precomprensione critica e circolarità ermeneutica

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INSEGNAMENTO DI
FILOSOFIA DEL DIRITTO II
LEZIONE IV
“PRECOMPRENSIONE CRITICA E CIRCOLARITÀ ERMENEUTICA”
PROF. FRANCESCO PETRILLO
Filosofia del diritto II
Lezione IV
Indice
1
Precomprensione critica e circolarità ermeneutica------------------------------------------------- 3
Bibliografia ------------------------------------------------------------------------------------------------------ 10
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
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1 Precomprensione critica e circolarità ermeneutica
C’è ormai una difficoltà oggettiva a interpretare il diritto come se fosse soltanto la legge di
uno stato o a interpretare il diritto soltanto pensando a un ordinamento giuridico delimitato
territorialmente. Ma anche ad interpretare le norme nella loro fissità temporale. Come, ad esempio,
possiamo interpretare il diritto su web che non è delimitato territorialmente e che non è
temporalmente determinato? Come interpretiamo alcune questioni che non possono considerarsi
soltanto intestatalizzate per cui potremmo utilizzare il diritto comparato ma debbono considerarsi
invece piuttosto destatalizzate perche abbiamo a che fare con la necessità di contrattare in un
mercato che non vuole seguire necessariamente la legge di uno stato, un mercato nel quale per
esempio entrano oggi con grande rilievo autori come l’India, la Cina, il Brasile che hanno sistemi
che non appartengono né alla tradizione del civil law né alla tradizione del common law, ma sono
sistemi misti, nel senso che contengono elementi dell’uno e elementi dell’altro? In questi casi non
basta ricorrere alla norma dell’uno o dell’altro ordinamento giuridico o comparare le norme tra di
loro, occorre pensare a come interpretare questi atti.
In questa dimensione l’ermeneutica giuridica si caratterizza per avere come premessa del
suo ragionamento due presupposti fondamentali: il presupposto delle precomprensione critica e
della circolarità ermeneutica. Cominciamo dal secondo, che è la vera questione di fondo, la vera
innovazione da cui non possiamo prescindere oggi quando interpretiamo il diritto perché la
circolarità ermeneutica è il riconoscimento non solo in campo giuridico, ma in tutti i settori della
cultura, della vita dell’uomo della nostra epoca, di non potere ridurre il fenomeno
dell’interpretazione, cioè della conoscenza del mondo, soltanto a un soggetto.
L’uomo contemporaneo è un uomo che non si accontenta più di una conoscenza del mondo
soltanto di tipo soggettivo, nessuno crede più che interpretare il diritto cosi come la musica, la
letteratura sia soltanto un’attività del soggetto fatta per finalità soggettive. Nessuno crede più che
l’interpretazione del diritto sia un’attività fatta ad esempio dal magistrato esclusivamente per lo
stato. C’è la consapevolezza che l’interpretazione sia un processo più complesso dell’appropriarsi
del mondo. Interpretare un testo giuridico da tempo non significa più fare proprio il contenuto
linguistico e l’analisi logica e semantica di quel testo. Si ha la consapevolezza invece che
l’interpretazione, in tutti i campi del sapere, ma in particolar modo nella scienza giuridica, è
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un’attività che coinvolge decisamente il soggetto sul quale ricade l’interpretazione stessa. L’oggetto
dell’interpretazione non è più nella circolarità ermeneutica un momento passivo che subisce
l’attività del soggetto interpretante. L’oggetto dell’ interpretazione è un mondo sul quale si sono
susseguite molteplici interpretazioni. L’oggetto dell’interpretazione è un insieme di spiriti che si
sono affannati per cercare di comprendere il suo significato, mentre questo nell’arte, nella
letteratura significa riferirsi alle trasformazioni culturali e storiche dell’oggetto nel corso delle
molteplici interpretazioni nel tempo, per noi giuristi viene ad avere un significato assolutamente
peculiare, perché l’oggetto della nostra interpretazione non è soltanto un tempo che interpretiamo
ma tutto l’insieme dei pezzi che hanno caratterizzato l’interpretazione di quel testo, cioè noi non
interpretiamo quel testo per quello che è ma lo facciamo in un contesto tenendo conto di tutte le
interpretazioni che sono state date su quel testo. Noi ad esempio non interpretiamo un articolo del
codice civile tenendo conto solo di quella che è la formulazione del legislatore del 1942, ma lo
interpretiamo anche tenendo conto di tutta la giurisprudenza che si è cimentata in
quell’interpretazione, di tutta l’evoluzione storica che c’è stata nell’interpretare quella formulazione
di legge, considerando anche quella che è stata l’evoluzione scientifica.
