RAPPORTO PROVINCIALE 2013 - Camera di Commercio di Piacenza

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RAPPORTO SULL’ECONOMIA
DELLA PROVINCIA DI PIACENZA
NEL 2013
Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013
Il Rapporto è stato chiuso il 6 maggio 2014
I capitoli:
- Dipende da noi – Riflessioni su come arredare il tunnel
- Scenario economico
- Il mercato del lavoro
- Il commercio estero
- Il credito
sono stati realizzati dall’Ufficio Studi di Unioncamere Emilia Romagna
I capitoli
- Il contesto economico piacentino
- Il tessuto imprenditoriale
- I fallimenti
- I protesti
- Analisi settoriali
sono stati realizzati dall’Ufficio Studi della Camera di commercio di Piacenza
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Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013
INDICE
Dipende da noi - Riflessioni su come arredare il tunnel
pag.
4
Scenario economico
Il quadro internazionale
Il quadro nazionale
Il quadro regionale
pag. 19
pag. 26
pag. 30
Il contesto economico piacentino
Il tessuto imprenditoriale
I fallimenti
I protesti
Il mercato del lavoro
Il commercio estero
Il credito
pag.
pag.
pag.
pag.
pag.
pag.
pag.
Analisi settoriali
Agricoltura
Industria e costruzioni
Artigianato
Commercio e terziario
Cooperazione
pag. 83
pag. 91
pag. 95
pag.101
pag.107
34
37
57
58
61
68
73
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Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013
Dipende da noi
Riflessioni su come arredare il tunnel
ZENOBIA
Ora dirò della città di Zenobia che ha questo di mirabile: benché posta su
terreno asciutto essa sorge su altissime palafitte, e le case sono di bambù e
di zinco, con molti ballatoi e balconi, poste a diversa altezza, su trampoli
che si scavalcano l'un l'altro, collegate da scale a pioli e marciapiedi
pensili, sormontate da belvederi coperti da tettoie a cono, barili di serbatoi
d'acqua, girandole marcavento, e ne sporgono carrucole, lenze e gru.
Quale bisogno o comandamento o desiderio abbia spinto i fondatori di
Zenobia a dare questa forma alla loro città, non si ricorda, e perciò non si
può dire se esso sia stato soddisfatto dalla città quale noi oggi la vediamo,
cresciuta forse per sovrapposizioni successive dal primo e ormai
indecifrabile disegno. Ma quel che è certo è che chi abita a Zenobia e gli si
chiede di descrivere come lui vedrebbe la vita felice, è sempre una città
come Zenobia che egli immagina, con le sue palafitte e le sue scale
sospese, una Zenobia forse tutta diversa, sventolante di stendardi e di
nastri, ma ricavata sempre combinando elementi di quel primo modello.
Detto questo, è inutile stabilire se Zenobia sia da classificare tra le città
felici o tra quelle infelici. Non è in queste due specie che ha senso dividere
la città, ma in altre due: quelle che continuano attraverso gli anni e le
mutazioni a dare la loro forma ai desideri e quelle in cui i desideri o
riescono a cancellare la città o ne sono cancellati.
Tratto da: “Le Città Invisibili” di Italo Calvino
1. Dove eravamo rimasti?
Dentro il tunnel. Nel raccontare l’economia di Piacenza nello scorso anno facemmo ricorso alla metafora del
tunnel evidenziando come, osservandolo da prospettive differenti, si giungesse a conclusioni diametralmente
opposte e, allo stesso tempo, corrette.
Aveva parzialmente ragione chi scorgeva la luce dell’uscita, i dati testimoniano di imprese, poche, che –
agganciate alla locomotiva export – hanno lasciato la galleria alle loro spalle.
Non sbagliava nemmeno chi affermava che la luce in avvicinamento fosse quella di un treno proveniente in
senso contrario; altri numeri mostrano imprese fallite o sull’orlo del baratro, certificano la crescente
disoccupazione e l’ampliarsi della quota di popolazione a forte rischio di esclusione sociale.
Certamente non era in difetto neppure chi non intravedeva alcuna luce all’orizzonte, anzi, ci consigliava di
prepararci ad arredare il tunnel perché saremmo restati al suo interno ancora a lungo.
A un anno di distanza nulla sembra essere cambiato. Dall’uscita fanno capolino le aziende che esportano e
chi lavora con esse, all’interno del tunnel cresce l’affollamento e l’aria si fa sempre più pesante.
C’è un’allegoria che, a nostro avviso, completa e restituisce in maniera ancor più efficace l’immagine di
quanto sta avvenendo. Italo Calvino, nelle sue città invisibili, racconta di Zenobia, una città costruita
seguendo canoni architettonici improbabili, cresciuta caoticamente per sovrapposizioni successive. Tuttavia,
se si chiede ai suoi abitanti di descrivere un luogo felice essi rispondono immaginando una città esattamente
come Zenobia.
Calvino chiude il racconto affermando “… detto questo, è inutile stabilire se Zenobia sia da classificare tra le
città felici o tra quelle infelici. Non è in queste due specie che ha senso dividere la città, ma in altre due:
quelle che continuano attraverso gli anni e le mutazioni a dare la loro forma ai desideri e quelle in cui i
desideri o riescono a cancellare la città o ne sono cancellati”.
Quanto dista Zenobia da noi? La progressiva perdita di senso che caratterizza il modello architetturale della
città sembra essere il tratto distintivo anche del nostro modello di sviluppo economico e sociale, una deriva
che sta portando al collasso larga parte dei sistemi economici occidentali e, tra questi, l’Italia rappresenta la
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Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013
punta più avanzata.
Come a Zenobia, del modello e della visione originaria – volto alla crescita economica e al benessere diffuso
- se n’è persa traccia, ognuno ha costruito senza rispettare un piano urbanistico condiviso, inseguendo mire
individuali incurante del bene comune e di una visione collettiva. Stratificazioni di costruzioni pericolose non
solo tollerate ma spesso incentivate, un sistema vacillante che – una volta mutate le condizioni iniziali – ha
iniziato a implodere ripiegandosi sulle sue fondamenta.
