Donato Matassino - Associazione per la Scienza e le Produzioni

Donato Matassino
GENETICA E INDIVIDUALITÀ UMANA
Clonazione e gestione del genoma
Sulla spinta dell’emotività causata dalla notizia di poter clonare un essere vivente
dall’organizzazione complessa quale un mammifero di grande mole, l’immaginario
collettivo ha pensato immediatamente alla possibilità di clonare l’uomo con tutti i
relativi problemi etici, determinando sia tanta curiosità che molta paura, specialmente
per quanto concerne le possibilità di violare le basi della dignità umana.
Indubbiamente, i vorticosi progressi della biologia sollecitano l’opinione pubblica a
dubitare sia del significato che del valore, per il benessere fisico, psichico e sociale
dell’uomo, del sapere e del progresso scientifico. Per inciso, si ricorda che la libertà
della scienza ha il suo fondamento giuridico a livello di “rango costituzionale” (art. 33).
Ritengo che il vivo interesse di conoscere (attitudine peculiare di uno scienziato) sia un
elemento fondamentale proprio per la stessa dignità umana e per una sua sempre più
marcata valorizzazione. In altre parole, la conoscenza ha un valore etico sempre
superiore all’ignoranza. Pertanto, l’assiduo appassionato desiderio di sapere e il
continuo progredire della conoscenza non sono assolutamente sindacabili dal punto di
vista etico; viceversa, l’applicazione dei risultati della ricerca può essere orientata ad
alterare gli equilibri di un sistema complesso come il pianeta “terra” e, quindi, può
essere foriera di gravi effetti sugli essere umani come quelli causabili da gravi
ingerenze e/o interferenze con la dignità umana. È a questo secondo livello che il
problema etico si pone in tutta la sua valenza; ciò acquista sempre più rilevanza nella
società in quanto ci avviamo velocemente verso una globalizzazione totale dell’attività
antropica, ma con una forte accentuazione di una società a civiltà multiple quindi
multiculturale, multietnica e multietica.
Una forte accentuazione della multieticità può estrinsecarsi verso rapporti sempre
“più virtuali” e sempre meno “virtuosi” fra ed entro la comunità di uomini. Trattasi di
una tendenza che potrà essere foriera di gravi “guasti” nei rapporti sociali che
potrebbero essere “irreversibili” per un lungo periodo di tempo. Da questa facile
previsione scaturisce la necessità, da parte dell’uomo, di impegnare tutto il suo arsenale
“culturale” per ridurre, in prima istanza, e per eliminare, in una seconda fase, gli effetti
negativi del “virtualismo”. Questo virtualismo tende a sostituire il concetto di agorà con
quello di Cyber Urbes, nel quale viene a mancare qualsiasi legame di tipo “geopsichico” e “culturale” con il territorio, quindi con la storia di ciascuno di noi inserito in
un contesto sociale dinamico, ma fortemente ancorato alle tradizioni peculiari di un dato
territorio. Vi è, pertanto, una tendenza che sta caratterizzando alcune società “opulente”,
ma prive di tradizione, a realizzare vere e proprie città “clonate”1.
1. QUALCHE RIFLESSIONE CULTURALE
Si può ritenere che esiste un rapporto primigenio tra uomo e natura; rapporto che li
coinvolge reciprocamente, ma, per quanto mi riguarda, con un’attribuzione ontologica
privilegiata all’uomo, se non di carattere “numinoso”. Questa visione è ampiamente
giustificata anche dall’abissale differenza tra la vita dei viventi secondo la “natura” e la
vita dei viventi secondo la “natura umana”; la seconda ha la capacità e il dovere di
individuare nello spirito del pleròma, richiamato anche da san Paolo, la soluzione
migliore del rapporto “uomo-natura”, in quanto l’uomo è portatore di una scienza
“antica”: la sapienza2.
Ritengo che la “specificità dell’uomo” non possa essere in discussione, anche se
movimenti ecologisti, ambientalisti e animalisti tendono a una visione biocentrica in cui
è compreso anche l’uomo. Pur riconoscendosi una qualche “soggettività” agli animali
superiori, i “pretesi diritti” degli animali sarebbero privi del fondamento ontologico
della “globalità”, per ciò non è pensabile di scomporre o frantumare il mondo dei diritti,
perché se così fosse bisognerebbe proteggere (a esempio) il diritto della gazzella di non
essere sbranata dal leone. Indubbiamente, l’uomo ha il dovere di assicurare all’animale,
specialmente allevato, condizioni di benessere.
Né è condivisibile quella corrente di pensiero meccanicistico che considera l’oggetto
superiore a chi l’ha confezionato, per cui Anders qualifica quest’atteggiamento
“vergogna prometeica”, quindi una sfida destinata al totale fallimento.
Il binomio “futuro del cosmo-futuro dell’uomo” sarà sempre più inscindibile. Gli
stessi maître à penser della scienza del Dio cristiano ritengono che qualsiasi violenza
sulla natura “fa morire un pezzo di Dio” in senso figurato. Indubbiamente, immaginare
il Dio cristiano come “coevolutore trascendente” è di una temerarietà unica, se non
molto complessa, da quella nuova corrente di pensiero teologico che affronta in modo
diverso dal passato l’evoluzione sia del cosmo che socio-culturale dell’uomo;
evoluzione che, però, è un fine “intrinseco nello sviluppo dell’universo”; pertanto, non è
il caso “a muovere le fila dell’evoluzione cosmica”. Questo nuovo modo di interpretare
l’evoluzione dell’universo non vuole essere una maniera diversa di contrapposizione
all’evoluzionismo darwiniano (mutazione, selezione e amplificazione)3.
*
Il testo di questa relazione è aggiornato a settembre 1999.
1Cf. D. MATASSINO, La biodiversità base insostituibile per una produzione animale a misura
d’uomo, in Atti del III Convegno Nazionale Biodiversità - Tecnologie - Qualità (Reggio Calabria, 16-17
giugno 1997), 29.
2
Cf. D. MATASSINO, La zootecnia in un parco, in Atti del Convegno Il parco come punto d’incontro
di problematiche socio-economiche di un territorio, con particolare riferimento alla zootecnia (Tignale
[Brescia], 6 giugno 1997, 9.
3
Cf. D. MATASSINO, Biodiversità e allevamento animale, Convegno su: ‘Zootecnia e parchi.
Produzione di qualità e tutela dell’ambiente’ (Massa, 11-12 ottobre 1996), in Zootecnica e Nutrizione
Animale 23 (1997) supplemento, 13.
2
Questa diversa interpretazione dell’evoluzione cosmica diventa sempre più
interessante che non mera memoria dell’evoluzionismo biologico. Questa originalità si
concretizza nell’intendere l’evoluzionismo cosmico in parallelo a quello antropico:
l’uomo è una componente, fondamentale, del sistema e, pertanto, egli è l’artefice
principe del cambiamento e partecipa attivamente alla realizzazione del progetto
allestito dal “coevolutore trascendente”4.
L’avvenire dell’uomo è fortemente legato a quello del cosmo; pertanto, la capacità al
costruttivismo sia dell’uomo che degli altri esseri viventi è la “chiave di volta” per un
armonico e sano evoluzionismo cosmico, quindi antropico.
Ed ecco che si passa da un’interpretazione statica del cosmo a una dinamica: lo
stesso Dio cristiano non è più un “creatore immobile”, ma il propulsore dei processi
evoluzionistici del cosmo e nei quali l’uomo svolge un insostituibile ruolo di
protagonista serio e consapevole del suo operato secondo le indicazioni di
sant’Agostino: <l’uomo deve fruire (frui) dell’immensa risorsa che la natura pone a sua
disposizione, ma non deve utilizzare (uti) questa ricchezza soltanto per sé>; pertanto,
egli deve esercitare non il dominio del tiranno, ma quello del curatore e
dell’amministratore sensibile ai messaggi e alle istanze che gli provengono dalla natura
stessa per favorirla nel mantenimento di un equilibrio dinamico5.
Tutto quello che finora abbiamo espresso conduce a una forte rivalutazione del
pensiero del paleontologo filosofo gesuita padre Teilhard de Chardin: il cosmo tende a
vitalizzarsi totalmente, la vita a umanizzarsi, l’uomo a ultraumanizzarsi, lo spirito a
liberarsi della sua matrice materiale.
Sulla base di questi principi cardini si deduce che l’uomo è la chiave della
cosmogenesi, quindi dell’evoluzione globale dell’universo che si concretizza nel
concetto finale che l’evoluzione cosmica fa perno su quella antropica diventando, così,
cosciente di sé stessa6.
La conflittualità, specialmente su base ideologica, è stata sempre foriera di eventi
catastrofici; viceversa il dialogo e l’integrazione sono le condizioni necessarie, anche in
biologia, per esaltare la “capacità al costruttivismo” di una biocenosi di cui l’uomo è
parte integrante. Bisogna innescare processi comportamentali antropici tendenti a unire
e a integrare gli interventi, più che a dividerli, al fine di perseguire il raggiungimento,
grazie a percorsi dinamici spazialmente e temporalmente, di obiettivi comuni; obiettivi
che non possono essere racchiusi in una mera visione teleonomica monodiana della vita
sul pianeta terra, né in una semplicistica visione teleologica del cosmo, figurativamente
identificabile con un vero e proprio caleidoscopio di realtà e di organizzazione. Un
pericolo incombente è che questa attenzione dovuta possa facilmente sfociare in
prospettive ideologiche. L’ideologia nella sua coniatura da parte del filosofo francese
A.L.C. Destutt de Tracy, è un progetto di pensiero, elaborato a tavolino, al fine di
4
Cf. ivi.
5
Cf. D. MATASSINO, Il ruolo del germoplasma autoctono nell’ecosistema culturale, in Atti del
Convegno Progetto ambiente 1992 (Colle Sannita [Benevento], 14-15 febbraio 1992), Impariamo dalla
natura, L’Allevatore, 48 (1992), 17, 18.
6
Cf. MATASSINO, Biodiversità e allevamento animale, in Atti del Convegno ‘Zootecnia e parchi.
Produzione di qualità e tutela dell’ambiente’ (Massa, 11-12 ottobre 1996), Zootecnica e Nutrizione
Animale, 23 (1997) supplemento, 13.
3
spiegare e di chiarire fatti reali e di modificarli secondo un tracciato ritenuto razionale.
Da qui l’aggettivazione scientifica della ragione e la pretesa di oggettività e di verità
inconfutabili, con conseguente disprezzo per la realtà quando questa non collima con la
propria teoria o tesi7.
Il sacerdozio dell’uomo di scienza, come dice Giovanni Paolo II, non può
misconoscere la forza dell’istanza etica, pur nell’utilità della conoscenza dei
meravigliosi meccanismi biologici che presiedono alla vita di relazione, qualunque sia il
suo livello di organizzazione: da quello submolecolare a quello ecosistemico. È il
singolo ricercatore che, responsabilmente e ineludibilmente, deve porsi l’istanza etica.
Pertanto, per quanto mi riguarda, il trinomio “posso- -voglio-faccio” non è eticamente
condivisibile; questa concezione, propria dello “scientismo tecnologico”, si basa
sull’assioma che tutto ciò che è realizzabile sia eticamente lecito.
Per quanto mi riguarda, auspico che tutta l’umanità, sinergicamente e in modo
determinante, contribuisca a costruire un futuro sempre più a “misura dell’uomo”, in
quanto è la persona umana che va collocata al centro dell’universo, della società e della
stessa scienza. In fondo, è il modello “personalista” che deve guidare qualsiasi azione
dell’uomo. Solo una visione “personalista”, ben lontana da quella “monodiana” o da
quella “pragmatista-utilitarista” o da quella “socio-biologica” sarà in grado di guidare le
azioni umane in modo tale che queste abbiano sempre come fine l’uomo8.
Dicevo recentemente9 che questo concetto “personalistico” è anche alla base dei
suggerimenti forniti dal Comitato nazionale italiano per la Bioetica, anche se con alcune
precisazioni sul momento in cui si determina l’identità individuale umana.
Sostanzialmente, sulla base cronologica dello sviluppo embrionale vi sono due correnti
di pensiero:
(a) la vita della persona (essere umano) inizia in modo pienamente individuale
all’atto della fecondazione dell’ovulo da parte dello spermatozoo, essendo in quel
momento presenti tutte le informazioni genetiche in grado di attuare e condurre a
termine il progetto di sviluppo della persona; questo progetto è realizzabile grazie a tre
fondamentali eventi biologici: (i) la coordinazione dei geni strutturali e regolatori; (ii) la
continuità nella formazione dell’organismo; (iii) la gradualità di attuazione di un
progetto individuale unico che da una conformazione lineare (DNA) passa a una
pluridimensionale
(b) la vita della persona (essere umano) inizia, in modo pienamente individuale,
successivamente alla fusione dei due gameti (maschile e femminile); in questo caso, il
momento iniziale viene a coincidere, sostanzialmente, con una delle seguenti tre età
dell’embrione: (i) a 6 giorni, in quanto dalla fecondazione al 6. giorno le cellule
embrionali sono ancora “totipotenti”, quindi in grado ognuna di evolversi singolarmente
7
Cf. MATASSINO, Il ruolo del germoplasma autoctono nell’ecosistema culturale, in Atti del
Convegno Progetto ambiente 1992 (Colle Sannita [Benevento], 14-15 febbraio 1992), in Impariamo
dalla natura, L’Allevatore, 1992, 48 (17), 18.
8
Cf. ivi.
9
Cf. D. MATASSINO, Problematiche e applicazioni della clonazione degli animali in produzione
zootecnica, in I Georgofili - Quaderni 1997, n. 6, Firenze (1998), 29.
4
in un individuo completo distinto da un altro; (ii) a 14 giorni, poiché a tale età si ha la
comparsa di una “rudimentale” organizzazione di un sistema nervoso centrale; questa
età può essere anticipata all’8.-9. giorno sulla base della differenziazione cellulare; (iii)
a 18 giorni, in base alla considerazione sul tempo di comparsa della “placca neurale”,
quindi sulla presenza di una natura razionale.
Indubbiamente, sulla base della seconda linea di pensiero qualsiasi “uomo in
embrione” diventa un vero e proprio oggetto.
Oggi, l’“ingegneria tessutale” può individuare altre fonti di reperimento di cellule
staminali “totipotenti” al di fuori dell’“uomo in embrione” evitando così il sorgere di
gravi problemi etici.
Sulla base del Documento n. 5 (12 gennaio 1999) del Centro di Bioetica
dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma, la “clonazione terapeutica” di un
“uomo in embrione”
(a) non può giustificare eticamente la manipolazione di un “uomo in embrione”
in quanto non è “moralmente coerente” con il mezzo usato essendo inacettabile che un
essere umano possa essere considerato e impiegato come un qualsiasi materiale
biologico
(b) snatura la funzione biologica dell’atto riproduttivo che è quello di generare
un nuovo individuo
(c) sconvolge totalmente la funzione genitoriale
(d) comportando l’uccisione di un individuo umano, è in contrasto con quanto
previsto persino dalla Convenzione europea sui Diritti dell’uomo e la biomedicina, la
quale – anche se moralmente non è condivisibile – purtroppo prevede l’utilizzazione di
embrioni in sovrannumero ottenuti con l’uso della tecnica della superovulazione e
successiva inseminazione strumentale
(e) introduce il deprecabile principio della discriminazione degli esseri umani
sulla base dell’età della persona, rendendo legale il principio della discriminazione
razziale, sopprimendo, quindi, il diritto di ogni essere umano di essere considerato
(anche legalmente) come un membro paritario dell’umanità e sancendo l’attuazione di
un “darwinismo sociale”
(f) non può trovare legittimazione sulla base di scorciatoie semantiche nell’avere
coniato il termine “corpo embrioide” per indicare un “uomo in embrione” ottenuto in
vitro e, pertanto, candidato a essere distrutto per ricavarne “pezzi” di ricambio nella
consapevolezza che si progetta di “generare, usare ed eliminare” un essere umano che
dallo status di zigote è un individuo che inizia il suo cammino di “vivente” con un suo
proprio e irripetibile progetto genetico
(g) ha il dovere etico di individuare altri percorsi che siano immuni dall’uso
dell’uomo in embrione come “oggetto biologico”; essendo l’uomo-ricercatore dotato
d’infinita intelligenza e perspicacia in grado di affrontare e condurre studi ad hoc,
specialmente con l’uso degli animali nel rispetto del loro stato di benessere.
La “clonazione terapeutica” deve avere la forza intellettuale e morale di percorrere
strade conformi alla dignità dell’essere umano, quale individuo unico e irripetibile.
Nell’ambito della problematica della “protezione dei diritti dell’uomo e del genoma
umano” non è superfluo ricordare quanto suggerito dal Comitato Nazionale Italiano di
Bioetica: <le applicazioni della ricerca in genetica debbono evitare ogni pratica eugenica
contraria alla dignità o alla libertà della persona umana>. Inoltre, lo stesso Comitato
5
ritiene che è indispensabile chiarire il significato scientifico di “genoma umano” allo
scopo di ridurre, se non evitare, confusioni semantiche. Pertanto, partendo da due
definizioni di genoma:
(a) se per genoma si intende l’insieme di tutti i geni contenuti nel DNA di una
singola persona, si dovrebbe propriamente dire che tale genoma è patrimonio della
persona e non dell’umanità, così come il contenuto di un libro è di chi l’ha scritto non
di chi lo legge
(b) se per genoma si intende la memoria storica di tutti i geni che, discendendo
per generazioni, sono arrivati fino a noi, cioè ai miliardi di individui che compongono la
nostra specie, allora si può dire che il genoma fa parte del patrimonio comune (intenso
come ricchezza ereditata) dell’umanità, così come la letteratura, intesa come raccolta di
tutto ciò che è stato scritto, è patrimonio comune che fa parte della nostra storia; sarebbe
opportuno che il testo della dichiarazione dell’Unesco (United Nations Educational,
Scientific and Cultural Organization) recitasse: <Il genoma umano, inteso come
insieme di tutte le varianti geniche che l’evoluzione della nostra specie ha conservato
fino a noi, è una componente fondamentale del patrimonio biologico e culturale
dell’umanità>. Questa definizione, a livello del singolo essere umano, dovrebbe recitare:
<Il genoma di ogni individuo è il risultato di mutazioni geniche avvenute nella storia
evolutiva dei suoi antenati. Le potenzialità genetiche di ciascun individuo, determinate
dai geni, possono esprimersi in modo diverso a seconda dell’ambiente, dell’educazione
e delle condizioni di vita>.
Anche nel campo umano, ogni progresso conoscitivo, tecnico e operativo della
biologia deve essere teleologicamente condizionato dalla irrinunciabile tutela della
dignità, della libertà e di qualsiasi diritto della persona umana, grazie a norme di
garanzia.
Così come prevede la nostra Costituzione, è necessario valorizzare, sempre e
congiuntamente, il diritto alla salute e il diritto all’equità nell’accesso alle risorse, fatto
salve la dignità e l’autonomia della persona.
La tutela di una specie, affinché non si estingua, è un dovere dell’umanità in quanto
la variabilità biologica è la vera ricchezza del pianeta terra (e un domani del cosmo?).
Ciò, in campo umano, significa assenza di qualsiasi discriminazione fra gli individui.
L’identità individuale può non coincidere con l’identità genetica (gemelli
monozigotici), almeno sulla base delle tecniche di laboratorio oggi disponibili, ma
questa differenza non inficia il concetto di individualità personale, pur con i predetti
“distingui”.
Come detto in precedenza, indubbiamente, in una società multietica, multietnica,
multiculturale, cioè a civiltà multiple l’interpretazione ontologica delle conoscenze
biologiche dell’embrione risente delle opzioni morali ed etiche di colui che interpreta
l’ontogenesi embrionale.
2. LA CLONAZIONE
La clonazione, come tutte le biotecniche innovative (BI) riguardanti la gestione di un
genoma, comporta forti implicazioni connesse alla visione teleologica del cosmo, che –
6
come già detto – figurativamente è identificabile con un vero e proprio caleidoscopio di
realtà e di organizzazione.
Presumibilmente, il teleologismo e la teleonomia monodiana saranno direttamente
e/o indirettamente influenzati.
È noto che il termine “clonazione” deriva da “clone” cioè germoglio, pollone e che in
biologia è la riproduzione agamica, naturale o non, di individui (uni - e pluricellulari)
di organi, di tessuti e di cellule, presumibilmente tutti/e identici/che geneticamente. Nel
caso di una molecola o di un gene si usa, normalmente, il termine di clonaggio.
La moltiplicazione di singole molecole aventi determinate specificità di azione
costituisce uno dei mirabili processi usati oggi (e forse ancora più nel futuro) per
ottenere forti innovazioni di prodotti da utilizzare direttamente o da destinare alla
produzione, a esempio, di farmaci nuovi in grado di ridurre o di eliminare l’azione di
agenti patogeni. Questi ultimi sono caratterizzati da una continua e inesorabile
variazione; quindi, necessità di ostacolare questo “evoluzionismo” con l’individuazione
di sempre nuove molecole terapeutiche. La produzione di queste molecole da parte
dell’uomo avviene grazie al processo “evoluzione molecolare guidata” (EMG). Questo
processo segue, praticamente, le stesse fasi che caratterizzano l’evoluzionismo
darwiniano: individuazione delle mutazioni, scelta delle mutazioni utili, moltiplicazione
di queste ultime. Infatti, in laboratorio è possibile prendere in esame ben 1013 differenti
molecole alla volta.
La diversità è la condizione necessaria per una intensa EMG. Questa diversità è
risultato di una “naturale produzione” di copie di una sequenza di RNA, in quanto
durante il processo replicativo si verifica qualche errore, quindi ottenimento di molecole
diverse dalla molecola madre e, pertanto, si ha “mutazione”. Tutto ciò conduce
all’ottenimento di una popolazione eterogenea di molecole dalla quale selezionare le
molecole utili e moltiplicarle successivamente. In altre parole, a ogni generazione
insorgono nuove mutazioni. Attraverso la concertazione di gestione della mutazione,
della selezione e dell’amplificazione è possibile ottenere stabilità della peculiarità di
azione di una molecola “nuova”. La EMG si realizza grazie a un vero e proprio processo
di “corsa a ostacoli molecolare”, poiché le macromolecole attuano una reale
competizione fra di loro allo scopo di superare gli “ostacoli funzionali” posti dal
ricercatore.
La prima dimostrazione dell’“evoluzione darwiniana” in laboratorio si deve a
Spiegelman e ai suoi collaboratori. Questi Autori hanno rilevato che la velocità di
autoreplicazione di una molecola è funzione della dimensione di una molecola: vi è
correlazione positiva fra tempo di autoreplicazione e dimensione della molecola. Questo
comportamento dell’EMG in laboratorio è stato eliminato con apposite procedure, per
cui l’autoreplicazione non è più funzione della lunghezza della sequenza. Un
procedimento, ormai classico e universale, è la reazione a catena della polimerasi
(polymerase chain reaction, PCR) scoperta da Mullis nel 1985.
Grazie alla PCR, oggi è possibile attuare una vasta gamma di vincoli selettivi e
quindi intensificare notevolmente l’EMG; inoltre, la conoscenza della sequenza di basi
permette di individuare la/e proprietà funzionale/i di una determinata molecola; nota la
funzione di una molecola, è possibile, poi, utilizzarla per ottenere altre molecole come
quelle a due bracci: uno funzionale (esecutore di un determinato compito) e uno
genetico (descrizione codificata della composizione funzionale).
7
Un vantaggio dell’EMG è quello di poter conservare all’infinito le diverse
generazioni ottenute e utilizzarle, se necessario, al momento opportuno per ottenere
nuovi catalizzatori, quindi innovazione nella/e proprietà strutturale/i e funzionale/i degli
enzimi. Questa procedura viene chiamata “progettazione razionale degli enzimi”.
Sulla base dei risultati dell’EMG, alcuni biochimici avanzano l’ipotesi che, grazie
all’autoreplicazione, una molecola sarebbe un essere vivente e che tutta la vita esistente
sul pianeta terra debba essersi evoluta da molecole aventi questa proprietà; molecole
che sono state sottoposte continuamente a mutazione, a selezione e ad amplificazione da
oltre 4 miliardi di anni.
2.1. Cenni storici sulla clonazione
Per quanto riguarda il suo uso da parte dell’uomo, questo metodo di riproduzione
risale nella notte dei tempi negli organismi vegetali (propaggini, talee…), mentre negli
animali, specialmente in quelli di interesse zootecnico, è molto recente, anche se i primi
tentativi – per quanto è dato oggi di sapere – risalgono al secolo scorso ma
limitatamente ad animali usati per ricerche di laboratorio. Entro una linea clonale, tutti
gli individui prodotti, stante l’utilizzazione delle attuali tecniche di tipizzazione
genetica, possono essere ritenuti geneticamente identici, salvo se si siano verificate
mutazioni e/o variazioni dovute all’effetto di fattori ambientali.
Storicamente, i primi esperimenti di clonazione risalgono al 1885, ad opera di
Chabry in Francia e Roux in Germania, che affrontano per primi il problema della
simmetria e della asimmetria dell’uovo. In particolare, Chabry, lavorando sull’uovo di
ascidia (tunicati), distrugge uno dei due primi blastomeri pungendolo con un ago di
vetro e rileva che l’altro blastomero continua irregolarmente nello sviluppo dando
origine a un individuo incompleto, quindi non vitale. Analogo risultato ottiene Roux,
distruggendo con un ago caldo uno dei due primi blastomeri dell’uovo di rana.
Nel 1890 Heape esegue con successo il primo esperimento di embryo transfer.
Nel 1893 Driesch compie sulle uova di riccio di mare un’esperienza simile a quella
di Roux, ma con una tecnica un pò diversa: invece di uccidere uno dei due primi
blastomeri e lasciarlo in situ, separa i primi due blastomeri e, ottiene la formazione di
due embrioni completi, sebbene di dimensioni minori rispetto a quelle di un embrione
non clonato. Driesch chiama totipotenza la capacità dei blastomeri di dare origine a un
embrione completo e sistema armonico equipotenziale ogni parte di embrione capace di
regolarsi; egli, inoltre, attribuisce questa totipotenza a un non ben definito spirito vitale
10
(entelèchia) . Heider definisce regolazione questo fenomeno e uova regolative o
isotrope quelle che lo manifestano.
