Prof. Riccardo Concetti Letterature Comparate Perugia, 07/03/2008-10/03/2008 L’idea di letteratura e le sue implicazioni Che cosa si è inteso, nel tempo, per letteratura? È possibile, attraverso una ricognizione storica, formulare l’ipotesi che l’idea di letteratura vari sì nel tempo ma all’interno di un sistema di riferimento che la definisce? Seguendo la traccia segnata dal comparatista rumeno Adrian Marino (1921-2005) nella sua Teoria della letteratura (ed. orig. 1987), si può dare una risposta affermativa a queste domande. Marino ripercorre infatti in maniera diacronica la ricchezza semantica dell’idea di letteratura per evidenziare quelle invarianti (“le sue accezioni di base, centrali, ricorrenti, stereotipe, archeitpiche”) dalle quali si può evincere un sistema. Queste invarianti possono essere descritte secondo coppie di termini che corrispondono ad associazioni e dissociazioni semantiche interne al sistema. Di esse approfondiremo queste tre: ■ Scrittura vs. Oralità ■ Sacro vs. Profano ■ Cultura vs. Poesia Pur nei limiti di ogni schema, è possibile argomentare che la (presupposta) crisi della letteratura nel mondo moderno (cfr. lezioni 25-27-29 febbraio) risponde a dinamiche dissociative intrinseche al sistema dell’idea di letteratura, destinate dunque, sempre all’interno del sistema, a essere risolte. Scrittura vs. Oralità Il termine latino litteratura è un neologismo del periodo ciceroniano (prima metà del I secolo a. C.). Deriva da littera (=lettera, carattere scritto) con aggiunta del suffisso -ura è, probabilmente in analogia con scriptura. Corrispondente del greco grammatiké, è dunque un termine dotto che, nella sua accezione originaria, indica la notitia litterarum , ossia la capacità di leggere e scrivere, l’alfabetizzazione e, per esteso, le complesse conoscenze che da essa derivano. In senso derivato, per litteratura si è inteso anche l’insieme degli scritti, un’accezione (più vicina alla nostra) attestata con sicurezza non prima che nel II sec. d.C. “Il significato primo, fondamentale, originario, della letteratura […] è intrinsecamente legato allo scritto e all’intero suo campo semantico-lessicale.” (Marino). A causa del suo stretto legame con la tecnica della scrittura possiamo riconoscere alla Letteratura lo status di medium. Ma quando è nata la scrittura? Facendoci guidare da Walter Ong (Oralità e scrittura. Le tecnologie della parola , 1982), possiamo dire che ciò è avvenuto relativamente tardi: “L’homo sapiens è vissuto sulla Terra circa 50.000, mentre il primo vero esempio di scrittura di cui siamo a conoscenza, si sviluppò tra i Sumeri della Mesopotamia soltanto intorno all’anno 3500 a.C.” (Ong) All’inizio si trattava di pittogrammi, ad essi si unirono ideogrammi. Solo successivamente si scoprì il nesso suono-scrittura , con la scoperta del fonetismo, su cui già si basano le scritture egizie. Attorno al 1500 a. C., i Fenici inventarono l’alfabeto . “La cosa più notevole a proposito dell’alfabeto è senza dubbio che esso fu inventato una volta sola. […] Tutti gli alfabeti 1 Prof. Riccardo Concetti Letterature Comparate Perugia, 07/03/2008-10/03/2008 del mondo […] derivano in un modo o nell’altro dallo sviluppo di quello semitico originario” (Ong) Ma cosa fa la scrittura? La “scrittura è una tecnologia” (Ong) che registra il linguaggio basato (cfr. Saussure) prevalentemente sulla oralità. “Leggere un testo significa convertirlo in suono […]. La scrittura non può mai fare a meno dell’oralità. […] L’espressione orale può esistere […] senza alcun sistema di scrittura corrispondente, mentre quest’ultima non può esistere senza l’oralità.” (Ong) Un elemento costitutivo della scrittura è dunque quello di inglobare l’oralità. Se la letteratura si basa sulla scrittura, significa che ingloba in sé anche l’oralità; ossia nella letteratura sono presenti aspetti che derivano dalle dinamiche dettate dalla scrittura che ingloba, metabolizzandole, quelle dell’oralità. Ma quali aspetti culturali