L'INVASIONE Mafia e camorra alleate in affari. Palermo piena di merce taroccata Venerdì 18 Ottobre 2013 - 06:30 di Riccardo Lo Verso Il blitz contro la banda che rapinava i Tir al porto svela il nuovo business dei clan. Lungo l'asse Palermo-Napoli viaggiano cocaina e tonnellate di merce fasulla che finisce sugli scaffali dei supermercati. Ecco chi c'è dietro l'economia parallela che impera in città. PALERMO - Un'economia parallela. Che ammorba quella legale, distruggendo la concorrenza. Da Napoli non arriva solo la cocaina, ma pure tonnellate di merce contraffatta che riempie gli scaffali dei supermercati e le bancarelle dei mercati popolari di Palermo. La mafia strizza l'occhio alla camorra nel nuovo business dei prodotti taroccati. Se a questo aggiungiamo la merce, questa sì originale, trafugata nel coso delle rapine, allora il fenomeno si fa preoccupante. Tonno, olio, detersivi, biciclette: ce n'è per tutti i gusti e le tasche. Nei mesi scorsi le indagini dei carabinieri del nucleo investigativo portarono alla ribalta l'asse Palermo-Napoli per lo smercio di droga. Ora quelle dei finanzieri, coordinate dal procuratore aggiunto Leonardo Agueci e dai sostituti Sergio Demontis e Francesco Grassi, svelano nuovi traffici. A Palermo di recente si è fatto vivo Salvatore Aprea, probabilmente ospite di Alessandro D'Ambrogio, considerato il capo mandamento di Porta nuova e oggi in carcere. Aprea, noto pregiudicato napoletano, attivo nel mondo della droga spacciata nei quartieri di Miano, Secondigliano e Scampia, è stato fotografato a bordo piscina in lussuosi alberghi del capoluogo siciliano. Due giorni fa sono finite in manette ventuno persone che farebbero parte di una banda che aveva in mano il Porto di Palermo e si era specializzata negli assalti ai Tir. Nel provvedimento di custodia cautelare, firmato dal giudice per le indagini preliminari Lorenzo Matassa, si legge che “è stato inoltre accertato come l'associazione criminale, si sia approvvigionata di detergenti contraffatti, per poi curarne la capillare distribuzione sul mercato palermitano”. Prodotti apparentemente delle migliori marche stoccati in diversi magazzini della città. Alcuni sono stati individuati - in vicolo Tonabene, alla Noce, in corso dei Mille e in via Messina Montagne - altri ancora no. I grossisti, entrambi napoletani, sarebbero Antonio Certo - denunciato nel 2010 perché ritenuto legato proprio al clan Aprea - e Umberto Di Maso, già condannato per detenzione abusiva di armi e denunciato, tra l'altro, per avere trafugato merce sotto sequestro. Ad occuparsi dei trasporti sarebbero invece Errico e Umberto Granato, anche loro pregiudicati. I napoletani avrebbero come referenti a Palermo Girolamo Ingrassia (coinvolto nel blitz di due giorni fa), dipendente della Gesip e figlioccio del capo banda, Giuseppe La Torre (anche lui arrestato. E' cugino del boss di Porta Nuova Tommaso Di Giovanni), ed Espedito Rubino. A loro spetterebbe il compito di ricevere e stoccare la merce contraffatta con la collaborazione, sostengono gli investigatori, di Paolo Lo Cascio e Francesco Paolo Zuccarello (entrambi arrestati due giorni fa). Infine tra “gli acquirenti della merce contraffatta” verrebbero individuati alcuni titolari di supermercati. “Stiamo combattendo con questo capannone... lo stanno sbarazzando” diceva Zuccarello a Ingrassia che rispondeva: “Ho capito e quindi la merce passa dall'altra parte?”. Ancora Zuccarello: “Sii, ancora la tua è là, perchè fino all'ultimo se tu hai qualche chiamata da consegnare?”. E gli affari andavano a gonfie vele a giudicare dalla telefonata che Ingrassia ha ricevuto nel giugno 2012 da Certo: “Domani mattina viene Umberto da te. Se mi mandi quella resta e qualcosa in acconto che mi servono”. Ingrassia lo tranquillizzava: “Ci penso io Toni". E Certo ringraziava: “Vedi tu, sei un signore, ciao”. Cinquanta minuti dopo le 8 del 6 giugno 2012 i finanzieri intercettarono all’altezza di Corso dei Mille, uno scooter con in sella Girolamo Ingrassia. Precedeva un autoarticolato, condotto da Errico Garritano. Quella merce sarebbe finita negli scaffali dei supermercati e da qui a casa nostra. In questa maniera la mafia inciderebbe sull'economia della città. Perché la mafia, secondo gli investigatori, c'è eccome dietro la banda del Porto. Non sarebbero casuali le parentele di La Torre con Di Giovanni e quelle di Natale e Giovanni Abbate, rispettivamente fratello e cugino di Luigi, detto Gino 'u mitra, capomafia del rione Kalsa. E non sarebbe casuale neanche la paura degli imprenditori che hanno assistito in silenzio alle tante rapine subite. A volte quattro o cinque in un anno ai danni della stessa persona. Che ha preferito non denunciare, che ha scelto di registrare la merce che spariva nel nulla alla voce "rischio di impresa".