Nonostante questo, proprio come gli abitanti di Zenobia, fatichiamo a immaginare un modello di sviluppo
differente. Se in passato il nostro modello aveva accompagnato persone e imprese nel percorso volto a dare
forma ai desideri oggi ne ostacola la realizzazione e, il più delle volte, conduce la maggioranza dei cittadini a
rinunciare ai desideri stessi.
Non solo brancoliamo nell’oscurità del tunnel, abbiamo smarrito anche il senso dell’orientamento. Dunque,
prima ancora di domandarci in quale tratto del tunnel ci troviamo, l’interrogativo che dovremmo risolvere
riguarda il senso di marcia da seguire. Se, come accade a Zenobia, proseguire nella costruzione di nuovi
strati in continuità con quanto fatto in passato, immaginandolo come unico modello percorribile, oppure se
ricercare paradigmi differenti, con tutte le incognite connesse.
Del modello di sviluppo e della necessità di ritrovare il Senso creando una discontinuità se ne è scritto
lungamente nei capitoli monografici degli anni precedenti. È condizione necessaria ma non sufficiente, è
altrettanto importante che la discontinuità sia leggibile anche nelle strategie e nelle azioni.
Nelle riflessioni di quest’anno è da qui che vorremmo ripartire. Senza l’ambizione di inventare nuovi modelli e
nuovi paradigmi architetturali, seppur necessari. Più pragmaticamente, in queste pagine vorremmo seguire
un percorso volto a portare a valore ciò che di positivo c’è già. Individuare azioni che, in tempi brevi, ci
consentano di rendere più confortevole il tunnel e, auspicabilmente, forniscano indicazioni utili sulla direzione
di marcia che avvicina all’uscita.
2.Da dove ripartire?
A nostro avviso globalizzazione e crisi economica hanno reso evidenti quattro aspetti - quattro punti fermi e
luminosi nel buio del tunnel - dai quali non possiamo prescindere nelle nostre riflessioni: competenze
distintive, territorio, crescita mondiale, big data.
Sono aspetti in parte già affrontati negli anni precedenti, ripercorriamoli rapidamente, cercando di darne una
lettura integrata.
2.1 Primo punto. Filiere e competenze distintive
La prima regola che abbiamo appreso in questi anni di globalizzazione è che chi – persona, impresa o
territorio - offre beni o servizi che vengono già proposti da altri, se non riesce ad apportare conoscenze o
competenze distintive, è a forte rischio di esclusione.
Quali sono le nostre competenze distintive? Seguendo, come promesso, un approccio pragmatico, possiamo
tentare di individuarle attraverso i numeri. Se confrontiamo la struttura economica della nostra provincia con
1
le altre aree d’Italia emergono alcune attività che a Piacenza si sono sviluppate in misura nettamente
superiore. Alcune di queste sono riconducibili a filiere strettamente connesse al capitale naturale del
territorio, altre derivano da un percorso evolutivo e di specializzazione di alcune produzioni spesso nate
attorno a poche imprese manifatturiere capofila: industria agroalimentare, prodotti in metallo, meccanica,
logistica.
Sono filiere caratterizzanti il territorio, in quanto sono la nostra carta d’identità con la quale ci presentiamo al
mondo. Non sono filiere esclusive, anche altri le hanno o le possono avere.
Ciò che caratterizza queste filiere più di altre è l’aver sviluppato all’interno della regione tecniche e
conoscenze originali difficilmente imitabili e trasferibili fuori dal territorio. Tecniche e conoscenze che non
possono essere incorporate in macchinari – e quindi localizzabili ovunque - , ma legate alle capacità
specifiche di certe persone/aziende, di certi territori, di certi contesti sociali. Saperi che viaggiano su reti
informali e non codificabili, una combinazione di know how e capitale relazionale che non può essere
1
Per il confronto sono stati incrociati i dati delle unità locali, dell’occupazione e del fatturato (solo società di capitale) di
Piacenza con quelli delle altre province italiane. Sono state considerate competenze distintive quelle attività
numericamente rilevanti con incidenza sul totale provinciale significativamente superiore a quella delle altre province.
Il confronto è stato effettuato al massimo livello di disaggregazione (Ateco a 6 cifre).
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Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013
scaricato da internet.
Agroalimentare. Le attività di specializzazione
AGROALIMENTARE
Coltivazioni miste di cereali, legumi da granella e semi oleosi
Attività di supporto alla produzione vegetale
Produzione di carne non di volatili e di prodotti della macellazione (attività dei mattatoi)
Produzione di prodotti a base di carne (inclusa la carne di volatili)
Produzione dei derivati del latte
Produzione di paste alimentari, di cuscus e di prodotti farinacei simili
Fonte: Unioncamere Emilia-Romagna su fonti varie
Manifatturiero e altro industria. Le attività di specializzazione
MANIFATTURIERO E ALTRO INDUSTRIA
Fabbricazione di medicinali ed altri preparati farmaceutici
Fabbricazione di imballaggi in materie plastiche
Produzione di calce
Fabbricazione di tubi, condotti, profilati cavi e relativi accessori in acciaio (esclusi quelli in acciaio colato)
Fabbricazione di strutture metalliche e parti assemblate di strutture
Lavori di meccanica generale
Fabbricazione di casseforti, forzieri e porte metalliche blindate
Fabbricazione di apparecchiature di irradiazione per alimenti e latte
Fabbricazione di altri rubinetti e valvole
Fabbricazione di forni, fornaci e bruciatori
Fabbricazione di ascensori, montacarichi e scale mobili
Fabbricazione di macchine utensili per la formatura dei metalli
Fabbricazione di altre macchine da miniera, cava e cantiere (incluse parti e accessori)
Fabbricazione di macchine per la stampa e la legatoria (incluse parti e accessori)
Fabbricazione di robot industriali per usi molteplici (incluse parti e accessori)
Fonte: Unioncamere Emilia-Romagna su fonti varie
Terziario. Le attività di specializzazione
TERZIARIO
Commercio all'ingrosso di macchine, accessori e utensili agricoli, inclusi i trattori
Trasporto di merci su strada
Magazzini di custodia e deposito per conto terzi
Attività svolta dai Centri di assistenza fiscale (Caf)
Fonte: Unioncamere Emilia-Romagna su fonti varie
L’accoglienza turistica, il “saper fare” manifatturiero sono competenze in parte innate e in parte formatesi ed
evolute nel tempo, tenute ancorate al territorio da una complessa rete relazionale. La cultura
dell’accoglienza si può insegnare, l’empatia necessaria per metterla in pratica no; le imprese possono essere
delocalizzate e le persone formate, più difficile replicare altrove quel sistema relazionale fatto di competenze,
flessibilità e conoscenze tacite, condizioni necessarie per far crescere innovazione e creatività.