Nei pesci (Morgan, 1893 e 1896) si ottengono embrioni completi allo stadio di
morula (4 blastomeri).
10
Entelèchia (o entelelècheia): (a) secondo Aristotele, è lo stato di perfetta attrazione raggiunto dalla
sostanza in contrapposizione a “potenza”, (b) secondo Leibniz, è la sostanza individuale o “monade”, nel
senso che essa ha in sé il perfetto fine organico del suo sviluppo; (c) in biologia, e per alcuni aspetti nel
“vitalismo”, è il principio di “irriducibilità” (o teleologico, per certi versi) degli organismi viventi, anche i
più semplici, all’azione di fattori – anche elementari – che obbediscono solamente a leggi fisiche e
chimiche.
8
Nelle uova di anfiosso la totipotenza del blastomero è limitata allo stadio di due
cellule (Wilson 1893 e Conklin, 1933).
Uova regolative sono fonite da alcuni celenterati, in cui i blastomeri isolati da una
morula allo stadio di 16 cellule, sono ancora capaci di sviluppare individui completi
(Zoia, 1895).
Herlitzka (1896) ottiene, dai due primi blastomeri di un embrione di tritone, separati
con un’ansa di capello, due embrioni completi, ma di dimensioni inferiori a un embione
non clonato.
Nei nemertini il blastomero, isolato da un embrione a 4 cellule, evolve in larva
completa (Wilson, 1902; Yatsu, 1903; Zeleny, 1904).
Nel 1923, sempre su tritone, Spemann e Ruud dimostrano che lo sviluppo di due
embrioni completi dai due primi blastomeri dell’uovo interessa solo il 60% dei casi e
che nel restante 40% uno dei due blastomeri si sviluppa fino a embrione completo e
l’altro non raggiunge la fase di gastrula. A risultati non differenti giungono Montalenti e
Maccagno nel 1935 operando su uova di lampreda. Sempre Spemann, dimostra che si
possono ottenere due embrioni completi anche allo stadio di gastrula.
Tra i mammiferi la poliembrionia è un evento regolare in alcuni armadilli del genere
Tatusia: da un solo uovo fecondato si sviluppano da 4 a 8 embrioni con amnios
intercomunicanti, ma contenuti in un unico corion. Le prime osservazioni su questo
mammifero si possono far risalire a Newmann e Patterson (1910) e Fernandez (1913).
Gemellarità monovulari sono descritte da Corner (1922) e Streeter (1923) nel maiale ed
esse derivano dalla divisione del nodo embrionale prima della formazione dell’amnios.
Probabilmente, anche nell’uomo la gemellarità monovulare potrebbe verificarsi secondo
una modalità simile a quella descritta per alcuni armadilli.
Nei mammiferi la gemellarità si può avere già allo stadio di embrione con due
blastomeri, come riferiscono Huber (1915) in Mus norvegicus, Nicholas e Hall (19331934) in ratto, e Seidel11 in coniglio.
Nel 1936, Spemann suggerisce l’uso della clonazione somatica negli animali:
impiantare il nucleo (carioplasto) di una cellula differenziata in un ovulo (citoplasto),
previa asportazione del nucleo dell’ovulo. Le tecniche per eseguire questa clonazione
sono perfezionate da Briggs e King12, operando su rana (Rana pipiens), usando nuclei di
cellule della blastula e oociti “riceventi” enucleati attivati. Con queste ricerche viene
dimostrato che le cellule della blastula sono totipotenti, in quanto si hanno girini a
termine vivi, funzionali e diploidi nel 60% dei trasferimenti effettuati.
L’uovo a mosaico o anisotropo, a differenza di quello regolativo, è considerato come
una struttura differenziata in vari territori, ciascuno dei quali è già determinato verso un
dato destino; ciò significa che tali territori embrionali, anche se tolti dalla posizione che
normalmente occupano nell’embrione, si differenziano come se fossero rimasti in situ.
Tipiche uova anisotrope sono quelle di ctenofori, di molluschi e di ascidia; nell’uovo
di Dentalium, prima della segmentazione, si distinguono una zona equatoriale
pigmentata e due calotte polari chiare, una al polo animale, l’altra al polo vegetativo;
11
F. SEIDEL, Die Entwicklungspotenzen einer isolierten Blastomere des Zweizellenstadiums im
Säugetierei, in Naturwissenschaften, 39 (1952), 355.
12
R. BRIGGS - T.J. KING, Transplantation of living nuclei from blastula cells into enucleated frogs”
eggs, in Proceedings of the National Academy of Sciences of theUnited States, 38 (1952), 455.
9
quest’ultima, alla prima segmentazione, passa tutta in un blastomero e costituisce il
cosiddetto lobo polare. Se si separano i primi due blastomeri, si ottiene da quello
provvisto di lobo polare una larva completa, dall’altro una larva priva del mesoderma.
I termini “regolativo” e “a mosaico” non dovrebbero, però, essere considerati due
categorie separate; piuttosto essi sono i due poli di un continuum, per cui alcune specie
sono più a mosaico o più regolative di altre.
Si è giunti alla conclusione che non esistono uova simmetriche e il grado di
asimmetria (anisotropia) subisce una variazione spazio-temporale nel corso dello
sviluppo: essa è minore prima della fecondazione e aumenta dopo la fecondazione.
Pertanto, la localizzazione delle sostanze organo-formative, cioè la determinazione dei
vari abbozzi, è un processo graduale che si stabilizza nel corso dello sviluppo, in vari
tempi secondo le diverse specie. Si può quindi parlare di uno stadio regolativo e di uno
stadio a mosaico. In alcune uova l’asimmetria è già fissata prima della fecondazione, in
altre si stabilisce dopo di questa, più o meno tardi allo stadio di sviluppo al quale si
effettua lo splitting. Ciò spiega i risultati contraddittori ottenuti dagli esperimenti di
separazione dei blastomeri.
Le sostanze organo-formative sono disposte simmetricamente intorno all’asse polare,
ma in modo diverso lungo quest’asse; ciò potrebbe spiegare il perché i primi 4
blastomeri sono totipotenti, nel senso che appena compaiono le divisioni secondo piani
equatoriali, i blastomeri perdono la loro totipotenza.
L’uovo di mammifero sembra comportarsi come uovo “regolativo”: Seidel13 (1952),
distruggendo mediante agopuntura uno dei due blastomeri di un embrione di coniglio,
ottiene da quello sopravvivente sviluppo normale.
Utilizzando lo Xenopus laevis (rana), King e Briggs14 dimostrano che:
(a) l’uso di nuclei di blastula è efficace (girini normali che si nutrono) nell’80%
degli impianti
(b) l’impianto di nuclei di cellule da girini a stadi successivi di sviluppo
(gastrula, morula, bottone codale, presenza del cuore) perde rapidamente efficacia;
infatti, allo stadio di bottone codale i nuclei trasferiti provenienti da cellule somatiche
sono incapaci di dirigere lo sviluppo normale fino allo stadio di girino; inoltre, questi
Autori riferiscono che il mancato sviluppo a termine di girini funzionali si concretizza
nell’ottenimento di soggetti con varie anomalie o aberrazioni.
Numerose ricerche, sempre sulle rane15 evidenziano che vi è una forte diversità di
risposta al trasferimento nucleare a seconda della specie e del genere ed entro la specie e
13
SEIDEL, Die Entwicklungspotenzen einer isolierten Blastomere des Zweizellenstadiums im
Säugetierei, in Naturwissenschaften, 39 (1952), 355.
14
T.J. KING - R. BRIGGS, Serial transplantation of embryonic nuclei, in Cold Spring Harbor
Symposia on Quantitative Biology, 21 (1956), 271.
15
Cf. J.B. GURDON, The developmental capacity of nuclei taken from intestinal epithelial cells of
feeding tadpoles, in Journal of Embryolology and Experimental Morphology, 10 (1962), 622; ID.,
Transplanted nuclei and cell differentiation, in Scientific American, 219 (1967), (6), 24; ID., Egg
cytoplasm and gene control in development, in Proceedings Royal Society London [Biology], 198 (1977),
211; J.B. GURDON - V. UEHLINGER, “Fertile” intestinal nuclei, in Nature, 210 (1966), 1240; M.A. DI
BERNARDINO-T.J. KING, Development and cellular differentiation of neural nuclear transplants of
known kariotypes, in Developmental Biology, 29 (1967), 385; J.B. GURDON - R.A. LASKEY - O.R,
REEVERS, The developmental capacity of nuclei transplanted from keratinized cells of adult frogs, in
10
il genere a seconda del tessuto usato, quindi vi sarebbe una marcata specificità genetica
e, dentro questa, una elevatissima specificità tissutale.
Per quanto concerne i mammiferi, il trasferimento nucleare viene applicato per la
prima volta da Bromhall16 nel coniglio.
A partire dagli anni ‘80, le ricerche in questo campo sono fortemente incrementate,
specialmente sui bovini17 e sugli ovini18 allo scopo di rendere routinale l’uso di questa
biotecnica ai fini di aumentare la velocità del miglioramento genetico delle prestazioni
riproduttive e produttive degli animali in produzione zootecnica. Nella specie suina si
annoverano pochi esperimenti di trasferimento nucleare19.
Nel topo sono descritti alcuni esperimenti di clonazione20.
Journal of Embryology and Experimental Morphology, 34 (1975), 93; R.G. MCKINNEL, Cloning.
Nuclear transplantation in Amphibia, Minneapolis 1978; R. BRIGGS, Genetics of cell type determination,
in International Review of Cytolology, 9 (1979), supplemento, 107.
16
J.D. BROMHALL, Nuclear transplantation in the rabbit egg, in Nature, 258 (1975), 719.
17
J.M. ROBL - R. PRATHER - W. EYESTONE - F. BARNES - D. NORTHEY - B.GILLIGAN - N.L.
FIRST, Nuclear transplantation in bovine embryos, in Theriogenology, 25 (1986), 189; J.M. ROBL - R.
PRATHER - F. BARNES - W. EYESTONE - D. NORTHEY - B.GILLIGAN - N.L. FIRST, Nuclear
transplantation in bovine embryos, in Journal of Animal Science, 64 (1987), 642; R.S. PRATHER - F.L.
BARNES - M.M. SIMS - J.M. ROBL - W.H. EYESTONE - N.L. FIRST, Nuclear transplantation in the
bovine embryo: assessment of donor nuclei and recipient oocyte, in Biology of Reproduction, 37 (1987),
37, 869; K.R. BONDIOLI - M.E. WESTHUSIN - C.R. LOONEY, Production of identical bovine offspring
by nuclear transfer, Theriogenology, 33 (1990), 165; D.E. MAREK - J.H. PRYOR - T.H., WHITESELL C.R. LOONEY, Nuclear trasplantation in the bovine: effect of donor embryo age on subsequent embryo
production, in Theriogenology, 33 (1990), 283; M.E. WESTHUSIN - M.J. LEVANDUSKI - R.
SCARBOROUGH - C.R. LOONEY - K.R. BONDIOLI, Viable embryos and normal calves after nuclear
transfer into Hoechst-stained enucleated demi-oocytes of cows, in Journal of Reproduction and Fertility,
95 (1992), 475; S.L. STICE - C.L. KEEFER, Multiple generation bovine embryo cloning, in Biology of
Reproduction, 48 (1993), 715; S.L. STICE - C.L. KEEFER - L. MATTEWS, Bovine nuclear transfer
embryos: oocyte activation prior to blastomere fusion, in Molecular Reproduction and Develoment, 38
(1994) , 61.
18
S. M. WILLADSEN, Nuclear transplantation in sheep, Nature, 320 (1986), 63; L. C. SMITH - I.
WILMUT, Influence of nuclear and cytoplasmatic activity on the development in vivo of sheep embryos
after nuclear transplantation, in Biology of Reproduction, 40 (1989), 1.027; P. LOI - D. MATASSINO M. LUCIA - J. BOYAZOGLU - P.CAPPAI, Production of genetically identical offsprings in sheep by
nuclear transplantation, in Proceedings of VII Congress on University and Biotechnology Innovation
(Genova, July 15-16, 1996), 82; P. LOI - S. BOYAZOGLU - S. LEDDA - S. NAITANA - P. CAPPAI I.WILMUT - S. CASU, Embryo cloning in sheep: work in progress, in Theriogenology, 4 ( 1997), 1.
19
J.M. ROBL - N.L. FIRST, Manipulation of gametes and embryos in the pig, in Journal of
Reproduction and Fertility, 33 (Supplemento) (1985), 101; R.S. PRATHER - M.M. SIMS - N.L. FIRST,
Nuclear transplantation in early pig embryos, in Biology of Reproduction, 41 (1989), 414.
20
K. ILLMENSEE - P.C. HOPPE, Nuclear transplantation in Mus musculus: developmental potential
of nuclei from preimplantation embryos, in Cell, 23 (1981), 9; J. MCGRATH - D. SOLTER, Nuclear
transplantation in the mouse embryo using microsurgery and cell fusion, in Science, 220 (1983), 1300;
ID., Nuclear transplantation in mouse embryos, in Journal of Experimental Zoology, 2281 (1983), 365;
J.M. ROBL - B. GILLIGANCRITSER - N.L. FIRST, N.L., Nuclear transplantation in mouse embryos:
assessment of recipient cell stage, in Biology of Reproduction, 34 (1986), 733; Y. TSOUDA - T. YASUI Y. SHIODA - D. NAKAMURA - T. UCHIDA - T. SUGIE, Full term development of mouse blastomere
nuclei transplantated into enucleated two-cell embryos, in Journal of Experimental Zoology, 242 (1987),
147.
11
Una nuova “era” nella storia della clonazione ha avuto inizio con i primi successi nel
trasferimento nucleare a partire da cellule somatiche fetali e adulte21 (clonazione
somatica), con evidenti potenzialità applicative per la selezione degli animali
d’interesse zootecnico e per la produzione di animali transgenici. Dal 1997, infatti,
numerosi gruppi di ricerca hanno replicato l’esperimento di Wilmut e altri (1997),
operando su varie specie e con vari tipi di cellula somatica22. Nella tabella I sono
riportate le tappe principali della storia della clonazione.
2.2. Metodi e implicazioni biologiche
A oggi, la produzione di cloni di mammiferi si ottiene con l’impiego di tre tecniche
“classiche” e una “moderna”;
(a) le prime sono:
(i) splitting di un embrione
(ii) trasferimento in un oocita enucleato (citoplasto) che funge da cellula
ricevente di un nucleo (carioplasto) o di un blastomero o di una cellula
staminale embrionale o di una cellula del bottone embrionale proveniente da
opportune colture stabilizzate
(iii) trasferimento diretto di un singolo blastomero in utero
(b) la seconda è:
(i) trasferimento di una cellula somatica “differenziata” in un citoplasto
(oocita enucleato).
21
K. CAMPBELL - J. MCWHIR - B. RITCHIE - I. WILMUT, Sheep cloned by nuclear transfer from a
cultured cell line, in Nature, 380 (1996), 64; I. WILMUT - E. SCHNIEKE - J. MCWHIR - A.J. KIND K.H.S. CAMPBELL, Viable offspring derived from foetal and adult mammalian cells, in Nature, 385
(1997), 810.
22
A.E. SCHNIEKE - A.J. KIND - K.RITCHIE, MYCOCK - A.R. SCOTT - M. RITCHIE - I. WILMUT -A.
COLMAN - K.H.S. CAMPBELL, Human factor IX transgenic sheep produced by transfer of nuclei from
transfected fetal fibroblasts, in Science, 278 (1997), 2130; J.B. CIBELLI - S.L. STICE - P. GOLUEKE - J.J.
KANE - J.JERRY - C. BLACKWELL - F.A. PONCE DE LEON - J.M. ROBL, Cloned transgenic calves
produced from nonquiescent fetal fibroblasts, in Science, 280 (1998), 1256; Y. KATO - T. TANI - Y.
SOTOMARU - K. KUROKAWA - J. KATO - H. DOGUCHI YASUE - Y. TSUNODA, Eight calves cloned
from somatic cells of a single adult, in Science, 282 (1998), 2095; X. VIGNON - P. CHESNÉ - D. LE
BOURHIS - Y. HEYMAN - J.P. RENARD, Developmental potential of bovine embryos reconstructed with
somatic nuclei from cultured skin and muscle fetal cells, in Theriogenology, 49 (1998), 392 (abstract); X.
VIGNON - P. CHESNÉ - D. LE BOURHIS - J.P. FLECHON - Y. HEYMAN - J.P. RENARD, Developmental
potential of bovine embryos reconstructed from enucleated matured oocytes fused with cultured somatic
cell, in . Comptes Rendus de L’ Academie Des Sciences, 321 (1998), 735; T. WAKAYAMA - A.C.F.
PERRY - M. ZUCCOTTI - K.R. JOHNSON - R. YANAGIMACHI, Full-term development of mice from
enucleated oocyte injected with cumulus cell nuclei, in Nature, 394 (1998), 369; D.N. WELLS - P.M.
MISICA - W.H. MCMILLAN - H.R. TERVIT, Production of cloned fetuses following nuclear transfer with
cells from a fetal fibroblast cell line, in Theriogenology, 49 (1998), 330; D.N. WELLS - P.M. MISICA H.R. TERVIT, Production of cloned calves following nuclear transfer with cultured adult mural
granulosa cells, in Biology of Reproduction, 60 (1999), 996; D.N. WELLS - P.M. MISICA - J.T.
FORSYTH - M.C. BERG - J.M. LANGE - H.R. TERVIT - W.H. VIVANICO, The use of adult somatic cell
nuclear transfer to preserve the last surviving cow of Enderby Island cattle breed, in Theriogenology, 51
(1999), 217; C. GALLI – R. DUCHI – R.M. MOOR – G. LAZZARI, Mammalian leukocytes contain all
the genetic information necessary for the development of a new individual, in Cloning, 1 (1999), 3, 161.
12
1. Splitting di un embrione. Consiste nel taglio meccanico di un embrione allo stadio
di morula adulta o di blastocisti giovane (5-6 giorni di età) per ottenere due emiembrioni
(figura I). Tale separazione può essere eseguita, con esito positivo, anche all’interno
della zona pellucida (ZP), cioè della membrana che avvolge l’embrione.
La produzione di soggetti geneticamente identici mediante l’uso della bisezione degli
embrioni23 permette, fra l’altro, di:
(a) produrre gemelli monozigotici che rappresentano il modello biologico ideale
per (i) lo studio delle interazioni genotipo-ambiente e delle influenze prenatali
(interazione ricevente-embrione o feto) e (ii) poter anticipare e rendere più accurata la
valutazione genetica del riproduttore (progeny test)
(b) aumentare il numero di gravidanze per donatrice
(c) determinare il sesso dell’embrione da trasferire nella ricevente.
Fino a oggi lo splitting è stato eseguito per soddisfare eventuali interessi commerciali
senza considerare profondamente i principi fondamentali dello sviluppo delle diverse
specie animali in produzione zootecnica. Infatti, alcune considerazioni sono necessarie:
(a) i meccanismi implicati nell’embriogenesi sono in discussione e, pertanto, la
loro conoscenza è la pietra miliare per colui che è interessato alla clonazione di
embrioni
(b) l’estrapolazione da una specie all’altra va considerata solo a livello
informativo, in quanto necessita individuare i modelli propri di ciascuna specie,
considerando la diversità dell’ambiente “socio-biologico” proprio di ciascun gruppo
tassonomico
(c) un notevole contributo alla conoscenza delle prime fasi dell’embriogenesi
sarà dato dagli studi sulla maturazione e sulla fertilizzazione degli oociti in vitro,
essendo possibile indagare sui meccanismi che regolano il metabolismo di una
blastocisti e il gradiente della “totipotenza” o “potenziale regolatore”, specialmente per
quanto concerne la capacità dell’embrione di continuare il suo sviluppo anche in
presenza di mortalità di alcune cellule; questa potenzialità è funzione, tra l’altro, del
tempo di compattazione della morula, che, in alcune specie, avviene dopo un certo
numero di divisioni mitotiche indipendentemente dal numero di cellule presenti24.
23
R.J. MULLEN - F.K. HOORNBECK, Genetic aspects of fertility and endocrin organ size in rats, in
Genetic Reearch, 16 (1970), 251; L.A. MOUSTAFÀ - J. HAHN - R. ROSELIUS,Versuche zur geschlechts
best innaung an tag 6 und 7 alten rinderembryonen, in Berl, Munch. Tierarz Tl. Wschr., 91 (1978), 236;
S.M. WILLADSEN, A method for culture of micromanipulated sheep embryos and its use to produce
monozygotic twins, in Nature (London), 277 (1979), 298; J.P.OZIL - Y. HEYMAN - G.P. RENARD,
Production of monozygotic twins by micromanipulation and cervical transfer in the cow, in Veterinary
Record, 110 (1982), 126. Theriogenology, 30, (1982), 751; T.J. ILLIAMS - R.P. ELSDEN - G.E. SEIDEL
Jr, Identical twin bovine pregnancies derived from bisected embryos, in Theriogenology, 17 (1982), 114,
abstract; D. MATASSINO, Il futuro delle biotecnologie nelle produzioni animali: alcuni aspetti scientifici
e tecnici, in Produzione Animale, 1 (1988), III Serie, 35; ID., Lo sviluppo delle biotecnologie: aspetti
scientifici e prospettive per il futuro, in Atti Convegno “Le nuove frontiere della selezione: dalla
fecondazione artificiale alle biotecnologie”, (Cremona, 18 settembre 1987) in L’Allevatore, 44 (1988),
33, supplemento; ID., Micromanipolazione embrionale per l’incremento dell’efficienza riproduttiva dei
bovini, in Atti XLIV Conv. SISVET, ( Stresa, 27-29 settembre,1990), 47.
24
A. MCLAREN, The embryo, in C.R. Austin and R.V. Short (eds.), Reproduction in Mammals 2:
Embryonic and Fetal Development, Cambridge University Press, 1982.
13
2. Trasferimento in un oocita enucleato (citoplasto) di un nucleo (carioplasto) o di un
blastomero o di una cellula staminale embrionale o di una cellula del bottone
embrionale. Il trasferimento “nucleare” (TN), proposto (come già detto) per la prima
volta da Spemann nel 1936 e attuato (per la prima volta) nei mammiferi (coniglio) da
Bromhall (1975), è una biotecnica che potrà superare alcune limitazioni proprie dello
splitting.
a) Blastomero. Oggi, più che di TN, è bene parlare di trasferimento del blastomero,
cioè di una cellula di un embrione allo stadio di morula. Biologicamente, si ha il
riazzeramento dell’orologio che presiede all’embriogenesi e che permette all’embrione
ricostituito di riprendere il suo sviluppo come se fosse una nuova cellula “uovo”
fecondata. È importante considerare che con il trasferimento del singolo nucleo si ha
sempre un effetto di trascinamento di una certa quantità di citoplasma che è tanto in più
nell’impiego di una cellula embrionale.
Lo sviluppo embrionale del mammifero è caratterizzato da una fase iniziale di
inattività dello zigote, durante la quale le funzioni cellulari sono controllate da
informazioni provenienti dal DNA mitocondriale che, come è noto, funziona in modo
“semi-indipendente” e influenza il “metabolismo” del “costrutto” che si dovrà evolvere
in embrione “clone”.
Nei mammiferi (topo) l’importanza del contributo materno e di quello paterno per
un’embriogenesi normale del prodotto del concepimento è largamente messa in
evidenza dagli studi sull’imprinting parentale, fenomeno per il quale alleli identici a un
determinato locus vengono resi funzionalmente diversi a seconda del genitore da cui
provengono. Come conseguenza dell’imprinting, in un individuo, a livello del locus
“imprintato”, l’allele ereditato da un genitore è attivo, mentre quello ereditato dall’altro
genitore è reso silente.
Le ricerche sull’imprinting25, rese possibili solo grazie all’impiego del TN,
evidenziano che sia l’embrione in cui tutti i cromosomi (2n) sono di origine maschile26
che quello in cui tutti i cromosomi (2n) sono di origine femminile 27 non sono in grado
di completare lo sviluppo embrionale; però, vi è una differenza marcata fra i due:
(a) nell’embrione con corredo cromosomico interamente di origine maschile si
ha un embrione somaticamente piccolo ma con annessi (placenta e sacco del tuorlo) ben
sviluppati
25
S.C. BARTON - M.A.H. - SURANI - M.L. - NORRIS, Role of paternal and maternal genomes in
mouse development, in Nature, 311 (1984), 374; J. MCGRATH - D. SOLTER, Completion of mouse
embryogenesis requires both the maternal and paternal genomes, in Cell, 37, 1984,179; S.C. BARTON M.A.H. SURANI - M.L. NORRIS, Role of paternal and maternal genomes in mouse development, in
Nature, 311 (1984), 374; D. SOLTER, Differential imprinting and expression of maternal and paternal
genomes, in Annual Review of Genetics, 22 (1988), 127.
26
Tale embrione si ottiene, sperimentalmente, sostituendo il pronucleo femminile di un uovo, subito
dopo l’introduzione dello spermatozoo e prima della fusione dei due pronuclei (femminile e maschile),
con il pronucleo maschile prelevato da un altro uovo nella medesima condizione fisiologica.
27
Tale embrione si ottiene sostituendo il pronucleo maschile di un uovo, subito dopo l’introduzione
dello spermatozoo e prima della fusione dei due pronuclei (femminile e maschile), con il pronucleo
femminile prelevato da un altro uovo nella medesima condizione fisiologica
14
(b) nell’embrione con corredo cromosomico interamente di origine femminile si
ha un embrione somaticamente normale ma con annessi poco sviluppati.
Da questi risultati si può ipotizzare che l’imprinting provoca nel genoma materno la
disattivazione di geni determinanti lo sviluppo delle strutture extra-embrionali e, nel
genoma paterno, la disattivazione di geni importanti per lo sviluppo dell’embrione.
