Per un Natale d`amore - Diocesi di Cassano all`Jonio

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Dicembre 2009 • Anno 2 • Numero 12
Per un Natale d’amore
«Quando i giorni si fanno sempre più corti, quando in un normale
inverno cominciano a cadere i primi fiocchi di neve, allora, timidi
e lievi, fanno capolino anche i primi pensieri di Natale. E sulla
terra scende come una calda corrente d’amore».
Le parole di Edith Stein ci riportano a quell’atmosfera nella quale,
in questi giorni, anche i nostri paesi sono avvolti, rischiarati da
un tripudio di luci e sfarzose vetrine che sempre di più fanno
dell’atteso giorno soltanto un evento di commerci incartati col
sentimentalismo, di gesti tradizionali superficiali e privi d’anima.
E sebbene da venti secoli ormai Dio e uomo siano uniti in un
perfetto abbraccio, come cantava nelle sue poesie Salvatore
Quasimodo, ancora «non v’è pace nel cuore dell’uomo, e il
fratello si scaglia sul fratello».
La venuta del Cristo, insomma, segna una svolta nella storia,
ma la libertà dell’uomo si ostina a sottrarsi a quell’abbraccio. Ed
il pianto del piccolo Gesù, il suo lamento in croce, la sofferenza
di tanti fratelli continuano a cadere nel vuoto, a essere ignorati
e persino derisi. Come scrive Qohelet (4,1), «ecco il pianto degli
oppressi che non hanno chi li consoli; da parte dei loro oppressori
sta la violenza, mentre per essi non c’è chi li consoli». A queste
lacrime il mondo pare restar sordo, perché in molti sentono, solo
in pochi ascoltano. E spesso il dialogo si riduce a monologo, nella
convinzione d’essere i soli custodi della verità. Eppure, ricordava
già Dietrich Bonhoeffer, «il primo servizio che si deve rendere al
prossimo è quello di ascoltare. Chi non sa ascoltare il fratello ben
presto non saprà più ascoltare Dio. Anche di fronte a Dio, sarà
sempre lui a parlare».
Celebrare il Natale, dunque, non vuol dire solo preparare un bel
presepe scolpito con i suoi pastori, con i Magi in lunghe vesti e
una gioia celeste soffusa su tutta la scena. Vuol dire ascoltare il
pianto del Bambino e degli ultimi, cercare la pace nel cuore e col
prossimo. Soprattutto, vuol dire riconoscere che il Cristo respinto
da chi è colmo di cose e parole è necessario: per i deboli, in cerca
di conforto ed aiuto, e per coloro che hanno il cuore sgombro da
vizi, possesso ed orgoglio ed avvertono il bisogno di amore, di
infinito, di speranza.
Auguri a tutti, allora, non solo di un buon Natale, ma di un Natale
buono, luminoso di fede, santo d’amore. Un Natale che ci purifichi
e ci renda cristianamente limpidi, che ci faccia compagni dei poveri
e dei camminanti, ma anche di coloro che forse s’interrogano con
i versi di una bella lirica di Pasolini: «O gioia, gioia, gioia: c’è
ancora gioia in quest’umida notte preparata per noi?»
X Vincenzo Bertolone
1
• dicembre 2009 •
Un grembo da ascoltare
di Francesco Faillace
Cari lettori,
ci prepariamo a
festeggiare il terzo Natale insieme
sulle pagine de “l’Abbraccio” e
siamo preoccupati oltre che felici,
perché ci rendiamo conto che gli
anni passano anche per il nostro
giornale e dobbiamo essere
all’altezza della maturità che queste
pagine acquistano mensilmente.
Dobbiamo essere capaci di ascoltare
le esigenze e le voci della Diocesi
per offrire loro ospitalità.
L’ascolto è la colonna vertebrale
di questo numero, a cominciare
dall’Ascolto di Maria alle parole
dell’angelo. L’ascolto nei testi sacri,
l’ascolto nell’arte, l’ascolto nella
quotidianità e nella vita diocesana.
Meritato spazio dedichiamo al
convegno “La Chiesa che vorrei”,
che nella due giorni svoltasi a
Trebisacce ha offerto un’occasione
straordinaria di riflessione e
confronto al popolo diocesano.
Raccontiamo la manifestazione
con un dettagliato excursus
fotografico oltre che con cronache
e approfondimenti degli interventi
dei relatori e degli altri convegnisti.
Nelle altre pagine del giornale
trovano ospitalità le più importanti
notizie della Chiesa italiana al
pari degli avvenimenti che hanno
caratterizzato la Chiesa diocesana.
A cominciare dalle missioni popolari
che continuano nelle diverse
parrocchia. Quindi le rubriche
che tanto state dimostrando di
apprezzare.
Prima di lasciarvi al resto de
“l’Abbraccio”
vi
ricordiamo
ancora una volta la possibilità di
ricevere gratuitamente a casa per
tre mesi il quotidiano “Avvenire”,
semplicemente
sottoscrivendo
entro i primi giorni di dicembre
l’abbonamento al nostro mensile.
Un’occasione unica: non lasciatevela
scappare.
Un abbraccio.
D. M.
2
• dicembre 2009 •
Tanto tempo fa, guardando l’alba, ho
fatto un esercizio che a noi uomini
viene difficile compiere: chiudere gli
occhi, sentire una voce che cavalcava
la brezza del mare accarezzando e
sussurrando parole incomprensibili.
Mi viene in mente quando ero
nel grembo materno tentavo di
comunicare ma mi mancava la vita,
quella stessa che qualcuno mi ha
dato. Qualcuno che ho incontrato
passeggiando sulla spiaggia della
vita. Un uomo dalle parole semplici,
che riempivano il cuore insegnando a
dare voce ed ascoltare quel grembo,
dandogli vita. Il tema dell’ascolto,
del quale peraltro si occuperà in
tutte le sue sfaccettature questo
numero del nostro mensile, con
l’occhio ed i cuori rivolti al Natale
che arriva, è tema centrale nella vita
dell’uomo e del cristiano, perché è
il primo passo dell’accoglienza, è la
condizione necessaria per stabilire
relazioni vive, significative, cordiali e
rispettose con le persone. L’obiettivo
è che chiunque si senta desiderato,
amato, bene accolto e aiutato si lasci
illuminare dalla parola di Dio, così
da scoprire la ricchezza dei doni che
Gesù offre agli uomini e alle donne
nella loro storia di amore. È quindi
un ascolto che si svolge lungo due
strade che tra loro si incrociano e
si illuminano a vicenda: la strada
dell’ascolto delle miserie dell’uomo,
la strada della parola di Dio. Mi
hanno insegnato che per imparare
ad ascoltare si deve assumere
l’atteggiamento di Gesù per quanto
riguarda l’attenzione e l’accoglienza
delle persone. L’ascolto è una
vera e propria partecipazione profonda alle
sofferenze ed alle speranze umane. Ascoltare
significa accogliere le persone e offrire loro
quanto hai “ascoltato” dal Padre. La pratica
dell’ascolto è esercizio di discernimento di
un giudizio compiuto dalla ragione umana
illuminata dalla fede, è una scelta coerente. Ma
ascoltare non significa semplicemente sentire.
Occorre piuttosto una spiritualità dell’ascolto,
c’è bisogno della custodia del silenzio inteso
come uno“scavare” nel profondo di se stessi
per farvi abitare il “tu” dell’Altro. Il cardine
dell’ascolto è l’antenna della carità che coglie
i bisogni degli ultimi, vegliando così sui
poveri, perché li ami con l’accoglienza e
la condivisione del Vangelo.
Ascoltare,
dunque,
è
metterci
interiormente in ginocchio davanti
al povero che ci manifesta il volto di
Cristo. L’’ascolto non è fine a sé stesso,
ma porta al dialogo, ed il dialogo è
vero quando si riesce a trasmettere
un messaggio, un’esperienza o un
confronto. È quindi il gesto concreto
che sintetizza e perfeziona, creando
l’incontro tra me e l’altro. ed è questo il
dono che, ci auguriamo, il Natale possa
portare a ciascuno di noi.
Il cuore aperto a Dio che parla
di Nicola Francomano
L’ascolto nella Bibbia non è un puro udire
con le orecchie, senza prestare attenzione
a ciò che viene detto. Ascoltare, infatti,
presuppone che l’uomo apra tutto il suo
essere a Dio, accolga ciò che viene
comunicato, ma soprattutto accolga colui
che parla, Dio, riconoscendolo per quello
che è, per amarlo e credere in lui.
Ascoltare è aprire il cuore, obbedire a Dio,
ricordare i suoi comandi, mettere in pratica
la sua parola (Mt 7,24). L’ascolto fa nascere
la fede (auditus fidei), illumina e modella
la vita, che diventa più vera ed autentica.
