Un circuito elettrico è un percorso chiuso in cui circola una corrente elettrica causata dalla differenza di potenziale esistente tra gli estremi del circuito stesso. Le parti principali di un circuito elettrico elementare sono: Un generatore di corrente (es. pila); Un utilizzatore (es. lampadina); Un filo conduttore che unisce i due poli a differente potenziale; Un interruttore che serve ad aprire e chiudere il circuito interrompendo il passaggio della corrente L’interruttore è una lamina metallica mobile che ha la funzione di mettere in contatto i due capi del filo conduttore. Quando l’interruttore è abbassato mette in contatto i capi del filo e la corrente può circolare: si dice che il circuito è chiuso. Se l’interruttore è sollevato e quindi non collega le due estremità libere del filo conduttore la corrente non circola perché il circuito è aperto. CIRCUITI IN SERIE Più utilizzatori sono collegati in serie quando sono montati uno dopo l’altro in modo che la stessa corrente li attraversi in successione. In tal modo il funzionamento di ognuno di essi dipende da quello che lo precede: ad esempio, in una fila di lampadine collegate in serie se una di esse è fulminata tutte le altre rimangono spente (un classico esempio di utilizzatori in serie è dato dal collegamento delle lampadine nell’albero di Natale). La tensione giusta per accendere le lampadine in serie è uguale alla somma delle tensioni di accensione delle singole lampadine: per tre lampadine da 1,5 volt collegate in serie va bene una batteria da 4,5 volt CIRCUITI IN PARALLELO Più utilizzatori ( es. lampadine ) sono collegati in parallelo se hanno gli estremi in comune cioè l’entrata e l’uscita della corrente. In questo caso, gli utilizzatori sono collegati al generatore in modo da non dipendere l’uno dall’altro e, perciò, il mancato funzionamento di uno di essi non pregiudica quello degli altri: se una lampadina si fulmina, le altre continuano a funzionare. In questo tipo di collegamento le varie lampadine devono avere tutte un tensione di accensione uguale a quella della batteria di alimentazione. Ogni lampadina, però, può assorbire una corrente diversa: la batteria fornirà una corrente totale uguale alla somma delle correnti assorbite dalle singole lampadine La (prima) legge di Ohm Gli elettroni, muovendosi nel circuito, urtano continuamente gli atomi dei materiali che attraversano. In questi urti gli elettroni perdono energia, e questa perdita si traduce in una progressiva caduta di potenziale lungo il circuito (in parole povere si perde, a poco a poco, la tensione fornita dal generatore). Una perdita simile (ma di pressione) incontra l’acqua di un impianto idraulico percorrendo una strozzatura. Più il diametro del tubo si riduce, maggiore sarà il calo della pressione. Allo stesso modo, più grande è la resistenza elettrica del materiale, maggiore sarà la tensione persa. Si capisce così che la maggior parte della tensione verrà persa sugli utilizzatori, e non sui conduttori che hanno resistenza molto bassa. Il legame tra tensione persa e resistenza è stabilito da una relazione molto semplice, la prima legge di Ohm: V=R∙I tensione (V) resistenza (Ω) corrente (A). Cerchiamo di capire meglio il significato della legge di Ohm: 1) l’espressione V = R ∙ I ci dice sostanzialmente che la caduta di tensione sull’utilizzatore è direttamente proporzionale alla sua resistenza (cioè se ad esempio la resistenza raddoppia, anche la tensione raddoppia); 2) ma possiamo anche riscrivere la legge come I = V : R (è stata solo “girata”), e questa seconda espressione ci fa vedere che la corrente che scorre nell’utilizzatore è inversamente proporzionale alla sua resistenza (cioè se la resistenza raddoppia, la corrente diventa la metà – riflettete anche sull’analogia idraulica!); 3) infine, “girando” nel terzo modo possibile la legge, otteniamo l’espressione R = V : I che ci consente di ricavare la resistenza dell’ utilizzatore, se conosciamo la sua tensione e la sua corrente. I ragazzi della 3° B