band: faun fables

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BAND: MURCOF
TITLE: COSMOS
LABEL: THE LEAF LABEL
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DEDICATION
http://www.dedication.it/trlist-murcof2.htm
Torna più sperimentale che mai il progetto Murcof, che alle, pur lievi, tentazioni indietroniche di
"Remembranza" (recensione) sostituisce in toto un ambient discretamente ostico e sufficientemente
avanguardista che fa ancora del silenzio un elemento fondamentale (John Cage docet) e concede poco, o
meglio nulla, al "pop" (nel senso di: melodia lineare, formato canzone, ecc.); al contrario, si tuffa in lunghe e
tese suite strumentali, eseguite come sempre da strumenti classici potenziati dall'elettronica, che guardano
al Cielo più che alla Terra. Non è un caso che questo lavoro, una volta uscito (in settembre), sarà portato in
tour nei planetari di mezza Europa.
ONDAROCK
http://www.ondarock.it/recensioni/2006_murcof.htm
L’evoluzione musicale del messicano Murcof sta raggiungendo livelli davvero strabilianti. Già con
"Remembranza", suo precedente lavoro, era approdato a una sintesi inimmaginabile tra l’elettronica
minimale e la musica classica, deframmentando archi e ottoni in una serie di brani fantastici, dove i
campionamenti incontravano tappeti di glitch a loro volta scomposti e fatti a pezzi. Con "Cosmos", lavoro che
supera di poco la mezz’ora, Murcof realizza una vera e propria colonna sonora dello spazio infinito. Proprio il
cosmo, dove non c’è aria e non è possibile udire alcun suono, è idealmente raffigurato in questo album. Si
incontra una percezione uditiva dello spazio che, personalmente, mi ha spiazzato. È come se infatti Murcof
fosse riuscito a tradurre in linguaggio musicale ciò che ognuno di noi ha sempre immaginato del cosmo
misterioso, con i suoi pianeti, le stelle, i meteoriti, il vuoto.
Pochi album come "Cosmos" riescono a riflettersi in una così forte componente immaginifica, dove
chiudendo gli occhi e ascoltando semplicemente il disco, si viene idealmente portati negli abissi, fluttuando
tra gli astri. Il filo rosso che lega questo album con il suo predecessore "Remembranza" è nella mano di un
artista che non rinuncia a evolvere la sua passione per i minimalismi glitch ("Cielo"). Artista. È l’unica
definizione che viene in mente parlando di Murcof, musicista che in ogni suo prodotto supera barricate e
conformismi tecnici per arrivare a una fusione tra "pensiero" e "opera" che ha dell’incredibile. Quasi come se
la voglia di allargare sempre più gli orizzonti, fisici, musicali, immaginifici di sé e dei suoi ascoltatori fosse
una necessità impellente. Nulla è più ampio del cosmo. Nulla è più grande, più vuoto. Eppure, il silenzio può
essere riempito. E' questo il tema che fa da base al climax di "Cuerpo Celeste". Un climax sommesso, cupo,
ma che riecheggia vibrante nei suoi quasi dieci minuti di crescita, fino a far tremare le casse con la sola forza
del silenzio.
L’elettronica del silenzio prende il sopravvento in "Cuerpo Celeste", arrampicandosi su liane di rumori
tremanti che non esplodono mai, ma avvolgono come un serpente intorno alla sua preda. Un brano
fenomenale, la dimostrazione di come la "violenza" sonora possa raggiungersi non necessariamente con
chitarroni distorti o battiti selvaggi. La coda finale? Ovviamente "Cometa". Una romantica e commovente
apoteosi del glitch.
Dato che ogni suo disco ha per iniziale una lettera del suo nome, se conosciamo il nostro artista, la prossima
uscita avrà un titolo che inizia per "O". Proviamo a indovinare a quale orizzonte fisico-musicale approderà
Murcof? L’oceano? Non ci sarebbe in nessun caso da stupirsi. Un autentico genio dell’elettronica. Molti artisti
hanno bisogno di un supporto visivo da associare alle proprie note. Con Murcof non ce n’è bisogno. Basta
chiudere gli occhi, e vedrete il cosmo… 7.5/10
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SENTIREASCOLTARE
http://www.sentireascoltare.com/CriticaMusicale/Monografie/murcof.htm#cos
Nube minacciosa - Cuerpo Celeste -, presagio di tempesta. Indugiare d’archi, come un lamento che si
rinnova nel tempo, oltre ogni tempo. Cuerpo Celeste, un paziente permanere in attesa di tempesta. Cuerpo
Celeste, la tempesta che arriva, la tempesta che è organo che prega, è coro di voci campionate, è
percuotere di tamburi. La tempesta che è musica sacra.