L’ascolto si realizza non nel rumore e nel
frastuono, non in eventi impetuosi ed
esteriori, ma nel silenzio e nel mormorio
della coscienza (2 Re 19,12).
Dio ha parlato soprattutto in Cristo (Eb
1,1 ss.), pienezza della rivelazione e della
vita, e tutto ciò che Cristo ha detto e fatto
costituisce l’evento definitivo per la salvezza
dell’uomo. Dio ha sempre parlato, anche se
l’uomo tante volte non ha ascoltato, perché
vuole camminare per le sue strade. Tutta
la storia della salvezza, che la Bibbia ci
trasmette, è la vicenda dell’ascolto o della
chiusura e sordità dell’uomo nei confronti di
Dio.
Il Signore parla in ogni situazione in cui
l’uomo vive, ma è necessario avere lo spirito
attento e il cuore aperto per ascoltare la sua
voce delicata e discreta.
Abramo
Abramo è il primo esempio dell’uomo che
ascolta e crede nell’unico Dio d’Israele, che
obbedisce e diventa il padre degli Ebrei e di
tutti i popoli monoteisti.
Abramo viene chiamato nella Mesopotamia
(Ur dei Caldei) e viene invitato a lasciare
la sua terra (Gn 12,1), i suoi costumi, ad
abbandonare la sua religione, per andare
verso una terra straniera e sconosciuta e
a credere in un solo Dio. Abramo è l’uomo
della fede, che pone la sua vita nelle mani
di Dio e si fida totalmente del Signore, al
punto che è disposto a sacrificare il suo
unico figlio, Isacco. Egli è certo che il suo
Dio dà la vita e non vuole la morte. Per
questa via, Abramo è diventato l’esempio dell’uomo credente, che ascolta Dio e obbedisce
integralmente alla sua parola(Eb 11,18). N. F.
Maria
La parola di Dio irrompe nella vita di una
giovane, Maria di Nazaret, e sconvolge i suoi
sogni: sposarsi col suo fidanzato, Giuseppe,
ed avere una esistenza semplice e felice (Lc
1,26ss.).
Dio le chiede una cosa troppo grande:
essere la madre di Dio. Dio ha prescelto lei
per concepire il salvatore del mondo, Gesù
Cristo. Maria è turbata, ma accetta il piano
di Dio e allora la salvezza fa capolino nella
storia dell’umanità: Gesù s’incarna nel suo
grembo e toglie la condanna dell’umanità.
Dio vede nel cuore di questa ragazza
la dignità per cui l’ha scelta: è attenta ad
ascoltare la sua parola, è disponibile ad
ubbidirgli, è umile. Maria è la vera discepola di Gesù, beata per aver ascoltato la parola di
Dio e per averla vissuta pienamente in tutta la sua vita. Grandi cose fa Dio attraverso i suoi
servi (Lc 2,49). N.F.
Samuele
Dio chiama tutti gli uomini, in maniera unica
ed irripetibile, per costruire con essi una
storia personale e comunitaria.
La vicenda del profeta Samuele esprime
plasticamente le dinamiche della chiamata
di Dio e della risposta dell’uomo (1Sam 3,1).
Dio fa sentire la sua voce al giovane Samuele,
che ascolta e risponde prontamente. Egli
non conosce ancora il Signore e solo dopo
l’aiuto del suo maestro Eli comprende che
è Dio che lo chiama e può diventare servo
e profeta del Signore.
Samuele, dunque, è l’esempio di come ci
occorre disporsi per incontrare Dio nella
propria vita, di come si deve ascoltare la
voce del Signore, di come si deve essere disponibili a seguire e a servire la Parola di Dio.
N.F.
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• dicembre 2009 •
La chiamata che soprende sempre
di Vincenzo Alvaro
Traccia di spiritualità
Sordomuti
«Lo scopo dell’ascesi cristiana non è solo fare
buone azioni, ma creare una bella persona».
(Tomas Spidlik)
Mi ha sempre colpito il quadro di Caravaggio che raffigura la chiamata di Matteo di Levi.
Una volta mi è anche capitato di assistere ad una bellissima catechesi su questo quadro
che proverò, spulciando nei ricordi della mente, a riportare su carta per quanti ne vorranno
usufruire. Innanzitutto la location: Matteo è nei suoi affari quotidiani, affannato nel suo
agire quotidiano, come noi spesso siamo, troppo occupato per accorgersi di quel Cristo
che passa nella nostra storia, accanto a noi, per noi. Quasi che la nostra dimensione del
vivere sia legata a ciò che facciamo, non a ciò che siamo chiamati a fare. Ed è proprio in
quella quotidianità affannosa che Gesù passa, ci guarda, indica con il suo dito la nostra
persona e ci chiama a diventare ciò che da sempre siamo nel suo progetto di amore.
Un dito d’amore che ci chiama e ci indica la strada, nel medesimo momento. Tu! Vieni!
Seguimi! Stupenda è l’espressione che l’artista ha dato al chiamato. Occhi sgranati quasi a
contemplare lo stupore di quella scelta e quel dito rivolto su se stessi come per sottolineare
quella incredulità. Io così “disgraziato” (senza grazia), così peccatore? Io proprio io?
Sembra essere la nostra risposta insieme a Matteo. Si proprio tu, proprio noi, afferma e
conferma quel dito puntato sulla nostra storia. Eccoci, siamo noi. Come nell’esperienza di
Pietro chiamati da peccatori a diventare pescatori. Subito!
La testimonianza
Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai
detto» (Lc 1,38): e’ stato questo il versetto del vangelo di Luca,
tratto dal brano dell’annunciazione dell’angelo a Maria, a dare
inizio al mio cammino di discernimento vocazionale verso il
sacerdozio. E come per la Mamma celeste il vero miracolo è
frutto di una totale obbedienza e di un sincero abbandono
nelle mani del Padre che la chiamava ad essere la Madre di
Cristo e del mondo intero, così in me,il germe di vocazione
che Gesù ha seminato nel mio cuore è il risultato di una chiamata ed
essenzialmente di una risposta, data non con parole, ma con l’apertura
totale e completa del mio cuore all’ascolto della voce di Dio.
È una chiamata che continua ad essere misteriosa, strana, bella ed
affascinante: riuscire ad andare al mondo d’oggi contro corrente,
rischiare e donare integralmente la vita per il Signore non è semplice
e richiede sacrifici, spirito di abnegazione e tanto coraggio, ma come
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• dicembre 2009 •
Il post-Concilio è stato tutto proteso – e
ancora lo è – all’individuazione di uno stile
ecclesiale che fosse evocativo del volto di
Gesù Cristo, se è vero (come di fatto lo
è) che la Chiesa è Sacramento di Cristo.
Cioè, ne deve manifestare il volto.
Famoso fu, allora, uno scritto di Paolo VI
– l’Ecclesiam Suam – che disegno la Chiesa
come il luogo del dialogo e dell’ascolto
dell’uomo. Ascoltare è un’esperienza
difficile. Non è un’operazione di mera
percezione fisica di suoni o di rumori: è,
invece, l’accoglienza dell’intimità dell’altro.
Qualcuno, infatti, ha scritto che la parola è
lo svelamento dell’essere. E la parola la si
coglie nell’ascolto!
Mi viene in mente un miracolo di Gesù;
la guarigione di un sordomuto (cf Mc
7,31-37). Qui vi è una solenne liturgia di
guarigione che ci aiuta a comprendere la
forza del Signore e la potenza liberatoria
che si sprigiona dalle labbra di chi è stato
guarito. Il sordomuto guarito, finalmente
capace di ascoltare e di esprimersi, è
l’immagine ideale di ciascuno di noi: sente
parole vere e non è più legato da alcuna
catena. È se stesso. Si rivela. Le sue parole
creano comunione e suscitano vita e
amore.
Non sappiamo più ascoltare, ha
recentemente scritto un sociologo.
Società liquida e società afona sono le
facce di un’unica realtà. Non sappiamo
più ascoltare nel mondo e, purtroppo,
nemmeno nella Chiesa. E nel frattempo si
allarga la solitudine.
Non ci si ascolta più. Ma solo chi è capace
e sceglie di ascoltare è una bella persona.
Giovanni Maurello
Maria si è talmente annullata da rimettersi
solo nelle mani di Dio, così io ho cercato
di pronunciare il mio Sì, ancora in germe,
confidando nella continua presenza di Cristo
in ogni momento della mia vita. Non ho paura
di niente, né di rinnovare ogni giorno la scelta fatta, tantomeno di
dire apertamente di voler seguire Gesù: sono sicuro che ascoltando
quotidianamente la voce del Signore che si manifesta nei vescovi,
sacerdoti ed educatori non dovrò temere nulla perché nei momenti
di difficoltà, bisogno, sfiducia e paura Cristo è presente in me e con
il suo amore infinito mi solleva. Ascoltare e fidarsi di Cristo è la
testimonianza più eccelsa. Nicola Mobilio
Le esperienze di chi si dedica agli altri
Movimento per la Vita
Il Movimento per la vita e il Centro di aiuto alla vita, nati come risposta alle prime battaglie
per la liberazione dell’aborto volontario in Italia, sono presenti nella nostra diocesi dal 1985.