Da questo punto di vista l’esperienza statunitense è illuminante. Negli Stati Uniti, come raccontano Gary
Pisano e Willy Shih su Havard Business Review c’è stato – ed è tuttora in corso – un acceso dibattito sul
ruolo giocato dalla globalizzazione nello spiegare la minor competitività dell’industria americana. In
particolare è emerso come il processo evolutivo - che vuole la delocalizzazione delle attività a minor valore
aggiunto ed il potenziamento interno di quelle legate all’innovazione ed alla ricerca - abbia prodotto esiti
negativi. Secondo Pisano e Shih, insieme all’outsourcing se ne sono andate anche quelle conoscenze e
quelle capacità del “saper fare” necessarie per poter innovare. Una capacità che molte imprese americane
sono state costrette a ricercare e a delegare a terzi, minando seriamente non solo la loro competitività, ma la
stessa sopravvivenza.
Per questa ragione negli Stati Uniti si sta assistendo a un processo di reindustrializzazione, a un ritorno agli
“industrial commons” per non disperdere quanto resta di quella cultura di prodotto fatta di professionalità,
conoscenze tacite, reti di relazioni che sono legate al fare, alla manifattura.
È da qui - da quello che abbiamo in esclusiva o da quello che sappiamo fare meglio degli altri - che
dovremmo ripartire.
Piacenza per crescere ha bisogno di queste filiere e di sviluppare ulteriormente le proprie competenze
distintive. Le imprese della filiera per mantenersi competitive – per produrre beni che incorporano qualità,
design, innovazione - necessitano delle competenze distintive di Piacenza.
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Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013
2.2 Secondo punto. Territorio
Un altro effetto della globalizzazione – strettamente connesso a quello precedente - è quello di aver reso
manifesta la ri-territorializzazione come passaggio obbligato per perseguire lo sviluppo.
Come afferma Aldo Bonomi, “nell’antropologia della globalizzazione sostanziata da spazi aperti per produrre
per competere, da una società dell’incertezza ove ogni cosa sembra in rapido mutamento e allo stato liquido
e gassoso, tutto sembra fare condensa nell’unico spazio che sembra solido e certo: il territorio. Questo
diviene uno spazio di posizione - e a volte anche un spazio di rappresentazione - nella dinamica
ipermoderna caratterizzata dal conflitto tra flussi che sorvolano e atterrano e mutano i luoghi in cui si vive”.
Dunque, il territorio – così inteso, come ambiente di incontro tra luogo e flussi - diviene il luogo dove mettere
in campo azioni in grado di portare a valore al proprio interno i cambiamenti dettati dai flussi esterni, così
come costituisce il luogo dove adottare comportamenti volti ad accompagnare imprese e persone verso i
flussi abbassando l’incertezza dello spazio aperto.
Possiamo riassumere tutto questo con uno slogan: è vero che la competizione si gioca sempre di più su
scenari globali, è altrettanto vero che la capacità di essere competitivi discende dalla qualità dei sistemi
territoriali locali.
Un’affermazione che pone il territorio al centro dello sviluppo, una tesi che per uscire dall’enunciazione
teorica ed essere dimostrata richiede la realizzazione di alcuni lemmi.
Il primo di questi afferma che nessun risultato è raggiungibile se non vi è compresenza di un insieme di
istituzioni formali ed informali che consentano a persone ed imprese di perseguire i propri obiettivi individuali
interagendo e contribuendo collettivamente al benessere generale.
Un secondo lemma sostiene che persone e imprese non vanno lasciate sole. Nel caso delle imprese, di
fronte ad alcuni vincoli allo sviluppo, esse vanno affiancate dal sistema territoriale, socializzando gli ostacoli
e trovando insieme le soluzioni. Se si vuole portare l’impresa sulla via alta dello sviluppo è necessario
accompagnarla nella logica di sistema territoriale, innanzitutto pensando a nuove modalità per consentire
alle imprese di accedere alle competenze mancanti.
Un terzo lemma enuncia che lo stesso territorio deve essere reinterpretato e identificato secondo nuove
logiche, da luogo delle appartenenze date a oggetto di relazioni contrattuali e contingenti in cui abitanti e
imprese costruiscono consapevolmente il loro ambiente. Logiche che raramente coincidono con quelle
amministrative, ma rispondono a un’effettiva comunanza tra aziende e cittadini basata sulla condivisione di
obiettivi e di valori.
A corollario, Michael Porter, uno dei principali “guru” di strategie aziendali, afferma che nel lungo periodo ciò
che crea valore per l’impresa lo crea anche per il territorio. E viceversa. Da qui il suo principio della
“creazione di valore condiviso”, che pone i bisogni della comunità al centro delle strategie aziendali (a
differenza della responsabilità sociale che li colloca in periferia). Una scelta dettata non da un approccio
filantropico, ma perché far crescere la società in cui l’impresa opera è funzionale alla crescita dell’impresa
stessa, alla pari di altre leve competitive.
