A
Massimo Ambrosetti
Enzo Melandri sugli Stoici
Prefazione di
Maurizio Matteuzzi
Copyright © MMXVI
Aracne editrice int.le S.r.l.
www.aracneeditrice.it
[email protected]
via Quarto Negroni, 
 Ariccia (RM)
() 
 ----
I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica,
di riproduzione e di adattamento anche parziale,
con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi.
Non sono assolutamente consentite le fotocopie
senza il permesso scritto dell’Editore.
I edizione: maggio 
In memoria di Claudio Gianinazzi
grande amico e insostituibile interlocutore
Avec le langage, la monotonie confuse
de l’espace se fragmente, tandis que
s’unifie la diversité des successions.
Michel Foucault
Les mots e les choses
Indice
13
Abbreviazioni
15
Prefazione
19
Introduzione
1. Premessa, 19 – 2. Presentazione, 22 – 3. Interventi per agevolare la lettura, 24 – 4. Convenzioni tipologiche, 25 – 5. Cenni sui contenuti, 25
PARTE I
Lezioni introduttive
31
Lezione I
La possibilità della spiegazione razionale, 31 – 1.2. Logica del concetto e logica della proposizione, 32 – 1.3. Teoria della percezione, 34 – 1.4. Sensazione
e intelletto, 36 – 1.5. Semantica aristotelica, 38 – 1.6. Spiegare i modi
dell’essere, 39 – 1.7. Il rapporto con il reale e la funzione dell’etica, 41 – 1.8.
Articolazione del corso, 45
47
Lezione II
2.0. Premessa, 47 – 2.1. Semiologia e ontologia, 47 – 2.2. Semiologia e
gnoseologia, 48 – 2.3. Gnoseologia e etica, 49 – 2.4. Aristotelismo vs stoicismo, 51
999
10
Indice
10 Indice
Indice
PARTE II
I predecessori
55
Lezione III
3.1. Introduzione alla filosofia antica, 55 – 3.2. Questioni di metodo, 61 –
3.3. Il triangolo di Ogden-Richards, 71 – 3.4. Le due vie della teoria della
conoscenza, 77
83
Lezione V
5.1. L'emancipazione dal pensiero arcaico, 83 – 5.2. Eraclito, 87 – 5.3.
Parmenide, 92 – 5.4. Gorgia, 95 – 5.5. Democrito, 104
113
Lezione VI
6.1. Ricapitolazione, 113– 6.2. L'emersione della teoria, 118 – 6.3. La dissoluzione Aristotelica, 131
149
Lezione VII
7.1. Pregiudizi storici, 149 – 7.2. Etica e politica, 153 – 7.3. Descrizione e
spiegazione, 158 – 7.4. Rappresentazione e rispecchiamento, 162
179
Lezione VIII
8.1. Due logiche, 179 – 8.2. Semiologia, 184 – 8.3. Gestalt I, 190 – 8.4. Essere, esistere, sussistere, 199 – 8.5. Corporeo/mentale, 202 – 8.6. Gestalt II,
204 – 8.7. Ricapitolazione, 206
209
Lezione IX
9.1. Grammatiche, 209 – 9.2. Logos I, 214 – 9.3. Etica, 216 – 9.4. Movimento, azione, comportamento, 219 – 9.5. Scienze sociali e scienze naturali, 220 – 9.6. Conclusioni sul verbo, 225 – 9.7. Logos, 227 – 9.8. Logica,