Quasi stonano oramai i pattern ritmici di Cielo e di Cometa, il Murcof che abbiamo imparato ad apprezzare,
minimal techno e campioni di musica classica, incalzare cadenzato e aura ieratica a disorientare quanti
sarebbero quasi tentati di muovere il proprio corpo. Perché il nuovo Fernando Corona è quello di Cosmos I. e
II., il degno discente di un maestro riconosciuto come Arvo Pärt, il compositore più che il manipolatore del
suono, il demiurgo di scenari apocalittici. Laddove non ha più alcun senso distinguere tra musica campionata
e musica suonata; laddove crollano barriere tra classica ed elettronica, lì, esattamente lì, stanno le due
sezioni di Cosmos.
Lì i saliscendi emozionali della lunga suite Oort, un alternarsi infinito tra suoni che lambiscono il silenzio,
accarezzandolo, e lancinanti esplosioni di coro e strumenti, la ricerca del sacro urlata in un Cantus In
Memory Of Benjamin Britten per la generazione del laptop. L’ideale colonna sonora dell’ultimo, lunghissimo
piano sequenza a seguire il binario di un treno, a chiudere Japon, film capolavoro del messicano – non a
caso – Carlos Reygadas. 8.0/10
AUDIODROME
http://www.audiodrome.it/modules.php?op=modload&name=News&file=article&sid=2394
La musica elettronica vede un continuo accavallarsi di tendenze e di nuovi geni a brevissima scadenza.
Fernando Corona/Murcof gode di un’ottima considerazione da parte della critica, compresa quella che
fabbrica le cosiddette “new sensation”, per come ha saputo coniugare i battiti sintetici del suo laptop con
campioni di musica classica, ma l’impressione è che non voglia sfruttare questo suo tratto distintivo per
essere solo la moda di un anno o due, in attesa di essere soppiantato da qualcun altro con una nuova – ma
effimera – idea vincente. Cosmos è piuttosto il disco con il quale, fin dal titolo stesso, questi tratti distintivi
paiono essere incorporati in un discorso più ampio che guarda ai grandi del genere, pionieri e sperimentatori
compresi. “Cuerpo Celeste”, la prima traccia, ha un inizio rarefatto che ci deposita sulla superficie di un
pianeta lontano e deserto. Ne osserveremo l'alba e ne rimarremo annichiliti: un utilizzo perfetto degli archi,
raffinato ed essenziale solo come quello di Shinjuku Thief, prelude infatti a un crescendo di organo e
percussioni solenni che Kubrick non avrebbe esitato a far suo per la colonna sonora di Odissea Nello Spazio.
Le pulsazioni elettroniche compaiono al secondo episodio dell’album, “Cielo”, che lascia dunque ammirare un
Fernando Corona dal volto più familiare, capace di elaborare un campionamento vocale in maniera così
struggente da far credere che sia il lamento di un qualche dio in agonia ai margini dell’universo. Le due titletrack, “Cosmos I” e “Cosmos II”, confermano la sensazione che Murcof desideri avvicinarsi all'ambient alla
ricerca di nuove soluzioni e allontanarsi dalla contingenza: nessun ritmo, solo suoni e basse frequenze che
divengono drone pronti a far collassare i padiglioni auricolari, lasciando la sensazione di trovarsi di fronte a
qualcosa di primordiale e oscuro, uno spettacolo sia per i nostalgici della prima elettronica sia per gli amanti
dei Coil e dei loro di epigoni dediti alla creazione di bui paesaggi. A separare queste due parti stanno i battiti
sintetici di “Cometa”, che fa il paio con “Cielo” nel suo essere così murcof-iana, anche se non ne eguaglia la
forza emotiva. Infine, “Oort” è un altro episodio ambientale, caratterizzato però da improvvise esplosioni di
suono: questa volta si è davvero in presenza di un tentativo di emulare le avanguardie, per una traccia ove
l’elettronica è ridotta al minimo e fa da sottofondo a un utilizzo imprevedibile e destrutturato degli strumenti
classici.
Voto massimo e capolavoro? Artisti con meno esposizione mediatica si sono espressi allo stesso livello, non
sarebbe onesto intelletualmente. Guai a chi non lo compra, però.
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LOSING TODAY
http://www.losingtoday.com/it/reviews.php?review_id=4175
Murcof arriva all'album con la C (dopo Martes, Utopia e Remembranza), continuando quindi la processione
delle lettere del suo moniker per i titoli dei suoi dischi, facendo soregere spontanea la domanda su cosa
potrà accadere dopo l'album F, forse non a caso - per lui, messicano, come per noi - iniziale della fine.