Pertanto, singolarmente i due genomi (materno e paterno) non sono totipotenti.
Dal punto di vista della “capacità al costruttivismo”, l’armonica collaborazione fra
informazioni dei due suddetti genomi assicurerebbe nei mammiferi la riproduzione
sessuata a scapito di quella partenogenetica o di altre forme riproduttive tendenti a
limitare la variabilità genetica.
Per inciso, gli studi sull’imprinting parentale permettono di comprendere altri
meccanismi biologici, molto interessanti zootecnicamente, quali – ad esempio – la
“sovradominanza polare” a livello del locus callipige negli ovini il cui fenotipo è
caratterizzato da un’ereditarietà non mendeliana28.
Il tipo di rapporto fra il nucleo e l’ambiente “socio-biologico” del suo intorno
costituisce un elemento determinante per lo sviluppo dell’embrione “clone”. Molte
proteine di embrioni nella fase di pre-impianto sono note, ma non poche sono ignote,
poiché probabilmente rimangono a livelli tali non identificabili con la strumentazione e
la tecnica oggi disponibili. Particolare significato riveste l’attività della complessa
struttura della membrana nucleare, specialmente per quanto concerne gli scambi tra
nucleo e citoplasma. L’acquisizione che il controllo dell’inizio della mitosi è regolato da
un meccanismo comune a tutte le cellule eucariotiche costituisce un elemento altamente
favorevole per comprendere i biochimismi in atto durante l’inizio e il completamento
della mitosi; lo stesso dicasi per la disponibilità di nuovi anticorpi atti ad affrontare in
chiave immunochimica lo studio dell’organizzazione della fisiologia del nucleo29. Le
attuali procedure per la clonazione mediante TN derivano da quella usata da
Willadsen30, nel 1986, negli ovini.
Le fasi salienti del TN [figura II31] possono essere sintetizzate come segue:
(a) maturazione in vivo e/o in vitro dell’oocita
(b) enucleazione dell’oocita maturo
(c) separazione dei blastomeri dell’embrione donatore
(d) trasferimento del blastomero nell’oocita ricevente enucleato
(e) fusione fra citoplasto e blastomero
(f) messa in coltura, in vivo o in vitro, dell’embrione ricostituito
28
N.E. COCKETT - S.P. JACKSON - T.L. SHAY - D. NIELSEN - S.S. MOORE - M.R.STEELE - W.
BARENDSE - R.D. GREEN - M. GEORGES, Chromosomal localization of the callipyge gene in sheep
(Ovis aries) using bovine DNA markers, in Proceeding of National Academy of Sciences of the United
States, 91 (1994), 8, 3019; N.E. COCKETT - S.P. JACKSON - T.L. SHAY - F. FARNIR - S. BERGHMANS D.M. SNOWDER - D.M. NIELSEN - M. GEORGES, Polar overdominance at the ovine callipyge locus, in
Science, 273 (1996), 236.
29
E.A. NIGG, Nuclear function and organization: the potential at immunochemical approaches, in
International Review of Cytology, 110 (1990), 27
30 M. WILLADSEN, Nuclear transplantation in sheep, in Nature, 320 (1986), 63.
31 Le fotografie b ed e sono state riprese da S.E.A. BOYAZOGLU, Clonazione di embrioni mediante
trapianto nucleare nella specie ovina. Tesi di Laurea, Università di Perugia, Facoltà di Medicina
Veterinaria, 1997
15
(g) trasferimento di quest’ultimo in una ricevente definitiva per il successivo
sviluppo.
Negli ultimi anni sono stati fatti notevoli progressi riguardo a:
(a) utilizzo dell’oocita maturato in vitro [in vitro maturation (IVM)]
(b) enucleazione dell’oocita
(c) produzione di embrioni in vitro
(d) efficienza della fusione.
Maturazione dell’oocita. Il punto di partenza per l’attuazione del TN è l’ottenimento
dell’oocita maturo [metafase II (MII)].
Nelle specie di interesse zootecnico, attualmente, tre sono le metodiche che vengono
utilizzate per ottenere oociti maturi (schema I):
1. la superovulazione di femmine donatrici
2. la maturazione in vitro di oociti prelevati da ovaie di soggetti macellati
3. il prelievo in vivo dell’oocita mediante la tecnica dell’ovum pick up (OPU).
Ciascuno di questi metodi comporta vantaggi e svantaggi32.
Enucleazione. Consiste nell’aspirazione, mediante microago, del primo globulo
polare e del pronucleo situato nella porzione di citoplasma adiacente a esso. Al fine di
visualizzare il materiale da enucleare si ricorre all’uso di fluorocromi (in particolare
l’Hoechst 33342 a base di bisbenzimide triidrocloride) che non influenzano
negativamente la vitalità dell’embrione ricostituito. Prima di effettuare questi interventi
di microchirurgia, l’oocita viene esposto a sostanze (citocalasina) che distruggono il suo
citoscheletro, per cui esso diventa più elastico.
Separazione dei blastomeri dell’embrione donatore. La prima operazione consiste
nel rimuovere meccanicamente il rivestimento glicoproteico dell’embrione (zona
pellucida); successivamente, si effettua la separazione dei blastomeri previa esposizione
dell’embrione a soluzioni prive di ioni calcio per attenuare l’adesività delle cellule.
Trasferimento del blastomero nell’oocita ricevente enucleato. Con la stessa
micropipetta usata per l’enucleazione si procede, poi, al trasferimento di un blastomero
nello spazio perivitellino.
Fusione fra oocita ricevente e blastomero. Si realizza mediante esposizione di questi
due componenti a impulsi elettrici di intensità e di durata variabile, previo
posizionamento dell’embrione ricostituito in una camera di fusione fra due elettrodi di
platino e in presenza di un medium elettrolitico. Questo trattamento fisico avrebbe la
funzione sia di permettere l’apertura di pori nella parete del blastomero, per cui si
vengono a instaurare comunicazioni citoplasmatiche che si concretizzano in una fusione
completa fra le due cellule, sia di bloccare l’attività dell’H1 chinasi con conseguente
inattivazione del MPF (maturation promoting factor). I livelli di MPF variano con l’età
dell’oocita. La relazione temporale tra l’attivazione del citoplasto e la sua fusione con il
blastomero non è ancora molto chiara.
Messa in coltura, in vivo o in vitro dell’embrione ricostituito. A oggi, la coltura
in vitro usata per l’embrione “normale” dà risultati accettabili per l’embrione
“ricostituito” nella specie bovina; viceversa, nella specie ovina l’embrione “ricostituito”
è fortemente influenzato dalle condizioni di coltura, quindi necessita di un
32D.
MATASSINO, Clonazione e trasferimento nucleare, in G. ENNE - G. ROSSI, La riproduzione in
zootecnia, vol. II, Raiz, 61
16
microambiente peculiare33; per incrementare l’efficienza del TN, gli embrioni
ricostituiti vengono inclusi in cilindri di agar e, successivamente, trasferiti in ovidotti di
una ricevente temporanea, generalmente una pecora in fase luteinica. Dopo 6-7 giorni si
procede al recupero di questi cilindretti, quindi all’isolamento degli embrioni (allo
stadio di morula) e al loro trasferimento in riceventi definitive oppure vengono congelati
previa vitrificazione.
Stadio di sviluppo dell’embrione donatore. L’importanza della compatibilità tra
la cellula donatrice e quella ricevente sulla vitalità degli embrioni è stata evidenziata da
Smith e altri34 che, nel topo, lavorando con citoplasti ottenuti da zigoti enucleati e
carioplasti ottenuti da embrioni a due cellule, hanno dimostrato che il citoplasto più
avanzato (24÷28 ore dall’iniezione di hCG) era più competente a favorire lo sviluppo a
morula o a blastocisti dell’embrione ricostituito (P<0,01), indipendentemente dallo
stadio del carioplasto con cui esso era stato fuso. Per una buona riuscita del TN, in
termini di sviluppo a morula o a blastocisti dell’embrione ricostituito, ha notevole
importanza la sincronizzazione tra il nucleo donatore e il citoplasto35.
Wilmut e Campbell36, però, da un confronto tra specie hanno dedotto che:
(a) la percentuale di embrioni ricostituiti che evolvono a termine è influenzata
dallo stadio di sviluppo dell’embrione donatore
(b) esiste una apparente associazione tra lo stadio di sviluppo in cui inizia la
trascrizione genomica e la perdita di totipotenza del nucleo donatore: il trasferimento di
un carioplasto, che ha iniziato la trascrizione, comporta la necessità, da parte dello
stesso, di riprogrammare l’espressione genica37.
a) Trasferimento diretto di un singolo blastomero in utero. Qualsiasi sia la fonte di
ottenimento dell’embrione (in vivo o in vitro), questo può essere utilizzato per la
produzione di blastomeri da trasferire in ricevente opportunamente sincronizzata. La
33
P. LOI - M. GALLUS - P. DATTENA - S. LEDDA - S. NAITANA, The use of IVM oocytes for nuclear
transplantation in sheep embryos, in Journal of Reproduction and Fertility, 34 (1992), 63 (Abstract);
D.L. NORTHEY - M.L., LEIBFRIED - RUTLEDGE - P.R. NETTLEMAN - N.L. FIRST, Development of
bovine nuclear transfer embryos in vivo and in vitro culture systems, in Theriogenology, 37 (1992), 266
(Abstract); X. YANG - S. JIANG - P. FARRELL - R.H. FOOTE - A.B MCGRATH, Nuclear transfer in
cattle: effect of nuclear donor cells, cytoplast age, co-culture, and embryo transfer, in Molecular
Reproduction and Development, 36 (1993), 29.
34
L.C. SMITH - I. WILMUT - R.H.F. HUNTER, Influence of cell cycle stage at nuclear
trasplantation on the development in vitro of mouse embryos, in Journal of Reproduction and Fertility,
84 (1988), 619.
35
P. COLLAS - J.J. BALISE - J.M. ROBL, Influence of cell cycle stage of the donor nucleus on
development of nuclear transplant rabbit embryos, in Biology of Reproduction, 46 (1992), 492; P.
COLLAS - C. PINTO CORREIRA - F.A. PONCE DE LEON - J.M. ROBL, Effect of donor cell cycle stage on
chromatin and scindle morphology in nuclear transplant rabbit embryos, in Biology of Reproduction,
46, (1992), 501.
36
I. WILMUT - R.H.S. CAMPBELL, Embryo multiplication in livestock: present procedures and the
potential for improvement, in Embryonic Development and Manipulation in Animal Development: Trends
in Research and Applications, Portland Press, London, 1992, 135.
37
Per maggiori approfondimenti su alcuni meccanismi biologici inerenti alle fasi ora descritte, si
rinvia a D. MATASSINO, Clonazione e trasferimento nucleare, in G. Enne e G. Rossi, La riproduzione in
zootecnia, Vol. II (1996), 61; ID., La clonazione ha un futuro in zootecnia?, in Atti della Società Agraria
di Lombardia, Anno CXXXVIII, III Serie, Milano (1999), 3-4, 11.
17
tecnica attualmente in uso prevede una prima digestione enzimatica (mediante l’impiego
di pronasi) della zona pellucida al fine di permettere la separazione dei blastomeri.
Questi ultimi, poiché sono legati tra di loro, fra l’altro, da ponti di calcio e di magnesio,
possono essere facilmente isolati mediante l’impiego di un ago dal calibro appena più
piccolo del blastomero. Successivamente, il singolo blastomero viene posizionato
nell’utero della ricevente, preventivamente sincronizzata; pertanto, esso può essere
considerato come un singolo embrione.
A oggi, i primi risultati di questa tecnica impiegata nel suino lasciano intravedere la
possibilità di impiegarla in maniera routinale negli allevamenti zootecnici: 25% di
nascite dai blastomeri trasferiti (Shutang, c.p.).
b) Cellula staminale embrionale (ES). Nel trasferimento di cellule non identificabili
con il blastomero vengono realizzate le stesse fasi, salvo quelle inerenti
all’approvvigionamento di embrioni.
Nei mammiferi, l’ottenimento di prole clonata mediante trasferimento di cellule
embrionali staminali (embryonic stem, ES) fornirebbe un metodo molto utile per la
produzione di un gran numero di discendenti tra loro geneticamente identici, sulla base
delle attuali conoscenze e delle metodiche di indagine.
Storicamente, linee cellulari murine ES vengono stabilizzate dalla ICM di embrioni
allo stadio di blastocisti mediante coltura su strati nutrienti di fibroblasti embrionali o di
cellule epatiche di ratto o di bufalo38.
L’isolamento di cellule ES-simili viene realizzato anche nel suino, nel bovino e
nell’ovino. A oggi, però non vi è alcun lavoro sull’uso di cellule ES quali donatrici di
nuclei. Il loro ciclo cellulare particolare, con una fase G1 molto breve, però, le
renderebbe non particolarmente adatte alla riprogrammazione.
Nella specie bovina sono state sviluppate linee cellulari embrionali simil-staminali39;
queste ultime sono state utilizzate come fonte di nuclei per il trasferimento nucleare, ma
esse hanno portato allo sviluppo di feti non oltre il 60. giorno.
c) Cellula del disco embrionale (ED). Nell’ovino, cellule del disco embrionale
(embryonic disk, ED), provenienti da embrioni ovini all’età di 9 giorni, risulterebbero
totipotenti e conservano la loro totipotenza anche dopo 3 passaggi in coltura, avendosi
la nascita di agnelli vivi e vitali, con un’efficienza relativamente bassa40.
Esperimenti di trasferimento nucleare a partire da nuclei donatori appartenenti al
disco embrionale sono stati effettuati anche nel bovino41. In questa specie successi sono
38
M.J. EVANS - M.H. KAUFMAN, Establishment in culture of pluripotential cells from mouse
embryos, in Nature, 292 (1981), 154.
39
S. SAITO e altri (1992), citato da J.B. CIBELLI - S.L. STICE - P. GOLUEKE - J.J. KANE - J.JERRY C. BLACKWELL - F.A. PONCE DE LEON - J.M. ROBL, Cloned transgenic calves produced from
nonquiescent fetal fibroblasts, in Science, 280 (1998),1256.
40
K. CAMPBELL - J. MCWHIR - B. RITCHIE, B. - I. WILMUT, Production of live lambs following
nuclear transfer of cultured embryonic disc cells, in Theriogenology, 43 (1995), 181.
41
T. ITOH - Y. AOYAGI - M. KONISHI - H. ITAKURA - T. TAKEDOMI - S. YAZAWA - K. AKANE,
Nuclear transfer of bovine embryonic disc cells, in Theriogenology, 49 (1998), 322.
18
stati ottenuti anche con cellule della ICM, utilizzate sia subito dopo il loro isolamento
che dopo un breve periodo di coltura42.
d) Trasferimento di una cellula somatica differenziata in un citoplasto. Tentativi di
clonazione con l’uso di cellule stabilizzate di organismi a vari stadi di sviluppo sono
ricordati nel paragrafo sui cenni storici, specialmente con l’uso di rane.
Wilmut e altri (1997), grazie a una metodica già usata43,ottengono 5 agnelli
originatisi da 3 nuove popolazioni di cellule stabilizzate provenienti rispettivamente da:
(a) una ghiandola mammaria di una pecora dell’età di 6 anni a fine gravidanza
(b) un feto dell’età di 26 giorni
(c) un embrione dell’età di 9 giorni (cellule DE).
L’uso di cellule stabilizzate “donatrici” di provenienza fetale ed embrionale dà
risultati “operativi” non difformi da quelli noti, ma ancora molto inferiori a quelli
ottenuti con l’uso del blastomero. Ciò sta a significare che bisognerà molto sperimentare
prima di raggiungere risultati trasferibili operativamente; il che sarà possibile solo
conoscendo i meccanismi molecolari che partecipano sia a quel meraviglioso
meccanismo identificabile con la riprogrammazione nucleare, sia alla vita di relazione
fra il citoplasto e il suo ospite.
È stato evidenziato che il trattamento dei fibroblasti in coltura per 8 giorni in un
mezzo contenente siero fetale bovino allo 0,5% ha un effetto positivo sull’efficienza del
trasferimento nucleare: 39% di sviluppo a blastocisti contro il 20% registrato a partire
da fibroblasti non sottoposti a tale trattamento (P<0,05). Quando poi la morula, ottenuta
dal trasferimento nucleare di fibroblasto sottoposto o non sottoposto al trattamento
precedente, viene utilizzata per l’ottenimento di cloni di 2. generazione, la percentuale
di sviluppo a blastocisti è significativamente più elevata di quella ottenuta durante la
generazione dei cloni di 1. generazione44. Pertanto, la “riclonazione” aumenta
l’efficienza del trasferimento nucleare.
Per quanto concerne, in modo particolare, l’agnello nato “presumibilmente” da una
cellula somatica di un soggetto adulto, bisogna precisare che esso è il risultato di ben
277 embrioni cloni ricostituiti, valutati trasferibili in una ricevente intermedia a distanza
di 1 ora dalla fusione. Questi 277 cloni costituiscono il 63,8% di quelli sottoposti a
fusione (434); questa percentuale è inferiore a quella ottenuta con l’uso di cellule
“donatrici” sia da feto (84,7) che da embrione (85,3).
42
P. COLLAS, P. - F.L. BARNES, Nuclear transplantation by microinjection of inner cell mass and
granulosa cell nuclei, in Molecular Reproduction and Development, 38 (1994), 264; M. SIMS - N.L.
FIRST, Production of calves by transfer of nuclei from cultured inner cell mass, in Proceedings of
National Academy of Science of United States, 90 (1993), 6143; C.L. KEEFER – S.L. STICE - D.L.
MATTEWS, Bovine inner mass cell as donor nuclei in the production of nuclear transfer embryos and
calves, in Biology of Reproduction, 50 (1994), 935.
43
K. CAMPBELL - J. MCWHIR - B. RITCHIE - I. WILMUT, Sheep cloned by nuclear transfer from a
cultured cell line, in Nature, 380 (1996), 64.
44
Zakhartchenko e altri, dati non pubblicati in E. WOLF – K. BOXHAMMER - G. BREM - K. PRELLE
- D. REICHENBACH - J. REISCHL - B. SANTL - W. SCHERNTHANER - M. STOJKOVIC - H.
WENIGERKIND - V. ZAKHARTCHENKO, Recent progress in the in vitro production and cloning of
bovine embryos, in Arq. Fac. Vet. UFRGS, Porto Alegre, 26 (1), 1998,160.
19
Le differenze comportamentali dei tre tipi di cellule “derivate” si protraggono anche
sulle fasi successive (percentuale di morula e/o blastocisti ottenute, gravidanze
diagnosticate e nascite).
Per correttezza scientifica, gli autori precisano che:
(a) il fenotipo della cellula somatica donatrice è sconosciuto
(b) la coltura primaria contiene principalmente cellule epiteliali (90%) e le altre
cellule sono da ascrivere a cellule mioepiteliali e fibroblasti
(c) non è da escludere la possibilità che sia presente una piccola proporzione di
cellule staminali relativamente indifferenziate, capaci di supportare la rigenerazione
della ghiandola mammaria, specialmente nell’ultima fase di gestazione
Alla luce di quanto riferito, sorgono alcuni dubbi da parte del mondo scientifico e
scaturiscono alcune considerazioni:
(a) non si può affermare matematicamente che Dolly sia nata in seguito a
trasferimento di una cellula somatica differenziata; ciò viene ribadito anche dallo stesso
Wilmut (1999), il quale sottolinea che la coltura di provenienza conteneva anche cellule
meno specializzate, sempre presenti in piccola percentuale nella ghiandola mammaria
(b) Dolly è nata trasferendo nel citoplasto una cellula proveniente da una
popolazione di cellule di una coltura stabilizzata di cellule di ghiandola mammaria di
una pecora dell’età di 6 anni
(c) sia in questo esperimento che nel precedente45 gli Autori sostengono che si
tratta sempre di cellule differenziate, anche se provenienti da colture di cellule prelevate
da embrioni
(d) le cellule differenziate possono riacquistare la capacità di comportarsi come
cellule totipotenti (embrionali), previa opportuna manipolazione.
Queste incertezze, ed eventualmente altre, non sminuiscono l’eccezionalità
dell’esperimento: la possibilità dello “sdifferenziamento cellulare”. Infatti, la perdita di
totipotenza è stata, finora, sempre considerata un fenomeno irreversibile, quasi
coincidente con un vero e proprio “dogma” nell’ambito della biologia molecolare.
Un recente successo nella clonazione a partire da cellula somatica differenziata nella
specie bovina viene riferito da Kato e altri46 che, in seguito al trasferimento di cellule
del cumulo ooforo e dell’ovidutto di una vacca adulta, ottengono la nascita di 8 vitelli su
un totale di 10 blastocisti trasferite (successo dell’80%).
Recentemente, anche nel topo, Wakayama e altri47, sperimentando il TN a partire da
cellule del Sertoli, cellule neurali e cellule del cumulo ooforo, hanno ottenuto lo
sviluppo di topi vivi e fertili soltanto con quest’ultimo tipo cellulare.
45
K. CAMPBELL - J. MCWHIR - B. RITCHIE - I. WILMUT, Sheep cloned by nuclear transfer from a
cultured cell line, in Nature, 380 (1996), 64.
46
Y. KATO - T. TANI - Y. SOTOMARU - K. KUROKAWA - J. KATO - H. DOGUCHI YASUE - Y.
TSUNODA, Eight calves cloned from somatic cells of a single adult, in Science, 282 (1998), 2095
47
T. WAKAYAMA - A.C.F. PERRY - M. ZUCCOTTI - K.R. JOHNSON - R. YANAGIMACHI, Full-term
development of mice from enucleated oocytesinjected with cumulus cell nuclei, in Nature, 394 (1998),
369.
20
a) Alcuni problemi. Un clone, così come oggi viene prodotto, non è il frutto di una
manipolazione genetica. Indubbiamente la nascita di Dolly ha posto grandi interrogativi
di natura sia etico-giuridica che biologica.
Si potranno avere differenze nell’ottenimento di cloni in relazione al sesso del
donatore?
L’età del/la “donatore/trice” potrà influenzare l’attesa di vita di un clone?
Il “testamento” o il “passato” o la “memoria” di una cellula somatica ha significato
biologico se essa si evolverà in un nuovo individuo?
La maggior parte della ricerca è rivolta alla clonazione da cellula fetale ed
embrionale piuttosto che da cellula adulta. Secondo Eyestone48, fisiologo della
riproduzione che lavora sugli animali transgenici alla PPL Therapeutics Inc a
Blacksburg, Virginia, la cellula embrionale cresce più velocemente e l’animale che si
ottiene vive più a lungo di quello clonato da cellula adulta.
Un recente contributo alla soluzione della suddetta seconda domanda si deve a Shiels
e altri49; questi autori, comparando la lunghezza del telomero di Dolly e di altri due
soggetti (6LL6 e 6LL7), nati anch’essi da TN, ma a partire da cellule di embrione ovino
di razza Poll Dorset di 9 giorni e da fibroblasti di un feto ovino di razza Black Welsh di
25 giorni di età rispettivamente, con quella sia della cellula “donatrice” (prima e dopo la
permanenza in coltura) sia di soggetti di controllo della stessa età, riferiscono che il
frammento di restrizione terminale (terminal restriction fragment, TRF), è
significativamente inferiore (P<0,005) in tutti e tre gli animali nati da TN rispetto al
controllo della stessa età nato non da TN; inoltre, il più piccolo TRF è quello
proveniente da Dolly (20,37 versus 23,9 ± 0,18 kb nel controllo all’età di un anno).
Pertanto, si evidenzierebbe che la dimensione media del TRF è funzione dell’età della
cellula “donatrice”.
Shiels e altri50 rilevano che il tempo di permenza in coltura della cellula donatrice
influenza significativamente il tasso di accorciamento del telomero e tale effetto si
sovrappone a quello dell’età della cellula “donatrice”; in particolare, essi riferiscono che
il decremento della dimensione del TRF risulta mediamente di 0,157 kb dopo ogni
duplicazione cellulare; ciò è in accordo con il risultato ottenuto da studi effettuati su
cellule in coltura umane51; da quest’ultimo risultato si potrebbe dedurre che il grado di
accorciamento del TRF può essere limitato minimizzando la permanenza della cellula
“donatrice” in coltura. Poiché il numero dei soggetti analizzati è piuttosto modesto, è
anche possibile che le differenze trovate siano dovute a una variazione naturale della
dimensione media del TRF in questi individui; tuttavia,questa ipotesi sarebbe da
48
Citato da D. NORMILE, Bid for better beef gives Japan a leg up on cattle, in Science, 282 (1998),
1.975.
49
P.G. SHIELS - A.J. KIND - K.H.S. CAMPBELL - D. WADDINGTON - I. WILMUT - A. COLMAN - A.
SCHNIEKE, Analysis of telomere lenghts in cloned sheep, in Nature, 399 (1999), 316.
50
Ivi.
51
M.A. BLASCO - W.L. LEE - M.P. HANDE - E. SAMPER - P.M. LANSDORP - A.D. RONALD C.W.GREIDER, Telomere shortening and tumor formation by mouse cells lacking telomerase RNA, in
Cell, 91 (1997), 25; G.M. COVIELLO - MCLAUGHLIN - K.R. PROWSE, Telomere lenght regulation
during postnatal development and ageing, in Mus spretus., in Nucleic Acid Research, 25 (1997), 15,
3051.
21
scartare essendo risultata significativa la differenza. L’ultimo esame veterinario degli
animali ha confermato che i soggetti “cloni” godono ottima salute e il loro status è
quello tipico di un soggetto della stessa età e appartenente a quella razza.
Resta, comunque, da stabilire se l’età fisiologica attuale degli animali nati da TN
riflette in modo preciso la dimensione del TRF.
