BIOETICA - Premessa generica: Che cos'è la bioetica? Il termine indica l'applicazione dell'etica all'intero mondo vivente, che comporta (secondo l'enciclopedia di Bioetica del 1978) "Lo studio sistematico della condotta umana nell'ambito delle scienze della vita e della cura della salute, quando tale condotta è esaminata alla luce di valori e principi morali". La bioetica in buona parte si fonda sulla domanda: la scienza è libera di perseguire ogni suo scopo o deve avere dei limiti che le vengono imposti dall'etica? Aiuta a riflettere sul cosiddetto imperativo tecnologico che afferma che l'uomo deve fare tutto ciò che è tecnicamente possibile. La domanda dà luogo a due risposte sotto forma di tesi opposte: 1. La fede cieca nella medicina porta ovviamente alla convinzione che la ricerca ed il progresso non debbano avere limiti, bensì possano portare solo a risultati positivi, qualsiasi siano i modus operandi e le strade per giungervi; 2. Il timore di squilibri irreparabili spinge a pensare che si debbano porre dei limiti precisi e ben definiti, derivanti dall'etica per non spingersi oltre quel limite che l'uomo ha per natura. Le caratteristiche essenziali della bioetica sono: · porta a riflettere sulla legittimità dell'imperativo sopra riportato, · affronta problemi pratici di libertà e di contrasto tra diversi diritti di individui differenti, derivati dalla stessa (esemplificativi a riguardo la libertà di scelta della madre che, per così dire, può essere lesa dal diritto alla vita del figlio). · è un ambito di riflessione assolutamente interdisciplinare, per tanto coinvolge diverse discipline quali biologia, la stessa filosofia, teologia, medicina il diritto e così di seguito, e delle loro tesi e visioni delle differenti problematiche. Negli ultimi anni la bioetica ha richiamato l'attenzione anche della politica, effettivamente in un paese in cui vige il regime democratico il giusto corrisponde al volere della maggioranza quindi bisogna anche "decidere" tra quello che è tecnicamente possibile cosa sia legalmente accettabile. Riguardo la suddetta disciplina notevole rilevanza è posseduta dal libro di Potter, che usa per la prima volta il termine, del 1971 intitolato "Bioetica, ponte verso il futuro" che si apre con un incipit alquanto sconcertante: l'uomo è per la terra ciò che il cancro è per l'uomo! Per garantire la sopravvivenza della terra è necessario trarre dei principi morali direttamente dalla biologia, e questa per l’autore è la bioetica che deve porsi come ponte tra scienza e umanesimo. È però da considerarsi che Potter fu uno degli iniziatori del movimento denominato catastrofismo. Il primo centro creato per occuparsi della bioetica fu il "Kennedy Insitute" a Washington. Come pare ovvio concludere, date tutte le discipline che abbraccia, non esiste una sola bioetica, così come la bioetica generale non è in grado di dare delle definite risposte, ma può solo sollevare problematiche, in quanto tende a dividersi in differenti posizioni ideologiche (ad esempio tra laica e religiosa). Per comprendere meglio di cosa tratta questa branca filosofica si consiglia di servirsi dell'esempio che segue: il cambiamento del concetto della morte e dell'importanza e rilevanza della stessa in ambito umano. Anni orsono la morte veniva definita esclusivamente come cessazione permanente della circolazione dei liquidi corporei. Negli anni '50 però un medico danese, nel tentativo di porre rimedio all'alto tasso di mortalità causata da un’epidemia di poliomelite, inventò il respiratore artificiale che sopperì alle momentanee difficoltà respiratorie dei pazienti affetti da tale malattia, segnando un'importante svolta per la medicina. Alcuni pazienti tuttavia restavano in vita per molto tempo, grazie al respiratore artificiale, ma non erano in grado di riprende coscienza, né di poter 1 migliorare. Queste persone sarebbero rimaste potenzialmente in questo stato per anni, finche non insorgesse una complicazione che avrebbe portato alla morte. Nel frattempo nel 1967 in Sudafrica fu effettuato il primo trapianto di cuore, con risultati soddisfacenti, sebbene il paziente sia morto 18 giorni dopo l'operazione. Il problema principale che premeva sull'opinione pubblica era che per trapiantare un cuore è necessario prelevarlo quando ancora batte, affinché non sia danneggiato, e l’idea era di utilizzare gli organi di quei pazienti che non si sarebbero più ripresi. Difatti da un lato vi era un grande bisogno di organi e dall'altra le corsie erano piene di questi pazienti ma era necessario stabilire quindi se e quando disattivare il macchinario respiratore, anche perché prelevare gli organi da un paziente legalmente vivo avrebbe voluto dire ucciderlo. A tema fu istituita nel 1968 una commissione, ad Harvard, con il compito specifico di vagliare la definizione della morte cerebrale, considerando gli ultimi sviluppi. Essa fu definita come stato di coma irreversibile provocato da un danno cerebrale permanente. Più recentemente, sempre di pari passo con lo sviluppo delle nuove tecnologie, è sorto il problema riguardante la morte corticale, il cui dibattito è tuttora aperto e acceso. Infatti, nel caso in cui il danno sia solo alla corteccia cerebrale, il paziente mantiene le funzioni vitali involontarie, ma non si riprenderà certamente dallo stato comatoso. Che fare a riguardo e tuttora al centro del dibattito. - La clonazione. Il termine clone deriva dal greco klon che significa germoglio o ramoscello. Il sostantivo