Fecondazione e prima settimana di sviluppo - Digilander

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LO CHIAMANO "GRUMO"
Di Lorenza Perfori – 07/03/2011
Una volta, quando l’uomo e la donna si univano in intimità potevano generare un
bambino. Oggi non è più così, uomini e donne non ne sono più capaci. Da quarant’anni a
questa parte, per bene che vada, al massimo producono un “grumo”.
Questa scoperta ha, fin da subito, avuto un forte impatto sulla salute delle donne, le
quali hanno iniziato a soffrire di vari problemi fisici e psichici. Per scongiurare questo
serio pericolo per la loro salute, nel maggio 1978, il Parlamento italiano ha approvato la
legge 194, con la quale consentiva l’eliminazione dei pericolosi agglomerati cellulari. In
questo modo si uniformava a quanto era già avvenuto in altri Paesi del mondo, che
avevano già legiferato in materia allo scopo di scongiurare l’epidemia.
Da allora, in base ai dati in possesso dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, si calcola
che, nel mondo, siano stati estirpati oltre 1 miliardo di questi dannosissimi “cancri”,
salvando così dalla malattia tantissime donne. Insomma, possiamo serenamente
affermare, senza esagerare, che i provvedimenti emanati hanno avuto un successo
formidabile!
In questa sede, è nostra intenzione scoprire qualcosa di più di questo terribile grumo,
andando a vedere da vicino come si origina e poi si sviluppa. A tale proposito
ricorreremo alle numerose scoperte scientifiche che la biologia ha compiuto in questo
campo fino ad oggi.
Fecondazione e prima settimana di sviluppo
Per scoprire come si origina il “grumo” e come avviene il suo primo sviluppo, ci
affidiamo alle parole della dottoressa Cristina Fiore (www.beneinsieme.it):
“… L'incontro tra uovo e spermatozoo è un gioco di seduzione, di messaggi, di
corteggiamenti, di accettazione e di rifiuto. L'ovocita si prepara, prima dell'ovulazione,
con il processo di meiosi (formazione del numero esatto di cromosomi ideale per un
incontro fecondante, condizione per un incontro fruttuoso) e con la sintesi di molecole
di mRNA, cosiddette di ‘lunga vita'. Il RNA messaggero è colui che porta le istruzioni
affinché la cellula possa sintetizzare proteine, fondamentali per la sua vita; quindi,
prima ancora dell'ovulazione, la madre fornisce al citoplasma che resta al figlio le
informazioni perché egli possa avviare una sintesi proteica prima ancora di avere
strutturato un proprio DNA e quindi di esserne capace da solo. L'RNA messaggero offre
il modello per le primissime sintesi proteiche del nuovo essere ma non può essere usato
se non è attivato da un fattore, portato dallo spermatozoo, che si chiama fattore
attivante paterno.
Dopo l'ovulazione l'ovocita sfoggia tutto il suo sex appeal e si circonda da una nuvola di
messaggi chimici che hanno il compito di richiamare l'attenzione dello spermatozoo
(chemiotassi). Anche quest’ultimo si prepara, essenzialmente attraverso due
meccanismi: la capacitazione e la reazione acrosomiale.
La capacitazione è un processo in cui persone o gruppi che si trovano in una situazione
di impotenza apprendono modalità di pensiero ed azione che permettano loro di agire
in maniera autonoma per soddisfare i propri bisogni fondamentali e incamminarsi lungo
un processo di sviluppo: chi non aveva potere lo acquisisce, o meglio scopre di
possederlo; in specifico il seme maschile in un periodo di condizionamento di circa 7
ore, che avviene nell’utero o nelle tube, libera il proprio acrosoma dal rivestimento di
glicoproteine e liquido seminale (sperm coat) e diventa più attivo, si pone nelle
condizioni di sviluppare la sua potenza.
La reazione acrosomiale consiste nella liberazione di enzimi proteolitici contenuti in un
sacchetto che ricopre in parte la testa a mo' di cappuccio (acrosoma). È la reazione che
permette l’ingresso nell’ovocita ed è indotta da proteine zonali quando lo spermatozoo
ha preso contatto con la zona pellucida dell’ovocita.
In pratica l’ovocita si pone in condizioni psicofisiche ottimali (meiosi) e stima un
budget per il viaggio (mRNA), poi sfoggia tutto il suo sex appeal (chemiotassi); lo
spermatozoo dal canto suo, cerca le sue migliori condizioni fisiche (capacitazione) e
trova la capacità di vincere le resistenze e penetrare le difese (reazione acrosomiale).
Un corteggiamento in piena regola.
Quando gli spermatozoi raggiungono l'ovocita gli imprimono una rotazione in senso
antiorario e lo fanno avanzare nella tuba muovendosi in modo simile ad un corpo
celeste. Lo spermatozoo-principe supera la zona pellucida e entra nel citoplasma; si è
realizzato il progetto a lungo preparato, quello che l'ovocita aveva atteso per tutta la
vita, considerando che i gameti femminili sono presenti nell'ovaio fin dalla nascita.
È quindi la volontà congiunta dei fattori materno e paterno che permette la sintesi
delle proteine (modello materno – assenso paterno) che serviranno nelle prime due
settimane di sviluppo, quando il bimbo si chiama zigote/morula/blastula.
Appena lo zigote si divide in due cellule viene attivato il DNA del neoconcepito e
comincia la sintesi dell'RNA messaggero; quest'ultimo viene messo da parte e verrà
utilizzato per sintetizzare le proteine specifiche del bimbo a partire dal suo stadio di
gastrula (terza settimana).
In ogni donna, anche quando non è ancora consapevole della gravidanza, si attiva
‘un'energia materna', che sostiene e protegge la mamma e il suo cucciolo in modo
silenzioso.
Dopo un giorno dalla fecondazione il bimbo pre-embrione chiama la sua mamma,
inviandole numerosi segnali endocrini, e la mamma risponde e produce EPF (early
pregnancy factor), ormone dalle proprietà immunosoppressive ma anche associato alla
crescita. Alla pronta risposta materna il bimbo interagisce ancora e produce PAF
(platelest activating factor) che favorisce la produzione di EPF.
Al terzo giorno il pupetto è in grado di produrre HCG (gonadotropina corionica) che
stimola le ovaie della sua mamma a produrre progesterone e estrogeni; vuole la sua
culla! E la vuole comoda e confortevole… il progesterone inibisce la contrattilità
uterina e gli estrogeni fanno diventare la mamma ‘morbida, elastica, comoda'. Inoltre
la mamma copre il suo cucciolo con i propri anticorpi rendendolo invisibile al suo
sistema immunitario; lo accoglie e lo protegge.
Il piccolino percorre tutta la tuba e deve annidarsi in utero, deve radicarsi
nell'endometrio altrimenti morirà; la sua mamma risponde vascolarizzando
l'endometrio, ammorbidendolo e rendendolo ‘adesivo'; la piccola morula può annidarsi
e non cadere. Siamo arrivati al consenso formale e amorevole della mamma
all'esistenza del figlio e all'offerta di sé.
E poi? Che fa una mamma? Prepara la pappa! Gli offre il suo corpo-culla e prepara cibo
buono e nutriente (aumenta il cortisolo e quindi si alza la glicemia). Il bimbetto quindi,
al di là delle ambivalenze materne di inizio gravidanza, ha ricevuto cibo, accudimento,
amore…”.