I modelli di senescenza cellulare basati sulla lunghezza del telomero52 predicono che
Dolly dovrebbe raggiungere una lunghezza critica del telomero più presto del controllo
della stesa età. Bodnar e altri53 riferiscono che la cellula umana normalmente priva di
attività telomerasica, se transfettata con un vettore contenente il costrutto genico per la
subunità catalitica della telomerasi, esibisce: telomeri più lunghi, una maggiore capacità
di dividersi e positività nei confronti della beta-galattosidasi; questo ultimo è un marker
biologico della senescenza cellulare.
Comunque, l’ipotesi della perdita del potenziale proliferativo basata sulla
modificazione del telomero si rivela molto complessa e richiede notevoli
approfondimenti. A esempio, Strahel e Blackburn54 evidenziano che la riduzione
dell’attività telomerasica non ha alcun effetto sul fenotipo di linee cellulari immortali.
Blasco e altri55 riferiscono che cellule di topi knock out56 con attività telomerasica
nulla possono essere stabilizzate in coltura, al pari delle cellule normali, senza perdere
la loro vitalità; pertanto, nel topo la lunghezza dei telomeri non è determinante per
l’ottenimento delle linee cellulari stabilizzate e l’attività telomerasica non è necessaria
per superare la “crisi” cioè il periodo di crescita lenta che precede l’“immortalizzazione”
della cellula.
A oggi, i tipi di cellula somatica capaci di supportare lo sviluppo completo di un
individuo in seguito a trasferimento nucleare, sono: i fibroblasti fetali57, le cellule del
52
A.M.J. OLOVNIKOF (1978), citato in P. G. SHIELS - A.J. KIND - K.H.S. CAMPBELL - D.
WADDINGTON - I. WILMUT - A. COLMAN - A. SCHNIEKE, Analysis of telomere lenghts in cloned
sheep; H.J. COOKE - B.A. SMITH, Variability at the telomeres of the human X/Y pseudoautosomal
region, in Cold Spring Harbor Symposia Quantitative Biology, 51 (1986), 213; R.K. MOYZIS - J.M.
BUCKINGHAM - L.S: CRAM - M. DANI - L.L. DEAVEN - M.D.JONES - J. MEYNE - R.L. RATLIFF - J.R.
WU, A highly conserved repetitive DNA sequence, (TTAGGG)n, present at the telomeres of human
chromosomes, in Proceedings of the National Academy of Sciences of the United Sciences , 85 (1988),
6622; C.D. HARLEY - J.W. SHAY - S. LICHTSTEINER - W.E. WRIGHT, Extension of life span by
introduction of telomerase into normal human cells, in Science, 279 (1998), 349.
53
A.G. BODNAR - M. QUELLETTE - M., FROLKIS - S.E. HOLT - C.P. CHIU - G.B. MORIN – C.B.
HARLEY – J.W. SHAY – S. LICHTSTEINER – W.E. WRIGHT, Extension of life span by introduction
of telomerase into normal human cells, in Science, 279 (1998), 349
54
C. STRHAL - E.H. BLACKBURN, Effect of reverse transcriptase inhibitors on telomere length and
telomerase activity in two immortalized human cell lines, in Molecular Cell Biology, 16 (1996), 53
55
M.A. BLASCO - W.L. LEE - M.P. HANDE - E. SAMPER - P.M. LANSDORP - A.D. RONALD C.W.GREIDER, Telomere shortening and tumor formation by mouse cells lacking telomerase RNA, in
Cell, 91 (1997), 25.
56
Knock Out (KO): consiste nella sostituzione del gene “selvatico” (gene transplacement) con un suo
derivato reso “inattivo” o “nullo” mediante una sequenza che ne compromette la funzione.
57
WILMUT - E. SCHNIEKE - J. MCWHIR - A.J. KIND - K.H.S. CAMPBELL, Viable offspring derived
from foetal and adult mammalian cells, in Nature, 385 (1997), 810; A.E. SCHNIEKE - A.J. KIND K.RITCHIE, MYCOCK - A.R. SCOTT - M. RITCHIE - I. WILMUT - A.COLMAN - K.H.S. CAMPBELL,
22
tessuto muscolare fetale, dell’epitelio fetale, neonatale e adulto58, dell’ovidutto e del
cumulo ooforo59, della ghiandola mammaria60 e il linfocito61, anche se alcuni tipi
cellulari si sono rivelati più riprogrammabili di altri. La cellula meno differenziata
sarebbe un “donatore” migliore rispetto a quella altamente specializzata; questo
potrebbe spiegare l’insuccesso di Wakayama e altri62, con l’uso del neurone e della
cellula del Sertoli. Anche quest’ultima ricerca pone molti interrogativi che stimolano la
ricerca di base a studiare i meccanismi molecolari che presiedono allo sviluppo
embrionale. Esso, infatti, dimostra che alcune cellule adulte possono essere clonate
mentre altre no. È questo un problema biologico o tecnico? Se è biologico, cosa rende
alcuni tipi cellulari riprogrammabili e altri no entro il tipo genetico e fra i tipi genetici?
Informazioni utili potranno derivare dalla caratterizzazione dei geni espressi in maniera
“stadio-specifica” durante lo sviluppo63; i risultati di tali studi potrebbero essere
utilizzati per conoscere se lo stesso set di geni è “spento” o “acceso” indipendentemente
dal tipo genetico “donatore” e/o “ricevente”. In più, ogni “clone” rappresenta
un’individualità biologica?
Certamente una risposta sperimentale a questa domanda potrebbe consentire di
affermare che alcuni geni debbono essere o “accesi” o “spenti” affinché il TN possa
avere successo.
Human factor IX transgenic sheep produced by transfer of nuclei from transfected fetal fibroblasts,
Science, 278 (1997), 2130; J.B. CIBELLI - S.L. STICE - P. GOLUEKE - J.J. KANE - J.JERRY - C.
BLACKWELL - F.A. PONCE DE LEON - J.M. ROBL, Cloned transgenic calves produced from
nonquiescent fetal fibroblasts, in Science, 280 (1998), 1256; D.N. WELLS - P.M. MISICA - W.H.
MCMILLAN - H.R. TERVIT, Production of cloned fetuses following nuclear transfer with cells from a
fetal fibroblast cell line, in Theriogenology, 49 (1998), 330.
58
X. VIGNON - P. CHESNÉ - D. LE BOURHIS - Y. HEYMAN - J.P. RENARD, Developmental potential
of bovine embryos reconstructed with somatic nuclei from cultured skin and muscle fetal cells, in
Theriogenology, 49 (1998), 392 (abstract); X. VIGNON - P. CHESNÉ - D. LE BOURHIS - J.P. FLECHON Y. HEYMAN - J.P. RENARD, Developmental potential of bovine embryos reconstructed from enucleated
matured oocytes fused with cultured somatic cells, in Comptes Rendus de L’Academie des Sciences, 321
(1998), 735;
59
Y. KATO - T. TANI - Y. SOTOMARU - K. KUROKAWA - J. KATO - H. DOGUCHI YASUE - Y.
TSUNODA, Eight calves cloned from somatic cells of a single adult, in Science, 282 (1998), 2095; T.
WAKAYAMA - A.C.F. PERRY - M. ZUCCOTTI - K.R. JOHNSON - R. YANAGIMACHI, Full - term
development of mice from enucleated oocytesinjected with cumulus cell nuclei, in Nature, 394 (1998),
369; D.N. WELLS - P.M. MISICA - H.R. TERVIT, Production of cloned calves following nuclear transfer
with cultured adult mural granulosa cells, in Biology of Reproduction, 60 (1999), 996.
60
I. WILMUT - E. SCHNIEKE - J. MCWHIR - A.J. KIND - K.H.S. CAMPBELL, Viable offspring
derived from foetal and adult mammalian cells, in Nature, 385 (1997), 810.
61
C. GALLI – R. DUCHI – R.M. MOOR – G. LAZZARI, Mammalian leukocytes contain all the
genetic information necessary for the development of a new individual, in Cloning, 1 (1999), 3, 161
62
T. WAKAYAMA - A.C.F. PERRY - M. ZUCCOTTI - K.R. JOHNSON - R. YANAGIMACHI, Full-term
development of mice from enucleated oocytesinjected with cumulus cell nuclei, in Nature, 394 (1998),
369.
63
J.L. ROTHSTEIN - D. JOHNSON - J.A. DE LOIA - J.E. SKOWRONSKI - D.E. SOLTER - B.
KNOWLES, Gene expression during preimplantion mouse development, in Genes & Developmment, 6,
(1992), 1190; B. OH - S.Y. HWANG - D. SOLTER - B.B. KNOWLETZ, Splindlin a major maternal
transcript expressed in the mouse during the transition from oocyte to embryo, in Development, 124
(1997), 493.
23
Solo la disponibilità di una congrua consistenza di popolazioni di cloni potrà
permettere di studiare e di individuare le eventuali differenze (e loro natura) fra i
soggetti entro una popolazione di cloni e tra le popolazioni di cloni.
In che misura il genoma svolge un ruolo di programma e/o di “archivio
d’informazioni”? Pertanto, il genoma svolge solo un ruolo di “interprete” del
programma o anche di “operatore”? Come queste due funzioni vengono armonizzate?
Quale ruolo può giocare l’apoptosi64 o morte programmata di una cellula?
Tante altre domande potrebbero ancora essere poste , ma credo che la risposta
univoca è la necessità e l’utilità di ricercare, specialmente per migliorare lo stato di
benessere dell’uomo.
Infine, è da valutare sul piano biologico l’effetto di un incontrollato uso della
clonazione, specialmente nei confronti dei rischi sanitari e della biodiversità.
2.3. Applicazioni in zootecnia
La clonazione ha suscitato nel mondo scientifico e operativo notevole interesse in
quanto potrebbe costituire una strategia per raggiungere con maggiore velocità
determinati obiettivi genetici e operativi da parte delle imprese zootecniche.
La biotecnica innovativa del trasferimento nucleare viene, attualmente, impiegata in
programmi di miglioramento genetico nelle maggiori specie di interesse zootecnico
(bovini, ovini, caprini ecc.); attualmente buoni risultati sono stati ottenuti operando su
bovini e ovini. Nella tabella II sono riportati alcuni risultati della clonazione nei bovini.
La produzione di animali identici di elevato valore genetico porterebbe a un
progresso genetico maggiore rispetto a quello ottenibile, ad esempio, con la sola
inseminazione strumentale, come può rilevarsi dallo schema seguente riguardante i
bovini da latte:
biotecnica
solo inseminazione strumentale (IS)
IS + predeterminazione del sesso (PS)
IS + trasferimento embrionale (TE)
IS + PS + TE
IS + trasferimento nucleare (TN)
IS + PS + TN
progresso genetico
100
115
134
149
159
174
I risultati ottenibili porterebbero a innovazioni di processo e di prodotto per il
miglioramento quali-quantitativo delle produzioni animali, contribuendo a fornire alle
64
È noto che l’apoptosi ha una duplice funzione: (a) fisiologica: mantenere l’omeostasi tissutale
attraverso un continuo bilanciamento tra la proliferazione e la morte cellulare al fine di mantenere
costante il numero di cellule minime di ciascun tessuto, impedendo, in questo modo, fenomeni neoplastici
e conseguenti proliferazioni incontrollate; (b) difensiva: più che una funzione vera e propria, si tratta di un
meccanismo di azione che scatta ogni qualvolta si verifica un danno irreversibile al DNA cellulare
(nucleare); in tal modo la cellula danneggiata si autodistrugge per evitare la proliferazione di se stessa e
quindi del danno (o di anomalie) che potrebbe avere effetti destabilizzanti sul genoma.
24
imprese zootecniche interessanti strumenti operativi capaci di aumentare il loro grado di
competitività65.
Altre considerazioni, quali una previsione meno errata dei costi di produzione e dei
controlli delle prestazioni riproduttive e produttive, dovute alla dottrinale uniformità
genetica degli individui clonati entro la linea di produzione, potrebbero costituire un
ulteriore incentivo a investire fondi per ottimizzare questa biotecnica innovativa.
L’impiego del TN, come biotecnica per la salvaguardia e la moltiplicazione dei tipi
genetici in via di estinzione o di popolazioni a limitata diffusione, risulta estremamente
importante, se non irrinunciabile66. Non sembri un controsenso, ma la variabilità
genetica può essere salvaguardata avendo a disposizione diverse linee clonate.
Probabilmente, sarà, almeno per diversi anni, la strategia da sviluppare e da
impiegare per l’utilizzazione del potenziale produttivo delle risorse genetiche autoctone
animali ai fini, anche, dell’ottenimento di alimenti per l’uomo in grado di contribuire,
non secondariamente, alla soluzione della complessa problematica delle controversie
nutrizionali; problematica che sarà sempre più attuale con la variazione in atto e futura
della struttura demografica umana.
La disponibilità di cloni geneticamente identici permetterà di studiare gli effetti di
una vasta gamma di fattori ambientali sulle prestazioni riproduttive e produttive degli
animali in produzione zootecnica e, quindi, di suggerire agli imprenditori zootecnici
soluzioni ottimali in relazione a differenti microambienti di allevamento.
Grandi vantaggi operativi potrebbero derivare dall’impiego di cellule somatiche;
infatti, se la ricerca dovesse evidenziare l’assenza di effetti negativi sulla durata della
vita riproduttiva e produttiva di cloni nati da cellule somatiche di soggetti dalle
prestazioni note, sarà possibile incrementare la replicazione dei soggetti più produttivi.
Lo stesso dicasi nel caso si voglia aumentare la numerosità di soggetti con particolari
attitudini comportamentali frutto di combinazioni geniche difficilmente ripetibili con
l’uso di altre tecniche riproduttive.
65
D. MATASSINO, Biotecnologie: applicazioni e prospettive, in L’Italia agricola, 128 (1989), 3,
101.
66
Per un approfondimento relativo alla salvaguardia dei tipi genetici autoctoni in via di estinzione si
rimanda a: D. MATASSINO, Il ruolo del germoplasma autoctono nell’ecosistema culturale, Conv.
“Progetto ambiente 1992”, (Colle Sannita [Benevento], 14-15 febbraio 1992), in Impariamo dalla
natura, L’Allevatore, 48 (1992), 17, 18; D. MATASSINO - M. PALAZZO - A. CAPPUCCIO,
Micromanipolazione degli embrioni, in Atti Tavola Rotonda su “Biotecnologie avanzate e produzione
animale”, (Reggio Emilia, 1 giugno 1993), ASPA, 1993, 19. D. MATASSINO, Quel bene culturale a
salvaguardia del territorio, Conv. “Agricoltura, agriturismo e viabilità per il decollo di Tammaro e
Fortore”, (Colle Sannita [Benevento], 11-12 maggio 1996) in L’Allevatore, 52 (1996), 27, 10; ID.,
L’animale autoctono quale bene culturale, Atti Conv. “Ruolo del germoplasma animale autoctono nella
salvaguardia del territorio”, (Bari, 17 settembre 1996), in Terra Pugliese, 45 (1996), 11-12, 3, in
L’Allevatore, 53 (1997), (10), inserto; ID., Biodiversità e allevamento animale, Atti Conv. “Zootecnia e
Parchi-Produzione di qualità e tutela dell’ambiente”, (Massa, 11-12 ottobre 1996), in Zootecnica e
Nutrizione Animale, 23 (1997), supplemento, 13; ID., La zootecnia in un parco, Atti Conv. “Il parco come
punto d’incontro di problematiche socio-economiche di un territorio, con particolare riferimento alla
zootecnia”, (Tignale [BS], 6 giugno 1997), 9; ID., La biodiversità base insostituibile per una produzione
animale a misura d’uomo, in Atti 3. Conv. Naz. “Biodiversità - Tecnologie - Qualità”, (Reggio Calabria,
16-17 giugno 1997), 29; D.N. WELLS - P.M. MISICA - J.T. FORSYTH - M.C. BERG - J.M. LANGE - H.R.
TERVIT - W.H. VIVANICO, The use of adult somatic cell nuclear transfer to preserve the last surviving
cow of Enderby Island cattle breed, in Theriogenology, 51 (1999), 217.
25
Secondo Smith67, nei bovini da carne sarebbe importante selezionare 2 tipi di cloni:
(a) i cosiddetti cloni terminali, che vanno scelti e selezionati per le
caratteristiche produttive, come tasso di accrescimento, vitalità, efficienza della
conversione alimentare, composizione e qualità della carcassa; gli embrioni prodotti da
questi cloni costituiranno la generazione futura per la produzione di animali da destinare
alla macellazione
(b) cloni materni, utilizzati come riceventi per i cloni terminali; essi vanno
selezionati in base alle caratteristiche riproduttive (età alla pubertà, fertilità, facilità di
parto, produzione di latte, longevità, propensione ai parti gemellari); tali cloni saranno
utilizzati come animali da carne soltanto alla fine della carriera riproduttiva.
La clonazione è la sola via che consentirà di utilizzare in un programma di selezione
geni a comportamento non additivo. La clonazione, infatti, è tanto più efficiente rispetto
alle tecniche tradizionali di miglioramento genetico quanto più il comportamento dei
geni è di dominanza o epistatico; rientrano in tale categoria la fertilità e i caratteri a essa
collegati.
Nella specie ovina, date le difficoltà di utilizzazione dell’IS come mezzo di
diffusione di materiale genetico di alto valore, la clonazione di riproduttori maschi
sarebbe certamente una strategia vantaggiosa per rendere più efficienti i programmi di
miglioramento genetico.
Nella scelta del fondatore di un gruppo di cloni è necessario considerare l’animale
nella sua globalità: infatti, l’animale non solo deve essere per il carattere scelto alcune
deviazioni standard superiori alla media della popolazione, ma deve essere eccezionale
anche per altre caratteristiche fondamentali (produzione di proteine, morfologia e
caratteri legati alla riproduzione).
I recenti successi ottenuti dall’impiego di cellule del cumulo ooforo e dell’ovidutto68
permettono di individuare in tali tipi cellulari un valido strumento per la produzione di
femmine; in particolare, le cellule della granulosa possono essere ottenute facilmente
senza danneggiare l’animale usando le tecniche standard di ovum pick up69.
La clonazione con l’uso di una cellula somatica, come metodo riproduttivo routinale,
richiederà indubbiamente la soluzione di tutta una serie di problemi come in parte
evidenziato nel capitolo 3.2.3.1. e la conoscenza dei meccanismi genetici ed epigenetici
che presiedono alla morfogenesi; in più, non si può affermare che biologicamente una
cellula somatica “donatrice” possegga un genoma perfettamente identico a quello del
soggetto di appartenenza.
Un altro effetto da considerare è quello legato all’interazione tra i due citoplasmi:
“donatore” e “ricevente”.
67
C. SMITH, Cloning and genetic improvement of beef cattle, in Animal Production, 49 (1989), 49.
68
Y. KATO - T. TANI - Y. SOTOMARU - K. KUROKAWA - J. KATO - H. DOGUCHI YASUE - Y.
TSUNODA, Eight calves cloned from somatic cells of a single adult, in Science, 282 (1998), 2095; T.
WAKAYAMA - A.C.F. PERRY - M. ZUCCOTTI - K.R. JOHNSON - R. YANAGIMACHI, Full-term
development of mice from enucleated oocytesinjected with cumulus cell nuclei, in Nature, 394 (1998),
369.
69
M.C. PIETERSE - K.A. KAPPEN - THAM. KRUIP - MAN. TAVERNE, Aspiration of bovine oocytes
during transvaginal ultrasound scanning of the ovaries, in Theriogenology, 30 (1988), 751.
26
In definitiva, la clonazione può essere considerata una biotecnica innovativa da
valutare positivamente nelle produzioni animali, purché essa costituisca uno strumento
da utilizzare e da gestire correttamente per raggiungere chiari obiettivi utili per un
futuro sempre più a misura d’uomo.
2.3. Alcune limitazioni. Nel settore zootecnico, la tecnica riproduttiva della
clonazione mediante TN avrà delle applicazioni limitate fino a quando essa è associata,
sostanzialmente, ad alti costi e a una certa probabilità di ottenere soggetti portatori di
anomalie fenotipiche.
Alti costi. La quasi totalità dei vitelli “cloni”, finora prodotti, si deve a compagnie
private. A causa dell’elevata richiesta di risorse finanziarie, questa biotecnica, non si è
molto sviluppata negli Istituti di ricerca pubblici.
Una situazione molto favorevole allo sviluppo della clonazione, quale tecnica
routinale in produzione animale, si è avuta in questi ultimi anni in Giappone dove, nel
tentativo di proteggere l’industria locale dalla competizione con gli Stati Uniti e con
altri paesi, il Ministero dell’Agricoltura ha organizzato programmi per istruire i
ricercatori dei principali centri di ricerca sull’uso di questa biotecnica innovativa.
Inoltre, esistendo in Giappone un mercato caratterizzato da elevati prezzi di vendita
della carne di “alta qualità”, è possibile sostenere anche alti costi per clonare un bovino
da carne. Grazie a tale politica, stanno proliferando gruppi di ricerca70 che, attraverso
uno screening sistematico di cellule somatiche “donatrici” provenienti da vari tipi di
tessuto (derma dell’orecchio, ovidutto, cumulo ooforo, muscolo, ecc.) di bovino, stanno
intensificando le ricerche sulla produzione di cloni mediante il TN. Nonostante la
ridondanza di ricerche e indipendentemente dall’efficienza nella produzione di cloni,
tali esperimenti potrebbero aiutare a comprendere il meccanismo attraverso il quale le
cellule sono riprogrammate per iniziare un nuovo processo di sviluppo. A tutt’oggi, ciò
che accade nella “riprogrammazione cellulare” costituisce ancora un mistero.
Anomalie fenotipiche. Le procedure di clonazione mediante TN non sono, a oggi,
molto efficienti tabella II.
Nel bovino, possiamo dire che il tallone di Achille è rappresentato dalla produzione,
con una certa incidenza, di vitelli con anomalie fenotipiche e con un’alta percentuale di
mortalità neonatale. Wilmut e Sales71 e Garret e altri72 riferiscono sui fattori che
influenzano la prima fase di accrescimento uterino negli ovini e nei bovini. Walker e
altri73 descrivono i fattori che influenzano la durata della gestazione e il peso alla nascita
degli agnelli.
70
Y. KATO - T. TANI - Y. SOTOMARU - K. KUROKAWA - J. KATO - H. DOGUCHI YASUE - Y.
TSUNODA, Eight calves cloned from somatic cells of a single adult, in Science, 282 (1998), 2095;
IRITANI, (1998) comunicazione personale
71
I. WILMUT - D.I. SALES, Effect of asynchronous environment on embryonic development in sheep,
in Journal of Reproduction and Fertility, 61 (1981), 179.
72
J.E. GARRET - R.D. GEISERT - M.T. ZAVY - G.L. MORGAN, Evidence for maternal regulation of
early conceptus growth and development in beef cattle, in Journal of Reproduction and Fertility, 84
(1988), 437.
73
S.K.WALKER - T.M. HEARD - R.F. SEAMARK, In vitro culture of sheep embryos without coculture: success and perspectives, in Theriogenology, 37 (1992), 111; S.K. WALKER - T.M. HEARD -
27
A eccezione di Willadsen e altri74 che riferiscono su alcuni valori inerenti alla durata
della gestazione, alla modalità del parto, al peso alla nascita e alle malformazioni fetali e
neonatali in vitelli nati da TN, il primo studio comparativo fra biotecniche riproduttive
innovative [TN e trasferimento embrionale (TE)] e convenzionali si deve a Wilson e
altri75. Per il TN, questi ultimi Autori impiegano come “donatore” il blastomero. Da
quest’ultima ricerca, condotta per il 70% sui tipi genetici Angus, Brangus e Simbrali, è
emerso quanto riportato nelle tabelle III, IV, V e VI e nei grafici I e II.
Sinteticamente, da queste tabelle e da questi grafici si rileva:
(a) Nascita: entro il sesso, la biotecnica influenza significativamente il peso:
(i) il vitello nato da clonazione pesa mediamente in più di quello nato da
TE: 24% se maschio e 28% se femmina e di quello nato da (IS+IN): 35% se
maschio e 37% se femmina
(ii) il vitello nato da TE pesa mediamente in più di quello nato da IS-IN:
8% se maschio e 7% se femmina;
(b) 205 d di età: entro il sesso, la biotecnica influenza significativamente il peso:
il soggetto “clone” pesa mediamente in più di quello nato da IS+IN: 3% se maschio e
4% se femmina
(c) 1 anno di età: entro il sesso, la biotecnica influenza significativamente il
peso: il soggetto “clone” pesa mediamente in più di quello nato da TE: 4% se maschio e
20% se femmina, e da quello nato da IS+IN: 4% se maschio e 22% se femmina,
(d) fratellastri paterni:
(i) nascita: entro il sesso, la biotecnica influenza significativamente il
peso:
- il vitello nato da clonazione pesa mediamente in più di quello
nato da TE: 22% se maschio e 35% se femmina
- il vitello nato da TE pesa mediamente in più di quello nato da
IS+IN: 6% se maschio e 29% se femmina
(ii) 205 giorni: entro il sesso, la biotecnica non influenza
significativamente il peso
(iii) 1 anno di età: entro il sesso, la biotecnica influenza
significativamente il peso: il vitello nato da TN differisce (+12%) da quello nato
da TE solo se femmina:
(e) fratelli:
(i) nascita: entro il sesso, la biotecnica influenza significativamente il
peso: il vitello “clone” è più pesante di quello nato da TE: +22% se maschio e
+25% se femmina
T.M. BEE - A.B. FRENSHAM - D.M. WARNEST - R.F. SEAMARK, Culture of embryos of farm animals,
in A. LAURIA - F. GANDOLFI, Embryonic Development and Manipulation in Animal Reproduction.
Portaland Press, London, 1992, 77.
74
S.M. WILLADSEN - R.E. JANZEN - R.J. MCALISTER - B.F. SHEA - G. HAMILTON - D.
MCDERMAND, The viability of late morulae and blastocysts produced by nuclear transplantation in
cattle, in Theriogenology, 35 (1991), 1, 161.
75
J.M. WILSON - J.D. WILLIAMS - K.R. BONDIOLI - C.R., LOONEY - M.E. WESTHUSIN - D.F.