Ad ogni modo in quest'album troviamo Murcof che continua a prendere in prestito pezzi, o meglio
frammenti, di musica 'colta' (in passato non è stato difficile rintracciare passi di Arvo Pärt), e a fonderli con
un lavoro meticoloso ad un lento e minimale movimento ondulatorio di basi elettroniche.
Se in pezzi come 'Cometa' e 'Cielo' non è difficile riconoscere la firma di Murcof, con i suoi preziosi loop
incastonati al ritmo costante minimal-techno, gli altri pezzi di Cosmos invece sembrano distaccarsi da quella
scia; già nel primo, 'Cuerpo Celeste', dello scheletro ritmico non c'è più traccia: troviamo invece ampi e lenti
spazi di silenzi e ritocchi rumorosi per orecchie fine, e giusto un timido crescendo di organo.
Stesso discorso per i due capitoli che danno il nome all'album e per la conclusiva 'Oort': questi pezzi che,
sganciati da forzature del ritmo, possono finalmente erigersi ad opere di per sé, con risultati che fanno
venire in mente le colonne sonore di Angelo Badalmenti per i film di David Lynch.
Murcof quindi tenta la via di un passo oltre i risultati già ottenuti, e per cui il suo nome si impone sempre più
all'interno di uno scenario di musica elettronica delicata quanto elitaria.
Il passo però non risulta ancora del tutto compiuto: non ci resta che aspettare fino alla O.
INDIE FOR BUNNIES
http://www.indieforbunnies.com/
Cosmos naviga impassibile ed elegante attraverso un’oscurità siderale, osservando il silenzio e cercando di
imitarlo, provando a fare suoi i misteri di un mondo sonoro che è altro da ciò che conosciamo “musica”, un
rassicurante universo di accessibili suoni organizzati. Sei sono i pezzi che compongono questo viaggio verso
l’astrattismo musicale estremo all’opposto del rumorismo inteso come arte sonora basata sulla devastazione
e trasfigurazione del suono. Se vogliamo la devastazione e la trasfigurazione ci sono, ma in una maniera
impalpabile, leggiadra, distaccata, Campionamenti e parti originali si amalgamano scivolando gli uni dentro le
altre con il risultato di un qualcosa che non solo non è la mera somma delle parti, ma va ancora oltre, fino a
creare un’arte “illusoria” in cui, da strutture all’apparenza scarne e desolate, zampillano fuori improvvise stille
di frasi musicali, sbocciano evanescenti virgulti sonori splendidamente inconcludenti, come sottili balaustre di
cristallo di abbacinante bellezza che fuoriescono da pertugi semi-nascosti all’interno paesaggi misticoelettronici di una trasparenza soprannaturale, una trasparenza che permette di intravedere uno scenario
oscuro, senza fondo, senza fine o riferimenti comprensibili, senza appigli. A parte la techno minimalista,
oscura e pavida di Cielo e Cometa, il Murcof più magnetico lo si ascolta negli altri brani che rappresentano
un ulteriore passo in avanti rispetto al passato.
Difficile da spiegare a parole la classe del messicano. Non viene data attenzione al “centro” della musica, ma
ai suoi aspetti “periferici”, ai dettagli che si innalzano in misurati volteggi, in esplosioni composte, orizzontali.
Si avverte un senso di mistero, ma anche di serenità. Si prova stupore, ma si deve rimanere seduti, con
rispetto e costumatezza.
Cuerpo Celeste è un astro buio avvolto in una nube glitch radioattiva che emana crepitii soffusi, illuminato da
improvvisi fiotti di organi, percussioni e angelici pseudo-vocalizzi sintetici che rompono un quasi-silenzio così
irreale che è quasi assordante nella sua assoluta inconsistenza.
Invece Cosmos I e II decidono di sfidare il Nulla, con pesanti ma rasserenanti droni d’organo e un’avvenente
elettronica fluttuante che si stagliano con grazia divina su quella superficie traslucida che divide noi
dall’Ignoto. Con la suite finale Oort si precipita (ma a volo di piuma) in un sound elettronico più cupo e più
spigoloso. Il Nulla ora è rugginoso, acuminato, inospitale. Campanelli soffocati, flauti strozzati o forse…archi,
pianoforti spettrali troppo lontani per essere uditi con certezza, filtri ed effetti sottilissimi e irti…tutti questi
nobili detriti musicali vengono sminuzzati e diluiti all’interno della composizione per poi venire travolti da
raggelanti barriti.
Murcof manipola un sacco di elementi e ottiene un’opera inconsistente…cosa avete capito? Inconsistente.
Dunque senza forma. E Bellissima.
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