230
Presentazione
Indice 11
11
Indice 11
237
Lezione X
10.1. Modalità, 237 – 10.2. Determinismo, 247 – 10.3. Assiomatica, 255
259
Lezione XI
11.1. Logica e filosofia, 259 – 11.2. Logica e semiotica, 263 – 11.3. Logica
e psicologia, 273 – 11.4. Ermeneutica, 283 – 11.5. Ricapitolazione, 286
289
Lezione XII
12.1. Lekton, 289 – 12.2. Connettivi I, 291 – 12.3. Categorie, 302 – 12.4.
Verità, 312
319
Lezione XIII
13.1. Connettivi II, 319 – 13.2. Causalità, 320 – 13.3. Connettivi III, 327 –
13.4. Modalità II, 330 – 13.5. Cosmologia, 340
345
Lezione XIV
14.1. Epistemologia I, 345 – 14.2. Ermeneutica, 351 – 14.3. Epistemologia
II, 354 – 14.4. L'Argomento Vittorioso I, 358
373
Lezione XV
15.1. L'Argomento Vittorioso II, 373 – 15.2. Modalità e gnoseologia, 377 –
15.3. Modalità e ontologia, 380 – 15.4. Fisica, 384 – 15.5. Determinismo,
388 – 15.6. La contaminazione empirica, 397
403
Lezione XVI
16.1. Il pensiero teoretico, 403 – 16.2. La negazione, 414 – 16.3. Connettivi IV: il condizionale, 424
12
Indice
12 Indice
Indice
4353 Lezione XVII
17.1. Connettivi V, 433 – 17.2. Argomenti, 435
PARTE III
Conclusioni parziali
459
Lezione XVIII
18.1. Logica e teoria della conoscenza, 459 – 18.2. Psicologia e teoria della
conoscenza, 462 – 18.3. Psicologia e fisica, 472 – 18.4. Rappresentazione
verità, 474 – 18.5. Percezione e linguaggio, 477 – 18.6. Fisica e etica, 482
485
Elenco dei diagrammi, delle figure, degli schemi e delle
tabelle
487
Bibliografia
Abbreviazioni
Adv. math. I-VIII: Sesto Empirico, Contro i matematici I-VI, Contro i logici
I-II, Laterza, Roma-Bari 1975
An. post.: Aristotele, Secondi Analitici, Opere, Laterza, Roma-Bari 1973
An. pr.: Aristotele, Secondi Analitici, Opere, Laterza, Roma-Bari 1973 BoFKHĔVNL %RFKHĔVNL Joseph M., La logica formale, Einaudi 1972 ed or.
Freiburg-Munchen 1956
Cat.: Aristotele, Categorie, Opere, Laterza, Roma-Bari 1973
De an.: Aristotele, Dell'anima, Opere, Laterza, Roma-Bari 1973
De caelo: Del cielo, Opere, Laterza, Roma-Bari 1973
De gen. et corr.: Aristotele, Della generazione e della corruzione, Opere,
Laterza, Roma-Bari 1973
De int.: Aristotele Dell'Espressione, Opere, Laterza, Roma-Bari 1973
De motu: Aristotele, De motu animalium, nessuna traduzione in italiano
DK: Diels-Kranz I presocratici, Laterza, Roma-Bari 1975
DL: Diogene Laerzio, Vite dei filosofi, Laterza, Roma-Bari1975
Düring: Düring Ingemar Aristotele, Mursia, Milano 1976, ed or. Heidelberg
1966
Et. nic: Aristotele, Etica nicomachea, Opere, Laterza, Roma-Bari 1973
H+C: Hughes George. E., e Cresswell Maxwell J., Introduzione alla logica
modale, Il saggiatore, Milano 1973, ed or. 1968
Kneale: Kneale William C. e Kneale Martha, Storia della logica, Torino
1972, ed or. Oxford 1962
LC: Melandri Enzo, La linea e il Circolo, Quodlibet, Macerata 2004, ed or.
Bologna 1968
Mates: Mates Benson, Stoic Logic, Berkeley, Ca. 1953
Met.: Aristotele, Metafisica, Opere, Laterza, Roma-Bari 1973
NA: Abbagnano Nicola, Dizionario di Filosofia, Utet, Torino 1977, prima
ed. 1971
13
13
14
Indice
14 Abbreviazioni
Abbreviazioni
Pohlenz: Pohlenz Max, La Stoa, La nuova Italia, Firenze 1978, ed. or. Göttingen 1959
Pol.: Aristotele Politica, Opere, Laterza, Roma-Bari 1973
Pragmatologia: Melandri Enzo, Progetto di una pragmatologia intesa quale
prolegomeno alla metodologia delle scienze sociali, ciclostile ad uso degli
studenti dell'anno accademico 1974-75
Pyrr. hip.: Sesto Empirico, Schizzi pirroniani, Laterza, Roma-Bari 2009
Top.: Aristotele Topici in Opere, Laterza, Roma-Bari 1973
Soph. el.: Aristotele Opere, Laterza, Roma-Bari 1973
Prefazione
di Maurizio Matteuzzi
Il canone consolidato vuole che il periodo aureo della filosofia
greca termini con Aristotele. Anzi, diciamo pure che la maggior parte
delle letture di tutta la filosofia greca ruota attorno alla linea vincente,
la triade Socrate Platone Aristotele, di cui ogni altra filosofia è vista
come funzione, vuoi come anticipazione, vuoi come epigono, per non
far troppo torto alla cronologia. È dunque, a ragione, quella, "la via
classica".
Diverse sono le ragioni che hanno portato a questa linea ermeneutica. Prima di tutto, l'enorme impatto dell'aristotelismo sull'epoca
successiva. Poi il decadere politico delle poleis, Atene in primis. Il fatto che i pensatori successivi non sono più di lingua madre greca, o
quanto meno attica. L'allargamento a dismisura dell'orizzonte geografico. Questo, e molto altro, portano in modo naturale a collocare la fine dell'età classica in quel 322 in cui, un anno dopo il suo non banale
discepolo, Alessandro, muore Aristotele.
Si deve poi tenere presente che il nuovo perno emergente della
civiltà occidentale, la romanità, recepisce le filosofie immediatamente
posteriori ad Aristotele, Stoicismo ed Epicureismo, esclusivamente
nella loro componente pratica, in tono con la nuova mentalità. L'assimilazione della cultura, ma sopra tutto della teoresi greca avviene con
lentezza, non senza forti resistenze, e comunque sempre in modo parziale.
