Università degli Studi “G. D`Annunzio” DiSPUter Dipartimento di

Disforia di Genere
Università degli Studi “G. D’Annunzio”
DiSPUter
Dipartimento di Scienze Psicologiche Umanistiche e del Territorio
Dott.ssa Maria Di Nardo,
Cattedra di Psicologia Clinica
L’identità comincia a svilupparsi sin dall’infanzia
tramite due processi complementari:
1)Il bambino molto piccolo investe affettivamente le
persone che lo circondano e che si prendono cura di lui.
2)Contemporaneamente anche queste persone
investono affettivamente sul bambino, concentrandosi
per un periodo piuttosto lungo sulla sua cura, sulla sua
educazione, sulla trasmissione di valori, ma...
...molte cose che vengono trasmesse non sono del
tutto consapevoli perché, nella mente dei genitori e di
tutti gli adulti, esse sono diventate come automatiche!
“C’è un bisogno profondo, specificamente umano, di definire e definirsi
secondo il genere; di attribuire un’identità maschile o femminile al mondo
circostante ben al di là del campo specificamente sessuale” (Argentieri,
1988).
...la prima frase che viene detta dai medici o dalle ostetriche quando nasce un
bambino è: “è un bel maschietto!” o “è una bella femminuccia!”...
• Dire “è un bel maschietto!” o “è una bella femminuccia!”, significa che un
adulto attribuisce un genere ad un neonato che ancora non sa se è
maschio o se è femmina. Questa attribuzione del genere maschile o
femminile si basa sulle caratteristiche dell’anatomia del bambino: se ha un
pene sarà un maschietto, se ha una vagina sarà una femminuccia.
• Ma è davvero sempre così automatico? Una bambina riconosciuta come
femminuccia perché ha la vagina, quando crescerà, si riconoscerà sempre
come femmina? E quello che gli adulti vedono del corpo – in questo caso
la vagina – può, invece, a volte “trarre in inganno”?
L’identità sessuale è una dimensione soggettiva e
personale del proprio essere sessuato.
Essa risponde ad un’esigenza di classificazione e stabilità. Ciò non toglie, però, che
contiene in sé elementi di imprevedibilità ed incertezza poiché rappresenta l’esito
di un complesso processo denotato dall’interazione tra aspetti biologici,
psicologici, socioculturali ed educativi.
L’identità sessuale è composta da 4 fattori:
(1)sesso biologico,
(2)identità di genere,
(3)orientamento sessuale e
(4)ruolo di genere
SESSO
BIOLOGICO
IDENTITÀ DI
GENERE
IDENTITÀ
SESSUALE
ORIENTAMENTO
SESSUALE
RUOLO DI
GENERE
•
Con tale termine si denota l’appartenenza ad una categoria biologica e genetica,
ovvero maschio/femmina.
•
Esso è costituito da caratteristiche sessuali biologiche: i cromosomi sessuali (XY
per il maschio e XX per la femmina), i genitali esterni, gonadi e caratteri
sessuali secondari (peluria, seno, ecc.) che si sviluppano durante la pubertà.
IDENTITÀ DI GENERE
Continuo e persistente senso di sé come maschio o come
femmina (Money, 1975).
I bambini, sia maschi che femmine, nascono con proprie
caratteristiche di personalità che vengono poi incanalate verso
la femminilità e la mascolinità. Non è la sola natura tramite la
programmazione genetica che definisce nella totalità cosa sia
una personalità maschile o femminile… Attualmente si
ammette sempre più seriamente la possibilità che esistano
molteplici modalità di esprimere il proprio genere, pur
partendo da un sesso biologico abbastanza rigidamente
dicotomico nel suo manifestarsi.
Senso intimo, profondo e soggettivo di appartenenza alle
categorie sociali e culturali “maschio/femmina”, ovvero il
riconoscimento soggettivo e profondo di appartenere ad un
sesso e di non appartenere all’altro.
Si tratta di un processo di costruzione che prende l’avvio dalla nascita e perdura fino
all’adolescenza. Già a 3 anni, però, i bambini sono in grado di tali affermazioni: “Io sono
maschio”, “Io sono femmina”. Tale processo multifattoriale è il risultato di strette
interazioni tra aspetti biologici, attitudini genitoriali, educazione ricevuta e contesto
socioculturale.