I progressi tecnologici sono, oggi, in grado di fornirci delle ottime immagini di questi
primissimi istanti di vita. Vediamone alcune (Encarta 2006, Microsoft corporation):
Siamo al primo giorno di vita. Circa 6-10 ore dopo la fusione tra lo spermatozoo e
l’ovocita, è possibile osservare la presenza, all’interno della cellula uovo fertilizzata, di
due pronuclei [Nella foto (Phototake NYC/Dr. Nikas/Jason Burns) appaiono come due
macchie giallastre di forma irregolare] che contengono il dna del padre e della madre.
Nelle ore successive i due pronuclei si avvicinano, trainati dal sistema di “funi” che
attraversa tutta la cellula finché, giunti a stretto contatto, le membrane si rompono ed
il loro contenuto si fonde. Si costituisce così, all’interno della sua prima cellula, il
patrimonio genetico completo del nuovo individuo, che verrà trasmesso a tutte le cellule
del corpo umano, e che rimarrà tale per tutta la vita. La fecondazione è compiuta: una
nuova persona, unica e irripetibile, è stata generata.
Lo zigote, la prima cellula del nuovo individuo derivante dalla fecondazione, inizia a
dividersi per mitosi. Tale processo è detto segmentazione, e non comporta un aumento
dimensionale dell'uovo. Di conseguenza, a ogni divisione si formano cellule
geneticamente identiche ma sempre più piccole. La divisione avviene a partire dal terzo
giorno e si verifica al ritmo di due volte al giorno, secondo una precisa geometria che
l’embrione conosce molto bene. Qui l’embrione è chiamato “morula” perché
dall’aspetto simile a una mora [nella foto (Phototake NYC/Jason Burns/Ace) una morula
al terzo giorno di sviluppo embrionale]. Mentre continua nelle sue divisioni cellulari, la
morula percorre le tube di Falloppio, finché, verso il quarto giorno entra nella cavità
uterina.
A cinque giorni di vita, l’embrione si trova già nell’utero, dove assume l’aspetto di una
sfera cava detta “blastula”. La cavità si espande progressivamente finché si conclude
con la formazione della “blastocisti”, quando l’embrione ha circa 180 cellule. Alla fine
del quinto giorno, la blastocisti rompe l’involucro protettivo che aveva sinora rivestito
l’embrione, affinché – verso il sesto/settimo giorno - possa impiantarsi nella parete
uterina.
Dopo una settimana dal concepimento la mucosa uterina e già ispessita e riccamente
vascolarizzata, grazie all’aumento della produzione di progesterone, iniziato dal
concepimento. A questo punto l’embrione può aderire facilmente all’endometrio, e
ricevere il nutrimento che gli è necessario, finché non si è formata la placenta.
Il “Cross talk” (linguaggio incrociato)
Sin dai primissimi istanti di vita, quindi, si instaura – tra madre e figlio concepito – un
silenzioso dialogo fatto di amorevole reciprocità. L’embrione e la mamma “si scambiano
cellule, messaggi ormonali [e] fattori di crescita” (Prof. Giuseppe Noia,
www.noiaprenatalis.it).
“Grazie al costante colloquio incrociato con la madre, l’embrione va a impiantarsi nella
zona migliore. […] È sorprendente anche osservare l’adattarsi della donna al proprio
bambino, visto che ‘il loro patrimonio genetico è diverso al 50%’. […] Innanzitutto, non
c’è il rigetto dell’altro, che si verifica quando è presente in un organismo un diverso
patrimonio genetico: pensiamo, ad esempio, ai trapianti d’organo. Nel caso della
gravidanza, invece, l’embrione dialoga con la madre per gestire la sua collocazione. […]
Si tratta della ‘tolleranza immunitaria’, spiega Noia: ‘avviene una sorta di
mascheramento delle parti paterne dell’embrione che avrebbero indotto la madre a
rigettarlo’ ”.
Un vero e proprio scambio reciproco dove non è solo il corpo della mamma a prendersi
cura del bambino, ma è anche il nascituro a svolgere un benefico effetto nei confronti di
lei. E’ sempre il prof. Noia a riferire dell’esperienza documentata, negli Stati Uniti,
dalla ricercatrice Diana Bianchi, la quale ha notato come “le cellule staminali del figlio
ancora in grembo avevano circondato un follicolo tiroideo della madre che aveva avuto
una tendenza neoplastica, trasformandolo in cellule tiroidee”. In sostanza, le cellule
staminali - passate nel corpo della madre attraverso la placenta -, sono state in grado,
prima, di individuare il tumore e, poi, di circoscriverlo e curarlo differenziandosi in
cellule tiroidee.
Le cellule staminali del figlio “hanno quindi la potenzialità di riparare danni ad organi
della gestante, trasmettendo benefici alla sua salute”.
Ma c’è dell’altro. Si è anche scoperto che le cellule staminali fetali possono rimanere
per moltissimi anni all’interno del corpo della madre, anche fino a “35 anni dopo la
nascita” del figlio. Infatti – continua Noia – è possibile “rintracciare cellule fetali nel
sangue periferico, nella cute e nel fegato. [...] In seguito all’impianto dell’embrione,
dal dodicesimo giorno in poi, globuli bianchi del figlio si ritrovano nel midollo osseo e nel
circolo sanguigno della donna, così gli eritroblasti (precursori dei globuli rossi)”.
Questo fenomeno potrebbe, anche, essere la spiegazione del perché le donne vivano più
a lungo degli uomini.
È sempre il prof. Noia, a fornire una serie di dati relativi a ricerche effettuate sulla
relazione madre-feto (www.noiaprenatalis.it/scienza-e-bioetica/33-aspetti-fisiologici-epatologici-delle-interazioni-madre-feto.html) nei quali emergono “varie evidenze [che]
dimostrano [come] nello sviluppo neuro-sensoriale del feto vi [sia] una intensa
partecipazione materna e [come] i canali di comunicazione [siano] fortemente
biunivoci”.
Un linguaggio incrociato, quello della madre con il feto, che non è solo di tipo
“biologico-sensoriale”, ma anche “psicologico-spirituale”. Mentre nel primo caso la
presenza del figlio ha un “incremento esponenziale”, nel senso che cresce con il
crescere del bambino nel proprio ventre; nel secondo caso il figlio è percepito
“indipendentemente dalle sue dimensioni” seguendo la legge del “tutto o nulla”: “la
presenza del figlio viene avvertita come un tutt’uno di presenza, indipendentemente
dalle sue dimensioni”.
È esperienza acquisita “come moltissime madri riescano a fare una corretta diagnosi di
sesso del proprio bambino senza l’ausilio dell’ecografia o dell’amniocentesi”. È altresì
esperienza comune come molte donne riescano a percepire di essere rimaste incinte
prima che il test di gravidanza lo confermi. Infine – come riscontra il Prof. Noia in base
alla sua esperienza personale – in più di 20 casi di gravidanza gemellare, le pazienti
avevano riferito una “diversità percettiva” ancor prima che la gravidanza gemellare
fosse confermata dall’esame ecografico o ormonale.
In ambito neonatale “sta galoppando la conoscenza del protagonismo biologico
dell’embrione fin dalle prime ore della sua vita”. Infatti, appena poche ore dopo la
fecondazione dell’ovulo da parte dello spermatozoo, sono attivati “ben 46 geni”. Ciò
significa che l’embrione ha, da subito, “la direzione del proprio progetto di vita, la sua
individualità”. È quello che ha dimostrato Helen Pearson con l’affermazione “Your
destiny from day one” (Nature 2002-418:14,15), “Il tuo destino dal giorno uno”.
Ricorda Giuseppe Noia che è ormai disponibile una vasta letteratura volta ad evidenziare
proprio questo “protagonismo biologico dell’embrione” (ibid). L’embrione, quindi, oltre
a dialogare con la madre si pone anche come “un direttore d’orchestra non solo del suo
impianto, ma anche del suo destino futuro”.
