Dicembre 2009 • Anno 2 • Numero 12 Per un Natale d’amore «Quando i giorni si fanno sempre più corti, quando in un normale inverno cominciano a cadere i primi fiocchi di neve, allora, timidi e lievi, fanno capolino anche i primi pensieri di Natale. E sulla terra scende come una calda corrente d’amore». Le parole di Edith Stein ci riportano a quell’atmosfera nella quale, in questi giorni, anche i nostri paesi sono avvolti, rischiarati da un tripudio di luci e sfarzose vetrine che sempre di più fanno dell’atteso giorno soltanto un evento di commerci incartati col sentimentalismo, di gesti tradizionali superficiali e privi d’anima. E sebbene da venti secoli ormai Dio e uomo siano uniti in un perfetto abbraccio, come cantava nelle sue poesie Salvatore Quasimodo, ancora «non v’è pace nel cuore dell’uomo, e il fratello si scaglia sul fratello». La venuta del Cristo, insomma, segna una svolta nella storia, ma la libertà dell’uomo si ostina a sottrarsi a quell’abbraccio. Ed il pianto del piccolo Gesù, il suo lamento in croce, la sofferenza di tanti fratelli continuano a cadere nel vuoto, a essere ignorati e persino derisi. Come scrive Qohelet (4,1), «ecco il pianto degli oppressi che non hanno chi li consoli; da parte dei loro oppressori sta la violenza, mentre per essi non c’è chi li consoli». A queste lacrime il mondo pare restar sordo, perché in molti sentono, solo in pochi ascoltano. E spesso il dialogo si riduce a monologo, nella convinzione d’essere i soli custodi della verità. Eppure, ricordava già Dietrich Bonhoeffer, «il primo servizio che si deve rendere al prossimo è quello di ascoltare. Chi non sa ascoltare il fratello ben presto non saprà più ascoltare Dio. Anche di fronte a Dio, sarà sempre lui a parlare». Celebrare il Natale, dunque, non vuol dire solo preparare un bel presepe scolpito con i suoi pastori, con i Magi in lunghe vesti e una gioia celeste soffusa su tutta la scena. Vuol dire ascoltare il pianto del Bambino e degli ultimi, cercare la pace nel cuore e col prossimo. Soprattutto, vuol dire riconoscere che il Cristo respinto da chi è colmo di cose e parole è necessario: per i deboli, in cerca di conforto ed aiuto, e per coloro che hanno il cuore sgombro da vizi, possesso ed orgoglio ed avvertono il bisogno di amore, di infinito, di speranza. Auguri a tutti, allora, non solo di un buon Natale, ma di un Natale buono, luminoso di fede, santo d’amore. Un Natale che ci purifichi e ci renda cristianamente limpidi, che ci faccia compagni dei poveri e dei camminanti, ma anche di coloro che forse s’interrogano con i versi di una bella lirica di Pasolini: «O gioia, gioia, gioia: c’è ancora gioia in quest’umida notte preparata per noi?» X Vincenzo Bertolone 1 • dicembre 2009 • Un grembo da ascoltare di Francesco Faillace Cari lettori, ci prepariamo a festeggiare il terzo Natale insieme sulle pagine de “l’Abbraccio” e siamo preoccupati oltre che felici, perché ci rendiamo conto che gli anni passano anche per il nostro giornale e dobbiamo essere all’altezza della maturità che queste pagine acquistano mensilmente. Dobbiamo essere capaci di ascoltare le esigenze e le voci della Diocesi per offrire loro ospitalità. L’ascolto è la colonna vertebrale di questo numero, a cominciare dall’Ascolto di Maria alle parole dell’angelo. L’ascolto nei testi sacri, l’ascolto nell’arte, l’ascolto nella quotidianità e nella vita diocesana. Meritato spazio dedichiamo al convegno “La Chiesa che vorrei”, che nella due giorni svoltasi a Trebisacce ha offerto un’occasione straordinaria di riflessione e confronto al popolo diocesano. Raccontiamo la manifestazione con un dettagliato excursus fotografico oltre che con cronache e approfondimenti degli interventi dei relatori e degli altri convegnisti. Nelle altre pagine del giornale trovano ospitalità le più importanti notizie della Chiesa italiana al pari degli avvenimenti che hanno caratterizzato la Chiesa diocesana. A cominciare dalle missioni popolari che continuano nelle diverse parrocchia. Quindi le rubriche che tanto state dimostrando di apprezzare. Prima di lasciarvi al resto de “l’Abbraccio” vi ricordiamo ancora una volta la possibilità di ricevere gratuitamente a casa per tre mesi il quotidiano “Avvenire”, semplicemente sottoscrivendo entro i primi giorni di dicembre l’abbonamento al nostro mensile. Un’occasione unica: non lasciatevela scappare. Un abbraccio. D. M. 2 • dicembre 2009 • Tanto tempo fa, guardando l’alba, ho fatto un esercizio che a noi uomini viene difficile compiere: chiudere gli occhi, sentire una voce che cavalcava la brezza del mare accarezzando e sussurrando parole incomprensibili. Mi viene in mente quando ero nel grembo materno tentavo di comunicare ma mi mancava la vita, quella stessa che qualcuno mi ha dato. Qualcuno che ho incontrato passeggiando sulla spiaggia della vita. Un uomo dalle parole semplici, che riempivano il cuore insegnando a dare voce ed ascoltare quel grembo, dandogli vita. Il tema dell’ascolto, del quale peraltro si occuperà in tutte le sue sfaccettature questo numero del nostro mensile, con l’occhio ed i cuori rivolti al Natale che arriva, è tema centrale nella vita dell’uomo e del cristiano, perché è il primo passo dell’accoglienza, è la condizione necessaria per stabilire relazioni vive, significative, cordiali e rispettose con le persone. L’obiettivo è che chiunque si senta desiderato, amato, bene accolto e aiutato si lasci illuminare dalla parola di Dio, così da scoprire la ricchezza dei doni che Gesù offre agli uomini e alle donne nella loro storia di amore. È quindi un ascolto che si svolge lungo due strade che tra loro si incrociano e si illuminano a vicenda: la strada dell’ascolto delle miserie dell’uomo, la strada della parola di Dio. Mi hanno insegnato che per imparare ad ascoltare si deve assumere l’atteggiamento di Gesù per quanto riguarda l’attenzione e l’accoglienza delle persone. L’ascolto è una vera e propria partecipazione profonda alle sofferenze ed alle speranze umane. Ascoltare significa accogliere le persone e offrire loro quanto hai “ascoltato” dal Padre. La pratica dell’ascolto è esercizio di discernimento di un giudizio compiuto dalla ragione umana illuminata dalla fede, è una scelta coerente. Ma ascoltare non significa semplicemente sentire. Occorre piuttosto una spiritualità dell’ascolto, c’è bisogno della custodia del silenzio inteso come uno“scavare” nel profondo di se stessi per farvi abitare il “tu” dell’Altro. Il cardine dell’ascolto è l’antenna della carità che coglie i bisogni degli ultimi, vegliando così sui poveri, perché li ami con l’accoglienza e la condivisione del Vangelo. Ascoltare, dunque, è metterci interiormente in ginocchio davanti al povero che ci manifesta il volto di Cristo. L’’ascolto non è fine a sé stesso, ma porta al dialogo, ed il dialogo è vero quando si riesce a trasmettere un messaggio, un’esperienza o un confronto. È quindi il gesto concreto che sintetizza e perfeziona, creando l’incontro tra me e l’altro. ed è questo il dono che, ci auguriamo, il Natale possa portare a ciascuno di noi. Il cuore aperto a Dio che parla di Nicola Francomano L’ascolto nella Bibbia non è un puro udire con le orecchie, senza prestare attenzione a ciò che viene detto. Ascoltare, infatti, presuppone che l’uomo apra tutto il suo essere a Dio, accolga ciò che viene comunicato, ma soprattutto accolga colui che parla, Dio, riconoscendolo per quello che è, per amarlo e credere in lui. Ascoltare è aprire il cuore, obbedire a Dio, ricordare i suoi comandi, mettere in pratica la sua parola (Mt 7,24). L’ascolto fa nascere la fede (auditus fidei), illumina e modella la vita, che diventa più vera ed autentica. L’ascolto si realizza non nel rumore e nel frastuono, non in eventi impetuosi ed esteriori, ma nel silenzio e nel mormorio della coscienza (2 Re 19,12). Dio ha parlato soprattutto in Cristo (Eb 1,1 ss.), pienezza della rivelazione e della vita, e tutto ciò che Cristo ha detto e fatto