrive la
struttura.
Nel quinto capitolo è presentata un’applicazione della teoria dei quadrati
di Steenrod al problema di trovare una stima del numero massimo di campi di
vettori tangenti a S n linearmente indipendenti in ogni punto. La stima ottenuta
viene poi confrontata con quella esatta, nota grazie ad un lavoro di John Frank
Adams del 1962.
Capitolo 1
Preliminari
Questo primo capitolo è dedicato ad una concisa esposizione delle principali
nozioni di topologia algebrica che saranno usate nel resto della tesi. Le dimostrazioni verranno per lo più omesse; per una trattazione maggiormente dettagliata
si veda [2].
1.1
Costruzioni di base
Le mappe tra spazi topologici sono sottointese essere sempre continue. Per
indicare che due mappe f, g : X → Y sono omotope utilizziamo la notazione
f ' g.
Dati due spazi con punto base (X, x0 ) e (Y, y0 ), sia hX, Y i l’insieme delle
applicazioni f : (X, x0 ) → (Y, y0 ) a meno di omotopie che fissino il punto base.
Indichiamo inoltre con X ∧ Y il prodotto smash tra X e Y , ovvero
X × Y / X × {y0 } ∪ {x0 } × Y.
Altre due costruzioni che utilizzeremo sono il cono e la sospensione. Detto I
l’intervallo [0, 1] ⊆ R, il cono su uno spazio X è
CX = X × I / X × {1}.
Se X è uno spazio puntato si definisce anche il cono ridotto
ΓX = CX / {x0 } × I,
che è a sua volta uno spazio puntato con punto base {x0 } × I. In modo analogo,
definiamo la sospensione SX di uno spazio X e la sospensione ridotta ΣX di
uno spazio puntato (X, x0 ):
SX = CX / X × {0},
ΣX = SX / {x0 } × I.
9
10
Preliminari
La sospensione ridotta ΣX è uno spazio puntato con punto base {x0 } × I. Si
noti che ΓX = X ∧ I e che ΣX = X ∧ S 1 .
Dati due spazi X e Y , prendiamo come topologia su X Y la topologia compattoaperta, ovvero la topologia che ha come prebase l’insieme degli aperti della
forma
{f : Y → X | f (K) ⊆ U }
al variare di K ⊆ Y compatto e U ⊆ X aperto. Le proprietà della topologia
compatto-aperta che ci serviranno in seguito sono riassunte nel seguente lemma.
Lemma 1.1. Siano X, Y e Z spazi topologici.
(a) Se Y è localmente compatto, la mappa di valutazione v : X Y × Y → X
definita da v(f, y) = f (y) è continua.
(b) Se Y è localmente compatto, f : Y × Z → X è continua se e solo se
fe: Z → X Y è continua, dove fe(z) è la mappa che manda y in f (y, z).
(c) Se Y è localmente compatto e di Hausdorff, e Z è di Hausdorff, allora
l’applicazione X Y ×Z → (X Y )Z che manda f in fe è un omeomorfismo.
Dato uno spazio puntato (X, x0 ), indichiamo con ΩX lo spazio dei cammini
chiusi in X:
ΩX = {γ : I → X | γ(0) = γ(1) = x0 } ⊆ X I .
ΩX ha la topologia di sottospazio di X I , ed è uno spazio puntato con punto
base il cammino costantemente uguale a x0 . Una mappa f : (X, x0 ) → (Y, y0 )
induce una mappa Ωf : ΩX → ΩY definita da
(Ωf )(γ) = f ◦ γ.
Ω è un funtore covariante dalla categoria degli spazi puntati in sé stessa. Se
F : X × I → Y è un’omotopia a punti base fissati tra f e g, allora la mappa
Fe : ΩX × I → ΩY definita come
Fe(γ, t) (s) = F γ(s), t
è un’omotopia tra Ωf e Ωg (è continua per i punti (a) e (b) del Lemma 1.1, in
quanto I è localmente compatto).
Diamo per nota la definizione di CW complesso. Se X è un CW complesso,
con Xn indichiamo il suo n-scheletro, ovvero l’unione delle celle di dimensione
≤ n. Una coppia di spazi (X, A) si dice coppia CW se X è un CW complesso e
A è un sottocomplesso di X. Enunciamo due risultati che ci saranno utili nel
seguito.
Lemma 1.2. Sia (X, A) una coppia CW con A contrattile. Allora la proiezione
X → X/A è un’equivalenza di omotopia.
Definizione 1.3. Una mappa f : X → Y tra CW complessi si dice cellulare se
f (Xn ) ⊆ Yn per ogni n.
Teorema 1.4 (Approssimazione cellulare). Dati due CW complessi X e Y , ogni
mappa f : X → Y è omotopa ad una mappa cellulare.
Omologia e coomologia
1.2
11
Omologia e coomologia
Supponiamo note le definizioni di omologia e coomologia, sia in contesto singolare
che in contesto cellulare, come anche le definizioni dei prodotti cup e cross in
coomologia. Ricordiamo che sono anche definite delle versione relative di questi
prodotti:
`
H k (X, A; R) × H ` (X, B; R) −−−−−→ H k+` (X, A ∪ B; R),
×
H k (X, A; R) × H ` (Y, B; R) −−−−−→ H k+` (X × Y, A × Y ∪ X × B; R).
j
i
Data una successione esatta corta 0 → A →
− B −
→ C → 0 di complessi di
catene, ad essa è associata la successione esatta lunga in omologia
j∗
i
j∗
i
∗
∗
. . . → Hn (A) −→
Hn (B) −→ Hn (C) → Hn−1 (A) −→
Hn−1 (B) −→ . . .
Questa successione esatta è naturale, nel senso che, se abbiamo due successioni
esatte corte di complessi con delle mappe tra essi che per ogni n fanno commutare
il diagramma
0
i
An
Bn
Cn
g
f
i
A0n
0
j
Bn0
0
h
j
Cn0
0,
allora il corrispondente diagramma in omologia è commutativo:
...
Hn (A)
i∗
Hn (A0 )
j∗
g∗
f∗
...
Hn (B)
i0∗
Hn (B 0 )
Hn (C)
h∗
j∗0
Hn (C 0 )
Hn−1 (A)
i∗
...
f∗
Hn−1 (A0 )
i0∗
...
Proprietà di naturalità come quella appena enunciata saranno fondamentali
nel resto della tesi. Ad esempio il prodotto cup in coomologia è naturale nel
senso che, data f : X → Y ,
f ∗ (α ` β) = f ∗ (α) ` f ∗ (β).
e → X e g : Ye → Y , indicheremo d’ora in poi con
Date delle applicazioni f : X
e
e
f ? g la mappa X × Y → X × Y definita da (f ? g)(x, y) = (f (x), g(y)). Si è scelto
di non utilizzare il simbolo “×” per evitare possibili ambiguità con il prodotto
cross. La stessa notazione verrà usata anche nel caso del prodotto smash tra
spazi con punto base. Dalla naturalità del prodotto cup si deduce una formula
che esprime la naturalità del prodotto cross.
12
Preliminari
e → X e g : Ye → Y . Allora
Lemma 1.5. Siano τ ∈ H p (X), σ ∈ H q (Y ), f : X
(f ? g)∗ (τ × σ) = f ∗ (τ ) × g ∗ (σ).
Dimostrazione. Siano p1 : X × Y → X e p2 : X × Y → Y le proiezioni sui due
e × Ye → X
e e pe2 : X
e × Ye → Ye le
fattori di X × Y e, analogamente, siano pe1 : X
e
e
proiezioni sui due fattori di X × Y . Allora
(f ? g)∗ (τ × σ) = (f ? g)∗ p∗1 (τ ) ` p∗2 (σ) =
= (f ? g)∗ p∗1 (τ ) ` (f ? g)∗ p∗2 (σ) =
∗
∗
= p1 ◦ (f ? g) (τ ) ` p2 ◦ (f ? g) (σ) =
= (f ◦ pe1 )∗ (τ ) ` (g ◦ pe2 )∗ (σ) =
= pe1∗ f ∗ (τ ) ` pe2∗ g ∗ (σ) = f ∗ (τ ) × g ∗ (σ).
Nella seconda uguaglianza si è utilizzata la naturalità del prodotto cup, mentre
tutti gli altri passaggi seguono dalle definizioni.
Il lemma precedente vale anche nel caso di spazi puntati, considerando la
e ∧ Ye → X ∧ Y e utilizzando il prodotto cross ridotto. Un’altra
mappa f ? g : X
proprietà che useremo del prodotto cup è quella che segue.
Lemma 1.6. Siano A, B aperti di X, e siano i, j ed ` le inclusioni di X in
(X, A), (X, B) ed (X, A ∪ B) rispettivamente. Allora il seguente diagramma è
commutativo:
H m (X, A) × H n (X, B)
`
i∗ ? j ∗
H m (X) × H n (X)
H m+n (X, A ∪ B)
`∗
`
H m+n (X).
Un teorema importante che lega la coomologia a coefficienti in un gruppo G
all’omologia a coefficienti interi è il teorema dei coefficienti universali.
Teorema 1.7 (Coefficienti universali). Per ogni spazio X, vi è una successione
esatta che spezza fatta nel modo seguente:
0 → Ext Hn−1 (X), G → H n (X; G) → Hom Hn (X), G → 0.
Il prodotto cup dà una struttura in più alla coomologia di uno spazio, ovvero
quella di algebra graduata.
Definizione
1.8. Si dice algebra graduata su un anello R una R-algebra
L
A = n≥0 An , dove gli An sono degli R-moduli e il prodotto su A rispetta la
gradazione:
·
Am × An −−−−→ Am+n .
Gli elementi di An sono detti di grado n (o di dimensione n). Una R-algebra
graduata A si dice commutativa se
ab = (−1)mn ba ∀ a ∈ Am , ∀ b ∈ An .
Omologia e coomologia
13
L
L
Definizione 1.9. Siano A =
An e B =
Bn due algebre graduate. Un
omomorfismo di algebre graduate è un omomorfismo di algebre ϕ : A → B che
rispetta la gradazione, ovvero tale che ϕ(An ) ⊆ Bn per ogni n ∈ N.
La coomologia H ∗ (X; R) a coefficienti in un anello R è una R-algebra graduata
associativa e commutativa. Inoltre, data un’applicazione f : X → Y , la mappa
indotta in coomologia f ∗ : H ∗ (Y ; R) → H ∗ (X; R) è un omomorfismo di algebre
graduate.
Definizione 1.10. Date due R-algebre graduate A e B, diamo ad A ⊗R B una
struttura di algebra graduata definendo il prodotto in questo modo:
(a ⊗ b)(c ⊗ d) = (−1)dim b · dim c (ac ⊗ bd).
La gradazione in A ⊗ B è data da
(A ⊗ B)n =
M
i+j=n
Ai ⊗ B j .
Un altro teorema fondamentale è il teorema di Künneth, che enunciamo
nella versione generale per la coomologia relativa e nel caso particolare della
coomologia ridotta.
Teorema 1.11 (Künneth). Siano (X, A) e (Y, B) due coppie di spazi, con (Y, B)
tale che H n (Y, B; R) sia un R-modulo libero finitamente generato per ogni n.
Allora l’omomorfismo di R-algebre
×
H ∗ (X, A; R) ⊗ H ∗ (Y, B; R) −−−−−→ H ∗ (X × Y, A × Y ∪ X × B; R)
dato dal prodotto cross è un isomorfismo di algebre graduate. Nel caso particolare
di spazi puntati (X, x0 ) e (Y, y0 ), si ottiene un isomorfismo
e ∗ (X; R) ⊗ H
e ∗ (Y ; R) −−−×−−→ H
e ∗ (X ∧ Y ; R).
H
Sia l’omologia che la coomologia si possono definire attraverso alcuni assiomi;
esaminiamo il caso della coomologia ridotta, che è quello che ci interesserà più
avanti. Siano hn (per n ∈ Z) dei funtori controvarianti dalla categoria dei CW
complessi alla categoria dei gruppi abeliani e siano δn : hn (A) → hn+1 (X/A)
degli omomorfismi naturali per coppie CW (X, A).
Definizione 1.12. Gli hn formano una teoria coomologica ridotta se sono
soddisfatti i seguenti tre assiomi.
(i) Se f, g : X → Y sono omotope, le mappe indotte f ,∗ g ∗ : hn (Y ) → hn (X)
coincidono.
(ii) Data una qualsiasi coppia CW (X, A), con inclusione i : A ,→ X e proiezione
al quoziente π : X → X/A, vi è una successione esatta lunga
δn−1
π∗
i∗
δ
π∗
. . . −−−→ hn (X/A) −−→ hn (X) −−→ hn (A) −−n→ hn+1 (X/A) −−→ . . .
14
Preliminari
(iii) Se X =
W
α
Xα è un bouquet di spazi con inclusioni iα : Xα ,→ X, la mappa
Y
Y
i∗α : hn (X) →
hn (Xα )
α
α
è un isomorfismo per ogni n.
Teorema 1.13. Se gli hn formano una teoria coomologica ridotta e hn ({x0 }) = 0
per ogni n, allora ci sono isomorfismi naturali
e n X, h0 S 0
hn (X) ∼
=H
per ogni CW complesso X e per ogni n.
1.3
Spazi classificanti e approssimazione CW
Dando per nota la definizione dei gruppi di omotopia, introduciamo gli spazi
classificanti K(G, n), chiamati anche spazi di Eilenberg-MacLane.
Definizione 1.14 (Spazi classificanti). Dato un intero positivo n e un gruppo
G, si indica con K(G, n) un qualsiasi spazio topologico connesso X tale che
πk (X) sia banale per k 6= n e πn (X) sia isomorfo a G.
Per ogni n e G si possono costruire dei CW complessi di tipo K(G, n), a patto
che G sia abeliano se n > 1. L’idea della costruzione è di considerare unWinsieme
di generatori {gα } di G, prendere come n-scheletro un bouquet Xn = α Sαn di
n-sfere indicizzate da α, aggiungere (n+1)-celle scegliendo mappe di incollamento
S n → Xn che corrispondano alle relazioni tra i generatori in πn (Xn ), e infine
aggiungere induttivamente celle di dimensioni superiori per rendere nulli tutti i
gruppi di omotopia oltre l’n-esimo.
La costruzione a cui abbiamo appena accennato dà come risultato un CW complesso avente come (n−1)-scheletro un punto. Osserviamo che l’omologia cellulare
a coefficienti interi di tale K(G, n) si calcola facilmente fino alla dimensione n:
gli unici gruppi non banali sono H0 (K(G, n); Z) ∼
= Z e Hn (K(G, n), Z) ∼
= Ab(G),
dove Ab(G) è l’abelianizzato di G.
Vediamo ora la definizione di equivalenza debole di omotopia ed alcuni fatti
importanti legati a questo concetto.
Definizione 1.15. Una mappa f : X → Y si dice equivalenza debole di omotopia
se la mappa indotta
f∗ : πn (X, x0 ) → πn (Y, f (x0 ))
è un isomorfismo per ogni n e per ogni x0 ∈ X.
Teorema 1.16 (Approssimazione CW). Per ogni spazio puntato (X, x0 ) connesso per archi esiste un’equivalenza debole di omotopia f : (Y, y0 ) → (X, x0 )
per qualche CW complesso (Y, y0 ).
Un CW complesso (Y, y0 ) che soddisfa la tesi del precedente teorema è detto
modello CW per (X, x0 ).
Spazi proiettivi reali
15
Teorema 1.17. Sia f : X → Y un’equivalenza debole di omotopia. Allora le
mappe
f∗ : Hn (X; G) → Hn (Y ; G),
f ∗ : H n (Y ; G) → H n (X; G)
sono isomorfismi per ogni n e G, e inoltre la mappa
f∗ : hZ, Xi → hZ, Y i,
data dalla composizione a sinistra per f , è una bigezione.
Concludiamo questa sezione con un risultato che stabilisce una relazione tra
diversi spazi di tipo K(G, n).
Teorema 1.18. Fissati G ed n, sia K il CW complesso di tipo K(G, n) costruito
nel modo descritto in precedenza e sia X un qualsiasi CW complesso di tipo
K(G, n). Allora esiste un’equivalenza debole di omotopia K → X.
In effetti da questo fatto, utilizzando il teorema di Whitehead, si può dedurre
che due qualsiasi CW complessi di tipo K(G, n) sono omotopicamente equivalenti.
Tuttavia noi ci serviremo solamente di ciò che è enunciato nel Teorema 1.18.
1.4
Spazi proiettivi reali
Gli spazi proiettivi reali giocheranno un ruolo fondamentale nella costruzione e
nello studio delle proprietà dei quadrati di Steenrod. Ricordiamo che si definisce
il proiettivo reale infinito P∞ (R) come il limite diretto (ovvero, in questo caso,
l’unione) degli spazi proiettivi Pn (R), i quali si considerano inclusi ciascuno nel
successivo identificando Pn−1 (R) con
[x0 , . . . , xn−1 , xn ] ∈ Pn (R) | xn = 0 ⊆ Pn (R).
Il proiettivo reale infinito ha una struttura di CW complesso con una cella in
ogni dimensione e mappe di incollamento ∂Dn+1 = S n → Pn (R) date dalla
proiezione al quoziente. Pn (R) è l’n-scheletro di questa struttura CW. Fatte
queste osservazioni, è facile dedurre che i gruppi di coomologia di P∞ (R) sono
tutti isomorfi a Z2 , mentre quelli di Pn (R) sono isomorfi a Z2 in dimensione
≤ n e sono banali in dimensione più alta. Come anello, invece, la coomologia è
descritta nel modo seguente.
Proposizione 1.19. Gli anelli di coomologia di P∞ (R) e Pn (R) sono
H ∗ (P∞ (R); Z2 ) ∼
= Z2 [ω],
H ∗ (Pn (R); Z2 ) ∼
= Z2 [ω]/(ω n+1 ),
dove ω è l’unica classe di coomologia di dimensione 1 non banale.
16
Preliminari
Il proiettivo infinito è uno spazio importante anche perché risulta essere un
K(Z2 , 1), cosa che ora dimostreremo. Tale spazio si può infatti ottenere come
quoziente della sfera S ∞ (limite diretto delle sfere S n ) rispetto all’azione di Z2
data dalla mappa antipodale, ed S ∞ ha tutti i gruppi di omotopia banali, come
afferma il seguente lemma.
Lemma 1.20. πn (S ∞ ) è banale per ogni n ≥ 1.
Dimostrazione. Un elemento di πn (S ∞ ) è rappresentato da un’applicazione
f : S n → S ∞ , che è omotopa ad una qualche fe: S n → S n ⊆ S ∞ per approssimazione cellulare. In particolare, l’immagine di fe è contenuta in S n+1 ⊆ S ∞ ,
quindi fe è omotopa alla mappa costante perché πn (S n+1 ) è banale.
In particolare S ∞ è il rivestimento universale di P∞ (R), e di conseguenza
π1 (P∞ (R)) ∼
= Z2 . Un rivestimento induce isomorfismi sui gruppi di omotopia
superiori, pertanto πn (P∞ (R)) è banale per n ≥ 2.
Capitolo 2
Costruzione dei quadrati di
Steenrod
2.1
Costruzione omotopica della coomologia
Siano (X, x0 ) e (Y, y0 ) due spazi con punto base. Sullo spazio hΣX, Y i vi è una
naturale struttura di gruppo costruita nel modo seguente: date delle mappe
f, g : ΣX → Y , definiamo f · g come la composizione
ΣX → ΣX ∨ ΣX → Y,
dove la prima mappa collassa l’equatore X × { 12 } ⊆ ΣX ad un punto e la seconda
mappa agisce come f sul primo fattore ΣX e come g sul secondo fattore ΣX.
Questo prodotto è ben definito e dà effettivamente una struttura di gruppo. Tale
struttura diviene più chiara con l’identificazione canonica
hΣX, Y i ∼
= hX, ΩY i
ottenuta associando ad un’applicazione f : ΣX → Y l’applicazione che manda
un punto x ∈ X nel cammino γ ∈ ΩY definito da γ(t) = f (x, t). L’insieme
hX, ΩY i ha infatti una naturale struttura di gruppo data dalla concatenazione di
cammini in ΩY per ogni x ∈ X fissato, e questa struttura corrisponde (tramite
la precedente identificazione) a quella che abbiamo definito su hΣX, Y i .
Per X = S n troviamo che hΣS n , Y i ∼
