Le forme dell`analogia

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A11
Volume realizzato con il contributo del Dipartimento di Lettere e Filosofia
dell’Università degli Studi di Bergamo.
Angelo Bonfanti
Le forme dell’analogia
Studi sulla filosofia di Enzo Melandri
Copyright © MMXVI
Aracne editrice int.le S.r.l.
www.aracneeditrice.it
[email protected]
via Quarto Negroni, 15
00040 Ariccia (RM)
(06) 93781065
isbn 978-88-548-9730-4
I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica,
di riproduzione e di adattamento anche parziale,
con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi.
Non sono assolutamente consentite le fotocopie
senza il permesso scritto dell’Editore.
I edizione: ottobre 2016
A Mauro, Andrea e Ivo,
i miei primi maestri
Desidero ringraziare il prof. Enrico Giannetto per avermi incoraggiato
e guidato nella progettazione e nella stesura di questo lavoro. Ringrazio Paolo Melandri per avermi autorizzato alla consultazione e alla
fotoriproduzione della Tesi di Laurea di Enzo Melandri; Giovanni
Anceschi per l'autorizzazione ad allegare in appendice il testo delle
lettere di Enzo Melandri a Luciano Anceschi conservate presso il
"Fondo Anceschi" di Bologna; il personale della Biblioteca Universitaria di Bologna e della Biblioteca comunale dell'Archiginnasio per la
gentile collaborazione. Ringrazio il prof. Andrea Cavazzini, per il materiale e i suggerimenti bibliografici che mi ha dato all'inizio della mia
ricerca, e il prof. Stefano Besoli, per i consigli e le informazioni che
mi ha fornito. Vorrei ringraziare inoltre Mario Verdicchio e Paolo
Barcella, per le frequenti discussioni collettive sul tema dell'analogia;
Michele Dal Lago, Marco Toscano e Pietro Bianchi per i consigli e le
conversazioni che hanno stimolato il mio percorso di dottorato. Ringrazio infine Laura, per avermi incoraggiato a intraprendere questo
percorso, e i miei genitori per avermi appoggiato in questa scelta.
Indice
11
Elenco delle abbreviazioni
13
Introduzione
21
Capitolo I
Il percorso intellettuale di Enzo Melandri
1.1 Enzo Melandri: cenni biografici, 21 - 1.2 Gli anni della
formazione (1954 - 1958), 26 - 1.3 Gli scritti fenomenologici
giovanili (1958 - 1960), 45 - 1.4 Gli anni sessanta e La linea e il
circolo (1960 - 1971), 58 - 1.5 Dagli anni settanta agli anni
novanta (1971 - 1993), 92
101
Capitolo II
L'analogia. Un concetto equivoco?
2.1 L'oblio dell'analogia, 101 - 2.2 La struttura dell'analogia,
114 - 2.3 Forma e materia dell'analogia, 123 - 2.4 Analogia
proporzionale e analogia attributiva, 129 - 2.5 Il gioco
analogico. La dinamica dell'analogia, 137 - 2.6 La funzione
dell'analogia, 141 - 2.7 L'inferenza analogica, 151 - 2.8
Analogia e logica, 169
181
Capitolo III
Il metodo archeologico
3.1 Il caso di Les Mots et les Choses da Parigi a Bologna, 181 3.2 La regressione archeologica secondo Melandri, 198 - 3.3
Avventure dell'archeologia: Ginzburg, Celati, Calvino, 211
227
Capitolo IV
L'archeologia della semantica
4.1 Verso il “chiasma ontologico”, 227 - 4.2 Semantica
nominale e semantica proposizionale, 232 - 4.3 Il chiasma
9
10
Indice
ontologico alle origini della filosofia: Eraclito e Parmenide, 245
261
Capitolo V
Ritorno a Kant. Lo schematismo fenomenologico
5.1 Melandri interprete di Kant, 261 - 5.2 Il “ritorno a Kant” di
Enzo Paci, 263 - 5.3 Lo schematismo fenomenologico di Enzo
Melandri, 272
293
Capitolo VI
Le analogie dell'esperienza
6.1 L'analogia: un concetto controverso dell'opera kantiana, 293
- 6.2 Le analogie dell'esperienza secondo Harald Høffding, 308
- 6.3 Le analogie dell'esperienza secondo Enzo Melandri, 318
331
Appendice
Lettere di Enzo Melandri a Luciano Anceschi
341
Bibliografia
Elenco delle abbreviazioni
I testi di Enzo Melandri più frequentemente citati sono stati
indicati in nota secondo le seguenti abbreviazioni:
HFS: Husserl: la filosofia della storia. Genesi e sviluppo di un
problema, 1958
LEH: Logica e esperienza in Husserl, 1960
LC: La linea e il circolo. Studio logico-filosofico sull'analogia, 1968
APS: L'analogia, la proporzione, la simmetria, 1974
CS: Contro il simbolico. Dieci lezioni di filosofia, 1989
11
Introduzione
L'opera di Enzo Melandri è rimasta ai margini del dibattito filosofico italiano per molti anni, sia nel periodo di maggiore attività del filosofo (dalla metà degli anni sessanta alla fine degli
anni settanta del secolo scorso), sia dopo la sua scomparsa, nel
1993. Al di fuori della cerchia degli allievi cresciuti sotto la sua
guida, che hanno frequentato i corsi universitari che Melandri
teneva presso la Facoltà di Magistero di Bologna, e dei pochi
studiosi che si sono imbattuti nelle sue opere, la sua ricerca è
rimasta per decenni pressoché sconosciuta.