costituisce l’evento definitivo per la salvezza dell’uomo. Dio ha sempre parlato, anche se l’uomo tante volte non ha ascoltato, perché vuole camminare per le sue strade. Tutta la storia della salvezza, che la Bibbia ci trasmette, è la vicenda dell’ascolto o della chiusura e sordità dell’uomo nei confronti di Dio. Il Signore parla in ogni situazione in cui l’uomo vive, ma è necessario avere lo spirito attento e il cuore aperto per ascoltare la sua voce delicata e discreta. Abramo Abramo è il primo esempio dell’uomo che ascolta e crede nell’unico Dio d’Israele, che obbedisce e diventa il padre degli Ebrei e di tutti i popoli monoteisti. Abramo viene chiamato nella Mesopotamia (Ur dei Caldei) e viene invitato a lasciare la sua terra (Gn 12,1), i suoi costumi, ad abbandonare la sua religione, per andare verso una terra straniera e sconosciuta e a credere in un solo Dio. Abramo è l’uomo della fede, che pone la sua vita nelle mani di Dio e si fida totalmente del Signore, al punto che è disposto a sacrificare il suo unico figlio, Isacco. Egli è certo che il suo Dio dà la vita e non vuole la morte. Per questa via, Abramo è diventato l’esempio dell’uomo credente, che ascolta Dio e obbedisce integralmente alla sua parola(Eb 11,18). N. F. Maria La parola di Dio irrompe nella vita di una giovane, Maria di Nazaret, e sconvolge i suoi sogni: sposarsi col suo fidanzato, Giuseppe, ed avere una esistenza semplice e felice (Lc 1,26ss.). Dio le chiede una cosa troppo grande: essere la madre di Dio. Dio ha prescelto lei per concepire il salvatore del mondo, Gesù Cristo. Maria è turbata, ma accetta il piano di Dio e allora la salvezza fa capolino nella storia dell’umanità: Gesù s’incarna nel suo grembo e toglie la condanna dell’umanità. Dio vede nel cuore di questa ragazza la dignità per cui l’ha scelta: è attenta ad ascoltare la sua parola, è disponibile ad ubbidirgli, è umile. Maria è la vera discepola di Gesù, beata per aver ascoltato la parola di Dio e per averla vissuta pienamente in tutta la sua vita. Grandi cose fa Dio attraverso i suoi servi (Lc 2,49). N.F. Samuele Dio chiama tutti gli uomini, in maniera unica ed irripetibile, per costruire con essi una storia personale e comunitaria. La vicenda del profeta Samuele esprime plasticamente le dinamiche della chiamata di Dio e della risposta dell’uomo (1Sam 3,1). Dio fa sentire la sua voce al giovane Samuele, che ascolta e risponde prontamente. Egli non conosce ancora il Signore e solo dopo l’aiuto del suo maestro Eli comprende che è Dio che lo chiama e può diventare servo e profeta del Signore. Samuele, dunque, è l’esempio di come ci occorre disporsi per incontrare Dio nella propria vita, di come si deve ascoltare la voce del Signore, di come si deve essere disponibili a seguire e a servire la Parola di Dio. N.F. 3 • dicembre 2009 • La chiamata che soprende sempre di Vincenzo Alvaro Traccia di spiritualità Sordomuti «Lo scopo dell’ascesi cristiana non è solo fare buone azioni, ma creare una bella persona». (Tomas Spidlik) Mi ha sempre colpito il quadro di Caravaggio che raffigura la chiamata di Matteo di Levi. Una volta mi è anche capitato di assistere ad una bellissima catechesi su questo quadro che proverò, spulciando nei ricordi della mente, a riportare su carta per quanti ne vorranno usufruire. Innanzitutto la location: Matteo è nei suoi affari quotidiani, affannato nel suo agire quotidiano, come noi spesso siamo, troppo occupato per accorgersi di quel Cristo che passa nella nostra storia, accanto a noi, per noi. Quasi che la nostra dimensione del vivere sia legata a ciò che facciamo, non a ciò che siamo chiamati a fare. Ed è proprio in quella quotidianità affannosa che Gesù passa, ci guarda, indica con il suo dito la nostra persona e ci chiama a diventare ciò che da sempre siamo nel suo progetto di amore. Un dito d’amore che ci chiama e ci indica la strada, nel medesimo momento. Tu! Vieni! Seguimi! Stupenda è l’espressione che l’artista ha dato al chiamato. Occhi sgranati quasi a contemplare lo stupore di quella scelta e quel dito rivolto su se stessi come per sottolineare quella incredulità. Io così “disgraziato” (senza grazia), così peccatore? Io proprio io? Sembra essere la nostra risposta insieme a Matteo. Si proprio tu, proprio noi, afferma e conferma quel dito puntato sulla nostra storia. Eccoci, siamo noi. Come nell’esperienza di Pietro chiamati da peccatori a diventare pescatori. Subito! La testimonianza Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto» (Lc 1,38): e’ stato questo il versetto del vangelo di Luca, tratto dal brano dell’annunciazione dell’angelo a Maria, a dare inizio al mio cammino di discernimento vocazionale verso il sacerdozio. E come per la Mamma celeste il vero miracolo è frutto di una totale obbedienza e di un sincero abbandono nelle mani del Padre che la chiamava ad essere la Madre di Cristo e del mondo intero, così in me,il germe di vocazione che Gesù ha seminato nel mio cuore è il risultato di una chiamata ed essenzialmente di una risposta, data non con parole, ma con l’apertura totale e completa del mio cuore all’ascolto della voce di Dio. È una chiamata che continua ad essere misteriosa, strana, bella ed affascinante: riuscire ad andare al mondo d’oggi contro corrente, rischiare e donare integralmente la vita per il Signore non è semplice e richiede sacrifici, spirito di abnegazione e tanto coraggio, ma come 4 • dicembre 2009 • Il post-Concilio è stato tutto proteso – e ancora lo è – all’individuazione di uno stile ecclesiale che fosse evocativo del volto di Gesù Cristo, se è vero (come di fatto lo è) che la Chiesa è Sacramento di Cristo. Cioè, ne deve manifestare il volto. Famoso fu, allora, uno scritto di Paolo VI – l’Ecclesiam Suam – che disegno la Chiesa come il luogo del dialogo e dell’ascolto dell’uomo. Ascoltare è un’esperienza difficile. Non è un’operazione di mera percezione fisica di suoni o di rumori: è, invece, l’accoglienza dell’intimità dell’altro. Qualcuno, infatti, ha scritto che la parola è lo svelamento dell’essere. E la parola la si coglie nell’ascolto! Mi viene in mente un miracolo di Gesù; la guarigione di un sordomuto (cf Mc 7,31-37). Qui vi è una solenne liturgia di guarigione che ci aiuta a comprendere la forza del Signore e la potenza liberatoria che si sprigiona dalle labbra di chi è stato guarito. Il sordomuto guarito, finalmente capace di ascoltare e di esprimersi, è l’immagine ideale di ciascuno di noi: sente parole vere e non è più legato da alcuna catena. È se stesso. Si rivela. Le sue parole creano comunione e suscitano vita e amore. Non sappiamo più ascoltare, ha recentemente scritto un sociologo. Società liquida e società afona sono le facce di un’unica realtà. Non sappiamo più ascoltare nel mondo e, purtroppo, nemmeno nella Chiesa. E nel frattempo si allarga la solitudine. Non ci si ascolta più. Ma solo chi è capace e sceglie di ascoltare è una bella persona. Giovanni Maurello Maria si è talmente annullata da rimettersi solo nelle mani di Dio, così io ho cercato di pronunciare il mio Sì, ancora in germe, confidando nella continua presenza di Cristo in ogni momento della mia vita. Non ho paura di niente, né di rinnovare ogni giorno la scelta fatta, tantomeno di dire apertamente di voler seguire Gesù: sono sicuro che ascoltando quotidianamente la voce del Signore che si manifesta nei vescovi, sacerdoti ed educatori non dovrò temere nulla perché nei momenti di difficoltà, bisogno, sfiducia e paura Cristo è presente in me e con il suo amore infinito mi solleva. Ascoltare e fidarsi di Cristo è la testimonianza più eccelsa. Nicola Mobilio Le esperienze di chi si dedica agli altri Movimento per la Vita Il Movimento per la vita e il Centro di aiuto alla vita, nati come risposta alle prime battaglie per la liberazione dell’aborto volontario in Italia, sono presenti nella nostra diocesi dal 1985. Essi operano insieme offrendo sostegno pratico alle donne tentate di abortire, perché