2.3 Terzo punto. Saper cogliere le opportunità che il mondo offre
La buona notizia è che fuori dai confini nazionali esiste un mondo dove l’economia continua a crescere.
Avanza con passo affaticato nell’Unione europea, con andatura più decisa negli Stati Uniti e in altre aree
europee, di corsa in Cina come nella grande maggioranza dei paesi asiatici, africani, sudamericani. L’Italia,
come canterebbe Fabrizio De André, procede in direzione ostinata e contraria.
Il “mondo che cresce” lo leggiamo nei dati del prodotto interno lordo, ma lo possiamo osservare anche
attraverso i numeri del commercio con l’estero: nel 2014 il PIL mondiale dovrebbe aumentare del 3,6 per
cento, il volume del commercio mondiale del 4,9 per cento.
Come si vedrà successivamente, il “mondo che cresce” offre opportunità per tutti, persone e imprese. Sta a
noi creare le occasioni per cogliere tali opportunità.
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Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013
2.4 Quarto punto. I Big Data.
Mark Twain sosteneva che esistono tre tipi di bugie, le piccole bugie, le grandi bugie e le statistiche. Una
delle leggi di Murphy recita che se si raccolgono abbastanza dati qualsiasi cosa può essere dimostrata con
metodi statistici. L’“Economist” afferma che l’economia è la scienza che studia perché le sue previsioni non si
sono avverate.
Si potrebbe proseguire a lungo nel citare aforismi che mettono in dubbio la capacità della statistica di
fotografare la realtà, una sfiducia verso i numeri che è diventata ancora più tangibile negli ultimi anni quando
– per certi aspetti paradossalmente - di fronte ad una maggiore disponibilità di informazione economica e
statistica, anche a livello territoriale, è diminuita la capacità di interpretare le dinamiche in atto.
Poter contare su più dati non si è tradotto in maggior conoscenza, un’equazione mancata le cui ragioni sono
da ascrivere principalmente alla crescente complessità del sistema e all’incapacità di abbandonare gli
abituali schemi dell’analisi dei dati. Eppure i miliardi di numeri di cui oggi disponiamo nei nostri dataset, se
correttamente letti e ricondotti a poche informazioni con valenza strategica, avrebbero veramente la forza di
aiutare la governance del territorio e delle imprese a operare le scelte migliori.
L’espressione “Big Data” significa proprio questo, incrociare le banche dati esistenti, far dialogare tra loro i
numeri provenienti da fonti diverse per ottenere una narrazione dal contenuto esplicativo che non potremmo
ascoltare attraverso il racconto delle singole banche dati. Secondo Harvard Business Review le società
statunitensi che utilizzano i big data hanno una profittabilità del 6 per cento superiore alle altre imprese.
2.5 Unire i punti.
Partire dai big data per accompagnare le filiere e le competenze distintive del nostro territorio a cogliere le
opportunità offerte dal mondo che cresce. Dall’interno del tunnel l’azione più logica da compiere sembra
essere quella di agganciare i quattro punti luminosi ed esplorare il percorso delineato dalla loro unione. Di
certo rischiarerà un po’ l’oscurità che ci circonda, probabilmente appariranno altri punti luminosi che ci
avvicineranno all’uscita.
Ci siamo ripromessi di adottare in queste pagine un approccio pragmatico, dove alle riflessioni seguissero
proposte concrete. Proviamo allora a declinare all’interno di strategie e azioni le considerazioni fatte,
tentando di unire i quattro punti luminosi in tre differenti ambiti: le esportazioni, il turismo e il welfare.
3. Le esportazioni
Sono oramai vent’anni che la teoria economica individua nelle esportazioni il principale fattore di crescita
delle nostre imprese. C’è un numero che meglio di altri spiega cosa significhi essere presente sui mercati
esteri per le imprese manifatturiere di Piacenza: posti uguale a cento il valore del fatturato realizzato sul
mercato interno e quello sul mercato estero nel 2002, nel 2013 il numero indice del fatturato estero sale a
115, quello interno crolla a 69. Semplificando, un’impresa manifatturiera che opera solo sul mercato estero
negli ultimi 10 anni ha aumentato il proprio fatturato del 15 per cento, quella che vende solamente in Italia ha
visto diminuire i propri ricavi del 31 per cento.
Andamento del fatturato interno e del fatturato estero. Numero indice, 2002=100
120
114,6
110
100
90
80
70
69,0
60
2002
2003
2004
2005
2006
2007
Fatt.interno
2008
2009
2010
2011
2012
2013
Fatt.estero
Fonte: Unioncamere Emilia-Romagna su dati osservatorio congiuntura industria manifatturiera
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Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013
Tutti a esportare quindi? Purtroppo no, commercializzare all’estero non è così semplice. Altri numeri possono
essere d’aiuto. Negli ultimi quattro anni le imprese della provincia di Piacenza che hanno esportato sono
state 1.478, di cui solo 489 hanno commercializzato all’estero tutti gli anni considerati.
I due terzi delle imprese che esportano ha meno di 10 addetti, quelle con oltre 250 dipendenti sono solo l’1
per cento ma ad esse è ascrivibile oltre un terzo dell’export complessivo. Il 43 per cento delle esportazioni
piacentine è realizzato dalle prime 10 imprese.
Quasi il 70 per cento delle imprese realizza sui mercati esteri meno del 25 per cento del proprio fatturato
complessivo.
Imprese esportatrici per classe dimensionale e per classe di fatturato realizzato all’estero.
