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Riassunto del libro "il colloquio clinico" di Lang e Sez I e II di
"elementi di psicologia clinica" Del Corno e Lang!
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autore: Fandelrock
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Tecniche del colloquio
Lang – Il colloquio clinico
Primo contatto con il paziente
Cap 1: La consultazione
La consultazione o processo diagnostico
Al momento dell’incontro psicologo e paziente hanno un oggetto comune ma non necessariamente
uno stesso obiettivo; la situazione è asimmetrica.
TO
Oggetto comune della consultazione è il disagio, il disturbo, la sofferenza o il sintomo che il paziente
lamenta; che può essere di carattere somatico o psichico.
Altro importante fatto da considerare è se la decisione di rivolgersi ad uno psicologo sia maturato
spontaneamente o dal suggerimento di altri. In questi casi si deve accertare:
• Le funzioni che attribuisce allo psicologo
• Quale è il processo decisionale che lo ha portato a rivolgersi allo psicologo o perché gli altri
ritengono che si debba rivolgere ad uno psicologo
AT
Certamente il fatto di rivolgersi ad un medico è il risultato di un processo decisionale che ha rilevato
alcuni fatti cui ha attribuito un valore probatorio e li ha interpretati, generando una propria ipotesi
diagnostica.
TR
La consultazione è solo un evento in genere di breve durata, all’interno di un processo continuo
finalizzato a trovare un significato, dare un valore e agire sui sintomi.
ES
La consultazione è il processo diagnostico si avvale di strumenti diversi.
Mentre il colloquio può essere definito come:
“un processo interattivo, che ha luogo almeno tra due persone, diverso dalla conversazione, in
quanto l’interazione è finalizzata al conseguimento di un obiettivo predeterminato”
Il colloquio clinico è:
“un incontro fra una persona che soffre e cerca aiuto e un’altra che si suppone sia in grado di
fornire aiuto a cui è richiesto qualcosa di più di un semplice ascolto”. Gli obiettivi che il colloquio
clinico si prefigge sono:
• Ottenere nel minor tempo possibile il maggior numero di informazioni utili per lo scopo che
si prefigge
• Mantenere una buona alleanza col paziente
• Raccogliere i dati che provengono sia dal colloquio sia dalla modalità di interazione tra
operatore e paziente
Questi obiettivi dipendono da diversi fattori quali:
• Richiesta del paziente
• Età del paziente
• Gravità della situazione clinica
• Capacità diagnostica
• Caratteristiche della struttura e/o dell’operatore in cui avviene la consultazione
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E’ necessario per cui che il clinico sappia lavorare con una gamma di strutture e di personalità e con
problemi diversi. In un colloquio generalmente non è possibile raccogliere in modo sistematico le
informazioni dal paziente, perché quando arriva non sempre la percezione della malattia è corretta.
Il clinico deve avere in mente uno schema delle aree che si devono indagare.
Il primo colloquio si basa su i seguenti presupposti:
• Il paziente arriva da una persona che non conosce
• Il mestiere dello psicologo è insolito e sconosciuto
• Non si hanno informazioni sulle capacità del clinico
Ciò che il clinico tenta di fare fin dall’inizio è creare un ambiente che risponda per quanto possibile
alle necessita di cui il paziente ha bisogno. Non necessariamente di un ambiente empatico, infatti in
alcuni contesti un clima amichevole può paradossalmente aumentare la diffidenza e la sospettosità
del paziente.
TO
Le domande aperte sono quelle per rompere il ghiaccio, finalizzate a facilitare la comprensione.
Rimanere in silenzio e aspettare che sia il paziente a prendere l’iniziativa il più delle volte è
controproducente. Così come è altrettanto controproducente iniziare immediatamente con
domande chiuse. Nel caso di un colloquio di consultazione le domande aperte si alternano a
domande chiuse.
AT
La situazione che possiamo avere all’inizio è:
• Il motivo della consultazione e il sintomo sembrano coincidere
• Un paziente può arrivare in consultazione perché ha un disagio di natura non ben precisata
• Il paziente può venire in consultazione perché mandato da altri
• Il paziente può arrivare perché ha problemi di “lavoro” o altro
ES
TR
Lo psicologo deve:
• Raccogliere i dati
• Formulare delle ipotesi
• Verificare le ipotesi che ha formulato per raggiungere una diagnosi
La diagnosi è il primo passo tecnologico che permette di trasformare una persona con un fastidio
non ben precisato in un paziente con un disturbo psichico.
Dobbiamo fare una distinzione tra:
• Sintomo = qualsiasi sensazione soggettiva in base alla quale il paziente decide di avere
qualcosa che non funziona e lo riporta al clinico
• Segno = è il rilievo che il clinico e paziente ricavano dall’osservazione obiettiva
• Sindrome = complesso dei sintomi che caratterizzano una determinata malattia
Secondo il modello di Othmer e Othmer, le aree che si devono indagare sul sintomo sono:
• Caratteristiche = è importante chiarire il significato dei termini descritti dal paziente
• Gravità e modificazioni:
o Durata
o Frequenza
o Intensità
o Gravità = deve essere fatta basandosi su indici precisi che per il DSM IV sono una
compromissione a livello:
! Sociale
! Lavorativo
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•
•
! Altre aree importanti
Contesto in cui si presenta = si devono considerare gli antecedenti (le possibili variabili che
precedono la comparsa del problema) e le conseguenze (ciò che capita dopo la comparsa del
problema e in qualche modo lo condiziona o lo mantiene). Inoltre vanno considerate le
informazioni in merito alle indicazioni terapeutiche che sono state consigliate in precedenza
e per il motivo del quale tali terapie siano state efficaci o meno o se siano state accolte o
rifiutate.