riscoprano il valore assoluto della vita del loro bambino e lo accolgano, sicure di non essere più sole. Se i problemi inerenti alla gravidanza sono di ordine medico, il Cav mette a disposizione gratuitamente la professionalità di ginecologi e pediatri volontari nonché, dove necessario, il servizio di consulenza telefonica (tel. 06 3050077, dal lunedì al venerdì, dalle 9 alle 13 e dalle 14 alle 16). Se i problemi sono di tipo sociale e familiare, si cerca di intervenire in prima persona col partner o con la famiglia di origine per rasserenare gli animi e, quando necessario, viene offerta ospitalità in case di accoglienza per ragazze madri. Laddove i problemi sono di ordine economico, il Cav provvede con aiuti in natura o col progetto Gemma, che è una forma particolarissima di adozione a distanza per salvare dall’aborto la mamma e il suo bambino, mediante un sostegno di 160 euro al mese, per 18 mesi. I bambini così salvati, solo nel nostro territorio, dal 1985 ad oggi sono 173. La sede del Cav e del Mpv è in vico Torto Ospizio n. 1, al piano superiore alla Caritas (tel.: 3343771937; 3385946223), ed è aperta il mercoledì e il venerdì, dalle 16.30 alle 18, ma è attivo anche un punto di ascolto in ospedale a Castrovillari, nei giorni in cui si effettuano i ricoveri per gli aborti volontari. Rosella Antonelli Centro d’ascolto Caritas Obiettivi dichiarati: combattere il disagio sociale, conoscere e far conoscere il le varie forme di povertà, offrire un aiuto concreto alle persone bisognose in termini di prima accoglienza, sollecitare le istituzioni pubbliche in relazione alle varie necessità. Questi i servizi (che nei prossimi mesi saranno ulteriormente potenziati) assicurati dai centri d’ascolto promossi, a livello diocesano e parrocchiale, dalla Caritas. «Il primo servizio – spiega don Pierfrancesco Diego, direttore della Caritas diocesana – è quello dell’ascolto: come l’amore di Dio incomincia con l’ascoltare la sua Parola, così l’inizio dell’amore per il fratello sta nell’imparare ad ascoltarlo. Si tratta di decifrare le richieste e di orientare le persone nella rete dei servizi pubblici e privati ed in generale nella società italiana». Ad esempio, vi sono i bisogni primari, ovvero vitto, alloggio, cure sanitarie, ricerca di lavoro. Seguono i problemi d’inserimento socio – culturali. S’aggiungono problemi legali ed amministrativi. «Il moltiplicarsi delle povertà anche nei territori della nostra Diocesi – aggiunge don Diego – spinge la comunità cristiana a riflettere, per rispondere adeguatamente alle sfide generate dalla necessità di dare risposta a esigenze nuove, diverse e sempre più pressanti». Risultati? Parlano i numeri del Cda di Cassano: nel corso del 2009 (dati aggiornati al 31 ottobre) ascoltate 113 persone, un quarto delle quali straniere.Tra i bisogni individuati, la disoccupazione (nel 21% dei casi) e l’insufficienza del reddito (58%). Tra le richieste, spiccano aiuti di natura economica (58%) e quelli relativi al reperimento di una possibile occupazione (28%). G.I. Il Confessore Una volta, passando per la casa di amici, sono stato invitato ad entrare. Ci siamo seduti al tavolo in attesa di una bevanda. Invece, mi sono trovato sul ring. Ha iniziato le ostilità la signora, mettendo in evidenza tutte le incoerenze e le ipocrisie del marito. Il marito,senza aspettare che la moglie terminasse di parlare, rincarò la dose di accuse di falsità e di ipocrisia della moglie. Gli animi erano surriscaldati. Ad un certo punto, alzando la voce, ho detto: basta a questa rissa che esarceba ancora di più gli animi già tesi. Ascoltatemi! Se volete che io resti ancora qui, mi dovete ascoltare. Tacquero tutti e due ed io proseguii. E’ un altro il metodo per correggervi fraternamente e cristianamente. È l’ascolto. Noi dobbiamo imparare da Gesù a correggerci. L’ascolto deve mirare non solo alla correzione,ma alla promozione, alla santificazione.Voi dovete rivestirvi di umiltà, di misericordia, di gioia. Ricordiamoci che il Signore ascolta noi, e noi ascoltiamo il Signore. Io vi consiglierei di confessarvi ogni mese l’un l’altro, come si fa in Chiesa. Ascoltare con amore, con misericordia,con fiducia, in modo che l’altro si senta amato, compreso, stimato, perdonato, incoraggiato a migliorare il suo rapporto con Dio e con il prossimo. Ascoltarono le mie parole, si guardarono con amore, si abbracciarono e mi chiesero: padre, vieni e insegnaci l’ascolto evangelico.Vogliamo imparare ad essere misericordiosi, come il Padre che sta nei cieli, e a migliorarci, anzi a santificarci tutta la famiglia. Io risposi: verrò senz’altro. Gesualdo Tiano 5 • dicembre 2009 • Chiamati a testimoniare la fede in Cristo di Gianpaolo Iacobini «Non possiamo tacere anche se così ci dicono. Viviamo in questo mondo e quindi in questo mondo vogliamo dire la nostra. Ma non possiamo solo annunciare, dobbiamo testimoniare». Così monsignor Rino Fisichella ha aperto il terzo convegno diocesano, incentrato sul tema “La Chiesa che vorrei”, svoltosi il 20 e 21 novembre nei saloni del “Miramare hotel palace” di Trebisacce. Due intense giornate di discussione e confronto sulle basi su cui costruire la Chiesa del Terzo millennio ed alle quali hanno preso parte, complessivamente, oltre mille tra fedeli, laici, religiosi e sacerdoti provenienti da diverse diocesi (presenti in sala anche i sindaci di Cassano, Trebisacce ed Oriolo ed il consigliere provinciale Franco Mundo). Il rettore dell’università Lateranense, nonché presidente della Pontificia accademia per la Vita, ha preso la parola subito dopo la prolusione del vescovo di Cassano, monsignor Vincenzo Bertolone. Sono seguite le riflessioni del vescovo di Frascati, monsignor Raffaello Martinelli, e di Marinella Perroni, docente di Sacra scrittura del pontificio ateneo “Sant’Anselmo”. De “La Chiesa primizia del Regno, guardando a Maria come suo membro eminente” ha parlato don Fortunato Morrone, docente dell’Istituto teologico calabro. La prima mattinata di lavoro è stata conclusa dalla messa presieduta dall’arcivescovo 6 • dicembre 2009 • di Reggio Calabria e presidente della Conferenza episcopale calabra, monsignor Vittorio Mondello. Nel pomeriggio sono seguite le relazioni, nell’ordine, di padre Cesare Giraudo, docente del Pontificio istituto centrale (sul popolo che celebrando il mistero divino diventa Chiesa); di padre Ildebrando Scicolone, docente del Pontificio istituto “Sant’Anselmo” (sui sacramenti); di don Dario Vitali, professore di teologia alla Gregoriana (sulla svolta impressa dal Concilio Vaticano II) e don Walter Insero (sulla natura missionaria della Chiesa). La seconda giornata è stata invece caratterizzata dagli interventi di Carmelo Dotolo, docente alla Gregoriana, sull’importanza del dialogo. Indicazione poi sviluppata da don Nunzio Capizzi, anch’egli docente alla Gregoriana. Successivamente, mentre padre Salvator Piè Ninot, ordinario di teologia presso la facoltà teologica di Barcellona, si è soffermato sul profilo dell’unità della Chiesa, monsignor Franco Giulio Brambilla, vescovo ausiliare di Milano, ha sceverato le specificità della parrocchia, officiando poi anche la santa messa. Nel pomeriggio i lavori sono ripresi con la relazione di padre Giacomo Ribaudo, parroco della basilica palermitana della Magione, che ha ricostruito il volto missionario della Chiesa, trovando eco nelle parole di padre Felice Scalia, docente dell’Istituto di scienze sociali di Messina, chiamato a porre in risalto l’importanza della vita consacrata. Quindi, a seguire, dopo Salvatore Martinez, responsabile nazionale del Rinnovamento nello Spirito, soffermatosi sul ruolo dei movimenti nella Chiesa, il microfono è passato a Guzman Carriquiry, sottosegretario del Pontificio Consiglio per i laici, intervenuto proprio per porre in risalto i compiti del laicato. Infine, il dialogo tra relatori e pubblico e le conclusioni del Vescovo. E l’arrivederci al prossimo convegno, segno tangibile d’una Chiesa in