“Il Passato”, di Ashgar Farhadi.
Una famiglia in procinto di dividersi, disgregarsi, separarsi, una famiglia in crisi, conflitti derivanti
da responsabilità morali non facili da riconoscere, né tantomeno da accettare.
“Il Passato” punta ad analizzare ed esaminare la complessità delle relazioni umane, in particolare
quelle nell’ambito della famiglia, unità sociale primaria.
La situazione di separazione è già stata consumata quattro anni prima, ed ora si ripresenta,
manifestandosi attraverso riprese che mostrano l’impossibilità a comunicare ed appunto la
separazione tra i personaggi, ad esempio l’uno seduto nell’auto e l’altro al di fuori di essa.
Un nuovo nucleo familiare è sul punto di crearsi, ma non senza difficoltà; difficoltà che derivano
dal legame che ciascun personaggio conserva con il proprio passato: un passato incarnato per la
protagonista Marie, dall’ormai ex marito Ahmad, con il quale si incontra al fine di portare a
termine le pratiche di divorzio, una necessità che nasce dal fatto che la donna è in procinto di
sposarsi nuovamente, con il nuovo compagno Samir, la cui moglie è in coma per tentato suicidio, a
causa, forse, del sospetto che l’attanagliava: quello che il marito la tradisse.
Il film si dipana, scena dopo scena, in un affatto scontato ed anzi imprevedibile intreccio di
risentimenti, paure, sensi di colpa ed affetti, una sorta di tristezza collettiva di fondo, messa in luce
dalla presenza della pioggia in molte scene del film. Sensazioni ed emozioni, le sopracitate, che
uniscono tra loro i personaggi mediante uno sviluppo narrativo che mantiene sempre un’ottica
veritiera, non rigida, dei soggetti, quasi vittime dei loro propri intensi stati d’animo, spesso tra loro
contraddittori, e dei drammi silenziosi che si portano dentro; personaggi concreti
nell’imperfezione della loro tormentata umanità.
Il regista si preoccupa di mettere in scena con diverse metafore, gli stati d’animo che colgono i
personaggi nei vari e più svariati momenti del film, le ragioni, nonché i torti di ciascun soggetto,
con un’aderenza pressoché totale alla verità del loro essere e della loro coscienza, analizzando e
mettendo in luce i limiti della moralità, messa alla prova dal passato, come una sorta di ostacolo
ad impedire la felicità o una sua ideale prospettiva, grande metafora sulla quale il film poggia le
sue basi.