Un certo interesse per il lavoro di Melandri si è riacceso a partire dal 2004, con la ripubblicazione di un suo imponente saggio
di quasi cinquant'anni fa. Si tratta di La linea e il circolo, uno
studio del 1968 che affronta dal punto di vista “logicofilosofico”, come dice il sottotitolo dell'opera, il problema
dell'analogia. Il tema scelto da Melandri come oggetto della sua
ricerca era, al momento della pubblicazione del libro, oscuro
quanto il suo autore. L'analogia, anche per quel ristretto gruppo
di “addetti ai lavori” che aveva una qualche cognizione del significato tecnico del termine, sembrava una tematica di remoto
sapore medievale, condannata a restare sepolta nel polveroso
archivio delle curiosità metafisiche.
Il libro, e il nome del suo autore, hanno ripreso dunque a circolare solo grazie all'iniziativa editoriale della casa editrice
Quodlibet e di Stefano Besoli, allievo di Melandri che con l'aiuto di altri ex-allievi del filosofo sta curando la pubblicazione dei
suoi scritti. Alla riedizione di La linea e il circolo è difatti seguita la ripubblicazione di Contro il simbolico, un ciclo di dieci
lezioni tenute da Melandri nel 1988; recentemente è uscito I
generi letterari e la loro origine. Sono ancora in preparazione
invece gli Scritti fenomenologici.
Al successo che queste iniziative editoriali hanno riscosso, ha
13
14
Introduzione
contribuito in una certa misura anche l'importante introduzione
di Giorgio Agamben, che accompagna l'edizione del 2004 di La
linea e il circolo. Nel suo scritto Agamben definisce il saggio di
Melandri «un capolavoro della filosofia europea del novecento»1, sottolineandone lo spessore teorico e l'originalità: due qualità alle quali non ha corrisposto secondo Agamben un'adeguata
attenzione di pubblico, complice la mole e la difficoltà del libro2. Agamben ne presenta con grande chiarezza alcuni dei nodi
teoretici di maggior rilievo: al tema dell'analogia, filo conduttore dell'opera, si intreccia il tema dell'archeologia (in senso foucaultiano), il tema dell'opposizione fra “dicotomia” e “dipolarità”, il problema del “chiasma ontologico” del significato e
quello del predominio della dimensione “simbolica” del linguaggio nella cultura contemporanea. L'interesse di Agamben
per l'opera di Melandri non è un interesse, per così dire, “d'occasione”, limitato alla contingenza della riedizione del libro.
Agamben infatti prosegue il dialogo con l'opera di Melandri nei
suoi scritti degli anni successivi, specialmente nel saggio del
2008 Signatura rerum, che contiene tre capitoli in cui l'influenza di Melandri è molto forte: uno dedicato al concetto di “paradigma”, che Agamben eleva a vero e proprio “metodo” del proprio lavoro filosofico; uno al concetto di “segnatura”, dove la
concezione “sintomatologica” del segno sostenuta da Melandri
viene ripresa e archeologicamente ricondotta alle sue “origini”
(da Ugo di San Vittore fino a Paracelso e Jakob Böhme); e un
ultimo capitolo dedicato al rapporto fra archeologia e storia3.