continuo divenire senza mai distogliere lo sguardo dalla bussola che indica il cammino: Cristo. Mons. Fisichella Prof.ssa Perroni Padre Scicolone «Non possiamo tacere anche se così ci dicono. Viviamo in questo mondo e quindi in questo mondo vogliamo dire la nostra. Ma non possiamo solo annunciare, dobbiamo testimoniare». Così monsignor Rino Fisichella ha aperto il suo intervento. Nel prosieguo della sua riflessione il Magnifico Rettore dell’Università Lateranense, nonché presidente della Pontificia Accademia per la Vita, ha fatto ricorso alla torre costruita sull’acqua per meglio rappresentare la Chiesa che, contrariamente a quella di Babele, segno di divisione dei popoli, è espressione di unità. «I credenti – ha detto monsignor Fisichella - sono come le pietre che prese dalle acque combaciano a tal punto che la torre non consente più di vedere divisione alcuna tra una pietra e l’altra. È la Chiesa di Cristo, la cui forza consiste nell’unità profonda. La Chiesa, una sola complessa realtà, come la definisce il Vaticano II, che a seconda delle diverse epoche storiche, deve trovare il modo per far comprendere di essere la presenza di Dio in mezzo alla storia». Quale Chiesa vorremmo, allora? «Risponderei – ha affermato monsignor Fisichella - la Chiesa di sempre. La Chiesa che Gesù ha voluto, che ha pensato e per la quale ha inviato il suo Spirito di Amore che procede dal Padre per condurla nella storia, passo dopo passo, fino alla pienezza dei tempi. Questa è una Chiesa, anzitutto missionaria, la Chiesa che vive fino a quando la verità della rivelazione viene fatta conoscere a tutti senza distinzione alcuna». R.F. «La chiesa che vorrei? Una chiesa di chiese, capace di riconoscere e di riconoscersi come segno: difficile da interpretare, ma visibile e interpellante. Che non ha paura della storia perché essa è l’unico locus theologicus in cui Dio ha scelto di farsi presente come Diocon-noi. Né, tanto meno, ha paura della sua storia che è stata, nella buona e nella cattiva sorte, storia di uno Spirito donato e ricevuto. Che ha certamente il coraggio di guardare a se stessa, ma sempre solo di passaggio per riconoscere Colui che era, che è e che viene». Marinella Perroni, del Pontificio ateneo “Sant’Anselmo”, ha relazionato sulle figure della Chiesa nell’Antico Testamento e sulla comunità apostolica nel Nuovo Testamento. Ha ricordato che la questione ecclesiologica è proprio quella della “chiesa che verrà”, ma non ha fatto mistero del fatto che ne «vediamo la gestazione, ma concretamente sappiamo però ancora molto poco». Ha aggiunto: «La Scrittura ci consente di fare luce sulla fede nel Dio dei padri e nel Dio di Gesù e sulla certezza di un’appartenenza privilegiata a Lui. Certezza che ha determinato la vita millenaria di un popolo che vive ancora oggi della sua elezione e che trova depositata nell’Antico Testamento la memoria storico-teologica alla base della sua identità. Certezza che ha determinato altresì la costituzione delle chiese cristiane, della cui fede nel compimento messianico delle promesse il Nuovo Testamento rappresenta il depositum». R.F. Nella sua relazione, padre Ildebrando Scicolone, docente al Pontificio istituto “Sant’Anselmo”, ha evidenziato che «se le religioni pensano che l’uomo può essere aiutato dalla divinità e perciò hanno dei riti, il cristianesimo crede che Dio ci ha effettivamente salvato, quando ha mandato il suo Figlio, il quale morendo ha distrutto la nostra morte, e risorgendo ha dato a noi la vita. Questo disegno di Dio, che Paolo chiama mistero, è stato realizzato e con ciò stesso rivelato nella storia: preparato nell’AT, realizzato in Cristo Gesù, soprattutto con il suo mistero pasquale». Ha aggiunto padre Scicolone: «Gesù è allora il sacramento di Dio, segno cioè e strumento della salvezza dell’uomo totale. Ma perché ogni uomo sia concretamente salvato, è necessario che tale opera salvifica lo raggiunga. È come la luce che, partita da una stella duemila anni fa, mi raggiunge oggi». Ha quindi specificato il relatore: «La Chiesa è il “Corpo di Cristo”, dove vive ed opera lo Spirito stesso del Cristo. Ogni volta che la Chiesa agisce, in quanto Chiesa, agisce sacramentalmente, cioè come segno e strumento di salvezza. I singoli sacramenti, anzi tutte le azioni liturgiche sono segni efficaci della Pasqua, la rendono sempre presente ed operante, perché ogni uomo la possa toccare». Infine, il relatore ha spiegato il “modo di essere sacramentale”, ricorrendo ad altre parole, usate dai Padri della Chiesa, quale “immagine”, “simbolo”, “mistero”: termini tutti che dicono un modo di presenza dell’evento, che è reale, ma “sacramentale” appunto non fisico. Ed al riguardo ha portato, come esempio, il biglietto vincente della lotteria, che contiene il valore della vincita, anche prima che sia scambiato. G. I. 7 • dicembre 2009 • Mons. Brambilla Prof. Dotolo Nella sua relazione, monsignor Franco Giulio Brambilla ha evidenziato i caratteri «dello sguardo che si deve volgere alla Chiesa: né un’osservazione distante di chi s’immagina la Chiesa come un terzo incomodo tra il credente e Cristo, né un’identità frettolosa che faccia dimenticare che la chiesa deve rinviare al Signore Gesù. Pertanto una riflessione sulla Chiesa è oggi difficile. Forse non così come lo era anni addietro, quando lo slogan corrente proclamava: Gesù sì, Chiesa no». Ha Aggiunto monsignor Brambilla: «A partire dal brano con cui l’apostolo Giovanni apre la sua prima lettera, cerchiamo di comprendere il mistero della chiesa. Già questa parola riferita alla chiesa crea un po’ di sospetto. La chiesa è mistero non perché è incomprensibile, ma perché è una realtà che si comprende collegandola a un mistero più grande: quello del Signore Gesù. Giovanni ci presenta la chiesa non come una “cosa” davanti al credente, ma come un evento che genera e alimenta la vita del discepolo. In maniera sorprendente sono implicati tutti i sensi spirituali: udito, vista, tatto, sguardo contemplativo». Ha concluso il vescovo ausiliario di Milano: «L’incontro con Gesù non è solo questione dell’anima. Noi possiamo incontrarlo con la totalità del nostro io, della nostra persona e, dunque, della nostra esperienza. La Chiesa nasce così, nasce come una comunione attorno all’annuncio dell’apostolo e della comunità apostolica. Non semplicemente perché abitiamo sullo stesso territorio e ci troviamo nel medesimo luogo. Noi siamo nella Chiesa perché realizziamo ogni giorno la comunione attorno all’annuncio apostolico». Giu. Ma. Nel suo intervento, Carmelo Dotolo, docente di teologia alla Pontificia università Urbaniana, ha sottolineato che «una delle caratteristiche della contemporaneità è la pluralità delle prospettive socio-culturali e religiose entro cui si muove la vita della Chiesa e la riflessione teologica. In questo quadro, assume un volto inedito per i cammini della Chiesa sia il movimento ecumenico, sia l’incontro interreligioso, per il fatto che chiamano l’identità ecclesiale ad una calibratura qualitativa della sua presenza nella storia e ad una ricerca più profonda che non canonizzi l’esistente.Ne consegue la decisività del dialogo come via non più facoltativa, perché in esso prende sempre più forma il reciproco riconoscimento, l’arricchimento delle proprie prospettive e la crescita vicendevole». Ha aggiunto Dotolo: «Nel Concilio Vaticano II, l’attenzione all’incontro e al dialogo con le altre Chiese e religioni assume un posto centrale, soprattutto nell’orizzonte dell’unità che compete alla cattolicità della Chiesa. A provocarne l’urgenza, è stata, senza dubbio, la svolta ecclesiologica che nel concetto di comunione e relazione trova il suo orizzonte di riferimento privilegiato. Questo, in virtù del fatto che lo Spirito dona alla Chiesa la sua peculiare forma di unità, cioè l’unità nella molteplicità: lo Spirito Santo la rende ecclesia, assemblea del popolo di Dio chiamato ad essere segno di un’umanità differente». Ha concluso Dotolo: «Il modello relazionale vive del paradosso dell’unità nella diversità e molteplicità, e si alimenta di una riflessione sull’identità ecclesiale nell’ottica pneumatologica. Ne deriva che, per il dialogo ecumenico, è di fondamentale importanza il principio di riconoscimento-riconciliazione». Giu. Ma. 8 • dicembre 2009 • Padre Ribaudo Vivere la comunione fraterna rende unita una Chiesa o una comunità ecclesiale. Padre Giacomo Ribaudo, parroco della Basilica “La Magione”, di Palermo, ha parlato del volto missionario della Chiesa e delle comunità utilizzando un utile approccio ai termini che ha portato a ricordare, tra l’altro, i meriti del Concilio Vaticano II, che ha trasformato anche nel linguaggio «il significato più immediato di Chiesa che riconduce alla comunità delle persone e non all’edificio». Ma sono i segni di conversione ad attuare il paradigma di una «Chiesa locale e di una Comunità parrocchiale giovane e capace continuamente di trasformarsi». La conversione ad una “ChiesaComunità dinamica” in grado di «portare efficacemente il Vangelo dove di Vangelo non si vive»; ad una Chiesa in dialogo; ad «una comunità dove ogni battezzato si sente chiamato alla missione e opera nella vigna secondo i carismi ricevuti». E poi la conversione «da Chiesa domenicale a una Chiesa quotidiana»; «da una Chiesa che si riunisce solo in Chiesa a una Chiesa che trova il suo ambiente naturale nelle famiglie, nelle fabbriche, negli uffici, nei cantieri, nelle officine, nelle scuole e nelle università, negli ospedali e nelle case di riposo, nei villaggi turistici e nei posti di ristoro, nei club e nei centri di cultura». R.F. «La comunione volto credibile della Chiesa» «L’incontro, l’ascolto e il dialogo non devono rimanere eventi straordinari, bensì diventare segni consueti di una comunione pronta a valorizzare le diverse identità nell’esperienza della sequela. Solo se saremo capaci di vivere il nostro essere Chiesa in questi termini, la comunione diventerà il volto credibile della Chiesa calabrese, e sarà questa la vera speranza che offrirà finalmente al nostro amato popolo riscatto e redenzione». Questo l’invito con il quale monsignor Vincenzo Bertolone, vescovo della Diocesi di Cassano, ha concluso il convegno diocesano svoltosi a Trebisacce. «Il punto di partenza – ha sottolineato il Pastore della Chiesa cassanese - non può che essere la coscienza religiosa dei calabresi, i quali conservano ancora sia il senso della verità, sia la coscienza del bene. La Chiesa, specie quella diocesana, è tenuta a condurre i credenti alla verità tutta intera ed alla Parola sempre viva di Cristo, mediante una prassi pastorale che parli di Dio e dell’amore che Egli ha manifestato». Ha aggiunto il Presule: «Su tali basi deve poggiare la Chiesa del futuro, alla cui costruzione tutti sono chiamati a collaborare. Una Chiesa ricolma di dolcezza e tenerezza, umile nella sua semplicità; una Chiesa unita e gioiosa, in cui non esistano particolarità ed in cui alla logica del dominium mundi subentri quella del servitium mundi. Questi aneliti correrebbero il rischio di restare lettera morta se il progetto di una Chiesa diversa, migliore, propositiva ed accogliente non decollasse dalla parrocchia, casa di Dio tra le case degli uomini». A seguire, la considerazione finale: «Nei Vangeli, la barca sballottata dalla furia degli elementi è metafora della chiesa che il nocchiero Pietro e i suoi successori debbono tenere ben salda per raggiungere la meta: il Regno di Dio. La Chiesa, specie quella diocesana, a partire dalle parrocchie - ha chiosato monsignor Bertolone - è tenuta a condurre i credenti alla verità tutta intera ed alla Parola sempre viva di Cristo, mediante una prassi pastorale che parli di Dio e dell’amore che Egli ha manifestato, e che pensi a quell’amore più grande. Su tali basi deve poggiare la Chiesa del futuro, alla cui costruzione tutti sono chiamati a collaborare. Se ci adopereremo in questa direzione, assisteremo al sorgere d’una nuova coscienza della fede e di concreti percorsi di liberazione, utili pure alla rimozione dei baconiani idola fori, tra cui il conservatorismo, la fuga spiritualistica dalla realtà e la propensione all’isolamento, che tuttora albergano anche nelle coscienze ecclesiali e che vanno fugati, attingendo dalla Tradizione gli strumenti concettuali con i quali affrontare le sfide delle tempeste della contemporaneità, nella consapevolezza che sulla barca della Chiesa, insieme a noi, v’è Cristo: è lui che al timone della navicella ci conduce nei porti della fiducia e della speranza, ma pure dell’impegno, della missionarietà e della testimonianza».G. I. 9 • dicembre 2009 • La Cei si riunisce nella terra di San Francesco di Giuseppe Malomo Si è svolta ad Assisi, dal 9 al 12 novembre 2009, la sessantesima assemblea generale dei vescovi italiani, alla quale hanno partecipato 202 membri e 8 Vescovi emeriti. L’assemblea ha discusso ed approvato il nuovo rito delle esequie. Si tratta della versione italiana del libro liturgico ufficiale, utilizzato nelle veglie di preghiera e nei funerali. Il testo, che sarà pubblicato dopo la prescritta approvazione della Santa Sede, aggiorna l’edizione del 1974 tenendo conto di alcuni adattamenti suggeriti da 35 anni di uso. Nella nuova edizione sarà previsto un formulario specifico per quanti scelgono la cremazione. Come è noto, la Chiesa, pur p r e f e r e n d o la sepoltura tradizionale, non riprova tale pratica, se non quando è voluta in disprezzo della fede. I Vescovi hanno approvato a larghissima maggioranza la nota su “Chiesa e Mezzogiorno”, con l’intento di pubblicare a breve un documento che sia espressione dell’intero Episcopato. Sono state inoltre presentate le iniziative indette a livello nazionale e diocesano in occasione dell’Anno Sacerdotale ed è stato illustrata l’indagine per la rilevazione delle opere sanitarie e sociali di ispirazione ecclesiale in Italia. Sono state inoltre fornite informazioni Benedetto XVI parla alla FAO «La fame è il segno più crudele e concreto della povertà. Non è possibile continuare ad accettare opulenza e spreco, quando il dramma della fame assume dimensioni sempre maggiori». Lo ha affermato Benedetto XVI, intervenendo alla cerimonia di apertura del vertice mondiale della Fao. Il Papa ha suggerito d’investire nei Paesi poveri «in infrastrutture rurali, in sistemi di irrigazione, in trasporti, in organizzazione dei mercati, in formazione e diffusione di tecniche agricole appropriate». Il santo padre ha invitato la comunità internazionale a coniugare la cooperazione con la sussidiarietà, coinvolgendo «le comunità locali nelle scelte e nelle decisioni relative all’uso della terra coltivabile». Il Papa ha anche invitato a non considerare il mondo rurale, «in maniera miope, come una realtà secondaria» e a favorire «l’accesso al mercato internazionale dei prodotti provenienti dalle aree più povere, oggi spesso relegati a spazi limitati. È perciò necessario sottrarre le regole del commercio internazionale alla logica del profitto fine a se stesso, orientandole a favore dell’iniziativa economica dei Paesi maggiormente bisognosi di sviluppo». «Non si devono poi dimenticare – ha sottolineato il Pontefice – i diritti fondamentali della persona, tra cui spicca il diritto ad un’alimentazione sufficiente, sana e nutriente, come pure all’acqua; essi rivestono un ruolo importante per il conseguimento di altri diritti, ad iniziare da quello, primario, alla vita». Benedetto XVI ha concluso ribadendo l’impegno della Chiesa cattolica negli «sforzi per sconfiggere la fame». Giu. Ma. 10 • dicembre 2009 • in merito a due eventi di rilevante importanza previsti nei prossimi mesi, cioè l’Ostensione della Sindone (Torino, 10 aprile – 23 maggio 2010) e il convegno Testimoni digitali (Roma, 22 – 24 aprile 2010). Ci sono stati, infine, spunti di approfondimento grazie a due relazioni accademiche, la prima sulla questione antropologica alla luce del nesso