MCCALLA, Comparison of birth weight and growth characteristics of bovine calves produced by nuclear
transfer (cloning), embryo transfer and natural mating, in Animal Reproduction Science, 38 (1995), 73.
28
(ii) a 205 giorni: entro il sesso, la biotecnica influenza significativamente
il peso: il vitello “clone” è più pesante (8%) di quello nato da TE solo se
maschio
(iii) a 1 anno di età: entro il sesso, la biotecnica non influenza
significativamente il peso
(f) i vitelli nati da TN evidenziano una maggiore variabilità rispetto a quelli nati
da IS+IN, siano essi maschio o femmina.
In conclusione, Wilson e altri76 evidenziano:
(a) il maggior peso alla nascita del vitello (maschio o femmina) nato da TN
rispetto a quello ottenuto da TE o da IS+IN si ha anche dopo che i pesi sono corretti o
per il solo padre o per il padre e la madre
(b) la variabilità del peso alla nascita dei vitelli fratelli nati da TE risulta quasi
doppia di quella dei corrispettivi fratelli nati da IS + IN; lo stesso dicasi per il confronto
fra i nati da TN e quelli da TE, per cui i TN evidenziano una variabilità quadrupla
rispetto ai nati da IS+N; tutto ciò evidenzierebbe anche un effetto della “ricevente”
(c) il tipo genetico della ricevente non influenza significativamente il peso alla
nascita dei vitelli “cloni”
(d) il peso alla nascita del vitello “clone” è indipendente dal genotipo sia del
donatore dell’oocita che di quello del blastomero e l’interazione fra questi due genotipi
non è statisticamente importante
(e) i fratelli TN rispetto ai corrispettivi fratelli TE, per quanto concerne
l’accrescimento intrauterino, crescono di più per un eventuale ipotetico effetto della
tecnica di clonazione, non essendo possibile – a oggi – individuare altre motivazioni.
A interpretazione del punto precedente, si ricorda che Garret e altri77 riferiscono che
l’accrescimento intrauterino può essere accelerato dai trattamenti ormonali cui vengono
sottoposte le “riceventi”.
Sembra che la mole del vitello non sia il problema primario. Westusin e altri78,
avendo rilevato il tipo di parto e le caratteristiche neonatali di più di 70 vitelli ottenuti
mediante TN, riferiscono che molti di questi vitelli tendono ad avere, alla nascita,
ipossia, ipoglicemia, tendenza all’ipotermia e alta concentrazione ematica di insulina.
Molto interessante, è l’osservazione che se questi vitelli ricevono: un appropriato
supporto terapeutico, un ambiente caldo, una flebo glucosata e una buona
ossigenazione, nel giro di 2-3 giorni raggiungono uno stato fisiologico “normale”. Non
vi sono correlazioni tra il peso alla nascita e la serietà delle disfunzioni neonatali.
76
Ibidem.
77
J.E. GARRET - R.D. GEISERT - M.T. ZAVY - G.L. MORGAN, Evidence for maternal regulation of
early conceptus growth and development in beef cattle, in Journal of Reproduction and Fertility, 84
(1988), 437.
78
M.E. WESTUSIN – M.J. LEVANDUSKI – R. D. BONDIOLI – Viable embryos and normal calves
after nuclear transfer into Hoechst stained enucleated demi-oocytes of cow, in Journal of Reproduction
and Fertility, 95 (1992), 475
29
Anche altri studi79sulla clonazione bovina, mediante trasferimento di blastomeri,
evidenziano problemi simili.
È da notare, inoltre, che i suddetti problemi alla nascita, che interessano i nati da
cloni, si hanno anche per soggetti nati da embrioni ottenuti in vitro80.
Il basso tasso di sopravvivenza dei nati potrebbe in parte essere legato a una
componente epigenetica dovuta alla clonazione e alle procedure a essa correlate, come a
esempio le condizioni di coltura (carenze o eccessi nel mezzo di coltura), responsabili di
una inadeguata attivazione del genoma embrionale.
Holliday81, infatti, riferisce che la cellula somatica esibisce cambiamenti dell’attività
genica in seguito a variazioni del pattern di metilazione del DNA indotte dalla coltura in
vitro; tali cambiamenti provocano errori nell’attivazione o nella disattivazione di geni
specifici con concomitanti variazioni dell’attività trascrizionale e dei prodotti genici,
quindi del fenotipo. Sono stati isolati in vitro mutanti con difetti di metilazione del
DNA. A esempio, il gene per la solfatasi steroidea, normalmente attivo, localizzato nella
regione pseudo-autosomica del cromosoma X, può diventare inattivo in coltura e viene
successivamente riattivato dal trattamento con 5-azacitidina, che è un inibitore della
metilazione del DNA82.
Sono anche noti esempi di geni attivi, introdotti mediante transfezione, che,
successivamente, diventano inattivi durante i passaggi di routine in laboratorio,
probabilmente quale risultato della metilazione de novo83.
In questo contesto il fenomeno epigenetico dell’imprinting genomico merita studi
approfonditi. Dei geni “imprintati”, finora identificati, diversi sono implicati nello
79
F.B. GARRY - R. ADAMS - J.P. MC CANN - K.G. ODDE (1996), citato da Y. KATO - T. TANI - Y.
SOTOMARU - K. KUROKAWA - J. KATO - H. DOGUCHI YASUE - Y. TSUNODA, Eight calves cloned
from somatic cells of a single adult, in Science, 282 (1998), 2095.
80
S.K.WALKER - T.M. HEARD - R.F. SEAMARK, In vitro culture of sheep embryos without coculture: success and perspectives, in Theriogenology, 37 (1992), 111; S.K. WALKER - T.M. HEARD T.M. BEE - A.B. FRENSHAM - D.M. WARNEST - R.F. SEAMARK, Culture of embryos of farm animals,
in A. LAURIA E F. GANDOLFI, Embryonic Development and Manipulation in Animal Reproduction.
Portaland Press, London, 1992, 77; E. BEHBOODI - G.B. ANDERSON - R.H. BON DURRANT - S.L.
CARGILL - B.R. KREUSCHER - J.F. MEDRANO - J.D.MURRAY, Birth of large calves that developed
from in vitro-derived bovine embryos, in Theriogenology, 44 (1995), 227; P.F. FARIN - C.E. FARIN,
Transfer of bovine embryos produced in vivo or in vitro: survival and fetal development, in Biology of
Reproduction, 52 (1995), 676; S.K. WALKER - K.M. HARTWITCH - R.F. SEAMARK, The production of
unusually large offspring following embryo manipulation: concepts and challenges, in Theriogenology,
45 (1996), 111.
81
R. HOLLIDAY, DNA methylation levels of maternal and paternal genomes during preimplantation
development, in Philosofical Transactions of the Royal Society of London – Series B - Biological
Sciences, B326 (1990), 329.
82
D.F. SCHORDERET - E.A.KEITGES - P.M. DUBOIS - S.M. GARTLER, Inactivation and reactivation
of sex-linked steroid sulphatase gene murine cell culture, in Somatic Cell and Molecular Genetics, 14
(1988), 113.
83
M.M. GEBARA - C. DREVON - S.A. HARCOURT - H. STEINGRIMSDOTTIRM - R. JAMES - J.F.
BURKE - C.F., ARLETT - A.R. LEHMANN, Inactivation of a transfected gene in human fibroblasts can
occur by deletion, amplification, phenotypic switching or methylation, in Molecular Cell Biology, 7
(1997), 1459; D.F. SCHORDERET - E.A.KEITGES - P.M. DUBOIS - S.M. GARTLER, Inactivation and
reactivation of sex-linked steroid sulphatase gene murine cell culture, in Somatic Cell and Molecular
Genetics, 14 (1988), 113.
30
sviluppo embrionale e fetale. Essi includono: il gene per il “fattore di crescita 2
insulino-simile” (IGF2, insulin-like growth factor II) e quello per il suo recettore
(IGF2r, insulin-like growth factor II receptor). Nel topo, come conseguenza
dell’imprinting, il gene IGF2 si esprime solo se è ereditato dal padre, mentre il gene
IGF2r si esprime solo se è ereditato dalla madre; pertanto, il cromosoma paterno è
portatore del fattore di crescita84, mentre quello materno è portatore del gene che
codifica per il recettore85. Il basso successo della clonazione potrebbe essere dovuto a
una perdita casuale dell’imprinting “corretto” durante la “riprogrammazione”.
Attraverso il TN da cellule somatiche è possibile dedurre se l’imprinting è cancellato
o è conservato. Nella cellula somatica adulta del mammifero uno dei due cromosomi X
è ordinariamente inattivo, mentre nell’embrione (stadio di pre-impianto) entrambi i
cromosomi sono funzionalmente attivi. Pertanto, è possibile sia ottenere molte
informazioni sul meccanismo di inattivazione del cromosoma X monitorando ciò che
accade dopo il TN sia trasferire tali conoscenze anche agli altri geni.
Anche i fattori citoplasmatici e il modo in cui essi interagiscono con il nucleo sono
essenziali per lo sviluppo embrionale. Perturbazioni di questo ambiente extragenico
possono causare anomalie dello sviluppo e della metilazione di alcuni geni86.
L’incidenza di neonati molto grandi può essere marcatamente ridotta utilizzando
l’albumina sierica bovina (BSA, bovine serum albumin) per la coltura degli embrioni
bovini87.
L’elevata percentuale di impianto e la bassa percentuale di feti ottenuti e di sviluppo
a termine registrati nel TN indicano che diversi fattori morfogenetici possono essere
coinvolti nello sviluppo post-impianto degli embrioni/feti.
a) Epigenesi. Essa studia i cambiamenti temporanei o permanenti dell’attività dei
geni che si verificano durante lo sviluppo dell’individuo a partire dalla zigote. Il
termine “epigenetica” è stato introdotto per la prima volta da Waddington nel 1953.
La teoria epigenetica risale al 18. secolo; essa è stata proposta da Wolff, in antitesi a
quella preformista, per spiegare come la minuscola quantità di materiale contenuto in
uno zigote possa dirigere la trasformazione di questa singola cellula iniziale in un essere
84
T.M. DE CHIARA - E.J. ROBERTSON - A. EFSTRATIADIS, Parental imprinting of the mouse
insulin-like growth factor 2 gene, in Cell, 64 (1991), 849.
85
D.P. BARLOW - R. STOGER - B.G. HERMANN - K. SAITO - N.SCHWEIFER, The mouse insulin-like
growth factor type 2 receptor is imprinted and closely linked to the TME locus, in Nature, 349, (1991),
84.
86
C. BABINET - V. RICHOUX - J.L.GUENET - J.P. RENARD, The DDK inbred strain as a model for
the study of interactions betweeen parental genomes and egg cytoplasm in mouse preimplantation
development, in Development, (suppl.), 81 (1990); L.R. CHEN - M.C. WU, M.C. - Y.L. SHIUE, The
cytoplasmatic effect of enucleated Landrance ooocytes on the expression of small-ear nucleus in nuclear
transplanted pigs, in Proceedings of 12th International Congress on Animal Reproduction, 3, (1992),
375 (abstr.); W. REIK - I. ROMER - S.C. BARTON - M.A. SURANI - S.K. HOWLETT - J. KLOSE,
Adult phenotype in the mouse can be affected by epigenetic events in the early embryo, in Development,
119 (1993), 933.
87
J.G. THOMSON - D.K. GARDNER - P.A. PUGH - W.H. MCMILLAN - H.R. TERVIT, Lamb birth
weight following transfer is affected by the culture system used for preelongation development of
embryos, in Journal of Reproduction and Fertility, Series N.13, (1994), 25.
31
vivente complesso come l’uomo. Secondo la teoria epigenetica, a differenza dell’ipotesi
preformista secondo la quale l’adulto si trovava già preformato (homunculus) nello
spermatozoo (secondo gli spermatisti) o nella cellula uovo (secondo gli ovisti), la
cellula sessuale non contiene assolutamente alcunché che assomigli all’organismo che si
svilupperà da essa.
Il fenotipo delle cellule eucariotiche è determinato dalla combinazione di due tipi di
informazione: quella genetica, rappresentata dalla sequenza di basi del DNA e quella
epigenetica, che comprende tutte le modificazioni che subisce il DNA durante lo
sviluppo dell’individuo a partire dallo zigote.
Si ritiene che i cambiamenti epigenetici siano dovuti a interazioni specifiche tra DNA
e proteine.
In particolare, l’attenzione è stata focalizzata sulla metilazione del DNA quale
meccanismo epigenetico fondamentale di controllo dell’attività genica.
La metilazione del DNA avviene per trasferimento del gruppo metilico della Sadenosilmetionina al C-5 della citosina, con formazione della 5-metilcitosina. Il sito del
DNA che viene metilato è rappresentato dal dinucleotide CG (cioè da una citosina che
precede immediatamente una guanina nella sequenza).
Si ipotizza che esistano fattori proteici di trascrizione specifici che riconoscono
sequenze metilate e non metilate e interagiscono con l’RNA polimerasi. Poiché i
“doppietti” CG sono molto frequenti nel genoma e da soli non conferirebbero
specificità, si ritiene che siano le sequenze circostanti i dinucleotidi metilati “essenziali”
per il riconoscimento da parte delle proteine.
Affinché i “doppietti” CG metilati possano svolgere un ruolo di regolazione,
considerando la loro elevata presenza sul DNA, si presume che essi siano inclusi in
sequenze di basi più lunghe che verrebbero riconosciute da proteine specifiche.
Il pattern di metilazione può essere ereditato nel corso della divisione cellulare;
quando il DNA retrovirale viene iniettato in embrioni di topo prima dell’impianto , esso
viene integrato nel cromosoma e viene metilato de novo e inattivato88 (Jahner e altri,
1982). Questa inattivazione persiste nel corso dello sviluppo e viene mantenuta.
Se la metilazione del DNA è essenziale per il normale controllo dell’attività genica
durante lo sviluppo, difetti nella metilazione possono avere gravi conseguenze
fenotipiche sulle cellule somatiche.
Clough e altri89, Gasson e altri90 e Hickey e Jones91 riferiscono che geni attivati in
linee cellulari permanenti possono di nuovo essere inattivati durante la crescita,
probabilmente attraverso la metilazione de novo. Si parla, pertanto, di “epimutazione”
per indicare una modificazione del normale processo epigenetico del DNA per
distinguerla dalla mutazione classica, che è dovuta a cambiamenti nella sequenza del
88
Jahner e altri (1982). Citato da HOLLIDAY, R. The inheritance of epigenetic defects, in Science,
238 (1987), 163
89
CLOUGH e altri (1982). Citato da HOLLIDAY, R. The inheritance of epigenetic defects, in
Science, 238 (1987), 163
90
GASSON e altri (1983). Citato da HOLLIDAY, R. The inheritance of epigenetic defects, in
Science, 238 (1987), 163
91
WILSON e JONES (1983). Citato da HOLLIDAY, R. The inheritance of epigenetic defects, in
Science, 238 (1987), 163
32
DNA. Inoltre, la mutazione classica, indotta da agenti che danneggiano il DNA, ha una
frequenza relativamente bassa e non è riparabile una volta fissata nel genoma. La
“epimutazione” ha una frequenza elevata e, quando è eterozigote, può essere riparata
mediante eventi di ricombinazione durante la meiosi92; quest’evento potrebbe spiegare
l’affermarsi della riproduzione sessuata a scapito di quella asessuata nel corso
dell’evoluzione.
Wilson e Jones93 riferiscono sulla continua perdita di metilazione del DNA durante la
crescita di cellule diploidi. La perdita dei gruppi metilici può avvenire attraverso alcuni
meccanismi, tra cui i seguenti:
(a) bassa efficienza delle metilasi di mantenimento
(b) presenza di basi anomale nel DNA emimetilato, prodotte spontaneamente o
da agenti esterni che inibiscono l’azione delle metilasi di mantenimento
(c) danni a livello del DNA seguiti da riparo per escissione, che danno luogo alla
formazione di regioni emimetilate, le quali, se si formano in corrispondenza della
forcella di replicazione o nell’elica che funziona da stampo per la sintesi del DNA,
danno luogo alla produzione di sequenze non metilate
(d) presenza di alcune sostanze, come a esempio l’etionina, che inibiscono la
formazione della 5-adenosilmetionina, che funziona come fonte di gruppi metilici
durante il processo di mutilazione del DNA
Le cellule coltivate in vitro perdono progressivamente la metilazione; se, però, la
coltura cellulare viene resa “stabilizzata”, il grado di metilazione viene conservato nelle
successive generazioni cellulari; in tali linee la perdita è bilanciata dalla metilazione de
novo.
Alcuni eventi biologici, quali: il differenziamento, l’inattivazione del cromosoma X
nella femmina di mammifero, l’imprinting e la riprogrammazione genica delle cellule
germinali prima della fertilizzazione, l’invecchiamento e la cancerogenesi, sono
riconducibili a effetti di fattori epigenetici.
Differenziamento. A favore del coinvolgimento della metilazione del DNA nei
processi di differenziamento vi sono numerose ricerche:
(a) quando geni metilati e non metilati sono stati introdotti in cellule di
mammifero coltivate in vitro, si è osservato che solo i geni non metilati si sono espressi;
ciò può essere ritenuta quale prova della trasmissione generazionale degli schemi di
metilazione del DNA, dato che il DNA estraneo ha conservato il suo stato di
metilazione per molte generazioni
(b) quando un gene metilato è introdotto in una cellula che esprime normalmente
quel gene, il gene inserito viene subito demetilato e attivato; per contro, quando le
versioni metilate dei geni vengono introdotte in cellule non specializzate, rimangono
metilate e inattive; ciò interessa, a esempio:
(i) il gene dell’insulina nelle cellule pancreatiche
92
R. HOLLIDAY, Controlling Events in Meiosis, in C.W. EVANS - H. G. DICKINSON (eds.),
Company of Biologists, Cambridge 1984, U.K., 381.
93
WILSON e JONES (1983). Citato da HOLLIDAY, R. The inheritance of epigenetic defects, in
Science, 238 (1987), 163
33
(ii) il gene della vitellogenina, la cui espressione, indotta da ormoni, è
associata alla demetilazione specifica della regione regolatrice del gene
(iii) il gene per la cristallina (una proteina del cristallino dell’occhio), che
viene demetilato nelle cellule del cristallino prima di essere attivato
(c) l’azacitidina, che blocca la metilazione del DNA, riattiva l’espressione di
geni prima “silenti”; la 5-azacitidina è un prodotto sintetico e chimicamente è un
analogo della citidina: in posizione 5, anziché avere un atomo di carbonio, ha uno di
azoto; essa, pertanto, non può essere metilata; questa base, sotto forma di
desossiribonucleotide, può essere incorporata nel DNA, e il DNA che ne risulta non può
essere metilato; la 5-azacitidina è citotossica, ma a basse concentrazioni (2x 10-6M) può
essere usata; Jones e Taylor (citati da Holliday, 1989) riferiscono che i fibroblasti
(cellule indifferenziate del tessuto connettivo) si possono trasformare in altri tipi
cellulari (mioblasti e quindi in cellule muscolari e adipociti) in seguito al trattamento
con azacitidina; è dimostrato che il differenziamento delle cellule muscolari è associato
con la perdita della metilazione in un particolare gene regolatore; il che dimostra che lo
stato di metilazione dei geni può davvero influire sulle modalità di sviluppo e quindi sul
differenziamento delle cellule.
Inattivazione del cromosoma X nella femmina di mammifero. Tale fenomeno si
verifica in ogni cellula somatica al momento dell’impianto dell’embrione nell’utero;
l’uovo s’impianta nell’utero allo stadio più o meno avanzato di blastocisti, ovvero al 4.5. giorno di gravidanza; si sa che, nel topo, almeno fino allo stadio embrionale di 16
cellule, tutti e due i cromosomi X sono ancora attivi; in tale fenomeno è coinvolta la
metilazione del DNA.
L’inattivazione è permanente nel senso che essa persiste nelle successive generazioni
delle cellule.
Il processo di inattivazione è casuale perché in alcune cellule si inattiva il cromosoma
X di origine paterna e in altre quello di origine materna; pertanto, per i loci eterozigoti
presenti sul cromosoma X, in caso di individui di sesso femminile , si osserva un
fenotipo a mosaico: gruppi di cellule che esprimono l’uno o l’altro degli alleli. Per
esempio, il gatto con mantello “variegato” a macchie nere e gialle (gatto “colocòlo”) è
sempre femmina. Il gatto di sesso maschile, figlio di questa gatta “colocòlo” è o “giallo”
o “nero”. Il mantello “colocòlo” della femmina (genotipo CYCB) è dovuto
all’inattivazione casuale di uno dei due cromosomi X nelle cellule all’inizio dello
sviluppo: se è inattivato il cromosoma X portatore dell’allele CB si hanno le macchie di
pelo giallo, se è inattivato il cromosoma X portatore dell’allele CY si hanno quelle di
pelo nero. Eccezionalmente si ha un maschio con mantello “variegato” e questo ha
invariabilmente una costituzione cromosomica XXY, però uno dei due cromosomi X è
inattivo ed è visibile come corpo di Barr in ciascuna cellula somatica.
Anche nella specie umana sono noti mosaici dovuti all’inattivazione di uno dei due
cromosomi X. Per esempio, la displasia anidrotica ectodermica, responsabile degli
“uomini sdentati di Sind” dà luogo a mosaicismo nella femmina eterozigote.
Quest’ultima ha aree della mandibola con denti e altre senza e ha zone della pelle con
ghiandole sudoripare e zone senza.
L’esame dei geni legati al cromosoma X di mammifero, come a esempio
l’ipoxantina-guanina fosforibosiltrasferasi (HGPRT), il fosfoglicerato chinasi glucosio e
il fosfato deidrogenasi, evidenzia che lo stato inattivo è correlato con la metilazione
34
delle isole HTF associate a questi geni, mentre le isole non metilate si trovano sul X
attivo . Dato che nelle cellule somatiche lo stato attivo e quello inattivo vengono
ereditati stabilmente, anche lo schema di metilazione in tali regioni viene stabilmente
mantenuto.
La compensazione di dosaggio dei geni strutturali nei mammiferi non coinvolge siti
di regolazione associati ai geni che mappano sul cromosoma X. Piuttosto, il cromosoma
X dei mammiferi deve contenere uno o più siti a livello dei quali viene iniziata
l’inattivazione. Una volta che un cromosoma è stato scelto per l’inattivazione, la sua
condensazione impedisce l’espressione di tutti i geni presenti. L’inattivazione del
cromosoma X nella femmina mammifera è controllata da una regione specifica che
funge da interruttore, nota come “centro di inattivazione” (Xic, X-inactivation centre),
che rappresenta il punto in cui inizia e da cui si diffonde l’inattivazione94; esso è stato
localizzato in una regione di 450kb del cromosoma X di topo; questa stessa regione
rappresenta anche la sede del gene Xist (inactivating the single X Chromosome = gene
responsabile della inattivazione del singolo cromosoma X)95. È dimostrato96 che tale
gene controlla l’inattivazione del cromosoma X; esso, inoltre, mostra un comportamento
atipico per il fatto che il suo prodotto non è una proteina, ma un RNA nucleare che si
lega al cromosoma X inattivo97. Herzing e altri98 hanno evidenziato che Xist, introdotto
in un “autosoma”, è sufficiente di per sé a indurre l’inattivazione, e che l’RNA
codificato dal gene Xist si localizza in vicinanza dell’“autosoma” in cui il gene viene
integrato.
Sebbene sia chiaro che il gene Xist è richiesto per l’inattivazione del cromosoma X,
il meccanismo ancora non è stato chiarito.
Riprogrammazione genica della cellula germinale prima della fertilizzazione. La
cellula germinale non segue un corso unidirezionale tipico della cellula somatica.
Nell’individuo omogametico durante la meiosi, o immediatamente prima di questa, il
cromosoma X “inattivo” viene attivato per effetto di fattori epigenetici al fine della
produzione di gameti contenenti il cromosoma X “attivo”.
Sia nella cellula uovo che nello spermatozoo l’imprinting viene prima cancellato e
poi ristabilito; in questo modo i due cromosomi omologhi perdono il vecchio imprinting
ereditato dai genitori e acquisiscono la nuova impronta maschile o femminile: nello
spermatozoo i geni “imprintati” presenti sui cromosomi ereditati dalla madre perdono
94
M.F. LYON, Some milestones in the history of X-chromosome inactivation, Annu. Rev. Genet., 26
(1992), 16; S. RASTAN, X Chromosome inactivation and the Xist gene, in Current Opinion in Genetics
and Development , 4 (1994), 292.
95
J.T. LEE - W.M. STRAUS - J.A. DAUSMAN - R.A. JAENISCH, 450 kb transgene displays properties
of fhe mammalian X-inactivation center, in Cell, 86 (1996), 83.
96
G.D. PENNY - G.F. KAY - S.A. SHEARDOWN - S. RASTAN - N. BROCKDORFF, Requirement for
Xist in X chromosome inactivation, in Nature, 379 (1996). 131.
97
J.T. LEE - W.M. STRAUS - J.A. DAUSMAN - R.A. JAENISCH, 450 kb transgene displays properties
of fhe mammalian X-inactivation center, in Cell, 86 (1996), 83; C.M. CLEMSON - J.A. MCNEIL - H.F.
WILLARD - J.B. LAWRENCE, Xist RNA paints the inactive X chromosome at interphase: evidence for a
nowel RNA involved in nuclear/chromosome structure, in Journal of Cell Biology, 132 (1996), 259.
98
L.B.K. HERZING - J.T. ROMER - J.M.HORN - A. ASHWORTH, Xist has properties of the Xchromosome inactivation centre, in Nature, 386 (1997), 272.
35
l’impronta femminile e assumono quella maschile, nella cellula uovo i geni ereditati dal
padre perdono l’impronta paterna e acquistano quella materna. Questa
riprogrammazione del genoma al momento della meiosi può comportare cambiamenti
negli schemi di metilazione, consistenti in metilazione de novo o in demetilazione del
DNA cromosomico.