dipendono dalla scrittura e quali dalla oralità? Cosa cambia tra “culture chirografiche” e quelle “a oralità primaria” (Ong), ossia senza la scrittura? Culture chirografiche Culture ad oralità primaria La parola è astrazione: La parola è azione: “L’uomo chirografico e tipografico tende a “Il linguaggio è un modo dell’azione e non pensare ai nomi come ad etichette mentalmente semplicemente il contrassegno del pensiero” [60]. affisse all’oggetto denominato” [60]. “I popoli contraddistinti da una cultura orale “Il discorso scritto in quanto tale differisce da pensano comunemente ai nomi come aventi quello orale nel senso che non nasce potere sulle cose” [61]. dall’inconscio. Il trasferire la lingua parlata nella “Il mondo orale […] non esiste mai in un scrittura è un processo guidato da norme contesto puramente verbale […]. L’espressione consapevolmente inventate e chiaramente orale è sempre la modificazione di uno stato formulabili” [123], che necessitano quindi complessivo, esistenziale, che impegna tutto il autoriflessione, concettualizzazione. corpo” [100]. Senso della storia Origini mitiche Con la scrittura il passato diventa fatto Il tempo si distingue tra attualità e origini mitiche documentabile e di per sé indipendente dalle Ma esiste una forte memoria anche presso i dinamiche della memoria biologica e dalla vita popoli a sola oralità. Questa memoria è basata delle comunità, quando il presente “imponeva la sulle formule. propria economia sulle rimembranze del passato” [78]. Analisi del Fedro di Platone. Sacro vs. Profano “La lettera fa la sua comparsa in un orizzonte spirituale dominato dalla sacralità sotto tutte le forme” (Marino). Tuttavia la scrittura – e quindi la letteratura – viene inventata dapprima per scopi commerciali. Le prime testimonianze scritte che abbiamo si riferiscono alla cultura sumera. Sono le “tavolette di Uruk”, risalenti al IV millennio a. C., che rappresentano una sorta di registro contabile, contenendo elenchi di sacchi di grano e di capi di bestiame. (Nella sacralità della letteratura si riscontra l’aporia oralità vs. scrittura: se già di per sé la parola orale è prerogativa divina, passata all’uomo, cfr. Genesi, anche la scoperta della scrittura è generalmente legata a un mito sacro, cfr. Fedro di Platone.) Ma che cos’è il sacro? 2 Prof. Riccardo Concetti Letterature Comparate Perugia, 07/03/2008-10/03/2008 Rifacendoci a Mito e realtà (1963 ed. ingl.) di Mircea Eliade (1907-1986) definiamo il sacro come il tempo forte del mito. Ciò va inteso in un duplice senso: a) come tempo delle origini: “Il mito è sempre la narrazione di una ‘creazione’: riferisce come una cosa è stata prodotta, ha cominciato a essere” (Eliade). b) come tempo del recupero delle origini attraverso il rito: il sacro è il tempo in cui la forza creatrice del mito si riproduce. Che cos’è il profano? ■ Nelle religioni primitive è il tempo debole, insignificante, che divide le origini dal momento del rito. ■ (Con il giudaismo le cose cambiano. Da una parte il tempo diventa lineare, definito da avvenimenti accaduti una sola volta in maniera irreversibile, tanto che la creazione e la fine del mondo sono eventi unici; dall’altra esso non è più separato in tempo sacro e profano, perché Dio ha sì agito nel tempo del principio ma continua a intervenire in un tempo ben delimitato della storia degli uomini. Il rito ebraico non è più una maniera di riattivare il tempo della creazione, ma il ricordo di un evento storico.) Come persistenza del sacro nel tempo profano possiamo definire l’idea di bello estetico, fondamentale per il paradigma letterario (vedi sotto cultura vs. poesia). Il bello risulta da due momenti di de-sacralizzazione. Prima desacralizzazione: La scoperta greca del bello estetico si ha quando la cultura greca, dal VI secolo a.c., abbandona il mito come fonte di conoscenza del principio, dell’arché e si rivolge alla speculazione razionale sulla realtà, ossia alla filosofia. I pitagorici furono i