Dal punto di vista ermeneutico l’interpretazione è circolarità tra il soggetto e l’oggetto
interpretato. Questo significa non solo interpretare il documento ma essere costretti ad esempio ad
andare al di là del documento. La nostra corte di cassazione dal 2005 ha iniziato a far riferimento
alla circolarità ermeneutica correttiva, sostenendo che nel momento in cui l’avvocato propone il
ricorso deve indicare i momenti in cui il giudice di merito si è distaccato dagli articoli del codice a
prescindere da un’analisi interpretativa di quegli articoli stessi, cioè che si possa interpretare un
testo tenendo conto di tutta quella che è l’attività giuridica al di là del testo e riuscendo a mettere il
testo tra parentesi per verificare qual è la relazione tra il soggetto interpretante e il soggetto
interpretato.
La circolarità ermeneutica è la possibilità di considerare non solo il rapporto tra il testo e il
soggetto interpretante, non solo la passività e inerzia dell’oggetto di fronte al soggetto interpretante,
ma anche la ricaduta degli effetti dell’interpretazione sul soggetto interpretante.
Quindi la circolarità ermeneutica è la considerazione dell’attività interpretativa, non intesa
come attività del soggetto interpretante rispetto a un oggetto passivo, ma come la considerazione del
soggetto interpretato da parte del soggetto interpretante, quindi rispetto a tutta quella che è l’attività
giuridica che il soggetto stesso va ad interpretare. Ecco perché la circolarità ermeneutica diventa di
due tipi: triadica e diadica.
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La circolarità ermeneutica triadica è l’idea che si possa interpretare un testo partendo dal
testo, distaccandosi dal testo e poi alla fine del procedimento interpretativo ritornare al testo per non
far venire meno la premessa normativa dal procedimento interpretativo.
La circolarità diadica o pura invece ritiene che si possa procedere all’interpretazione
dell’attività giuridica a prescindere dal testo.
Se sono stati violati espressamente dei canoni ermeneutici la circolarità interpretativa può
essere una circolarità pura, cioè data dal fatto che il soggetto si relaziona con l’oggetto della sua
interpretazione anche a prescindere dal testo.
Qual è allora dal punto di vista della circolarità ermeneutica l’oggetto dell’interpretazione
giuridica? Non soltanto il documento normativo, non soltanto il provvedimento normativo, ma tutta
la complessiva attività giuridica che ricomprende nello specifico il fatto giuridico - che può essere
pienamente riesaminato in termini di correzione ermeneutica - nonché gli effetti dell’atto che hanno
una ricaduta sul soggetto interpretante. La circolarità ermeneutica è dunque una relazione forte tra
soggetto giudicante e soggetto giudicato
La precomprensione critica: l’assenza di precomprensione critica e circolarità ermeneutica
sono ragioni invalidanti del giudizio. La precomprensione critica è l’attitudine del soggetto
giudicante a rendere il giudizio, cioè l’impiego delle qualità delle conoscenze minime richieste dal
soggetto giudicante per emettere giudizio. Il giudizio senza precomprensione critica non è valido.
E’ la considerazione del fatto che poiché l’interpretazione giuridica è un’interpretazione che non si
risolve e realizza tutta nella conoscenza, ma è un procedimento che contiene conoscenza e volontà,
non si può fare a meno di considerare la partecipazione dell’elemento volitivo da parte del soggetto
giudicante. La precomprensione critica, come dice anche la parola, è un portare nel giudizio quella
parte di se’, del proprio sapere, della propria conoscenza, che non può venir meno nel momento in
cui si va a giudicare. È il riconoscere che il mito del giudizio oggettivo per cui il giudice era la
bocca della legge che riproponeva dei meri assiomi, per cui garantiva la corrispondenza della
volontà del legislatore al caso concreto non è altro che una leggenda. Il soggetto partecipa, invece,
alla decisione con la propria volontà. Bisogna, però, comprendere quando questa volontà non sia un
mero atto arbitrario. La precomprensione critica è cio che ci permette di valutare se il soggetto che
ha deciso secondo conoscenza e volontà, ha deciso in maniera arbitraria o ha deciso perché aveva
delle particolari caratteristiche che gli permettevano di decidere.
Secondo la teoria interpretativa logico-analitica l’interpretazione della Corte costituzionale è
un’interpretazione come tutte le altre, cioè secondo la teoria logioco-assiomatica-deduttiva non si
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può ritenere che il testo costituzionale non sia un qualunque testo giuridico allo stesso modo non si
può ritenere che quel testo debba essere interpretato solamente da un soggetto ma piuttosto che quel
teso debba essere interpretato da tutti i membri della collettività, perché l’attività giuridica è
un’attività conoscitiva. Nessuno di noi può però interpretare la costituzione con una valenza
decisionale, nessuno di noi può dichiarare una norma costituzionale conforme alla legge e poi
interpretarla con valenza autoritativa. Non si può ritenere questa interpretazione costituzionale
un’interpretazione possibile per tutti i membri dell’ordinamento.