In alcuni casi, si può percepire di non appartenere strettamente a nessuno dei due sessi
e trovarsi dunque in una condizione non definita accettandola (anche) serenamente
come la propria.
IDENTITA’ DI GENERE
risultato di un compromesso tra
Personalità
mascolina o
femminile
Stereotipo che
viene offerto o
imposto
(Money, 1994)
Il ruolo di genere è l’insieme dei
comportamenti (agiti all’interno delle relazioni
con gli altri) e delle attitudini che, nell’ambito di
un dato contesto socio-culturale, sono
riconosciuti come propri dei maschi e delle
femmine.
•
•
Costruito concettualmente a partire dai 2 anni di vita e suscettibile di trasformazione nel
tempo, il ruolo di genere esprime adattamento sociale alle norme condivise su attributi e
condizioni fisiche (apparenza), gesti (manierismi), adornamenti, tratti di personalità,
igiene personale, discorso e vocabolario, interazioni sociali, interessi, abitudini, definiti
“tipicizzati” o inappropriati per genere.
Ci si aspetta, ad esempio, che una bambina giochi alle bambole e che un bambino giochi
ai robot o che faccia giochi violenti e competitivi.
Orientamento sessuale
 Con chi immagino e desidero scambiare un bacio?
 Con chi sento un’intesa profonda e particolare?
 Chi mi fa venire le farfalle allo stomaco?
L’orientamento sessuale indica la direzione della sessualità di un individuo
indipendentemente dal genere a cui tale individuo appartiene. Esso è inteso come una
preponderanza di sentimenti, pensieri erotici e fantasie sessuali verso un individuo dello
stesso sesso (omosessualità), di sesso opposto (eterosessualità) o di ambo i sessi
(bisessualità).
Esso si sviluppa in adolescenza, un periodo complesso dominato da conflitti, incertezze,
paure. L’adolescenza è una fase di trasformazione dove il difficile processo di definizione
dell’identità sessuale trova uno spazio principale
 Esistono alcuni adolescenti che non hanno chiaro in mente quale sia il
loro orientamento sessuale!
 La definizione dell’orientamento sessuale può risultare un difficile
compito, soprattutto per alcuni ragazzi, più incerti, più fragili, più
bisognosi di conferme sociali.
• Nella letteratura scientifica questi ragazzi vengono definiti “questioning” per
sottolineare proprio questa caratterizzazione del loro interrogarsi (to question in
inglese = chiedere, interrogare) rispetto al proprio orientamento sessuale.
• L’affermazione della propria identità sessuale costituisce uno dei compiti evolutivi
più complessi a cui è chiamato l’adolescente. Cambiamenti corporei, cognitivi ed
affettivi-relazionali fanno da scenario al principale compito evolutivo che
l’adolescente è chiamato ad assolvere, ovvero la
costruzione della sua nuova identità.
Disturbo dell’Identità di Genere: inquadramento diagnostico e
differenziale e incidenza-prevalenza
Il termine genere è dato da connotazioni culturali e sociali.
Il primo uso del termine risale al 1837, quando USK affermò che nella lingua corrente
potevano esserci solo due generi, quello maschile e quello femminile (Simpson e
Weiner, 1978).
Negli anni ‘70 il movimento femminista fece una distinzione tra l’aspetto biologico e
fisico, detto “sesso”, e tra costrutto culturale detto “genere” (Fausto-Sterling,
1985).
Il genere quindi era definito da una serie di attributi che una particolare cultura
riteneva appropriati per individui che vivevano in un determinato corpo.
SESSO e GENERE vengono ancora spesso usati in modo intercambiabile.
Disturbo dell’Identità di Genere: inquadramento diagnostico
e differenziale e incidenza-prevalenza
Nello studio del DIG è importante prima di tutto specificare la differenza tra
sesso e genere
SESSO = termine usato in medicina e biologia per indicare individui maschi,
femmine o
bisessuali
Individui che presentano componenti riproduttive sia maschili sia femminili,
quindi sulla base di caratteristiche anatomiche e non per il comportamento
sessuale (Diamond, 2002).
Attualmente tali persone vengono indicate con il termine intersesso o
intersessuali.
