L`occhio del diavolo

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L'occhio del diavolo
Inviato da Francesca Caruso
martedì 05 febbraio 2013
Titolo: L'occhio del diavolo
Titolo originale: Kvinnors Väntan
Svezia: 1959. Regia di: Ingmar Bergman Genere: Commedia Durata: 87'
Interpreti: Bibi Andersson, Gunnar Björnstrand, Jarl Kulle, Stig Järrel, Nils Poppe, Gertrud Fridh, Sture Lagerwall, Georg
Funkquist, Gunnar Sjöberg, Torsten Winge, Axel Düberg, Kristina Adolphson, Allan Edwall, Ragnar Arvedson
Sito web ufficiale:
Sito web italiano:
Nelle sale dal: 1960
Voto: 7
Trailer
Recensione di: Francesca Caruso
L'aggettivo ideale: Capriccioso
Scarica il Pressbook del film
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Dovrà passare qualche anno da “Sorrisi di una notte d’estate” per vedere Ingmar Bergman dedicarsi nuovamente ad
un’opera allegra, non propriamente una commedia come quella sopracitata, ma un rondò capriccioso, come definisce
l’autore “L’occhio del diavolo” (Djävulens öga, 1960) nei titoli di testa.
È un film in cui la leggerezza si intreccia alle riflessioni sull’amore e su quale sia il suo potere. È distribuito in una nuova
riedizione Dvd dalla Bim e 01 Distribution, con ampliati contenuti speciali.
Negli inferi il diavolo è infastidito da un persistente orzaiolo, causatogli dalla castità di Britt-Marie, che vuol restare vergine
fin dopo le nozze. Parlando con i suoi due consiglieri, a Belzebù viene un’idea: inviare sulla terra Don Giovanni per
sedurre la ragazza e non farle mantenere il suo proposito.
Don Giovanni, ospite a casa del pastore, padre della ragazza, avrà modo di conoscerla. Il seduttore rimane sedotto, non
compiendo la sua missione, ma il diavolo ottiene comunque una piccola e molto più significativa vittoria.
Questo film è stato realizzato da Bergman, spinto dal produttore della Svensk Filmindustri, Allan Ekelund, per
contraccambiare il finanziamento del precedente “La fontana della vergine”, al quale il regista teneva molto.
Questo è anche il film della discordia, quella che c’è stata tra l’autore e il direttore della fotografia Gunnar Fischer, suo
collaboratore in 12 pellicole. Il primo lavoro insieme è stato “Città portuale” nel 1948. Fischer è morto l’11 giugno 2011, da lì
a pochi mesi avrebbe compiuto 101 anni.
Nei lavori di Bergman si può notare – dove più, dove meno – la presenza del linguaggio teatrale coniugato con ponderata
maestria a quello cinematografico. In questo film l’aspetto teatrale è maggiormente sottolineato, contrappuntato dai tre
atti spiegati dal narratore, che dà anche le basi dalle quali partire per familiarizzare con i personaggi.
Quest’aspetto si rispecchia nelle scenografie – essenziali e, a volte, quasi inesistenti come la camera da letto di Don
Giovanni – nelle luci e nel movimento di macchina. In più occasioni Bergman dà agli attori la libertà di spostarsi negli spazi,
lasciando la macchina da presa ferma o quasi.
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I dialoghi tra i personaggi fanno trapelare quelle tematiche di cui l’autore si nutre: l’amore, la tentazione, la lotta tra il bene
e il male e come l’integrità di una persona sia cosa rara e difficile da mantenere.
In effetti Britt-Marie appare una ragazza salda nei suoi principi e leale verso il fidanzato Jonas, ma basta stare in sua
compagnia per comprendere quanto il suo amore sia precario: colleziona baci e mente nel talamo nuziale, dimostrandosi
uguale a tante altre. Nell’epilogo Bergman sembra suggerire un potenziale adulterio nel futuro della coppia, aspetto già
trattato e che ritorna spesso nei suoi film.
Un Don Giovanni innamorato prende posizione nei riguardi dell’amore e accetta qualsiasi pena. Il suo sentimento, però,
non scaturisce dal senso di solitudine, dalla passione giovanile, dall’inesperienza o dal desiderare conforto, come accade
nei film antecedenti a questo. In “L’occhio del diavolo” quello provato è amore (puro e semplice) per una donna.
Il grande seduttore rimane profondamente toccato dal fatto che la giovane gli abbia letto dentro il cuore, come nessuno
mai ha fatto.
In questo racconto Bergman non si discosta dal dare forma ad un mondo abitato da pensieri e sentimenti, che vanno al
di là dei luoghi comuni. Mette in scena i segreti più intimi dell’animo umano con l’onestà che gli è propria.
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