= hS n , ΩY i; poiché ΣS n è omotopin+1
camente equivalente a S
, l’isomorfismo precedente coinvolge due gruppi di
omotopia: πn+1 (Y ) ∼
= πn (ΩY ). In altre parole, il funtore Ω ha la proprietà di
traslare i gruppi di omotopia di uno a sinistra. In particolare, se prendiamo
come Y un K(G, n + 1), otteniamo che ΩY è un K(G, n).
Lemma 2.1. Il gruppo hX, Ω2 Y i è abeliano.
Dimostrazione. Ω2 Y è un sottospazio di (Y I )I , il quale è canonicamente omeomorfo a Y I×I . Identificando questi due spazi, Ω2 Y corrisponde al sottospazio di
17
18
Costruzione dei quadrati di Steenrod
Y I×I dato dalle mappe che mandano il bordo ∂(I × I) nel punto base y0 di Y ,
ovvero a Y Q dove Q = (I × I)/∂(I × I).
Date due mappe f, g : X → Ω2 Y ∼
= Y Q che mandano il punto base x0 di
X nel punto base di Y Q (ovvero la mappa che manda tutto Q in y0 ), la loro
continuità è equivalente alla continuità di fe e ge : X × Q → Y . Consideriamo ora
l’omotopia ϕ : (X × Q) × I → Y tra le mappe fe · ge e ge · fe che, per ogni x ∈ X
fissato, è descritta dalla figura seguente:
y0
f˜
g̃
{x} × Q
f˜
y0
g̃
f˜
g̃
{x} × Q
g̃
{x} × Q
f˜
{x} × Q
Tramite l’identificazione Ω2 Y ∼
= Y Q , ϕ induce un’omotopia tra f · g e g · f ,
quindi f · g ' g · f .
Sia G un gruppo abeliano. Per ogni n ∈ N sia Kn il CW complesso di
tipo K(G, n) costruito nel Capitolo 1. Essendo ΩKn+1 un K(G, n), per il
Teorema 1.18 esistono delle equivalenze deboli di omotopia ξn : Kn → ΩKn+1 .
Questa successione di spazi può essere estesa a n < 0 definendo Kn−1 come un
modello CW per ΩKn ; abbiamo quindi delle equivalenze deboli di omotopia
ξn : Kn → ΩKn+1 per tutti gli n ∈ Z.
Sull’insieme hX, Kn i mettiamo la struttura di gruppo data dall’identificazione
hX, Kn i ∼
= hX, ΩKn+1 i indotta da ξn .
Lemma 2.2. I gruppi hX, Kn i sono abeliani per tutti gli n ∈ Z.
Dimostrazione. La mappa Ωξn : ΩKn → Ω2 Kn+1 è ancora un’equivalenza debole
di omotopia: infatti abbiamo degli isomorfismi canonici πk (ΩKn ) ∼
= πk+1 (Kn ) e
πk (Ω2 Kn ) ∼
= πk+1 (ΩKn ) che fanno commutare il diagramma sottostante, e per
definizione (ξn )∗ è a sua volta un isomorfismo.
πk (ΩKn )
(Ωξn )∗
∼
=
πk+1 (Kn )
πk (Ω2 Kn )
∼
=
(ξn )∗
πk+1 (ΩKn )
Allora anche Ωξn+1 ◦ ξn : Kn → ΩKn+1 → Ω2 Kn+2 è un’equivalenza debole di
omotopia e pertanto induce un isomorfismo tra hX, Kn i e hX, Ω2 Kn+2 i. Per il
Lemma 2.1, hX, Kn i risulta quindi essere un gruppo abeliano.
Definiamo una famiglia di funtori controvarianti (hn )n∈Z dalla categoria
dei CW complessi con punto base alla categoria dei gruppi abeliani in questo
Costruzione omotopica della coomologia
19
modo: hn (X) = hX, Kn i. Gli hn sono funtori controvarianti: se f : X → Y è
una mappa tra spazi con punto base, allora f ∗ : hn (Y ) → hn (X) manda la classe
di omotopia di una mappa α : Y → Kn nella classe della composizione
f
α
X−
→Y −
→ Kn .
La classe di omotopia di questa composizione è univocamente determinata dalle
classi di omotopia di f e α, quindi f ∗ dipende unicamente dalla classe di omotopia
di f . Il fatto che f ∗ sia un omomorfismo di gruppi segue immediatamente dalle
definizioni che abbiamo dato.
Lemma 2.3. Se (X, A) è una coppia CW, la successione
j∗
i∗
hA, Kn i ←− hX, Kn i ←− hX ∪A ΓA, Kn i,
j
i
indotta dalle inclusioni A ,−
→ X ,−
→ X ∪A ΓA, è esatta in hX, Kn i.
Dimostrazione. Il nucleo di j ∗ è costituito dalle mappe f : X → Kn tali che
f |A sia omotopa alla mappa costante; l’immagine di i∗ è formata dalle mappe
fattorizzabili attraverso X ∪A ΓA.
Sia f ∈ ker j ∗ . Allora esiste un’omotopia F : A × I → Kn tra f e la mappa
costante. F passa al quoziente inducendo un’applicazione
Fe : ΓA = A × I / A × {1} ∪ {x0 } × I → Kn
che coincide con f su A × {0}. Quindi f si può estendere a fˆ: X ∪A ΓA → Kn
ponendo fˆ|ΓA = Fe. L’estensione fe è continua perché X e ΓA sono sottospazi
chiusi di X ∪A ΓA.
Viceversa, sia f ∈ Im i∗ . Allora f |A fattorizza attraverso ΓA, che è contrattile,
dunque f |A è omotopa alla mappa costante.
Proposizione 2.4. Gli hn , con degli opportuni omomorfismi di connessione
δn : hn (A) → hn+1 (X/A), soddisfano gli assiomi per la coomologia ridotta.
Dimostrazione. Il primo assioma è verificato come conseguenza delle osservazioni
svolte in precedenza.
Sia (X, A) una coppia CW, e siano X0 = A, X1 = X e
Xk+1 = Xk ∪Xk−1 ΓXk−1
per k ≥ 1.
Siano inoltre ik : Xk ,→ Xk+1 le inclusioni. Applicando il Lemma 2.3 alle coppie
(Xk+1 , Xk ) al variare di k ∈ N, otteniamo l’esattezza della seguente successione:
i∗
i∗
i∗
i∗
i∗
0
1
2
3
4
hX0 , Kn i ←−
hX1 , Kn i ←−
hX2 , Kn i ←−
hX3 , Kn i ←−
hX4 , Kn i ←−
...
Essendo ΓA contrattile, per il Lemma 1.2 si ha che X2 = X ∪A ΓA è omotopicamente equivalente a X/A. Similmente, essendo ΓX contrattile, X3 = X2 ∪X ΓX
20
Costruzione dei quadrati di Steenrod
è omotopicamente equivalente a X2 /X ∼
= ΣA = ΣX0 . Più in generale, Xk+3 è
omotopicamente equivalente a ΣXk . Inoltre hΣA, Kn i ∼
= hA, ΩKn i ∼
= hA, Kn−1 i
(il secondo isomorfismo è indotto da ξn−1 , come descritto nel Teorema 1.17) e allo
stesso modo hΣX, Kn i ∼
= hX, ΩKn i ∼
= hX, Kn−1 i. Abbiamo quindi il seguente
diagramma commutativo:
hX0 , Kn i
i∗
0
hX1 , Kn i
=
i∗
1
i∗
hX, Kn i
p
i∗
3
hX3 , Kn i
∼
=
=
hA, Kn i
i∗
2
hX2 , Kn i
hX4 , Kn i
∼
=
∼
=
∗
hX/A, Kn i
hA, Kn−1 i
i∗
hX, Kn−1 i,
dove i : A ,→ X è l’inclusione e p : X → X/A è la proiezione. Definendo
δn−1 : hA, Kn−1 i → hX/A, Kn i in modo che commuti anche il quadrato
hX2 , Kn i
i∗
2
hX3 , Kn i
∼
=
∼
=
hX/A, Kn i
δn−1
hA, Kn−1 i,
si ottiene la seguente successione esatta:
p∗
i∗
i∗
δn−1
hA, Kn i ←− hX, Kn i ←− hX/A, Kn i ←−−− hA, Kn−1 i ←− hX, Kn−1 i.
Dal momento che questa costruzione vale per ogni n ∈ Z, ne deduciamo infine
l’esattezza della successione
δ
i∗
p∗
δn−1
i∗
n
. . . ←−
hA, Kn i ←− hX, Kn i ←− hX/A, Kn i ←−−− hA, Kn−1 i ←− . . . ,
che è ciò che W
richiede il secondo assioma.
Se X = α Xα , dare una mappa X → Kn che che mandi il punto base di X nel punto base di Kn è equivalente a dare una collezione di mappe
Xα → Kn che W
mandino i punti base degli spazi Xα Q
nel punto base diQKn . Quindi hn (X) = h α Xα , Kn i è isomorfo al prodotto α hXα , Kn i = α hn (Xα ).
Questo conclude la verifica del terzo assioma.
Teorema 2.5. Esistono isomorfismi naturali Φ : hX, K(G, n)i → H n (X; G) per
ogni intero positivo n, per ogni CW complesso X e per ogni gruppo abeliano
G. Inoltre, Φ è della forma Φ(f ) = f ∗ (ι) per una certa classe di coomologia
ι ∈ H n (K(G, n); G) detta classe fondamentale.
Dimostrazione. La Proposizione 2.4 e il Teorema 1.13 implicano l’esistenza di
isomorfismi naturali Φ : hX, K(G, n)i → H n (X; h0 (S 0 )). Essendo
h0 (S 0 ) = hS 0 , K(G, 0)i = hΣS 0 , K(G, 1)i =
= hS 1 , K(G, 1)i = π1 (K(G, 1)) = G,
Operazioni coomologiche
21
otteniamo isomorfismi naturali
Φ : hX, K(G, n)i → H n (X; G).
Data f : X → K(G, n), per la naturalità di Φ abbiamo che
Φ (f ) = Φ (id ◦f ) = Φ (f ∗ (id)) = f ∗ (Φ (id)) .
Quindi la tesi è dimostrata prendendo come classe fondamentale ι = Φ(id), dove
id è l’identità di hK(G, n), K(G, n)i.
2.2
Operazioni coomologiche
Definizione 2.6. Siano m, n ∈ N e G, H gruppi abeliani. Un’operazione coomologica Θ è una trasformazione naturale da H m ( · ; G) a H n ( · ; H), ovvero una
famiglia di mappe {ΘX }, al variare di X spazio topologico, tale che per ogni
f : X → Y il seguente diagramma commuti:
H m (X; G)
ΘX
f∗
H m (Y ; G)
H n (X; H)
f∗
ΘY
H n (Y ; H).
Osservazione 2.7. Un’operazione coomologica non è necessariamente un omomorfismo di gruppi. Ad esempio, se i coefficienti sono presi in un anello R,
Θ : H n ( · , R) → H 2n ( · , R) data da Θ(α) = α ` α è un’operazione coomologica
ma in generale non un omomorfismo (lo è se R è a caratteristica 2).
L’isomorfismo naturale tra gruppi di coomologia e mappe nei K(G, n), descritto dal Teorema 2.5, consente di caratterizzare in maniera piuttosto elegante
le operazioni coomologiche per m, n, G e H fissati.
Teorema 2.8. Siano m, n interi positivi e G, H gruppi abeliani. Detta ι la
classe fondamentale di H m (K(G, m); G), l’applicazione Θ 7→ ΘK(G,m) (ι) è una
bigezione tra l’insieme delle operazioni coomologiche Θ : H m ( · ; G) → H n ( · ; H)
e il gruppo H n (K(G, m); H).
Dimostrazione. Per approssimazione CW possiamo restringerci al caso dei CW
complessi, in modo da poter applicare il Teorema 2.5.
Dato α ∈ H m (X; G), sia ϕ = Φ−1 (α) ∈ hX, K(G, m)i. Allora
Θ(α) = Θ(ϕ∗ (ι)) = ϕ∗ (Θ(ι)).
Quindi Θ(ι) determina univocamente Θ, dunque l’applicazione Θ 7→ Θ(ι) è
iniettiva.
Sia ora η ∈ H n (K(G, m); H) e sia ψ = Φ−1 (η) ∈ hK(G, m), K(H, n)i. Vogliamo costruire un’operazione coomologica Θ tale che Θ(ι) = η. Dato un CW
complesso X, definiamo ΘX in modo che commuti il seguente diagramma:
22
Costruzione dei quadrati di Steenrod
H m (X; G)
ΘX
H n (X; H)
Φ
hX, K(G, m)i
Φ
ψ∗
hX, K(H, n)i,
dove ψ∗ : hX, K(G, m)i → hX, K(H, n)i è data dalla composizione con ψ a
sinistra. La naturalità di Θ è un’immediata conseguenza della naturalità di Φ e
di ψ∗ :
ΘX ◦ f ∗ = Φ ◦ ψ∗ ◦ Φ−1 ◦ f ∗ = f ∗ ◦ Φ ◦ ψ∗ ◦ Φ−1 = f ∗ ◦ ΘY .
Pertanto Θ è effettivamente un’operazione coomologica, e
Θ(ι) = Φ ◦ ψ∗ ◦ Φ−1 (ι) = Φ ◦ ψ∗ (id) = Φ(ψ ◦ id) = Φ(ψ) = η.
Questa costruzione dimostra la surgettività dell’applicazione Θ 7→ Θ(ι).
Corollario 2.9. Se Θ : H m ( · ; G) → H n ( · ; H) è un’operazione coomologica
non banale con m ed n interi positivi, allora n ≥ m.
Dimostrazione. Le operazioni coomologiche H m ( · ; G) → H n ( · ; H) sono in corrispondenza biunivoca con H n (K(G, m); H). I gruppi di omologia Hn (K(G, m); Z)
sono banali per 1 ≤ n < m, quindi, per il teorema dei coefficienti universali,
anche i gruppi di coomologia H n (K(G, m); H) sono banali per 1 ≤ n < m.
Di conseguenza non possono esistere operazioni coomologiche non banali se
1 ≤ n < m.
Osservazione 2.10. Le operazioni coomologiche che preservano la dimensione
(m = n) sono in bigezione con
H n (K(G, n); H) ∼
= Hom Hn (K(G, n); Z), H ∼
= Hom(G, H),
dove il primo isomorfismo è dato dal teorema dei coefficienti universali (i gruppi di
omotopia di K(G, n) sono nulli dal primo all’(n−1)-esimo). Nel caso G = H = Z2 ,
che è quello che interesserà a noi, Hom(G, H) ha esattamente due elementi;
l’identità e l’applicazione nulla sono due operazioni coomologiche distinte, quindi
sono necessariamente le uniche due.
2.3
I quadrati di Steenrod
Il nostro scopo è quello di definire e costruire una famiglia di operazioni coomologiche Sqi : H n ( · ; Z2 ) → H n+i ( · ; Z2 ) che “estenda” l’elevamento al quadrato
dato dal prodotto cup.
Definizione 2.11. I quadrati di Steenrod sono una famiglia di operazioni
coomologiche Sqi : H n ( · ; Z2 ) → H n+i ( · ; Z2 ), al variare di i, n ∈ N, che soddisfa
le seguenti proprietà.
I quadrati di Steenrod
23
(i) Sqi è un omomorfismo di gruppi.
(ii) Sq0 è l’identità.
(iii) Sqi (α) = α ` α se i = dim α, mentre Sqi (α) = 0 se i > dim α.
X
(iv) Sqk (α ` β) =
Sqi (α) ` Sqj (β) (formula di Cartan).
i+j=k
(v) Sq Sq =
a
b
ba/2c X
i=0
b−1−i
Sqa+b−i Sqi
a − 2i
(relazioni di Adém).
Il resto di questo capitolo sarà dedicato alla costruzione di una famiglia di
operazioni che verifichi questi assiomi. Nei capitoli successivi verranno usate
solo le proprietà elencate nella Definizione 2.11 e non l’effettiva costruzione dei
quadrati.
Per semplificare le notazioni scriveremo H n (X) intendendo H n (X; Z2 ) e Kn al
posto di K(Z2 , n). Inoltre gli isomorfismi Φ : hX, Kn i → H n (X) saranno sovente
sottointesi, indicando allo stesso modo una mappa X → Kn e la corrispondente
classe di coomologia in H n (X); in caso di possibile ambiguità specificheremo a
quale delle due interpretazioni ci si riferisce.
Innanzitutto, grazie al teorema di approssimazione CW, possiamo ridurci al
caso dei CW complessi. Sia quindi (X, x0 ) un CW complesso con punto base
avente x0 come 0-cella, e sia T : X ∧ X → X ∧ X la mappa che traspone i due
fattori: T (x, y) = (y, x). Sul prodotto S ∞ × (X ∧ X) vi è una naturale azione
di Z2 data dalla mappa antipodale sul fattore S ∞ e da T sul fattore X ∧ X. Il
quoziente per questa azione è ∆X = S ∞ × (X ∧ X) / ∼, dove ∼ è la relazione di
equivalenza per cui (s, x, y) ∼ (−s, y, x). L’inclusione S ∞ ×{x0 } ,→ S ∞ ×(X ∧X)
induce un’inclusione P∞ (R) × {x0 } ,→ ∆X perché T fissa il punto base x0 di
X ∧ X. Sia ΛX = ∆X / (P∞ (R) × {x0 }).
Gli spazi ∆X e ΛX hanno delle strutture di CW complessi indotte da quelle
di S ∞ e di X. Inoltre, una mappa f : (X, x0 ) → (Y, y0 ) induce delle mappe
∆f : ∆X → ∆Y e Λf : ΛX → ΛY che agiscono come l’identità su S ∞ e come f
su ciascuno dei due fattori di X ∧ X.
Ripetendo la stessa costruzione con S 1 al posto di S ∞ si ottengono degli analoghi spazi che chiamiamo ∆1 X e Λ1 X, per i quali valgono ancora le
considerazioni svolte nel paragrafo precedente.
Vogliamo ora definire una particolare applicazione λ : H n (X) → H 2n (ΛX)
per ogni n ≥ 1. Iniziamo descrivendo il valore di λ(ι), dove ι ∈ H n (Kn ) è la
classe fondamentale. Osserviamo che T ∗ (ι × ι) = ι × ι, infatti
T ∗ (ι × ι) = T ∗ p∗1 (ι) ` p∗2 (ι) = (p1 ◦ T )∗ (ι) ` (p2 ◦ T )∗ (ι) =
= p∗2 (ι) ` p∗1 (ι) = p∗1 (ι) ` p∗2 (ι) = ι × ι,
dove la penultima uguaglianza è dovuta al fatto che il prodotto cup a coefficienti in
Z2 è commutativo. Considerando ι×ι e T ∗ (ι×ι) come elementi di hKn ∧Kn , K2n i
tramite l’identificazione data da Φ, la loro uguaglianza implica l’esistenza di
24
Costruzione dei quadrati di Steenrod
un’omotopia (a punti base fissati) tra ι × ι e T ∗ (ι × ι) = (ι × ι) ◦ T visti come
mappe Kn ∧ Kn → K2n . Sia F : I × (Kn ∧ Kn ) → K2n una tale omotopia.
Quozientando I × (Kn ∧ Kn ) tramite l’identificazione (0, x, y) ∼ (1, y, x) si
ottiene ∆1 Kn e, poiché
F (0, x, y) = F (1, y, x) ∀ x, y ∈ Kn ,
F passa al quoziente definendo una mappa δ1 : ∆1 Kn → K2n . F è un’omotopia
a punti base fissati, quindi δ1 passa ulteriormente al quoziente inducendo una
mappa λ1 : Λ1 Kn → K2n .
Lemma 2.12. ΛKn si ottiene da Λ1 Kn incollando celle di dimensione maggiore
di 2n + 1.
Dimostrazione. La struttura di CW complesso che stiamo considerando su S ∞
m
è costituita da due celle em
+ ed e− in ogni dimensione. Kn , invece, ha una cella
0
n
e di dimensione 0, una cella e di dimensione n e altre celle ei di dimensione
di ≥ n + 1 (dove i varia in un insieme di indici I). Ricordando che in Kn ∧ Kn
tutte le celle di e0 × Kn e di Kn × e0 sono quozientate a un punto, ne deduciamo
che le celle di Kn ∧ Kn sono le seguenti:
Celle
0
Dimensione
0
e ×e
en × en
en × ei
ei × en
ei × ej
per i ∈ I
per i ∈ I
per i, j ∈ I
0
2n
n + di ≥ 2n + 1
di + n ≥ 2n + 1
di + dj ≥ 2n + 2
Le celle di S ∞ × (Kn ∧ Kn ) si ottengono moltiplicando ciascuna delle celle em
± con
ciascuna delle celle della tabella precedente. L’azione di Z2 su S ∞ × (Kn ∧ Kn )
0
00
rispetta la struttura cellulare e scambia le celle della forma em
± × e × e con
m
00
0
0
00
e∓ × e × e , dove e × e è una generica cella di Kn ∧ Kn . Pertanto le celle di
∆Kn (che è il quoziente per l’azione di Z2 ) sono:
0
0
em
+ ×e ×e
m
n
e+ × e × en
n
em
+ × e × ei
n
em
+ × ei × e
m
e+ × ei × ej
Celle
Dimensione
per
per
per
per
per
m
m + 2n
≥ m + 2n + 1
≥ m + 2n + 1
≥ m + 2n + 2
m∈N
m∈N
m ∈ N, i ∈ I
m ∈ N, i ∈ I
m ∈ N, i, j ∈ I
ΛKn è ottenuto da ∆Kn quozientando P∞ (R) × e0 × e0 ad un punto. Le celle di
0
0
P∞ (R) × e0 × e0 sono quelle della forma em
+ × e × e , quindi la struttura CW
di ΛKn ha le seguenti celle:
I quadrati di Steenrod
e0+ × e0 × e0
n
n
em
+ ×e ×e
m
n
e+ × e × ei
n
em
+ × ei × e
em
+ × ei × ej
25
Celle
Dimensione
per
per
per
per
0
m + 2n
≥ m + 2n + 1
≥ m + 2n + 1
≥ m + 2n + 2
m∈N
m ∈ N, i ∈ I
m ∈ N, i ∈ I
m ∈ N, i, j ∈ I
Procedendo in maniera analoga si ottiene che le celle di Λ1 Kn sono quelle elencate
nella tabella precedente con la limitazione m ≤ 1. In particolare, tutte le celle
di dimensione ≤ 2n + 1 in ΛKn sono anche celle di Λ1 Kn .
Lemma 2.13. Sia (Z, A) una coppia CW, e sia data una mappa f : A → Km .
Se tutte le celle di Z \ A sono di dimensione maggiore di m + 1, allora f si
