La salute della donna nell`ottica delle problematiche di genere

_____________________________________________________________ la rivista della Società Medico-Chirurgica Vicentina
La salute della donna nell’ottica delle problematiche
di genere
Mara Mabilia
In questa mia comunicazione intendo parlare sì della
donna, ma avendo ben presente l’altro soggetto
sociale e culturale, l’uomo. Non posso rinunciare a
questo binomio, donna-uomo, dovendo parlare del
genere.
Desidero brevemente premettere che il mio interesse
per le tematiche che riguardano la salute della donna è
un interesse che è partito, ed è andato sviluppandosi,
in relazione alla donna dell’Africa sub-sahariana ma
molti sono i temi, e tra questi la salute, che
accomunano le donne di tutto il mondo.
Nel dépliant di presentazione di questa giornata è
richiamata la definizione di salute data dall’OMS nel
1946 nella quale si legge che essa non è da intendersi
semplicemente come la mancanza di malattia
clinicamente accertata, bensì una condizione
dell’individuo da coniugarsi col suo ambiente tout
court. In questo modo la salute diventa “senso di
benessere”, un modo di sentire, di percepire il proprio
corpo e, in definitiva, se stessi al di là dell’assenza di
spiacevole sintomi. Mi piace ricordare che una tale
definizione dello “stare bene” è sovente riscontrabile
tra molte popolazione studiate dagli antropologi.
La dimensione della salute, dunque, diventa un
elemento chiave nell’analisi dei percorsi individuali ma
anche dei diritti di cittadinanza e per la comprensione
stessa del sistema di disuguaglianze registrabili tra i
singoli individui, tra le classi sociali, tra le nazioni.
Dispiace rilevare, spesso se non sempre, tra i
determinanti della salute - fattori costituzionali, età,
sesso, i diversi livelli di interrelazioni che vanno dagli
stili di vita individuali alle relazioni sociali alle
condizioni economiche, culturali ed ambientali l’assenza della dimensione di genere, un elemento di
fondamentale rilevanza in tema di disuguaglianze (una
dimenticanza che, di per se stessa, sta a dimostrare
una qual certa insensibilità, per usare un bonario
eufemismo).
Entriamo, allora, nel merito di questo concetto
ricordando che la sua messa a punto si deve ad una
studiosa statunitense, la sociologa Gayle Rubin, la
quale lo definì quel «l'insieme dei processi,
adattamenti, modalità di comportamento e di rapporti,
con i quali ogni società trasforma la sessualità biologica
in prodotti dell'attività umana e organizza la divisione
dei compiti tra gli uomini e le donne, differenziandoli
l'uno dall'altro» (The Traffic in Women, 1975).
Questa definizione ci porta immediatamente a
distinguere il concetto di sesso, quale differenza
fisiologica tra maschio e femmina, la visibile differenza
nell'apparato genitale e la differente funzione nella
procreazione, da quello di genere quale termine che
nel riflettere argomenti, questioni di cultura, intende
riferirsi alla classificazione sociale all'interno del
"maschile" e del "femminile" (Piccone Stella e
Saraceno, 1996).
In tutte le società, la posizione dei singoli individui non
può non riflettere l’appartenenza di genere, quale
elaborazione dell’appartenenza di sesso.
Da subito, spesso prima della stessa venuta al mondo,
questo carattere fisiologico viene via via assumendo
forti connotazioni culturali: dai simboli per comunicare
l’evento della nascita, il nostro nastro rosa o azzurro,
alla stessa determinazione dello status della donna che
ha partorito un bimbo o una bimba, in alcune società si
è madre a pieno titolo solo alla nascita di un maschio,
alle possibilità di sopravvivenza
intrauterina e
extrauterina, come avviene in comunità asiatiche e
nord africane.