•
Esistono alcune persone che vivono una “discordanza” tra il sesso biologico e l’identità di
genere. Ad esempio, una persona nata con il sesso maschile può crescere e sentirsi come
una donna. Il vissuto soggettivo spesso riportato è quello di sentirsi intrappolati in un
corpo sbagliato.
•
Questa condizione identitaria può causare molte sofferenze alla persona poiché deve
affrontare un difficile cammino di accettazione di sé ma, soprattutto, deve “scontrarsi” con
la disapprovazione familiare, sociale ed istituzionale e con alcune convinzioni errate
rispetto al genere che prima gli appartenevano.
 Da un punto di vista psichiatrico internazionale, il 2013
rappresenta un anno importante, poiché è stata pubblicata la
quinta edizione del DSM (Manuale Diagnostico e Statistico dei
Disturbi Mentali).
 Se nella versione precedente si parlava di “Disturbo
dell’identità di genere”, oggi si parla di “Disforia di genere”!
•
•
Il termine disforia indica una sofferenza, un disagio che, in questo caso, è legato al
vissuto della propria identità di genere.
La comunità psichiatrica ha riconosciuto il carattere discriminatorio del termine
“disturbo”, ponendo molta attenzione allo stigma, alle discriminazioni e ai pregiudizi
rivolti alle persone transessuali. Ma la diagnosi esiste ancora!
•
•
•
Essere omosessuali, lesbiche o transessuali è
una questione genetica e biologica? O è l’educazione sociale ad avere il ruolo
predominante?
La questione non è risolvibile così facilmente. Il rapporto tra natura e cultura è talmente
interrelato che non è possibile propendere per l’una o l’altra. Il “vero” sta nel mezzo...cioè
nella loro reciproca influenza!
Dov’è l’errore? Nella posizione binaria, scissa, nel pensare che un termine è opposto
all’altro...lo stesso errore che ritroviamo nel pensare che la femmina è opposta al maschio,
che il bianco lo è al nero, che l’omosessuale lo è all’eterosessuale. Se esiste qualcosa di
“opposto”, allora vuol dire che esiste anche qualcosa di “migliore”...
...questo è il modo più semplice per far emergere
Pregiudizi, stereotipi, e stigma...
•
Il pregiudizio è una valutazione solitamente negativa di una categoria di persone
basata su massicce generalizzazioni e sull’attribuzione di una caratteristica
specifica ad una persona o ad un gruppo ancor prima di conoscerla. Esso nasce a
causa dell’opera di due meccanismi sociali: 1) la categorizzazione, ovvero la
creazione di categorie entro cui collocare le informazioni provenienti
dall’ambiente, strategia di semplificazione della percezione della realtà che
classifica i vari aspetti di un fenomeno sotto un unico concetto; 2) la
generalizzazione, ovvero l’estensione di quell’aspetto a tutti gli elementi di un
gruppo.
•
Lo stereotipo è un’immagine semplificata
•
Lo stigma è un fenomeno sociale che
al massimo, riguardante una categoria di
attribuisce una connotazione negativa
persone, un’istituzione o un evento, che
ad un membro o ad un gruppo di una
viene condivisa nei suoi tratti essenziali da
comunità tale da declassarlo ad un
grandi masse di persone. Le categorie
rango inferiore. Esso viene costruito in 4
possono essere ampie (Ebrei, bianchi,
fasi: 1) scelta delle differenze che
omosessuali) o limitate. Gli stereotipi si
possono essere utilizzate per
accompagnano comunemente (ma non
discriminare gli individui; 2)
sempre) ai pregiudizi, cioè a
attribuzione degli stereotipi negativi a
predisposizioni favorevoli o sfavorevoli
queste categorie artificiali; 3)
verso tutti i membri della categoria in
distinzione tra stigmatizzati e non-
questione.
stigmatizzati e 4) perdita di status per
l’individuo stigmatizzato.
•
Spesso tutto ciò che si discosta da ciò a cui siamo abituati in termini di sessualità e
di genere, diviene oggetto di stereotipi, pregiudizi e stigma!
•
Per la maggior parte di noi, appare ovvio e scontato che un maschio biologico sia
un uomo eterosessuale e che una femmina biologica sia una donna eterosessuale.