Alcune considerazioni prima di proseguire
Prima di proseguire con lo sviluppo del piccolo oltre la prima settimana di vita,
dobbiamo fare tre considerazioni.
Come prima cosa, possiamo concludere che, sin dai primi sette giorni di vita, definire
l’embrione come un insignificante “grumo di cellule, senza vita relazionale biologica e
psicodinamica”, come fosse un parassita o un cancro della donna, è assolutamente
riduttivo e consapevolmente falso. Una terminologia, questa, volutamente scorretta che
depone contro una vasta letteratura scientifica verificata e ampiamente riconosciuta.
Le scoperte scientifiche che altrove servono ad evocare un’empirica onnipotenza,
vengono qui consciamente ignorate o maldestramente falsificate negando ogni evidenza.
C’è chi dice che non è possibile stabilire scientificamente il momento in cui il feto si
possa considerare un essere umano. Qualcuno lo ritiene tale quando si presenta la prima
attività cerebrale, altri parlano di capacità respiratoria. Qualcun altro, ben più ardito,
fa partire il riconoscimento di persona solo con la nascita, cioè quando l’ “ammasso
cellulare” sia uscito dal limbo in cui è stato relegato e abbia la capacità di vivere
autonomamente al di fuori dell’utero della madre della quale, fino a quel momento, è
stato solo un’appendice.
Quei geni onniscienti, con i quali gli scienziati materialisti riescono a spiegare tutto,
persino – attraverso l'impiego di una buona dose di fantasia e creatività - la maggiore o
minore tendenza al tradimento, o al senso religioso, qui sono omertosi e muti. Incapaci
di riconoscere l’evidenza, veramente empirica, che un nuovo individuo unico e
irripetibile è già presente, a livello genetico, sin dalla fusione dei gameti maschile e
femminile.
Che l’embrione sia un figlio e non un “grumo cellulare” risulta, altresì, evidente quando
la donna incorre in un aborto spontaneo, con tutto il carico di dolore psichico che ne
consegue. Ci troviamo qui davanti a quel linguaggio psicologico-spirituale già visto,
attraverso il quale il figlio viene percepito indipendentemente dal suo stadio di sviluppo.
Nessuna donna che ha abortito spontaneamente dirà mai – come fa notare Noia –: “ho
perso un embrione di 12 millimetri”, bensì: “ho perso il mio bambino”. Ci sono donne
che ormai anziane, versano ancora lacrime al riaffiorare del ricordo di quel loro figlio
abortito spontaneamente in gioventù.
Studi effettuati sulla vedovanza hanno dimostrato che: “il tempo di elaborazione e
sedimentazione del lutto dopo un aborto spontaneo precoce (8-9 settimane) è
temporalmente equiparabile alla elaborazione e sedimentazione del lutto di donne che
hanno perso i propri mariti”.
La stessa cosa si verifica in caso di aborto volontario. Come la donna è in grado di
percepire la presenza del figlio, prima di averne la conferma pratica, allo stesso modo
riesce a percepirne l’assenza, anche se il figlio è stato abortito precocemente. Come
dice il professore: “la perdita della presenza del figlio non è equiparabile alle
dimensioni dell’embrione, poiché è indipendente dal peso in grammi e dalla lunghezza
in centimetri”. Ne consegue che tutti quei tentativi, di certa classe medica, volti ad
anticipare il prima possibile un eventuale aborto con lo scopo di risparmiare un maggiore
dolore alle donne, sono destinati a fallire miseramente. Infatti, “il concetto di
proporzionalità traumatica (piccolo embrione = piccolo trauma) è solo un fenomeno
culturale proiettivo, utilizzando una proporzionalità matematica tra le dimensioni
dell’embrione e l’entità del trauma psicologico, ma, nell’esperienza osservazionale e
soprattutto nell’esperienza delle donne, non esiste”.
Si può interrompere, con un aborto, la percezione biologico-sensoriale, ma non si potrà
eliminare quella psicologico-spirituale, che continuerà ad accompagnare la donna per
tutta la vita.
Una seconda osservazione, che chiaramente si palesa, emerge quando si entra nel
merito della fecondazione in vitro. È del tutto evidente come, in questo ambito, saltino
completamente quell’iniziale corteggiamento e cross-talk di cui abbiamo parlato.
Con la Fiv, infatti, la fecondazione avviene al di fuori del corpo femminile. Qui un ovulo
maturo viene prelevato aspirandolo dalle tube di Falloppio, oppure direttamente
dall’ovaio, mediante una piccola incisione addominale. In questo secondo caso, non
essendo le cellule uovo ancora completamente mature, verranno stimolate alla crescita
in provetta, mediante iniezioni di ormoni.
Quando gli ovuli sono pronti, vengono immersi in uno speciale liquido ricco di nutrienti,
dopodiché viene unito, per circa 18 ore, dello sperma lavato e incubato. Il preparato
così ottenuto viene posto in un apposito mezzo di coltura ed esaminato dopo circa 40
ore. Se gli ovuli sono stati fecondati, si formano gli embrioni che, allo stadio di 2-4
cellule, vengono trasferiti nell’utero della madre. Per aumentare le probabilità di
gravidanza, si preferisce trasferire in utero più embrioni, ciò può, tuttavia, esporre la
donna al rischio di gravidanza multipla. Ecco che allora interviene la legge, consentendo
di congelare gli embrioni in esubero.
Dopo oltre trent’anni di fivet centinaia di migliaia di embrioni sono ancora lì, immersi
nell’azoto liquido. Centinaia di migliaia di vite abbandonate o dimenticate da quei
genitori che, nel frattempo, hanno fatto nascere i loro fratelli. Molti altri sono morti,
visto che la percentuale di gravidanza per ogni ciclo di Pma si aggira intorno al 25%. Altri
sono stati distrutti. Altri ancora usati per le sperimentazioni, anche le più aberranti,
come la produzione di embrioni chimera, quelli, cioè, che contengono sia materiale
genetico umano che animale.
Se consideriamo poi che i gameti femminile o maschile possano provenire anche da
donatori esterni alla coppia, quella fase di corteggiamento - così ben descritta dalla
dottoressa Fiore -, assume molto più i tratti di un appuntamento al buio o di un
matrimonio forzato e combinato.
Quel dialogo incrociato che inizia con la fecondazione, continua durante il viaggio nella
tuba fino all’impianto nell’endometrio è, qui, totalmente assente. Tant’è vero che, dopo
il trasferimento in utero degli embrioni prodotti in laboratorio, alla donna devono essere
praticate iniezioni quotidiane di progesterone. Quell’ormone che il cross-talk avrebbe
stimolato naturalmente.
Il fatto stesso che la percentuale di successo della Fiv non vada oltre il 25%, può essere
un segnale di quanto sia importante, in questi primissimi giorni di vita, quel dialogo
silenzioso tra la madre e il bambino concepito, al fine di ottenere un ottimo impianto
nell’endometrio e il buon proseguimento della gravidanza.
Ci rimane da considerare ora il terzo argomento. Vedere cioè quel che succede quando
una donna assume la pillola del giorno dopo.
La pillola del giorno dopo è un preparato a base di ormoni che va preso entro e non oltre
72 ore dopo un rapporto sessuale, che possa aver dato origine a una gravidanza
indesiderata. La sua azione è di tipo “antinidatorio”, ovvero è in grado di alterare la
parete uterina, impedendo che l’eventuale ovulo fecondato si impianti.