Classe di addetti
meno di 10
Incidenza Incidenza
imprese
export
65,6%
11,1%
da 10 a 49
27,4%
21,2%
da 50 a 99
4,0%
17,3%
da 100 a 249
2,2%
18,9%
250 e oltre
0,9%
31,4%
100,0%
100,0%
TOTALE
<25%
68,7%
da 25% a 50%
12,6%
da 50% a 75%
12,3%
> 75%
6,4%
Fonte: Trade Catalyst, Unioncamere Emilia-Romagna, Bureau Van Dijk
È sicuramente vero che molte imprese commercializzano con l’estero “indirettamente” attraverso altre
società, in quanto subfornitrici di società esportatrici. È altrettanto vero che di fronte all’indebolirsi dei legami
di committenza-subfornitura sul territorio incrementare il numero delle imprese esportatrici rappresenta una
priorità.
Favorire il commercio con l’estero è uno degli obiettivi che può essere perseguito unendo i quattro punti
luminosi. Accompagnare come sistema territoriale le nostre imprese e le nostre filiere a cogliere le
opportunità offerte dal commercio con l’estero (il mondo che cresce) valorizzando le nostre competenze
distintive. E tutto questo a partire dai numeri.
Oggi la disponibilità di banche dati sempre più puntuali che incrociano miliardi di informazioni sulle imprese e
sui mercati esteri permette di individuare per ciascun prodotto i mercati più rilevanti, quelli più dinamici e
promettenti, quelli a maggior rischio. Così come le informazioni sulle singole imprese di tutto il mondo aprono
2
nuovi scenari per quanto riguarda l’analisi della competitività e la ricerca di partner commerciali
Passiamo dalla teoria alla pratica provando a costruire due possibili percorsi operativi che uniscano i punti.
Tutti i passaggi indicati non sono ipotetici, ma concreti e già realizzabili attraverso gli strumenti a
disposizione del sistema camerale dell’Emilia-Romagna. Un percorso la cui fase preparatoria può essere
realizzata desk (utilizzando solamente le banche dati) in tempi rapidi, vale a dire coinvolgendo le imprese
solo nella fase successiva, quella esecutiva.
Nel primo percorso immaginiamo di voler fare un’azione di sistema rivolto a un insieme di imprese. Le tappe
potrebbero essere queste:
1. Individuazione delle filiere, settori o prodotti. Attraverso indicatori statistici – oppure partendo da scelte
operate seguendo criteri differenti – individuazione del settore/filiera verso il quale si vogliono mettere
in campo azioni per allargare il bacino delle imprese esportatrici e per supportare quelle che già
operano sui mercati esteri;
2
Tutte le elaborazioni di questo capitolo sono state realizzate attraverso Trade Catalyst, il sistema informativo per
supportare le strategie di internazionalizzazione. Ideato da Unioncamere Emilia-Romagna e realizzato in collaborazione
con Bureau Van Dijk implementa e analizza in forma innovativa e integrata più basi dati, da quelle relative alla struttura
produttiva delle singole province a quelle degli scambi commerciali di tutti i Paesi del mondo per oltre 8mila prodotti, dai
dati di bilancio di oltre cento milioni di società mondiali, alle partecipazioni all’estero. L’idea alla base del prodotto è
quella di elaborare milioni di dati per restituire attraverso pochi numeri tutte le informazioni che possono essere di aiuto
per accompagnare le imprese nei mercati esteri. Il risultato finale è un report che delinea un percorso di
internazionalizzazione completo: grado di esportabilità dei prodotti, individuazione dei mercati più rilevanti e di quelli più
dinamici, posizionamento competitivo dell’impresa/settore/territorio, analisi della concorrenza, individuazione dei possibili
partner commerciali con indicatori sul loro grado di affidabilità.
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Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013
2. Lista d’imprese. Estrazione dell’elenco completo delle imprese del territorio (regione, provincia,
distretto, comune) che operano nel settore. Possibilità di filtrare le imprese in funzione di alcuni
parametri, dimensionali oppure patrimoniali. Per esempio si può scegliere di non coinvolgere nel
progetto aziende troppo piccole, oppure quelle con un’esposizione debitoria elevata che renderebbe
difficilmente sostenibile un’attività all’estero;
3. Conoscenza del mercato. Relativamente a quel settore quali sono i principali Paesi importatori o
esportatori, elenco delle imprese italiane ed estere, verso quali mercati (Paesi) si rivolgono gli
investimenti mondiali, …;
4. Creazione della mappa delle opportunità. Incrociando i dati export locali, italiani e mondiali è possibile
costruire una mappa delle opportunità, cioè classificare i mercati in funzione della loro capacità di
accogliere i nostri prodotti. I dati consentono di costruire le mappe per circa 8mila prodotti, quindi
permettono di individuare con precisione il bene e fornire così informazioni di reale utilità per le
imprese.
La mappatura segnala per ciascun prodotto/settore:
- i mercati da consolidare e su cui investire ulteriormente, riconducibili ai Paesi dove cresce la
domanda complessiva di quel prodotto e aumentano le nostre esportazioni;
- i mercati da difendere, dove le nostre esportazioni continuano a crescere ma si sta riducendo la
domanda (le importazioni di quel Paese relative al prodotto analizzato), quindi, presumibilmente la
concorrenza si farà più agguerrita;
- i mercati da ripensare, dove aumenta la domanda complessiva ma non le nostre esportazioni,
probabilmente sono da ripensare le strategie promozionali, distributive, di prodotto,…;
- i mercati a rischio, quelli dove diminuiscono sia le nostre esportazioni sia la domanda complessiva;
- i mercati dove noi siamo assenti o esportiamo pochissimo mentre gli altri competitors sono già
presenti e stanno incrementando in misura considerevole il loro export di quello specifico
prodotto;
- i mercati emergenti, ancora marginali in termini di volume, ma in fortissima e rapidissima crescita.
5. Una volta individuato il mercato/i di interesse è possibile avere dati puntuali sul Paese, previsioni
macroeconomiche, informazioni utili all’attività commerciale, elenco delle imprese che operano nel
settore, elenco delle imprese italiane ed estere che hanno effettuato investimenti su quel mercato,…
6. Elenco dei distributori di quel settore/prodotto che operano nel Paese scelto, con indicazioni sul grado
di affidabilità.