Tada e altri99, al fine di studiare le modificazioni epigenetiche a carico della linea
germinale, hanno analizzato l’effetto della cellula germinale embrionale (EG) su un
ibrido somatico EG-linfocito timico, evidenziando che le cellule EG sono capaci di
riprogrammare un nucleo adulto, come testimoniato dalla demetilazione di molti geni
“imprintati”.
Nello stesso tempo, però, nelle cellule germinali è importante l’attività delle metilasi
di mantenimento per evitare la trascrizione dei geni che si esprimono nelle cellule
somatiche.
Invecchiamento. Wilson e Jones100 (citati da Holliday) riferiscono che la durata della
vita della cellula umana in coltura dipende dal numero di divisioni compiute da tale
cellula e non dal tempo cronologico. È stato dimostrato che il numero di siti metilati sul
DNA diminuisce all’aumentare del numero delle divisioni cellulari e che, a un certo
punto, la cellula finisce con il perdere la capacità di proliferare. Che questa incapacità di
moltiplicarsi, legata all’età, sia almeno in parte una conseguenza della perdita di
metilazione è suggerito da esperimenti in cui la cellula coltivata viene trattata con
azacitidina. Un unico trattamento su cellula giovane ha uno scarso effetto sul
funzionamento o sulla velocità di crescita della cellula. Ma, a quanto pare, la cellula
ricorda di essere stata esposta all’azacitidina e muore nettamente prima della cellula non
trattata.
Un’altra prova della riduzione del livello di metilazione del DNA con l’incremento
dell’età è data dal fatto che un gene presente sul cromosoma X “inattivo” viene
riattivato con una bassa frequenza nell’animale giovane e con un incremento
progressivo della frequenza con il progredire dell’età dell’individuo. Analogamente, un
gene indispensabile per la formazione del pigmento è reso silente quando viene inserito
in un cromosoma X “inattivo”, per cui si ha un mantello albino; lo stesso gene viene
progressivamente attivato a mano a mano che l’animale che lo ha ricevuto invecchia e
così il mantello dell’animale ricevente mostra una crescente pigmentazione.
Recentemente, Thomas e Fretts101 ipotizzano che i fenomeni epigenetici a carico del
cromosoma X nel sesso femminile potrebbero essere parzialmente responsabili della
maggiore longevità della donna rispetto all’uomo: infatti, tali Autori riferiscono sulla
presenza, a livello del cromosoma X, di un gene essenziale per la riparazione del DNA;
nel maschio, difetti a carico di tale gene comportano una compromissione della capacità
di riparare danni che insorgono nel corso della divisione cellulare, favorendo, quindi,
l’invecchiamento; viceversa nel sesso femminile, il cromosoma X reso inattivo,
99
M. TADA - T. TADA - L. LEFEBVRE - S.C. BARTON - M.A. SURANI, Embryonic germ cells induce
epigenetic reprogramming of somatic nucleus in hybrid cells, in The Embo Journal, 18 (1997), 21, 6510.
100
WILSON e JONES (1983). Citato da HOLLIDAY, R. The inheritance of epigenetic defects, in
Science, 238 (1987), 163
101
T.P. THOMAS - P.R. FRETTS, Perché le donne vivono più a lungo degli uomini, in Le Scienze
Dossier, 2 (1999), 92.
36
diventerebbe più attivo con il progredire dell’età, per cui si verificherebbe un vero e
proprio processo di riattivazione del cromosoma omologo “inattivo”.
Cancerogenesi. La “epimutazione” potrebbe giocare un ruolo importante nella
cancerogenesi102. Finora i cambiamenti nella metilazione del DNA non sono chiamati in
causa direttamente nella cancerogenesi, ma esistono in questo senso prove indirette. Per
esempio, l’azacitidina è un cancerogeno potente, che negli animali di laboratorio induce
una gamma di tumori più ampia che non altri noti cancerogeni. Si sa che essa agisce
sulla metilazione del DNA e, pertanto, pare ragionevole sospettare che le alterazioni
negli schemi di metilazione che essa determina contribuiscano alla cancerogenesi.
2.4. Altre applicazioni
La clonazione, abbinata ad altre biotecnologie, può essere utilizzata sia per
raggiungere nuovi risultati, sia per migliorare metodi già esistenti103.
La possibilità di produrre individui mediante TN a partire da cellule in coltura apre
nuove prospettive per l’ottenimento di soggetti transgenici; infatti, è possibile trasfettare
in vitro qualsiasi tipo di cellula con sequenze di DNA esogeno e utilizzare la cellula
trasfettata come “donatrice” di nucleo per il TN. Tale linea operativa è stata seguita con
successo da Schnieke e altri104 e da Cibelli e altri105.
L’uso della transgenia potrà svolgere un ruolo importante per:
102
H. HUYNH - L. ALPERT - M. POLLAK, Silencing of the mammary-derived growth inhibitor
(MDGI) gene in breast neoplasms is associated with epigenetic changes, in Cancer Research, 56 (1996),
21, 4865; D. DAO - C.P. WALSH - L. YUAN - D. GORELOV - L. FENG - T. HENSLE - P. NISEN - D.J.
YAMASHIRO - T.H. BESTOR - B. TYCKO, Multipoint analysis of human chromosome 11p15/mouse
distal chromosome 7: inclusion of H19/IGF2 in the minimal WT2 region, gene specificity of H19
silencing in Wilms” tumorigenesis and methylation hyper-dependence of H19 imprinting, in Human
Molecular Genetics, 8 (1999), 7, 1337; M.A. FREVEL - S.J. SOWERBY - G.B. PETERSEN - A.E. REEVE,
Methylation sequencing analysis refines the region of H19 epimutation in Wilms tumor, in Journal of
Biological Chemistry , 274, 41 (1999), 29331.
103
Per un approfondimento degli aspetti scientifici e tecnici delle biotecnologie, nonché delle
problematiche a esse correlate, si rimanda a: D. MATASSINO, Il futuro delle biotecnologie nelle
produzioni animali: alcuni aspetti scientifici e tecnici, in Produzione Animale, 1, III Serie, 1988, 35; ID.,
Lo sviluppo delle biotecnologie: aspetti scientifici e prospettive per il futuro, in. L’Allevatore, 44, 1988,
33, supplemento (Atti Conv. “Le nuove frontiere della selezione: dalla fecondazione artificiale alle
biotecnologie”, [Cremona, 18 settembre 1987]); D. MATASSINO - M. PALAZZO - A. CAPPUCCIO,
Micromanipolazione degli embrioni in Atti Tavola Rotonda su: “Biotecnologie avanzate e produzione
animale”, (Reggio Emilia, 1 giugno 1993), ASPA, 1993, 19; D. MATASSINO - G. ROSSI, Biotechnologies
and genetic improvement, in Proceedings of Third Course on Biotechnology of Reproduction in Buffaloes
under the Auspices of 5th World Buffalo Congress (Caserta, 6-10 ottobre 1997), Bubalus Bubalis, 4
(1998), supplemento 2, 269; D. MATASSINO, Tecnologie innovative nell’agricoltura e
nell’agroindustria, in Atti Tercer Seminario “Tendencias de la Investigación Agricola en el ámbito
Mediterráneo” – Ponencias ( Madrid, 25-26 maggio 1998)
104
A.E. SCHNIEKE - A.J. KIND - K.RITCHIE, MYCOCK - A.R. SCOTT - M. RITCHIE - I. WILMUT A.COLMAN - K.H.S. CAMPBELL, Human factor IX transgenic sheep produced by transfer of nuclei from
transfected fetal fibroblasts, in Science, 278, 1997, 2130.
105
J.B. CIBELLI - S.L. STICE - P. GOLUEKE - J.J. KANE - J.JERRY - C. BLACKWELL - F.A. PONCE
DE LEON - J.M. ROBL, Cloned transgenic calves produced from nonquiescent fetal fibroblasts, in
Science, 280 (1998), 1256.
37
(a) la produzione di molecole di elevato valore biologico per l’uomo; i primi
esperimenti inerenti alla produzione di animali transgenici risalgono agli anni ’70106; nel
1982 Palmiter107, operando sul gene MT-hGH (metallothionein-growth hormone fusion
gene = costrutto genico ottenuto dalla fusione tra il promotore del gene per la
metallotioneina e il gene per l’ormone della crescita), ottengono la produzione di topi
“giganti” (peso corporeo adulto doppio rispetto a quello dei topi normali); successivi
esempi di transgenia applicata agli animali domestici sono riportati da: Mintz e
Cronmiller108; Hammer e altri109; Fabricant e altri110, McEvoy e altri111; il risultato delle
ricerche di Gordon e altri112 con l’ottenimento di topi transgenici capaci di produrre
l’attivatore della plasminogeno umano nel latte può essere considerato la pietra
“miliare” per le ricerche concernenti produzione di farmaci nel latte di mammiferi di
interesse zootecnico geneticamente modificati (gene pharming); da allora, le ricerche in
tale settore sono notevolmente intensificate su varie specie animali allo scopo di
migliorare la resa in prodotto nel latte sia dal punto di vista qualitativo che quantitativo;
le tappe principali del gene pharming sono riportate da Wall113; Velander e altri114,
operando nella specie suina, riescono a ottenere circa 1 g di proteina C biologicamente
attiva per litro di latte115; la sostituzione dei costosissimi bioreattori convenzionali per
106
R. JAENISCH, Germ line integration and Mendelian transmission of the esogenous Moloney
leukemia virus, in Proceedings of the National Academy of Sciences of the United States, 77 (1976), 12,
7380
107
R.D. PALMITER - R.L.BRIRISTER - R.E.HAMMER - M.G. ROSENFELD - M.C. BIRNBERG - R.M.
EVANS, Dramatic growth of mice that develop from eggs microinjected with metallothionein-growth
hormone fusion gene, in Nature, 300 (1982), 611.
108
B. MINTZ - A. CRONMILLER, in Somatic Cell and Genetics, 7 (1981), 489.
109
R.E. HAMMER - V.G. PURSEL - C.E. REXROAD - R.J. WALL - D.J. BOLT - K.M. EBERT - R.D.
PALMITER - R.L. BRISTER, Production of transgenic rabbits, sheep and pigs by microinjection, in
Nature, 315(1985), 680.
110
J.D. FABRICANT - L.C. NUTI - B.S. MINHAS - W.C. BAKER - J.S. CAPEHART - P. MARROCK - J.H.
CHALMERS - M.W. BRADBURY - J.E. WARNACK, Gene transfer in gcats, in Proceedings of Annual
Conference of International Embryo Transfer Society (Dublin, Ireland, 25-27 January, 1987), 229.
111
T.G. MCEVOY - M. STOCK - T. BARRY - B. KEANE - F. GANNON - J.M. SREENAN, Direct gene
transfer by microinjection, in Proceedings of Annual Conference of International Embryo Transfer
Society (Dublin, Ireland, 25-27 January, 1987), 258.
112
K. GORDON - E. LEE - J.A.VITALE - A.E. SMITH - H. WESTPHAL - L. HENNIGHAUSEN,
Production of human tissue plasminogen activator in transgenic mouse milk, in Bio/Technology, 5
(1987), 1183.
113
R.J. WALL, Biotecnology for the production of modified and innovative animal products;
transgenic livestock bioreactors, in Proceedings of 8th World Conference on Animal Production - Special
Symposium & Plenary Sessions, (Seoul, June 28-July 4, 1998), 364.
114
W.H. VELANDER - W. LUBON - W.N. DROHAN, Animali transgenici per la produzione di
farmaci, in Le Scienze 346 (1997), 64
115
Per ulteriori approfondimenti sulla transgenesi si rimanda a: R.J. WALL - D.J., BOLT - W.I. FRELS
- H.W. HAWK - D. KING - V.G. PURSEL - C.E. REXROAD - R.M. ROHAN, Transgenic farm animals:
current state of the art, in AgBiotech News and Info 2 (1990), 391; V.B. REDDY - J.A. VITALE - C. WEI M. MONTAYA - ZAVALA - S.L. STICE - J. BALISE - J. M. ROBL, Expression of human growth hormone
in the milk of transgenic mice, in Animal Biotechnology, 2 (1991), 15; M.A. PERSUY - M.G.
STINNAKRE - C. PRINTZ - M.F. MAHE - J.C. MERCIER, High level expression of the-casein gene in
38
la produzione di farmaci, basati sulle colture cellulari, con gli animali di interesse
zootecnico comporta notevoli vantaggi economici e operativi; la ghiandola mammaria,
infatti, consente di concentrare la produzione della proteina desiderata in un singolo
compartimento, dal quale può venire facilmente recuperata; inoltre, l’epitelio alveolare
della ghiandola mammaria è in grado di fornire alla proteina prodotta tutte le
modificazioni post-traduzionali necessarie affinché la proteina possa acquistare l’attività
biologica appropriata; vari studi116 evidenziano che tra le specie esaminate vi sono
differenze per quanto concerne le modificazioni post-traduzionali; tali differenze
possono influire positivamente sulla funzionalità della molecola prodotta quando
somministrata all’uomo; a esempio, alcune modificazioni post-traduzionali tipiche della
specie umana promuovono la rapida rimozione della sostanza da parte del fegato,
mentre la stessa proteina, prodotta dal maiale, contiene modificazioni post-traduzionali
che ne ritardano la rimozione; in questo modo la proteina viene impiegata come farmaco
ad azione ritardata; la ricerca attuale è orientata verso la produzione di animali
transgenici contenenti due transgeni: uno che codifica per la proteina d’interesse, l’altro
transgenic mice, in European Journal of Biochemestry, 205 (1992), 887; R.D. BREMEL, Prospects for
modification of milk proteins and fat composition through genetic engineering, in Atti XXVII Simposio
Internazionale di Zootecnia, (Milano, 3 aprile 1992), 27; A.S. CARVER - M.A. DALRYMPLE - G.
WRIGHT - D.S. COTTOM - D.B. REEVES - Y.H. GIBSON - J.L. KEENAN - J.D. BARRASS - A.R. SCOTT A. COLMAN - I.GARNER, Transgenic livestock as bioreactors: stable expression of human alpha-1antitrypsin by a flock of sheep, in Biotechnology 11 (1993), 1263; K.M. EBERT - J.E.S. SCHINDLER,
Transgenic farm animals: progress report, in Theriogenology, 39 (1993),121; V.G. PURSEL - C.E.
REXROAD, Recent progress in the transgenic modification of swine and sheep, in Molecular
Reproduction and Development, 36 (1993), 251; E. DEVINOY - D. THEPOT - STINNAKRE - M.G.
FONTAINE - H. GRABOWSKI - C. PUISSANT - A. PAVIRANI - L.M. HOUDEBINE, High level production
of human growth hormone in the milk of transgenic mice: the upstream region of the rabbit whey acidic
protein (WAP) gene targets transgene expression to the mammary gland, in Transgenic Research, 3
(1994), 79; G.T. BLECK - R. JIMÈNEZ - FLORES - M.B. WHEELER, Production of transgenic animals
with altered milk as a tool to modify milk composition, increase animal growth and improve reproductive
performance, in G.F. GREPPI - G. ENNE, in Animal Production & Biotechnology (Atti XXIX Simposio
Internazionale di Zootecnia, [Milano, 13-14 maggio, 1994]), Elsevier, 1995, 1; M. LAVITRANO - V.
LULLI - B. MAIONE - S. SPERANDIO - M. ZANI - M. FRANCOLINI - G. ZORAQI - C. SPADAFORA,
Sperm DNA interaction: sperm cells as vectors of exogenous DNA for the production of transgenic
animals, in Animal Production & Biotechnology (Atti XXIX Simposio Internazionale di Zootecnia,
[Milano, 13-14 maggio, 1994]), Elsevier, 1995, 111; C.S. LEE - K. KIM - D.Y. YU - K.K. LEE, An
efficient expression of human growth hormone (hGH) in the milk of transgenic mice using rat
__casein/hGH fusion genes, in Applied Biochemistry and Biotechnology, 56 (1996), 211; R.J. WALL D.E. KERR - K.R. BONDIOLI, Transgenic dairy cattle: genetic engineering on a large scale, in Journal
of Dairy Science, 80 (1997), 2213; R.J. WALL, Biotecnology for the production of modified and
innovative animal products; transgenic livestock bioreactors, in Proceedings of 8th World Conference on
Animal Production - Special Symposium & Plenary Sessions, (Seoul, June 28-July 4, 1998), 364.
116
W.N. DROHAN - D.W. ZHANG - R.K. PALEYANDA - R. CHANG - M. WROBLE - H.W.
VELANDER - H. LUBON, Inefficient processing of human protein C in the mouse mammary gland, in
Transgenic Research, 3 (1994), 355; D.C. JAMES - R.B. FREEDMAN - M. HOARE - O.W. OGONAH B.C. ROONEY - O.A. LARIONOV - V.N. DOBROVOLSKY - O.V. LAGUTIN - N. JENKINS, NGlycosylation of recombinant human interferon-gamma produced in different animal expression systems,
in Bio/Technology, 13 (1995), 592; T. MORCOL - R.M. AKERS - J.L. JOHNSON - B.L. WILLIAMS - F.C.
GWAZDAUSKAS - J.W. KNIGHT - H. LUBON - R.K. PALEYANDA - W. DROHAN - W. H. VELANDER,
The porcine mammary gland as a bioreactor for complex proteins, in Annuals of NewYork Academy
Sciences of United States, 721 (1994), 218
39
per migliorare le modificazioni post-traduzionali e quindi la resa in proteina
biologicamente attiva; con elevati livelli di espressione del transgene (a esempio
produzione maggiore di 2g/litro) e una quantità di latte prodotto per lattazione maggiore
di 250 litri, un piccolo gregge di pecore transgeniche, mantenute in condizioni
controllate, può produrre una quantità sufficiente di proteina a scopo terapeutico; nella
tabella VII sono riportate le esigenze di organismi transgenici necessari per soddisfare la
richiesta annuale di alcuni prodotti terapeutici in USA; la produzione di sostanze
farmacologicamente attive nel latte degli animali di interesse zootecnico ottenuti
mediante TN a partire da cellule in coltura rese transgeniche potrebbe costituire una
valida ed efficiente alternativa alla tecnica classica della microiniezione per
l’ottenimento degli animali transgenici; il TN, infatti, rispetto alla microiniezione, che
nei grossi animali ha una bassa efficienza e costi molto elevati, presenta i seguenti
vantaggi operativi:
(i) consente di verificare, attraverso l’inserimento di un marcatore,
l’integrazione del costrutto transgenico in vitro e quindi di selezionare le cellule
portatrici del transgene, senza dover attendere la nascita dell’animale; in particolare,
l’utilizzo della cellula mammaria quale fonte dell’individuo geneticamente
modificato permetterebbe di testare direttamente in coltura la secrezione della
molecola desiderata; una diretta conseguenza di ciò è che la produzione di organismi
transgenici mediante il TN utilizza meno della metà degli animali che vengono
impiegati con la microiniezione; infatti, quest’ultima tecnica comporta la produzione
di un elevato numero di soggetti transgenici dai quali bisogna escludere quelli in cui
il transgene, a causa del fenomeno dell’inserzione casuale, non presenta la
distribuzione voluta; poiché il fenomeno dell’inserzione casuale è tanto più marcato
quanto minore è la dimensione del costrutto da inserire, si è cercato di ovviare a tale
inconveniente mediante l’utilizzo delle cellule ES, nelle quali, grazie a particolari
metodi di trasfezione, come la lipofezione o la fusione con cellule di lievito, è
possibile inserire grandi porzioni di DNA; tale approccio, però è limitato dalla
disponibilità di cellule ES; infatti, sebbene sia stato possibile isolare con successo
questo tipo di cellula nel topo e nel maiale e, recentemente, anche nell’uomo117, non
sono stati riportati successi nella generazione di cellule ES nella maggior parte dei
mammiferi di interesse zootecnico
(ii) viene superato il necessario passaggio attraverso lo stadio di chimera,
rendendo disponibile l’animale geneticamente modificato in prima generazione; negli
ovini, con la microiniezione, il tempo necessario per ottenere un gregge produttore di
latte transgenico è di 3,5 anni se il fondatore è una femmina e 2,5 anni se il fondatore
è un maschio; con il trasferimento nucleare i tempi si riducono a 1,5 anni
(b) ottenimento di animali geneticamente modificati in modo tale che i loro
organi siano compatibili con il sistema immunitario dell’uomo e siano quindi
utilizzabili con successo per il trapianto trans-specifico o “xenotrapianto”
(c) messa a punto di modelli animali per lo studio degli elementi di regolazione
dell’espressione genica nel corso dello sviluppo embrionale e della vita adulta
117
J. GEARHART, New Potential for Human Embryonic Stem Cells, in Science 282 (1998), 1.061.
40
(d) messa a punto di modelli per lo studio e la comprensione delle basi genetiche
di malattie umane ereditarie; in tale contesto, un campo potenziale di applicazione, non
privo di problematiche legate al benessere dell’animale, è la rapida produzione di
mammiferi di grandi dimensioni portatori di difetti genetici simili a quelli che si
verificano nell’uomo; la pecora, a esempio, rispetto al topo , potrebbe costituire un
valido modello per lo studio della fibrosi cistica perché il suo polmone è più simile a
quello dell’uomo; inoltre, dato che la pecora ha una vita media più lunga di quella del
topo, si potrebbero verificare gli effetti a lungo termine di un trattamento terapeutico
(e) utilizzo di organismi geneticamente modificati per valutare la capacità del
transgene di ripristinare il fenotipo normale in un animale knock out, in modo da
verificare che il fenotipo prodotto dalla distruzione del gene sia dovuto al gene stesso e
non all’alterazione o all’espressione di altri geni che si trovano nelle vicinanze del locus
inattivato; la tecnica del knock out si rivela inoltre particolarmente utile per lo studio
delle malattie ereditarie recessive là dove non vi sono i corrispettivi modelli animali di
malattie umane; con gli animali knock out, infatti, una volta che sia stato individuato il
gene responsabile della malattia umana, è possibile isolarne l’omologo murino,
disattivarlo nelle cellule ES e ottenere prima animali eterozigoti e, successivamente
omozigoti per la mutazione in quel determinato gene
(f) anche la profilassi nei confronti della BSE (bovine spongiform
encephalopathy) potrebbe trarre giovamento attraverso la clonazione a partire da cellule
modificate in cui sia stato eliminato il gene della proteina prionica
(g) ottenimento di animali con qualità di accrescimento migliorate; tale
opportunità, sebbene molto interessante per le evidenti ricadute sul sistema ‘produzione
animale’, non sempre viene realizzata con risultati positivi; a esempio, Pursel118 (1990)
riferisce che il sovradosaggio dell’ormone della crescita favorisce l’insorgenza
dell’ulcera gastrica
(h) modificazione della composizione in grassi e proteine del latte al fine di
migliorare la resa in formaggio e di ridurre la carica microbica119; l’importanza dello
studio delle varianti genetiche delle caseine e l’influenza di queste ultime sulle
caratteristiche lattodinamometriche del latte sono state ampiamente esaminate da
Matassino120, Matassino e altri121 e Zullo e altri122 in varie specie di interesse
118
V.G. PURSEL, Expression and performance in transgenic pigs, in Journal of Reproduction and
Fertility, 40 (supplemento) (1990), 235
119
T. RICHARDSON, Chemical modifications and genetic engineering of food proteins, in Journalof
Dairy Science, 68 (1985), 2753; I. WILMUT - A.L. ARCHIBALD - S. HARRIS - M. MC CLENAGHAN J.P. SIMONS - C.B. WHITELAW - A.J. CLARK, Modification of milk composition, in Journal of
Reproduction and Fertility, 41 (Supplemento), (1990), 135; H.C. YOM - R.D. BREMEL, Genetic
engineering of milk composition: modification of milk components in lactanting transgenic animals, in
American Journal of Clinical Nutrition, 58 (1995), 299; L.M. HOUDEBINE, Production of
pharmaceutical proteins from transgenic animals, in Journal of Biotechnology, 34 (1994), 287; E.A.
MAGA - J.D. MURRAY, Mammary gland expression of transgenes and the potential for altering the
properties of milk, in Bio/Technology, 13 (1995), 1452.
120
D. MATASSINO, Il miglioramento genetico nei bovini per la produzione di tipi di latte finalizzati
all’uomo, in Quaderni Frisona, maggio 1992, 70 (Atti Conv. su “Il ruolo del latte nell’alimentazione
dell’uomo” [Paestum, 24-26 ottobre 1991])
41
zootecnico; Jost e altri123 ottengono topi transgenici in grado di produrre latte con un più
basso contenuto di lattosio; un progetto molto ambizioso dell’industria biotecnologica
dei transgeni è quello di “umanizzare” il latte bovino inserendo nei geni per le proteine
del latte sequenze tipiche dei geni umani; nello schema II sono riportate le principali
possibilità di modificazione del latte attraverso l’impiego dei transgeni.
L’isolamento recente anche nella specie umana124 di cellule ES provviste di elevata
attività telomerasica e, in grado, dopo 4-5 mesi di proliferazione in vitro, ancora di
differenziarsi in tutti i tipi di cellula derivate dei tre foglietti embrionali (ectoderma,
mesoderma ed endoderma), offre, in associazione col TN, grandi prospettive in terapia
umana.
Le potenzialità in clinica per le cellule ES umane sono tutte ancora da scoprire;
tuttavia, alcune di esse possono essere sinteticamente esplicitate come segue:
(a) studio in vitro dell’embriogenesi, con particolare riguardo a quelle fasi
peculiari della specie umana le quali, pertanto, non possono essere estrapolate dalle
ricerche condotte su altre specie
(b) studio delle anomalie dello sviluppo embrionale attraverso l’ottenimento di
linee cellulari con modificazioni geniche mirate
(c) scoperta di geni umani
(d) test con farmaci e sostanze potenzialmente tossiche
(e) fonte di cellule per il trapianto di tessuti e di cellule, nonché per la terapia
genica.