Quelli di Agamben non sono gli unici studi critici oggi disponibili. Il lavoro più importante in questo senso risale al 1996, e
1
G. AGAMBEN, Archeologia di un'archeologa, in E. MELANDRI, La linea e il circolo.
Studio logico-filosofico sull’analogia, Quodlibet, Macerata, 2004 p. XI.
2
«La linea e il circolo deve misurarsi non solo col problema della sua comprensione,
ma innanzitutto con quello della sua incomprensione. Le ragioni di questa sono di due
ordini. Le prime riguardano la cecità dell'accademia italiana; le seconde concernono
invece il carattere specifico dell'opera in questione», Ibidem.
3
Cfr. G. AGAMBEN, Signatura rerum. Sul metodo, Bollati Boringhieri, Torino, 2008.
Agamben scrive nuovamente su Melandri in: G. AGAMBEN, Al di là dei generi letterari,
in E. MELANDRI, I generi letterari e la loro origine, Quodlibet, Macerata, 2014, pp. 914.
Introduzione
15
consiste nella pubblicazione degli atti di una giornata di studi
tenutasi a Faenza (la città dove Melandri ha vissuto) con una
serie di importanti contributi4.
Vincenzo Fano, anch'egli allievo di Melandri, ha promosso
una seconda serie di studi, intitolata Eredità di Enzo Melandri,
in cui il pensiero dell'autore non viene riproposto nella forma
del commento, ma in quella della “ripresa” e dello sviluppo critico5. Il volume raccoglie gli atti del convegno “Eredità di Enzo
Melandri” di Urbino del 2004, promosso da alcuni studiosi che
furono allievi di Melandri (come Vittorio De Palma e Vincenzo
Fano). Gli autori dei saggi della raccolta si ripropongono di
«commemorare il maestro organizzando un incontro fra studiosi
influenzati dal suo insegnamento, affinché ognuno di essi mostrasse come il magistero di Melandri aveva inciso sul proprio
itinerario di ricerca. Il convegno era anche naturalmente un modo di reagire all'oblio in cui la figura e l'opera di Melandri erano
cadute a più di dieci anni dalla sua scomparsa, nella convinzione che esse meritassero molta più attenzione da parte della comunità filosofica italiana e non solo italiana»6. Leggendo i testi
raccolti nel libro curato da De Palma, si può osservare la ricchezza tematica dell'insegnamento di Melandri e delle sue opere: l'“eredità” che gli autori di questi saggi dimostrano di aver
recepito è un intreccio di diverse correnti di pensiero e di pro4
Cfr. S. BESOLI e F. PARIS, Studi su Enzo Melandri. Atti della giornata di studi. Faenza, 22 maggio 1996, Polaris, Faenza 2000. Il volume contiene saggi di A. SANTUCCI
(Enzo Melandri, l'amico e il filosofo), M. BATTACCHI (Sui concetti di coscienza, autocoscienza e conoscenza di sé), G. MARRAMAO (Logos e esperienza. Rileggendo “La linea
e il circolo”), F. PARIS (L'insegnamento e la pratica didattica), F. ADORNO (Discorso,
giudizio, proposizione, definizione in Platone e Aristotele), C. SINI (Lo schematismo
figurale), S. BESOLI (Per una lettura non naturalistica dell'esperienza e Il percorso
intellettuale di Enzo Melandri).
5
Cfr. V. DE PALMA (a cura di), Eredità di Enzo Melandri, Quaderni dell'Istituto di Filosofia, Urbino, 2006. Il volume contiene saggi di V. FANO e G. TAROZZI (Realismo
fenomenologico e meccanica quantistica), I. TASSANI (Logica della complementarità e
analogia), F. ARMEZZANI (Il concetto fenomenologico di variazione: significato e percezione), V. DE PALMA (L'oggettivismo fenomenologico tra Husserl e Aristotele), A.
GUALANDI (“Esiste un'analogia tra l'epistemologia francese e l'antropologia?”. Dialogo immaginario tra Enzo Melandri e un suo allievo), G. CUSINATO (La noesis del noema. Il problema dell'a priori materiale in Husserl e Scheler).