•
Tutti abbiamo dei pregiudizi, i più vari, sui più vari argomenti. L’importante è
riconoscerli, farli venir fuori in modo da poterli confrontare con la realtà e
liberarsi dalle paure infondate, provando a modificare i nostri comportamenti e
imparando a convivere insieme alla differenza.
•
I gay sono tutti effeminati e le lesbiche sono tutte mascoline
•
I gay sono pedofili
•
Tutti i ballerini sono gay e tutti i gay sono ballerini
•
I gay e le lesbiche non possono creare una famiglia
•
Le persone omosessuali sono maggiormente a rischio di contrarre l’AIDS
•
Se cresci tra persone omosessuali, finisci per convertirti in una di loro
•
Le transessuali sono tutte prostitute
Ci sono una serie di dispositivi e credenze culturali che tutti noi abbiamo interiorizzato e che
spesso non riusciamo a mettere in discussione.
1. SESSISMO: ideologia che struttura i rapporti tra i sessi solitamente a discapito del sesso
femminile. Si tratta, dunque, di una forma di discriminazione basata sulla presunta
superiorità di un sesso (maschile) rispetto all’altro (femminile).
2. ETEROSESSISMO: sistema ideologico che nega, denigra e stigmatizza ogni forma di
comportamento, identità, relazione o comunità non eterosessuale, che dunque
spingerebbe alla negazione totale dell’omosessualità in quanto realtà esistente e
costitutiva di alcuni individui.
3. GENDERISMO: ideologia che rinforza la valutazione negativa della non conformità di
genere o dell’incongruenza tra il sesso biologico e il genere sentito come proprio. Si tratta
di un dispositivo culturale che perpetua giudizi negativi sulle persone che non si
presentano come confacenti agli stereotipi maschili o femminili.
‣ OMOFOBIA = disagio, paura, imbarazzo, pregiudizio e disapprovazione verso le persone
omosessuali. Esistono 3 dimensioni dell’omofobia, tutte tra loro interrelate: 1) Dimensione
personale di natura affettiva e cognitiva, si manifesta nell’insieme di pregiudizi, stereotipi
e credenze soggettive circa l’omosessualità; 2) Dimensione socio-culturale ed
interpersonale (ciò che viene qui considerato non è tanto la persona omosessuale in
quanto soggetto, ma l’omosessualità in quanto categoria sociale; rappresenta, inoltre, la
sfera agita e comportamentale dei pregiudizi che, nella dimensione precedente,
rimanevano attivi ad un livello più soggettivo ed, lavorativo, scolastico).
•
TRANSFOBIA = reazione di paura, disgusto e discriminazione nei confronti
delle persone transessuali. Il terreno fertile da cui nasce l’atteggiamento
discriminatorio e pregiudiziale è il genderismo che può esprimersi in questa
affermazione: “esistono solo due generi, il maschile e il femminile, tutto il resto è
malato!”.
•
Le convinzioni errate che derivano dal sessismo, dall’eterosessismo e dal genderismo,
spesso e volentieri appartengono anche a chi ne è principalmente colpito...ovvero le
persone gay, lesbiche e transessuali.
•
Tutti noi viviamo in un contesto socio-culturale che ci accomuna e dobbiamo per forza
confrontarci con le sue matrici del pregiudizio e della discriminazione.
•
Quando anche le persone gay, lesbiche e transessuali hanno incorporato queste
convinzioni si parla di omofobia interiorizzata e di transfobia interiorizzata.
Omofobia interiorizzata
Insieme di atteggiamenti e sentimenti negativi che una persona omosessuale o
lesbica può arrivare a provare nei confronti della propria e dell’altrui
omosessualità, avendo interiorizzato tutti quei pregiudizi negativi, valori opprimenti
ed atteggiamenti discriminatori facenti parte di una società eterosessista e della
formazione dell’identità maschile.
Le dimensioni maggiormente associate all’omofobia interiorizzata risultano essere
una scarsa accettazione di sé, sentimenti di vergogna, inferiorità ed odio nei confronti
della propria persona ed, in generale, verso le altre persone omosessuali, difficoltà ad
effettuare il coming out (ovvero quel processo di “uscita”, di disvelamento agli altri del
proprio orientamento sessuale) che può essere considerato come un processo
protettivo e altamente funzionale.
