E' partita la 27ma edizione del "
Bergamo Film Meeting": oltre alla Mostra concorso, con sette inediti in Italia, riflettori puntati sulla sezione "Visti da vicino", dedicata al documentario. La
cronaca della nostra inviata. di Elisabetta Randaccio
Il "Bergamo Film Meeting", che si svolge
dal 7 al 15 marzo nella città lombarda (Bergamo bassa per essere precisi), è un festival
resistente alle crisi, ai problemi economici, perché, non solo è supportato da uno staff di
appassionati e di valenti critici cinematografici assai attenti alle scelte dei film in concorso e
degli autori protagonisti delle splendide rassegne, ma anche per il modo di proporsi teso a
percorrere sempre strade nuove e accattivanti rivolte a un pubblico che unisce, attraverso la
passione per il cinema, spettatori comuni, curiosi, esperti e professionisti del campo.
Quest'anno, in Piazza della Libertà, dove si svolge, nell'Auditorium, la maggior parte delle
proiezioni, è stato allestito il "Bergamo Film Meeting Point", all'interno del quale, dalle nove del
mattino alle due di notte, sarà possibile incontrare i registi delle pellicole in concorso, ascoltare
musica, soprattutto live - legata strettamente al programma cinematografico -, partecipare a
presentazione di libri (per esempio, Chateau Lumiere. Brindisi ed ebbrezza al cinema di A.
Attorre), ma pure ad aperitivi e party, come quello conclusivo della Fantamaratona horror,
diventata un appuntamento immancabile del Festival.
I titoli in concorso sono, ancora una volta,
interessanti come il film “Cordero de dios” di Lucia Cedron, che ricompone un puzzle tinto di
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giallo su un sequestro di un anziano in Argentina, il quale risulterà, in maniera inquietante,
legato strettamente al rapimento avvenuto, trenta anni prima, della figlia, oppure l'omaggio di
Andrea Zambelli alle mondine di Novi di Modena, un percorso nella memoria di un lavoro
femminile durissimo. Ancora, la delicata vicenda sentimentale, ambientata nel gelido febbraio
del Devon, raccontata dal regista Ben O' Connor (“Ana begins”) e altre pellicole, tutte
particolarmente intriganti. Alla sezione principale, poi, si affiancheranno altri eventi
cinematografici; per citarne qualcuno, aspettiamo di vedere (nella sezione "Frontiera") un'opera,
praticamente inedita in Italia, di una delle documentariste più note degli USA, cioè Barbara
Kopple che, con il suo “Harlan County” ha narrato tredici mesi di sciopero nelle miniere del
Kentucky nel 1973. D'altronde, il genere documentaristico ha sempre uno spazio rilevante al
"Bergamo Film Meeting".
Nella sala Capitol si proiettano, purtroppo
a volte in concomitanza con le pellicole dell' Auditorium, una serie di film che esplorano le realtà
contemporanee, anche maggiormente complesse. In questo settore si vedranno, infatti, opere
come “Pripyat” di Nicky Larkin (Irlanda), sulla città-fantasma dell'ex Unione Sovietica
abbandonata dopo l'incidente di Chernobyl, “La Fluma. Incontri sul Po e dintorni” di Rossella
Schillaci, documentario sul grande fiume italiano, “Il grande progetto” dell'affermato regista
Vincenzo Marra (“Tornando a casa”, “L'ora di punta”) che narra cosa è rimasto della utopia
industriale nella zona di Bagnoli, “Souvenirs de Madrid” di Jacques Duron (Francia), saggio di
antropologia sociale della capitale spagnola e altre proposte che non si dovrebbero perdere.
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Si
sa,
però,
che
un appuntamento attraente per le rassegne monografiche, particolarmente curate, su cui
vengono editati anche dei volumi preziosi. Quest' anno la principale è dedicata a Carol Reed
(1906-1976), il regista inglese noto soprattutto per il capolavoro “Il terzo uomo” nato dalla
collaborazione con lo scrittore Graham Greene, interpretato, nel ruolo del cinico Harry Lime, dal
genio Orson Welles, che, in realtà, ebbe un ruolo determinante nella costruzione del film (pare
sia sua la famosa battuta sul confronto tra l'Italia terribile, ma creativamente inarrivabile dei
Borgia e la Svizzera pacifica quanto produttrice esclusivamente di orologi a cucù!). La versione
restaurata di una delle pellicole più famose della storia del cinema aprirà il Meeting. Greene
diceva di Reed, a proposito del “Terzo uomo”: “Carol Reed ed io abbiamo lavorato
strettamente uniti assieme, e assieme abbiamo recitato, l'uno per l'altro numerose scene... "
Uno dei pochissimi litigi di una certa
importanza fra Carol Reed e me, avvenne per via del finale, e debbo dire che, per quel che
riguarda questa parte, si è poi visto che Reed aveva pienamente ragione”. Del regista inglese a
Bergamo si vedranno la maggior parte dei film, così come avverrà per Claire Denis, autrice
francese, nata nel 1948, una delle più sensibili registe dei nostri tempi, attesa in città per un
incontro con il pubblico.
L'ultima gustosa rassegna sarà dedicata a Bette Davis (1908-1989), una delle signore della
Hollywood dei tempi d'oro; attrice eclettica, attiva fino ai suoi ultimi anni (chi può dimenticare la
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il
sua grottesca interpretazione in “Che fine ha fatto Baby Jane?”, 1962, di Robert Aldrich), icona
di uno star system, dorato e oppressivo allo stesso tempo.
Ha recitato con i più talentuosi registi e
interpreti della sua epoca. Famosa per la sua professionalità, ma pure per il suo carattere
“difficile”, l'attrice ebbe solo uno smacco: si vide soffiare la parte di Rossella O'Hara di “Via col
vento” di Victor Fleming dalla inglese Vivien Leigh, ma la sua carriera fu, comunque, ricca di
grandi e indimenticabilie successi.
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