estende ad una mappa f : Z → Km .
Dimostrazione. Sia Zk il k-scheletro di Z. Dimostriamo per induzione su
k ≥ m + 1 che esiste una successione di mappe fk : Zk → Km che estendano f e tali che fk+1 estenda fk per ogni k. L’(m + 1)-scheletro di Z è contenuto
in A, quindi prendiamo come passo base fm+1 = f |Zm+1 . Definiamo ora fk
supponendo che sia data fk−1 . Sia {ei }i∈I l’insieme delle celle di Zk , e sia {ei }i∈J
l’insieme delle k-celle di A e delle celle di Zk−1 (con J ⊆ I). Consideriamo ora
l’insieme
(
)
[
0
0
Ξ = (I , g) J ⊆ I ⊆ I, g :
ei → Km , g estende sia fk−1 che f |A∩Zk .
i∈I 0
Ξ è non vuoto e induttivo (rispetto all’ordinamento dato dall’inclusione sulla
prima componente e dall’estensione sulla seconda
componente), quindi per il
lemma di Zorn ha un elemento massimale I, g . Supponiamo per assurdo che I
sia diverso da I, e sia i ∈ I \ I. In particolare, ei è una k-cella di Z \ A. La mappa
g|∂ei va da ∂ei ∼
= S k−1 in Km ; essendo k−1 > m abbiamo che πk−1 (Km ) è banale,
dunque g|∂ei è omotopa alla mappa costante. Un’omotopia F : ∂ei × I → Km
passa al quoziente e definisce una mappa Fe da (∂ei × I) / (∂ei × {1}) ∼
= ei in Km
che coincide con g sul bordo di ei . Allora g può essere estesa ad ei definendola
uguale a Fe, assurdo per massimalità di g. Quindi I = I, per cui possiamo
definire fk = g.
La successione fk definisce una f : Z → Km ponendo f (x) = fk (x) per ogni
x ∈ Zk . La continuità di f è automatica per come è definita la topologia sui CW
complessi. Infine, dalla costruzione segue banalmente che f estende f .
Il Lemma 2.12 e il Lemma 2.13 consentono di estendere λ1 ad una mappa
λ∞ : ΛKn → K2n . I prossimi due lemmi descrivono le proprietà di λ∞ che
risulteranno cruciali nel prosieguo della costruzione.
26
Costruzione dei quadrati di Steenrod
Lemma 2.14. La restrizione di λ∞ : ΛKn → K2n a {s} × Kn ∧ Kn è omotopa
a ι × ι per ogni s ∈ S ∞ .
Dimostrazione. La tesi è vera per il punto base s0 di S ∞ , infatti λ∞ estende λ1
e quest’ultima mappa è stata definita come ι × ι su {s0 } × Kn ∧ Kn . In generale,
dato s ∈ S ∞ , un cammino γ da s0 a s induce una mappa
F : I × (Kn ∧ Kn ) → K2n
definita da F (t, x) = λ∞ (γ(t), x) per ogni t ∈ I, x ∈ Kn ∧Kn . Per costruzione, F
è un’omotopia a estremi fissati tra λ∞ |{s0 }×Kn ∧Kn = ι × ι e λ∞ |{s}×Kn ∧Kn .
Lemma 2.15. L’applicazione
hΛKn , K2n i → hKn ∧ Kn , K2n i
data dalla restrizione a {s0 } × Kn ∧ Kn è iniettiva. Di conseguenza, λ∞ è
univocamente determinato (a meno di omotopia) dalla proprietà del Lemma 2.14
per s = s0 .
Dimostrazione. Supponiamo che α, β : ΛKn → K2n si restringano a due mappe
{s0 } × Kn ∧ Kn → K2n omotope tra loro. Sia F : {s0 } × Kn ∧ Kn × I → K2n
un’omotopia tra le restrizioni di α e β. Chiamiamo F l’estensione di F a
{s0 } × Kn ∧ Kn × I ∪ ΛKn × ∂I definita uguale ad α su ΛKn × {0} e uguale
a β su ΛKn × {1}.
Dalla descrizione della struttura cellulare di ΛKn dedotta nel corso della
dimostrazione del Lemma 2.12, si evince che il (2n + 1)-scheletro di ΛKn × I è
contenuto in {s0 } × Kn ∧ Kn × I ∪ ΛKn × ∂I. Quindi, per il Lemma 2.13, F si
estende a Fe : ΛKn × I → K2n . Questa costituisce un’omotopia tra α e β, per
cui α e β sono uguali come elementi di hΛKn , K2n i.
Definiamo ora λ : H n (X) → H 2n (ΛX), descrivendola come applicazione
hX, Kn i → hΛX, K2n i, nel seguente modo: se α : X → Kn , allora λ(α) è data
dalla composizione
λ
Λα
λ(α) : ΛX −−→ ΛKn −−∞
→ K2n .
Si noti che, essendo ι = Φ(id), il valore di λ(ι) è proprio λ∞ . In altre parole
abbiamo costruito esplicitamente λ(ι), e abbiamo poi esteso la definizione di λ a
tutti gli α ∈ H n (X).
Il Lemma 2.14 asserisce che la restrizione di λ(ι) a {s} × Kn ∧ Kn è omotopa
a ι × ι. Vediamo ora come questa proprietà possa essere generalizzata ad un
qualsiasi α ∈ H n (X).
Lemma 2.16. Per ogni spazio X e per ogni α ∈ H n (X), la restrizione di
λ(α) : ΛX → K2n a {s} × X ∧ X è omotopa ad α × α per qualsiasi s ∈ S ∞ .
Dimostrazione. La restrizione di Λα a {s}×X ∧X è data da α?α, e ha immagine
in {s} × Kn ∧ Kn . La restrizione di λ∞ a {s} × Kn ∧ Kn è omotopa a ι × ι per il
Lemma 2.14. Quindi Λα|{s}×X∧X è omotopa a (ι × ι) ◦ (α ? α) = (α ? α)∗ (ι × ι).
Per il Lemma 1.5, (α ? α)∗ (ι × ι) = α∗ (ι) × α∗ (ι) = α × α.
I quadrati di Steenrod
27
La mappa diagonale X ,→ X ∧ X induce un’inclusione P∞ (R) × X ,→ ∆X.
Componendo con la proiezione al quoziente ∆X → ΛX otteniamo una mappa
∇ : P∞ (R) × X → ΛX.
Questa induce un omomorfismo
∇∗ : H ∗ (ΛX) → H ∗ (P∞ (R) × X).
L’anello di coomologia H ∗ (P∞ (R) × X) può essere identificato canonicamente
con H ∗ (P∞ (R)) ⊗ H ∗ (X) tramite l’isomorfismo di Künneth. Con questa identificazione, dato α ∈ H n (X), l’elemento ∇∗ (λ(α)) di H 2n (P∞ (R) × X) si deve
scrivere in modo unico come
∇∗ (λ(α)) =
n
X
i=−n
ω n−i ⊗ θi (α),
(2.1)
dove ω è il generatore di H 1 (P∞ (R)) e θi (α) ∈ H n+i (X). Definiamo inoltre
θi (α) = 0 per i > n ≥ 0 e θ0 (α) = α per n = 0. Il nostro obiettivo è dimostrare
che i θi sono delle operazioni coomologiche e che soddisfano gli assiomi dei
quadrati di Steenrod.
Esaminiamo a parte il caso della dimensione 0. Per definizione, l’operazione
θi : H 0 (X) → H i (X) è l’identità se i = 0 ed è identicamente nulla se i > 0. Di
conseguenza θi è un’operazione coomologica per ogni i, e inoltre le proprietà
(i), (ii) e (v) sono ovviamente verificate. La (iii) è soddisfatta poiché, se i coefficienti sono in Z2 , dalla definizione di prodotto cup segue immediatamente che
α ` α = α per ogni α ∈ H 0 (X). La proprietà (iv) è ovvia se dim α = dim β = 0;
invece, se dim β = 0 e dim α ≥ 1, essa diventa
θk (α ` β) = θk (α) ` β.
Il gruppo di coomologia H 0 (X) è isomorfo al prodotto diretto di tante copie di Z2 ,
una per ciascuna componente connessa per archi di X. Chiamando C = (Xi )i∈I
l’insieme delle componenti connesse per archi di X, abbiamo delle proiezioni
pi : H 0 (X) → H 0 (Xi ) ∼
= Z2 .
Una classe di coomologia β ∈ H 0 (X) corrisponde quindi alla scelta di un
sottoinsieme S ⊆ C: una componente connessa per archi Xi appartiene ad S
se e solo se pi (β) = 1. Allora, per n ≥ 1, l’omomorfismo H n (X) → H n (X)
dato dal prodotto cup con β è indotto da una qualsiasi mappa f : X → X
che sia l’identità sulle componenti connesse di S e mandi in un fissato punto
x0 ∈ X le componenti connesse di C \ S. La formula che vogliamo dimostrare
diviene pertanto θk ◦ f ∗ = f ∗ ◦ θk . Questa è una conseguenza del fatto che θk è
un’operazione coomologica in dimensione ≥ 1 per ogni k, cosa che dimostreremo
a breve.
Possiamo ora preoccuparci delle sole classi di coomologia di dimensione ≥ 1,
per le quali vale la relazione (2.1).
28
Costruzione dei quadrati di Steenrod
Lemma 2.17. Dato n ≥ 1, si ha che θi (α) = α∗ (θi (ι)) per ogni i ∈ N e per ogni
α ∈ H n (X).
Dimostrazione. Sia β = id ? α : P∞ (R) × X → P∞ (R) × Kn . Segue immediatamente dalle definizioni la commutatività del seguente diagramma:
P∞ (R) × X
∇
β
ΛX
Λα
P∞ (R) × Kn
∇
ΛKn .
Di conseguenza
β ∗ ∇∗ (λ(ι)) = λ∞ ◦ ∇ ◦ β = λ∞ ◦ Λα ◦ ∇ = λ(α) ◦ ∇ = ∇∗ (λ(α)).
Dalla relazione (2.1), per α = ι, si deduce che
!
n
n
X
X
∗
∗
∗
n−i
ω n−i ⊗ α∗ (θi (ι)).
β ∇ (λ(ι)) = β
ω
⊗ θi (ι) =
i=−n
i=−n
Confrontando questa uguaglianza con la (2.1) si trova che θi (α) = α∗ (θi (ι)).
Proposizione 2.18. θi : H n ( · ) → H n+i ( · ) è un’operazione coomologica per
ogni i ∈ N e per ogni n ≥ 1.
Dimostrazione. Dati α ∈ H n (Y ) e f : X → Y , dal Lemma 2.17 segue che
f ∗ (θi (α)) = f ∗ (α∗ (θi (ι)) = θi (ι) ◦ α ◦ f =
= θi (ι) ◦ (f ∗ (α)) = (f ∗ (α))∗ (θi (ι)) = θi (f ∗ (α)),
ovvero θi è un’operazione coomologica.
Corollario 2.19. θi = 0 per i < 0.
Dimostrazione. È un’immediata conseguenza del Corollario 2.9 perché, per i < 0,
θi è un’operazione coomologica che diminuisce la dimensione.
La relazione 2.1 si riscrive allora nel modo seguente, tralasciando i termini
nulli che si hanno per i < 0:
∇∗ (λ(α)) =
n
X
i=0
ω n−i ⊗ θi (α).
(2.2)
Iniziamo a verificare che i θi soddisfano le proprietà dei quadrati di Steenrod
iniziando dalla (iii). Per definizione, θi (α) = 0 per i > n = dim α. Il caso i = n
è dato dalla seguente proposizione.
I quadrati di Steenrod
29
Proposizione 2.20. Dato n ≥ 1, si ha che θn (α) = α ` α per ogni α ∈ H n (X).
Dimostrazione. Sia i : {p0 } × X ,→ P∞ (R) × X l’inclusione, dove p0 è il punto
base di P∞ (R). Applicare i∗ al membro di sinistra dell’uguaglianza (2.2) dà
come risultato
i∗ ∇∗ (λ(α)) = λ(α) ◦ ∇ ◦ i.
Ora, ∇ ◦ i : {p0 } × X → ΛX manda in modo diagonale {p0 } × X in {s0 } × X ∧ X.
Per il Lemma 2.16, λ(α) è omotopo ad α × α se ristretto a {s0 } × X ∧ X; quindi,
identificando {p0 } × X con X, si ha che
i∗ ∇∗ (λ(α)) = (∇ ◦ i)∗ (α × α) = α ` α,
dove l’ultima uguaglianza è dovuta alla naturalità del prodotto cross insieme al
fatto che ∇ ◦ i = id ? id.
Applicando i∗ al membro di destra dell’uguaglianza (2.2), invece, si ottiene
!
n
n
X
X
∗
n−i
i
ω
⊗ θi (α) =
j ∗ (ω n−i ) ⊗ θi (α),
i=0
i=0
dove j : {p0 } ,→ P∞ (R) è l’inclusione. j ∗ è la mappa nulla per i < n e un
isomorfismo per i = n, perché la coomologia del punto è non banale solo in
dimensione zero. Di conseguenza
n
X
i=0
j ∗ (ω n−i ) ⊗ θi (α) = 1 ⊗ θn (α),
che corrisponde a θn (α) se identifichiamo {p0 }×X con X. Quindi θn (α) = α ` α.
Passiamo ora alla dimostrazione della proprietà (i), ovvero del fatto che i θi
sono omomorfismi di gruppi. Per farlo, sfruttiamo il seguente lemma.
Lemma 2.21. Sia n ≥ 1. Allora λ(α + β) = λ(α) + λ(β) per ogni α, β ∈ H n (X).
Dimostrazione. Indichiamo con d la mappa diagonale X → X × X e con de la
mappa diagonale ΛX → ΛX × ΛX. Sia ξX : Λ(X × X) → ΛX × ΛX la mappa
che manda la classe di (s, x1 , y1 , x2 , y2 ) nella classe di (s, x1 , x2 , s, y1 , y2 ).
Consideriamo il seguente diagramma, dove con 1 indichiamo l’unità dell’anello
di coomologia:
ΛX
Λd
Λ(X × X)
de
Λ(α ? β)
Λ(ι × 1 + 1 × ι)
ξKn
ξX
ΛX × ΛX
Λ(Kn × Kn )
Λα ? Λβ
ΛKn × ΛKn
ΛKn
λ∞
λ∞ × 1 + 1 × λ∞
K2n .
30
Costruzione dei quadrati di Steenrod
La commutatività del triangolo di sinistra e del quadrato centrale seguono
immediatamente dalle definizioni delle mappe coinvolte. Dimostriamo ora che
commuta (a meno di omotopia) anche il quadrato di destra. Consideriamo il
sottospazio A = {s0 } × (Kn × Kn ) ∧ (Kn × Kn ) di Λ(Kn × Kn ). Procedendo in
maniera simile alla dimostrazione del Lemma 2.12 si osserva che il 2n-scheletro
di Λ(Kn × Kn ) è contenuto in A. Quindi, se f, g : Λ(Kn × Kn ) → K2n , per il
Lemma 2.13 un’omotopia tra f |A e g|A si estende ad un’omotopia tra f e g. In
altre parole è sufficiente verificare la commutatività del quadrato di destra del
diagramma precedente restringendosi ad A. Ecco ciò che otteniamo, tralasciando
i fattori {s0 } e sottointendendo che tutte le mappe siano ristrette al dominio
indicato:
(Kn × Kn ) ∧ (Kn × Kn )
Λ(ι × 1 + 1 × ι)
Kn ∧ Kn
ξK n
λ∞
(Kn ∧ Kn ) × (Kn ∧ Kn )
λ∞ × 1 + 1 × λ∞
K2n .
Per il Lemma 2.14, la restrizione di λ∞ a Kn ∧Kn è omotopa a ι×ι. La restrizione
della mappa superiore a (Kn × Kn ) ∧ (Kn × Kn ) agisce come ι × 1 + 1 × ι su
ciascuno dei due fattori. Fatte queste considerazioni, il diagramma precedente si
riscrive nel seguente modo:
(Kn × Kn ) ∧ (Kn × Kn )
(ι × 1 + 1 × ι) ? (ι × 1 + 1 × ι)
Kn ∧ Kn
ι×ι
ξKn
(Kn ∧ Kn ) × (Kn ∧ Kn )
(ι × ι) × 1 + 1 × (ι × ι)
K2n .
Passando da sopra, la composizione delle due mappe è data da
(ι × ι) ◦ (ι × 1 + 1 × ι) ? (ι × 1 + 1 × ι) =
∗
= (ι × 1 + 1 × ι) ? (ι × 1 + 1 × ι) (ι × ι) =
= (ι × 1 + 1 × ι)∗ (ι) × (ι × 1 + 1 × ι)∗ (ι) =
= (ι × 1 + 1 × ι) × (ι × 1 + 1 × ι) =
= (ι × 1) × (ι × 1) + (ι × 1) × (1 × ι)+
+(1 × ι) × (ι × 1) + (1 × ι) × (1 × ι).
Ricordiamo che, in Λ(Kn × Kn ), i due fattori (Kn × Kn ) di A sono scambiati
dall’azione di Z2 . Di conseguenza, se η e ν sono mappe (Kn × Kn ) → Kn ,
η × ν = (η ? ν)∗ (ι × ι) = (ν ? η)∗ (ι × ι) = ν × η.
Per η = ι × 1 e ν = 1 × ι otteniamo che, essendo i coefficienti in Z2 , i due addendi
(ι × 1) × (1 × ι) e (1 × ι) × (ι × 1) si semplificano. Quindi la composizione passando
I quadrati di Steenrod
31
da sopra risulta essere
(ι × 1) × (ι × 1) + (1 × ι) × (1 × ι).
Passando da sotto si ottiene
∗
ξK
(ι × ι) × (1 × 1) + (1 × 1) × (ι × ι) = (ι × 1) × (ι × 1) + (1 × ι) × (1 × ι),
n
quindi il diagramma è effettivamente commutativo a meno di omotopia.
Torniamo ora a considerare il diagramma iniziale. Osserviamo che
(ι × 1 + 1 × ι) ◦ (α ? β) ◦ d = d∗ (α ? β)∗ (ι × 1 + 1 × ι) =
= d∗ (α∗ (ι) × β ∗ (1) + α∗ (1) × β ∗ (ι)) = d∗ (α × 1 + 1 × β) =
= α ` 1 + 1 ` β = α + β.
Quindi la composizione passando da sopra è data da
λ∞ ◦ Λ(ι × 1 + 1 × ι) ◦ Λ(α ? β) ◦ Λd =
= λ∞ ◦ Λ (ι × 1 + 1 × ι) ◦ (α ? β) ◦ d = λ(α + β).
La composizione passando da sotto è invece
(λ∞ × 1 + 1 × λ∞ ) ◦ (Λα ? Λβ) ◦ de =
= de∗ (Λα ? Λβ)∗ (λ∞ × 1 + 1 × λ∞ ) =
= de∗ (Λα)∗ (λ∞ ) × (Λβ)∗ (1) + (Λα)∗ (1) × (Λβ)∗ (λ∞ ) =
= de∗ λ(α) × 1 + 1 × λ(β) = λ(α) ` 1 + 1 ` λ(β) =
= λ(α) + λ(β).
Quindi λ(α + β) = λ(α) + λ(β).
Proposizione 2.22. Dato n ≥ 1, si ha che θi (α + β) = θi (α) + θi (β) per ogni
α, β ∈ H n (X).
Dimostrazione. Dal Lemma 2.21 abbiamo che λ(α + β) = λ(α) + λ(β). Applicando ∇∗ ad entrambi i membri e utilizzando la relazione (2.2) otteniamo
n
X
i=0
ω n−i ⊗ θi (α + β) =
n
X
i=0
ω n−i ⊗ θi (α) + θi (β) ,
da cui si ha che θi (α + β) = θi (α) + θi (β) per ogni i ≤ n. Per i > n, invece,
θi = 0; quindi la tesi è comunque vera.
Dimostreremo ora che vale la formula di Cartan (proprietà (iv)), passando
dal fatto che λ : H ∗ (X) → H ∗ (ΛX) è un omomorfismo di anelli, che è ciò che
afferma il seguente lemma.
Lemma 2.23. Siano m, n ≥ 1. Allora λ(α ` β) = λ(α) ` λ(β) per ogni
α ∈ H m (X) e β ∈ H n (X).
32
Costruzione dei quadrati di Steenrod
Dimostrazione. Siano d e de le mappe diagonali da X in X ∧ X e da ΛX in
ΛX ∧ ΛX, rispettivamente. Sia inoltre ξX,Y : Λ(X ∧ Y ) → ΛX ∧ ΛY la mappa
che manda la classe di (s, x1 , y1 , x2 , y2 ) nella classe di (s, x1 , x2 , s, y1 , y2 ). Il
nostro obiettivo è dimostrare la commutatività di un diagramma simile a quello
del Lemma 2.21:
ΛX
Λd
Λ(X ∧ X)
de
Λ(α ? β)
ΛKm+n
λ(ιm+n )
ξKm ,Kn
ξX,X
ΛX ∧ ΛX
Λ(ιm × ιn )
Λ(Km ∧ Kn )
Λα ? Λβ
ΛKm ∧ ΛKn
λ(ιm ) × λ(ιn )
K2(m+n) .
Anche in questo caso l’unica parte che non è ovvio che commuti è il quadrato
di destra, ed è sufficiente verificarne la commutatività (a meno di omotopia)
restringendo le mappe al sottospazio A = {s0 } × (Km ∧ Kn ) ∧ (Km ∧ Kn ) di
Λ(Km ∧Kn ); questo è vero perché A contiene il 2(m+n)-scheletro di Λ(Km ∧Kn ).
Troviamo quindi il seguente diagramma:
(Km ∧ Kn ) ∧ (Km ∧ Kn )
(ιm × ιn ) ? (ιm × ιn )
Km+n ∧ Km+n
ιm+n × ιm+n
ξKm ,Kn
(Km ∧ Km ) ∧ (Kn ∧ Kn )
(ιm × ιm ) × (ιn × ιn )
K2(m+n) .
La composizione passando da sopra è data da
(ιm+n × ιm+n ) ◦ (ιm × ιn ) ? (ιm × ιn ) =
∗
= (ιm × ιn ) ? (ιm × ιn ) (ιm+n × ιm+n ) =
= (ιm × ιn )∗ (ιm+n ) × (ιm × ιn )∗ (ιm+n ) =
= (ιm × ιn ) × (ιm × ιn ).
Passando da sotto si ottiene lo stesso risultato, infatti
∗
ξK
(ιm × ιm ) × (ιn × ιn ) = (ιm × ιn ) × (ιm × ιn ).
m ,Kn
Questo dimostra la commutatività del diagramma iniziale. Osserviamo ora che
(ιm × ιn ) ◦ (α ? β) ◦ d = d∗ (α ? β)∗ (ιm × ιn ) =
= d∗ α∗ (ιm ) × β ∗ (ιn ) = d∗ (α × β) = α ` β.
Quindi la composizione passando da sopra nel diagramma iniziale è
λ(ιm+n ) ◦ Λ (ιm × ιn ) ◦ (α ? β) ◦ d = λ∞ ◦ Λ(α ` β) = λ(α ` β).
I quadrati di Steenrod
33
Passando da sotto si ottiene invece
λ(ιm ) × λ(ιn ) ◦ (Λα ? Λβ) ◦ de = de∗ (Λα ? Λβ)∗ λ(ιm ) × λ(ιn ) =
= de∗ (Λα)∗ λ(ιm ) × (Λβ)∗ λ(ιn ) = de∗ (λ∞ ◦ Λα) × (λ∞ ◦ Λβ) =
= de∗ (λ(α) × λ(β)) = λ(α) ` λ(β).
Di conseguenza λ(α ` β) = λ(α) ` λ(β).
Procediamo dunque con la dimostrazione della proprietà (iv).
Proposizione 2.24. Siano m, n ≥ 1. Per ogni α ∈ H m (X) e β ∈ H n (X) vale
la formula
X
θk (α ` β) =
θi (α) ` θj (β).
i+j=k
Dimostrazione. Applichiamo ∇∗ ad entrambi i membri dell’uguaglianza data
dal Lemma 2.23. A sinistra otteniamo
X
m+n
∇∗ λ(α ` β) =
ω m+n−k ⊗ θk (α ` β).
k=0
A destra invece troviamo
∇∗ (λ(α) ` λ(β) = ∇∗ λ(α) ` ∇∗ λ(β) =