italiano significa riproduzione asessuata di un individuo tramite le cellule di un altro al quale risulterà identico anche per corredo genetico. I procedimenti più adatti per ottenere un individuo clonato sono due: 1. La fissione gemellare, nata nel 1950, che consiste nella separazione delle cellule nella prima fase embrionale (un procedimento analogo avviene in natura quando si formano i gemelli omozigoti); 2. Il trapianto (o trasferimento) nucleare, nato nel 1962, consiste nel trapiantare il nucleo di una qualsiasi cellula (la particolarità sta nel fatto che si possano utilizzare anche le cellule somatiche) in qualsivoglia stato di sviluppo in un ovulo precedentemente enucleato, e nel provocarne lo sviluppo. I tentativi di riuscire nel portare a termine con successo gli esperimenti relativi alla clonazione continuarono con notevoli passi avanti dal 1962 al 1996. In quest'anno appunto ci fu un risultato determinante: la nascita di Dolly, il primo animale nato mediante clonazione di una cellula adulta. La svolta consiste anche dal fatto che prima era ampiamente diffusa in campo medico la credenza che, dato che la cellula somatica è già differenziata non si potesse ritornare allo stato di cellula staminale, fosse impossibile anche clonare un qualsiasi nuovo organismo partendo dalla stessa. Dal 1996, quindi, ha preso piede con maggior vigore la clonazione riproduttiva di animali mammiferi. Il problema presentatosi però dopo breve tempo fu che Dolly soffriva di una forma di invecchiamento precoce, una sorta di artrite che la portò alla morte. Da questo risulta palese che qualcosa non ha funzionato come si era ipotizzato o come avrebbe dovuto. Pertanto la clonazione riproduttiva umana è severamente vietata da qualsiasi stato o nazione, in tutto il pianeta. Esiste però un'altra varietà di clonazione: la clonazione terapeutica. Essa consiste nel produrre embrioni per ottenere una coltura di cellule staminali. Questo tipo di cellule sono le uniche capaci di dar luogo ad una progenie di cellule sempre maggiormente differenziate e specializzate. La cellula staminale è difatti in grado di trasformarsi in una cellula di qualsiasi tessuto (vale a dire che potrebbe divenire una cellula del fegato, della pelle, dello stomaco, del pancreas e così di seguito per ogni campo di specializzazione). Da ricordare è inoltre che la clonazione terapeutica è uno dei settori più promettenti nell'ambito della ricerca di cure per le malattie ancora non guaribili. 2 - Problema dell'embrione. L'embrione deriva dalla fecondazione. Essa è il processo che porta dall'incontro dei gameti alla loro fusione per formare lo “zigote” o ovulo fecondato. Esso è una cellula totipotente, ossia in grado di dare origine ad un intero organismo. Poco dopo lo zigote comincia a differenziarsi in 2,4,8 cellule, tutte capaci di generare un organismo, infatti, lo zigote potenzialmente può (difficilmente) dare origine a otto gemelli. Il prossimo stadio evolutivo è la morula, formata da 16 cellule; essa non è totipotente come il precedente stadio, bensì pluripotente, ovvero ciascuna delle cellule può dare origine ad uno qualsiasi dei tessuti componenti l'organismo se sottoposta ad adeguato trattamento, ma non all’organismo stesso. Stadio successivo alla morula è la blastocisti che varia da un numero minimo di 100 ad un numero massimo di 140 cellule, a loro volta suddivisibili in embrioblasto che è ciò che effettivamente andrà a formare l'embrione e trafoblasto, che consentirà il nutrimento all'embrione stesso. La blastocisti si impianta nell'utero al quattordicesimo giorno, in cui l'embrione comincia ad assumere una forma più definita. Nel terzo mese, poi, si verifica il passaggio da embrione a feto. In passato erano chiamati embrioni la cellula fecondata e i successivi stadi evolutivi sino al terzo mese. Poi però intervenne una commissione inglese, analoga a quella statunitense di Harvard, denominata di Warnock, col compito di stabilire la legittimità degli esperimenti sull'embrione. Quest'organo decisionale decretò che, sino al quattordicesimo giorno, l'essere in questione era da chiamarsi pre-embrione e che sulle cellule di questo stadio era legittimo e morale portare avanti la ricerca. Un ulteriore riscontro viene fornito dall'opera di un prete di nome Norman Ford intitolato: "Quando comincio io" e tradotto in italiano nel 1997. In questo scritto egli sostiene con vigore la tesi della Chiesa Cattolica (secondo cui ricerche su un qualsivoglia genere e tipo di feto sono amorali e vietate), ma pone una restrizione: secondo il suo parere l'individuo comincia solo quando al quattordicesimo giorno, quando l'embrione comincia a prendere le sembianze che del bambino, si riconosce la testa, il tronco ecc. Il quesito a riguardo diviene pertanto: l'embrione è una persona? La biologia ovviamente non può rispondere in quanto non esiste una scientifica e unanime versione del termine persona (esso è in effetti più un problema filosofico). Tutto ciò che questa scienza può chiarire a riguardo è che la fecondazione è un processo continuo e ininterrotto, privo di salti. La commissione di Warnok pertanto decise, con una maggioranza di 16 voti contro 7, di porre la definizione del pre-embrione, riconoscendo la possibilità di fare sperimentazione sui pre-embrioni (fino ai 14 giorni), ma l'illegittimità degli interventi su ciò che è conseguentemente definito embrione. (Intervento della dott.ssa Federica Artizzu, a cura di Alessandro Bonu, classe V E) 3