fra etica della vita ed etica sociale, secondo la Caritas in veritate; la seconda per esaminare il rapporto fra l’immagine della Chiesa e la comunicazione dei media. Un natale “in bianco” «Anche Gesù era un migrante». Papa Benedetto XVI lo ricorda parlando dei bambini immigrati. Basterebbe solo questo, per chiudere il discorso. Invece, in tempo d’Avvento, dove il Natale è bianco per antonomasia, avviene che “bianco” significhi opporsi al “nero”. Al diverso. La notizia - di metà novembre - è questa: un Comune in provincia di Brescia, Coccaglio, vuole un “Natale bianco”, ovvero desidera allontanare gli immigrati non regolari durante il periodo natalizio, andando casa per casa a caccia di clandestini. L’operazione della giunta leghista, contro la quale si sono levate dure critiche anche da parte del presidente della Cei, il cardinale Bagnasco, prende il nome “White Christmas” perché finirà il giorno della Natività di Nostro Signore: festa dell’accoglienza, dell’inclusione, dei buoni valori, quelli che, appunto, almeno una volta l’anno anche i più “cattivi” cercano di imporsi. L’assessore alla Sicurezza, Claudio Abiendi, ha spiegato che per lui «il Natale non è la festa dell’accoglienza, ma della tradizione cristiana, della nostra identità». Quindi solo dei 7.000 abitanti, non anche dei 1.500 extracomunitari che il paese ospita. Eppure l’idea, forte del potere devoluto ai sindaci dal decreto-sicurezza, nasce in un paese dove l’integrazione pare sia riuscita e dove la sicurezza non risente della pur massiccia presenza straniera. Ma poco importa. Il Natale è il Natale. Ma solo per gli italiani. Roberto Fittipaldi Neo direttore Marco Tarquinio (nella foto) è il nuovo direttore responsabile diAvvenire. Nato il 16 marzo 1958 in Umbria, ha studiato tra Assisi e Perugia, ed è stato capo scout nell’Agesci. Sposato, con due figlie, è giornalista professionista dal 1988. Nel giornale della Cei dal 1994, Tarquinio è stato caporedattore centrale e della redazione romana del quotidiano. Dal 2007 vicedirettore a Milano e dal 3 settembre 2009 vicedirettore responsabile ad interim. A lui gli auguri di buon lavoro da tutta la redazione de L’Abbraccio. RedA La missione popolare a Castrovillari Il vangelo nelle case è l’esperienza più bella che si sia vissuta, a mio modesto parere, nei dodici giorni di missione popolare nella città di Castrovillari (nella foto). La Parola, Via, Verità e Vita per l’uomo di oggi, ha bussato alle porte di tanti, molti, per farsi presente nella quotidianità, nel senso di quella hanno dichiarato l’aperta volontà di voler continuare a riunirsi ancora, anche dopo la missione, attorno alla Parola. Ed è forse il più bel segno di questi giorni con Cristo e per Cristo. Sei parrocchie che hanno annunciato, con i loro parroci, gli operatori pastorali, catechisti, gruppi, movimenti, ricerca infinita che – è stato evidenziato – molti cuori hanno proprio l’esigenza di fare e forse non hanno il coraggio di voler affrontare da soli. E’ per questo che in tanti laici impegnati, fino ai confini della città il desiderio di Dio di rendere felice l’uomo. Tre le tematiche al centro del confronto: Gesù Cristo, la Chiesa e l’uomo. Proprio Riapre al culto la Chiesa di San Domenico Chiusa ai fedeli da più d’un decennio,per interminabili lavori di ristrutturazione,è stata finalmente riaperta al culto la chiesa di san Domenico, attigua al seminario diocesano “Giovanni Paolo I”. La storica chiesa, posta nel cuore del borgo antico, era divenuta, sul finire degli anni Novanta, oggetto di interventi di riqualificazione protrattisi stancamente ed ultimati solo di recente, su impulso del vescovo, monsignor Vincenzo Bertolone. A suggellare il ritorno alla vita, una santa messa concelebrata dal vicario generale diocesano, monsignor Franco Oliva, e dai sacerdoti don Alessio De Stefano, don Nunzio Laitano, don Francesco De Marco e don Francesco Papasso. Ad impreziosire l’evento, con l’esecuzione dei canti musicati dal maestro Alessandro Saraceni, il coro polifonico della diocesi, diretto dal maestro Giacinto Ciappetta. Per il momento, a san Domenico sarà celebrata una messa al giorno: nei giorni feriali, alle 7.10; in quelli festivi alle 9. Gaetano Zaccato a voler rimarcare il cammino da fare per giungere alla verità piena della gioia in Cristo. La città così grande da evangelizzare ha fatto preferire la dinamica dell’annuncio per territori parrocchiali. Un unico canovaccio di missione, declinato nelle varie realtà parrocchiali. Stile che però non ha favorito l’incontro dei missionari se non nei momenti comuni (la celebrazione iniziale e finale della missione e la celebrazione penitenziale). Il cuore ed il centro della missione è stata l’eucaristia esposta in maniera perpetua per tutti i giorni della missione presso uno spazio appositamente allestito nel centro della città. Una fonte di luce e speranza aperta alla città, ai missionari, ai cercatori di Dio che tutte le comunità parrocchiali, i gruppi, i movimenti, gruppi di persone hanno continuamente adorato, animando la preghiera nella forme e nelle maniere più diverse, come i carismi che la città ha e vuole offrire al Signore. Le cose che andranno ritoccate, quelle che non hanno funzionato – come è ovvio in un contesto così complicato e variegato come una grande città - le dinamiche da migliorare le offriamo nella preghiera al Signore misericordioso, chiedendo la capacità di guardare sempre a lui per prendere da lui la forza e la voglia di continuare a servire, sempre meglio e sempre più insieme. Magari pensando un po’ di più ai giovani, che in questa missione non hanno avuto tanti spazi di confronto e di ascolto. Questo tempo ci offre una grande eredità che è anche una responsabilità importante per la chiesa cittadina: proseguire insieme ai sacerdoti a riunirci attorno alla Parola per «vivere e incarnare la verità del Vangelo», come ha sottolineato monsignor Vincenzo Bertolone nella celebrazione finale presso il Santuario della Madonna del Castello. «Ora – e uso sempre le parole del nostro Pastore – non bisogna rischiare che tutto ritorni come prima. Si continui con maggior ardore per far crescere la grazia». E’ l’augurio più bello che il vescovo ci ha fatto e che faccio a noi che cerchiamo di servire la Chiesa nella nostra città. V.A. 11 • dicembre 2009 • L’angolo del Progetto Policoro L’ascolto che diventa gesto concreto Ci sono volti, storie, sogni, desideri, che chiedono di crescere nella speranza di essere gesto concreto per una terra difficile ma che ha voglia di sperare ancora, oltre ogni disperazione. Forse è questo il più bel messaggio del Progetto Policoro nella nostra realtà di Chiesa del Sud. L’ascolto dei giovani, delle loro speranze, delle loro ansie legate al mondo del lavoro, dei sogni tante volte non detti per paura, della voglia di essere protagonisti della propria storia, è uno dei punti nodali della formula di evangelizzazione che la Chiesa offre attraverso gli animatori di comunità. Non solo il centro servizi di Cassano – dove gli animatori di comunità prestano il loro servizio – ma anche la strada, i gruppi, le parrocchie, i movimenti, ma anche tanti momenti informali in giro per le realtà quotidiane del vivere sono lo spazio entro cui si cerca di tendere l’orecchio a quello che i giovani hanno da dirci. Un ascolto che diventa accompagnare. Accompagnare che significa veder crescere. Veder crescere un sogno, che domani sarà gesto concreto. E in questo tempo di Natale, che anche segno di un anno che finisce e uno che sta per cominciare, il nostro bilancio di ascolto lo vorremo raccontare con due nomi: Biagio e Maddalena. Due cuori ascoltati della nostra Diocesi, che nel loro sogno imprenditoriale stanno vedendo crescere una realtà produttiva che, ne siamo sicuri, sarà segno concreto di quella capacità di cambiamento che tanti giovani nel nostro territorio hanno e vogliono mettere in circolo per creare umanità nuova anche nel lavoro. Biagio e