 

m
n
X
X
ω m−i ⊗ θi (α) ` 
ω n−j ⊗ θj (β) =
=
i=0
=
j=0
m X
n
X
i=0 j=0
=
m X
n
X
i=0 j=0
=
m+n
X
ω m−i ⊗ θi (α) ` ω n−j ⊗ θj (β) =
(ω m−i ` ω n−j ) ⊗ θi (α) ` θj (β) =
X
k=0 i+j=k
=
m+n
X
k=0
ω m+n−k ⊗ θi (α) ` θj (β) =

ω m+n−k ⊗ 

X
θi (α) ` θj (β) .
i+j=k
Uguagliando i termini con ω m+n−k otteniamo infine che, per 0 ≤ k ≤ m + n,
X
θk (α ` β) =
θi (α) ` θj (β).
i+j=k
Consideriamo ora il caso k > m + n. Poiché dim(α ` β) = m + n, si ha che
θk (α ` β) = 0. Inoltre, se i + j = k, vale almeno una tra i > m e j > n; nel
34
Costruzione dei quadrati di Steenrod
primo caso θi (α) = 0, mentre nel secondo caso θj (β) = 0. Di conseguenza tutti i
termini della sommatoria al membro di destra sono nulli. Pertanto la formula di
Cartan vale anche per k > m + n.
Passiamo ora alla dimostrazione della proprietà (ii). Il nostro obiettivo è
far vedere che, per ogni n ≥ 1 fissato, θ0 : H n (X) → H n (X) è l’identità per
ogni CW complesso X. Grazie all’Osservazione 2.7 è sufficiente esibire, per ogni
n ≥ 1, un CW complesso X per cui θ0 : H n (X) → H n (X) non sia identicamente
nulla. Iniziamo dal caso n = 1, prendendo X = S 1 .
Lemma 2.25. θ0 : H 1 (S 1 ) → H 1 (S 1 ) non è identicamente nulla.
Dimostrazione. Sia α il generatore di H 1 (S 1 ) ∼
= Z2 . Per la Proposizione 2.20,
θ1 (α) = α ` α = 0. Quindi la relazione (2.2) in questo caso diventa
∇∗ (λ(α)) = ω × θ0 (α) + 1 × θ1 (α) = ω × θ0 (α).
Quindi, per dimostrare che θ0 (α) 6= 0, è sufficiente dimostrare che ∇∗ (λ(α)) è
omotopicamente non banale come mappa P∞ (R) × S 1 → K2 . In effetti basta
dimostrare che è omotopicamente non banale la restrizione a P1 (R) × S 1 , perché
un’eventuale omotopia tra ∇∗ (λ(α)) e la mappa costante si restringerebbe ad
un’omotopia tra la restrizione e la mappa costante. Vogliamo quindi verificare
che è non banale la composizione
Λ1 α
∇
λ
1
1
P1 (R) × S 1 −−→
Λ1 S 1 −−→ Λ1 K1 −→
K2 ,
dove ∇1 è la restrizione di ∇ a P1 (R) × S 1 . Sia β = λ1 ◦ Λ1 α ∈ H 2 (Λ1 S 1 ).
Dato che β è la restrizione di λ(α) a Λ1 S 1 , per il Lemma 2.16 la restrizione di
β a {s0 } × S 1 ∧ S 1 è omotopa ad α × α. Per l’isomorfismo di Künneth, α × α
genera H 2 (S 1 ∧ S 1 ) = H 2 (S 2 ) ∼
= Z2 , dunque in particolare α × α 6= 0. Quindi
un cociclo che rappresenta β assume il valore 1 sul 2-ciclo {s0 } × S 1 ∧ S 1 .
Sia π : Γ1 S 1 → Λ1 S 1 la proiezione al quoziente. Notiamo che è ben definita
e 1 : P1 (R) × S 1 → Γ1 S 1 indotta da (s, x) 7→ (s, x, x), che fa quindi
la mappa ∇
commutare il diagramma
P1 (R) × S 1
e1
∇
∇1
Λ1 S 1
π
Γ1 S 1 .
e ∗ (π ∗ (β)). Notiamo che S 1 ∧ S 1 è omeomorfo a S 2 , dove la
Allora ∇∗1 (β) = ∇
1
mappa che scambia i due fattori è data dalla riflessione ρ rispetto al piano
equatoriale di S 2 . Allora Γ1 S 1 è omeomorfo al quoziente
2
Q = S × I/(x, 0) ∼ ρ(x), 1
ovvero un guscio sferico in cui il bordo interno e quello esterno sono incollati
attraverso ρ. Chiamiamo E ⊆ S 2 l’equatore, e D+ e D− le due calotte di S 2 . La
I quadrati di Steenrod
35
cella D+ ×I ha bordo E ×I ∪ D+ ×{0} ∪ D− ×{1} = E ×I ∪ S 2 ×{0}; pertanto,
dal momento che i coefficienti sono in Z2 , i 2-cicli E × I e S 2 × {0} sono omologhi.
Tramite l’omeomorfismo Γ1 S 1 ∼
= Q il sottospazio {s0 } × S 1 ∧ S 1 corrisponde a
2
∗
e 1 manda
S × {0}, quindi π (β) assume il valore 1 sul 2-ciclo E × I. Infine ∇
1
1
e ∗1 (π ∗ (β))
il 2-ciclo P (R) × S in E × I, dunque un cociclo che rappresenta ∇
1
1
∗
∗
∗
e 1 (π (β)) 6= 0.
assume il valore 1 su P (R) × S . Di conseguenza ∇1 (β) = ∇
La seguente proposizione conclude la verifica della proprietà (ii) sfruttando
la struttura dell’anello H ∗ (P∞ (R)) ∼
= Z2 [ω].
Proposizione 2.26. θ0 : H n (X) → H n (X) è l’identità per ogni CW complesso
X e per ogni n ≥ 1.
Dimostrazione. Ricordiamo che, per ogni n fissato, è sufficiente mostrare che
esiste un CW complesso X per cui θ0 : H n (X) → H n (X) non è identicamente
nulla. Il Lemma 2.25 implica pertanto la tesi nel caso n = 1. Per n ≥ 2 scegliamo
X = P∞ (R). La formula di Cartan (Proposizione 2.24) per k = 0 ci dice che
θ0 (α ` β) = θ0 (α) ` θ0 (β),
ovvero θ0 è un omomorfismo di anelli. Quindi, detto come in precedenza ω il
generatore di H 1 (P∞ (R)),
θ0 (ω n ) = θ0 (ω)n = ω n ,
dove la seconda uguaglianza è conseguenza dell’aver già dimostrato il caso n = 1.
Dato che ω n 6= 0 in H n (P∞ (R)), θi non è identicamente nulla.
Tralasciamo la verifica della proprietà (v), la cui dimostrazione si trova ad
esempio in [2] e in [5]. In effetti questa proprietà può essere dedotta dalle prime
quattro, grazie al seguente teorema di unicità.
Teorema 2.27. Gli assiomi (i)-(iv) caratterizzano univocamente le operazioni
coomologiche Sqi (i ∈ N).
Questo risultato è stato riportato per completezza, ma non verrà né dimostrato
né utilizzato nel resto della tesi. Per una sua dimostrazione si consulti [5].
Capitolo 3
Proprietà dei quadrati
In questo capitolo e nel prossimo ci dedicheremo alla dimostrazione di varie
proprietà riguardanti i quadrati di Steenrod Sqi , deducendole unicamente a
partire dagli assiomi (i)-(v) enunciati nella Sezione 2.3. Il modo in cui sono
stati effettivamente costruiti i quadrati sarà pertanto del tutto irrilevante nel
prosieguo della trattazione.
Sia in questo capitolo che nel successivo tutti i gruppi di coomologia avranno
coefficienti in Z2 , a meno che sia altrimenti specificato.
3.1
Conseguenze dirette degli assiomi e caso del
proiettivo reale
Gli assiomi dal (ii) al (iv) consentono di determinare facilmente il valore di
Sqi nelle potenze di un elemento di dimensione
1. Per semplicità di notazione
poniamo uguali a 0 i coefficienti binomiali ki con i > k.
Lemma 3.1. Se x ∈ H 1 (X), allora Sqi (xk ) =
k
i
xk+i per ogni i, k ∈ N.
Dimostrazione. Ragioniamo per induzione su k. Per k = 0, Sqi (xk ) = Sqi (1) è
uguale a 1 se i = 0, per la proprietà (ii); invece è uguale a 0 se i > 0, per la
proprietà (iii). Per k > 0, dalla formula di Cartan ricaviamo che
i
X
Sqi (xk ) = Sqi x ` xk−1 =
Sqj (x) ` Sqi−j (xk−1 ).
j=0
Essendo x di dimensione 1,

 x
x2
Sqj (x) =

0
se j = 0, per la proprietà (ii);
se j = 1, per la proprietà (iii);
se j ≥ 2, per la proprietà (iii).
37
38
Proprietà dei quadrati
Quindi, per ipotesi induttiva,
i
X
Sqj (x) ` Sqi−j (xk−1 ) =
j=0
= Sq0 (x) ` Sqi (xk−1 ) + Sq1 (x) ` Sqi−1 (xk−1 ) =
k − 1 k+i−1
k − 1 k+i−2
2
=x`
x
+x `
x
=
i
i−1
k−1
k−1
k k+i
=
+
xk+i =
x .
i
i−1
i
Osservazione 3.2. L’elevamento al quadrato è un omomorfismo
in Z2 [t]. QuinP
di, se un numero naturale k si scrive in base 2 come k =
aj · 2j con ai ∈ {0, 1},
si ha che
k X
k
i=0
i
ti = (1 + t)k = (1 + t)
P
j
aj ·2j
=
Y
Y
j
j aj
(1 + t)aj ·2 =
1 + t2
.
j
j
Quindi i ≡ 1 (mod 2) se e solo se, sviluppando il prodotto di destra, compare
un termine non nullo di grado i. Nello sviluppo del prodotto di destra, i termini
non nulli sono quelli il cui grado
si scrive in base 2 come somma di potenze
2j con aj = 1. Pertanto ki ≡ 1 (mod 2) se e solo se, nelle posizioni della
rappresentazione binaria di i in cui compare un 1, anche nella corrispondente
posizione della rappresentazione binaria di k compare un 1.
k
Questa osservazione consente di calcolare più facilmente il valore di Sqi (xk )
per x di dimensione 1, tramite la formula data dal Lemma 3.1. Ad esempio si
deduce immediatamente il seguente fatto.
Corollario 3.3. Se x ∈ H 1 (X), allora
m
Sqi x2
 2m
 x
0
=
 2m+1
x
se i = 0;
se 0 < i < 2m ;
se i = 2m .
Quanto dimostrato finora è sufficiente per calcolare gli Sqi sull’anello di
coomologia di P∞ (R), poiché questo è isomorfo a Z2 [ω] con ω di dimensione 1.
Mostriamo ora che vale una formula per il prodotto cross analoga a quella di
Cartan.
Lemma 3.4. La formula di Cartan è equivalente a
X
Sqk (x × y) =
Sqi (x) × Sqj (y)
∀ x ∈ H m (X), ∀ y ∈ H n (Y ).
i+j=k
L’isomorfismo di sospensione
39
Dimostrazione. Siano p1 , p2 le proiezioni sui due fattori di X × Y . Se vale la
formula di Cartan, allora
X
Sqk (x × y) = Sqk p∗1 (x) ` p∗2 (y) =
Sqi p∗1 (x) ` Sqj p∗2 (y) =
i+j=k
=
X
X
Sq (x) ` p∗2 Sqj (y) =
Sqi (x) × Sqj (y).
p∗1
i
i+j=k
i+j=k
Mostriamo ora il viceversa. Detta d : X → X × X la mappa diagonale, dal
fatto che d∗ (x × y) = x ` y si deduce che
Sqk (x ` y) = Sqk d∗ (x × y) = d∗ Sqk (x × y) =