Quanto detto spiega abbastanza bene perché si forma un certo
modo di pensare lo Stoicismo: in primis come filosofia della prassi;
secondariamente, come filosofia della decadenza; in terzo luogo, come
15
15
16
Indice
16 Prefazione
Prefazione
commentario, come precisazione, di quello che è l'indiscutibile ed indiscusso nerbo del canone, la via classica, Socrate Platone Aristotele.
Qui io mi riferisco al pensare volgare, naturalmente, alla lettura
più ingenua; ma non manca qualche osmosi a danno della letteratura
specialistica.
Ecco dunque il perché di una “via non classica”. Melandri non
ci sta, ribalta il tavolo, e va a vedere lo Stoicismo come una teoresi altrettanto degna di cittadinanza di quella aristotelica; contrapposta, certo, ma irriducibile ad essa, assolutamente originale, tutt'altro che un
commento con sporadiche prese di distanza. Una teoresi capace di
fondare una gnoseologia antitetica, una diversa spiegazione del problema semantico, di scoprire e formalizzare una logica non contrapposta a quella aristotelica (lettura che ha prevalso per secoli), ma una logica altra, che copre un altro sistema, sistema solo adombrato, in pochi
passaggi marginali, nell'Organon. Soltanto con la breve ma fondamentale storia della logica proposizionale di àXNDVLHZLF] si capirà fino in
fondo che gli Stoici non contrappongono affatto la loro logica a quella
aristotelica, non cercano nuovi sillogismi: essi concentrano il tiro su
un sistema affatto diverso, quello del calcolo proposizionale, che nessun contrasto può presentare rispetto alla logica aristotelica, tutta incentrata sul calcolo predicativo.
Una analoga rivoluzione avviene negli studi sul linguaggio. Se il
triangolo semantico aristotelico poneva i pathémata tes psyches, cioè,
in definitiva, il pensiero, come medio tra linguaggio espresso e reale,
quello stoico colloca a tale funzione il lekton, l'espresso, l'effatum,
come proverà a tradurre Seneca, ed esso media tra il segno (to semeion), o, più d'appresso, il segnato (to semainomenon) e ciò che accade, il tynchanon. Melandri interpreta lekton a un dipresso come il
logismos aristotelico, come ragione discorsiva. E questa lettura non si
distaccherebbe poi troppo dal triangolo dello stagirita. E tuttavia ciò
che è “espresso” è pur sempre materia linguistica, ancorché, nella terminologia stoica, asomaton, incorporea. E dunque il linguaggio si avvia per la strada che lo condurrà ad assumere funzione di medio; fatto
epocale, di enorme importanza, che avrà conseguenze millenarie sugli
studi di semantica. E che si apre alla visione moderna, alla problematica della “opacità del medio”, al medio come oggettivazione dell'esperienza a renderla intersoggettiva, perché l'altro possa cercare
quell'atto riempiente, come dirà Husserl, a saturare l'atto donatore di
senso.
Presentazione
Prefazione 17
17
Prefazione 17
Ma se queste cose sono ben note agli addetti ai lavori, accanto
ad una ampia rivisitazione di esse Melandri va oltre, e introduce
un'ermeneutica del tutto nuova ed originale su più temi. Tutta la gnoseologia stoica è reinterpretata in parallelo, ma in modo contrastivo, a
quella aristotelica: sensazione versus percezione, nous versus logos,
l'immanenza del katholou verso l'irriconducibile trascendenza dell'asomaton. Il tutto, entro un discorso filosofico che, per affinare l'analisi, ricorre sistematicamente a tutta la filosofia moderna, ad Hegel come a Husserl, a Wittgenstein come a Kant.
Come sempre nel suo stile, Melandri non confinò quel corso solo entro le ore ufficiali di lezione; per tutto quell'anno, il lavorio intellettuale sul pensiero stoico lo assillò, lo tormentò senza tregua; alle
due ore canoniche di lezione del mattino facevano da inevitabile pandant le cinque o sei ore di discussione pomeridiana, il pensare e il ripensare, il “provare a trar fuori, a dire”, alla ricerca dei giusti lekta per
il prosieguo di un esprimere difficile, reso arduo dall'inquietudine di
una mai sopita esigenza di analisi ulteriore. Di tutta questa parte sono
stato fortunato testimone, e persino, qualche volta, interlocutore. Il
corso che io in quell'anno svolgevo, parallelamente, era su Leibniz, e
faceva seguito a una serie di corsi sulla scuola di logica polacca tra le
due guerre, e, in particolare, sui sistemi di Stanislaw Lesniewski. Il
che può apparire come quanto di più remoto. Ma non era così. La scelta di questi due corsi monografici era stata concordata, e affondava le
sue radici su uno stesso tema: connotazione e denotazione, intensione
ed estensione, Sinn e Bedeutung: c'è spazio, accanto alla scelta dominante dell'estensione, per una semantica, per un'ermeneutica, per una
logica, tutta “intensionale”, secondo la visione leibniziana?1 La logica
stoica era estensionale o intensionale?2 Ecco, questo era uno dei focus,
anzi, il leitmotiv, di quelle che potremmo chiamare lezioni pomeridiane, quelle destrutturare e facoltative. (Si era convenuto, con Melandri,
di indirizzare in seguito entrambi i nostri corsi su Leibniz, con particolare attenzione alla dicotomia che s'è detto, il mio più dal punto di vista logico, il suo, ovviamente, teoretico; ma questo poi non lo facemmo mai).
