INTERVISTA
a cura di Paolo Castagnone
(dal programma di sala della prima esecuzione)
Dalla soffitta è il brano vincitore del primo premio al Concorso nazionale “Mozart oggi 2005”,
bandito da “I Pomeriggi musicali” di Milano in occasione dei festeggiamenti per il 250° anniversario
della nascita del compositore salisburghese. Abbiamo posto alcune domande al M° Federico Biscione
per presentare la sua nuova composizione.
Quali sono gli elementi fondamentali che l’hanno guidata nella stesura della sua partitura orchestrale?
Il brano, come richiedeva il bando del Concorso, doveva essere in relazione al materiale musicale
tratto da uno dei concerti per pianoforte e orchestra di Mozart. La scelta è caduta sul primo tempo di
uno dei miei preferiti, il K. 271 in mi bemolle; da questo, “smontando” quattro o cinque cellule
caratteristiche, ho costruito una breve ouverture di carattere prevalentemente giocoso, con una vena di
malinconia. La combinazione fra i brevi motivi è stata adattata al mio linguaggio (orientato nel senso
di una libera tonalità) e dunque il brano non si configura come una composizione “alla maniera di”: i
frammenti sono citati, incastonati nel tessuto musicale, spesso un poco deformati in modo da
ricavarne un’espressione nuova. L’intento era ludico e, allo stesso tempo, rigoroso: nella sostanza si è
così configurato un tentativo di avvicinamento allo spirito delle composizioni mozartiane, nelle quali
il gusto del gioco, talvolta dello scherzo, si affianca a un rigore tecnico-compositivo che sta ai vertici
delle creazioni artistiche della cultura occidentale, proprio perché unito alla più ampia comunicatività
dell’eloquio.
Qual è il senso del titolo del brano?
Gli “oggetti” musicali di cui parlavo hanno subito assunto, spontaneamente, un certo contenuto
poetico: mi si sono presentati come nella forma di qualcosa che, lungamente dimenticato, ci troviamo
inaspettatamente di nuovo per le mani, un vecchio giocattolo, o un disegno eseguito da piccoli, o un
libro. Difficile a volte rimanere senza emozione, sia per la quantità e la forza dei ricordi che
affiorano, sia per l’improvvisa, malinconica consapevolezza del tempo passato: come accade quando
recuperiamo qualcosa, appunto, “dalla soffitta”.
Qual è l’organico previsto?
Mi sono basato sulla “normale” tavolozza messa a disposizione da un’orchestra mozartiana, perciò di
dimensioni non eccessive; ma il tono generale è, naturalmente, più moderno. Tra i colori che Mozart
probabilmente non avrebbe usato nello stesso modo hanno un certo rilievo l’ottavino e il vibrafono,
oltre il breve, “polveroso” solo della viola, che apre la composizione.
Come si inserisce questo lavoro nel suo percorso artistico?
Soprattutto negli ultimi anni cerco di essere il più possibile espressivo col minor dispendio di
materiale compositivo. E qua e là mi capita, come già in passato, di non sbarrare il passo a
reminiscenze di musiche del secolo scorso, quando questo avvenga con naturalezza e senza
premeditazione.
Che senso ha il linguaggio mozartiano per un musicista contemporaneo?
Risponderò per me: Mozart incarna un ideale di classicità nel senso di un’unione indissolubile ed
equilibrata tra l’urgenza di un contenuto altamente “umano” e una enorme sapienza costruttiva,
spesso anche attraverso un genuino spirito ludico. In particolare questo “volto umano” mi sembra
l’aspetto imprescindibile nella creazione artistica; senza di esso molte composizioni possono risultare
troppo lontane dal sentire comune. In queste linee di tendenza ideali si può ravvisare una particolare
grandezza che non è solo attuale bensì, a mio parere, “atemporale”.
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