X
X
= d∗ 
Sqi (x) × Sqj (y) =
Sqi (x) ` Sqj (y).
i+j=k
i+j=k
La formula appena ottenuta consente, grazie all’isomorfismo di Künneth,
di calcolare gli Sqi su un prodotto di spazi. Vediamo come esempio il caso di
n
P n = (P∞ (R)) = P∞ (R) × P∞ (R) × · · · × P∞ (R). Siano ω1 , . . . , ωn i generatori
degli anelli di coomologia dei singoli fattori. Allora
H ∗ (P n ) ∼
= Z2 [ω1 ] ⊗ · · · ⊗ Z2 [ωn ] ∼
= Z2 [ω1 , . . . , ωn ].
Applicando il Lemma 3.4 otteniamo che
Sqi ω1k1 · · · ωnkn =
=
X
j1 +···+jn =i
X
j1 +···+jn
3.2
Sqj1 ω1k1 × . . . × Sqjn ωnkn =
k1
kn
···
ω1k1 +j1 · · · ωnkn +jn .
j
j
1
n
=i
L’isomorfismo di sospensione
La formula di Künneth per il prodotto cross ridotto, nel caso Y = S 1 , fornisce
per ogni n ∈ N un isomorfismo
∼
= e n+1
e n (X) −
s: H
→H
(ΣX)
e 1 (S 1 ) ∼
dato dal prodotto cross con il generatore α di H
= Z2 . Tale isomorfismo è
chiamato isomorfismo di sospensione. Grazie al Lemma 3.4 possiamo facilmente
dimostrare che l’isomorfismo di sospensione commuta con i quadrati di Steenrod,
che è ciò che afferma la seguente proposizione.
40
Proprietà dei quadrati
Proposizione 3.5. Per ogni n ≥ 1 e per ogni k ∈ N, il seguente diagramma è
commutativo:
H n (X)
s
Sqk
H n+k (X)
H n+1 (ΣX)
Sqk
s
H n+k+1 (ΣX).
Dimostrazione. Nella formula per Sqk (x × α) data dal Lemma 3.4, gli addendi
per j ≥ 1 si annullano poiché Sqj (α) ∈ H j+1 (S 1 ) = {0}. Quindi
Sqk s(x) = Sqk (x × α) = Sqk (x) × Sq0 (α) = Sqk (x) × α = s Sqk (x) .
In altre parole, gli Sqi agiscono sulla coomologia di ΣX (che è ottenuta da
quella di X traslando tutti i gruppi in dimensione di 1 più alta) come sulla
coomologia di X. La struttura di prodotto cup su H ∗ (ΣX), invece, è sempre
banale, come afferma il seguente lemma.
Lemma 3.6. Dati m, n ≥ 1, per ogni x ∈ H m (ΣX) e per ogni y ∈ H n (ΣX) si
ha che x ` y = 0.
Dimostrazione. Tramite approssimazione CW possiamo assumere senza perdita
di generalità che X sia un CW complesso. Allora, per il Lemma 1.2, la proiezione al quoziente SX → ΣX è un’equivalenza di omotopia; dunque induce un
isomorfismo tra l’anello di coomologia di SX e quello di ΣX. Pertanto basta
dimostrare la tesi nel caso della sospensione non ridotta SX. Lo spazio SX è unione dei due sottospazi aperti A = X × 0, 32 X × {0}
e B = X × 13 , 1 X × {1}. Sia A che B sono omeomorfi al cono su X a cui è
stata tolta la base, per cui in particolare sono contrattili. Quindi H m (A) = 0, e
allo stesso modo H n (B) = 0. Un frammento della successione esatta lunga della
coppia (SX, A) è
i∗
H m (SX, A) −→ H m (SX) → H m (A) = {0},
quindi i∗ è surgettiva. Dunque, dato x ∈ H m (SX), esiste x
e ∈ H m (SX, A) tale
n
n
che i∗ (e
x) = x. Similmente j ∗ : H (SX, B) → H (SX) è surgettiva, per cui per
ogni y ∈ H n (SX) esiste ye ∈ H n (SX, B) tale che j ∗ (e
y ) = y. Inoltre
x
e ` ye ∈ H m+n (SX, A ∪ B) = H m+n (SX, SX) = {0},
ovvero x
e ` ye = 0. Per il Lemma 1.6, l’immagine di x
e ` ye in H m+n (SX) è x ` y,
quindi x ` y = 0.
La struttura data dai quadrati di Steenrod consente talvolta di distinguere
tra spazi con tipo di omotopia diverso ma con lo stesso anello di coomologia.
Per esempio, Σ P2 (C) ha gli stessi gruppi di coomologia di S 3 ∨ S 5 ; anzi, per
L’isomorfismo di sospensione
41
il Lemma 3.6 questi due spazi hanno anelli di coomologia isomorfi (su S 3 ∨ S 5
il prodotto cup è banale in dimensione maggiore di 1). Invece l’operazione
Sq2 : H 3 (Σ P2 (C)) → H 5 (Σ P2 (C)) è non banale, per la Proposizione 3.5 e
perché Sq2 : H 2 (P2 (C)) → H 4 (P4 (C)) è l’elevamento al quadrato. D’altra parte,
come è ragionevole aspettarsi, Sq2 : H 3 (S 3 ∨S 5 ) → H 5 (S 3 ∨S 5 ) è banale. Questo
segue dalla naturalità dei quadrati di Steenrod poiché, se i : S 5 ,→ S 3 ∨ S 5 è
l’inclusione, il seguente diagramma è commutativo:
H 3 (S 3 ∨ S 5 )
i∗
H 3 (S 5 )
Sq2
H 5 (S 3 ∨ S 5 )
Sq2
∗
i
H 5 (S 5 ).
Dato che H 3 (S 5 ) = {0} e i∗ : H 5 (S 3 ∨ S 5 ) → H 5 (S 5 ) è un isomorfismo, effettivamente si ha che Sq2 : H 3 (S 3 ∨ S 5 ) → H 5 (S 3 ∨ S 5 ) è banale. Quindi Σ P2 (C)
non ha il tipo di omotopia di S 3 ∨ S 5 .
Più in generale, è interessante capire quando uno spazio X ha una sospensione
con il tipo di omotopia di un bouquet di spazi. Per esempio si può verificare che
la sospensione del toro S 1 × S 1 è omotopicamente equivalente a S 2 ∨ S 2 ∨ S 3 . Un
altro caso in cui i quadrati di Steenrod consentono di escludere l’esistenza di uno
spezzamento di questa forma è quello di P∞ (R). Grazie ai risultati della sezione
precedente, infatti, ricaviamo le seguenti relazioni in H ∗ (P∞ (R)) ∼
= Z2 [ω]:
k
k
k+1
Sq2 ω 2
= ω2 ;
k k
Sqi ω 2 −1 = ω 2 +i−1 per 0 ≤ i ≤ 2k − 1.
k
La seconda formula fa sì che ogni potenza ω j sia legata alla potenza ω 2 −1
dall’operazione Sqi , dove k è il massimo intero tale che 2k −1 ≤ j e i = j −(2k −1).
k
La prima formula lega tra loro tutte le potenze ω 2 . Le due formule, insieme,
danno relazioni non banali tra tutti gli elementi della coomologia di P∞ (R).
Passando ad H ∗ (Σ P∞ (R)), tali relazioni sono preservate dall’isomorfismo di
sospensione. Supponiamo per assurdo che esista uno spezzamento della forma
Σ P∞ (R) ' X ∨ Y , con X e Y spazi dalla coomologia ridotta non banale.
Chiamando i : X ,→ X ∨ Y e j : Y ,→ X ∨ Y le inclusioni, il seguente diagramma
è commutativo:
e ∗ (X)
H
i∗
Sqk
e ∗ (X)
H
e ∗ (X) ⊕ H
e ∗ (Y )
H
j∗
e ∗ (Y )
H
Sqk
i∗
e ∗ (X) ⊕ H
e ∗ (Y )
H
Sqk
j
∗
e ∗ (Y ).
H
Allora gli Sqk darebbero solo relazioni banali tra i due addendi diretti dello
spezzamento
e ∗ (Y ),
e ∗ (Σ P∞ (R)) ∼
e ∗ (X) ⊕ H
H
=H
il che contraddice le osservazioni svolte precedentemente.
42
3.3
Proprietà dei quadrati
Gli omomorfismi di Bockstein
In questa sezione definiremo degli omomorfismi β : H n (X, Zm ) → H n+1 (X, Zm ),
chiamati omomorfismi di Bockstein, e dimostreremo che coincidono con Sq1 per
m = 2. In questo modo avremo una descrizione più esplicita dell’operazione Sq1 .
Consideriamo la successione esatta corta di gruppi
i
π
0 → Zm →
− Zm2 −
→ Zm → 0,
dove i è l’inclusione indotta dalla moltiplicazione per m in Z, e π è la proiezione
data dalla riduzione modulo m. Poiché il gruppo delle n-catene Cn (X) è libero,
anche la seguente successione è esatta:
i#
π#
0 → C n (X; Zm ) −→ C n (X; Zm2 ) −−→ C n (X; Zm ) → 0.
Facendo variare n otteniamo una successione esatta corta di complessi di cocatene:
0
...
δ
0
C n−1 (X; Zm )
δ
C n (X; Zm )
i#
...
δ
C n−1 (X; Zm2 )
δ
C n−1 (X; Zm )
δ
C n+1 (X; Zm )
i#
δ
C n (X; Zm2 )
π#
...
0
C n (X; Zm )
0
...
i#
δ
C n+1 (X; Zm2 )
π#
δ
δ
δ
...
π#
δ
C n+1 (X; Zm )
0
δ
...
0
La successione esatta lunga in coomologia ad essa associata è la seguente:
i
π
i
∗
∗
∗
. . . → H n (X; Zm ) −→
H n (X; Zm2 ) −→
H n (X; Zm ) → H n+1 (X; Zm ) −→
...
Definiamo β come l’omomorfismo di connessione H n (X; Zm ) → H n+1 (X; Zm )
di questa successione esatta lunga. Per le proprietà di naturalità delle successioni
esatte lunghe in omologia derivanti da successioni esatte corte di complessi, β
risulta essere un’operazione coomologica.
Lemma 3.7. Siano x, y ∈ H ∗ (X), e sia n = dim x. Allora
β(x ` y) = β(x) ` y + (−1)n x ` β(y).
Dimostrazione. Siano ϕ, η ∈ C ∗ (X; Zm ) cocatene che rappresentano x e y rispettivamente. Siano ϕ,
e ηe ∈ C ∗ (X; Zm2 ) due cocatene con immagini ϕ e η tramite
Gli omomorfismi di Bockstein
43
π# (che è surgettiva). Per definizione dell’omomorfismo di Bockstein, β(x) e
β(y) sono rappresentati da delle cocatene ψ, ξ ∈ C ∗ (X; Zm ) tali che i# (ψ) = δ ϕ
e
e i# (ξ) = δe
η . Allora
δ(ϕ
e ` ηe) = δ ϕ
e ` ηe + (−1)n ϕ
e ` δe
η = i# (ψ) ` ηe + (−1)n ϕ
e ` i# (ξ).
Dato che i# (ψ) è uguale a i ◦ ψ e i : Zm → Zm2 è la moltiplicazione per m,
l’immagine di una qualsiasi catena tramite i# (ψ) ` ηe è un multiplo di m. Di
conseguenza
i# (ψ) ` ηe = i# (ψ ` π# (e
η )) = i# (ψ ` η).
Analogamente ϕ
e ` i# (ξ) = i# (ϕ ` ξ), quindi
δ(ϕ
e ` ηe) = i# ψ ` η + (−1)n ϕ ` ξ .
Pertanto β(x ` y) è rappresentato da ψ ` η + (−1)n ϕ ` ξ, dunque
β(x ` y) = β(x) ` y + (−1)n x ` β(y).
Dalla formula per il prodotto cup si deduce facilmente un’analoga formula
per il prodotto cross, grazie alla naturalità di β.
Corollario 3.8. Per ogni x ∈ H ∗ (X; Zm ) e y ∈ H ∗ (Y ; Zm ) si ha che
β(x × y) = β(x) × y + (−1)n x × β(y),
dove n = dim x.
Dimostrazione. Chiamando p1 e p2 le proiezioni da X × Y su X e Y rispettivamente, si ha che
β(x × y) = β p∗1 (x) ` p∗2 (y) = β p∗1 (x) ` p∗2 (y) + (−1)n p∗1 (x) ` β p∗2 (y) =
= p∗1 β(x) ` p∗2 (y) + (−1)n p∗1 (x) ` p∗2 β(y)) =
= β(x) × y + (−1)n x × β(y).
Calcoliamo ora esplicitamente gli omomorfismi di Bockstein per m = 2 nel
caso di P∞ (R). La successione esatta lunga attraverso la quale si definisce β
inizia con
i∗
π∗
β
0 → H 0 P∞ (R); Z2 −→
H 0 P∞ (R); Z4 −→
H 0 P∞ (R); Z2 −
→
i∗
π∗
β
β
1
∞
1
∞
1
∞
−
→ H P (R); Z2 −→ H P (R); Z4 −→ H P (R); Z2 −
→ ...
Dal teorema dei coefficienti universali si determina facilmente la coomologia di
P∞ (R) a coefficienti in Z4 :
Z4 se n = 0,
n
∞
∼
H P (R), Z4 =
Z2 se n ≥ 1.
44
Proprietà dei quadrati
Quindi la successione esatta lunga è
i
π
β
i
π
β
∗
∗
∗
∗
0 → Z2 −→
Z4 −→
Z2 −
→ Z2 −→
Z2 −→
Z2 −
→ Z2 → . . .
In dimensione0, i∗ è iniettiva e quindi π∗ è surgettiva. Quindi l’omomorfismo
β : H 0 P∞ (R) → H 1 P∞ (R) è nullo. Da quel punto in poi, tutte le mappe sono alternativamente
isomorfismi
e omomorfismi banali. Di conseguenza
β : H n P∞ (R) → H n+1 P∞ (R) è nullo per n pari ed è un isomorfismo per n
dispari.
Il calcolo degli omomorfismi di Bockstein per P∞ (R), insieme alla naturalità
dei quadrati di Steenrod, consente di dimostrare che β = Sq1 .
Proposizione 3.9. Le operazioni coomologiche β e Sq1 coincidono.
Dimostrazione. Le operazioni coomologiche a coefficienti in Z2 che aumentano
di 1 la dimensione sono in corrispondenza biunivoca con H n+1 (K(Z2 , n); Z2 ).
La struttura di CW complesso di K(Z2 , n) descritta nel Capitolo 1 ha una cella
di dimensione n, una di dimensione n + 1 (incollata a quella di dimensione n
con una mappa di grado 2) e altre celle in dimensione più alta. Nel calcolo della
coomologia cellulare, quindi, si ha in dimensione n + 1 un gruppo di cocatene
isomorfo a Z2 . Pertanto H n+1 (K(Z2 , n); Z2 ) ha rango minore o uguale a 1, e in
particolare ha al più due elementi.
Dunque ci sono al più due operazioni coomologiche che aumentano di 1 la
dimensione, di cui una è quella banale. Basta allora dimostrare che β e Sq1 sono
entrambe operazioni non banali in ogni dimensione.
Per n dispari, Sq1 è non banale su P∞ (R) per il Lemma 3.1, mentre β è
non banale su P∞ (R) per quanto osservato in precedenza. Per n pari, facciamo
vedere che entrambe le operazioni sono non banali se applicate all’elemento
ω1n−1 ω2 ∈ H ∗ P∞ (R) × P∞ (R); Z2 ∼
= Z2 [ω1 , ω2 ]. Per quanto si è dimostrato
nella Sezione 3.1,
Sq1 ω1n−1 ω2 = (n − 1) ω1n ω2 + ω1n−1 ω22 = ω1n ω2 + ω1n−1 ω22 6= 0.
Per il Corollario 3.8, inoltre,
β ω1n−1 ω2 = β ω1n−1 ω2 + ω1n−1 β ω2 = ω1n ω2 + ω1n−1 ω22 6= 0,
dove la seconda uguaglianza è dovuta al fatto che β è un isomorfismo in
dimensione dispari.
Capitolo 4
L’algebra di Steenrod
Questo capitolo è dedicato ad una trattazione più algebrica delle proprietà dei
quadrati di Steenrod. Più nel dettaglio, l’idea è di studiare l’algebra di operazioni
coomologiche ottenuta componendo tra di loro gli Sqi ; di tale algebra, che è
chiamata “algebra di Steenrod,” si può descrivere esplicitamente una base su Z2 .
4.1
Algebra di Steenrod e monomi ammissibili
Sia S l’algebra con unità non commutativa su Z2 generata in modo libero dagli
Sqi per i ∈ N.
Definizione 4.1. L’algebra di Steenrod A è il quoziente di S per tutte le
relazioni di Adém (proprietà (v) della Definizione 2.11) e per la relazione Sq0 = 1.
A acquisisce una struttura di algebra graduata definendo dim Sqi = i.
Concretamente, A consiste nelle somme di monomi della forma
Sqi1 Sqi2 . . . Sqik ,
modulo le relazioni di Adém. Per semplificare la notazione indichiamo il monomio
appena scritto con SqI , dove I = (i1 , i2 , . . . , ik ) ∈ Nk . La lunghezza k di un
multiindice I è indicata con `(I). Definiamo anche dim I come la dimensione di
SqI , cioè i1 + · · · + ik .
Osservazione 4.2. La formula di Cartan ha una versione con i multiindici, sia
per il prodotto cup che per il prodotto cross. Quella per il prodotto cross, che
useremo più avanti, è la seguente:
X
SqI (x × y) =
SqJ1 (x) × SqJ2 (y).
J1 +J2 =I
A agisce sull’anello di coomologia di un qualsiasi spazio X (a coefficienti in
Z2 ) interpretando il prodotto di termini Sqis come composizione di operazioni
45
46
L’algebra di Steenrod
coomologiche: l’azione di S passa infatti al quoziente poiché le relazioni di
Adém sono identicamente verificate a livello di operazioni coomologiche. Più
formalmente, quest’azione è un omomorfismo di algebre
ΦX : A → End H ∗ (X) ,
dove End(V ) è l’algebra (non commutativa) degli endomorfismi dello spazio
vettoriale V . ΦX rispetta la gradazione nel senso che un elemento di grado d
di A agisce mandando gli elementi di H n (X) in H n+d (X). Spesso e volentieri
identificheremo un elemento di A con la corrispondente operazione coomologica,
sottointendendo l’azione ΦX .
Ci dedichiamo ora allo studio della struttura di spazio vettoriale di A. Per
fare questo, iniziamo dalla seguente definizione.
Definizione 4.3. I ∈ Nk si dice ammissibile se is ≥ 2 is+1 per 1 ≤ s < k
e ik ≥ 1, oppure se I = (0). Chiamiamo ammissibili i monomi SqI con I
ammissibile.
Sia P = P∞ (R). Allora H ∗ (P ) ∼
= Z2 [ω] e H ∗ (P n ) ∼
= Z2 [ω1 , . . . , ωn ]. Sia
n
n
ϑ = ω1 × . . . × ωn ∈ H (P ).
Lemma 4.4. Sia Υ : A → H ∗ (P n ) la valutazione in ϑ. Υ manda i monomi
ammissibili di grado ≤ n in elementi linearmente indipendenti.
Dimostrazione. Ragioniamo per induzione su n. I monomi ammissibili di grado
minore o uguale a 1 sono solamente Sq0 e Sq1 . La valutazione in ω ∈ H 1 (P )
manda Sq0 in ω e Sq1 in ω 2 , e queste sono classi di coomologia linearmente
indipendenti. Quindi il caso n = 1 è dimostrato.
Sia ora n ≥ 2. Supponiamo che sia verificata una relazione di dipendenza
lineare della forma
X
aI SqI (ϑ) = 0,
dim I=d
con d ≤ n, dove la somma è calcolata al variare di I ammissibile (è sufficiente
limitarsi alle relazioni lineari tra monomi dello stesso grado, perché monomi di
grado diverso vengono mandati tramite Υ in classi di coomologia di dimensione
diversa). Sia m il minimo numero naturale per cui si abbia che aI = 0 per ogni
I tale che `(I) > m. Vogliamo dimostrare che m = 0. Supponiamo per assurdo
che m sia positivo. Per la formula di Künneth,
H d+n (P n ) ∼
=
d+n
M
s=0
H s (P ) ⊗ H d+n−s (P n−1 ).
Osserviamo ora che 2m ≤ d + n. Infatti il monomio ammissibile di grado più
basso che abbia lunghezza m è (2m−1 , 2m−2 , . . . , 20 ), il cui grado è 2m − 1; quindi,
se per assurdo 2m fosse maggiore di d + n, non esisterebbero monomi ammissibili
di lunghezza m e grado
d, il che è impossibile
per definizione di m. Sia allora
m
m
g : H d+n (P n ) → H 2 (P ) ⊗ H d+n−2 (P n−1 ) la proiezione sul 2m -esimo addendo
Algebra di Steenrod e monomi ammissibili
47
diretto. Scriviamo ϑ = ω × ϑ0 , dove ϑ0 = ω2 × . . . × ωn . Dall’Osservazione 4.2
segue che
X
SqI (ϑ) = SqI (ω × ϑ0 ) =
SqJ (ω) × SqI−J (ϑ0 ).
J≤I
Dato che dim ω = 1, il Corollario 3.3 permette di dedurre che

k
 ω 2 se J è della forma (2k−1 , 2k−2 , . . . , 20 )
J
Sq (ω) =
a meno di interporre degli zeri;