1
Cfr. Gottfried W. Leibniz, Alcune difficoltà logiche, pp. 191-197, in Ricerche generali
sull’analisi delle nozioni e delle verità, a cura di Massimo Mugnai, Edizioni della Normale, Pisa 2008, ed. or. in Gerhardt, Phil., VII, pp. 211-217, Olms 1960.
2
Qui si deve intendere il termine "intensionale" nel senso più ampio, come duale di "estensionale", secondo l'accezione leibniziana, e non secondo l'accezione della logica moderna, che
lo assimila a "modale".
18
Indice
18 Prefazione
Prefazione
E quanto detto spiega perché sono stato forse in grado di dare
qualche suggerimento utile all'epico lavoro di Massimo Ambrosetti,
che per anni si è dedicato al certosino lavoro di recuperare quel corso,
quella via non classica, a beneficio del lettore moderno. Per quanto il
punto di partenza fosse promettente, la registrazione integrale, cioè, di
tutte le lezioni di Melandri, giocavano contro vari fattori: l'inadeguatezza dei mezzi dell'epoca, le ampie parti svolte alla lavagna, la difficoltà di interpretare alcuni termini. Con un attento lavoro filologico,
Ambrosetti dà conto nel testo che segue dei diversi gradi di affidabilità della trascrizione, e non si astiene da interventi originali suoi, a
chiarimento dei passaggi più ostici. Questo è tutto quanto si può chiedere ad un lavoro onesto, quello di dichiararne i livelli di affidabilità.
Quel che posso assicurare io, per parte mia, è che senza dubbio lo spirito complessivo del corso, i suoi messaggi fondanti, chiari suggerimenti per la prosecuzione della ricerca in modi alternativi al canone,
tutto questo nell'opera c'è, senza ombra di dubbio.
Maurizio Matteuzzi
dicembre 2015
Introduzione
1. Premessa
Il lavoro di recupero delle registrazioni di alcune lezioni tenute
nell'anno accademico 1978/79 dal professor Enzo Melandri per il corso di laurea in filosofia teoretica si è svolto in due fasi: la prima di trascrizione delle registrazioni, la seconda di elaborazione del testo. Posto il grado di corruzione delle registrazioni metodologia e genealogia
di questo lavoro di recupero sono strettamente connesse. Pertanto il
modo più opportuno di procedere è di iniziare con una narrazione autobiografica, di proseguire illustrando i metodi adottati per la redazione del testo e di terminare con alcuni cenni ai contenuti.
Nel 1978 decisi di frequentare filosofia teoretica. Ero al terzo anno
e sapevo di andare incontro a qualche difficoltà. Il mio interesse per la
filosofia era autentico ma il mio impegno nello studio era sempre stato
modesto. La fama di Melandri non era quella di un professore eccessivamente severo negli esami ma era risaputo che i suoi corsi esigevano
un impegno da parte degli allievi che non lasciava spazio a mezzi termini. Per presentarsi all'esame era obbligatorio passare al vaglio di
Gabriele Franci che teneva un seminario di logica. Si consigliava agli
studenti di frequentare anche il corso collegato di filosofia del linguaggio tenuto da Maurizio Matteuzzi (che in quell'anno era su Leibniz) e che contemplava lo stesso esame preparatorio di logica al quale
si sommava l'insiemistica insegnata nelle sue prime dieci lezioni.
Pochi capitavano per caso da Melandri e nessuno che non avesse
intenzioni serie ci rimaneva. Alla mia prima lezione erano presenti una
quarantina di studenti, alla seconda non più di venticinque.
19
19
19
20
Introduzione
20 Introduzione
Introduzione
Nonostante capissi veramente poco di quello che diceva quel luminare bonario e ironico, la mia attenzione era catalizzata dal flusso del
suo pensiero come all'inizio di un giallo ben scritto di cui si capiscono
le parole senza intuire la trama e il mio sguardo lo inseguiva nel suo
deambulare come si fissa incantati la gigantesca massa d'acqua di un
grande fiume che avanza imperturbabile. Ogni tanto dal magma fluido
dell'elocuzione emergeva un isolotto di luminosa materia semantica
che coglieva la mia immaginazione. Quei pochi momenti erano stati
sufficienti a scatenare una costanza e una tenacia che non mi ero mai
riconosciuto e della quale ancora mi meraviglio.