A titolo esemplificativo è riportata la mappa delle opportunità di una delle filiere caratteristiche della
provincia, quella dei tubi e profilati cavi.
TUBI E PROFILATI CAVI.
MERCATI
RILEVANTI
MERCATI NON RILEVANTI
CON BUONE PROSPETTIVE
DA DIFENDERE
Algeria; Giordania; Qatar
Francia; Spagna; Belgio; Polonia
A RISCHIO
DA CONSOLIDARE
Austria; Croazia; Regno Unito; Stati Uniti d'America
Norvegia
DA RIPENSARE
EMERGENTI O ASSENTI
Arabia Saudita; Indonesia; Kuwait; Ghana; Emirati Arabi Uniti; Canada; Hong Kong; Svizzera; Angola;
Brasile; Nigeria; Messico; Russia; Cina
Fonte: Trade Catalyst, Unioncamere Emilia-Romagna, Bureau Van Dijk
Un percorso analogo può essere costruito con l’obiettivo di fornire un servizio personalizzato alla singola
impresa:
- misurazione del grado di esportabilità del suo prodotto;
- posizionamento competitivo rispetto alla concorrenza (terzo in regione, quinto in Italia, centesimo nel
mondo);
- punti di forza/debolezza rispetto ai concorrenti (confrontando alcuni indicatori bilancio dell’impresa con
quelli medi di imprese dello stesso cluster);
- creazione della mappa delle opportunità;
- scheda Paese del mercato individuato con informazioni dettagliate;
- elenco dei distributori con misurazione del grado di affidabilità
Una volta terminata la fase desk che trasforma miliardi di numeri in poche essenziali informazioni, sta al
sistema territoriale tradurre queste informazioni in azioni concrete per accompagnare le imprese del territorio
nel mondo.
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Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013
Indipendentemente dalle azioni scelte, la loro efficacia sarà direttamente proporzionale alla capacità di
metterle in campo come sistema territoriale. Nel teorema “le imprese sono competitive se il territorio è
competitivo” ricordavamo tre condizioni necessarie: la compresenza di un insieme di istituzioni formali e
informali che sostenga le imprese, l’affiancamento alle imprese nel superare vincoli e ostacoli, un nuovo
modo di concepire il territorio, superando barriere amministrative ma anche un’attribuzione di posizioni, ruoli
e competenze spesso anacronistico.
Quello che è certo è che fuori dall’Italia c’è un mondo pronto ad accogliere le nostre produzioni. Oggi
disponiamo degli strumenti per individuare per tutti i prodotti le opportunità che il mondo ci propone. Saperle
cogliere dipende solamente da noi.
4. Il turismo
Il fatto che il turismo sia una competenza distintiva del nostro Paese è cosa nota, non sarebbero necessari
3
numeri per testimoniarlo. Tuttavia, alcuni di essi può essere opportuno ricordarli : L’Italia è prima al mondo
per infrastrutture turistiche, prima per destinazione che si vorrebbe visitare, quinta al mondo per spesa
turistica dei non residenti. A questi numeri se ne affiancano altri di tenore opposto: trentesimi per crescita
turistica tra i primi trenta Paesi turistici (quindi ultimi), ventiseiesimi per competitività dell’industria turistica,
centesimi per regolamentazione e politiche sul settore, vale a dire che le politiche più che un sostegno alle
attività turistiche rappresentano un fastidioso inciampo.
L’unione dei numeri evidenzia come il turismo sia un’enorme potenzialità per il nostro Paese, una
competenza distintiva che valorizziamo poco e male.
Certamente l’industria turistica rappresenta una filiera apprezzabile anche per Piacenza. Il contributo del
turismo alla composizione del valore aggiunto provinciale si aggira attorno al 7,6 per cento.
Molte sono le analogie con quanto visto analizzando il commercio con l’estero. Anche per il turismo fuori c’è
un mondo che cresce e offre grandi opportunità. Nel 2030 gli arrivi turistici internazionali raggiungeranno 1,8
miliardi, vale a dire che ogni giorno 5 milioni di persone si sposteranno da un Paese a un altro. Nei prossimi
dieci anni il PIL turistico mondiale dovrebbe crescere a un tasso del 4,4 per cento annuo, ampiamente
superiore a quello complessivo. Per l’Italia è prevista una crescita del 2,3 per cento annuo, un’opportunità
che riusciremo a cogliere solamente se sapremo schiodarci da quel centesimo posto relativo alle politiche
sul turismo.
Per Piacenza non disponiamo di dati previsionali sui flussi turistici, tuttavia è sufficiente guardare la dinamica
più recente per comprendere cosa possa significare cogliere le opportunità del mondo che cresce. A fronte di
una domanda interna in forte calo - il numero degli arrivi italiani in provincia è diminuito nell’ultimo anno del
22 per cento - vi è una domanda estera che, pur in flessione a differenza di quanto registrato a livello
regionale e nazionale, consente al settore di limitare i danni (-4,7 per cento gli arrivi dall’estero).
Se analizzando il commercio con l’estero lamentavamo il basso numero di imprese esportatrici, nell’industria
turistica è la percentuale di turismo proveniente dall’estero a essere bassa, soprattutto se confrontata con
quella nazionale (36 per cento a Piacenza, 47 per cento in Italia). Ovviamente il dato andrebbe
contestualizzato e letto in maggior profondità tenendo conto della capacità di attrazione dall’estero che
hanno città come Roma, Firenze o Venezia, tuttavia aumentare il numero di presenze straniere sembra
essere un obiettivo alla portata della provincia.