Come abbiamo visto, l’impianto del feto nell’endometrio avviene verso il settimo giorno
dalla fecondazione, ovvero quando si trova allo stadio di blastocisti. In questo periodo la
comunicazione non verbale madre-feto, intercorsa a partire dal concepimento, ha
contribuito a preparare opportunamente l’endometrio, ispessendolo e vascolarizzandolo,
al fine di favorire l’impianto.
Ebbene, quella bomba ormonale che è la pillola del giorno dopo, può interferire sia
direttamente nella formazione propria dell’embrione, sia sulla parete dell’utero
rendendola inadatta alla fissazione del feto che, conseguentemente, andrà perso come
si fosse trattato di un precocissimo aborto spontaneo.
Scendendo a livello tecnico, è sempre il prof. Noia – nell’articolo già citato – a mostrarne
le modalità. I dati confermano “come sia importante la relazionalità dei primi otto
giorni ai fini di produrre il ‘cervello placentare’ in cui coesistono le produzioni di
neuroromoni, neuro peptidi, neuro steroidi e neurotrasmettitori”. Da questo punto di
vista risulta “molto difficile non ipotizzare che dei fattori ambientali nella fase
endotubarica di tipo farmacologico-ormonale (vedi pillola del giorno dopo) non possano
influenzare la preparazione dell’impianto e quindi nei fatti intercettarlo e provocare
l’aborto precoce”.
Giuseppe Noia cita anche altre fonti: “L’azione del levonorgestrel sulle integrine
comporta modificazioni biochimiche dell’endometrio che ostacolano l’impianto” (JD
Wang e coll, Proceeding of the International conference on reproductive health, 1998).
“I cambiamenti dell’espressione citochinica nella tuba di Fallopio influenzano lo sviluppo
embrionale attraverso una alterazione del milieu peri-impianto” (HZ Li e coll, Molecular
Human Reproduction 2004, 10; 7, 489; A Christow e coll, Molecular Human Reproduction
2002, 8; 4, 333-340). “Non possiamo concludere che la pillola per la contraccezione
d’emergenza non impedisca mai la gravidanza dopo la fecondazione” (Trussel J e coll,
Contracenption 2006, 72 (2), 87-89).
Questo è maggiormente vero, quando si prende in esame la pillola EllaONe, quella che
ha efficacia “antinidatoria” fino a “cinque giorni dopo” un rapporto sessuale
fecondante. Il principio farmacologico di questa pillola è l’Ulipristal acetato, che è lo
stesso del gruppo farmaceutico della pillola abortiva Ru486. “Un antiprogestinico
sintetico di seconda generazione, che tecnicamente svolge un’azione selettiva e
antagonista per i recettori del progesterone e impedisce l’annidamento dell’embrione
svolgendo quindi un’azione abortiva” (Prof.sa Maria Luisa Di Pietro).
È trascorsa appena una settimana, da quando l’ovulo e lo spermatozoo si sono fusi
insieme dando origine a un nuovo essere umano e, per una moltitudine di questi piccoli
d’uomo, la vita si è già interrotta.
Piccolissimi orfani di genitori viventi si trovano in un limbo congelato fuori dal tempo.
Moltissimi altri sono periti durante i cicli di fecondazione in provetta, sia in quanto
soprannumerari, sia perché selezionati, ovvero scartati a favore di altri considerati
migliori. Tanti altri sono stati trasformati in cavie per la sperimentazione, comprese le
più snaturate e di nessuna utilità, come la creazione dei mostruosi “embrioni chimera”.
Infine, moltissimi altri, sono stati abortiti precocemente, a seguito dell'azione
antinidatoria dei “contraccettivi di emergenza”. Una quantità indefinita, difficile da
quantificare poiché l'assunzione di tali pillole avviene propriamente in un contesto di
incertezza.
Ebbene, proprio perché sfuggevoli a qualsiasi computo matematico, tutte queste perdite
non sono state conteggiate tra quel miliardo e più di “grumi soppressi”, di cui dicevamo
all'inizio. Una possibile stima approssimativa la possiamo, tuttavia, trovare nel libro di
Antonio Socci “Il genocidio censurato, Aborto: un miliardo di vittime innocenti”
(Piemme, I ed. 2006, pp. 21-23).
Riguardo agli embrioni perduti con la Fiv – si legge nel libro -: “si calcola che solo per far
nascere 20 bambini occorra 'produrre' circa 1.800 embrioni di cui dunque 1.780 destinati
alla morte. Se è vero che oggi i nati con Pma nel mondo sono ormai circa 1 milione, per
calcolare la moltitudine di 'fratelli' che sono stati 'sacrificati' dovremmo orientarci circa
sui 90 milioni di embrioni”. Dobbiamo ora aggiungere quelli dei “contraccettivi di
emergenza” e quelli dei sistemi di contraccezione come, ad esempio, la spirale. Anche
se molte donne non lo sanno, la spirale è, infatti, un vero e proprio “contraccettivo”
abortivo, visto che la sua azione consiste nell'impedire l'annidamento in utero
dell'embrione già formato. A questo proposito, la dottoressa Thèrèse Gillaizeau Amiot
stima gli aborti farmaceutici intorno “ai 4 milioni”; mentre quelli derivati dall'uso della
spirale a “460 milioni” (si pensi che solo in Francia sono 2 milioni e mezzo le donne che
la usano).
Come si vede le cifre sono immani. Le stime (sebbene valutate al ribasso) sono talmente
grandi e la scia di morte così estesa e così direttamente proporzionale all'algida
indifferenza globale che l'avvolge, da lasciare ammutoliti.
E allora non aggiungiamo altro. Chiamiamo a raccolta le nostre forze e proseguiamo nel
cammino, perché il miliardo di “grumi” eliminati - dei quali stiamo seguendo il percorso
- è riuscito, nonostante tutto, a superare la durissima selezione dei primi sette giorni di
vita, continuando a crescere e svilupparsi anche nelle settimane successive.
La fissazione delle blastocisti
Il nostro “miliardo” è stato quindi generato dopo un “appassionato” corteggiamento e
poi ha amorevolmente dialogato con la propria mamma. Non sono intervenute
interferenze esterne, così tutto è proseguito per il meglio. Le blastocisti si sono ben
impiantate nell’endometrio liberando quegli enzimi che, penetrati nella mucosa
dell’utero attraverso i tessuti, hanno consentito ai piccolini di alimentarsi col sangue e
con le cellule della madre, prima del formarsi della placenta. Qui si è prodotto una
specie di brodo nutriente di ottima qualità che ha permesso il proseguimento della
gravidanza. Se la mucosa uterina non fosse stata sufficientemente ricca, sarebbe
sopravvenuto un aborto spontaneo, ma non è questo il nostro caso.
Seconda settimana di vita
Le cellule iniziano a differenziarsi. Un grappolo diventa il sacco amniotico, cioè
l’involucro pieno d’acqua salata dove crescerà il bambino. Un secondo grappolo si
svilupperà tramutandosi in sacco vitellino dal quale ha origine la parte corpuscolare del
sangue e la costituzione dell’intestino primitivo. Un terzo, infine, diventa la placenta.
Nell’ambito di queste strutture vi sono anche altre cellule che sviluppandosi
rapidamente formeranno il bambino. Questi foglietti embrionali, o germinativi, sono di
tre tipi: ectoderma, mesoderma e endoderma. Dal mesoderma si origina poi il
mesenchima, o tessuto connettivo embrionale, formato da cellule disperse in
un’abbondante sostanza intercellulare. La terna di tipi cellulari, più il mesenchima,
rappresentano il tessuto originario da cui inizieranno a differenziarsi alcuni gruppi di
tessuti che saranno presenti nell’organismo completo.