Essi operano insieme offrendo sostegno pratico alle donne tentate di abortire, perché
riscoprano il valore assoluto della vita del loro bambino e lo accolgano, sicure di non essere più
sole. Se i problemi inerenti alla gravidanza sono di ordine medico, il Cav mette a disposizione
gratuitamente la professionalità di ginecologi e pediatri volontari nonché, dove necessario,
il servizio di consulenza telefonica (tel. 06 3050077, dal lunedì al venerdì, dalle 9 alle 13 e
dalle 14 alle 16). Se i problemi sono di tipo sociale e familiare, si cerca di intervenire in prima
persona col partner o con la famiglia di origine per rasserenare gli animi e, quando necessario,
viene offerta ospitalità in case di accoglienza per ragazze madri. Laddove i problemi sono di
ordine economico, il Cav provvede con aiuti in natura o col progetto Gemma, che è una forma
particolarissima di adozione a distanza per salvare dall’aborto la mamma e il suo bambino,
mediante un sostegno di 160 euro al mese, per 18 mesi. I bambini così salvati, solo nel nostro
territorio, dal 1985 ad oggi sono 173.
La sede del Cav e del Mpv è in vico Torto Ospizio n. 1, al piano superiore alla Caritas (tel.:
3343771937; 3385946223), ed è aperta il mercoledì e il venerdì, dalle 16.30 alle 18, ma è attivo anche un punto di ascolto in ospedale a
Castrovillari, nei giorni in cui si effettuano i ricoveri per gli aborti volontari.
Rosella Antonelli
Centro d’ascolto Caritas
Obiettivi dichiarati: combattere il disagio sociale, conoscere e far conoscere il le varie forme
di povertà, offrire un aiuto concreto alle persone bisognose in termini di prima accoglienza,
sollecitare le istituzioni pubbliche in relazione alle varie necessità.
Questi i servizi (che nei prossimi mesi saranno ulteriormente potenziati) assicurati dai centri
d’ascolto promossi, a livello diocesano e parrocchiale, dalla Caritas. «Il primo servizio – spiega
don Pierfrancesco Diego, direttore della Caritas diocesana – è quello dell’ascolto: come
l’amore di Dio incomincia con l’ascoltare la sua Parola, così l’inizio dell’amore per il fratello
sta nell’imparare ad ascoltarlo. Si tratta di decifrare le richieste e di orientare le persone
nella rete dei servizi pubblici e privati ed in generale nella società italiana». Ad esempio,
vi sono i bisogni primari, ovvero vitto, alloggio, cure sanitarie, ricerca di lavoro. Seguono i
problemi d’inserimento socio – culturali. S’aggiungono problemi legali ed amministrativi. «Il
moltiplicarsi delle povertà anche nei territori della nostra Diocesi – aggiunge don Diego
– spinge la comunità cristiana a riflettere, per rispondere adeguatamente alle sfide generate
dalla necessità di dare risposta a esigenze nuove, diverse e sempre più pressanti».
Risultati? Parlano i numeri del Cda di Cassano: nel corso del 2009 (dati aggiornati al 31
ottobre) ascoltate 113 persone, un quarto delle quali straniere.Tra i bisogni individuati, la disoccupazione (nel 21% dei casi) e l’insufficienza del
reddito (58%). Tra le richieste, spiccano aiuti di natura economica (58%) e quelli relativi al reperimento di una possibile occupazione (28%).
G.I.
Il Confessore
Una volta, passando per la casa di amici, sono stato invitato ad entrare. Ci siamo seduti al
tavolo in attesa di una bevanda. Invece, mi sono trovato sul ring. Ha iniziato le ostilità la
signora, mettendo in evidenza tutte le incoerenze e le ipocrisie del marito. Il marito,senza
aspettare che la moglie terminasse di parlare, rincarò la dose di accuse di falsità e di ipocrisia
della moglie. Gli animi erano surriscaldati. Ad un certo punto, alzando la voce, ho detto:
basta a questa rissa che esarceba ancora di più gli animi già tesi. Ascoltatemi! Se volete che
io resti ancora qui, mi dovete ascoltare. Tacquero tutti e due ed io proseguii. E’ un altro il
metodo per correggervi fraternamente e cristianamente. È l’ascolto. Noi dobbiamo imparare
da Gesù a correggerci. L’ascolto deve mirare non solo alla correzione,ma alla promozione, alla
santificazione.Voi dovete rivestirvi di umiltà, di misericordia, di gioia.
Ricordiamoci che il Signore ascolta noi, e noi ascoltiamo il Signore. Io vi consiglierei di confessarvi
ogni mese l’un l’altro, come si fa in Chiesa. Ascoltare con amore, con misericordia,con fiducia,
in modo che l’altro si senta amato, compreso, stimato, perdonato, incoraggiato a migliorare il
suo rapporto con Dio e con il prossimo. Ascoltarono le mie parole, si guardarono con amore,
si abbracciarono e mi chiesero: padre, vieni e insegnaci l’ascolto evangelico.Vogliamo imparare
ad essere misericordiosi, come il Padre che sta nei cieli, e a migliorarci, anzi a santificarci tutta la famiglia. Io risposi: verrò senz’altro.
Gesualdo Tiano
5
• dicembre 2009 •
Chiamati a testimoniare la fede in Cristo
di Gianpaolo Iacobini
«Non possiamo tacere anche se così
ci dicono. Viviamo in questo mondo e
quindi in questo mondo vogliamo dire la
nostra. Ma non possiamo solo annunciare,
dobbiamo testimoniare». Così monsignor
Rino Fisichella ha aperto il
terzo convegno diocesano,
incentrato sul tema “La
Chiesa che vorrei”, svoltosi il
20 e 21 novembre nei saloni
del “Miramare hotel palace”
di Trebisacce. Due intense
giornate
di
discussione
e confronto sulle basi su
cui costruire la Chiesa del
Terzo millennio ed alle
quali hanno preso parte,
complessivamente,
oltre
mille tra fedeli, laici, religiosi
e sacerdoti provenienti da
diverse diocesi (presenti
in sala anche i sindaci di
Cassano, Trebisacce ed
Oriolo ed il consigliere
provinciale Franco Mundo).
Il
rettore
dell’università
Lateranense,
nonché
presidente della Pontificia accademia per
la Vita, ha preso la parola subito dopo
la prolusione del vescovo di Cassano,
monsignor Vincenzo Bertolone. Sono
seguite le riflessioni del vescovo di Frascati,
monsignor Raffaello Martinelli, e di Marinella
Perroni, docente di Sacra scrittura del
pontificio ateneo “Sant’Anselmo”. De “La
Chiesa primizia del Regno, guardando
a Maria come suo membro eminente” ha
parlato don Fortunato Morrone, docente
dell’Istituto teologico calabro. La prima
mattinata di lavoro è stata conclusa
dalla messa presieduta dall’arcivescovo
6
• dicembre 2009 •
di Reggio Calabria e presidente della
Conferenza episcopale calabra, monsignor
Vittorio Mondello. Nel pomeriggio sono
seguite le relazioni, nell’ordine, di padre
Cesare Giraudo, docente del Pontificio
istituto centrale (sul popolo che celebrando
il mistero divino diventa Chiesa); di padre
Ildebrando Scicolone, docente del Pontificio
istituto “Sant’Anselmo” (sui sacramenti);
di don Dario Vitali, professore di teologia
alla Gregoriana (sulla svolta impressa dal
Concilio Vaticano II) e don Walter Insero
(sulla natura missionaria della Chiesa).
La seconda giornata è stata invece
caratterizzata dagli interventi di Carmelo
Dotolo,
docente
alla
Gregoriana,
sull’importanza del dialogo. Indicazione poi
sviluppata da don Nunzio Capizzi, anch’egli
docente alla Gregoriana. Successivamente,
mentre padre Salvator Piè Ninot, ordinario
di teologia presso la facoltà teologica
di Barcellona, si è soffermato sul profilo
dell’unità della Chiesa, monsignor Franco
Giulio Brambilla, vescovo ausiliare di
Milano, ha sceverato
le specificità della
parrocchia, officiando
poi anche la santa
messa.
Nel pomeriggio i lavori
sono ripresi con la
relazione di padre
Giacomo
Ribaudo,
parroco della basilica
palermitana
della
Magione,
che
ha
ricostruito il volto
missionario
della
Chiesa, trovando eco
nelle parole di padre
Felice Scalia, docente
dell’Istituto di scienze
sociali di Messina,
chiamato a porre in
risalto
l’importanza
della vita consacrata.