Non ero ancora consapevole degli abbagli della comprensione che,
come avrebbe detto Melandri, procede come la composizione di un
puzzle di cui a tratti si ha l'impressione che tutti i pezzi della phantasia coagulino per un momento, che tutto il disegno si stia per configurare, finché una nuova serie di tasselli lo scombina di nuovo. Ma poco
importa, aggiungeva, se c'è il pathos teoretico si va avanti.
A quei tempi circolavano a buon mercato piccoli registratori a pila
di cui avevo deciso di servirmi nella speranza di compensare alle inevitabili lacune dei miei appunti.
Fu subito chiaro che il risultato era scadente. L'ampia, alta aula dava su di un parcheggio interno che, sebbene poco trafficato, faceva
talvolta vibrare per un intero minuto le lastre di vetro malferme delle
enormi finestre. Il suono della voce, coperto a tratti anche da rumori
interni come un colpo di tosse, una sedia che si spostava, quando il
volume era sufficiente, si perdeva nel riverbero. A volte era difficile
cogliere intere frasi per il vizio dell'oratore di calarsi nel profondo della riflessione smorzando il volume come in un monologo interiore
sussurrato. Le campagne contro il fumo avevano ancora poco successo
e in quell'aula rimbombava anche il rumore di un accendino. Non ricordo di aver mai visto Melandri seduto alla scrivania e nelle sue lunghe camminate non disdegnava ogni tanto una Nazionale Esportazione
senza filtro che tratteneva tra le labbra mentre il discorso continuava a
fluire. Infine, per colmo di stupidità, mi ero messo seduto in fondo
all'aula pensando così di cogliere più uniformemente il suono la cui
fonte era perennemente in movimento.
Data la difficoltà dell'ascolto, durante l'anno trascrissi solo brevi
passaggi da una lezione o dall'altra ma il risultato era troppo frammentario per riuscire a cogliere il senso complessivo di quell'insieme di
argomenti che si presentavano ogni volta sotto forma un po' diversa. Il
Introduzione 21
Introduzione 21
filo logico che li legava, la contrapposizione di aristotelismo e stoicismo, era dichiarato e tangibile durante ogni lezione. Ma se mi mettevo
da solo a cercare di collegare semiologia, logica, psicologia e ontologia i pezzi del puzzle non andavano mai assieme. Quando alla fine ebbi il coraggio di presentarmi da Franci, Matteuzzi e Melandri i loro
giudizi si rivelarono più generosi delle più favorevoli aspettative e ciò
contribuì alla formazione di un legame che negli anni mi riportò alla
fine di nuovo a quel corso.
Per ragioni che non starò a dire, non ultima delle quali il fatto che
allora come oggi avviarsi alla vita accademica voleva dire votarsi ad
un lungo e penoso precariato, una volta laureato presi una strada che si
allontanava dall'università.
Molti anni dopo però mi si presentò la possibilità di ricominciare a
studiare e la colsi al volo. Ci volle un po' di tempo prima che mi accorgessi che non sarei riuscito a concludere nulla di buono se prima
non mi fossi tolto il pensiero: dovevo tornare alle registrazioni e sbobinarle perché lì si era interrotto un percorso e da lì dovevo ricominciare. Se il lavoro fosse riuscito le lezioni avrebbero anche potuto essere pubblicate riportando alla luce un capitolo del pensiero di Melandri rimasto fino ad allora sepolto nei nastri magnetici.
Sommando l'inadeguatezza acustica del luogo alle lacune della fonte sonora e alla scarsa qualità del registratore e del microfono si era ottenuto il pessimo risultato con il quale ho dovuto fare i conti. Le lacune andavano da singole parole a frasi intere. Mi ero dunque imposto
un metodo: trascrivere in una prima fase tutto il possibile pedissequamente evidenziando con un preciso sistema grafico il grado di incomprensione dell'ascolto; una volta terminato il lavoro di trascrizione
procedere con successivi aggiustamenti ad una ricostruzione plausibile
del discorso.