•
Estremo e profondo disagio verso la propria identità transessuale derivante
dall’interiorizzazione delle norme della società riguardanti il genere. Essa si manifesta
principalmente in due modi: 1) allo scopo di conformarsi al binarismo di genere (ovvero,
la credenza che esistano solo il maschio e la femmina) ed evitare stigmatizzazioni, le
persone transessuali potrebbero nascondere i loro sentimenti e la loro identità agli altri
e, nei casi in cui vengono effettuate le operazioni chirurgiche di cambiamento del sesso,
“passare per” un membro dell’altro sesso, nascondendosi; 2) le persone transessuali
potrebbero sviluppare atteggiamenti fortemente negativi nei confronti delle altre
persone transessuali e desiderare di non essere associati alla loro comunità.
Il DSM-5: dal disturbo alla disforia
•
Il DSM-5 accoglie, oggi, il concetto di genere percepito. Primo criterio per la
diagnosi di Disforia di Genere è l’“incongruenza tra il genere assegnato e quello
percepito”
•
È di interesse notare lo spostamento dal concetto di Sesso, di taglio
riduzionisticamente biologico, al costrutto di Genere
•
Il criterio B: la percezione del disagio
•
Tuttavia, la sofferenza psicologica non è un fenomeno infrequente soprattutto
considerando le vicissitudini emozionali derivanti dal vivere in un contesto “trans e
omo-negativo” quale quello vigente nella nostra società
Conclusioni
• Sembra necessario porre grande attenzione anche in virtù del fatto che:
“È noto come alcune forme di discernimento dell’identità di genere molto intense
si presentino a partire dal periodo pre-scolastico fino ad età più avanzate e che
esse possono presentarsi in forme molto diverse tra loro. Esse possono riflettere
gradi diversi di insoddisfazione della persona nei confronti del rapporto con
l’identità sessuale, con il sesso ed il genere che determinano la fisionomia del
corpo, i ruoli di genere, l’identità di genere e la percezione degli altri” (WPATH –
SOC 6)
• E’ da considerare che talvolta una visione politica può confermare i pregiudizi
sociali e finire con il distorcere, in un senso o in un altro, i risultati scientifici.
•
•
In tal senso bisogna fare attenzione anche al modo in cui i media possono
contribuire a diffondere una visione scientifica piuttosto che un’altra
Inoltre, risulta da valutare in tale processo, anche il ruolo dei professionisti della
salute mentale, in relazione al rapporto che possono occupare nei dispositivi
mediatici.
Interventi clinici nei DCA in ambito ospedaliero:
aspetti psichici e relazionali
I DCA rappresentano un grave problema
diagnostico e terapeutico, non solo per la loro
gravità, il loro indice di mortalità e la durata
della cura, ma soprattutto per
LA SCELTA DEL
TATTAMENTO
PRIMARIO
IL TIPO DI
TERAPIA
Cosa sappiamo sui DCA?
Indicatori stabili e di processi psicodinamici legati all’esordio e allo sviluppo:
1. Predisposizione genetica verso l’obesità (Karra, et al. 2009);
2. Storia familiare di BED (Vaidya, 2006);
3. Anomalie nei livelli di serotonina, ghrelina (un ormone peptidico di rilascio dell’ormone
della crescita), delle funzioni della melanocortina un ormone melanocito-stimolante o
MSH (Kojima et al. 1999);
4. Variabili demografiche stabili alla nascita potrebbero incrementarne il rischio.
5. Comorbilità con la depressione o i disturbi di personalità (Ramacciotti et al., 2005;
Johnson et al. 2006; Wildes et al. 2007)
6. Bassa autostima, impulsività, perfezionismo, senso di inefficacia e inadeguatezza
(Mussell et al. 2000; Galanti et al.2007)
7. Storie di abuso e maltrattamento (Grilo e Masheb, 2001)
8. Scarse cure parentali: scarso contatto, inadeguato coinvolgimento genitoriale, elevato
livello di criticismo (Fairburn 1998)
9. Eventi che promuovono aumento di peso: cura farmacologica antipsicotica, gravidanza.
Obesità come disturbo psichico?
•
•
•
Disturbo alimentare: abbuffate e alimentazione notturna ≠ interazione tra i diversi
comportamenti disfunzionali (Devlin, 2007)
Disturbo da abuso di sostanze: sistema omeostatico ≠ sistema edonistico di
controllo dell’alimentazione (Saper et al. 2002)
Modello della dipendenza alimentare: esistenza di specifici tratti di personalità,
quali tolleranza, ritiro e comportamenti di ricerca della sostanza (Davis, 2007).