Presenze turistiche per provenienza. Piacenza Fonte: Unioncamere Emilia-Romagna su dati Istat
Incidenza delle presenze
Variazione 2012-2013 degli arrivi e delle presenze
-4,7%
64,4%
-6,6%
-8,3%
35,6%
-22,1%
stranieri
3
italiani
Italiani arrivi
Italiani presenze
Stranieri arrivi
Stranieri presenze
Alcune delle considerazioni, delle statistiche e delle metodologie utilizzate in questo capitolo sono tratte dallo studio “Il
turismo invisibile”, realizzato da Guido Caselli e Stefano Lenzi per il Piano Strategico di Rimini e l’assessorato turismo
della Regione Emilia-Romagna. Lo studio sarà disponibile nella primavera 2014.
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Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013
Come avvenuto per le esportazioni, per passare dalla teoria ai fatti, l’incrocio di più banche dati (i dati sulle
presenze e sulla spesa turistica rilevati dall’Istat, dalla Banca d’Italia e dal World Tourism Organization) può
esserci d’aiuto per costruire le mappe delle opportunità e individuare i mercati verso i quali orientare le
strategie di promozione turistica.
Ancora una volta emergono i mercati già rilevanti da consolidare ulteriormente, quelli da difendere (dove
Piacenza tiene – ma cala il numero delle presenze complessive all’estero) quelli a rischio (presenze in calo
in provincia e a livello complessivo) quelli dove le strategie probabilmente vanno ripensate (presenze in calo
a Piacenza ma non quelle complessive), i mercati che sono ancora marginali ma in forte espansione.
Vacanza culturale in città d’arte e a Piacenza a confronto. Valutazione dei principali mercati di riferimento
sulla base della dinamica di spesa 2007-2012
Mercati su cui
Mercati a rischio
Mercati stabili
Mercati in crescita
investire
Norvegia; Finlandia;
Australia; Germania;
Regno Unito; Spagna;
Messico; Argentina;
Danimarca; Belgio; Stati
Austria; Brasile;
Polonia; Svizzera; Paesi
Cile; Dubai;
Uniti; Svezia
Giappone; Canada;
Bassi; Francia
Venezuela; Turchia;
Cina; Russia
India
Fonte: Unioncamere Emilia-Romagna su dati Banca d’Italia, UNWTO e altre fonti.
Ci si può spingere ancora oltre, segmentando il mercato di riferimento per tipologia di vacanza, per classe di
età, per sesso, per professione, per capacità di spesa. Tutte le mappature evidenziano, partendo dai numeri,
come la crescita del turismo mondiale offra e offrirà sempre di più opportunità di crescita per tutti i territori e
per tutte le tipologie di vacanza.
Anche a Piacenza, se il territorio saprà costruire proposte turistiche di successo per intercettare la domanda
mondiale sempre meno standardizzata.
Conoscere i mercati e le dinamiche dei flussi mondiali costituisce solo la prima tappa del percorso per
attrarre turisti. Da un lato la crescente competizione tra le destinazioni internazionali più tradizionali e quelle
emergenti, dall’altro i profondi cambiamenti nel comportamento dei turista hanno determinato la necessità di
differenziare il prodotto turistico. Spesso si continua a credere che la ricchezza del patrimonio sia sufficiente.
Non è così, si può disporre di un patrimonio artistico/culturale unico, ma se attorno a esso non si crea
un’offerta turistica nuova e differenziata si avrà solamente un turismo di passaggio, di chi viene a soddisfare
una curiosità e velocemente se ne va, senza nessuna possibilità di fidelizzazione.
Per fidelizzarlo non è sufficiente una generica attenzione al cliente, occorre creare “cose nuove”. È come
viene vissuta l’esperienza e non solo l’oggettività del bene visitato, a dare unicità e piacere all’esperienza del
viaggio.
Oggi il turista, grazie anche alle nuove tecnologie, è un viaggiatore informato, alla ricerca di nuove
esperienze e opportunità. Non è solo un cliente finale, è un attore temporaneo del territorio che partecipa
attivamente al processo di produzione dell’offerta. Un’offerta che, per avere successo, non può che partire
proprio dai bisogni del turista, dai suoi desideri, sapendo che nella sua scelta finale contano sempre di più la
ricerca dell’autenticità e valutazioni di carattere emozionale.
Una proposta turistica di questo tipo può essere costruita solamente come sistema territoriale, coinvolgendo
tutti gli attori del territorio, integrando ancor più istituzioni e operatori privati, costruendo filiere allargate
perché il nuovo turismo è sempre meno confinabile in settori circoscritti.
Su questi aspetti la nostra regione, più di altre, è particolarmente attiva, sia nella definizione delle norme a
supporto del settore sia nella ricerca dell’integrazione orizzontale e verticale di tutti gli operatori della filiera.
Le principali linee d’azione riguardano il sostegno ai percorsi volti a elevare il livello di qualità dei prodotti e
dei servizi offerti, a migliorare la mobilità e la logistica, a promuovere la riqualificazione dei tessuti urbani e
delle strutture ricettive.
A ben vedere sono azioni che impattano su tutto il territorio e non solo sul turismo, proprio perché i turisti
sono cittadini temporanei che condividono con i residenti servizi e disservizi. Chi visita o abita solo per un
breve periodo le città deve avere gli stessi diritti del cittadino residente, riconoscere questa valenza significa
affermare la capacità dei turisti di diventare partner strategici nel processo di programmazione del territorio.
Allo stesso tempo i cittadini temporanei guardano al territorio con occhi diversi, chiedono e propongono
servizi differenti che contribuiscono ad arricchire il territorio stesso.
La divisione tra cittadino residente e cittadino temporaneo, tra sviluppo del territorio e turismo, diviene
sempre più sottile, Carlo Petrini, fondatore di Slow Food, sostiene che le azioni per attrarre turisti devono
necessariamente partire “dai cittadini residenti, dalla loro qualità della vita, dalla capacità di essere felici,
dalla loro cura della terra che abitano. I turisti arriveranno di conseguenza”.
A ben vedere è un altro modo di declinare il teorema “dalla qualità del territorio discende la capacità di
competere di imprese e persone”.