In un bel saggio di Amartya Sen apparso anche in
italiano "Le donne sparite e la disuguaglianza di
genere", (1996) fra Asia meridionale, Nord Africa,
Medio Oriente e Cina, sono 100 milioni le bambine
che mancano all'appello per un diverso trattamento in
termini di cure mediche, alimentari, assistenza in
generale. Fa eco l’UNICEF, rilevando come in Asia
meridionale ogni anno un milione di bambine muoiono
solo per essere nate femmine.
Questi dati ci dicono quanto aspetti legati a modelli
culturali, all’organizzazione sociale, fanno spostare gli
indicatori biologici per i quali le femmine sarebbero
naturalmente favorite alla nascita rispetto ai maschi.
Considerare il genere implica, quindi, tenere a mente
quanto i ruoli diversi che donne e uomini rivestano
nella società, le differenze di cui danno testimonianza,
sono il risultato di determinanti: ideologiche, storiche,
religiose, etniche, economiche, culturali.
Ed inoltre, è proprio il suo essere una “costruzione
sociale” a fare del genere un elemento diversamente
strutturato nelle diverse società e, nel contempo,
variabile perché i suoi criteri sono definibili nel tempo
e nello spazio.
Sempre, allora, il contesto sociale determina:
? i ruoli che donne e uomini devono ricoprire;
? le aspettative sociali e culturali che vengono loro
attribuite;
? i limiti e le difficoltà che devono affrontare;
? i meccanismi a cui donne e uomini ricorrono per
affrontare la realtà.
Il genere nella vita di donne e uomini determina:
? l’accesso all’istruzione;
? l’accesso al lavoro;
? l’accesso alle risorse e il potere su quelle risorse
necessarie per vivere;
? l’accesso ai servizi sanitari e sociali in genere;
? il livello di salute e l’aspettativa di vita;
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? il potere di agire in modo autonomo;
? il modo di vivere la propria sessualità e i rapporti
con gli altri.
Perché ho detto inizialmente che parlando
principalmente della donna non si deve trascurare
l’uomo?
Perché è l'attiva influenza dei due sessi l'uno sull'altro, i
loro legami, i loro contrasti a creare la condizione
femminile e la condizione maschile, quelle modalità di
vita cioè in cui i due sessi intrecciano la propria
esistenza.
nella vita delle donne? E che comunque questa
esperienza non debba essere inserita in un insieme di
eventi e di relazioni psico-sociali e ambientali?
Un altro aspetto in tema di salute femminile va tenuto
ben presente: la violenza sessuale e il maltrattamento
in famiglia, entrambi non considerati nella valutazione
diagnostica e nei programmi di prevenzione. Eppure
l’OMS parla di cifre estremamente preoccupanti
quando indica i tipi e le percentuali di patologie che
sono correlate ad abusi, molestie, violenze,
maltrattamenti e quando misura il peso che la violenza
ha sul carico di disabilità femminile nel mondo.
Genere, dunque, oltre che codice binario, la donna e
l’uomo compongono il genere, è anche un codice che
implica reciprocità, dialettica costante fra le sue
componenti di base. Mancare una tale distinzione vuol
dire incorrere in distorsioni, fraintendimenti, fuorvianti
conclusioni (vd Piccone Stella e Saraceno, 1996).
Pensando specificatamente alle donne, vediamo che
esse si trovano, all’interno di ogni società, a rivestire
un triplice ruolo: riproduttivo, produttivo e sociale. Se
è stato di gran lunga privilegiata la funzione
riproduttiva, affidando all’uomo quella produttiva, la
vita e la salute di donne e uomini si basano, di fatto, e
sono il risultato dell’interrelazioni di entrambi i livelli,
quello riproduttivo e produttivo. (Se entrambi, poi,
svolgono un ruolo sociale, alle donne spetta la
trasmissione di una parte cruciale di quel processo
educativo (inculturazione) grazie al quale un individuo
viene reso partecipe delle conoscenze, dei modelli di
comportamento, dei valori che gli permettono di
interagire con l’ambiente sociale circostante.)