I comportamenti alimentari nell’obesità
 La Sindrome da Alimentazione Notturna: “Dott.ssa è da quando avevo 18
anni circa che mi sveglio quasi tutte le notti per mangiare…quando tutti
dormono, ecco quasi sempre verso le 3, soprattutto cose dolci.” (N. 38
anni, casalinga, diabetica)
 Disturbo da Alimentazione Incontrollata: “Il fatto è che mangio molto, a
volte non lo so se ho fame, mangio per finire le cose…come se non me ne
rendessi conto..e poi dico non lo dovevo fare.” (A. 36 anni, insegnante).
STILI ALIMENTARI ATIPICI
 Grazing : “durante la giornata mi capitare di smangiucchiare qualcosa,
un biscottino, una caramella, un frutto…per non arrivare affamata a
cena o a pranzo” (R. 45 anni, disoccupata)
 Iperfagia: “mi piace mangiare, mangiare tanto, se ho un vassoio di dolci
lo mangio tutto perché è un piacere, lo so esagero…” (S. 43 anni,
insegnante).
L’approccio psicologico-clinico al paziente
obeso
disease centred
Illness centred
• Vissuti di malattia come dimensione
privata e soggettiva del paziente,
esperienza personale di sintomi e
sofferenza in un contesto sociale e
culturale (Kleinman, 1988)



• Stato di Nutrizione,
• Rischio Cardiovascolare,
• Profilo Endocrinologico,
• Stato Psicologico,
• Funzionalità Motoria
• Problematiche Osteoarticolari
La presa in carico del paziente può caratterizzarsi per modalità di trattamento della
malattia, sia come disease (ciò che i “clinici sono stati addestrati a vedere attraverso
le lenti teoriche della propria specifica formazione”), focalizzata sui fattori bio-psicosociali, sia come illness experience.
Per quanto i protocolli rappresentino una guida, il piano di cura deve essere disegnato
da personam e continuamente ricalibrato per tutta la durata del percorso terapeutico
Relazione terapeutica collaborativa e non direttiva-prescrittiva.
DIMENSIONE PSICOLOGICO–CLINICA E DELLA SALUTE
affidata alla Cattedra e al Laboratorio di Psicologia Clinica e della Salute, Facoltà di
Psicologia dell’Università degli Studi “G. D’Annunzio” Chieti-Pescara (Prof. M. Fulcheri)
Assessment e valutazione Clinimetrica su:

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Disturbi dell’alimentazione;
Indici multipli di personalità;
Grado di disabilità/inabilità;
Efficacia degli strumenti di intervento PsicologicoClinico e di promozione del Benessere nell’ambito
dello specifico “Servizio di Assistenza Psicologica”
(Adolescenza e età adulta)*, presso il Centro Obesità.
Conclusioni
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La scelta del setting di cura e dell’intensità dell’intervento terapeutico-riabilitativo non
può essere funzione della sola diagnosi di classe di Obesità, definita attraverso l’IMC.
Deve piuttosto rispondere a criteri di gravità complessiva valutata con metodi clinici
sulla base della comorbosità medica e psichiatrica, delle disabilità e di altri fattori di
perpetuazione del problema e di rischio di ricadute (p.e. età, familiarità, abitudini di
vita).
Linguaggio condiviso per consentire un’efficace interazione tra le varie figure
professionali. Attraverso un lavoro di formazione creare un linguaggio e una cultura
comuni all’interno dell’equipe assistenziale al fine di ottenere una vera integrazione
funzionale delle diverse competenze.
Rintracciare un contributo operativo, un
utile a quanti operano nel campo dell’obesità per affrontare e gestire le problematiche
psicologiche legate a questo fenomeno.
Con l’intento di sensibilizzare gli operatori verso l’aspetto più umano di questo
problema, per andare oltre l’apparenza della forma e delle dimensioni del corpo, che
ne rappresentano solo l’aspetto visibile.
Qual è il setting ideale per il trattamento dell’obesità?
Quali sono i criteri sulla base dei quali è possibile modulare l’intensità degli interventi?