Maddalena sono per noi il segno più bello di quel silenzioso lavoro che nell’ascolto può e deve diventare gesto concreto di una Chiesa attenta ai giovani e alla loro voglia di crescere, qui e ora. V. A. Svidercoschi in Diocesi Giovanni Paolo II, un Papa che non muore. Il titolo dell’ultimo libro dato alle stampe dal giornalista Gian Franco Svidercoschi (nella foto) è stato anche il tema, insieme alla presentazione dell’opera, d’un dibattito svoltosi a Cassano, nei saloni del teatro comunale. L’ i n i z i a t i v a , promossa dalla locale sezione dell’Unione cattolica italiana insegnanti medi (presieduta da Rossella Varcasia) col patrocinio del Comune e della Diocesi, ha visto la partecipazione, in veste di relatori, di Vincenzo Bova, ordinario di sociologia all’Unical, e don Enzo Gabrieli, direttore del settimanale “Parola di vita”, nonché dell’antropologo Leonardo Alario. In apertura dei lavori, hanno portato il loro saluto il sindaco Gianluca Gallo ed il vescovo, monsignor Vincenzo Bertolone. Ha preso parte alla manifestazione lo stesso Svidercoschi, giornalista di origini polacche già inviato dell’Ansa al Concilio Vaticano II e vicedirettore dell’Osservatore romano, nonché autore di diversi libri dedicati alla figura ed al pontificato di papa Woytila. G. I. 12 • dicembre 2009 • Gli scout vivono l’Avvento I pastori, l’angelo, Erode, la locandiera, Maria e Giuseppe: questi sono i sei personaggi che i lupi del branco “Seeonee” del gruppo scout “Cassano ” hanno incontrato in Piazza Municipio domenica 29 novembre, prima domenica d’Avvento. Un’attività organizzata dai capi della branca per far vivere ai 35 bambini presenti (lupette e lupetti) quanto ascoltato dalle Sacre Scritture attraverso il gioco e la rappresentazione, tecniche proprie dello scautismo. I sei personaggi hanno raccontato alle lupette e ai lupetti, divisi per sestiglie, l’evento della nascita di Gesù e poi insieme hanno realizzato un cartellone inserendo tutte le immagini dei personaggi che hanno loro realizzato: una fantasia di colori per esprimere ciò che hanno vissuto durante l’attività. Francesca Deleo Viva voce [ il libro ] Dall’omonimo episodio delVangelo,Alessandro Baricco ha preso in prestito il nome per il suo ultimo romanzo: Emmaus, uscito il 4 novembre 2009, con copertina essenziale e minimalista. La storia è ambientata negli anni Settanta ed ha per protagonisti quattro ragazzi cattolici: Bobby, il Santo, Luca e l’io narrante che non ha un nome. Giovanissimi, appartengono a famiglie della media borghesia: vanno a scuola, suonano in chiesa, fanno volontariato in un ospedale dei poveri. Rispettano e amano profondamente i loro genitori e la vita. Non fumano, non bevono, non fanno sesso. Hanno fidanzate che arriveranno vergini al matrimonio, hanno una vita lineare e pulita. Ma ogni tanto danno un’occhiata al di là, verso gli altri, i loro coetanei risucchiati dal mondo. Quelli che ascoltano altra musica, ballano, bevono, fanno sesso. E tra questi altri, il loro sguardo si perde sempre su Andre. Andre è bellissima, e trascina i quattro ragazzi nel suo mondo. Si parlano poco, eppure con gli occhi capiscono parecchie cose. Appena entrati nel mondo di Andre, nel mondo degli altri, perderanno le loro certezze. Da lì in poi, sarà un viaggio verso ciò che non avevano mai creduto possibile a loro (così cattolici, perfetti e puliti). A restare è la voce dell’io narrante, quella senza nome, che si rende conto di aver visto tutto sfuocato. Un po’ come i discepoli di Emmaus. Com’è possibile che non riconosciamo e comprendiamo davvero le persone che abbiamo intorno? Mangiano con noi, vivono con noi, eppure non li riconosciamo. Il romanzo può essere uno sguardo benevolo, comprensibile verso le debolezze umane, le stesse che caratterizzano il nostro essere fragili, incomprensibili, a volte folli, profondi, misteriosi. Un romanzo in cui riconoscere le nostre sfumature più nascoste. Giuseppe Roseti [ l’idea ] Nelle visite quotidiane sul web, oltre a controllare la nostra e-mail, leggere le notizie di maggiore interesse e dare un’occhiata a ciò che più ci incuriosisce nel mondo, sicuramente ci sarà capitato di visitare con frequenza l’ormai famosissimo Youtube, fonte inesauribile di ogni genere di video, con i suoi archivi di trasmissioni televisive e video autoprodotti dagli utenti di tutto il globo. La novità che vogliamo segnalare è GodTube: una piattaforma per la condivisione e la visualizzazione di video “Dio-compatibili”. Di inspirazione cristiana (non strettamente cattolica, anzi), il motto di GodTube è “Broadcast Him”, letteralmente “TrasmetteteLo” (sì, proprio Dio). Per questa via, GodTube si candida a diventare il punto di riferimento in rete per recuperare video dalle trasmissioni dei network cristiani, oltre che ovviamente per la pubblicazione di contenuti autoprodotti che trattino il tema “Dio” in qualsiasi forma. Navigando nel sito, si potrà trovare molto materiale vario ed interessante. Sarà difficile invece imbattersi in video in italiano, poiché l’utilizzo e la conoscenza del network è molto diffuso negli Usa. Certo, in Italia sarebbe un bel modo di condividere sul web esperienze di vario tipo, creando così un archivio dei video utili per un nuovo modo di evangelizzazione, formazione, condivisione. Giuseppe Roseti [ il disco] «Heart: non ha tante mediazioni, non ha tanti compromessi. La ricerca della spontaneità, dell’onestà e del calore mi ha portato inevitabilmente a cercare il cuore. E il cuore è l’elemento che lega tutte queste canzoni insieme, indipendentemente dal loro suono». Queste le parole di Elisa per presentare il suo ultimo lavoro, “Heart”, uscito lo scorso 13 di novembre. È un incontro tra la componente rock e quella pop, sempre presenti nello stile dell’artista. Ogni canzone ha un suo vestito, in molte si mescola l’acustica all’elettronica, ma tutte ruotano intorno ai sentimenti incondizionati del cuore. Quattordici pezzi di cui due in italiano (“Anche se non trovi le parole” e “Ti vorrei sollevare”), tutti scritti dalla cantante, ad eccezione di una cover dei “Tears for fears”, “Mad world”, presentata in una versione originale che già aveva riscontrato enorme successo durante lo show “Mechanical world”. Rilevanti anche le suggestive collaborazioni per “Ti vorrei sollevare”, singolo che ha anticipato l’uscita dell’album, con Giuliano Sangiorgi, e “Forgiveness”, con Antony Hegarty. Questo pezzo è un vero e proprio invito al perdono. Perdono come unica chiave di accesso al mondo. Perdono come tutto ciò di cui abbiamo bisogno. Alberto Marino 13 • dicembre 2009 • In ricordo di don Luigi Orione L’intenso legame di San Luigi Orione con Cassano, i cassanesi e il vescovo La Fontaine. Meravigliose pagine di vita diocesana scritte a inizio secolo e dimenticate da troppi. Sono state sfogliate e rinverdite domenica 22 novembre nel santuario della Madonna della Catena. «Don Luigi Orione era molto legato alla gente di Cassano, la quale non solo accolse gli orfani che gli mandò ma li adottò e trattò come suoi figli», ha ricordato don Flavio Peloso, il padre generale dell’ordine degli Orionini, che assieme al vescovo della Diocesi cassanese, monsignor Vincenzo Bertolone, ha concelebrato la santa messa seguita alla scopertura della statua dedicata a san Orione e sistemata nel piazzale che apre al santuario della Madonna della Catena. Un luogo di culto e accoglienza tanto caro al fondatore della Piccola opera della Divina Misericordia, che proprio qui il 19 marzo 1912 fece la professione di fede e prese i voti perpetui con l’allora vescovo cardinale Pietro La Fontaine. Il quale fu il legame che lo portò a Cassano nel 1908, quando il Papa Pio X gli chiese di andare in missione a Reggio e Messina per offrire aiuto e conforto alle popolazioni dello Stretto piagate dal devastante terremoto. «Ma prima di raggiungere Reggio Calabria – ha ricordato don Flavio – si fermò qui chiedendo al vescovo La Fontaine la possibilità di