Faccio alcuni esempi delle difficoltà incontrate nella prima fase:
una parola che rimaneva incomprensibile dopo vari tentativi di riascolto veniva sostituita da puntini di sospensione che dovevano indicare la lunghezza della lacuna e distinguersi dai puntini che segnalavano una sospensione nel parlato di Melandri. Ogni suono o sequenza
di suoni poteva corrispondere con grado diverso ad uno o più significanti e nella lettura della trascrizione volevo che si capisse quanto azzardo avevo preso nel collegare un suono a un significante. Sovente la
somiglianza tra un suono e un significante era forte ma non trovavo
corrispondenza sul piano sintattico o semantico; oppure il suono non
22
Introduzione
22 Introduzione
Introduzione
assomigliava per niente ad un probabile significante ma il significato
sembrava non porre problemi. Talvolta dovevo segnalare due o più
occorrenze dello stesso suono incomprensibile a breve distanza. Oltre
alle difficoltà implicite nella corrispondenza tra piano acustico e piano
semantico dovevo introdurre una punteggiatura, segnalare quando Melandri metteva in scena un dialogo immaginario, quando il piano del
discorso era metalinguistico badando sempre a rendere riconoscibili
immediatamente i miei interventi. Infine, formule, tabelle disegni alla
lavagna venivano illustrati con i consueti deittici "qui faccio così",
"qui metto questo" che ho potuto decifrare solo grazie agli appunti.
Per farla breve, la media che ero riuscito a tenere era di un'ora di
lavoro per trascrivere cinque minuti di registrazione. Finalmente, dopo
quattrocento ore sentii la fatidica frase: "Bene, allora per quest'altra
settimana cercherò di rimettere assieme il corso spostandomi di tematica". Tutta la parte logica, nel senso esteso del termine che si vedrà,
era conclusa. O almeno potevo legittimamente ritenere che lo fosse.
A questo punto presi le duecentocinquanta pagine di trascrizione e
le portai a Maurizio Matteuzzi che nel frattempo avevo messo al corrente delle mie velleità.
Il verdetto fu lapidario: "Così non si capisce niente, devi prendere
in mano tutto e riscrivere il testo tu". In altre parole gli interventi per
rendere leggibili le trascrizioni si profilarono tali per cui il passaggio
dalla prima fase di trascrizione alla seconda fase di elaborazione implicava un cambiamento di autore.
In conclusione, considerato il peso dell'intervento prospettato e l'inadeguatezza della mia preparazione, senza le garanzie di supporto di
Maurizio Matteuzzi non avrei potuto affrontare il lavoro. Ne approfitto subito per ringraziarlo non solo di avermi stimolato nel momento in
cui le speranze mi abbandonavano ma soprattutto della disponibilità a
rispondere costantemente ed esaurientemente alle mie incessanti richieste di chiarimento.
2. Presentazione
Il totale delle mie cassette, ciascuna per lezione, ammonta a trentanove. Le ultime tre sono state tenute da Melandri e Matteuzzi assieme
sul problema dell'intensione e dell'estensione nelle logiche antiche. Le
Introduzione 23
Introduzione 23
ho giudicate troppo specifiche e troppo tecniche per tenerne conto ma
potrebbero essere oggetto di uno studio ulteriore.
La registrazione della seconda lezione è andata persa e mi rimangono alcuni frammenti di trascrizione che risalgono a un periodo in
cui non avevo ancora assunto la veste di "sbobinatore" sistematico.
Alla quarta lezione, per ragioni che non ricordo, ero assente; per indicare che la lezione era avvenuta ma non ho la registrazione ho mantenuto la numerazione delle lezioni inalterata.
Nell'esposizione delle lezioni I-XVII la cronologia è per lo più rispettata. La lezione XVIII è una composizione di alcune parti delle
successive tre lezioni.
Il testo che presento si compone grossomodo di tre parti: la prima
sulla filosofia preplatonica e platonico-aristotelica, la seconda sugli
Stoici e la terza che consiste in una ripresa dei temi trattati con un occhio sull'etica e la fisica. In nessun momento nelle lezioni Melandri fa
cenno a questa suddivisione e tantomeno a "lezioni introduttive" o a
"conclusioni parziali" che sono ulteriori interventi di strutturazione del
testo da me operati.
Alcuni temi, come la psicologia della Gestalt o i connettivi della
logica proposizionale compaiono in vari luoghi di più lezioni. Quando
hanno avuto una trattazione dedicata li ho segnalati nell'indice. Ho
scartato l'ipotesi di raggrupparli perché ciò avrebbe comportato una ristrutturazione completa del corso allontanandomi dall'obbiettivo di
rimanere il più possibile aderente all'esposizione originale. Un compendio avrebbe evitato numerose ripetizioni ma avrebbe altresì nascosto il carattere di ricerca filosofica che nel corso è inscindibile da quello didattico. Per lo stesso motivo ho cercato di restituire la vivacità del
discorso orale pur operando continui interventi necessari alla lettura.
Per intendersi: ho mantenuto le espressioni colorite ma ho soppresso
le ripetizioni e le riformulazioni quando le ho ritenute ridondanti.
Il livello del discorso oscilla tra quello didattico della lezione universitaria e quello più teoretico della speculazione filosofica in atto. I
miei interventi risentono dell'equivocità del destinatario essendomi
impossibile spogliarmi della veste dello studente che cerca di capire il
discorso in atto e al contempo trovandomi a compiere su quel discorso
un'operazione esegetica quasi-filologica.