6
V. DE PALMA, Presentazione, in ID., Eredità di Enzo Melandri, cit., p. 7.
16
Introduzione
blemi, che va «dalla fenomenologia (nell'accezione ampia in cui
egli la intendeva, e cioè come quel movimento di pensiero che
va da Brentano alla scuola fenomenologica nel senso più lato, in
modo da includervi anche l'esistenzialismo) [...] al dibattito
sull'epistemologia contemporanea, con le implicazioni ontologiche che ne derivano»7.
A queste due raccolte di studi vanno aggiunti, per completare
il quadro degli studi critici dedicati al pensiero di Melandri, alcuni contributi isolati. Andrea Cavazzini, studioso delle tradizioni epistemologiche francese ed italiana, si è recentemente
confrontato con il lavoro di Melandri in alcuni articoli importanti8. Luca Possati ha invece dedicato un breve volume, di recente edizione, ad un confronto fra la prospettiva di Melandri e
quella del filosofo francese Jacques Derrida, cercando di mettere in luce la comune area problematica di alcuni concetti elaborati dai due autori (la chora derridiana è accostata al “chiasma”
di Melandri): il concetto di “ripetizione” è filo conduttore che
guida il confronto9. Va infine menzionato il lavoro di Emanuele
Mariani, studioso fortemente influenzato da Melandri e profondo conoscitore delle sue opere, che ha condotto recentemente un
corposo studio sull'analogia che, pur non vertendo direttamente
sull'opera di Melandri, eredita per così dire la costellazione di
problemi e di autori frequentati da quest'ultimo10.
Quello di Melandri è un pensiero difficile e denso, espresso in
una prosa che non concede mai al lettore un cedimento dell'at7
Ibidem.
A. CAVAZZINI, Archeologia, logica, discorso. Sapere e linguaggio secondo Enzo
Melandri, in G. GALLO (a cura di), Scienze e linguaggio nel Novecento italiano, Limina
Mentis, Monza Brianza, 2011; A. CAVAZZINI, Généalogie du Symbolique et Archéologie
de la Théorie. La Trajectoire d'Enzo Melandri, «Revue de Synthèse», CXXXII, n. 2,
2011, pp. 255-275.
9
L. M. POSSATI, La ripetizione creatrice. Melandri, Derrida e lo spazio
dell’analogia, Mimesis, Milano, 2013. Cfr. anche: ID., Analogie dionisiache. Il concetto
di archeologia in Enzo Melandri, in I. POZZONI (a cura di), Frammenti di una cultura
del Novecento, Prefazione di A. RIZZACASA, Gilgamesh, Mantova, 2013, pp. 343-346.
10
E. MARIANI, Enzo Melandri e il labirinto delle analogie. La civetta di Minerva,
«Segni e comprensione», XXIV, n. 70, 2010, pp. 97-106; ID., Nient'altro che l'essere.
Ricerche sull'analogia e la tradizione aristotelica della fenomenologia, ETS, Pisa,
2012.
8
Introduzione
17
tenzione. I testi di Melandri accompagnano il lettore attraverso
un itinerario di pensiero che somiglia alla costruzione di un castello di carte, dove ad ogni mossa falsa bisogna rifare tutto da
capo, dove si è chiamati sempre a un nuovo tentativo. Come
scrive Gianni Celati, che di Melandri fu allievo e amico, i libri e
gli articoli di Melandri non sono
libri o articoli utilizzabili per ricavarne qualche svelta citazione, né
opere che si possano additare come sintesi di qualche teoria sul mondo. Forse si può dire che gli scritti di Melandri hanno soprattutto la rara virtù di lasciarci perplessi e ammutoliti. Chi riesce a leggerli capisce subito che corre il rischio di non trovare un sistema di idee accettabile e divulgabile, bensì un labirinto di paradossi in cui la ricerca di
una via d'uscita implica l'obbligo di perdersi.11
Il presente lavoro si propone di contribuire all'arricchimento
degli studi critici dedicati al pensiero di Melandri, nella convinzione che l'opera di questo filosofo italiano contenga ancora
oggi riflessioni e spunti teorici degni di essere ripresi e ripensati.
Nel primo capitolo viene ricostruito il percorso intellettuale
svolto da Melandri, cercando di contestualizzarlo nell'ambiente
storico in cui si è sviluppato. A questo scopo abbiamo dedicato
ampio spazio al periodo della sua formazione all'università di
Bologna nella fase conclusiva degli anni cinquanta e alle sue
prime opere, dedicate alla fenomenologia di Edmund Husserl,
nella convinzione che le radici del pensiero di Melandri, che si
sviluppa in forma compiuta dopo la metà degli anni sessanta,
trovi nella tradizione fenomenologica tedesca la fonte dei suoi
temi centrali, anche se non l'orizzonte definitivo in cui vengono
risolti.