Quindi, a seguire, dopo Salvatore
Martinez, responsabile nazionale del
Rinnovamento nello Spirito, soffermatosi
sul ruolo dei movimenti nella Chiesa, il
microfono è passato a Guzman Carriquiry,
sottosegretario del Pontificio Consiglio per i
laici, intervenuto proprio per porre in risalto
i compiti del laicato.
Infine, il dialogo tra relatori e pubblico e le
conclusioni del Vescovo. E l’arrivederci al
prossimo convegno, segno tangibile d’una
Chiesa in continuo divenire senza mai
distogliere lo sguardo dalla bussola che
indica il cammino: Cristo.
Mons. Fisichella
Prof.ssa Perroni
Padre Scicolone
«Non possiamo tacere anche se così
ci dicono. Viviamo in questo mondo e
quindi in questo mondo vogliamo dire la
nostra. Ma non possiamo solo annunciare,
dobbiamo testimoniare».
Così monsignor Rino Fisichella ha
aperto il suo intervento. Nel prosieguo
della sua riflessione il Magnifico Rettore
dell’Università Lateranense, nonché
presidente della Pontificia Accademia per
la Vita, ha fatto ricorso alla torre costruita
sull’acqua per meglio rappresentare la
Chiesa che, contrariamente a quella di
Babele, segno di divisione dei popoli, è
espressione di unità. «I credenti – ha
detto monsignor Fisichella - sono come le
pietre che prese dalle acque combaciano
a tal punto che la torre non consente
più di vedere divisione alcuna tra una
pietra e l’altra. È la Chiesa di Cristo, la
cui forza consiste nell’unità profonda. La
Chiesa, una sola complessa realtà, come
la definisce il Vaticano II, che a seconda
delle diverse epoche storiche, deve
trovare il modo per far comprendere di
essere la presenza di Dio in mezzo alla
storia».
Quale Chiesa vorremmo, allora?
«Risponderei – ha affermato monsignor
Fisichella - la Chiesa di sempre. La Chiesa
che Gesù ha voluto, che ha pensato e per
la quale ha inviato il suo Spirito di Amore
che procede dal Padre per condurla
nella storia, passo dopo passo, fino alla
pienezza dei tempi. Questa è una Chiesa,
anzitutto missionaria, la Chiesa che vive
fino a quando la verità della rivelazione
viene fatta conoscere a tutti senza
distinzione alcuna».
R.F.
«La chiesa che vorrei? Una chiesa
di chiese, capace di riconoscere e di
riconoscersi come segno: difficile da
interpretare, ma visibile e interpellante.
Che non ha paura della storia perché
essa è l’unico locus theologicus in cui
Dio ha scelto di farsi presente come Diocon-noi. Né, tanto meno, ha paura della
sua storia che è stata, nella buona e nella
cattiva sorte, storia di uno Spirito donato
e ricevuto. Che ha certamente il coraggio
di guardare a se stessa, ma sempre solo
di passaggio per riconoscere Colui che
era, che è e che viene».
Marinella
Perroni, del
Pontificio
ateneo “Sant’Anselmo”, ha relazionato
sulle figure della Chiesa nell’Antico
Testamento e sulla comunità apostolica
nel Nuovo Testamento. Ha ricordato che
la questione ecclesiologica è proprio
quella della “chiesa che verrà”, ma non ha
fatto mistero del fatto che ne «vediamo la
gestazione, ma concretamente sappiamo
però ancora molto poco». Ha aggiunto:
«La Scrittura ci consente di fare luce
sulla fede nel Dio dei padri e nel Dio di
Gesù e sulla certezza di un’appartenenza
privilegiata a Lui. Certezza che ha
determinato la vita millenaria di un popolo
che vive ancora oggi della sua elezione
e che trova depositata nell’Antico
Testamento la memoria storico-teologica
alla base della sua identità. Certezza che
ha determinato altresì la costituzione
delle chiese cristiane, della cui fede nel
compimento messianico delle promesse
il Nuovo Testamento rappresenta il
depositum».
R.F.
Nella sua relazione, padre Ildebrando
Scicolone, docente al Pontificio istituto
“Sant’Anselmo”, ha evidenziato che «se le
religioni pensano che l’uomo può essere
aiutato dalla divinità e perciò hanno
dei riti, il cristianesimo crede che Dio
ci ha effettivamente salvato, quando ha
mandato il suo Figlio, il quale morendo ha
distrutto la nostra morte, e risorgendo
ha dato a noi la vita. Questo disegno di
Dio, che Paolo chiama mistero, è stato
realizzato e con ciò stesso rivelato nella
storia: preparato nell’AT, realizzato in
Cristo Gesù, soprattutto con il suo
mistero pasquale». Ha aggiunto padre
Scicolone: «Gesù è allora il sacramento
di Dio, segno cioè e strumento della
salvezza dell’uomo totale. Ma perché
ogni uomo sia concretamente salvato,
è necessario che tale opera salvifica lo
raggiunga. È come la luce che, partita da
una stella duemila anni fa, mi raggiunge
oggi». Ha quindi specificato il relatore:
«La Chiesa è il “Corpo di Cristo”, dove
vive ed opera lo Spirito stesso del Cristo.
Ogni volta che la Chiesa agisce, in quanto
Chiesa, agisce sacramentalmente, cioè
come segno e strumento di salvezza.
I singoli sacramenti, anzi tutte le azioni
liturgiche sono segni efficaci della Pasqua,
la rendono sempre presente ed operante,
perché ogni uomo la possa toccare».
Infine, il relatore ha spiegato il “modo
di essere sacramentale”, ricorrendo ad
altre parole, usate dai Padri della Chiesa,
quale “immagine”, “simbolo”, “mistero”:
termini tutti che dicono un modo di
presenza dell’evento, che è reale, ma
“sacramentale” appunto non fisico. Ed
al riguardo ha portato, come esempio,
il biglietto vincente della lotteria, che
contiene il valore della vincita, anche
prima che sia scambiato.
G. I.
7
• dicembre 2009 •
Mons. Brambilla
Prof. Dotolo
Nella sua relazione, monsignor Franco
Giulio Brambilla ha evidenziato i caratteri
«dello sguardo che si deve volgere alla
Chiesa: né un’osservazione distante
di chi s’immagina la Chiesa come un
terzo incomodo tra il credente e Cristo,
né un’identità frettolosa che faccia
dimenticare che la chiesa deve rinviare
al Signore Gesù. Pertanto una riflessione
sulla Chiesa è oggi difficile. Forse non
così come lo era anni addietro, quando
lo slogan corrente proclamava: Gesù
sì, Chiesa no». Ha Aggiunto monsignor
Brambilla: «A partire dal brano con cui
l’apostolo Giovanni apre la sua prima
lettera, cerchiamo di comprendere
il mistero della chiesa. Già questa
parola riferita alla chiesa crea un po’ di
sospetto. La chiesa è mistero non perché
è incomprensibile, ma perché è una
realtà che si comprende collegandola a
un mistero più grande: quello del Signore
Gesù. Giovanni ci presenta la chiesa non
come una “cosa” davanti al credente,
ma come un evento che genera e
alimenta la vita del discepolo. In maniera
sorprendente sono implicati tutti i sensi
spirituali: udito, vista, tatto, sguardo
contemplativo». Ha concluso il vescovo
ausiliario di Milano: «L’incontro con Gesù
non è solo questione dell’anima. Noi
possiamo incontrarlo con la totalità del
nostro io, della nostra persona e, dunque,
della nostra esperienza. La Chiesa
nasce così, nasce come una comunione
attorno all’annuncio dell’apostolo e della
comunità apostolica. Non semplicemente
perché abitiamo sullo stesso territorio
e ci troviamo nel medesimo luogo.
Noi siamo nella Chiesa perché
realizziamo ogni giorno la comunione
attorno
all’annuncio
apostolico».
Giu. Ma.