Nel campo dei trapianti, possono essere impiegate, oltre che per fornire popolazioni
di cellule per il trapianto, anche come strategia per prevenire o almeno minimizzare il
rigetto, attraverso:
(a) l’ottenimento di linee cellulari ES rappresentative dei principali alleli del
sistema maggiore di istocompatibilità
(b) ottenimento di linee donatrici universali in cui i geni MHC siano stati
geneticamente modificati
(c) ottenimento di cellule ES fatte su misura attraverso la transgenesi e il gene
targeting in cui i geni MHC del ricevente sono introdotti nelle cellule ES attraverso la
ricombinazione omologa
(d) produzione di cellule ES che contengono il genoma del ricevente.
Alcuni scienziati propongono di produrre, anche se ciò non è eticamente
condivisibile dallo scrivente, linee permanenti e stabili di cellule ES utilizzando
121
D. MATASSINO - C.M.A. BARONE - R. BUONO - P. COLATRUGLIO - A. ZULLO - M. MASCIA,
M. (1993). Protein polymorphism and quanti-qualitative characteristics of milk from Italian Friesian and
Brown cows. I. Chemical composition, in Produzione Animale, III Serie, 6 (1993), 75.
122
A. ZULLO - C.M.A. BARONE - P.COLATRUGLIO - D. MATASSINO, Lactodynaometric
charateristics of buffalo milk, in Produzione Animale, III Serie, 6 (1993), 1.
123
B. JOST - J.L. VILOTTE - I. DULUC - J.L. RODEAU - J.L. FREUND, Production of low-lactose milk
by ectopic expression of intestinal lactase in the mouse mammary gland, in Nature Biotechnology 17
(1999), 160.
124
J.A. THOMSON - J. ITSKOVITZ - ELDOR - S.S. SHAPIRO - M.A. WAKNITZ - J.J. SWIERGIEL V.S. MARSHALL - J.M. JONES, Embryonic stem cell lines derived from human blastocysts, in Science,
282 (1998), 1145.
42
“embrione umano” ottenuto mediante trasferimento di una cellula donatrice del paziente
in un “oocita umano ricevente”; successivamente le cellule ES verrebbero indotte a
differenziarsi a seconda delle necessità: sostituire o riparare tessuti danneggiati;
un’alternativa priva di problemi etici è quella di impiegare ES recuperabili dal cordone
ombelicale.
3. BREVETTABILITÀ DELLE INVENZIONI BIOTECNOLOGICHE
Cosa dire della direttiva europea n. 44 del 12.V.1998 sulla brevettabilità delle
innovazioni biotecnologiche? Prima di dare alcune risposte, ricordo che questa Direttiva
definisce <materiale biologico: un materiale contenente informazioni genetiche,
autoriproducibile o capace di riprodursi in un sistema biologico>. Inoltre, credo
volutamente, vi è perfetta sinonimia fra “scoperta” e “invenzione”.
Non condivido:
(a) il comma 2 dell’art. 3 là dove recita: <Un materiale biologico che viene isolato
dal suo ambiente naturale> è brevettabile;
(b) il comma 2 dell’art. 5 là dove recita: <Un elemento isolato dal corpo umano, o
diversamente prodotto, mediante un procedimento tecnico, ivi compresa la sequenza o
la sequenza parziale di un gene può costituire un’invenzione brevettabile, anche se la
struttura di detto elemento è identica a quella di un elemento naturale>.
Tutto l’impianto della direttiva risente, logicamente, dell’impostazione della predetta
“sinonimia”.
Ad esempio, sono accettabili l’invenzione e l’uso del sistema biologico terminator
che può essere impiegato per rendere “biologicamente sterile” un seme prodotto da
determinati “organismi geneticamente modificati”? per il momento vegetali e un
domani animali (?).
Si rifletta, poi, sul principio generale enunciato nel comma 2. dell’art. 3 per tutte le
conseguenze che esso avrà sul livello di biodiversità (animale, fungina, microbica,
vegetale, ecc.) specialmente nei Paesi in via sviluppo (PVS).
4. CONCLUSIONI
1. Si può considerare che tutte le BI sono una condizione necessaria, specialmente
nel lungo periodo, per qualsiasi processo di sviluppo economico generale e specifico.
L’era delle BI può essere considerata alla stregua di quelle che caratterizzano le
innovazioni “industriali” e che come tali vengono definite “rivoluzioni”. Queste ultime,
per la loro caratterizzazione di lungo periodo, sono state chiamate da Schumpeter “cicli
Kondratieff”, in omaggio all’economista russo che li aveva teorizzati negli anni venti.
Possiamo ipotizzare che la quinta rivoluzione “industriale” sarà caratterizzata
dall’impiego delle BI in numerosi campi della vita produttiva; per cui, grazie a questo
nuovo “ciclo Kondratieff” sarà possibile raggiungere dinamici ed elevati gradi di
differenziazione nella produzione di beni che andranno a soddisfare esigenze tra loro
affini, ma sempre meno identiche.
43
2. Siamo stati educati, fortunatamente, al pluralismo che, mutatis mutandis, coincide
con il polimorfismo biologico. Tuttavia, questo polimorfismo che portiamo dentro di
noi dovrebbe incoraggiarci a ricercare una soluzione quanto più possibile unitaria anche
se attraverso una gamma ideale di sistemi diversi che vengano incontro al polimorfismo
biologico che portiamo dentro di noi. Il pluralismo è una grande filosofia
comportamentale, in quanto esso deve essere comprensione degli altri, deve essere una
questione morale e comportamentale e non deve essere una questione di fede e di
capacità intellettiva. Educare al pluralismo non deve significare insegnare il dubbio e la
diffidenza, o peggio ancora, la neutralità. Scomodando J. Piaget e procrastinando l’età
evolutiva oltre quella adolescenziale, noi, che abbiamo superato un determinato
traguardo temporale, abbiamo il dovere di educare nel pluralismo, nel senso di rispettare
il diritto di espressione di ciascuna entità culturale e di giungere a una soluzione,
dinamica nel tempo e nello spazio, che sia in grado di interpretare le diversità
nell’unicità teleologica. Diceva J. Maritain che lo scetticismo è altrettanto dannoso e
intollerante come il fanatismo. Educare nel pluralismo deve significare garantire a
ciascuna entità culturale di poter verificare la propria convinzione nel rispetto di quella
degli altri.
3. La realtà è sondabile all’infinito: la scepsi deve sempre guidare il politico, il
ricercatore e l’operatore specialmente se operano nel campo biologico (considerata la
complessità dei rapporti fra le varie componenti di tale sistema); essi devono sempre
assumere un atteggiamento (un comportamento) di dubbio verso i risultati ottenuti da
qualsiasi processo cognitivo. Così comportandosi, si pone un impegno vero e autentico,
perché – come il montanaro che procede con passo lento, cadenzato e continuo – si sa di
poter raggiungere orizzonti lontani e sempre nuovi e gratificanti.
4. I cambiamenti che vi saranno, grazie al dinamismo cognitivo in atto, costituiranno
i punti focali del vivere delle future generazioni umane. Generazioni che risentiranno in
modo più o meno marcato delle contrapposizioni ideologiche che scaturiranno da una
diversa visione e da una differente consapevolezza dell’effetto dei precedenti
cambiamenti. A loro volta, questi ultimi solo apparentemente interesseranno la vita
materiale, ma, in realtà, si ripercuoteranno su quelle che saranno le modalità e le idee di
concepire la vita sociale, la vita di relazione, la vita di solidarietà. Tutto quanto ora detto
influirà sulle forze morali che sempre di più dovranno impegnare le future scelte della
società affinché si dia vita a una civiltà fortemente avanzata, ma profondamente
rispettosa dei canoni fondamentali che regolano la vita di solidarietà delle genti.
5. Bisognerà evitare assolutamente che il pianeta terra si potrà trasformare in quella
che viene chiamata una “roulette ecologica”. Sulla base di questo futuribile scenario,
Rifkin, presidente della Foundation of Economic Trends di Washington, ha posto alcune
domande alle quali bisognerà dare risposte non elusive: <Nel riprogrammare i codici
genetici della vita non rischiamo una fatale interruzione di milioni di anni di sviluppo
evolutivo? Non sussiste il rischio di diventare alieni in un mondo popolato da creature
clonate, chimeriche e transgeniche?>.
6. Dice Jacob125 (1997): <il mondo vivente è una sorta di combinatori di elementi in
numeri finiti e rassomiglia al prodotto di un gigantesco “meccano”>. È questo un
125
F. JACOB – La Souris, la Mouche et l’Homme, Odile Jacob, Paris, 1997.
44
cambiamento totale di prospettiva che è sopraggiunto nel mondo della biologia nel
corso di questi ultimi anni. Lo scienziato naviga tra due poli: il desiderabile e il
possibile. Senza il possibile, il desiderabile non è che sogno. Senza il desiderabile, il
possibile non è che noia. Spesso è difficile resistere al sogno, ma la sperimentazione
permette di contenere l’immaginazione. A ogni tappa, lo scienziato è obbligato a esporsi
alla critica e all’esperienza per limitare la parte del sogno nella rappresentazione che
egli elabora. Il metodo scientifico consiste nel confrontare senza tregua ciò che
potrebbe essere e ciò che è. È questione qui di molecole, di riproduzione e del bricolage
dell’evoluzione. È questione pure del metodo che seguono i biologi, con cui essi
esaminano “il bello e il vero, il bene e il male”.
7. È il singolo ricercatore che, responsabilmente e ineludibilmente, deve porsi
l’istanza etica. Infatti, il sacerdozio dell’uomo di scienza, come ha sottolineato
Giovanni Paolo II, non può misconoscere la forza dell’istanza etica, pur nell’utilità
della conoscenza dei meravigliosi meccanismi biologici che presiedono alla vita di
relazione, qualunque sia il suo livello di organizzazione: da quello submolecolare a
quello ecosistemico.
8. È da auspicare che tutta l’umanità, sinergicamente e in modo determinante,
contribuisca a costruire un futuro sempre più a misura dell’uomo, in quanto è la
persona umana che va collocata al centro dell’universo, della società e della stessa
scienza. In fondo, è questo modello personalista che deve guidare qualsiasi azione
dell’uomo. Solo una visione personalista, ben lontana da quella monodiana o da quella
pragmatista-utilitarista o da quella socio-biologica, sarà in grado di guidare le azioni
umane in modo tale che queste abbiano sempre come fine l’uomo.
9. Viviamo in una società il cui programma principe è la soddisfazione di tutti i
desideri con una corsa frenetica verso la saturazione che può significare “pienezza”
anche del pensiero. Lo strumento principe per ridurre, se non evitare, questa “pienezza”
del pensiero è la “palestra” di formazione e sviluppo delle idee: la scuola di ogni ordine
e grado. Solo in essa è possibile far sviluppare le forme nobili della inquietudine del
pensiero di cui era pervaso sant’Agostino (inquietum cor nostrum). Concludo con
questa frase dello scrittore francese J. Green: <Finché si è inquieti, si può stare
tranquilli>.
10. Concludo con la seguente espressione da l’Ecclesiaste (1,18) e con una domanda
che sottopongo alla riflessione: <Dove c’è molta scienza v’è molta molestia ed
accrescendo il sapere si aumenta il dolore>. È vero?
45
OPERE CITATE
BABINET, C., RICHOUX, V., GUENET, J.L. e RENARD, J.P. (1990). The DDK
inbred strain as a model for the study of interactions betweeen parental genomes and
egg cytoplasm in mouse preimplantation development. Development, (suppl.), 81.
BARLOW, D.P. STOGER, R., HERMANN, B.G., SAITO, K. e SCHWEIFER, N..
(1991). The mouse insulin-like growth factor type 2 receptor is imprinted and closely
linked to the TME locus. Nature, 349, 84.
BARTON, S.C., SURANI, M.A.H. e NORRIS, M.L. (1984). Role of paternal and
maternal genomes in mouse development. Nature, 311, 374.
BEHBOODI, E., ANDERSON, G.B., BON DURRANT, R.H., CARGILL, S.L.,
KREUSCHER, B.R., MEDRANO, J.F. e MURRAY, J.D. (1995). Birth of large calves
that developed from in vitro - derived bovine embryos. Theriogenology, 44, 227.
BLASCO, M.A., LEE, W.L., HANDE, M.P., SAMPER, E., LANSDORP, P.M.,
RONALD, A.D. e GREIDER, C.W. (1997). Telomere shortening and tumor formation
by mouse cells lacking telomerase RNA. Cell, 91, 25.
BLECK, G.T., JIMÈNEZ-FLORES, R., WHEELER, M.B. (1995). Production of
transgenic animals with altered milk as a tool to modify milk composition, increase
animal growth and improve reproductive performance. Atti XXIX Simp. Int. di
Zootecnia, Milano, 13-14 maggio 1994, 1.
BODNAR, A.G., QUELLETTE, M., FROLKIS, M., HOLT, S.E., CHIU, C.P.,
MORIN, G.B., HARLEY, C.B., SHAY, J.W., LICHTSTEINER, S. e WRIGHT, W.E.
(1998). Extension of life span by introduction of telomerase into normal human cells.
Science, 279, 349.
BOYAZOGLU, S.E.A. (1997). Clonazione di embrioni mediante trapianto nucleare
nella specie ovina. Tesi di Laurea, Università degli Studi di Perugia, Facoltà di
Medicina Veterinaria.
BONDIOLI, K. R., WESTHUSIN, M. E. e LOONEY, C. R. (1990). Production of
identical bovine offspring by nuclear transfer. Theriogenology, 33, 165.
BREMEL, R.D. (1993). Prospects for modification of milk proteins and fat
composition through genetic engineering. Atti XXVII Simp. Int. di zootecnia. Milano, 3
aprile 1992, 27.
BRIGGS, R. (1979). Genetics of cell type determination. Int. Rev. Cytol. Suppl. 9,
107.
46
BRIGGS, R. e KING, T.J. (1952). Transplantation of living nuclei from blastula cells
into enucleated frogs” eggs. Proc. Natl. Acad. Sci. USA, 38, 455.
BROMHALL, J.D. (1975). Nuclear transplantation in the rabbit egg. Nature, 258,
719.
BUHLER, A., RENDING, T., WENT, D. F. WEILENMANN, R., FRIES, R. e
STRANZINGER, G. (1987). Microinjection of mouse IGM-genes into pronuclei of
rabbit eggs. Proc. Ann. Conf. Int. Embryo Transf. Soc., Dublin, Ireland 25-27 January,
216.
CAMPBELL, K., MCWHIR, J., RITCHIE, B. e WILMUT, I. (1995). Production of
live lambs following nuclear transfer of cultured embryonic disc
cells.Theriogenology,43, 181.
CAMPBELL, K., MCWHIR, J., RITCHIE, B. e WILMUT, I. (1996). Sheep cloned
by nuclear transfer from a cultured cell line.Nature, 380, 64.
CARVER, A.S., DALRYMPLE, M.A., WRIGHT, G., COTTOM, D.S., REEVES,
D.B., GIBSON, Y.H., KEENAN, J.L., BARRASS, J.D., SCOTT, A.R., COLMAN, A. e
GARNER, I. (1993). Transgenic livestock as bioreactors: stable expression of human
alpha-1-antitrypsin by a flock of sheep. Biotechnology, 11, 1263.
CHEN, L.R., WU, M.C.e SHIUE, Y.L. (1992). The cytoplasmatic effect of
enucleated Landrance ooocytes on the expression of small-ear nucleus in nuclear
transplanted pigs. Proc. 12th Int. Cong. Anim. Reprod., 3, 375 (abstr.).
CIBELLI, J.B., STICE, S.L., GOLUEKE, P., KANE, J.J., JERRY, J.,
BLACKWELL, C., PONCE DE LEON, F.A. e ROBL, J.M. (1998). Cloned transgenic
calves produced from nonquiescent fetal fibroblasts . Science, 280, 1256.
CLEMSON, C.M., McNEIL, J.A., WILLARD, H.F. e LAWRENCE, J.B. (1996).
Xist RNA paints the inactive X chromosome at interphase: evidence for a nowel RNA
involved in nuclear/chromosome structure. J. Cell Biol., 132, 259.
CLOUGH e altri (1982). Citato da HOLLIDAY, R. (1987).
COCKETT, N. E., JACKSON, S.P., SHAY T.L., NIELSEN, D., MOORE, S. S.,
STEELE, M. R., BARENDSE, W., GREEN, R. D., e GEORGES, M. (1994).
Chromosomal localization of the callipyge gene in sheep (Ovis aries ) using bovine
DNA markers. Proc. Natl. Acad. Sci. USA, 91, (8), 3019.
COCKETT, N. E., JACKSON, S.P., SHAY T.L., FARNIR, F., BERGHMANS, S.,
SNOWDER, D.M., NIELSEN, D.M. e GEORGES, M. (1996). Polar overdominance at
the ovine callipyge locus. Science, 273, 236.
47
COLLAS, P. e BARNES, F.L. (1994). Nucclear transplantation by microinjection of
inner cell mass and granulosa cell nuclei. Mol. Reprod. Dev., 38, 264.
COLLAS, P., BALISE, J. J. e ROBL, J. M. (1992a). Influence of cell cycle stage of
the donor nucleus on development of nuclear transplant rabbit embryos. Biol. Reprod.,
46, 492.
COLLAS, P., PINTO CORREIRA, C., PONCE DE LEON, F.A. e ROBL, J.M.,
(1992b), Effect of donor cell cycle stage on chromatin and scindle morphology in
nuclear transplant rabbit embryos. Biol. Reprod., 46, 501.
COOKE, H.J. e SMITH, B.A. (1986). Variability at the telomeres of the human X/Y
pseudoautosomal region. Cold Spring Harb. Symp. Quant. Biol., 51, 213.
COVIELLO-McLAUGHLIN, G.M. e PROWSE, K.R. (1997). Telomere lenght
regulation during postnatal development and ageing in Mus spretus . Nucleic Acid
Research, 25 (15), 3051.
DAO, D., WALSH, C.P., YUAN, L., GORELOV, D., FENG, L., HENSLE, T.,
NISEN, P., YAMASHIRO, D.J., BESTOR, T.H. e TYCKO, B. (1999). Multipoint
analysis of human chromosome 11p15/mouse distal chromosome 7: inclusion of
H19/IGF2 in the minimal WT2 region, gene specificity of H19 silencing in Wilms”
tumorigenesis and methylation hyper- -dependence of H19 imprinting. Hum. Mol.
Genet., 8, (7), 1.337.
DE CHIARA, T.M. ROBERTSON, E.J. e EFSTRATIADIS, A. (1991). Parental
imprinting of the mouse insulin-like growth factor 2 gene. Cell, 64, 849.
DEVINOY, E., THEPOT, D., STINNAKRE, FONTAINE, M.G., GRABOWSKI, H.,
PUISSANT, C., PAVIRANI, A. e HOUDEBINE, L.M. (1994). High level production of
human growth hormone in the milk of transgenic mice: the upstream region of the rabbit
whey acidic protein (WAP) gene targets transgene expression to the mammary gland.
Transgenic Research, 3, 79.
DiBERARDINO, M.A. e KING, T.J. (1967). Development and cellular
differentiation of neural nuclear transplants of known kariotypes. Dev. Biol. 29, 385.
DROHAN, W.N., ZHANG, D.W., PALEYANDA, R.K., CHANG, R., WROBLE,
M., VELANDER, W.H. e LUBON, H. (1994). Inefficient processing of human protein
C in the mouse mammary gland. Transgenic Res., 3, 355.
EBERT, K.M. e SCHINDLER, J.E.S. (1993). Transgenic farm animals: progress
report. Theriogenology, 39, 121.
48
EVANS, M.J. e KAUFMAN, M.H. (1981). Establishment in culture of pluripotential
cells from mouse embryos. Nature 292, 154.
FABRICANT, J. D., NUTI, L. C., MINHAS, B. S., BAKER, W. C., CAPEHART, J.
S., MARROCK, P., CHALMERS, J. H., BRADBURY, M. W. e WARNACK, J. E.
(1987). Gene transfer in gcats. Proc. Ann. Conf. Int. Embryo Transf. Soc., Dublin,
Ireland, 25-27 January, 229.
FARIN, P.F. e FARIN, C.E.(1995). Transfer of bovine embryos produced in vivo or
in vitro: survival and fetal development. Biol. Reprod., 52, 676.
FREVEL, M.A., SOWERBY, S.J., PETERSEN, G.B. e REEVE, A.E. (1999).
Methylation sequencing analysis refines the region of H19 epimutation in Wilms tumor.
J. Biol. Chem. , 274, (41), 29.331.
GARRET, J.E., GEISERT, R.D., ZAVY, M.T. e MORGAN, G.L. (1988). Evidence
for maternal regulation of early conceptus growth and development in beef cattle. J
Reprod. Fertil. , 84, 437.
GARRY, F.B., ADAMS, R., McCANN, J.P. e ODDE, K.G.(1996). Citato da Kato e
altri, 1998.
GASSON e altri (1983). Citato da HOLLIDAY, R. (1987).
GEBARA, M.M., DREVON, C., HARCOURT, S.A., STEINGRIMSDOTTIR, H.,
JAMES, M.R., BURKE, J.F., ARLETT, C.F. e LEHMANN, A.R. (1987). Inactivation
of a transfected gene in human fibroblasts can occur by deletion, amplification,
phenotypic switching or methylation. Molec. Cell. Biol., 7, 1459.
GEARHART, J. (1998). New Potential for Human Embryonic Stem Cells. Science,
282, 1.061.
GORDON, K., LEE, E., VITALE, J.A., SMITH, A.E., WESTPHAL, H. e
HENNIGHAUSEN, L. (1987). Production of human tissue plasminogen activator in
transgenic mouse milk. Bio/Technology, 5, 1183.
GURDON, J.B. (1962). The developmental capacity of nuclei taken from intestinal
epithelial cells of feeding tadpoles. J. Embryol. Exp. Morphol. 10, 622.
GURDON, J.B. (1968). Transplanted nuclei and cell differentiation. Sci. Am. 219,
(6), 24.
GURDON, J.B. (1977). Egg cytoplasm and gene control in development. Proc. Roy.
Soc. Lond. [Biol.] 198, 211.
49
GURDON, J.B. e UEHLINGER, V. (1966). “Fertile” intestinal nuclei. Nature 210,
1240.
GURDON, J. B., LASKEY, R. A. e REEVERS, O. R. (1975). The developmental
capacity of nuclei transplanted from keratinized cells of adult frogs. J. Embryol. Exp.
Morphol. 34, 93.
HAMMER, R.E., PURSEL, V.G., REXROAD, C.E., WALL, R.J., BOLT, D.J.,
EBERT, K.M., PALMITER, R.D. e BRISTER, R.L. (1985). Production of transgenic
rabbits, sheep and pigs by microinjection. Nature, 315, 680.
HARLEY, C.B., FUTCHER, A.B. e GREIDER, C.W. (1990). Telomeres shorten
during ageing of human fibroblasts. Nature, 345, 458.
HERZING, L.B.K., ROMER, J.T., HORN, J.M. e ASHWORTH, A. (1997). Xist has
properties of the X-chromosome inactivation centre. Nature, 386, 272.
HICKEY e JONES (1986). Citato da HOLLIDAY, R. (1987).
HOLLIDAY, R. (1984). Controlling Events in Meiosis, C.W. Evans and H. G.
Dickinson (Eds.). Company of Biologists, Cambridge, U.K., 381.
HOLLIDAY, R. (1989). Un tipo diverso di trasmissione ereditaria. Le Scienze, 252,
32.
HOLLIDAY, R. (1990). DNA methylation levels of maternal and paternal genomes
during preimplantation development. Philos. Trans. R. Soc. Lond., B326, 329.
HOLM, P., NAGASHINA, H., SUN, F.J., SEAMARK, R.F. (1995). In vitro and in
vivo development of cloned ovine emrbyos using in vitro and in vivo matured oocytes.
Reprod. Dom. Anim. 30, 125.
HOUDEBINE, L.M. (1994). Production of pharmaceutical proteins from transgenic
animals. J. Biotechnol., 34, 287.
HUYNH, H., ALPERT, L. e POLLAK, M. (1996). Silencing of the mammaryderived growth inhibitor (MDGI) gene in breast neoplasms is associated with epigenetic
changes. Cancer Res. , 56, (21), 4.865.
ILLMENSEE, K. e HOPPE, P.C. (1981). Nuclear transplantation in Mus musculus:
developmental potential of nuclei from preimplantation embryos. Cell, 23, 9.
ITOH, T., AOYAGI, Y., KONISHI, M., ITAKURA, H., TAKEDOMI, T.,
YAZAWA, S. e AKANE, K. (1998). Nuclear transfer of bovine embryonic disc cells.
Theriogenology, 49, 322.
50
JÄHNER e altri (1982). Citato da HOLLIDAY, R. (1987).
JAMES, D.C., FREEDMAN, R.B., HOARE, M., OGONAH, O.W., ROONEY, B.C.,
LARIONOV, O.A., DOBROVOLSKY, V.N., LAGUTIN, O.V. e JENKINS, N. (1995).
N-Glycosylation of recombinant human interferon-gamma produced in different animal
expression systems. Bio/Technology 13, 592.
JAENISCH, R. (1976). Germ line integration and Mendelian trasmission of the
exogenous Moloney leukemia virus. PNAS, 77 (12), 7.380.
JAENISCH, R. e MINTZ, B. (1974). Proc. Natl. Acad. Sci., USA, 71, 1.250.
JOST, B., VILOTTE, J.L., DULUC, I., RODEAU, J.L. e FREUND , J.L. (1999).
Production of low-lactose milk by ectopic expression of intestinal lactase in the mouse
mammary gland. Nature Biotechnology, 17, 160.
KATO, Y., TANI, T., SOTOMARU, Y., KUROKAWA, K., KATO, J., DOGUCHI,
YASUE, H. e TSUNODA, Y. (1998). Eight calves cloned from somatic cells of a single
adult. Science, 282, 2095.
KEEFER, C.L., STICE, S.L. e MATTEWS, D.L. (1994). Bovine inner mass cell as
donor nuclei in the production of nuclear transfer embryos and calves. Biol. Reprod., 50,
935.
KING, T.J. e BRIGGS, R. (1956). Serial transplantation of embryonic nuclei. Cold
Spring Harbor Symp. Quant. Biol., 21, 271.