In particolare, dall’ectoderma si formeranno l’epidermide, il tessuto nervoso e le
ghiandole endocrine, i capelli, le unghie, lo smalto dentario, il cristallino dell’occhio e
le strutture dell’orecchio interno. Dal mesoderma deriveranno il derma, i muscoli, il
sistema circolatorio, le ovaie e i testicoli, gli epiteli che rivestono le cavità corporee
(peritoneo, pleure, pericardio). Dall’endoderma si formeranno il fegato, il pancreas,
l’apparato digerente; le vie respiratorie; la vescica, uretra e prostata; la tiroide,
paratiroide e timo e le cellule delle linee germinali di ovociti e spermatozoi. Dal
mesenchima si formeranno invece tutti i tessuti di tipo connettivale.
Piano piano l’embrione inizia a rendersi evidente assumendo la forma di un corpicino
cilindrico.
Terza settimana di vita
All’inizio della terza settimana (verso il 15° giorno) inizia il processo di gastrulazione
che porterà, verso il 18° giorno, allo sviluppo di un asse di direzione caudo-craniale
(coda-testa) dell’embrione. L'ectoderma si ispessisce e si introflette. Da questa
struttura, in continua trasformazione, migrano delle cellule che si differenziano da
quelle dell’ectoderma e si posizionano tra quest’ultimo e l’endoderma, dando origine al
terzo foglietto: il mesoderma.
La parte centrale del mesoderma si distacca dalle porzioni laterali e forma un cordone,
chiamato corda dorsale. Intorno a questa, per migrazione di cellule del mesoderma
laterale, si formeranno i corpi vertebrali che andranno ad accogliere il canale neurale
originatosi dall’ectoderma.
La corda dorsale, dopo aver svolto questa preziosa funzione di richiamo delle cellule del
mesoderma, regredisce e non darà origine a nessuna struttura del nostro corpo adulto.
Dal mesoderma laterale, invece, si formeranno lo scheletro, la muscolatura, il tessuto
connettivo, l’apparato cardiocircolatorio ed il rene.
L’abbozzo nervoso deriva dal foglietto ectodermico e compare attorno al 17° giorno,
sotto forma di un ispessimento chiamato “placca neurale”. Successivamente la placca si
approfonda fino a formare un avvallamento, la “doccia neurale”, che si chiuderà la
settimana successiva (21°-28° giorno) dando origine al canale neurale. Da quel momento
i neuroni inizieranno a moltiplicarsi al ritmo di 4.000 al secondo finché, al termine della
16° settimana saranno già più di 20 miliardi. Oltre a moltiplicarsi, le cellule nervose si
differenziano e si dispongono a formare una fitta rete di comunicazioni.
È proprio durante questo processo di generazione dei neuroni (neurogenesi) che si
origina quel particolare assetto morfo-funzionale che permetterà al nuovo individuo di
svolgere le funzioni cerebrali più evolute tipiche dell'essere umano, come la percezione
delle forme, il riconoscimento visivo, il coordinamento dei movimenti volontari, il
linguaggio, l'apprendimento, la memoria, ecc.
Oltre al sistema nervoso, durante questo periodo si forma un altro importantissimo
organo: il cuore. Al 22° giorno è piccolo quanto un seme di papavero e possiede solo due
cavità, ma ha già il suo battito, grazie alla presenza di cellule specializzate, i
miocardiociti, che sono in grado di contrarsi. La vera e propria circolazione embrionale
inizierà tra il 27° e il 29° giorno. Le vene sono sottili come un capello, ma già in grado
di permettere lo scorrere delle prime cellule di sangue, che devono portare ossigeno e
nutrimento, indispensabili per il proseguimento della crescita.
Ora l’embrione assomiglia a un piccolissimo cavalluccio marino. Misura circa 3 mm ed ha
le dimensioni di un chicco di caffè. Nonostante ciò, dopo solo tre settimane, ha già un
suo sistema nervoso e il cuore che batte. Da questo momento non smetterà più,
continuando a battere per tutta la vita, a meno che...
Quarta settimana di vita
Siamo alla fine del primo mese di vita, il cuore funziona e il corpicino presenta già gli
abbozzi di tutti i principali organi. Grazie ai foglietti embrionali inizia da qui
l'organogenesi, quel processo che porterà alla formazione completa di ogni organo,
tessuto e apparato.
L'embrione cresce di 1 mm al giorno. A quattro settimane non è più grande di un fagiolo
e il suo cuore batte 80 volte al minuto ma, ogni dì che passa, va sempre più veloce. Le
piccole gemme che si sono formate lungo il corpicino si svilupperanno in braccia e
gambe, mentre strati di tessuto si aggregano su quattro lati per formare il viso. La parte
superiore diventerà la fronte e il naso, e le guance si ripiegano dai lati per riunirsi a
formare il labbro superiore. Il segno di questa unione (la linea verticale incavata che dal
naso arriva alla bocca) rimarrà tra i tratti somatici del nostro volto per tutta la vita.
Si può distinguere l'estremità cefalica, contenente le tre vescicole da cui avrà origine
l’encefalo, e il cristallino degli occhi che si presenta come un puntino nero (Photo
Researchers, Inc./Professors P.M. Motta and S. Makabe/Science Photo Library, Encarta
2006).
A partire dal sacco vitellino, durante questa settimana iniziano a formarsi le cellule
germinali primordiali, i precursori degli oogoni (nella femmina) e degli spermatogoni
(nel maschio). A meno di un mese di vita l’embrione prepara le linee cellulari dalle quali
si origineranno i gameti: pensa già ai propri figli!
Siamo al termine della quarta settimana, l’embrione è ormai lungo circa 5-6 mm. In
appena un mese, a partire dallo stadio di zigote, ha aumentato la sua massa di ben
settemila volte.
Quinta settimana di vita
Alla quinta settimana, la futura mamma ha già constatato un ritardo del ciclo e,
probabilmente, le è sorto il sospetto di essere rimasta incinta. Mentre si appresta a
trovarne la conferma con il test di gravidanza, il suo piccolino continua silenziosamente
a crescere. La “doccia neurale” si è chiusa qualche giorno fa e i neuroni hanno già
iniziato a formare la corteccia cerebrale, moltiplicandosi e differenziandosi. Intanto è
iniziata anche la vera e propria circolazione embrionale: ossigeno e nutrimento vengono
trasportati in tutto il corpicino, attraverso le piccolissime vene.
Ora l’embrione misura circa 1 cm., iniziano a comparire gli abbozzi di pancreas e reni,
mentre quelli degli arti superiori e inferiori si sono allungati. Il cordone ombelicale è
ormai perfettamente formato.
Sesta settimana di vita
A sei settimane il piccolino ha appena le dimensioni di un fagiolo, è lungo circa 16 mm e
pesa in media 1 grammo. Si formano gli abbozzi delle mani e dei piedi e compaiono le
dita. I genitali iniziano a differenziarsi in maschile o femminile. Le pulsazioni cardiache
sono diventate ritmiche. Il cuore ha ancora solo due camere ma pulsa già a circa 150
battiti al minuto.
Settima e ottava settimana di vita
Durante queste due settimane Iniziano a svilupparsi le ossa, i muscoli, i nervi ed i grossi
vasi. L'estremità cefalica dell'embrione comincia a separarsi dal torace ed in essa è
possibile distinguere gli abbozzi di naso, orecchie e mandibole. Si formano anche le
prime gemme dentali, quelle strutture dalle quali più avanti si svilupperanno i denti. La
testa è ancora molto grande rispetto al corpo, in una proporzione rispetto a questo di un
terzo. In essa compare il “corpo calloso” cioè quella struttura nervosa che collega gli
emisferi destro e sinistro del cervello. Quest’ultimo appare lucido sotto la pelle
sottilissima, rivelando l’intreccio dei vasi capillari.