La Corte costituzionale interpreta la Costituzione manifestando non solo la sua conoscenza
ma anche la propria peculiarità conoscitiva all’interno dell’ordinamento. Non solo una particolare
attitudine conoscitiva, ma anche una particolare propensione normativo-decisionale.
L’interpretazione giuridica, nella prospettiva ermeneutica, come si è già chiarito in questo
corso, è un’interpretazione che si compone di due momenti: conoscenza e volontà.
La Corte costituzionale nella prospettiva ermeneutica può ben essere considerata un
soggetto precomprendente, ossia un giudice di particolare competenza che può emettere un giudizio
nel quale entrano in gioco non solo questioni giuridiche ma anche di interesse collettivo e politico.
La corte costituzionale può dare questa interpretazione , secondo la teoria ermeneutica,
perchè ha una particolare precomprensione e preconoscenza che le permette di dare un giudizio che
non è politico, perche non arbitrario, ma giuridico perché presuppone particolari conoscenze delle
questioni giuridiche.
Quindi il giudizio giuridico è un giudizio cognitivo e volitivo alla stesso tempo, la premessa
del ragionamento giuridico è una premessa non di tipo logico e schematica ma fondata sulle
particolari attitudini del soggetto interpretante e sul rapporto che si viene a realizzare tra soggetto
interpretante e oggetto interpretato che, a sua volta, nel mondo del diritto è un soggetto. Si stabilisce
cioè una relazione forte che permette all’ermeneutica giuridica in particolare di porsi come istanza
correttiva, oggi, nei confronti delle decisioni delle Corti inferiori che non hanno tenuto conto, non
soltanto del documento normativo, ma del rapporto tra il documento normativo e gli effetti di
ricaduta sul soggetto giudicato.
L’ermeneutica giuridica, in questa prospettiva teorica, fondata sui presupposti di
precomprensione critica e di circolarità ermeneutica si pone non tanto come una scienza
conoscitiva, ma piuttosto come un metodo, cioè sceglie una sola strada tra le tre strade possibili
dell’ermeneutica valevoli in tutti i campi del sapere. Tra la strada epistemologica e quella
gnoseologica sceglie la strada metodologica.
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Non si propone cioè né come un’ermeneutica filosofica, né come un’ermeneutica storica.
Si pone invece come un metodo idoneo a garantire la propria verità, cioè non una verità al di là di se
stessi, vuole cioè garantire non tanto che il giudizio, il percorso procedurale, la procedura
metodologica possano raggiungere una verità che nel mondo del diritto è la giustizia, ma piuttosto
la giustizia del metodo stesso. Non aspira cioè a essere percorso per il raggiungimento della verità
ma a garantire la verità del metodo. In questo senso è metodologica e non epistemologica, né
gnoseologica: non cerca nella storia una verità da contrapporre alla verità logico-assiomatica della
scienza giuridica logico-analitica, né cerca nella filosofia la verità assoluta. Nè si propone come
alternativa epistemologica all’interpretazione logico-analitica, ritenendo di poter garantire la
giustizia assoluta e ideale, cioè non dice alla scienza giuridica positivista “tu cerchi una conoscenza
veramente logica e non garantisci la verità, io invece mi propongo come scienza in grado di
garantire la verità del giudizio giuridico, e la verità del giudizio giuridico è la giustizia”. Non si
pone come un metodo per la verità, ma come la ricerca costante della verità del metodo. Una verità
del metodo che significa non tanto processo che garantisca la giustizia, ma giusto processo.
Un recepimento normativo della prospettiva ermeneutica all’interno del nostro ordinamento
è stata la legge costituzionale sul giusto processo.
L’articolo 111 della nostra Costituzione è stato novellato nel senso di potere permettere il
controllo sulla validità del giudizio, non tanto del risultato del giudizio, ma dello svolgimento delle
fasi giudizio stesso.
L’ermeneutica giuridica rispetto a quella filosofica e a quella storica non si propone come
una scienza della conoscenza universale, della conoscenza storica che si contrappone a quella
logica, né si propone come un metodo per il raggiungimento della verità. Quindi il metodo
giuridico-ermeneutico, che caratterizza la teoria ermeneutica del diritto non è un metodo per
raggiungere un fine ma è un metodo per garantire il mezzo. Il problema non è tanto garantire che il
giudizio ci dia la decisione giusta ma garantire che il giudizio sia giusto a sua volta. Da questo
punto di vista l’ermeneutica giuridica si pone come una metodologia scandita in precisi canoni, in
precise regole, come una metodologia canonistica.