Nel secondo capitolo abbandoniamo il terreno della ricostruzione storiografica, per concentrarci piuttosto sul tema centrale
di cui Melandri si è occupato nei suoi saggi più importanti, il
tema dell'analogia. Non è semplice ricostruire in modo sintetico
11
G. CELATI e I. LEVRINI, In memoria di Enzo Melandri, «Il semplice. Almanacco
delle prose», n.3, 1996, p. 172.
18
Introduzione
e univoco l'area di significati che questo termine ricopre per
Melandri. Non solo non è facile: forse non è nemmeno possibile. Perché l'analogia, specialmente nel modo in cui Melandri la
intende, rifugge l'univocità, la definizione perentoria, la formula
definitiva. Consapevoli di questo limite intrinseco, abbiamo
cercato ugualmente di fornire una mappa dei significati dell'analogia in Melandri, cercando di mettere in rilievo i diversi
aspetti e le varie metamorfosi di questo complesso concetto.
Abbiamo a questo scopo utilizzato, come termine di confronto,
alcuni lavori vecchi e nuovi di altri autori, per mettere in risalto
l'ampiezza, l'attualità, l'originalità della proposta di Melandri
all'interno di un panorama di studi sull'analogia che oggi si presenta ampio e differenziato.
Il terzo capitolo si occupa del metodo di ricerca elaborato da
Melandri, un metodo che in La linea e il circolo viene espressamente tematizzato attraverso il concetto di “archeologia”, e
evidenzia come il concetto di archeologia, nato in ambiente
francese negli anni sessanta, venga ricevuto nel contesto culturale italiano verso la fine del decennio e come sia proprio Melandri uno dei suoi primi e più originali interpreti. I presupposti
della ripresa dell'archeologia da parte di Melandri vengono individuati, nuovamente, nelle sue ricerche fenomenologiche giovanili: il metodo archeologico è da questo punto di vista una
versione aggiornata del metodo genealogico elaborato in fenomenologia. Il capitolo si conclude con un paragrafo dedicato al
dibattito intorno al concetto di archeologia che si svolge in occasione della preparazione di una rivista mai pubblicata, che
avrebbe dovuto chiamarsi Alì Babà. Italo Calvino, Carlo Ginzburg e Gianni Celati sono, con Melandri, gli animatori e i protagonisti di questo dibattito.
Il quarto capitolo cerca di fornire una concreta esemplificazione del funzionamento del metodo archeologico di Melandri,
mostrando come questo si eserciti sui classici della filosofia
greca alla ricerca delle radici del problema del “chiasma ontologico”: il problema, cioè, della distinzione fra semantica nominale e semantica proposizionale. Parmenide e Eraclito, in parti-
Introduzione
19
colare, sono i due filosofi a cui Melandri applica la sua archeologia “decostruttiva”, individuando nella loro contrapposta posizione la matrice del chiasma da cui scaturisce la riflessione
occidentale sul linguaggio.
Il quinto capitolo si concentra sul recupero in chiave fenomenologica dello schematismo kantiano, presentato come soluzione al problema del rapporto fra esperienza e logica: una soluzione che Melandri matura nel suo saggio del 1960 Logica e
esperienza in Husserl, e che costituisce uno degli aspetti più
interessanti di questo libro. La fonte di questa ripresa dello
schematismo kantiano da parte di Melandri si trova nelle opere
di Enzo Paci, autore che ebbe un'influenza decisiva sulla formazione di Melandri.
Il sesto capitolo, sviluppo e continuazione del precedente,
completa il quadro del “ritorno a Kant” elaborato da Melandri.
Il capitolo di La linea e il circolo dedicato alle “Analogie dell'esperienza” ci ha offerto lo spunto per procedere a un riesame
dell'interpretazione che Melandri dà, sulla scorta di alcune intuizioni del filosofo danese Harald Høffding, di questa celebre
sezione della Critica della ragione pura di Kant. Un'interpretazione in cui emerge la soluzione di Melandri al problema con
cui esordiva, nel 1960, il suo percorso di filosofo: il problema
del rapporto fra “logos” ed “esperienza”.
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