primi a formulare il concetto di bellezza: “Secondo loro la bellezza di un oggetto consiste nella perfezione della sua struttura, costituita dalla proporzione delle parti”. (Tatarkiewicz) La bellezza ha dunque a che fare con la struttura numerica e razionale dell’essere che investiga la filosofia. La bellezza greca include: ■ a) inteso in senso ampio anche il bello morale (il bello è di competenza dell’etica e dell’estetica) ■ b) in senso puramente estetico solo tutto ciò che provoca sensazioni di gradevolezza, in quanto colore, suono o pensiero. Seconda secolarizzazione: Nel Settecento illuminista, in seguito alla Rivoluzione scientifica e per effetto dell’esclusione della religione dalla filosofia, si è prodotta una frattura fra queste due accezioni di bello, con l’esclusione della prima. La teoria del bello, l’estetica che nasce proprio nel Settecento, riguarda ormai solo il che cosa investe i sensi e come li coinvolge. ■ Cultura vs. Poesia (totalità vs. autonomia) Marino osserva che il termine letteratura sia stato inteso come “deposito organizzato” di tutto lo scibile, di tutto quanto è trasmissibile attraverso le tecniche della memoria e dell’apprendimento [1987: 82, tr. it.]. In questo senso letteratura coincide con cultura : “Il senso forte, di base, originario, della letteratura ”, spiega, “è la cultura scritta ” [1987: 502]. “Nessuna nozione di ‘bello’ e di ‘estetico’ entra nella sua costituzione originaria.” [82].Infatti: Per litteratura i latini intendevano l’attività dello scrivere e, per estensione semantica, l’insegnamento di quanto si può apprendere da e con la scrittura 3 Prof. Riccardo Concetti Letterature Comparate Perugia, 07/03/2008-10/03/2008 così il termine indicava sia le discipline (le artes liberales ) che oggi diremmo approssimativamente letterarie, sia quelle che diremmo scientifiche (trivium: grammatica, retorica, dialettica vs. quadrivium: geometria, aritmetica, astronomia, musica). “E la poesia? Non si trova in alcun elenco né potrebbe trovarvisi. Infatti già nell’Antichità, e ancor più nel Medioevo, era ritenuta come un genere di filosofia o di profezia, non di un’arte. Il poeta era un vate, non un artista.” (Tatarkiewicz ) Se questa concezione è valida dall’Antichità fino a tutto il Rinascimento, con la rivoluzione scientifica verrà meno la convinzione che il metodo della grammatica e quello della matematica siano affini. Il termine letteratura si specializza e si fa autonomo: E’ il bello, come spiega Marino “la prima categoria ‘specifica’ della letteratura, che inizia ad evadere dalla sua condizione originaria culturale-didattica-erudita” [1987: 173]. Questa evoluzione si può seguire attraverso il lessico. Nella Francia del Seicento si fa strada l’espressione belles lettres. L’aggettivo indica ancora un sapere erudito, ma ormai solo il sapere storico, linguistico e letterario necessario per la conoscenza del passato greco e latino. Nel Settecento si ha un’ulteriore limitazione semantica: la bella letteratura viene ristretta ai soli scritti che rientrano nei generi della poesia epica lirica, drammatica e della prosa ornata, poiché le belle arti (cfr. Charles Batteux Les beaux arts réduits à un même principe, 1746) hanno come scopo il piacere. Con la fine del Settecento e il Romanticismo la letteratura si identifica con la poesia, cfr. le accezioni del termine tedesco Dichtung. Sulla associazione letteratura = poesia non si basano solo la poetica ottocentesca del Simbolismo e quelle novecentesche delle avanguardie. Ancora la linguistica novecentesca (R. Jakobson) riconosce nella funzione poetica lo specifico letterario. Ma questo processo non è irreversibile. “La verità fondamentale rimane la seguente: la letteratura (la cultura in tutte le sue forme) è la ‘norma’, la poesia solo l’‘eccezione’” [Marino 208]. Il sistema di Marino, con le tante inclusioni ed esclusioni, sostituzioni e omologazioni, è aperto al ritorno. Un indizio è l’odierna tendenza dei cultural studies . 4