Nell'intento di calare il lettore nel contesto della lezione, le brevi
introduzioni d'apertura che appartengono al contesto del commento si
presentano talvolta in tono narrativo.
24
Introduzione
24 Introduzione
Introduzione
Procedendo nel lavoro, e avendo quindi avuto già modo di intervenire con commenti e note integrativi ed esplicativi, il conteso della lezione risulta meno interrotto. Inoltre, il diradarsi dei miei interventi è
dovuto anche ad una maggiore familiarità e sicurezza nell'ottemperare
alle lacune delle trascrizioni. Ne risulta così un andamento evolutivo
che non ho voluto mascherare: dove all'inizio ho sentito il dovere di
staccarmi dalla lezione per riformulare un contenuto a mio modo ho
utilizzato massicciamente parole e frasi di Melandri. Al contrario, verso la fine, le capacità acquisite mi hanno consentito una più "neutrale"
elaborazione della lezione mentre i miei commenti hanno acquisito
più autonomia.
Quando le trascrizioni si sono rivelate tanto lacunose da rendere
inintelligibile il passo sono stato costretto a sopprimerlo. Con ciò
qualcosa sarà andata persa, talvolta anche passaggi che intuivo come
preziosi ma davanti ai quali mi sono dovuto arrendere.
3. Interventi per agevolare la lettura
La regola generale adottata è di rimanere il più fedele possibile
all'elocuzione di Melandri (il parlato) che ha un carattere spiccatamente non testuale. Il tono colloquiale consente ripetizioni, correzioni, riprese che disturbano nella lettura di un testo per cui quando l'ho ritenuto opportuno ho derogato alla regola.
Nel contesto della lezione i miei interventi sul parlato riguardano
sia la sintassi che la semantica. Nel primo caso gli interventi sono tutti
dovuti alla trasformazione dal verbale allo scritto. A livello semantico
ho sostituito le lacune che nella prima trascrizione erano state segnalate da puntini con parole mie.
Le parentesi quadre che avrebbero costellato il testo segnalando i
miei interventi sono state eliminate salvo in alcuni casi in cui, nonostante l'ascolto risultasse comprensibile, ho giudicato che la formulazione ellittica necessitasse di un'integrazione.
Quando una frase della lezione inizia con la minuscola significa
che è stata estrapolata dal conteso.
Interventi di strutturazione del testo sono presenti a vari livelli. Il
più elementare concerne la punteggiatura che ovviamente non ho potuto che inserire secondo il mio intendimento. Il più macroscopico riguarda la suddivisione del testo in paragrafi e la relativa titolazione.
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Per quanto riguarda la disposizione degli argomenti, come già detto, non ho voluto sostituire alla progressione dei cicli tematici una sistemazione più compiuta. Tuttavia, talvolta ho giudicato opportuno interpolare parti di lezioni; talaltra ho districato l'argomento da una serie
di digressioni che conducevano troppo lontano dal tema il discorso e
in casi estremi mi sono permesso amputazioni dovute alla mia incapacità di ricostruire con un accettabile grado di attendibilità il contenuto.
Infine: schemi, figure, tabelle e diagrammi, salvo indicazione specifica, si trovano tutti nei miei appunti e sono stati copiati dalla lavagna.
4. Convenzioni tipografiche
Ho segnalato l’alternanza tra il contesto della lezione e il contesto del
mio commento adottando due caratteri tipografici diversi.
Durante la lezione Melandri parlava a ruota libera per la maggior parte
del tempo. In altri momenti leggeva testi di autori oggetto delle sue riflessioni. Nel primo caso viene usato il carattere tipografico Avenir a
12 punti; nel secondo, la lettura è segnalata con una riduzione a 9.5
punti e un rientro dai margini.
Il conteso del commento è presentato in Times New Roman a 12 punti. Le citazioni di testi di Melandri che compaiono all’interno del mio
commento sono in corsivo a 9.5 punti con rientro dal margine. (Tutte
le citazioni di altri autori compaiono virgolettate o in nota)
5. Cenni sui contenuti
Per considerare il peso di Aristotele e quello di Frege nella storia
della logica basta prendere l'indice dei nomi di un lavoro come quello
di William C. e Martha Kneale e rilevarne il numero di citazioni3. Lo
spazio occupato dalle occorrenze di questi due autori è visibilmente
maggiore degli spazi occupati da tutti gli altri autori citati.
Ora ci si chiederà "e dove sono gli Stoici"? Gli Stoici sono esattamente dove si troverà Frege ventidue secoli più tardi. Questa è fonda3
W. C. Kneale e M. Kneale, Storia della logica, Torino 1972, ed or. Oxford 1962 (di seguito
"Kneale").