creare un orfanotrofio. Ovviamente ottenne subito una risposta positiva, anche se allora non c’era alcuna nostra comunità in zona. Ma tutto avvenne in tempi assai rapidi. Non a caso qui mandò anche altri bambini e ragazzi rimasti orfani a causa del terremoto che poco dopo colpì la Marsica, in Abruzzo. Non fu mai necessario inviare soldi, perché ci pensò la gente di Cassano che non fece mai mancare nulla ai suoi piccoli». Nell’omelia, don Peloso ha snocciolato episodi della quotidianità cassanese di don Orione. In particolare ha ricordato la carità, l’affetto e l’aiuto costante che il sacerdote, la sua comunità e i ragazzi ebbero dalle sorelle Giuseppina e Filomena Pesce, cassanesi benestanti, le quali furono una colonna importante per la sua attività a Cassano e in Calabria. Al termine della celebrazione, prima della consegna d’una reliquia del santo, il ringraziamento a monsignor Bertolone per l’idea della statua e l’attenzione riservata a don Orione. D. M. Bertolone incontra la Capitaneria di porto Un incontro cordiale, dedicato all’approfondimento della conoscenza personale ma pure delle grandi questioni interessanti il territorio. Questo è stato il senso della visita che il comandante della Capitaneria di Porto di Corigliano, il capitano di fregata Massimo Seno, ha fatto al vescovo di Cassano, monsignor Vincenzo Bertolone. I due, insieme ai loro più stretti collaboratori, si sono intrattenuti per circa un’ora nel salone degli stemmi, per un colloquio a porte chiuse durante il quale, confermano fonti di Curia, «con grande cordialità, si sono affrontati temi concernenti diversi aspetti della realtà territoriale cassanese e diocesana. È inoltre emersa la piena disponibilità a proseguire nel collaudato e fecondo stile di dialogo e di collaborazione tra le istituzioni rappresentate, sia pure nel doveroso e naturale rispetto dei rispettivi ruoli, per l’affermazione del bene comune». Prima del congedo, monsignor Bertolone ha formulato i propri auguri di buon lavoro al comandante Seno ed ai suoi collaboratori, elogiandone l’esperienza e l’attività svolta. G. I. 14 • dicembre 2009 • L’agenda del Vescovo DICEMBRE 11 dicembre: a Castrovillari, auditorium “San Girolamo”, chiusura della missione popolare diocesana e presentazione lettera pastorale “La Chiesa che vorrei”; 12 dicembre: a Lappano, aula consiliare, incontro-dibattito su don Carlo De Cardona 13 dicembre: h. 9.30, a Cerchiara, celebrazione santa messa nella parrocchia di san Pietro apostolo; h. 11.30, a Castrovillari, celebrazione della santa messa nella parrocchia di san Francesco, in occasione della giornata del ringraziamento, organizzata dalla Coldiretti; 18 dicembre: a Lauropoli, celebrazione santa messa nella parrocchia Sacri Cuori, in occasione del convegno su san Pio; 19 dicembre: h. 12, a Castrovillari, in ospedale, celebrazione santa messa; h. 17.30, a Cassano, celebrazione santa messa nei saloni dell’istituto per anziani “Casa Serena”; 24 dicembre: in Cattedrale, solenne pontificale per la Natività del Signore; 25 dicembre: h. 11, in Cattedrale, solenne pontificale; 31 dicembre: h. 17.30, in Cattedrale, Vespri e canto del Te Deum; GENNAIO 1 gennaio: h. 11, in Cattedrale, solenne pontificale; 6 gennaio: h. 11, in Cattedrale, solenne pontificale; 9 gennaio: a Castrovillari, istituto “Vittorio Veneto”, convegno sulla figura di Giovanni Paolo I; 10 gennaio: in Cattedrale, solenne pontificale in memoria di Giovanni Paolo I; 14 gennaio: a Cassano, nei saloni del seminario diocesano, ritiro del clero. Lettere in redazione CARA REDAZIONE/1 Mi affascinano e mi confortano le parole di padre Alex Zanotelli, lette sul mensile “Nigrizia” dello scorso settembre: «E’ necessario recuperare il Vangelo e viverlo nella sua radicalità». Parole incisive e penetranti che mi sollecitano, mi incalzano e mi interrogano nel più profondo di me stesso. In particolare mi risuona, tagliente come una sferzata, il termine “radicalità”. Cosa vuol dire? Ce lo spiega bene lo stesso Zanotelli: «Il Vangelo preso alla lettera di Francesco d’Assisi che le nostre Chiese d’Occidente hanno dimenticato». Dunque, un Vangelo preso nella sua interezza e nelle sua essenza. E non, quindi, un Vangelo accomodante che non ci inquieti e non ci disturbi. Sul bollettino “Movimento apostolico” leggo: «Fede è piantarsi, radicarsi nel Vangelo». Coincidenza, casualità? No, poiché il Vangelo è uno solo, è sempre quello. Allo stesso modo anche il nostro vescovo, che nella sua nuova lettera pastorale afferma: «Porsi alla sequela di Cristo implica la fedeltà ad una chiamata. Questa è la sequela radicale che intendo proporre alla diocesi». La radicalità evangelica: un unico e insostituibile filo conduttore per parlare di Cristo e dei suoi insegnamenti. Echeggia, in tutto questo, la mirabile frase di Raoul Follereau: «L’amore ha vinto, le barriere sono cadute». Qualsiasi genere di barriere, specialmente quelle mentali, che sono le più dure a cadere. Silvio Galizia – Cassano Ionio CARA REDAZIONE/2 Da qualche anno nella Sibaritide stiamo convivendo con un folto gruppo di lavoratori comunitari ed extra-comunitari utilizzati per il raccolto delle olive e degli agrumi. Per poter venire fin qui ed essere sicuri di trovare un tetto, un letto ed un lavoro si affidano a loro connazionali che promettono ottimi alloggi e discrete paghe, ma quando giungono a destinazione trovano spesso tuguri invivibili di pochi metri quadrati dove trovano posto anche 10 letti e, nel migliore dei casi, villette ed appartamenti di vacanza utilizzati dai proprietari solo d’estate, quindi non attrezzati per l’inverno, ma che comunque hanno un minimo di comodità. Costo per un posto-letto, dai 100 ai 140 euro. Ma il danno più grave è che i loro “caporali”, una volta iniziato il lavoro, non pagano più i 25 o 30 euro al giorno promessi, ma 12 – 13 Euro. Si lavora dall’alba al tramonto, quasi tutti i giorni, per riuscire a risparmiare non più di 100, 150 euro al mese da destinare alle famiglie lasciate a casa. Nel Comune di Cassano sono circa 1000 le persone che vivono nelle condizioni sopra-descritte. Nessuno vede? Nessuno sente? Nessuno parla! Questa autentica forma di schiavitù non fa scandalo in un paese che si definisce cristiano, che s’indigna quando il Consiglio d’Europa ordina di togliere il Crocifisso dai pubblici locali, quando si commuove alla lettura della parabola del Buon Samaritano e piange nel pensare alle sofferenze del Cristo. Ma questi poveracci sono sporchi, a volte emanano cattivo odore, non sono neanche cristiani, non sono degni della nostra attenzione, lo spirito di accoglienza e di amore che ci ha insegnato Gesù morendo sulla Croce, per costoro non vale. Quando proprio abbiamo pena per le loro condizioni eleviamo una preghiera al Cielo, questo sì, e che poi ci pensi il Buon Dio che sicuramente vede e provvede. Così la nostra coscienza di bravi cristiani è tranquilla. Antonio Michele Cavallaro - Sibari CAMPAGNA ABBONAMENTI Registrazione presso il Tribunale di Castrovillari n° 1/08 del 10 gennaio 2008 ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ L’Abbraccio è iscritto alla Federazione Italiana Settimanali Cattolici Direttore responsabile: Domenico Marino Capo redattore: Gianpaolo Iacobini Segreterio di redazione: Giuseppe Malomo Redazione: S.E. Vincenzo Bertolone, Vincenzo Alvaro, Mariella Aridiacono, don Francesco Candia, Roberto Fittipaldi, don Giovanni Maurello, Giuseppe Roseti, don Carmine Scaravaglione, Raffaele Vidiri, Gaetano Zaccato Hanno collaborato a questo numero: Rosella Antonelli, Francesca Deleo, don Francesco Faillace, don Nicola Francomano, Alberto Marino, Nicola Mobilio, padre Gesualdo Tiano. Impaginazione: Vincenzo Alvaro Stampa: AGM, Via Daniel Bovè 5, 87012 Castrovillari (CS) www.agm.calabria.it Rinnova l’abbonamento al mensile diocesano e riceverai in omaggio per 3 mesi il quotidiano della Conferenza Episcopale Italiana. 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