I canoni ermeneutici sono il vero criterio di garanzia del giudizio ermeneutico. Non c’è una
logica assiomatica che garantisce la conoscenza, non c’è un’ermeneutica epistemologica che
garantisce la verità, ma c’è una procedura canonistica che garantisce la scansione dei passaggi da
una fase all’altra del giudizio interpretativo. L’ermeneutica, quindi, è un metodo procedurale
scandito in canoni fondati su due premesse fondamentali, la precomprensione critica presupposto
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del procedimento ermeneutico e la circolarità ermeneutica, che non permettono di garantire la verità
assoluta, cioè non permettono, una volta seguiti, di garantire che dal giudizio venga una decisione
giusta, permettono però di garantire che il giudizio sia stato reso validamente. Diventa, quindi, una
possibilità di controllo del giudizio.
L’ermeneutica giuridica non si preoccupa di fornire una verità alla scienza giuridica, di
creare un criterio conoscitivo universale del diritto come la scienza logico analitica positivista che
pone il ragionamento giuridico invece come ragionamento logico. Non ci dice: il diritto è logico o è
storico o filosofico; si preoccupa, invece, di controllare questo giudizio.
Se l’interpretazione in tutti i campi del sapere è una procedura di tipo storico o
epistemologico che cerca di garantire qual è la verità della bellezza di un quadro o il senso di un
brano musicale dal punto si vista estetico, l’ermeneutica giuridica non si preoccupa di cercare la
verità del diritto né si preoccupa di sostituirsi alla scienza della logica, piuttosto si preoccupa di
tutt’altra questione. Stabilito che l’interpretazione giuridica rispetto a tutte le altre interpretazioni è
un’interpretazione che comunque incide sul soggetto perché non c’è un atto giuridico che non
incide su questioni umane concrete, poiché l’interpretazione giuridica è un’attività volitiva oltre che
conoscitiva perché questa conoscenza che caratterizza la decisione giuridica è una conoscenza che
non esaurisce il processo interpretativo dal momento che poi alla fine questa conoscenza si risolve
in una decisione, la questione si risolve in un problema metodologico. Rileverà non fare in modo
che questa decisione sia giusta e universale, ma che sia presa secondo un procedimento
metodologico garantito universalmente per tutti.
Il procedimento ermeneutico si realizza attraverso precise regole che sono i canoni
ermeneutici. I canoni ermeneutici sono quattro, come vedremo in una lezione dedicata ad hoc
all’argomento:
due attengono al soggetto di interpretazione e quindi attengono alla precomprensione
critica;
due all’oggetto dell’interpretazione, quindi al rapporto tra soggetto e oggetto di
interpretazione, quindi alla circolarità ermeneutica.
La scansione e il rispetto dei canoni ermeneutici ci permette di stabilire la validità o
invalidità di un giudizio a prescindere da una premessa di tipo logico-normativo. All’interno di quel
complesso mondo ermeneutico, che è il mondo dell’uomo contemporaneo, che conosce il mondo
non più come uomo contemporaneo, come soggetto che conosce il mondo non più come il soggetto
antropologico greco occidentale che si poneva fuori dal mondo e lo faceva suo cosi come da
Aristotele fino ad Hegel, l’uomo all’interno di questo complesso procedimento ermeneutico che
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riguarda l’interpretazione dell’arte, della vita, del mondo, l’ermeneutica giuridica fa una scelta di
campo precisa, tiene conto dell’acquisizione dell’uomo contemporaneo, dell’acquisizione di
conoscenze, non è più un uomo che si accontenta di ritenere che conoscere il mondo sia sufficiente
a possederlo e tiene conto che l’interpretazione del diritto non si fa per hobby, interpretare il diritto
significa applicarlo. Questa conoscenza del diritto è una conoscenza che si manifesta in una
decisione, che questa decisione non è una decisone solo conoscitiva ma anche di tipo volitivo, non
si può più credere ai miti illuministici per la non partecipazione del soggetto alla procedura
interpretativa, l’ermeneutica si pone come una metodologia di controllo sul giudizio che prescinde
da un determinato ordinamento e da limiti temporali e spaziali. Come pone questa regola di
giudizio? Stabilendo un percorso nel procedere interpretativo, il percorso è reso attraverso dei
canoni che mirano a controllare e a verificare che sussistano alcune condizioni nell’attività del
soggetto interpretato e alcune condizioni nel rapporto tra soggetto interpretato e oggetto, in questo
modo i canoni ermeneutici verificano la sussistenza dei due presupposti all’interno del
procedimento ermeneutico. La circolarità e la precomprensione sussistendo nel giudizio
ermeneutico garantiscono non che il giudizio ermeneutico diventi un giudizio giusto ma non sia un
giudizio politico, arbitrario, stabilito che si può giudicare secondo equità, la sola garanzia che
possiamo avere è di un percorso metodologico dello stesso giudizio. Posso giudicare validamente e
non politicamente pur senza avere una premessa normativa, norma di riferimento. La canonistica
ermeneutica è il modo di procedere nell’interpretazione secondo ermeneutica.
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Bibliografia
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