MALATTIE NEURODEGENERATIVE E CELLULE STAMINALI Le patologie di carattere infiammatorio che colpiscono il SNC possono essere suddivise in due classi: primarie e secondarie. Le prime, come SM, ictus cerebrale e lesione del midollo spinare sono caratterizzate da un evento infiammatorio acuto seguito da una neurodegenerazione. Le secondarie, tra cui epilessia, Alzheimer,Parkinson ed Huntington, sono invece caratterizzate da neurodegenerazione primaria che porta successivamente ad infiammazione cronica. Questi stati infiammatori sono stati dimostrati avere un importante effetto sulla capacità neurogenica delle nicchie staminali endogene del cervello. Ê chiaro che il SNC è in grado di reagirfe spontaneamente all'instaurarsi di uno stato infiammatorio. Le NSCs guidano, infatti una risposta riparativa endogena nel tentativo di riparare il danno formatosi e rimpiazzare le cellule morte. Sfortunatamente questi meccanismi nono sono sufficienti a ripristinare una completa funzionalità del SNC. E proprio a causa di questa incapacità che è nata l'idea dei trapianti per rimpiazzare quelle danneggiate dalla patologia. Negli anni 90 numerosi studi preclinici hanno testato(su animali) l'efficacia di trapianti focali di cellule neurali differenziate, tuttavia senza raccogliere dati molto soddisfacenti, soprattutto nel caso di patologie caratterizzate da danni disseminati all'interno del SNC. La messa a punto di tecniche ottimali per l' isolamento di cellule staminali, per la loro coltivazione in vitro e le limitazioni riscontrate con i trapianti di cellule differenziate, hanno suscitato grande interesse verso tutti hanno un grande potenziale differenziativo ma hanno anche maggiore capacità migratoria rispetto a cellule mature, caratteristica necessaria nella messa a punto di trattamenti sistemici per la cura di patologie multifocali. In questo periodo, diverse dichiarazioni hanno suggerito che le cellule staminali possano già essere impiegate oggi nel trattamento di persone affette da neuropatologie. C’è molto entusiasmo sulla possibilità di utilizzare cellule staminali per il trattamento di neuropatologie ad oggi incurabili – che si tratti di malattie neurodegenerative ad insorgenza tardiva come il morbo di Parkinson (MP), di patologie infiammatorie ad insorgenza più precoce come la sclerosi multipla o di malattie metaboliche innate. Sebbene questo entusiasmo sia comprensibile, è anche fin troppo facile che esso si trasformi in un infondato ottimismo che spiani la strada verso una prematura applicazione di tali trattamenti in ambito clinico, dove pazienti disperati e le loro famiglie sono spesso inclini a sottoporsi a qualsiasi intervento. Nel caso di malattie che colpiscono il sistema nervoso l’idea generale è di utilizzare cellule staminali per tentare di rimpiazzare le cellule nervose che sono degenerate a causa della malattia, come i neuroni dopaminergici nel morbo di Parkinson. Però, prima di passare alla clinica bisogna aver dimostrato che: • le cellule staminali che si intende utilizzare riescano a diventare autentici neuroni funzionanti del tipo desiderato. Ad esempio, neuroni dopaminergici della sostanza nera nel caso del morbo di Parkinson, neuroni striatali – quindi DARPP-32 positivi - nel caso della malattia di Huntington, etc ... ; • le caratteristiche e proprietà funzionali di questi neuroni derivati da cellule staminali devono essere costantemente riprodotte in laboratorio (idealmente in più di un laboratorio); • questi neuroni derivati da cellule staminali devono essere in grado di sopravvivere a lungo nei modelli animali della malattia dopo il trapianto e apportare benefici all’ animale; • le cellule staminali una volta trapiantate non devono proliferare in maniera anomala e dare origine a tumori. Finora i requisiti sopraelencati sono stati soddisfatti unicamente da neuroni derivati da cellule staminali embrionali o iPS (cellule staminali pluripotenti indotte), soprattutto per il Parkinson. I dati ottenuti, però, non sono ancora della qualità sufficiente per passare alla clinica. Il problema è che questi neuroni derivati da cellule staminali, anche se possiedono alcune delle caratteristiche dei neuroni dopaminergici che muoiono nel Parkinson, non sono ancora sufficientemente differenziati e maturi per formare le giuste connessioni nei circuiti nervosi dell’ospite, connessioni che sono necessarie per il ripristino di una corretta attività cerebrale. In assenza di queste proprietà, tali cellule mancano di una vera autenticità e non ci si può aspettare che se trapiantate riescano a migliorare le condizioni cliniche dei pazienti. In conclusione, qual è la verità sulle terapie staminali applicate al trattamento di neuropatologie? La verità è che si tratta di un campo in continua espansione e piccoli, ben pianificati trial clinici sono attualmente in corso e in fase di progettazione, ma nessuno di questi ha mostrato un livello di efficacia che suffraghi la speranza che possano essere utili nel 2013. Col tempo verranno fatti ulteriori progressi, ma questo potrà avvenire solo se si seguiranno i metodi ben stabiliti e regolamentati di traslazione dal laboratorio alla clinica. Se questi approcci verranno abbandonati nella fretta e nell’urgenza di passare alla clinica, allora si profila il rischio concreto che l’intero campo venga travolto dai risultati disastrosi di terapie mal formulate e applicate frettolosamente.