Ricorrenze = ovvero le informazioni riguardo le modalità di insorgenza (nascita, insidiosa,
acuta) e il decorso (cronico, cronico stabile, cronico fluttuante, cronico con deterioramento
progressivo, cronico con deterioramento ed esacerbazione) e dunque individuare i fattori
che sembrano aver provocato/precipitato/peggiorato i problemi psichici
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TR
AT
TO
Queste aree sono indagabili attraverso il colloquio clinico oppure attraverso la compilazione di scale
per l’autovalutazione. Tra cui:
• SCL 90 R (self-report synmptom inventory-revised) = si tratta di un’intervista
autosomministrata comporta da 90 item che rilevano 9 dimensioni (che hanno il nome dei
disturbi di asse II del DSM ma in realtà l’intervista non serve a definire se il soggetto
presenta un disturbo di personalità). Ciascun item è valutata su una scala da 0 a 4.
• SCID I-II (structured clinical interview for DSM) = è un’intervista semistrutturata
sviluppata da Spitzer per la diagnosi dei disturbi di Asse I e II del DSM. Esistono 3 versioni
di questa intervista:
o Patient version = per i pazienti ricoverati
o Outpatient version = specifica per la valutazione dei pazienti ambulatoriali
o Nopatient version = per la valutazione di soggetti che si suppone esenti da patologia
psichiatrica
Lo SCID II analizza i disturbi di personalità e si compone di un questionario
autosomministrato iniziale. Il vantaggio dello SCID I – II è la divisione in moduli che
permette al clinico di focalizzarsi maggiormente su un aspetto rispetto ad altri.
• EDE (eating disorder examination) = è un colloquio clinico semistrutturato finalizzato alla
diagnosi specifica dei disturbi alimentari. E’ composta da item suddivisi in 4 sottoscale che
vengono valutati in base a un punteggio tra 0 e 6.
Una volta individuati i sintomi l’operatore deve formulare delle ipotesi riguardo al tipo di disturbo.
Ogni sindrome o disturbo clinico è contraddistinto da una sintomatologia essenziale e da una
sintomatologia accessoria. Il clinico individua la sintomatologia essenziale attraverso il DSM o
l’ICD.
Esiste una relazione tra sintomo essenziale e area da indagare mediante il colloquio e in particolare
lo SCID, con la sua struttura modulare, rappresenta uno strumento valido per il clinico.
Una volta definito il sintomo che il paziente lamenta, il clinico deve chiedersi in quali quadri
psicopatologici possa comparire e fare una diagnosi differenziale.
Solitamente un sintomo non è mai isolato ma è organizzato all’interno di un cluster di sintomi che
hanno, maggiori probabilità di essere presenti in determinati quadri psicopatologici.
Un sintomo disturba il funzionamento della persona, vale a dire il suo funzionamento cognitivo ed
emotivo, le relazioni con il sé e con gli altri. Di conseguenza, il passare dal sintomo alla sindrome
implica rilevare come e in quale misura tutto questo sia avvenuto, in modo da comprendere il
funzionamento della persona giunta in consultazione.
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autore: Fandelrock
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Cap 2: I dati: problemi tecnici
Tecniche di conduzione del colloquio
I problemi che si incontrano nella raccolta dei dati sono:
• Il paziente non fornisce le informazioni richieste. Questo può avvenire o per mancanza
dell’alleanza diagnostica e/o per il fatto che il paziente presenta un disturbo psicopatologico
grave o in fase acuta
• Le informazioni che si ottengono non sembrano credibili
• Il clinico manca delle competenze necessarie per la conduzione del colloquio
Non esiste una tecnica migliore di un’altra, ma esistono tecniche che sono più indicate per gli
obiettivi che il clinico si propone di conseguire.
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Chiuse
- il paziente descrive
quello che sente, pensa
e agisce
- Aiutano a risparmiare
tempo
Limiti
- Non è possibile dare una risposta si/no
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Domande
Vantaggi
Aperte
- Permettono risposte
individuali
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DOMANDE CHIUSE E APERTE
Vediamo brevemente i vantaggi e i limiti:
- Non incoraggiano a fornire informazioni in più
- Il paziente può sentirsi interrogato se gli vengono fatte
numerose domande di seguito
- I pazienti che non hanno molte capacità verbali possono
fornire poche informazioni
- Se si inizia con le domande chiuse, i pazienti possono farsi
un’idea che si voglia continuare in questo modo per tutto il
colloquio e quindi rispondere solo se interrogati
Le domande possono essere utilizzate seguendo:
• Il flusso del discorso del paziente
• Aderendo rigorosamente allo schema di raccolta dei dati previsto dal modelli di riferimento
• Integrando le due strategie in base all’obiettivo che si propone in quel momento
Esiste una stretta relazione tra le modalità di conduzione del colloquio e la psicopatologia del
paziente. Questo non è dovuto solo alla presenza/assenza dell’esame di realtà (quindi alla presenza
di disturbi del pensiero, deliri e allucinazioni) e determina la qualità del tipo di dati che si possono
raccogliere, ma soprattutto perché il tipo di rapporto che il paziente instaura con gli altri determina:
• Qualità della relazione
• La possibilità di accesso da parte del clinico alle informazioni necessarie per un corretto esito
della consultazione.
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autore: Fandelrock