Gli occhi sono coperti da una pelle intatta, che finirà con l’aprirsi e formare le palpebre.
Gli arti si allungano e appaiono gomiti e ginocchia, mentre si sviluppano anche le dita. Il
piccolino tenta sin da ora di scalciare debolmente, per quanto la madre non possa
ancora percepire alcun movimento dato che, alla fine dell’ottava settimana, quando è in
posizione raggomitolata, ha giusto le dimensioni di una noce, è lungo circa 4,5 cm. e
pesa sui 6 grammi. La parete addominale non è ancora completa, tuttavia gli organi
interni sono già tutti nella giusta posizione, eccetto quelli riproduttivi.
Al termine del secondo mese, il cuore ha cominciato a pompare vigorosamente il sangue
dato che, finalmente, ha sviluppato le quattro cavità. Ora è come un cuore adulto, con
due atri e due ventricoli, anche se di dimensioni piccolissime.
A questo punto il sacco vitellino – che per otto settimane ha nutrito il piccolino – diventa
inutile e superfluo. La funzione nutritiva da qui, fino alla nascita, verrà assolta dalla
placenta. Oltre a permettere il passaggio del sangue ricco di nutrimento, dalla madre al
cordone ombelicale, la placenta funge anche da filtro. Tutto ciò di cui il feto non ha
bisogno viene fatto defluire nel sangue della madre, come vengono filtrate le sostanze
dannose presenti nel sangue di lei prima che arrivino al piccolo. Tuttavia la placenta non
è in grado di filtrare farmaci, alcol e nicotina. Questi, se presenti, entrano nella
circolazione sanguigna anche del bimbo che si sta formando, interferendo
negativamente nel suo sviluppo.
Nel frattempo i test di gravidanza delle mamme di quel miliardo di piccoli d'uomo,
hanno dato tutti esito positivo e tutte hanno - chi prima chi poi; chi combattuta e chi
invece convinta; chi pensando ad un grumo senza vita e chi invece consapevole trattasi
di un figlio -, deciso per l'aborto, attivandosi di conseguenza.
Nona settimana di vita
All'inizio del terzo mese il piccolino non è più chiamato embrione, ma feto. Nulla di
improvviso o di straordinario è accaduto tra l’ottava e la nona settimana, il nuovo nome
vuole solo indicare che a questo punto egli presenta sembianze umane, con un aspetto
nettamente definito ed il possesso di tutti gli abbozzi degli organi fondamentali.
Tutti gli organi e i tratti del feto si completeranno nel corso di questo terzo mese. La
testa cresce dall’alto e la parte inferiore si allunga per formare il collo, mentre si
sviluppa il mento. Il naso e l’orecchio esterno sono completamente formati e le dita
delle mani e dei piedi diventano visibili, per quanto collegate tra di loro da una specie di
membrana.
Tra la nona e la decima settimana nei genitali maschili si sviluppa il glande e in quelli
femminili si presenta l'abbozzo dell'utero. Le gemme dentali si tramutano nei primi
abbozzi di denti. Nel pancreas si formano le strutture preposte alla produzione di
insulina. Le anse intestinali sono ormai rientrate nella cavità addominale ed è scomparsa
l'ernia ombelicale fisiologica. Si formano anche il fegato, i reni e lo stomaco (grande
quanto un chicco di riso). Il feto è lungo dai 5 ai 7 cm. e pesa in media 14 grammi.
Il bimbo continua a crescere e mentre si avvia alla sua dodicesima settimana di sviluppo
inizia anche a fare le smorfie e a muovere tutte le parti del corpo, al fine di sviluppare i
muscoli e irrobustire le articolazioni. La frequenza cardiaca aumenta ancora un po', fino
ad un massimo di 157 battiti al minuto. Questo sarà anche il valore più alto in assoluto
raggiungibile. Dopo questo picco il battito inizierà a rallentare ed il cuore passerà sotto
il controllo del cervello che inizierà a controllare anche il resto del corpo.
Dodicesima settimana di vita (84 giorni)
I genitali esterni si differenziano definitivamente. La vescica e l'uretra sono ben
sviluppati ed inizia a funzionare la tiroide. Alla fine del primo trimestre iniziano a
crescere anche le unghie.
A dodici settimane è già possibile registrare la presenza di una modesta attività elettrica
cerebrale, sintomo della progressiva maturazione del cervello che aveva avuto inizio,
dopo la chiusura della “doccia neurale”, verso la quinta settimana di vita.
In questo periodo il bimbo inizia anche a mettersi il pollice in bocca e a sviluppare la
preferenza per la mano destra o sinistra. È lungo circa 8 cm. e pesa in media 60 grammi
ma, da adesso in poi, crescerà molto velocemente...
Stop, fine… buio … …
E invece no. Per la maggior parte di quel miliardo di nostri figli e non grumi - ora ne
abbiamo una limpida ed esaustiva certezza – la vita si è interrotta qui. Non possiamo,
allora, proseguire con le immagini che ci mostrino lo sviluppo nei mesi successivi, poiché
questo non c'è stato, non è mai avvenuto, fermato, interrotto per sempre, da quei
genitori che, prima li hanno generati e, poi, hanno voltato loro le spalle. Ed allora è
proprio meglio non mostrarle queste fotografie orribili ma drammaticamente reali. Chi
vuole, del resto, le può trovare senza problemi in internet. Basta digitare “aborto” in un
qualsiasi motore di ricerca per trovarsi di fronte a centinaia di immagini crude e crudeli,
nonché di qualche filmato molto eloquente.
Immagini vere di pezzi di bambino insanguinati, altro che grumi! Qua un piccolo braccio
con la sua manina. Più in là, tra la mescolanza di fluidi e tessuti, spunta un piedino.
Poco distante ecco la testa... anzi no, pezzi di testa, giacché questa deve essere prima
spezzettata per essere estratta più agevolmente... un orrore senza fine.
A questo stadio dello sviluppo, al centro della scena, c'è una asettica sala operatoria o
ambulatorio, e poi cannule aspiranti, pompe, cucchiai e pinze. In tempi recenti la sala
operatoria è stata sostituita da una semplice pillola abbinata al bagno di casa propria, o
a quello dell'ufficio, o a qualsiasi altro luogo in solitaria.
Più di un miliardo di piccoli d'uomo sono stati cancellati usando una buona dose di
cinismo seriale, nonché di crudele fantasia. Molti sono stati aspirati fuori dall'utero della
madre con apposite cannule connesse a una pompa aspirante, introdotte attraverso il
canale cervicale, mediante una tecnica detta “isterosuzione”. Molti altri sono stati
raschiati via a pezzi “svuotando” la cavità uterina mediante l'utilizzo di un particolare
cucchiaio metallico, chiamato curette a cui, all'occorrenza, può essere abbinato
l'utilizzo del forcipe, in un procedimento detto “dilatazione ed evacuazione”.