Nel suo intervento, Carmelo Dotolo,
docente di teologia alla Pontificia
università Urbaniana, ha sottolineato
che «una delle caratteristiche della
contemporaneità è la pluralità delle
prospettive socio-culturali e religiose
entro cui si muove la vita della Chiesa e
la riflessione teologica. In questo quadro,
assume un volto inedito per i cammini
della Chiesa sia il movimento ecumenico,
sia l’incontro interreligioso, per il fatto
che chiamano l’identità ecclesiale ad una
calibratura qualitativa della sua presenza
nella storia e ad una ricerca più profonda
che non canonizzi l’esistente.Ne consegue
la decisività del dialogo come via non più
facoltativa, perché in esso prende sempre
più forma il reciproco riconoscimento,
l’arricchimento delle proprie prospettive
e la crescita vicendevole». Ha aggiunto
Dotolo: «Nel Concilio Vaticano II,
l’attenzione all’incontro e al dialogo con
le altre Chiese e religioni assume un
posto centrale, soprattutto nell’orizzonte
dell’unità che compete alla cattolicità della
Chiesa. A provocarne l’urgenza, è stata,
senza dubbio, la svolta ecclesiologica che
nel concetto di comunione e relazione
trova il suo orizzonte di riferimento
privilegiato. Questo, in virtù del fatto
che lo Spirito dona alla Chiesa la sua
peculiare forma di unità, cioè l’unità nella
molteplicità: lo Spirito Santo la rende
ecclesia, assemblea del popolo di Dio
chiamato ad essere segno di un’umanità
differente». Ha concluso Dotolo: «Il
modello relazionale vive del paradosso
dell’unità nella diversità e molteplicità, e
si alimenta di una riflessione sull’identità
ecclesiale nell’ottica pneumatologica. Ne
deriva che, per il dialogo ecumenico, è di
fondamentale importanza il principio di
riconoscimento-riconciliazione».
Giu. Ma.
8
• dicembre 2009 •
Padre Ribaudo
Vivere la comunione fraterna rende unita
una Chiesa o una comunità ecclesiale.
Padre Giacomo Ribaudo, parroco della
Basilica “La Magione”, di Palermo, ha
parlato del volto missionario della Chiesa
e delle comunità utilizzando un utile
approccio ai termini che ha portato a
ricordare, tra l’altro, i meriti del Concilio
Vaticano II, che ha trasformato anche nel
linguaggio «il significato più immediato
di Chiesa che riconduce alla comunità
delle persone e non all’edificio». Ma
sono i segni di conversione ad attuare
il paradigma di una «Chiesa locale e di
una Comunità parrocchiale giovane e
capace continuamente di trasformarsi».
La conversione ad una “ChiesaComunità dinamica” in grado di «portare
efficacemente il Vangelo dove di Vangelo
non si vive»; ad una Chiesa in dialogo;
ad «una comunità dove ogni battezzato
si sente chiamato alla missione e opera
nella vigna secondo i carismi ricevuti». E
poi la conversione «da Chiesa domenicale
a una Chiesa quotidiana»; «da una Chiesa
che si riunisce solo in Chiesa a una Chiesa
che trova il suo ambiente naturale nelle
famiglie, nelle fabbriche, negli uffici, nei
cantieri, nelle officine, nelle scuole e nelle
università, negli ospedali e nelle case di
riposo, nei villaggi turistici e nei posti di
ristoro, nei club e nei centri di cultura».
R.F.
«La comunione volto credibile della Chiesa»
«L’incontro, l’ascolto e il dialogo non
devono rimanere eventi straordinari,
bensì diventare segni consueti di una
comunione pronta a valorizzare le diverse
identità nell’esperienza
della sequela. Solo se
saremo capaci di vivere
il nostro essere Chiesa
in questi termini, la
comunione diventerà
il volto credibile della
Chiesa calabrese, e
sarà questa la vera
speranza che offrirà
finalmente al nostro
amato popolo riscatto e
redenzione».
Questo l’invito con
il quale monsignor
Vincenzo
Bertolone,
vescovo della Diocesi di
Cassano, ha concluso
il convegno diocesano
svoltosi a Trebisacce.
«Il punto di partenza – ha sottolineato il
Pastore della Chiesa cassanese - non
può che essere la coscienza religiosa dei
calabresi, i quali conservano ancora sia
il senso della verità, sia la coscienza del
bene. La Chiesa, specie quella diocesana,
è tenuta a condurre i credenti alla verità
tutta intera ed alla Parola sempre viva
di Cristo, mediante una prassi pastorale
che parli di Dio e dell’amore che Egli ha
manifestato». Ha aggiunto il Presule: «Su
tali basi deve poggiare la Chiesa del futuro,
alla cui costruzione tutti sono chiamati a
collaborare. Una Chiesa ricolma di dolcezza
e tenerezza, umile nella sua semplicità;
una Chiesa unita e gioiosa, in cui non
esistano particolarità ed in cui alla logica
del dominium mundi subentri quella del
servitium mundi. Questi aneliti correrebbero
il rischio di restare lettera morta se il
progetto di una Chiesa diversa, migliore,
propositiva ed accogliente non decollasse
dalla parrocchia, casa di Dio tra le case
degli uomini». A seguire, la considerazione
finale: «Nei Vangeli, la barca sballottata
dalla furia degli elementi è metafora della
chiesa che il nocchiero Pietro e i suoi
successori debbono tenere ben salda per
raggiungere la meta: il Regno di Dio. La
Chiesa, specie quella diocesana, a partire
dalle parrocchie - ha chiosato monsignor
Bertolone - è tenuta a condurre i credenti
alla verità tutta intera ed
alla Parola sempre viva di
Cristo, mediante una prassi
pastorale che parli di Dio
e dell’amore che Egli ha
manifestato, e che pensi
a quell’amore più grande.
Su tali basi deve poggiare
la Chiesa del futuro, alla
cui costruzione tutti sono
chiamati a collaborare. Se
ci adopereremo in questa
direzione,
assisteremo
al sorgere d’una nuova
coscienza della fede e
di concreti percorsi di
liberazione, utili pure alla
rimozione dei baconiani
idola fori, tra cui il
conservatorismo, la fuga
spiritualistica dalla realtà e la propensione
all’isolamento, che tuttora albergano anche
nelle coscienze ecclesiali e che vanno
fugati, attingendo dalla Tradizione gli
strumenti concettuali con i quali affrontare le
sfide delle tempeste della contemporaneità,
nella consapevolezza che sulla barca della
Chiesa, insieme a noi, v’è Cristo: è lui che
al timone della navicella ci conduce nei
porti della fiducia e della speranza, ma
pure dell’impegno, della missionarietà e
della testimonianza».G. I.
9
• dicembre 2009 •
La Cei si riunisce nella terra di San Francesco
di Giuseppe Malomo
Si è svolta ad Assisi, dal 9 al 12 novembre
2009, la sessantesima assemblea generale
dei vescovi italiani, alla quale hanno
partecipato 202 membri e 8 Vescovi emeriti.
L’assemblea ha discusso ed approvato
il nuovo rito delle esequie. Si tratta della
versione italiana del libro liturgico ufficiale,
utilizzato nelle veglie di preghiera e nei
funerali. Il testo, che sarà pubblicato dopo la
prescritta approvazione della Santa Sede,
aggiorna l’edizione del 1974 tenendo conto
di alcuni adattamenti
suggeriti
da
35
anni di uso. Nella
nuova
edizione
sarà previsto un
formulario specifico
per quanti scelgono
la
cremazione.
Come
è
noto,
la
Chiesa,
pur
p r e f e r e n d o
la
sepoltura
tradizionale,
non riprova tale
pratica,
se
non
quando è voluta in
disprezzo della fede.
I Vescovi hanno approvato a larghissima
maggioranza la nota su “Chiesa e
Mezzogiorno”, con l’intento di pubblicare a
breve un documento che sia espressione
dell’intero Episcopato. Sono state inoltre
presentate le iniziative indette a livello
nazionale e diocesano in occasione
dell’Anno Sacerdotale ed è stato illustrata
l’indagine per la rilevazione delle opere
sanitarie e sociali di ispirazione ecclesiale in
Italia. Sono state inoltre fornite informazioni
Benedetto XVI parla alla FAO
«La fame è il segno più crudele e concreto
della povertà. Non è possibile continuare ad
accettare opulenza e spreco, quando il dramma
della fame assume dimensioni sempre maggiori».
Lo ha affermato Benedetto XVI, intervenendo alla
cerimonia di apertura del vertice mondiale della
Fao. Il Papa ha suggerito d’investire nei Paesi poveri
«in infrastrutture rurali, in sistemi di irrigazione, in
trasporti, in organizzazione dei mercati, in formazione
e diffusione di tecniche agricole appropriate». Il santo
padre ha invitato la comunità internazionale a coniugare
la cooperazione con la sussidiarietà, coinvolgendo «le
comunità locali nelle scelte e nelle decisioni relative
all’uso della terra coltivabile». Il Papa ha anche invitato
a non considerare il mondo rurale, «in maniera miope,
come una realtà secondaria» e a favorire «l’accesso al
mercato internazionale dei prodotti provenienti dalle
aree più povere, oggi spesso relegati a spazi limitati. È
perciò necessario sottrarre le regole del commercio
internazionale alla logica del profitto fine a se stesso,
orientandole a favore dell’iniziativa economica dei Paesi
maggiormente bisognosi di sviluppo». «Non si devono
poi dimenticare – ha sottolineato il Pontefice – i diritti
fondamentali della persona, tra cui spicca il diritto ad
un’alimentazione sufficiente, sana e nutriente, come
pure all’acqua; essi rivestono un ruolo importante per il
conseguimento di altri diritti, ad iniziare da quello, primario,
alla vita». Benedetto XVI ha concluso ribadendo l’impegno
della Chiesa cattolica negli «sforzi per sconfiggere la fame».