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mentalmente l'idea proposta da àXNDVLHZLF]4 nel 1934 che Melandri
fa sua per indagare sotto una luce diversa da quella solita il pensiero
dell'antica Stoa e la libertà di interpretazione in cui si cimenta trova le
sue buone ragioni nel carattere dossografico dell'intero patrimonio di
frammenti degli Stoici.
Il ragionamento di Melandri era il seguente: se scopriamo una nuova logica, allora dobbiamo scoprire un'adeguata teoria dei segni, una
consistente teoria della conoscenza e infine una diversa nozione di etica. Come dire: se abbiamo letto male la logica stoica allora abbiamo
frainteso tutto il resto. E che la logica stoica fosse stata fraintesa per
secoli era diventato chiaro con il lavoro di àXNDVLHZLF]
Melandri getta quindi un primo ponte ermeneutico che collega la
logica fregeana a quella stoica; ne getta un secondo che collega la psicologia della Gestalt alla teoria della conoscenza stoica e ne getta un
terzo che collega la teoria dei segni di Odgen e Richards alla semiologia stoica.
Il ponte ermeneutico che collega la logica fregeana a quella stoica è
sorretto da un pilastro centrale che corrisponde alla teoria medioevale
delle consequentiae. Quello che collega la psicologia della Gestalt alla
teoria della conoscenza stoica poggia invece su tre pliastri ossia il
concetto cartesiano di rappresentazione, la nozione leibniziana di monade e la Idea degli empiristi inglesi, in special modo di Berkeley.
Il ponte che collega le due semiotiche può esser visto come una
lunga traversata negli arcipelaghi medioevali e moderni della teoria
dei segni ma Melandri sceglie di presentarlo come fosse a gettata unica. Il triangolo di Ogden e Richards interpreta al meglio la semiologia
stoica e ne ricalca quasi perfettamente anche la terminologia. Tuttavia,
per quanto concerne il riferimento (referent, l’oggetto extra- linguistico), che gli stoici chiamano Tynchanon, è piuttosto Wittgen- stein
a farsi specchio della concezione stoica. Poiché Tynchanon signi- fica
"ciò che accade" il pensiero non può che correre alla prima propo- sizione del Tractatus: "Il mondo è tutto ciò che accade". Ellittico e
ironico Melandri commenta: "accade poco".
All’operazione ermeneutica delineata, che sarà uno dei fili conduttori del corso, viene anteposta una lettura dei presocratici che mira ad
4
Jan àXNDVLHZLF] On the History of the Logic of Propositions, in Polish Logic, Oxford University Press, Londra 1967, ed. or. Varsavia 1934.
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Introduzione 27
evidenziare la strategia di svalutazione della problematica gnoseologica messa in atto da Aristotele.
Dalla distinzione di apparenza e realtà che emerge dalla filosofia
arcaica del linguaggio sorge lo scetticismo gorgiano: né pensiero né
linguaggio colgono il reale. Per oltrepassare la barriera che separa ontologia e gnoseologia Aristotele giocherà la mossa della transazione
continua: la conoscenza non è un'istanza separata dal reale, dunque
non si dà un problema della conoscenza. Il successo di Aristotele sarà
tale da nascondere sia l'abilità insita in questa mossa eversiva, sia la
ricerca di una soluzione diversa operata dal pensiero ellenistico.
In questo corso, dopo averne tenuti alcuni su Aristotele, Melandri
decide di giocare nel campo degli Stoici costringendo il punto di vista
peripatetico sulla difensiva. Le posizioni megarico-stoiche vengono
prese come punto di accumulo del pensiero ellenistico. Viste senza i
pregiudizi degli storici della filosofia dell'Ottocento queste posizioni
risultano in continuità con i predecessori della svolta platonico- aristotelica che finirà per dominare il panorama medioevale.
Benché dal punto di vista della storia del pensiero potrebbe essere
interessante indagare cosa sopravvive della sintesi di Boezio lungo il
corso dei secoli, a Melandri interessa, a mio modo di vedere, soprattutto la persistenza delle problematiche legate al superamento dello
scetticismo. Il fatto che i problemi si pongano all'inizio del secolo
scorso quasi con gli stessi termini in cui venivano indagati nell'antica
Stoa dimostra da una parte l'acutezza degli Stoici e dall'altra la rilevanza del loro modo di porre il problema della conoscenza.
L’operazione messa in atto in questo corso di studi sulla teoria della conoscenza stoica non si limita tuttavia a riscoprirne la rilevanza
lungamente misconosciuta. Il dubbio che viene insinuato è che anche
l’etica dell’antica Stoa sia stata fraintesa. Melandri vi accenna soltanto
e non è dato sapere quali risvolti possano esservi stati nel suo pensiero
a questo proposito. Che il suo insegnamento fosse in grado di suggerire qualche direzione di ricerca era un’intenzione dichiarata. Presentando queste lezioni ho provato a rendere di nuovo disponibili i molti
stimoli alla ricerca di cui era sempre pregno l'insegnamento di Melandri.