0
altrimenti.
Se `(I) < m si ha che `(J) < m per ogni J ≤ I, per cui SqJ (ω) ha dimensione
minore di 2m e pertanto


X
g SqI (ϑ) = g 
SqJ (ω) × SqI−J (ϑ0 ) = 0.
J≤I
Se invece `(I) = m, l’unico multiindice J ≤ I per cui SqJ (ω) ha dimensione
2m è Jm = (2m−1 , 2m−2 , . . . , 1). Si noti che Jm è effettivamente ≤ I perché I è
ammissibile. In questo caso, quindi,


X
m
g SqI (ϑ) = g 
SqJ (ω) × SqI−J (ϑ0 ) = ω 2 × SqI−Jm (ϑ0 ).
J≤I
La relazione di indipendenza lineare da cui siamo partiti può essere riscritta
nel seguente modo, sottointendendo che la somma venga effettuata al variare di
I con dim I = d:
X
X
aI SqI (ϑ) +
aI SqI (ϑ) = 0.
`(I)=m
`(I)<m
Applicando g si trova, per quanto osservato in precedenza:
m
X
aI ω 2 × SqI−Jm (ϑ0 ) = 0
`(I)=m

=⇒
m
ω2 × 

X
aI SqI−Jm (ϑ0 ) = 0
`(I)=m
=⇒
X
aI SqI−Jm (ϑ0 )
= 0.
`(I)=m
Se I varia tra tutti i multiindici ammissibili di lunghezza m e grado d, I − Jm
varia tra tutti i multiindici ammissibili di lunghezza m e grado d − (2m − 1).
Allora, poiché m ≥ 1, si ha che d − (2m − 1) ≤ n − 1. Quindi per ipotesi induttiva
aI = 0 per ogni I di lunghezza m, il che è impossibile per minimalità di m.
48
L’algebra di Steenrod
Il precedente lemma consente di descrivere esplicitamente una base dell’algebra di Steenrod.
Teorema 4.5. I monomi ammissibili formano una base di A come spazio
vettoriale su Z2 .
Dimostrazione. Consideriamo una combinazione lineare di monomi ammissibili
che sia uguale a zero. Sia n il massimo grado di questi monomi. Per il Lemma
4.4, tale combinazione lineare deve avere coefficienti tutti uguali a zero.
Ci basta ora dimostrare che i monomi ammissibili generano tutti i monomi di
A. Supponiamo per assurdo che esista un monomio di grado d che non è somma
di monomi ammissibili. Consideriamo il più grande monomio SqI , rispetto
all’ordine lessicografico sui multiindici, che abbia grado d e non sia somma di
monomi ammissibili (i monomi di grado fissato sono in numero finito, quindi
il massimo esiste). In particolare SqI non è ammissibile, per cui contiene due
termini consecutivi Sqa Sqb con a < 2b. Applicando le relazioni di Adém si ha
che
ba/2c X b − 1 − i
Sqa Sqb =
Sqa+b−i Sqi .
a
−
2i
i=0
Dato che la somma si estende su indici i ≤ ba/2c < b, sostituendo la relazione
sopra in SqI si ottiene una somma di monomi di grado d lessicograficamente
più grandi. Allora ciascuno di questi monomi è somma di monomi ammissibili,
assurdo.
Corollario 4.6. La mappa Υ definita nel Lemma 4.4 è iniettiva sugli elementi
di grado ≤ n.
Dimostrazione. Per il Lemma 4.4, Υ manda i monomi ammissibili di grado ≤ n
in elementi linearmente indipendenti. Per il Teorema 4.5, i monomi ammissibili
di grado ≤ n formano una base del sottospazio degli elementi di grado ≤ n,
quindi su tale sottospazio Υ è iniettiva.
In particolare, dal Corollario 4.6 segue che tutti gli elementi dell’algebra di
Steenrod A sono operazioni coomologiche distinte.
Concludiamo questa Sezione trovando un insieme di generatori di A come
algebra su Z2 .
Definizione 4.7. Un elemento α di un’algebra graduata A si dice decomponibile
se si scrive come
n
X
α=
βi γ i ,
i=1
con βi e γi di grado positivo.
Lemma 4.8. Sia i > 0. L’elemento Sqi è decomponibile se e solo se i non è una
potenza di 2.
Algebra di Steenrod e monomi ammissibili
49
Dimostrazione. Supponiamo che i non sia una potenza di 2. Allora i = a + 2k
con 0 < a < 2k . Ponendo b = 2k , si ha che b−1
≡ 1 (mod 2) per l’Osservazione
a
3.2. La relazione di Adém con questa scelta di a e b è
a
ba/2c b
Sq Sq =
X
j=0
=
b−1−j
Sqa+b−j Sqj =
a − 2j
ba/2c X b − 1 − j
b−1
a+b
Sq
+
Sqa+b−j Sqj =
a
a
−
2j
j=1
= Sqi +
ba/2c X
j=1
b−1−j
Sqi−j Sqj ,
a − 2j
ovvero
Sqi = Sqa Sqb +
ba/2c X
j=1
b−1−j
Sqi−j Sqj .
a − 2j
Ciascuno degli addendi al membro di destra contiene due termini di grado
positivo, quindi Sqi è decomponibile.
Consideriamo ora il caso in cui i = 2k . Supponiamo per assurdo che si abbia
2k
Sq
=
k
2X
−1
αj Sqj ,
j=1
con αj ∈ A. Detto ω il generatore di H 1 P∞ (R) , per il Corollario 3.3 si ha che
ω
2k+1
2k
= Sq
ω
2k
=
k
2X
−1
k
αj Sqj ω 2 = 0.
j=1
Ciò è assurdo perché ω 2
k+1
6= 0.
k
Teorema 4.9. Gli elementi Sq2 al variare di k ∈ N generano A come algebra
su Z2 .
Dimostrazione. Ogni elemento di A è somma di monomi, e ciascun monomio è
prodotto di elementi della forma Sqi . A parte Sq0 , che è l’unità di A, gli Sqi si
k
scrivono in funzione degli Sq2 per il Lemma 4.8.
Osserviamo che, tuttavia, le relazioni di Adém legano in modo non banale i
generatori di A. Per esempio Sq2 Sq2 = Sq3 Sq1 = Sq1 Sq2 Sq1 . Quindi A non è
k
generata in modo libero dagli Sq2 .
50
4.2
L’algebra di Steenrod
Algebre di Hopf
L
Sia R un anello commutativo con identità. Sia A = n≥0 An una R-algebra
graduata con identità. L’anello R può essere a sua volta considerato una
R-algebra graduata composta da soli elementi di grado zero.
Definizione 4.10. A si dice aumentata se è dato un omomorfismo di algebre
graduate ε : A → R. In particolare, ε è nullo sugli elementi di A di grado positivo.
L’algebra di Steenrod A può essere aumentata con un’unica mappa non
banale ε : A → Z2 , perché l’unico elemento non nullo di grado 0 è l’identità. Nel
seguito supporremo che A sia aumentata con tale omomorfismo ε.
Sia ϕ : A ⊗ A → A l’omomorfismo di R-moduli che descrive la moltiplicazione
in A, e sia T : A ⊗ A → A ⊗ A la mappa definita da
T (x ⊗ y) = (−1)pq y ⊗ x,
dove p = dim x e q = dim y.
Definizione 4.11. A è un’algebra di Hopf se è dato un omomorfismo “diagonale”
di algebre graduate ψ : A → A ⊗ A per cui le composizioni
id ⊗ε
A
ψ
A⊗R
∼
=
A⊗A
A
∼
=
ε ⊗ id
R⊗A
siano entrambe l’identità. Inoltre, ψ si dice associativa se (ψ⊗id)◦ψ = (id ⊗ψ)◦ψ
e commutativa se T ◦ ψ = ψ.
Lemma 4.12. Esiste un omomorfismo di algebre graduate ψ : A → A ⊗ A tale
che
X
ψ Sqk =
Sqi ⊗ Sqj ∀ k ∈ N.
i+j=k
Dimostrazione. Sia π : S → A la proiezione al quoziente. Dato che S è l’algebra
libera generata degli Sqk , esiste un unico omomorfismo di algebre graduate
ψe : S → A ⊗ A tale che
X
ψe Sqk =
Sqi ⊗ Sqj ∀ k ∈ N.
i+j=k
Sia κ : H ∗ (X) ⊗ H ∗ (Y ) → H ∗ (X × Y ) l’isomorfismo di Künneth, indotto
dal prodotto cross. Sia inoltre Υz : A → H ∗ (Z) la valutazione in z ∈ H ∗ (Z).
Consideriamo il seguente diagramma:
Algebre di Hopf
A⊗A
51
Υy ⊗ Υy
κ
H ∗ (X) ⊗ H ∗ (Y )
H ∗ (X × Y )
Υx×y
e
ψ
π
S
A.
Per dimostrare che è commutativo è sufficiente verificarlo sugli elementi della
forma SqI , poiché questi generano S come spazio vettoriale su Z2 e tutte le
mappe sono lineari. Mostriamolo per induzione su m = `(I). Per m = 0 è
banalmente vero (si intende che l’unico monomio di lunghezza 0 è l’identità di
S). Per m ≥ 1, scrivendo SqI = SqJ Sqk con `(J) = m − 1 e usando l’ipotesi
induttiva su J, si trova
Υx×y π SqI
= π SqJ Sqk (x × y) = SqJ Sqk (x × y) =


X
= SqJ 
Sqi (x) × Sqj (y) =
i+j=k
=
X
i+j=k
=
SqJ Sqi (x) × Sqj (y) =
X
i+j=k
=
ΥSqi (x)×Sqj (y) ◦ π
X i+j=k
SqJ
=
κ ◦ ΥSqi (x) ⊗ ΥSqj (y) ◦ ψe SqJ =

= κ 


ΥSqi (x) ⊗ ΥSqj (y)  ψe SqJ  .
X
i+j=k
Ora, dati α, β ∈ A,


X

i+j=k
ΥSqi (x) ⊗ ΥSqj (y)  (α ⊗ β) =
X
i+j=k
α Sqi (x) ⊗ β Sqj (y) =


= Υx ⊗ Υy 
X
i+j=k
α Sqi ⊗β Sqj  =

= Υx ⊗ Υy 
X
i+j=k
α⊗β

= Υx ⊗ Υy

Sqi ⊗ Sqj  =


= Υx ⊗ Υy  α ⊗ β 
X
i+j=k
α ⊗ β ψe Sqk
Sqi ⊗ Sqj  =
.
52
L’algebra di Steenrod
Quindi, continuando la catena di uguaglianze interrotta in precedenza,



X
Υx×y π SqI = κ 
ΥSqi (x) ⊗ ΥSqj (y)  ψe SqJ  =
i+j=k
=
ψe SqJ ψe Sqk
= κ Υx ⊗ Υy ψe SqJ Sqk
=
= κ Υx ⊗ Υy ψe SqI
.
=κ
Υx ⊗ Υy
Dunque il diagramma considerato è commutativo.
Sia α ∈ ker π, e sia n = dim α. Sia ϑ = ω1 × . . . × ωn ∈ H n (P n ), come nel
Lemma 4.4. Per X = Y = P n e x = y = ϑ, il diagramma precedente diventa
A⊗A
Υϑ ⊗ Υϑ
H ∗ (P n ) ⊗ H ∗ (P n )
κ
H ∗ (P n × P n )
Υϑ×ϑ
e
ψ
π
S
A.
Per il Corollario 4.6, Υϑ è iniettiva sui termini di grado ≤ n, quindi anche
Υϑ ⊗ Υϑ è iniettiva sui termini di grado ≤ n. Poiché α ∈ ker π, la composizione
ottenuta passando dall’alto si annulla in α:
e
κ Υϑ ⊗ Υϑ ψ(α)
= 0.
e
Dato che κ è un isomorfismo e Υϑ ⊗ Υϑ è iniettiva, necessariamente ψ(α)
= 0.
e
e
Abbiamo dimostrato che ker π ⊆ ker ψ. Quindi ψ passa al quoziente e
definisce una ψ : A → A ⊗ A che soddisfa le proprietà richieste.
Teorema 4.13. A è un’algebra di Hopf con la mappa ψ definita nel Lemma
4.12. Inoltre, ψ è sia associativa che commutativa.
Dimostrazione. Verifichiamo che la composizione (id ⊗ε) ◦ ψ : A → A ⊗ Z2 ∼
=A
è l’identità. Si tratta di un omomorfismo di algebre che sugli Sqk è uguale a


X
(id ⊗ε) ψ Sqk
= (id ⊗ε) 
Sqi ⊗ Sqj  =
i+j=k
=
X
i+j=k
i
Sq ⊗ ε Sqj = Sqk ⊗ 1.
Ora, Sqk ⊗ 1 corrisponde a Sqk tramite l’isomorfismo canonico A ⊗ Z2 ∼
= A;
quindi effettivamente la composizione considerata è l’identità su Sqk . Poiché gli
Sqk generano A come algebra, tale composizione è effettivamente l’identità. La
stessa cosa vale per (ε ⊗ id) ◦ ψ, dunque A è un’algebra di Hopf.
Algebre di Hopf
53
Anche per l’associatività e la commutatività si può limitare la verifica al caso
degli Sqk . L’associatività vale in quanto
(ψ ⊗ id) ◦ ψ
X
Sqk =
i+j+l=k
Sqi ⊗ Sqj ⊗ Sql = (id ⊗ψ) ◦ ψ
Sqk .
Per quanto riguarda la commutatività, invece,
X
X
(T ◦ ψ) Sqk =
T Sqi ⊗ Sqj =
Sqj ⊗ Sqi = ψ Sqk .
i+j=k
i+j=k
Sia A un’algebra di Hopf, e sia M un A-modulo dotato di un prodotto
m : M ⊗ M → M . Allora M ⊗ M è un A ⊗ A-modulo, e la mappa ψ : A → A ⊗ A
lo rende anche un A-modulo.
Definizione 4.14. M è un’algebra sull’algebra di Hopf A se m : M ⊗ M → M
è un omomorfismo di A-moduli. In altre parole, per ogni x, y ∈ M e per ogni
α ∈ A si deve avere che
m ψ(α)(x ⊗ y) = α m(x ⊗ y).
Teorema 4.15. Dato un qualsiasi spazio topologico X, H ∗ (X) è un’algebra
sull’algebra di Hopf A.
Dimostrazione. La struttura di A-modulo su H ∗ (X) è data semplicemente da
Sqk · x = Sqk (x). Bisogna dimostrare che m : H ∗ (X) ⊗ H ∗ (X) → H ∗ (X) dato
da m(x ⊗ y) = x ` y è un omomorfismo di A-moduli, e per fare ciò è sufficiente
verificare la seconda condizione della Definizione 4.14 per α = Sqk (perché gli
Sqk generano A come anello). Questo segue dalla formula di Cartan:



X
k
i
j
m ψ Sq (x ⊗ y) = m 
Sq ⊗ Sq  (x ⊗ y) =
i+j=k

= m

X
i+j=k
=
X
i+j=k
i
Sqi (x) ⊗ Sqj (y) =
j
X
i+j=k
m Sqi (x) ⊗ Sqj (y) =
k
Sq (x) ` Sq (y) = Sq (x ` y) = Sqk m(x ⊗ y).
La struttura di algebra di Hopf di A, quindi, lega i quadrati di Steenrod alla
struttura di anello di H ∗ (X).
54
L’algebra di Steenrod
4.3
Sia A =
L’algebra duale di A
L
n≥0
An uno spazio vettoriale graduato su un campo R.
Definizione 4.16. A si dice di tipo finito se An è di dimensione finita per ogni
n ∈ N.
L
Definizione 4.17. Il duale A∗ di A è lo spazio vettoriale graduato n≥0 A∗n ,
∗
dove An = Hom(An , R).
Se A è un’algebra di Hopf di tipo finito su un campo R, A∗ ha una naturale
struttura di algebra di Hopf. Per semplicità ne restringiamo la descrizione al
solo caso R = Z2 , che è quello a cui siamo interessati per studiare dell’algebra di
Steenrod.
Se X e Y sono due spazi vettoriali graduati di tipo finito su Z2 , vi è un
isomorfismo canonico η : X ∗ ⊗ Y ∗ → (X ⊗ Y )∗ dato da
η(f ⊗ g) (a ⊗ b) = f (a) g(b)
per ogni f ∈ X ∗ , g ∈ Y ∗ , a ∈ X e b ∈ Y . Sia ora A un’algebra di Hopf di tipo
finito su Z2 , con prodotto ϕ : A ⊗ A → A e mappa diagonale ψ : A → A ⊗ A.
Proposizione 4.18. A∗ , con il prodotto ψ ∗ : A∗ ⊗A∗ → A∗ e la mappa diagonale
ϕ∗ : A∗ → A∗ ⊗ A∗ , è un’algebra di Hopf. Inoltre valgono le seguenti implicazioni:
• se il prodotto ϕ in A è commutativo, allora la mappa diagonale ϕ∗ è
commutativa;
• se ψ è commutativa, allora il prodotto ψ ∗ in A∗ è commutativo.
Dimostrazione. A∗ è aumentata in modo naturale dall’omomorfismo εe: A∗ → Z2
dato dal duale di j, dove j : Z2 → A è l’omomorfismo che manda 1 nell’identità
di A. Per dimostrare che A∗ è un’algebra di Hopf bisogna verificare che le due
composizioni nel seguente diagramma siano l’identità:
∗
(id ⊗j)
A∗
ϕ∗
(A ⊗ Z2 )∗
∼
=
(A ⊗ A)∗
A
∼
=
(j ⊗ id)∗
(Z2 ⊗ A)
∗
Per esempio, passando da sopra si ottiene una mappa che, valutata nell’elemento
a ⊗ 1 ∈ A ⊗ Z2 , è uguale a
(id ⊗j)∗ (ϕ∗ (f )) (a ⊗ 1) = f ◦ ϕ ◦ (id ⊗j) (a ⊗ 1) = f ϕ(a ⊗ 1) = f (a).
L’algebra duale di A
55
Quindi effettivamente (id ⊗j)∗ (ϕ∗ (f )) = f tramite l’identificazione canonica
A ⊗ Z2 ∼
= A. La composizione ottenuta passando da sotto è l’identità per
un’analoga argomentazione.
Supponiamo ora che ϕ sia commutativo, ovvero ϕ(a ⊗ b) = b ⊗ a per ogni
a, b ∈ A. Sia T : A ⊗ A → A ⊗ A la mappa che scambia i due fattori. Allora
T ∗ : A∗ ⊗ A∗ → A∗ ⊗ A∗ è la mappa che scambia i due fattori, infatti
T ∗ (f ⊗ g) (a ⊗ b) = (f ⊗ g) T (a ⊗ b) = (f ⊗ g)(b ⊗ a) =
=⇒
= f (b) g(a) = (g ⊗ f )(a ⊗ b)
T ∗ (f ⊗ g) = g ⊗ f.
Per definizione, ϕ∗ è commutativa come mappa diagonale di A∗ se T ∗ ◦ ϕ∗ = ϕ∗ ;
questo è vero perché T ∗ ◦ ϕ∗ = (ϕ ◦ T )∗ = ϕ∗ .
Il ragionamento è simile nel caso di ψ: se ψ è commutativa come mappa
diagonale di A, allora
ψ ∗ ◦ T ∗ = (T ◦ ψ)∗ = ψ ∗ ,
ovvero il prodotto ψ ∗ di A∗ è commutativo.
In particolare, A∗ è un’algebra di Hopf commutativa. Concluderemo il
capitolo dimostrando che è essa è isomorfa ad un’algebra di polinomi su Z2 .
Al variare di k ≥ 0 definiamo Mk = SqI , con I = (2k−1 , 2k−2 , . . . , 2, 1) per
k > 0 e I = (0) se k = 0. Gli Mk sono monomi ammissibili; definiamo quindi
ξk ∈ A∗ come il duale di Mk rispetto alla base di A data dai monomi ammissibili:
dato un monomio ammissibile α,
(
1 se α = Mk ,
ξk (α) =
0 altrimenti.
Osserviamo che dim ξk = dim Mk = 2k − 1.
Osservazione 4.19. ξ0 coincide con la mappa ε : A → Z2 che rende A un’algebra aumentata. Di conseguenza, dato ρ ∈ A∗ , il seguente diagramma è
commutativo:
ε ⊗ id
A
ψ
Z2 ⊗ A
∼
=
A⊗A
A
ρ
ξ0 ⊗ ρ
Z2 ⊗ Z2
∼
=
Z2
Per la proprietà che definisce ψ, la composizione A → Z2 ottenuta passando da
sopra è ρ. Passando da sotto, invece, si ottiene
(ξ0 ⊗ ρ) ◦ ψ = ψ ∗ (ξ0 ⊗ ρ) = ξ0 ρ.
Quindi ξ0 è l’unità di A∗ .
56
L’algebra di Steenrod
Riprendendo la notazione della Sezione 4.1, definiamo ω1 , . . . , ωn come i
generatori dell’anello di coomologia H ∗ (P n ) = Z2 [ω1 , . . . , ωn ]. Se I = (i1 , . . . , in )
è un multiindice, definiamo
i1
i2
in
ωI = ω12 × ω22 × . . . × ωn2
∈ H ∗ (P n ) e ξI = ξi1 ξi2 · · · ξik ∈ A∗ .
Lemma 4.20. Se α ∈ A, allora
α(ω1 × . . . × ωn ) =
X
`(I)=n
ξI (α) · ωI .
Dimostrazione. Osserviamo innanzitutto che la somma al membro di destra è
finita perché ξI (α) = 0 se dim α 6= dim ξI . Dimostriamo la tesi per induzione su
n. Per n = 1 l’uguaglianza diventa
X
i
α(ω) =
ξi (α) · ω 2 .
i
Per linearità è sufficiente verificarla nel caso in cui α sia un monomio ammissibile.
k
Dal Corollario 3.3 ricaviamo che α(ω) = ω 2 se α = Mk e α(ω) = 0 altrimenti.
Nel secondo caso anche il membro di destra è nullo perché ξi (α) = 0 per ogni i.
Nel primo caso, invece, l’unico addendo non nullo del membro di destra è quello
k
per i = k che è proprio uguale a ω 2 .
P
Sia ora n > 1. Scriviamo ψ(α) come j αj0 ⊗ αj00 . Sia m il prodotto cup in
coomologia. Allora, per il Teorema 4.15,
α(x × y) = α π1∗ (x) ` π2∗ (y) = α m π1∗ (x) ⊗ π2∗ (y) =
= m ψ(α) π1∗ (x) ⊗ π2∗ (y) =



X
= m 
αj0 ⊗ αj00  π1∗ (x) ⊗ π2∗ (y)  =
j
=
X
=
X
=
X
αj0
π1∗ (x) ` αj00 π2∗ (y) =
j
π1∗ αj0 (x) ` π2∗ αj00 (y) =
j
j
αj0 (x) × αj00 (y).
Ne consegue che
α(ω1 × . . . × ωn ) = α ω1 × (ω2 × . . . × ωn ) =
X
=
αj0 (ω1 ) × αj00 (ω2 × . . . × ωn ) =
j
=
X X j
`(I)=n
ξ(i1 ) (αj0 ) · ω(i1 ) × ξ(i2 ,...,in ) (αj00 ) · ω(i2 ,...,in ) =
L’algebra duale di A
=
X X
j
=
`(I)=n
X
`(I)=n
57
ξ(i1 ) (αj0 ) · ξ(i2 ,...,in ) (αj00 ) · ωI =


X

ξ(i1 ) (αj0 ) · ξ(i2 ,...,in ) (αj00 ) · ωI =
j



X
X
 ξ(i1 ) ⊗ ξ(i2 ,...,in ) 
=
αj0 ⊗ αj00  · ωI =
j
`(I)=n
=
X `(I)=n
=
X
`(I)=n
=
X
`(I)=n
=
X
`(I)=n
ξ(i1 ) ⊗ ξ(i2 ,...,in )
ψ(α) · ωI =
ψ ∗ ξ(i1 ) ⊗ ξ(i2 ,...,in ) (α) · ωI =
ξ(i1 ) ξ(i2 ,...,in ) (α) · ωI =
ξI (α) · ωI .
Sia A0 = Z2 [ξ1 , ξ2 , . . . ] l’algebra commutativa su Z2 generata in modo libero
dagli ξk per k ≥ 1. Diamo ad A0 una struttura di algebra di Hopf con la
gradazione data da dim ξk = 2k − 1 e con la mappa diagonale ψe : A0 → A0 ⊗ A0
definita nel seguente modo sui generatori:
X i
e k) =
ψ(ξ
ξj2 ⊗ ξi ,
i+j=k
dove la somma è calcolata per i, j ≥ 0 e si pone ξ0 = 1. Tralasciamo la verifica
delle proprietà della mappa diagonale; osserviamo solo che ψe effettivamente
rispetta la gradazione poiché
i
2
dim ξk−i
⊗ ξi = (2k−i − 1) · 2i + (2i − 1) = 2k − 1 = dim ξk .
Sia η : A0 → A∗ l’omomorfismo di algebre definito mandando ξk ∈ A0 in
ξk ∈ A∗ per ogni k ≥ 1. ξ0 è l’identità di A∗ per l’Osservazione 4.19, quindi
ξ0 = 1 ∈ A0 viene mandato proprio in ξ0 ∈ A∗ .
Teorema 4.21. η : A0 → A∗ è un isomorfismo di algebre di Hopf.
Dimostrazione. Cominciamo dalla verifica della surgettività di η. Supponiamo
per assurdo che l’annullatore di Im η sia non banale, ovvero che esista α 6= 0 in
A∼
= A∗∗ tale che ρ(α) = 0 per ogni ρ ∈ Im η. In particolare ξI (α) = 0 per ogni
I. Per il Lemma 4.20, α(ω1 × . . . × ωn ) = 0 per ogni n. Per n ≥ dim α si ha un
assurdo grazie al Corollario 4.6. Abbiamo dunque dimostrato che l’annullatore
di Im η è banale. Di conseguenza Im η = A∗ , ovvero η è surgettiva.
58
L’algebra di Steenrod
Per avere che η è anche iniettiva è sufficiente che i ranghi di A0 e A∗ come
spazi vettoriali su Z2 coincidano in tutte le dimensioni. Dato che rk A∗n = rk An
per ogni n, è sufficiente dimostrare che rk A0n = rk An per ogni n. Una base di
A0n è data dagli
ξ I = ξ1i1 ξ2i2 ξ3i3 · · · ,
dove I = (i1 , i2 , i3 , . . . ) è una qualsiasi successione definitivamente nulla di
numeri naturali tale che
X
(2k − 1) · ik = n.
k≥1
Una base di An , invece, è data dai monomi ammissibili di grado n, i quali
corrispondono a multiindici J = (j1 , j2 , j3 , . . . ) definitivamente nulli tali che
jk ≥ 2jk+1 per ogni k e
X
jk = n.
k≥1
Sia In l’insieme dei multiindici I del primo tipo, e sia Jn l’insieme dei multiindici
J del secondo tipo. Sia σ : Jn → In la funzione definita in questo modo:
σ(j1 , j2 , j3 , . . . ) = (j1 − 2j2 , j2 − 2j3 , j3 − 2j4 , . . . ).
Effettivamente σ è a valori in In , poiché
X
X
(2k − 1) · (jk − 2jk+1 ) =
2k jk − 2k+1 jk+1 − jk + 2jk+1 =
k≥1
=
X
k≥1
k≥1
k
2 jk −
X
k≥2
k
2 jk −
X
k≥1
jk + 2
X
jk =
k≥2
X
jk = n.
k≥1
È facile costruire esplicitamente un’inversa di σ, che risulta pertanto essere una
bigezione tra In e Jn . Quindi rk A0n = rk An .
Rimane da verificare che la mappa diagonale di A∗ sia effettivamente data da
X i
ϕ∗ (ξk ) =
ξj2 ⊗ ξi .
i+j=k
Sia n = 2m , e sia d : P → P n la mappa che manda p in (p, p, . . . , p). Dato α ∈ A,
per il Lemma 4.20 abbiamo che
m
α ω2
= α(ω n ) = α d∗ (ω1 × . . . × ωn ) = d∗ α(ω1 × . . . × ωn ) =


X
X
= d∗ 
ξI (α) · ωI  =
ξI (α) · d∗ (ωI ) =
`(I)=n
=
X
`(I)=n
ξI (α) · ω
`(I)=n
2i1 +2i2 +···+2in
.
Sia I l’insieme dei multiindici I per cui `(I) = n. Il gruppo Zn agisce su I
permutando ciclicamente gli indici; più esplicitamente, se g = [1] ∈ Zn ,
L’algebra duale di A
59
g(i1 , i2 , . . . , in ) = (i2 , . . . , in , i1 ).
Sia ∆ l’insieme delle orbite di questa azione. Allora la sommatoria precedente si
può riscrivere in questo modo:
i1
+2i2 +···+2in
X
`(I)=n
ξI (α) · ω 2
XX
=
C∈∆ I∈C
ξI (α) · ω 2
i1
+2i2 +···+2in
.
Osserviamo che, se I = (i1 , . . . , in ) e J = (j1 , . . . , jn ) appartengono alla stessa
orbita, allora
i1
+···+2in
ξI (α) · ω 2
i1
in
= ξi1 · · · ξin (α) · ω 2 +···+2 =
j1
jn
j1
jn
= ξj1 · · · ξjn (α) · ω 2 +···+2 = ξJ (α) · ω 2 +···+2 .
i1
+2i2 +···+2in
Quindi, posta f (C) = ξI (α) · ω 2
I = (i1 , . . . , in ) ∈ C,
XX
C∈∆ I∈C
i1
+2i2 +···+2in
ξI (α) · ω 2
per un qualunque multiindice
=
X
C∈∆
|C| · f (C).
La cardinalità di una qualsiasi orbita C divide l’ordine di Zn , che è 2m , quindi
|C| è una potenza di 2. Le orbite di un solo elemento sono quelle della forma
{(h, h, . . . , h)} al variare di h ≥ 0; tutte le altre orbite hanno cardinalità pari,
quindi i termini corrispondenti nella sommatoria sono nulli modulo 2. Pertanto
si ha che, per ogni m ∈ N e per ogni α ∈ A,
m X
h
h
α ω2
=
ξ(h,h,...,h) (α) · ω 2 +···+2 =
h≥0
=
X
h≥0
h
ξhn (α) · ω 2
·n
=
X
h≥0
m
ξh2 (α) · ω 2
h+m
.
Di conseguenza, dati α, β ∈ A,

X
k≥0
k
ξk (αβ) · ω 2 = (αβ)(ω) = α 
=
XX

X
i≥0
ξi (β) · ω 2  =
i
ξj2 (α) ξi (β)
j≥0 i≥0
i
i+j
· ω2
.
Poiché le potenze di ω sono linearmente indipendenti in H ∗ (P ), nella precedente
k
uguaglianza il termine ω 2 deve avere lo stesso coefficiente a sinistra e a destra,
per ogni k:
X i
ξk (αβ) =
ξj2 (α) ξi (β).
i+j=k
Quindi
60
L’algebra di Steenrod
ϕ∗ (ξk ) (α ⊗ β) = ξk ϕ(α ⊗ β) = ξk (αβ) =