I progressi “farmacologici” permettono oggi di evitare attrezzi chirurgici e lettino
d'ospedale, ingurgitando una “pilloletta” efficace entro la 7°settimana di gravidanza
(49° giorno dall'ultimo ciclo mestruale), accedendo all'aborto chimico mediante
assunzione della fantasmagorica ru486. Un preparato velenoso che, entrando in
competizione con l'ormone chiave della gravidanza, il progesterone, lo blocca e ne
prende il posto sostituendosi ad esso. Il risultato è la morte lenta del figlio in pancia per
mancanza di nutrimento, finché non si distacca dall'utero ed è espulso fuori. E così le
donne moderne, e pienamente emancipate, attive protagoniste del proprio aborto,
possono verificarne il buon esito controllando nell'assorbente, in assoluta riservatezza e
libertà, l'espulsione del feto morto.
Altri appartenenti a quel nostro miliardo di figli mancanti all'appello, sono stati abortiti
anche in periodi successivi ai tre mesi di vita. Del resto ciò è consentito dalla legge e,
quindi, perché non coglierne l'opportunità? In Italia, ad esempio, la legge 194 consente
l'aborto anche oltre i 90 giorni quando siano accertate “anomalie o malformazioni del
nascituro, che determinino un grave pericolo per la salute fisica o psichica della donna”
(art. 6). In questo caso si parla di “aborto tardivo”.
Un metodo che si utilizza alla 16° settimana è quello che causa l'avvelenamento del
bimbo, mediante una “infusione salina”. Attraverso un ago introdotto nel sacco
amniotico, passando attraverso l'addome della madre, viene estratta una piccola
quantità di liquido amniotico ed immesso, al suo posto, una soluzione salina molto
concentrata, che il feto respira e inghiotte. L'effetto corrosivo dei sali può anche
bruciare e asportare il delicato strato esterno della pelle del bambino. Durante le 24 ore
successive, mentre il figlio lentamente si avvelena, si dibatte e ha le convulsioni; poi la
madre entra in travaglio ed espelle il bambino morto.
Un'altra forma di aborto tardivo è l'isterotomia, consistente in un intervento chirurgico
come si trattasse di un taglio cesareo, con l'unica differenza che – visto che il bimbo non
è ancora giunto a completa maturazione -, l'incisione dell'addome sarà molto più
piccola. Feto e placenta possono quindi essere agilmente estratti.
E per finire, tra tutti quei bambini “scomparsi” ci sono anche quelli che sono stati uccisi
con un aborto molto tardivo, cioè verso l'ottavo o nono mese di gravidanza, anche se in
questo caso più che a un'interruzione di gravidanza sembra di trovarsi di fronte a un
infanticidio.
Per aborti molto tardivi, fino al 2003, è stata applicata in America una pratica
veramente crudele. Qui l'uomo ha veramente superato se stesso in quanto a fantasia
creativa cinica e luciferina. Ecco di che cosa si tratta.
In un primo tempo il ginecologo si premura di porre il feto in posizione podalica poi, con
una pinza, gli afferra i piedi e li porta fuori dall'utero, provocando così il parto.
Successivamente tutto il bimbo viene estratto, ad eccezione della testa, che rimane
dentro la madre. A questo punto, con delle forbici, procede ad eseguire un'incisione
sulla base del cranio attraverso la quale verrà introdotto un catetere. Dal tubicino verrà
quindi aspirato tutto il cervello del bimbo, nonché il restante contenuto della scatola
cranica. La testa, così svuotata, sarà infine estratta.
In America questa tecnica è stata abolita il 2 novembre 2003 tuttavia in altri Stati, come
ad esempio in Cina, pratiche abortive di analoga cruenza, sono tuttora regolarmente
utilizzate.
Il fatto stesso di considerare l’embrione un “grumo di cellule” senza vita, lascia fuori
tutta quella che è la tematica della sofferenza del feto, per cui gli aborti sono praticati
senza alcuna analgesia, nonostante sia ampiamente dimostrato come il feto sia in grado
di provare dolore.
È sempre il prof. Noia ad evidenziare questo aspetto nel suo articolo (ibid): “Si può
dimostrare che il feto, una volta acquisiti i recettori cutanei per la sensibilità
nocicettiva (dolorifica) e possedendo già da 8 settimane le terminazioni nervose […] che
portano la percezione del dolore sino al talamo, senta il dolore fisico come ampiamente
dimostrato dal prof. Hanand e dagli studi nei feti prematuri”. Quindi, già “dopo la 15°
settimana di vita il feto possiede tutti gli elementi anatomici-fisiologici e centrali non
solo per sentire il dolore, ma anche per sentirlo in maniera fortemente amplificata, non
possedendo fino a 27 settimane pain modification system (sistema di modificazione del
dolore), che permette di modulare la sensazione nocicettiva”.
Ne consegue che, durante tutti quegli aborti tardivi effettuati oltre la 16° settimana il
feto muore, non solo provando dolore, ma percependolo “con una sensibilità dolorosa
dieci volte superiore”. Analisi cliniche hanno mostrato come “un insulto invasivo che
oltrepassi la cute fetale, crei nel feto una brusca immissione di ormoni (endorfine,
catecolammine, cortisolo) nel torrente circolatorio come risposta allo stress doloroso e
sul piano vascolare una vasodilatazione a livello cerebrale”.
A seguito di queste evidenze, quando è stato suggerito, a quei medici che praticano
aborti tardivi, di effettuare analgesie ai feti, alcuni di essi hanno immediatamente
protestato contestando la proposta. Eppure - ci ricorda Giuseppe Noia - agli animali
usati per le sperimentazioni “che poi vengono sacrificati, si effettua una analgesia per
evitare il dolore. Perché allora il cucciolo dell’uomo dovrebbe essere trattato
diversamente dagli animali?”... Chissà perché, la risposta è fin troppo ovvia. Dopotutto
un topolino da laboratorio è pur sempre qualcosa: è un topo; l'embrione invece è un
grumo senza vita, è un niente, e il niente è certamente molto meno di un sorcio
qualsiasi.
Che il bambino si renda conto che qualcosa gli stia accadendo quando l’aborto inizia, è
stato documentato nel 1984 da Bernard Nathanson, medico abortista americano e poi
convinto pro-life, in quello che è diventato il noto documentario The Silent Scream
(“L’urlo silenzioso”):
• prima parte in italiano: (www.youtube.com/watch?v=UMLp-H49aHI)
• seconda parte in italiano: (www.youtube.com/watch?v=EBxYjylZtpI&NR=1)
• versione completa in italiano: (dailymotion.virgilio.it/video/x1g8sn_il-gridosilenzioso_people)
in cui viene mostrato un aborto in diretta di un feto di 12 settimane, ripreso durante
l’ecografia. Nel filmato si vede chiaramente come, dal momento in cui la cannula
aspirante fa il suo ingresso in utero, il bambino inizi ad agitarsi, a contrarsi, a
ritrarsi. Mentre la cannula si muove freneticamente per individuarlo, lui sente di
essere aggredito e si muove in modo spasmodico, vorrebbe fuggire e spalanca la
bocca, come ad emettere un grido, di qui il titolo del documentario. Poi l’aspiratore
rompe il sacco amniotico e, dopo aver fatto presa sul piccolino, lo risucchia verso il
basso e gli strappa il corpo dalla testa… in quello che è un normale aborto di routine,
consentito dalla legge, entro i primi 90 giorni di gravidanza.
Eppure, neanche un documento così evidente e reale, nonché le centinaia di immagini
visibili in internet, dove è possibile constatare con i propri occhi ciò che accade durante
un’interruzione volontaria di gravidanza, possono essere in grado di togliere quella
cataratta di ideologia a chi si ostini a non voler vedere. A chi ritiene che l’aborto sia un
diritto da difendere e lo spezzettare i propri figli nel grembo materno, una conquista
della modernità. A chi pensa che il figlio in utero sia un aggregato insignificante di
cellule, o un’appendice della madre e quindi, come tale, che spetti a lei decidere cosa
farne, come fosse sua proprietà esclusiva. Semplicemente un niente, qualcosa che non
esiste, giusto un po’ di materia amorfa, un amalgama indefinita di cellule, liquidi e
sangue da gettare nella spazzatura… o da smaltire tra i “rifiuti speciali” ospedalieri. In
appena trent’anni sono stati prodotti più di un miliardo di questi “rifiuti speciali”: un
genocidio che non ha eguali nella Storia, da lasciare atterriti!