Giu. Ma.
10
• dicembre 2009 •
in merito a due eventi di rilevante importanza
previsti nei prossimi mesi, cioè l’Ostensione
della Sindone (Torino, 10 aprile – 23 maggio
2010) e il convegno Testimoni digitali
(Roma, 22 – 24 aprile 2010). Ci sono stati,
infine, spunti di approfondimento grazie
a due relazioni accademiche, la prima
sulla questione antropologica alla luce del
nesso fra etica della vita ed etica sociale,
secondo la Caritas in veritate; la seconda
per esaminare il rapporto fra l’immagine
della Chiesa e la comunicazione dei media.
Un natale “in bianco”
«Anche Gesù era un migrante». Papa Benedetto
XVI lo ricorda parlando dei bambini immigrati.
Basterebbe solo questo, per chiudere il discorso.
Invece, in tempo d’Avvento, dove il Natale è bianco
per antonomasia, avviene che “bianco” significhi
opporsi al “nero”. Al diverso.
La notizia - di metà novembre - è questa: un Comune
in provincia di Brescia, Coccaglio, vuole un “Natale
bianco”, ovvero desidera allontanare gli immigrati
non regolari durante il periodo natalizio, andando
casa per casa a caccia di clandestini. L’operazione
della giunta leghista, contro la quale si sono levate
dure critiche anche da parte del presidente
della Cei, il cardinale Bagnasco, prende il nome
“White Christmas” perché finirà il giorno della
Natività di Nostro Signore: festa dell’accoglienza,
dell’inclusione, dei buoni valori, quelli che, appunto,
almeno una volta l’anno anche i più “cattivi”
cercano di imporsi. L’assessore alla Sicurezza,
Claudio Abiendi, ha spiegato che per lui «il Natale
non è la festa dell’accoglienza, ma della tradizione
cristiana, della nostra identità». Quindi solo dei
7.000 abitanti, non anche dei 1.500 extracomunitari
che il paese ospita. Eppure l’idea, forte del potere
devoluto ai sindaci dal decreto-sicurezza, nasce
in un paese dove l’integrazione pare sia riuscita e
dove la sicurezza non risente della pur massiccia
presenza straniera. Ma poco importa. Il Natale è il
Natale. Ma solo per gli italiani.
Roberto Fittipaldi
Neo direttore
Marco Tarquinio (nella
foto) è il nuovo direttore
responsabile diAvvenire.
Nato il 16 marzo 1958
in Umbria, ha studiato
tra Assisi e Perugia,
ed è stato capo scout
nell’Agesci. Sposato, con
due figlie, è giornalista
professionista dal 1988.
Nel giornale della Cei
dal 1994, Tarquinio è
stato
caporedattore
centrale
e
della
redazione romana del
quotidiano. Dal 2007
vicedirettore a Milano
e dal 3 settembre
2009
vicedirettore
responsabile
ad
interim. A lui gli auguri
di buon lavoro da
tutta la redazione de
L’Abbraccio.
RedA
La missione popolare a Castrovillari
Il vangelo nelle case è l’esperienza più bella
che si sia vissuta, a mio modesto parere, nei
dodici giorni di missione popolare nella città
di Castrovillari (nella foto). La Parola, Via,
Verità e Vita per l’uomo di oggi, ha bussato
alle porte di tanti, molti, per farsi presente
nella quotidianità, nel senso di quella
hanno dichiarato l’aperta volontà di voler
continuare a riunirsi ancora, anche dopo
la missione, attorno alla Parola. Ed è forse
il più bel segno di questi giorni con Cristo
e per Cristo. Sei parrocchie che hanno
annunciato, con i loro parroci, gli operatori
pastorali, catechisti, gruppi, movimenti,
ricerca infinita che – è stato evidenziato
– molti cuori hanno proprio l’esigenza di
fare e forse non hanno il coraggio di voler
affrontare da soli. E’ per questo che in tanti
laici impegnati, fino ai confini della città il
desiderio di Dio di rendere felice l’uomo.
Tre le tematiche al centro del confronto:
Gesù Cristo, la Chiesa e l’uomo. Proprio
Riapre al culto la Chiesa di San Domenico
Chiusa ai fedeli da più d’un decennio,per interminabili lavori di ristrutturazione,è stata finalmente
riaperta al culto la chiesa di san Domenico, attigua al seminario diocesano “Giovanni Paolo I”.
La storica chiesa, posta nel cuore del borgo antico, era divenuta, sul finire degli anni Novanta,
oggetto di interventi di riqualificazione protrattisi stancamente ed ultimati solo di recente, su
impulso del vescovo, monsignor Vincenzo Bertolone. A suggellare il ritorno alla vita, una santa
messa concelebrata dal vicario generale
diocesano, monsignor Franco Oliva, e dai
sacerdoti don Alessio De Stefano, don
Nunzio Laitano, don Francesco De Marco
e don Francesco Papasso. Ad impreziosire
l’evento, con l’esecuzione dei canti
musicati dal maestro Alessandro Saraceni,
il coro polifonico della diocesi, diretto dal
maestro Giacinto Ciappetta.
Per il momento, a san Domenico sarà
celebrata una messa al giorno: nei giorni
feriali, alle 7.10; in quelli festivi alle 9.
Gaetano Zaccato
a voler rimarcare il cammino da fare per
giungere alla verità piena della gioia in Cristo.
La città così grande da evangelizzare ha
fatto preferire la dinamica dell’annuncio per
territori parrocchiali. Un unico canovaccio
di missione, declinato nelle varie realtà
parrocchiali. Stile che però non ha favorito
l’incontro dei missionari
se non nei momenti
comuni (la celebrazione
iniziale e finale della
missione e la celebrazione
penitenziale). Il cuore ed
il centro della missione è
stata l’eucaristia esposta
in maniera perpetua
per tutti i giorni della
missione presso uno
spazio
appositamente
allestito nel centro della
città. Una fonte di luce
e speranza aperta alla
città, ai missionari, ai
cercatori di Dio che tutte
le comunità parrocchiali,
i gruppi, i movimenti,
gruppi di persone hanno
continuamente adorato,
animando la preghiera
nella forme e nelle
maniere più diverse, come
i carismi che la città ha e
vuole offrire al Signore.
Le cose che andranno
ritoccate, quelle che non
hanno funzionato – come è ovvio in un
contesto così complicato e variegato come
una grande città - le dinamiche da migliorare
le offriamo nella preghiera al Signore
misericordioso, chiedendo la capacità di
guardare sempre a lui per prendere da lui
la forza e la voglia di continuare a servire,
sempre meglio e sempre più insieme.
Magari pensando un po’ di più ai giovani,
che in questa missione non hanno avuto
tanti spazi di confronto e di ascolto. Questo
tempo ci offre una grande eredità che è
anche una responsabilità importante per
la chiesa cittadina: proseguire insieme ai
sacerdoti a riunirci attorno alla Parola per
«vivere e incarnare la verità del Vangelo»,
come ha sottolineato monsignor Vincenzo
Bertolone nella celebrazione finale presso
il Santuario della Madonna del Castello.
«Ora – e uso sempre le parole del nostro
Pastore – non bisogna rischiare che tutto
ritorni come prima. Si continui con maggior
ardore per far crescere la grazia».
E’ l’augurio più bello che il vescovo ci ha
fatto e che faccio a noi che cerchiamo di
servire la Chiesa nella nostra città.
V.A.
11
• dicembre 2009 •
L’angolo del Progetto Policoro
L’ascolto che diventa gesto concreto
Ci sono volti, storie, sogni, desideri, che chiedono di crescere nella speranza di essere gesto concreto
per una terra difficile ma che ha voglia di sperare ancora, oltre ogni disperazione.
Forse è questo il più bel messaggio del Progetto Policoro nella nostra realtà di Chiesa del Sud.
L’ascolto dei giovani, delle loro speranze, delle loro ansie legate al mondo del lavoro, dei sogni tante
volte non detti per paura, della voglia di essere protagonisti della propria storia, è uno dei punti nodali
della formula di evangelizzazione che la Chiesa offre attraverso gli animatori di comunità. Non solo il centro servizi di Cassano – dove gli
animatori di comunità prestano il loro servizio – ma anche la strada, i gruppi, le parrocchie, i movimenti, ma anche tanti momenti informali
in giro per le realtà quotidiane del vivere sono lo spazio entro cui si cerca di tendere l’orecchio a quello che i giovani hanno da dirci.