Alla luce di queste considerazioni portare la riflessione
sul tema della salute in un’ottica di genere è una
prospettiva quanto mai importante sia per una messa a
fuoco dell’importante intreccio tra il ruolo esercitato
dal dato puramente fisiologico, il sesso, e quello
esercitato dal genere sia per i risvolti sulle politiche
socio-sanitarie in società come la nostra ove il
mutamento demografico, la crescente presenza di
lavoratori e lavoratrici immigrati e, non meno, un
crescente numero di anziani innalza la fascia di
popolazione più esposta a rischi di morbilità e di
ridotta autosufficienza.
Nuove situazioni che tendono a tradursi, non solo in
una maggiore domanda di servizi sanitari, di servizi
sociali ma, dove non sono adeguati alla domanda, ad
un nuovo pesante coinvolgimento delle donne (anziani
non autosufficienti in ambito domestico mettono in
risalto l’importanza della cura “affettiva” nella famiglia
che sta sovraccaricando l’identità di diverse
generazioni di donne).
È importante, dunque, uscire da un’ottica tesa a
spiegare la salute delle donne e i fenomeni patologici
che la mettono a rischio, privilegiando il solo apparato
riproduttivo/ginecologico.
Nella valutazione diagnostica, nella cura, nel
trattamento e nella prevenzione delle patologie più
diffuse tra le donne, la conoscenza dei fattori di rischio
presenti nell’ambiente e nella vita quotidiana (risultato
anche, forse soprattutto, d’una costruzione di genere)
possono limitare il benessere delle donne,
compromettendo la loro capacità produttiva,
organizzativa e decisionale.
Intendo con questo riferirmi ad una definizione di
salute e malattia ove diventa importante distinguere le
patologie riconducibili ad una differenziazione
fisiologica e quelle che rimandano a specifiche
condizioni di lavoro o a specifici stili di vita che donne
e uomini conducono.
Sono le donne, proprio in virtù di vincoli culturali,
morali, emotivi (costruzione di genere), infatti, a
sentirsi impegnate a curare i familiari, e i costi di lungo
periodo in termini di stress, fatica fisica, e non per
ultimo, le ripercussioni sulle attività formative e
lavorative, possono essere rilevanti.
Ultimo, ma non meno importante in tema di salute,
considerare il genere vuol dire porre attenzione al
modo in cui donne e uomini fanno fronte alla malattia,
alle modalità con cui si rapportano al sistema sanitario,
al proprio corpo e alle sue trasformazioni.
Nel nostro contesto sociale culturale ed economico, la
salute della donna dipende da una serie specifica di
correlazioni, la sua salute è da considerarsi in rapporto
ad una serie di indicatori ambientali, a modelli e
compiti di ruolo che agiscono su di lei in modo
specifico e la portano a stili di vita non sempre
favorevoli al suo benessere.
Su questo bisogna interrogarsi mirando di sbrogliare il
sesso dal genere al fine di rimpiazzare dogmatismi con
conoscenza, discernimento, tentando, una volta per
tutte, di separare giudizi di valore da affermazioni, stati
di fatto..
Ad esempio il lavoro complessivo delle donne - dentro
e fuori l’ambito familiare - sfugge alla valutazione
medica, non è inserito, difatti, nella formazione dei
processi morbosi.
Ma il carico di lavoro familiare o il doppio lavoro,
pensiamo non abbia riflessi sulla salute delle donne? E
che di fatto abbiano più peso gravidanza e parto,
eventi sporadici, soprattutto nell’opulento Occidente,
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_____________________________________________________________ la rivista della Società Medico-Chirurgica Vicentina
Bibliografia
Amartya Sen (1966). "Le donne sparite e la
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Piccone Stella, S. e C. Saraceno, 1996. Genere. La
costruzione sociale del maschile e del femminile. Il
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Mulino.
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