X i
X i
=
ξj2 (α) ξi (β) = 
ξj2 ⊗ ξi (β) (α ⊗ β)
i+j=k
per ogni α, β ∈ A, cioè
i+j=k
ϕ∗ (ξk ) =
X
i+j=k
i
ξj2 ⊗ ξi .
Capitolo 5
Campi di vettori tangenti alle
sfere
In questo capitolo utilizzeremo i quadrati di Steenrod per stimare dall’alto del
numero di campi di vettori tangenti a S n ⊆ Rn+1 che siano linearmente indipendenti in ogni punto. Per fare ciò, definiremo preliminarmente una struttura di
CW complesso su SO(n); da questa dedurremo una struttura CW sulle varietà
di Stiefel Vn,k , spazi che risulteranno utili per dare una formulazione equivalente
del problema dei campi di vettori.
5.1
Struttura CW su SO(n)
Sia (e1 , . . . , en ) la base canonica di Rn . Dato un vettore non nullo v ∈ Rn ,
definiamo r(v) ∈ O(n) come la riflessione rispetto a hvi⊥ e s(v) ∈ SO(n) come
la composizione r(v) r(e1 ). L’isometria s(v) dipende solo dalla retta hvi, quindi
l’applicazione s : Rn \ {0} → SO(n) passa al quoziente definendo una mappa
se: Pn−1 (R) → SO(n). Componendo con le inclusioni standard
P1 (R) ,→ P2 (R) ,→ . . . ,→ Pn−1 (R)
date da Pk−1 (R) = {[x0 , . . . , xk−1 , xk ] ∈ Pk (R) | xk = 0}, si ottengono più in
generale delle mappe sek : Pk (R) → SO(n) per 1 ≤ k ≤ n − 1. È chiaro che le
sek sono iniettive, quindi sono omeomorfismi con le rispettive immagini poiché
Pk (R) è compatto e SO(n) è di Hausdorff. Sia inoltre ϕk : Dk → Pk (R) la mappa
caratteristica della k-cella di Pk (R).
Dato un multiindice I = (i1 , . . . , im ) con 1 ≤ i1 , . . . , im ≤ n − 1, definiamo
ρI : Pi1 (R) × · · · × Pim (R) → SO(n)
come ρI (p1 , . . . , pm ) = sei1 (p1 ) · · · seim (pm ). Chiamiamo inoltre
ϕI : Di1 × · · · × Dim → Pi1 (R) × · · · × Pim (R)
61
62
Campi di vettori tangenti alle sfere
il prodotto delle mappe caratteristiche ϕi1 , . . . , ϕim . Osserviamo che ϕI è una
mappa caratteristica per la (i1 + · · · + im )-cella di Pi1 (R) × · · · × Pim (R).
Lemma 5.1. Sia ξ : SO(n) → S n−1 ⊆Rn la valutazione in en . Per n ≥ 2, la
restrizione di ξ a se Pn−1 (R) \ Pn−2 (R) è un omeomorfismo con S n−1 \ {en }.
Dimostrazione. Equivalentemente, dobbiamo dimostrare che la restrizione di ξ ◦e
s
a Pn−1 (R) \ Pn−2 (R) è un omeomorfismo con S n−1 \ {en }. Per farlo, costruiamo
una mappa inversa g. Per w ∈ S n−1 \ {en } definiamo
g(w) = [w − en ] ∈ Pn−1 (R).
Osserviamo che g ha immagine nel complementare di Pn−2 (R) perché w − en ha
l’ultima coordinata diversa da zero per ogni w ∈ S n−1 \ {en }. Verifichiamo che
g sia l’inversa di ξ ◦ se. Se [v] ∈ Pn−1 (R) \ Pn−2 (R) con kvk = 1,
g ξ se [v]
= g ξ r(v) r(e1 ) = g r(v)r(e1 ) (en ) =
= g r(v)(en ) = g en − 2hen , vi · v =
= [−2hen , vi · v] = [v].
Nell’ultimo passaggio, hen , vi 6= 0 perché l’ultima coordinata di v è diversa da
zero. Viceversa, se w ∈ S n−1 \ {en },
ξ se g(w) = ξ s(w − en ) = r(w − en ) r(e1 ) (en ) =
= r(w − en )(en ) = w.
Quindi g = (ξ ◦ se)−1 , per cui ξ ◦ se è un omeomorfismo.
Proposizione 5.2. Le mappe ρI ◦ ϕI : Di1 × · · · × Dim → SO(n) al variare di
n − 1 ≥ i1 > i2 > · · · > im ≥ 1 sono le mappe caratteristiche di una struttura di
CW complesso su SO(n) che ha come 0-cella l’identità.
Dimostrazione. Procediamo per induzione su n. SO(1) = {1}, che è in effetti la
0-cella della struttura CW descritta.
Sia ora n ≥ 2. Vediamo SO(n − 1) come il sottogruppo
di SO(n) che fissa il
vettore di base en . Definiamo h : Pn−1 (R) \ Pn−2 (R) × SO(n − 1) → SO(n)
come h(p, α) = se(p) α. se manda Pn−1 (R) \ Pn−2 (R) in SO(n) \ SO(n − 1),
quindi h ha immagine contenuta in SO(n) \ SO(n − 1). Mostriamo ora che h
è un omeomorfismo con l’immagine, costruendone una mappa inversa f . Sia
β ∈ SO(n) \ SO(n − 1). Allora β(en ) 6= en , quindi per il Lemma 5.1 esiste un
unico q ∈ Pn−1 (R) \ Pn−2 (R) tale che ξ(e
s(q)) = β(en ). Definiamo allora
−1 f (β) = q, se(q)
β .
Verifichiamo che f sia l’inversa di h. Se β = h(p, α), allora
q = (ξ ◦ se)−1 β(en ) = (ξ ◦ se)−1 se(p) α (en ) =
= (ξ ◦ se)−1 se(p) (en ) = (ξ ◦ se)−1 (ξ ◦ se)(p) = p;
−1
−1
se(q)
β = se(p)
se(p) α = α.
Varietà di Stiefel e campi di vettori
63
Viceversa, se dato β ∈ SO(n) \ SO(n − 1),
−1
−1 β = β.
β = se(q) se(q)
h(f (β)) = h q, se(q)
Quindi h risulta essere un omeomorfismo tra Pn−1 (R) \ Pn−2 (R) × SO(n − 1)
e SO(n) \ SO(n − 1). Per ipotesi induttiva, una struttura CW su SO(n − 1) è
data dalle mappe caratteristiche ρJ ◦ ϕJ per J che appartiene a
J = (j1 , . . . , jm ) | n − 2 ≥ j1 > · · · > jm ≥ 1 .
Dato che ϕn−1 è una mappa caratteristica per Pn−1 (R) \ Pn−2 (R) ⊆ Pn−1 (R),
le mappe ρ(n−1,J) ◦ ϕ(n−1,J) al variare di J ∈ J sono mappe caratteristiche per
SO(n) \ SO(n − 1) ⊆ SO(n). Insieme alle mappe caratteristiche per SO(n − 1),
queste inducono la struttura CW desiderata su SO(n).
5.2
Varietà di Stiefel e campi di vettori
Un campo di vettori tangente alla sfera S n−1 è una mappa continua f : S n−1 →
Rn tale che hf (v), vi = 0 per ogni v ∈ S n−1 . È naturale chiedersi se, fissato un
k ≤ n − 1, esistano k campi di vettori tangenti a S n−1 linearmente indipendenti
in ogni punto. Ad esempio, per k = 1 ci si sta domandando se esiste un campo
di vettori mai nullo; per k = n − 1, invece, ci si chiede se sia possibile scegliere in
modo continuo una base dello spazio tangente a S n−1 (le varietà per cui questa
proprietà vale si dicono parallelizzabili).
Osservazione 5.3. Il procedimento di ortonormalizzazione di Gram-Schmidt
fornisce una mappa continua G tra l’insieme delle k-uple (v1 , . . . , vk ) di vettori
linearmente indipendenti in Rn e l’insieme delle k-uple di vettori ortogonali di
norma 1 di Rn , in modo che il sottospazio generato da (v1 , . . . , vk ) sia uguale
al sottospazio generato da G(v1 , . . . , vk ). Quindi, se esistono k campi di vettori
linearmente indipendenti f1 , . . . , fk tangenti a S n−1 , i campi di vettori f10 , . . . , fk0
definiti da
f10 (v), . . . , fk0 (v) = G f1 (v), . . . , fk (v)
sono campi di vettori ortonormali in ogni punto.
Pertanto l’esistenza di k campi di vettori linearmente indipendenti tangenti
a S n−1 è equivalente all’esistenza di k campi di vettori ortonormali tangenti
a S n−1 . Per studiare questo problema, introduciamo le varietà di Stiefel e ne
descriviamo una struttura di CW complesso a partire da quella esibita su SO(n)
nella sezione precedente.
Definizione 5.4. Siano n ≥ k ≥ 1. Definiamo la varietà di Stiefel Vn,k come
l’insieme delle k-uple di vettori ortonormali di Rn . Su Vn,k mettiamo la topologia
di sottospazio di (S n−1 )k .
64
Campi di vettori tangenti alle sfere
Ad esempio, Vn,n = O(n). Sia π : SO(n) → Vn,k l’applicazione che manda
α ∈ SO(n) nella k-upla formata dalle ultime k colonne di α. Per k ≤ n − 1, π è
surgettiva; di conseguenza
Vn,k = SO(n)/SO(n − k),
dove SO(n − k) è il sottogruppo di SO(n) che fissa gli ultimi k vettori della base
canonica, e il quoziente è inteso come l’insieme delle classi laterali sinistre con la
topologia quoziente. Nella struttura CW su SO(n) descritta dalla Proposizione
5.2, SO(n−k) è il sottocomplesso costituito dalle celle con multiindici nell’insieme
J = (j1 , . . . , jm ) | n − k − 1 ≥ j1 > · · · > jm ≥ 1 .
Le celle di SO(n) si possono parametrizzare con multiindici in I × J , dove
I = (i1 , . . . , i` ) | n − 1 ≥ i1 > · · · > i` ≥ n − k .
In altre parole ogni elemento γ di SO(n) si scrive come prodotto
γ = α1 · · · αk β,
con αi ∈ se(Pn−i (R) \ Pn−i−1 (R)) e β ∈ SO(n − k). Due elementi γ = α1 . . . αk β
e γ 0 = α10 · · · αk0 β 0 di SO(n) appartengono alla stessa classe laterale se e solo se
(α1 . . . αk β)−1 (α10 · · · αk0 β 0 ) ∈ SO(n − k)
⇐⇒ (α1 . . . αk )−1 (α10 · · · αk0 ) ∈ SO(n − k)
⇐⇒ α1 . . . αk (ei ) = α10 . . . αk0 (ei ) per n − k + 1 ≤ i ≤ n.
Dato che α2 , . . . , αk , α20 , . . . , αk0 fissano en , da quest’ultima condizione si deduce
che α1 (en ) = α10 (en ); per il Lemma 5.1, questo è equivalente a α1 = α10 . Per
induzione si vede allora facilmente che α2 = α20 , . . . , αk = αk0 .
Una struttura CW sul quoziente SO(n)/SO(n − k) si ottiene quindi da quella
di SO(n) identificando due celle con multiindici (I, J) ∈ I × J e (I 0 , J 0 ) ∈ I × J
quando I = I 0 . Le mappe caratteristiche per SO(n)/SO(n − k) sono allora della
forma ψI : Di1 × · · · × Di` → SO(n)/SO(n − k) con I ∈ I.
Vediamo ora come le varietà di Stiefel permettano di descrivere in maniera
diversa il problema da cui siamo partiti. Sia p : Vn,k → S n−1 la proiezione sul
primo fattore di Vn,k ⊆ (S n−1 )k . Una (k − 1)-upla (f1 , . . . , fk−1 ) di campi di
vettori ortonormali tangenti a S n−1 corrisponde ad un’applicazione continua
g : S n−1 → Vn,k tale che p ◦ g = id, dove la corrispondenza è data da
g(v) = v, f1 (v), . . . , fk−1 (v) .
Lemma 5.5. Nell’ipotesi 2k − 1 ≤ n si ha che l’(n − 1)-scheletro di Vn,k è
n−1
(R)/Pn−k−1 (R).
omeomorfo a P
Dimostrazione. Le celle di Vn,k sono della forma Di1 × · · · × Dim per I ∈ I.
Tutte le celle con I = (i) compaiono nell’(n − 1)-scheletro, perché i ≤ n − 1. Se
Varietà di Stiefel e campi di vettori
65
I ha almeno due componenti, la dimensione della cella corrispondente è almeno
(n − k) + (n − k + 1) = 2n − 2k + 1 ≥ 2n − (n + 1) + 1 = n, che è troppo grande.
Quindi nell’(n − 1)-scheletro vi sono solamente le celle Dn−k , . . . , Dn−1 e la cella
di dimensione 0. Poiché ϕ(i) è la mappa caratteristica della cella di dimensione i
di Pi (R), per n − k ≤ i ≤ n − 1 le celle considerate corrispondono (tramite le
ϕ(i) ) alle celle di dimensione n − k, . . . , n − 1 di Pn−1 (R). Immergendo in SO(n)
tramite se e quozientando per SO(n − k), si ottiene che l’(n − 1)-scheletro è
Pn−1 (R)/Pn−k (R) ⊆ SO(n)/SO(n − k) = Vn,k .
Per comodità indichiamo con H ∗ (·) la coomologia a coefficienti in Z2 , come
già fatto in precedenza.
Teorema 5.6. Sia n = 2m d, con d dispari. Non esistono 2m -uple di campi di
vettori linearmente indipendenti tangenti a S n−1 .
Dimostrazione. Per d = 1 la tesi è vera perché gli spazi tangenti a S n−1 hanno
dimensione n − 1 = 2m − 1, quindi non possono esistere 2m vettori linearmente
indipendenti. Assumiamo pertanto d’ora in avanti che si abbia d ≥ 3.
Supponiamo per assurdo che esista una 2m -upla di campi linearmente indipendenti. Allora, per l’Osservazione 5.3, esiste una 2m -upla di campi di
vettori ortonormali tangenti a S n−1 . Questa corrisponde ad una mappa continua g : S n−1 → Vn,k tale che p ◦ g = id, dove k = 2m + 1. Se chiamiamo X
l’(n − 1)-scheletro di Vn,k , per approssimazione cellulare g è omotopa ad una
mappa ge : S n−1 → X. Considerando le mappe indotte in coomologia, abbiamo
che
ge ∗ ◦ p∗ = g ∗ ◦ p∗ = (p ◦ g)∗ = id,
dunque ge ∗ : H n−1 (X) → H n−1 (S n−1 ) è suriettiva. Poiché d ≥ 3, si ha che
2k − 1 = 2m+1 + 1 ≤ 2m d = n, quindi l’ipotesi del Lemma 5.5 è verificata. La
coomologia cellulare a coefficienti in Z2 di X ∼
= Pn−1 (R)/Pn−k−1 (R) si calcola
facilmente, e in particolare si ha che i gruppi dall’(n − k)-esimo all’(n − 1)-esimo
sono isomorfi a Z2 . Pertanto ge ∗ : H n−1 (X) → H n−1 (S n−1 ) è un isomorfismo.
Per la naturalità dei quadrati di Steenrod, il seguente diagramma è commutativo:
H n−k (X)
g
e∗
Sqk−1
H n−1 (X)
H n−k (S n−1 )
Sqk−1
g
e∗
H n−1 (S n−1 ).
La composizione ottenuta passando da sopra è nulla perché H n−k (S n−1 ) è
banale (infatti k è strettamente compreso tra 1 e n). Dato che H n−1 (S n−1 )
è non banale e che ge ∗ è un isomorfismo in dimensione n − 1, la composizione
passando da sotto è nulla solo se l’operazione Sqk−1 : H n−k (X) → H n−1 (X) è
nulla. Chiamando π : Pn−1 (R) → X la proiezione al quoziente e i l’inclusione
66
Campi di vettori tangenti alle sfere
di Pn−k−1 (R) in Pn−1 (R), un
frammento della successione esatta lunga della
coppia Pn−1 (R), Pn−k−1 (R) è
π∗
i∗
π∗
i∗
. . . −→ H n−k−1 (X) −→ H n−k−1 (Pn−1 (R)) −→ H n−k−1 (Pn−k−1 (R)) −→
−→ H n−k (X) −→ H n−k (Pn−1 (R)) −→ H n−k (Pn−k−1 (R)) −→ . . .
Questi gruppi di coomologia sono noti, e la successione esatta lunga si riscrive
nel seguente modo:
π∗
i∗
π∗
i∗
. . . −→ 0 −→ Z2 −→ Z2 −→ Z2 −→ Z2 −→ 0 −→ . . .
Le mappe comprese tra i due gruppi banali sono alternativamente mappe nulle e
isomorfismi. In particolare, π ∗ : H n−k (X) → H n−k (Pn−1 (R)) è un isomorfismo.
Consideriamo allora il seguente diagramma, che è commutativo per la naturalità
di Sqk−1 :
H n−k (X)
π∗
Sqk−1
H n−1 (X)
H n−k (Pn−1 (R))
Sqk−1
π∗
H n−1 (Pn−1 (R)).
Dato che d − 1 è un intero positivo pari, 2m (d − 1) è multiplo di 2m+1 . Di
conseguenza la scrittura in base 2 di 2m (d − 1) − 1 termina con m + 1 cifre 1,
quindi per l’Osservazione 3.2 si ha che
m
n−k
2 (d − 1) − 1
=
≡ 1 (mod 2).
k−1
2m
L’operazione Sqk−1 : H n−k (Pn−1 (R)) → H n−1 (Pn−1 (R)) risulta allora non banale per il Lemma 3.1. Dato che π ∗ : H n−k (X) → H n−k (Pn−1 (R)) è un isomorfismo, la composizione fatta passando da sopra nel precedente diagramma è a
sua volta non banale. Al contrario l’operazione Sqk−1 : H n−k (X) → H n−1 (X)
è nulla, quindi la composizione fatta passando da sotto è banale. Questo è un
assurdo.
In particolare, se n è dispari non esistono campi di vettori tangenti a S n−1 .
Un’altra conseguenza di questo teorema è che se S n−1 è parallelizzabile allora n
è una potenza di 2.
Il problema di determinare il massimo numero di campi di vettori tangenti a
S n−1 linearmente indipendenti è stato completamente risolto da Adams in un
lavoro del 1962 (si veda [1]). La risposta è la seguente.
Teorema 5.7. Sia n = 2m d con d dispari, e sia m = b + 4c con 0 ≤ b ≤ 3. Allora
il numero massimo di campi di vettori tangenti a S n−1 linearmente indipendenti
in ogni punto è 2b + 8c − 1.
Il Teorema 5.6 dà quindi la miglior stima possibile per m ≤ 3. Un’immediata
conseguenza del Teorema 5.7 è che le sfere parallelizzabili sono S 1 , S 3 ed S 7 .
Bibliografia
[1] J. F. Adams. Vector fields on spheres. The Annals of Mathematics, 75(3):603–
632, 1962.
[2] A. Hatcher. Algebraic topology. Cambridge University Press, 2002.
[3] J. Milnor. The steenrod algebra and its dual. The Annals of Mathematics,
67(1):150–171, 1958.
[4] E. H. Spanier. Algebraic topology, volume 55. Springer Verlag, 1994.
[5] N. E. Steenrod e D. B. A. Epstein. Cohomology operations, volume 50.
Princeton University Press, 1962.
67
Ringraziamenti
Ci sono tante persone che voglio ringraziare per questi tre splendidi anni di
università, e purtroppo non sarò in grado di nominarle tutte. Se voi che leggete
queste righe non siete menzionati ma ritenete di meritarlo, sentitevi ringraziati
al pari degli altri (e perdonate la mia brevità o dimenticanza).
Comincio con il ringraziare i miei genitori, per le innumerevoli cose che hanno
fatto e fanno per me, e per il bene che mi vogliono. Sono fortunato ad essere
loro figlio. Un grazie anche al resto della mia famiglia: ai miei nonni, ai miei zii
e ai miei cugini. Grazie al mio padrino, Fabio, e a Maria e Antonio.
Sarebbe stato più difficile laurearmi se non avessi avuto un relatore come
Filippo, che si è dimostrato con me estremamente disponibile e paziente. Per
questo lo ringrazio tantissimo.
Ringrazio quelli di “due anni sopra il mio”, per avermi voluto al Timpano
quando sono arrivato a Pisa e per essere stati degli amici così sinceri. Del tempo
che ho passato a Pisa, molto l’ho speso con loro. Ringrazio Fabrizio per la
sua infinita simpatia e per tutto quello che abbiamo trascorso insieme (le gite
in montagna, il coro, la 24 ore, la maratona del Signore degli Anelli,1 Elysia,
D&D, . . . ). Non posso ringraziare Fabrizio e non Marco, senza il quale non ci
sarebbero state le suddette gite in montagna,2 labirinti, partite di Subotto e,
più importante, una splendida amicizia. Ringrazio Giovanni, compagno di tanti
giorni (e notti) passati in una Control Room dimenticata dal mondo,3 e di molte
altre esperienze. Ringrazio Gennady, inarrestabile sindaco di ogni mio collegio.
Ancora grazie: ad Aleksandra, Michele, Sara, Giulio, Davide, Pietro, Alessandra
e Daniele, per il tempo che ho passato con loro.
Con i miei compagni d’anno ho condiviso tanti momenti; insieme siamo stati
rilassati, tesi, stressati e contenti.4 Grazie a Luca, Leonardo e Massimo, compagni
di stanza al Bed&Breakfast “da Anna Cecilia” durante i giorni dell’ammissione,
e amici in molte altre avventure. Grazie anche ad Alessandro, Elia, Justin,
Giovanni, Giulio e Simone per aver percorso con me una parte così importante
del mio cammino.
1 Ricordo
che era un organizzatore anche lui, come testimonia la locandina.
in particolare i cjarsons e lo strudel ai frutti di bosco.
3 Chissà se l’omino del Centro Fiera ci odia ancora...
4 Per la precisione, durante tutto il primo anno siamo stati stressati. Ogni riferimento
ai compitini settimanali del corso di Introduzione alla Meccanica e alla Termodinamica è
puramente casuale.
2 Ricordiamo
69
70
Ringraziamenti
Ringrazio Giulia, amica sincera e insostituibile. Ringrazio Vittorio, per le
innumerevoli serate (e notti, e talvolta anche giorni successivi) passate a curare
il mondo, conquistare la galassia, uccidere troll o coltivare campi. Ringrazio
il Venez, saggio Timpanaro e provetto attaccante, di cui le giovani matricole
hanno udito solamente la voce e qualche consiglio.5 Ringrazio Denis, onnisciente
geometra, anch’egli fuggito lontano e assai rimpianto. Senza lui e il Venez, le
partite alla Guerra dell’Anello si sono fatte molto, troppo rare.6 Ringrazio Sam,
tutor al mio primo anno nonché uno dei correttori del mio best seller.
Sebbene ormai io viva a Pisa, è bello ritrovare gli amici del liceo quando torno
a casa. Ringrazio Cere, mio primo insegnante di teoria dei numeri e organizzatore
di tantissimi ritrovi e capodanni. Grazie anche a Pappa e Supercecco, gli altri
amici della vecchia compagnia. Grazie a Federico e Gabriele, compagni di un
viaggio inaspettato a Budapest e delle 24 ore più deliranti che io abbia mai
vissuto.7 Grazie a Lorenzo, che con Federico e Gabriele è stato autore del miglior
biglietto d’auguri che potessi ricevere (l’ho appeso all’armadio, in camera mia).
Grazie a Stefano, master di Lupus in mille occasioni. Grazie a Francesco e
Monica, con i quali ho scoperto la tisaneria vicino a casa, e a Greg, la persona
più impegnata che io conosca.8 Ringrazio anche i giovani copernicani con i quali
mi capita di tanto in tanto di trascorrere qualche sabato mattina, e la Giako che
si occupa di loro.
Ci sono infine persone che non mi conoscono ma meritano comunque i miei
ringraziamenti; sono tante, per cui ne cito solamente qualcuna. Grazie a Donald
Knuth, senza cui le tesi darebbero molta meno soddisfazione.9 Grazie a Linus
Torvalds, per il sistema operativo che ha regalato. Grazie al professor Tolkien,
per il mondo che ha creato. Grazie a Douglas Adams, per la sua Guida e per la
sua genialità.
5 “Puoi
sempre dormire a francese!”
in una partita recente mi è capitato di conquistare Rivendell con il Balrog, cosa che
non era mai successa.
7 Comprensive di: ginnastica, caffé, debugging (tanto), massaggi, buffet, sonno, offerte di
lavoro e bevande energetiche di dubbia composizione chimica.
8 Se avessi una Giratempo e dovessi decidere a chi darla, sceglierei sicuramente lui.
9 0 errors, 0 warnings, 0 badboxes. Oh, yeah. :)
6 Però