Un ascolto che diventa accompagnare. Accompagnare che significa veder crescere. Veder crescere un sogno, che domani sarà gesto
concreto. E in questo tempo di Natale, che anche segno di un anno che finisce e uno che sta per cominciare, il nostro bilancio di ascolto
lo vorremo raccontare con due nomi: Biagio e Maddalena. Due cuori ascoltati della nostra Diocesi, che nel loro sogno imprenditoriale
stanno vedendo crescere una realtà produttiva che, ne siamo sicuri, sarà segno concreto di quella capacità di cambiamento che tanti
giovani nel nostro territorio hanno e vogliono mettere in circolo per creare umanità nuova anche nel lavoro.
Biagio e Maddalena sono per noi il segno più bello di quel silenzioso lavoro che nell’ascolto può e deve diventare gesto concreto di una
Chiesa attenta ai giovani e alla loro voglia di crescere, qui e ora.
V. A.
Svidercoschi in Diocesi
Giovanni Paolo II,
un Papa che non
muore.
Il titolo dell’ultimo
libro dato alle
stampe
dal
giornalista
Gian
Franco
Svidercoschi (nella
foto) è stato anche
il tema, insieme
alla presentazione
dell’opera,
d’un
dibattito svoltosi
a Cassano, nei
saloni del teatro
comunale.
L’ i n i z i a t i v a ,
promossa
dalla
locale
sezione
dell’Unione cattolica italiana insegnanti
medi (presieduta da Rossella Varcasia)
col patrocinio del Comune e della
Diocesi, ha visto la partecipazione,
in veste di relatori, di Vincenzo Bova,
ordinario di sociologia all’Unical, e don
Enzo Gabrieli, direttore del settimanale
“Parola di vita”, nonché dell’antropologo
Leonardo Alario. In apertura dei lavori,
hanno portato il loro saluto il sindaco
Gianluca Gallo ed il vescovo, monsignor
Vincenzo Bertolone. Ha preso parte alla
manifestazione lo stesso Svidercoschi,
giornalista di origini polacche già inviato
dell’Ansa al Concilio Vaticano II e
vicedirettore dell’Osservatore romano,
nonché autore di diversi libri dedicati
alla figura ed al pontificato di papa
Woytila. G. I.
12
• dicembre 2009 •
Gli scout vivono l’Avvento
I pastori, l’angelo, Erode, la locandiera, Maria e Giuseppe: questi sono i sei personaggi
che i lupi del branco “Seeonee” del gruppo scout “Cassano ” hanno incontrato in Piazza
Municipio domenica 29 novembre, prima domenica d’Avvento. Un’attività organizzata
dai capi della branca per far vivere ai 35 bambini presenti (lupette e lupetti) quanto
ascoltato dalle Sacre Scritture attraverso il gioco e la rappresentazione, tecniche
proprie dello scautismo.
I sei personaggi hanno raccontato alle lupette e ai lupetti, divisi per sestiglie, l’evento
della nascita di Gesù e poi insieme hanno realizzato un cartellone inserendo tutte le
immagini dei personaggi che hanno loro realizzato: una fantasia di colori per esprimere
ciò che hanno vissuto durante l’attività.
Francesca Deleo
Viva voce
[ il libro ]
Dall’omonimo episodio delVangelo,Alessandro
Baricco ha preso in prestito il nome per il suo
ultimo romanzo: Emmaus, uscito il 4 novembre
2009, con copertina essenziale e minimalista.
La storia è ambientata negli anni Settanta ed
ha per protagonisti quattro ragazzi cattolici:
Bobby, il Santo, Luca e l’io narrante che non
ha un nome. Giovanissimi, appartengono a
famiglie della media borghesia: vanno a scuola,
suonano in chiesa, fanno volontariato in un
ospedale dei poveri. Rispettano e amano
profondamente i loro genitori e la vita.
Non fumano, non bevono, non fanno sesso.
Hanno fidanzate che arriveranno vergini al
matrimonio, hanno una vita lineare e pulita.
Ma ogni tanto danno un’occhiata al di là, verso
gli altri, i loro coetanei risucchiati dal mondo.
Quelli che ascoltano altra musica, ballano, bevono, fanno sesso. E tra questi
altri, il loro sguardo si perde sempre su Andre. Andre è bellissima, e trascina
i quattro ragazzi nel suo mondo. Si parlano poco, eppure con gli occhi
capiscono parecchie cose. Appena entrati nel mondo di Andre, nel mondo
degli altri, perderanno le loro certezze. Da lì in poi, sarà un viaggio verso ciò
che non avevano mai creduto possibile a loro (così cattolici, perfetti e puliti).
A restare è la voce dell’io narrante, quella senza nome, che si rende conto di
aver visto tutto sfuocato. Un po’ come i discepoli di Emmaus.
Com’è possibile che non riconosciamo e comprendiamo davvero le persone
che abbiamo intorno? Mangiano con noi, vivono con noi, eppure non li
riconosciamo. Il romanzo può essere uno sguardo benevolo, comprensibile
verso le debolezze umane, le stesse che caratterizzano il nostro essere
fragili, incomprensibili, a volte folli, profondi, misteriosi. Un romanzo in cui
riconoscere le nostre sfumature più nascoste.
Giuseppe Roseti
[ l’idea ]
Nelle visite quotidiane sul web, oltre a controllare la nostra e-mail, leggere le notizie di maggiore
interesse e dare un’occhiata a ciò che più ci incuriosisce nel mondo, sicuramente ci sarà capitato di
visitare con frequenza l’ormai famosissimo Youtube, fonte inesauribile di ogni genere di video, con i
suoi archivi di trasmissioni televisive e video autoprodotti dagli utenti di tutto il globo.
La novità che vogliamo segnalare è GodTube: una piattaforma per la condivisione e la visualizzazione
di video “Dio-compatibili”. Di inspirazione cristiana (non strettamente cattolica, anzi), il motto di
GodTube è “Broadcast Him”, letteralmente “TrasmetteteLo” (sì, proprio Dio).
Per questa via, GodTube si candida a diventare il punto di riferimento in rete per recuperare
video dalle trasmissioni dei network cristiani, oltre che
ovviamente per la pubblicazione di contenuti autoprodotti che trattino il tema “Dio” in qualsiasi forma.
Navigando nel sito, si potrà trovare molto materiale vario
ed interessante. Sarà difficile invece imbattersi in video in
italiano, poiché l’utilizzo e la conoscenza del network è
molto diffuso negli Usa. Certo, in Italia sarebbe un bel
modo di condividere sul web esperienze di vario tipo,
creando così un archivio dei video utili per un nuovo
modo di evangelizzazione, formazione, condivisione.
Giuseppe Roseti
[ il disco]
«Heart: non ha tante mediazioni,
non ha tanti compromessi.
La ricerca della spontaneità,
dell’onestà e del calore mi ha
portato inevitabilmente a cercare
il cuore. E il cuore è l’elemento
che lega tutte queste canzoni
insieme, indipendentemente dal
loro suono».
Queste le parole di Elisa per
presentare il suo ultimo lavoro,
“Heart”, uscito lo scorso 13 di
novembre. È un incontro tra
la componente rock e quella
pop, sempre presenti nello
stile dell’artista. Ogni canzone
ha un suo vestito, in molte si
mescola l’acustica all’elettronica,
ma tutte ruotano intorno ai
sentimenti incondizionati del
cuore. Quattordici pezzi di cui
due in italiano (“Anche se non
trovi le parole” e “Ti vorrei
sollevare”), tutti scritti dalla
cantante, ad eccezione di una
cover dei “Tears for fears”,
“Mad world”, presentata in una
versione originale che già aveva
riscontrato enorme successo
durante lo show “Mechanical
world”. Rilevanti anche le
suggestive collaborazioni per “Ti
vorrei sollevare”, singolo che
ha anticipato l’uscita dell’album,
con Giuliano Sangiorgi, e
“Forgiveness”, con Antony
Hegarty. Questo pezzo è un
vero e proprio invito al perdono.
Perdono come unica chiave
di accesso al mondo. Perdono
come tutto ciò di cui abbiamo
bisogno.
Alberto Marino
13
• dicembre 2009 •
In ricordo di don Luigi Orione
L’intenso legame di San Luigi Orione
con Cassano, i cassanesi e il vescovo
La Fontaine. Meravigliose pagine di
vita diocesana scritte a inizio secolo e
dimenticate da troppi. Sono state sfogliate
e rinverdite domenica 22 novembre nel
santuario della Madonna della Catena.