LAVITRANO, M., LULLI, V., MAIONE, B., SPERANDIO, S., ZANI, M.,
FRANCOLINI, M., ZORAQI, G., SPADAFORA, C. (1995). Sperm DNA interaction:
sperm cells as vectors of exogenous DNA for the production of transgenic animals. Atti
XXIX Simp. Int. di Zootecnia, Milano, 13 maggio 1994. Ed. Elsevier, 111.
LEE, J.T., STRAUS, W.M., DAUSMAN, J.A. e JAENISCH, R.A. (1996a). 450 kb
transgene displays properties of fhe mammalian X-inactivation center. Cell, 86, 83.
LEE, C.S., KIM, K., YU, D.Y. e LEE, K.K. (1996b). An efficient expression of
human growth hormone (hGH) in the milk of transgenic mice using rat __casein/hGH
fusion genes. Appl. Biochem. Biotechnol., 56, 211.
LOI, P., GALLUS, M., DATTENA, P., LEDDA, S., NAITANA, S. (1992). The use
of IVM oocytes for nuclear transplantation in sheep embryos. J. Reprod. Fertil, 34, 63.
(Abstract).
LOI, P., MATASSINO, D., LUCIA, M., BOYAZOGLU, J. e CAPPAI, P. (1996).
Production of genetically identical offsprings in sheep by nuclear transplantation. Proc.
51
VII Congress on University and Biotechnology Innovation, Genova, July 15-16, 1996,
82.
LOI, P., BOYAZOGLU, S., LEDDA, S., NAITANA, S., CAPPAI, P., WILMUT, I. e
CASU,, S. (1997). Embryo cloning in sheep: work in progress. Theriogenology, 4, 1.
LYON, M.F. (1992). Some milestones in the history of X-chromosome inactivation.
Annu. Rev. Genet., 26, 16.
MAGA, E.A. e MURRAY, J.D. (1995). Mammary gland expression of transgenes
and the potential for altering the properties of milk. Bio/Technology, 13, 1452.
MAREK, D.E., PRYOR, J.H., WHITESELL, T.H. e LOONEY, C.R. (1990). Nuclear
trasplantation in the bovine: effect of donor embryo age on subsequent embryo
production. Theriogenology, 33, 283.
MATASSINO, D. (1988a). Il futuro delle biotecnologie nelle produzioni animali:
alcuni aspetti scientifici e tecnici. Prod. Anim., 1, III Serie, 35.
MATASSINO, D. (1988b). Lo sviluppo delle biotecnologie: aspetti scientifici e
prospettive per il futuro. Atti Conv. “Le nuove frontiere della selezione: dalla
fecondazione artificiale alle biotecnologie”, Cremona, 18 settembre 1987. L’Allevatore,
44, (33), supplemento.
MATASSINO, D. (1989). Biotecnologie: applicazioni e prospettive. L’Italia
agricicola, 128, (3), 101.
MATASSINO, D. (1990). Micromanipolazione embrionale per l’incremento
dell’efficienza riproduttiva dei bovini. Atti XLIV Conv. SISVET, Stresa, 27-29
settembre, 47.
MATASSINO, D. (1992a). Il ruolo del germoplasma autoctono nell’ecosistema
culturale. Atti Conv. “Progetto ambiente 1992”, Colle Sannita (BN), 14-15 febbraio
1992. Impariamo dalla natura. L’Allevatore, 48 (17), 18.
MATASSINO, D. (1992b). Il miglioramento genetico nei bovini per la produzione di
tipi di latte finalizzati all’uomo. Quaderni Frisona, maggio 1992. Atti Conv. su “Il
ruolo del latte nell’alimentazione dell’uomo”, Paestum, 24÷26 ottobre 1991, 70.
MATASSINO, D. (1996a). Quel bene culturale a salvaguardia del territorio. Atti
Conv. “Agricoltura, agriturismo e viabilità per il decollo di Tammaro e Fortore”, Colle
Sannita (BN), 11-12 maggio 1996. L’Allevatore, 52 (27), 10.
MATASSINO, D. (1996b). L’animale autoctono quale bene culturale. Atti Conv.
“Ruolo del germoplasma animale autoctono nella salvaguardia del territorio”, Bari, 17
settembre 1996. Terra Pugliese, 45 (11- -12), 3. L’Allevatore, 53 (10), inserto, 1997.
52
MATASSINO, D. (1996c). Clonazione e trasferimento nucleare. In: La riproduzione
in zootecnia, a cura di G. Enne e G. Rossi, Raiz, Vol. II., 61.
MATASSINO, D. (1997a). Biodiversità e allevamento animale. Atti Conv.
“Zootecnia e Parchi-Produzione di qualità e tutela dell’ambiente”, Massa, 11-12
ottobre 1996. Zoot. Nutr. Anim., 23, supplemento, 13.
MATASSINO, D. (1997b). La zootecnia in un parco. Atti Conv. “Il parco come
punto d’incontro di problematiche socio-economiche di un territorio, con particolare
riferimento alla zootecnia”, Tignale (BS), 6 giugno 1997, 9.
MATASSINO, D. (1997c). La biodiversità base insostituibile per una produzione
animale a misura d’uomo. Atti 3. Conv. Naz. “Biodiversità - Tecnologie -Qualità”,
Reggio Calabria, 16-17 giugno 1997. Ed. Laruffa, 29.
MATASSINO, D. (1998a). Problematiche e applicazioni della clonazione degli
animali in produzione zootecnica. Lettura, Accademia dei Georgofili, Firenze 8 maggio
1997. I Georgofili - Quaderni “97, n.6, 29.
MATASSINO, D. (1998b). Tecnologie innovative nell’agricoltura e
nell’agroindustria. Atti Tercer Seminario “Tendencias de la Investigación Agricola en
el ámbito Mediterráneo”. Madrid, 25-26 maggio 1998, (in c.d.s.).
MATASSINO, D. (1999). La clonazione ha un futuro in zootecnia?. Atti Conf.
Società Agraria di Lombardia “La clonazione ha un futuro in zootecnia?”, Milano, 5
dicembre 1997. (in c.d.s.).
MATASSINO, D. e ROSSI, G. (1998). Biotechnologies and genetic improvement.
Proc. of Third course on biotechnology of reproduction in buffaloes, under the auspices
of 5th World Buffalo Congress. Caserta, 6÷10 ottobre 1997. Bubalus Bubalis 4,
supplemento (2), 269,1998.
MATASSINO, D., PALAZZO, M. e CAPPUCCIO, A. (1993a). Micromanipolazione
degli embrioni.Tavola Rotonda su “Biotecnologie avanzate e produzione animale”,
Reggio Emilia, 1 giugno 1993. Atti X Cong. Naz. ASPA, 19.
MATASSINO, D., CAPPUCCIO, A., GRASSO, F. e PALAZZO, M. (1993b).
Preservation of animal germoplasm at risk of extinction in Italy: the centre for the
defence of animal genetic resources of Circello. FAO UNEP - Animal Genetic
Resources Information, 12, 27.
MATASSINO, D., BARONE, C.M.A., BUONO, R., COLATRUGLIO, P., ZULLO,
A. e MASCIA, M. (1993c). Protein polymorphism and quanti-qualitative characteristics
of milk from Italian Friesian and Brown cows. I. Chemical composition. Prod. Anim.,
III Serie, 6, 75.
53
MATASSINO, D., CAPPUCCIO, A. e LUCIA, M. (1995). Cloning of animals in
zootechnical production. Proc. “Italy - Australia Scientific Weeks 1995”. Centenary of
G. Marconi, Sydney (Australia), 20 maggio 1995.
McEVOY, T. G., STOCK, M., BARRY, T. KEANE, B., GANNON, F. e
SREENAN, J. M. (1987). Direct gene transfer by microinjection. Proc. Ann. Conf. Int.
Embryo Transf. Soc., Dublin, Irealnd, 25-27 Juanary, 258.
McGRATH, J. e SOLTER, D. (1983a). Nuclear transplantation in the mouse embryo
using microsurgery and cell fusion. Science, 220, 1300.
McGRATH, J. e SOLTER, D. (1983b). Nuclear transplantation in mouse embryos. J
Exp. Zool., 2281, 365.
McGRATH, J. e SOLTER, D. (1984) - Completion of mouse embryogenesis requires
both the maternal and paternal genomes. Cell, 37, 179.
McKINNEL, R.G. (1978). Cloning. Nuclear transplantation in Amphibia. University
of Minnesota Press, Minneapolis.
McLAREN, A. (1982). The embryo-in Reproduction in Mammals 2: Embryonic and
Fetal Development. C.R. Austin and R.V. Short. Cambridge University Press.
MINTZ, B. e CRONMILLER, A. (1981). Somatic Cell. Gen., 7, 489.
MORCOL, T., AKERS, R.M., JOHNSON, J. L., WILLIAMS, B. L.,
GWAZDAUSKAS, F. C., KNIGHT, J. W., LUBON, H., PALEYANDA, R.K.,
DROHAN, W. N., AND VELANDER, W. H. (1994). The porcine mammary gland as a
bioreactor for complex proteins. Ann. NY Acad. Sci., 721, 218-233.
MOUSTAFA”, L.A., HAHN, J. e ROSELIUS, R. (1978). Versuche zur geschlechts
best innaung an tag 6 und 7 alten rinderembryonen. Berl. Munch. Tierarz Tl. Wschr., 91,
236.
MOYZIS, R.K., BUCKINGHAM, J.M., CRAM, L.S., DANI, M., DEAVEN, L.L.,
JONES, M.D., MEYNE, J., RATLIFF, R.L. e WU, J-R. (1988). A highly conserved
repetitive DNA sequence, (TTAGGG)n, present at the telomeres of human
chromosomes. Proc. Natl. Acad. Sci., 85, 6622.
MULLEN, R.J e HOORNBECK, F.K. (1970). Genetic aspects of fertility and
endocrin organ size in rats. Gen. Res., 16, 251.
NIGG, E.A. (1990). Nuclear function and organization: the potential at
immunochemical approaches. Int. Rev. Cyt., 110, 27.
54
NORMILE, D. (1998). Bid for better beef gives Japan a leg up on cattle. Science,
282, 1.975.
NORTHEY, D.L., LEIBFRIED-RUTLEDGE, M.L., NETTLEMAN, P.R., FIRST,
N.L. (1992). Development of bovine nuclear transfer embryos in vivo and in vitro
culture systems. Theriogenology, 37, 266. (Abstract).
OH, B., HWANG, S.Y., SOLTER, D. e KNOWLETZ, B.B. (1997). Splindlin a
major maternal transcript expressed in the mouse during the transition from oocyte to
embryo. Development, 124, 493.
OLOVNIKOF, A.M.J. (1978). Citato da Shiels e altri (1999).
OZIL, J. P., HEYMAN, Y. e RENARD, J. P. (1982). Production of monozygotic
twins by micromanipulation and cervical transfer in the cow. Vet. Rec., 110, 126.
Theriogenology, 30, 751.
PALMITER, R. D., BRIRISTER, R. L., HAMMER, R. E., ROSENFELD, M. G.,
BIRNBERG, M. C. e EVANS, R.M. (1982). Dramatic growth of mice that develop
from eggs microinjected with metallothionein-growth hormone fusion gene. Nature,
300, 611.
PENNY, G.D., KAY, G.F., SHEARDOWN, S.A., RASTAN, S. e BROCKDORFF,
N. (1996). Requirement for Xist in X chromosome inactivation. Nature, 379, 131.
PERLS, T.T. e FRETTS, R.C. (1999). Perché le donne vivono più a lungo degli
uomini. Le Scienze - Dossier, 2, 93.
PERSUY, M.A., STINNAKRE, M.G., PRINTZ, C., MAHE, M.F. e MERCIER, J.C.
(1992). High level expression of the__-casein gene in transgenic mice. Europ. J.
Biochem., 205, 887.
PIETERSE, M.C., KAPPEN, K.A. KRUIP, ThAM., TAVERNE, MAM. (1988).
Aspiration of bovine oocytes during transvaginal ultrasound scanning of the ovaries.
Theriogenology, 30, 751.
PRATHER, R.S., SIMS, M.M. e FIRST, N.L. (1989). Nuclear transplantation in
early pig embryos. Biol. Reprod., 41, 414.
PRATHER, R.S., BARNES, F.L., SIMS, M.M., ROBL, J.M., EYESTONE, W.H., e
FIRST, N.L.(1987). Nuclear transplantation in the bovine embryo: assessment of donor
nuclei and recipient oocyte. Biol. Reprod., 37, 869.
PURSEL, V.G. (1990). Expression and performance in transgenic pigs. J Reprod.
Fertil. Suppl., 40, 235.
55
PURSEL, V.G. e REXROAD, C.E. (1993). Recent progress in the transgenic
modification of swine and sheep. Mol. Reprod. Dev., 36, 251.
RASTAN, S. (1994). X Chromosome inactivation and the Xist gene. Curr. Opin.
Genet. Dev. , 4, 292.
REDDY, V.B., VITALE, J.A., WEI, C., MONTAYA-ZAVALA, M., STICE, S.L.
BALISE, J. e ROBL, J.M. (1991). Expression of human growth hormone in the milk of
transgenic mice. Anm. Biotech., 2, 15.
REIK, W., ROMER, I., BARTON, S.C., SURANI, M.A., HOWLETT, S.K. e
KLOSE, J. (1993). Adult phenotype in the mouse can be affected by epigenetic events
in the early embryo. Development, 119, 933.
RICHARDSON, T. (1985): Chemical modifications and genetic engineering of food
proteins. J. Dairy Sci., 68, 2753-2762.
RIFKIN, J. (1998). Il secolo Biotech-il commercio genetico e l’inizio di una nuova
era. Ed. Baldini e Castaldi, Milano, 382 pp.
ROBL, J.M. e FIRST, N.L. (1985). Manipulation of gametes and embryos in the pig.
J. Reprod. Fertil., 33 (Suppl.), 101.
ROBL, J.M., PRATHER, R., EYESTONE, W., BARNES, F., NORTHEY, D.,
GILLIGAN, B. e FIRST, N.L. (1986a). Nuclear transplantation in bovine embryos.
Theriogenology, 25, 189.
ROBL, J.M., GILLIGAN, B., CRITSER, E.S. e FIRST, N.L. (1986b). Nuclear
transplantation in mouse embryos: assessment of recipient cell stage. Biol. Reprod., 34,
733.
ROBL, J.M., PRATHER, R., BARNES, F., EYESTONE, W., NORTHEY, D.,
GILLIGAN, B. e FIRST, N.L. (1987). Nuclear transplantation in bovine embryos. J.
Anim. Sci., 64, 642.
ROTHSTEIN, J.L., JOHNSON, D., DE LOIA, J.A., SKOWRONSKI, J. E.
SOLTER, D. E KNOWLES, B. (1992). Gene expression during preimplantion mouse
development. Genes & Developmment, 6, 1190.
SAITO, S. e altri (1992). Citato da Cibelli e altri (1998).
SCHNIEKE, A.E., KIND, A.J., RITCHIE, MYCOCK, K., SCOTT, A.R., RITCHIE,
M., WILMUT, I., COLMAN, A. e CAMPBELL, K.H.S. (1997). Human factor IX
transgenic sheep produced by transfer of nuclei from transfected fetal fibroblasts.
Science, 278, 2130.
56
SCHORDERET, D.F., KEITGES, E.A., DUBOIS, P.M. e GARTLER, S.M. (1988).
Inactivation and reactivation of sex-linked steroid sulphatase gene murine cell culture.
Som. Cell. molec. Genet., 14, 113.
SEIDEL, F. (1952). Die Entwicklungspotenzen einer isolierten Blastomere des
Zweizellenstadiums im Säugetierei. Naturwissenschaften, 39, 355.
SHIELS, P.G., KIND, A.J., CAMPBELL, K.H.S., WADDINGTON, D WILMUT, I.,
COLMAN, A. e SCHNIEKE, A. (1999). Analysis of telomere lenghts in cloned sheep.
Nature, 399, 316.
SHUTANG, F. Comunicazione personale.
SIMS, M. e FIRST, N.L. (1993). Production of calves by transfer of nuclei from
cultured inner cell mass. Proc. Natl. Acad. Sci. USA, 90, 6143.
SMITH, C. (1989). Cloning and genetic improvement of beef cattle. Anim. Prod. 49,
49.
SMITH, L. C. e WILMUT, I. (1989). Influence of nuclear and cytoplasmatic activity
on the development in vivo of sheep embryos after nuclear transplantation. Biol.Reprod.
40, 1.027.
p
SMITH, L. C., WILMUT, I. e HUNTER, R. H. F. (1988). Influence of cell cycle
stage at nuclear trasplantation on the development in vitro of mouse embryos. J. Reprod.
Fertil., 84, 619.
SOLTER, D. (1988). Differential imprinting and expression of maternal and paternal
genomes. Ann. Rev. of Genetics, 22, 127.
STICE, S. L. e ROBL, J. M. (1988). Nuclear reprogramming in nuclear transplant
rabbit embryos. Biol. Reprod., 39, 657.
STICE, S.L. e KEEFER, C.L. (1993). Multiple generation bovine embryo cloning.
Biol. Reprod., 48, 715.
STICE, S. L., KEEFER, C. L. e MATTEWS, L. (1994). Bovine nuclear transfer
embryos: oocyte activation prior to blastomere fusion. Mol. Reprod. and Develop., 38,
61.
STICE, S.L., STRELCHENKO, N.S., KEEFER, C.L. e MATTHEWS, L. (1996).
Pluripotent bovine embryonic development following nuclear transfer. Biol. Reprod.,
54, 100.
57
STRHAL, C., e BLACKBURN, E.H. (1996). Effect of reverse transcriptase
inhibitors on telomere length and telomerase activity in two immortalized human cell
lines.
SURANI, M.A.H., BARTON, S.C. e NORRIS, M.L. (1984). Development of
reconstituted mouse eggs suggests imprinting of the genome during gametogenesis.
Nature, 308, 548.
TADA, M., TADA, T., LEFEBVRE, L., BARTON, S.C. e SURANI, M.A. (1997).
Embryonic germ cells induce epigenetic reprogramming of somatic nucleus in hybrid
cells. The Embo Journal, 18 (21), 6510.
THOMAS, T.P. e FRETTS, P.R. (1999). Perché le donne vivono più a lungo degli
uomini. Le Scienze Dossier, 2, 92.
THOMSON, J.G., GARDNER, D.K., PUGH, P.A., McMILLAN, W.H., TERVIT,
H.R. (1994). Lamb birth weight following transfer is affected by the culture system used
for preelongation development of embryos. J. Reprod. Fertil. Abstract Series N.13, 25.
THOMSON, J.A., ITSKOVITZ-ELDOR, J., SHAPIRO, S.S., WAKNITZ, M.A.,
SWIERGIEL, J.J., MARSHALL, V.S. e JONES, J.M. (1998). Embryonic stem cell lines
derived from human blastocysts. Science, 282, 1145.
TSOUDA, Y., YASUI, T., SHIODA, Y., NAKAMURA, D., UCHIDA, T. e SUGIE,
T. (1987). Full term development of mouse blastomere nuclei transplantated into
enucleated two-cell embryos. J. Exp. Zool., 242, 147.
VELANDER, W.H., LUBON, H. e DROHAN, W.N. (1997). Animali transgenici per
la produzione di farmaci. Le Scienze, 346, 64.
VIGNON, X. , CHESNÉ, P., LE BOURHIS, D., HEYMAN, Y. e RENARD, J.P.
(1998a). Developmental potential of bovine embryos reconstructed with somatic nuclei
from cultured skin and muscle fetal cells. Theriogenology, 49, 392 (abstract).
VIGNON, X. , CHESNÉ, P., LE BOURHIS, D., FLECHON, J.F., HEYMAN, Y. e
RENARD, J.P. (1998b). Developmental potential of bovine embryos reconstructed from
enucleated matured oocytes fused with cultured somatic cells. C.R. Acad. Sci., 321, 735.
WADDINGTON (1953). Epigenetics and and evolution. Symp. Soc. Exp. Biol. , 7,
186.
WAKAYAMA, T., PERRY, A.C.F., ZUCCOTTI, M., JOHNSON, K.R. e
YANAGIMACHI, R. (1998). Full-term development of mice from enucleated
oocytesinjected with cumulus cell nuclei. Nature, 394, 369.
58
WALKER, S.K., HEARD, T.M. e SEAMARK, R.F. (1992a). In vitro culture of
sheep embryos without co-culture: success and perspectives. Theriogenology, 37, 111.
WALKER, S.K., HEARD, T.M. BEE, C.A., FRENSHAM, A.B., WARNEST, D.M.
e SEAMARK, R.F. (1992b). Culture of embryos of farm animals. In: A. LAURIA e F.
GANDOLFI (Eds.), Embryonic Development and Manipulation in Animal
Reproduction. Portaland Press, London, 77.
WALKER, S.K., HARTWITCH, K.M.e SEAMARK, R.F. (1996). The production of
unusually large offspring following embryo manipulation: concepts and challenges.
Theriogenology, 45, 111.
WALL, R.J. (1998). Biotecnology for the production of modified and innovative
animal products; transgenic livestock bioreactors. Proc. of 8th World Conference on
Animal Production, Seoul, June 28 - July 4, 1998. Special Symposium & Plenary
Sessions, 364.
WALL, R.J., KERR, D.E. e BONDIOLI, K.R. (1997). Transgenic dairy cattle:
genetic engineering on a large scale. J Dairy Sci, 80, 2213.
WALL, R.J., BOLT, D.J., FRELS, W.I., HAWK, H.W., KING, D., PURSEL, V.G.,
REXROAD, C.E. e ROHAN, R.M. (1990). Transgenic farm animals: current state of
the art.. AgBiotech News and Info, 2, 391.
WELLS, D.N., MISICA, P.M., McMILLAN, W.H. e TERVIT, H.R. (1998).
Production of cloned fetuses following nuclear transfer with cells from a fetal fibroblast
cell line. Theriogenology, 49, 330.
WELLS, D.N., MISICA, P.M. e TERVIT, H.R. (1999a). Production of cloned calves
following nuclear transfer with cultured adult mural granulosa cells. Biol. Reprod., 60,
996.
WELLS, D.N., MISICA, P.M., FORSYTH, J.T., BERG, M.C., LANGE, J.M.
TERVIT, H.R. e VIVANCO, W.H.(1999b). The use of adult somatic cell nuclear
transfer to preserve the last surviving cow of Enderby Island cattle breed.
Theriogenology, 51, 217.
WESTHUSIN, M.E., LEVANDUSKI, M.J., SCARBOROUGH, R., LOONEY, C.R.
E BONDIOLI, K.R. (1992). Viable embryos and normal calves after nuclear transfer
into Hoechst- -stained enucleated demi-oocytes of cows. J. Reprod. Fertil. , 95, 475.
WILLADSEN, S.M. (1979). A method for culture of micromanipulated sheep
embryos and its use to produce monozygotic twins. Nature (London), 277, 298.
WILLADSEN , S.M. (1986). Nuclear transplantation in sheep. Nature, 320, 63.
59
WILLADSEN , S.M., JANZEN, R.E., McALISTER, R.J., SHEA, B.F.,
HAMILTON, G. e McDERMAND, D. (1991). The viability of late morulae and
blastocysts produced by nuclear transplantation in cattle. Theriogenology, 35 (1), 161.
WILLIAMS, T. J., ELSDEN, R. P. e SEIDEL, G. E. Jr (1982). Identical twin bovine
pregnancies derived from bisected embryos. Theriogenology, 17, 114, abstr.
WILMUT, I. (1999). Nuovi farmaci con la clonazione. Le Scienze, 366, 34.
WILMUT, I. e SALES, D.I. (1981). Effect of asynchronous environment on
embryonic development in sheep. J. Reprod. Fertil., 61, 179.
WILMUT, I. e CAMPBELL, K. H. S. (1992). Embryo multiplication in livestock:
present procedures and the potential for improvement. In Embryonic Development and
Manipulation in Animal Development: Trends in Research and Applications. Portland
Press, London, 135.
WILMUT, I., SCHNIEKE, E., McWHIR, J., KIND, A.J. e CAMPBELL, K.H.S.
(1997). Viable offspring derived from foetal and adult mammalian cells. Nature, 385,
810.
WILMUT, I., ARCHIBALD, A. L., HARRIS, S., MC CLENAGHAN, M., SIMONS,
J. P., WHITELAW, C. B., AND CLARK, A. J. (1990): Modification of milk
composition. J Reprod. Fertil. Supp., 41,135-146.
WILSON e JONES (1983). Citato da HOLLIDAY, R. (1987).
WILSON, J.M., WILLIAMS, J.D., BONDIOLI, K.R., LOONEY, C.R.,
WESTHUSIN, M.E. e McCALLA, D.F. (1995). Comparison of birth weight and growth
characteristics of bovine calves produced by nuclear transfer (cloning), embryo transfer
and natural mating. Anim. Reprod. Sci., 38, 73.
WOLF, E., BOXHAMMER, K., BREM, G., PRELLE, K., REICHENBACH, D.,
REISCHL, J., SANTL, B., SCHERNTHANER, W., STOJKOVIC, M.,
WENIGERKIND, H. e ZAKHARTCHENKO, V. (1998). Recent progress in the in vitro
production and cloning of bovine embryos. Arq. Fac. Vet. UFRGS, Porto Alegre, 26 (1),
160.
YANG, X., JIANG, S., FARRELL, P., FOOTE, R.H., McGRATH, A.B. (1993).
Nuclear transfer in cattle: effect of nuclear donor cells, cytoplast age, co-culture, and
embryo transfer. Mol. Reprod. Dev. , 36, 29.
YOM, H. C. AND BREMEL, R. D. (1993): Genetic engineering of milk
composition: modification of milk components in lactanting transgenic animals. Am. J.
Clin. Nutr., 58, 299S-306S.
60
ZULLO, A., BARONE, C.M.A., COLATRUGLIO, P. e MATASSINO, D. (1993).
Lactodynaometric charateristics of buffalo milk. Prod. Anim., III Serie, 6, 1.
61