… e stelle
Siamo giunti alla fine di questo viaggio che ci ha mostrato fino a quali profondità di male
uomini e donne siano capaci di precipitare. Ora, dal fondo di questo abisso, di questo
pozzo buio, volgiamo lo sguardo in alto, su al cielo, con la certezza che il Dio al quale
persino il numero dei nostri capelli è noto, li ha ora tutti con sé, quel miliardo e più di
piccoli angioletti, che nemmeno uno di essi è andato perduto.
Alziamo gli occhi lassù, tra le stelle, sicuri che la silenziosa strage non resterà impunita
perché ad ognuno di quegli innocenti sarà resa giustizia. E qui saranno molti quelli
chiamati a rispondere perché, come ricorda Giovanni Paolo II (Evangelium Vitae, n. 59)
la colpa non ricade solo sulla madre che ha detto no. Colpevoli saranno anche i padri
che hanno spinto all’aborto, o se ne sono infischiati lasciando sola la donna. Grave
responsabilità morale ricadrà anche su familiari e amici che direttamente o
indirettamente hanno spinto all’aborto con pressioni psicologiche o negando il proprio
sostegno all’accoglienza quando avrebbero potuto darlo. Colpevoli saranno considerati
pure i medici e il personale sanitario che ha materialmente eseguito, rinnegando così la
propria vocazione e missione di curare e promuovere la vita.
La responsabilità coinvolgerà anche i legislatori “che hanno promosso e approvato leggi
abortive e, nella misura in cui la cosa dipende da loro, [anche] gli amministratori delle
strutture sanitarie utilizzate per praticare gli aborti”. Una responsabilità altrettanto
grave riguarderà “quanti hanno favorito il diffondersi di una mentalità di permissivismo
sessuale e disistima della maternità, sia coloro che avrebbero dovuto assicurare – e non
l’anno fatto – valide politiche familiari e sociali a sostengo delle famiglie”. Infine, anche
le grandi reti complici saranno chiamate a rispondere, ovvero quelle “istituzioni
internazionali, fondazioni e associazioni che si battono sistematicamente per la
legalizzazione e la diffusione dell’aborto nel mondo”.
Come si vede, la responsabilità va ben oltre la personale autodeterminazione femminile.
Quando tutti quanti ci troveremo di fronte a Dio per il giudizio personale (subito dopo la
morte) e poi per quello universale e definitivo (al tempo escatologico), ci saranno
parecchie sorprese.
Anzi, a proposito di colpa, è proprio alle donne che hanno abortito che il Papa rivolge
uno speciale pensiero e un’esortazione a non perdere la speranza, perché il Dio che è
perfettamente giusto è anche perfettamente misericordioso, come mostra il padre della
parabola del figliol prodigo. Dio Padre non rifiuta il perdono a chi è sinceramente
pentito. Un perdono, il Suo, che cura e risana la ferita nel cuore provocata dall’aborto e
che restituisce veramente la pace.
Così scrive Giovanni Paolo II (n. 99): “Un pensiero speciale vorrei riservare a voi, donne
che avete fatto ricorso all'aborto. La Chiesa sa quanti condizionamenti possono aver
influito sulla vostra decisione, e non dubita che in molti casi s'è trattato d'una decisione
sofferta, forse drammatica. Probabilmente la ferita nel vostro animo non s'è ancor
rimarginata. In realtà, quanto è avvenuto è stato e rimane profondamente ingiusto.
Non lasciatevi prendere, però, dallo scoraggiamento e non abbandonate la speranza.
Sappiate comprendere, piuttosto, ciò che si è verificato e interpretatelo nella sua
verità. Se ancora non l'avete fatto, apritevi con umiltà e fiducia al pentimento: il Padre
di ogni misericordia vi aspetta per offrirvi il suo perdono e la sua pace nel sacramento
della Riconciliazione. Allo stesso Padre e alla sua misericordia potete affidare con
speranza il vostro bambino. Aiutate dal consiglio e dalla vicinanza di persone amiche e
competenti, potrete essere con la vostra sofferta testimonianza tra i più eloquenti
difensori del diritto di tutti alla vita. Attraverso il vostro impegno per la vita, coronato
eventualmente dalla nascita di nuove creature ed esercitato con l'accoglienza e
l'attenzione verso chi è più bisognoso di vicinanza, sarete artefici di un nuovo modo di
guardare alla vita dell'uomo”.
Con queste parole di speranza concludiamo il nostro viaggio. Un cammino che ci ha
precipitato giù a terra, lì dove gli uomini e le donne del nostro secolo hanno
decisamente toccato il fondo, laggiù in fondo all'abisso dove il male ha vinto e il bene è
stato sconfitto. Tuttavia la speranza non è vinta, quella speranza e consapevolezza che
anche dal peggiore dei mali il bene possa risorgere più forte che mai, così che – come
scrive il Papa -, dal dolore e dalla “sofferta testimonianza” per l'aborto volontario, possa
rinascere la più eloquente difesa della vita.
Perché ciò accada è necessario che si ricominci a chiamare le cose con il loro nome. La
strage degli innocenti (o il genocidio, come dice Socci) è avvenuta perché a quei piccoli
d'uomo è stata tolta la dignità di figli, perché la menzogna ha prevalso sulla ragione. E
allora con lo sguardo rivolto al cielo e al Dio, che sa scrivere dritto anche sulle righe
storte, chiediamo di darci passione e amore per la verità, chiediamo aiuto e forza per
affermare la verità, affinché il vero possa tornare e risplendere.
Un ultimo pensiero riserviamo a quei figli, a quel miliardo di piccoli angioletti affinché come le stelle rendono luminosa la notte più buia – anch'essi, con il loro sacrificio,
possano illuminare di nuova consapevolezza gli uomini e le donne di questo tempo. Di
modo che l'immane strage possa essere fermata e la scia di dolore che si porta appresso,
quel dolore che dal cuore delle donne si è riversato e sparpagliato nel mondo, si tramuti
da adesso in poi in un grande “sì”: sì al bene, sì alla verità, sì alla vita.
Bibliografia e sitografia:
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Cristina Fiore (www.beneinsieme.it).
Giuseppe Noia (www.noiaprenatalis.it).
Encarta 2006, Microsoft corporation.
Antonio Socci, Il genocidio censurato, Aborto: un miliardo di vittime innocenti,
Piemme, Casale Monferrato (Al), I ed. 2006.
(www.curvedicrescita.com)
(www.cavmelzo.it)
(embryology.med.unsw.edu.au/embryo.html)
(www.alessandrofeo-it/sviluppo_del_feto.html)
(www.gravidanzaonline.it/gravidanza/viaggio_meraviglioso.html)
• Il grido silenzioso, prima parte (www.youtube.com/watch?v=UMLp-H49aHI)
• Il grido silenzioso, seconda parte: (www.youtube.com/watch?
v=EBxYjylZtpI&NR=1)
• Il grido silenzioso, versione integrale(dailymotion.virgilio.it/video/x1g8sn_ilgrido-silenzioso_people)
• Giovanni Paolo II, Evangelium Vitae, marzo 1995
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