«Don Luigi Orione era molto legato alla
gente di Cassano, la quale non solo
accolse gli orfani che gli mandò ma li adottò
e trattò come suoi figli», ha ricordato don
Flavio Peloso, il padre generale dell’ordine
degli Orionini, che assieme al vescovo
della Diocesi cassanese, monsignor
Vincenzo Bertolone, ha concelebrato la
santa messa seguita alla scopertura della
statua dedicata a san Orione e sistemata
nel piazzale che apre al santuario della
Madonna della Catena. Un luogo di culto
e accoglienza tanto caro al fondatore della
Piccola opera della Divina Misericordia,
che proprio qui il 19 marzo 1912 fece la
professione di fede e prese i voti perpetui
con l’allora vescovo cardinale Pietro
La Fontaine. Il quale fu il legame che lo
portò a Cassano nel 1908, quando il Papa
Pio X gli chiese di andare in missione
a Reggio e Messina per offrire aiuto e
conforto alle popolazioni dello Stretto
piagate dal devastante terremoto. «Ma
prima di raggiungere Reggio Calabria
– ha ricordato don Flavio – si fermò qui
chiedendo al vescovo La
Fontaine la possibilità di
creare un orfanotrofio.
Ovviamente
ottenne
subito una risposta
positiva, anche se allora
non c’era alcuna nostra
comunità in zona. Ma
tutto avvenne in tempi
assai rapidi. Non a
caso qui mandò anche
altri bambini e ragazzi
rimasti orfani a causa
del terremoto che poco
dopo colpì la Marsica, in Abruzzo. Non
fu mai necessario inviare soldi, perché ci
pensò la gente di Cassano che non fece
mai mancare nulla ai suoi piccoli».
Nell’omelia, don Peloso ha snocciolato
episodi della quotidianità cassanese di
don Orione. In particolare ha ricordato
la carità, l’affetto e l’aiuto costante che
il sacerdote, la sua comunità e i ragazzi
ebbero dalle sorelle Giuseppina e
Filomena Pesce, cassanesi benestanti, le
quali furono una colonna importante per
la sua attività a Cassano e in Calabria.
Al termine della celebrazione, prima
della consegna d’una reliquia del santo,
il ringraziamento a monsignor Bertolone
per l’idea della statua e l’attenzione
riservata a don Orione.
D. M.
Bertolone incontra la Capitaneria di porto
Un incontro cordiale, dedicato all’approfondimento della conoscenza personale ma
pure delle grandi questioni interessanti il territorio.
Questo è stato il senso della visita che il comandante della Capitaneria di Porto
di Corigliano, il capitano di fregata Massimo
Seno, ha fatto al vescovo di Cassano, monsignor
Vincenzo Bertolone. I due, insieme ai loro più stretti
collaboratori, si sono intrattenuti per circa un’ora nel
salone degli stemmi, per un colloquio a porte chiuse
durante il quale, confermano fonti di Curia, «con
grande cordialità, si sono affrontati temi concernenti
diversi aspetti della realtà territoriale cassanese e
diocesana. È inoltre emersa la piena disponibilità a
proseguire nel collaudato e fecondo stile di dialogo
e di collaborazione tra le istituzioni rappresentate, sia pure nel doveroso e naturale
rispetto dei rispettivi ruoli, per l’affermazione del bene comune».
Prima del congedo, monsignor Bertolone ha formulato i propri auguri di buon lavoro
al comandante Seno ed ai suoi collaboratori, elogiandone l’esperienza e l’attività
svolta. G. I.
14
• dicembre 2009 •
L’agenda del Vescovo
DICEMBRE
11 dicembre: a Castrovillari, auditorium
“San Girolamo”, chiusura della missione
popolare diocesana e presentazione
lettera pastorale “La Chiesa che vorrei”;
12 dicembre: a Lappano, aula consiliare,
incontro-dibattito su don Carlo De
Cardona
13 dicembre: h. 9.30, a Cerchiara,
celebrazione santa messa nella parrocchia
di san Pietro apostolo; h. 11.30, a
Castrovillari, celebrazione della santa
messa nella parrocchia di san Francesco, in
occasione della giornata del ringraziamento,
organizzata dalla Coldiretti;
18 dicembre: a Lauropoli, celebrazione
santa messa nella parrocchia Sacri Cuori,
in occasione del convegno su san Pio;
19 dicembre: h. 12, a Castrovillari,
in ospedale, celebrazione santa messa;
h. 17.30, a Cassano, celebrazione santa
messa nei saloni dell’istituto per anziani
“Casa Serena”;
24 dicembre: in Cattedrale, solenne
pontificale per la Natività del Signore;
25 dicembre: h. 11, in Cattedrale,
solenne pontificale;
31 dicembre: h. 17.30, in Cattedrale,
Vespri e canto del Te Deum;
GENNAIO
1 gennaio: h. 11, in Cattedrale, solenne
pontificale;
6 gennaio: h. 11, in Cattedrale, solenne
pontificale;
9 gennaio: a Castrovillari, istituto
“Vittorio Veneto”, convegno sulla figura di
Giovanni Paolo I;
10 gennaio: in Cattedrale, solenne
pontificale in memoria di Giovanni Paolo I;
14 gennaio: a Cassano, nei saloni del
seminario diocesano, ritiro del clero.
Lettere in redazione
CARA REDAZIONE/1
Mi affascinano e mi confortano le parole di padre
Alex Zanotelli, lette sul mensile “Nigrizia” dello scorso
settembre: «E’ necessario recuperare il Vangelo e viverlo
nella sua radicalità». Parole incisive e penetranti che mi
sollecitano, mi incalzano e mi interrogano nel più profondo
di me stesso. In particolare mi risuona, tagliente come una
sferzata, il termine “radicalità”. Cosa vuol dire? Ce lo spiega
bene lo stesso Zanotelli: «Il Vangelo preso alla lettera
di Francesco d’Assisi che le nostre Chiese d’Occidente
hanno dimenticato». Dunque, un Vangelo preso nella sua
interezza e nelle sua essenza. E non, quindi, un Vangelo
accomodante che non ci inquieti e non ci disturbi. Sul
bollettino “Movimento apostolico” leggo: «Fede è piantarsi,
radicarsi nel Vangelo». Coincidenza, casualità? No, poiché
il Vangelo è uno solo, è sempre quello. Allo stesso modo
anche il nostro vescovo, che nella sua nuova lettera
pastorale afferma: «Porsi alla sequela di Cristo implica la
fedeltà ad una chiamata. Questa è la sequela radicale che
intendo proporre alla diocesi».
La radicalità evangelica: un unico e insostituibile filo
conduttore per parlare di Cristo e dei suoi insegnamenti.
Echeggia, in tutto questo, la mirabile frase di Raoul
Follereau: «L’amore ha vinto, le barriere sono cadute».
Qualsiasi genere di barriere, specialmente quelle mentali,
che sono le più dure a cadere.
Silvio Galizia – Cassano Ionio
CARA REDAZIONE/2
Da qualche anno nella Sibaritide stiamo convivendo con un folto gruppo
di lavoratori comunitari ed extra-comunitari utilizzati per il raccolto delle
olive e degli agrumi. Per poter venire fin qui ed essere sicuri di trovare un
tetto, un letto ed un lavoro si affidano a loro connazionali che promettono
ottimi alloggi e discrete paghe, ma quando giungono a destinazione
trovano spesso tuguri invivibili di pochi metri quadrati dove trovano posto
anche 10 letti e, nel migliore dei casi, villette ed appartamenti di vacanza
utilizzati dai proprietari solo d’estate, quindi non attrezzati per l’inverno,
ma che comunque hanno un minimo di comodità. Costo per un posto-letto,
dai 100 ai 140 euro. Ma il danno più grave è che i loro “caporali”, una volta
iniziato il lavoro, non pagano più i 25 o 30 euro al giorno promessi, ma 12
– 13 Euro. Si lavora dall’alba al tramonto, quasi tutti i giorni, per riuscire
a risparmiare non più di 100, 150 euro al mese da destinare alle famiglie
lasciate a casa. Nel Comune di Cassano sono circa 1000 le persone che
vivono nelle condizioni sopra-descritte. Nessuno vede? Nessuno sente?
Nessuno parla! Questa autentica forma di schiavitù non fa scandalo in
un paese che si definisce cristiano, che s’indigna quando il Consiglio
d’Europa ordina di togliere il Crocifisso dai pubblici locali, quando si
commuove alla lettura della parabola del Buon Samaritano e piange nel
pensare alle sofferenze del Cristo. Ma questi poveracci sono sporchi,
a volte emanano cattivo odore, non sono neanche cristiani, non sono
degni della nostra attenzione, lo spirito di accoglienza e di amore che ci
ha insegnato Gesù morendo sulla Croce, per costoro non vale. Quando
proprio abbiamo pena per le loro condizioni eleviamo una preghiera al
Cielo, questo sì, e che poi ci pensi il Buon Dio che sicuramente vede e
provvede. Così la nostra coscienza di bravi cristiani è tranquilla.
Antonio Michele Cavallaro - Sibari
CAMPAGNA
ABBONAMENTI
Registrazione presso il Tribunale di Castrovillari n° 1/08 del 10 gennaio 2008
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Hanno collaborato a questo numero: Rosella Antonelli, Francesca Deleo, don Francesco
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Impaginazione: Vincenzo Alvaro
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