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Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013
Costruire un’offerta turistica di successo come sistema territoriale è tutt’altro che semplice. Al governo del
territorio è richiesto un salto qualitativo, deve evolvere da semplice intermediario tra domanda e offerta a
regista d’esperienze. Significa saper ascoltare e dirigere tutti gli attori coinvolti – operatori turistici, cittadini
residenti, cittadini temporanei – e mettere in scena un’offerta che rispetti e valorizzi gli elementi identitari del
territorio e, al tempo stesso, sappia intercettare i desideri del singolo turista e costruire su di essi esperienze
autentiche.
Non è semplice però, ancora una volta, dipende da noi.
5. Il welfare
Inserire il tema del welfare come fattore di crescita del territorio potrebbe sembrare azzardato, è ancora
prevalente la visione che guarda al welfare come a un costo e non come a una risorsa. In realtà sono tanti i
numeri a testimoniare che così non è, non solo per quanto il welfare produce sul territorio dal punto vista
economico e sociale, ma anche per il suo peso diretto nella struttura produttiva regionale.
Nel terzo settore di Piacenza – sulla base del recente censimento condotto da Istat - operano oltre 4mila
addetti, molti di più rispetto a importanti filiere manifatturiere.
Se agli addetti aggiungiamo i volontari il numero di chi opera a vario titolo nel terzo settore raggiunge quota
37mila, vale a dire che quasi 13 abitanti della provincia ogni cento sono direttamente coinvolti nel mondo no
profit.
L’importanza del welfare, anche come creatore di nuova occupazione, risulta ancora più evidente in questi
anni di difficoltà. Dal 2010 al 2013 la struttura produttiva “profit” della provincia ha aumentato gli addetti
dell’1,3 per cento, contemporaneamente il non profit ha registrato incrementi prossimi al 4 per cento.
Profit e no profit a confronto. Variazione delle unità locali e degli addetti. Giugno 2010-giugno 2013.
Variazione percentuale unità locali e addetti
Variazione valori assoluti addetti
1.273
8,9%
3,8%
1,3%
-1,2%
Var. unità locali
Prof it
137
Var. addetti
No prof it
Prof it
No prof it
Fonte: Unioncamere Emilia-Romagna su dati SMAIL
Numeri che fanno del welfare – anche alla luce del confronto con le altre province italiane - una competenza
distintiva e una filiera rilevante nel sistema economico provinciale. Il welfare dunque, incrocia il primo punto
luminoso che avevamo individuato nelle note iniziali. Certamente incrocia anche il secondo, il territorio. Il
welfare è territorio, non è delocalizzabile o trasferibile in alcune delle sue componenti in altri parti del mondo,
evolve e si modifica in risposta ai cambiamenti del territorio stesso.
Il terzo punto luminoso riguardava il saper cogliere le opportunità che il mondo offre.
È indubbio che la globalizzazione stia determinando profondi cambiamenti nel tessuto sociale della nostra
provincia e della nostra regione.
Secondo le previsioni demografiche nel 2034 in Emilia-Romagna (le previsioni di fonte ISTAT non sono
disponibili a livello provinciale) vi saranno 610mila abitanti in più, una crescita imponente del tutto ascrivibile
all’arrivo di nuovi cittadini da altre parti del mondo. Gli stranieri saranno un milione e centomila, il 21 per
cento della popolazione (oggi incidono per il 13 per cento), un terzo dei bambini sarà di nazionalità straniera.
Gli abitanti con oltre 64 anni sfioreranno il milione e quattrocentomila (il 27 per cento della popolazione
rispetto al 22 per cento attuale), cinque emiliano-romagnoli ogni cento avrà più di ottantacinque anni.
Alla luce delle dinamiche più recenti non è difficile prevedere che anche Piacenza sarà sempre più una
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Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013
provincia multietnica e abitata da una quota crescente di over 65. Sicuramente è positivo poter contare molti
anziani e stranieri, sono espressione di un’elevata qualità della vita e della capacità di accogliere e integrare;
d’altro canto sono trasformazioni che richiedono un forte ripensamento delle politiche di welfare.
Un altro cambiamento portato dalla crisi riguarda i tagli alla spesa pubblica e, inevitabilmente, alla spesa
sociale. A risentirne saranno soprattutto le cooperative sociali e chi opera direttamente sul territorio per
attuare le politiche sociali. L’osservatorio sul terzo settore di Reggio Emilia ha evidenziato come le entrate
delle cooperative sociali siano per quasi il novanta per cento derivanti da contributi e convenzioni con Enti
pubblici. È evidente come in una fase di crisi che sta producendo un ampliarsi della base sociale a rischio di
esclusione (nuovi disoccupati, giovani che non trovano lavoro, famiglie che hanno visto diminuire
drasticamente il potere d’acquisto, pensionati e immigrati senza una rete di sostegno,…) il ridursi della
capacità di spesa pubblica rappresenta un problema non di poco conto.
Di fronte a queste considerazioni può sembrare difficile cogliere nel mondo che cambia (e che produce
questi effetti) delle opportunità.
Eppure può essere l’occasione per ripensare il sistema di welfare regionale, costruire nuovi percorsi
coinvolgendo altri attori del territorio, sperimentando nuovi servizi e rinnovando quelli esistenti, attirando
nuove fonti di finanziamento. Tutto questo senza mai perdere di vista il principio fondante del welfare
regionale, garantire a tutti l’accesso ai servizi, pur nella consapevolezza che anche il concetto di
universalismo è oggetto di grandi trasformazioni.
Sarà necessario superare l'idea di universalismo nel suo significato di copertura omnicomprensiva di tutta la
popolazione, per tutti i bisogni meritevoli di tutela e in forma completamente gratuita. Come sostiene
Maurizio Ferrera, docente di Scienza della Politica all'Università degli Studi di Milano “a questa concezione,
di dubbia sostenibilità dal punto di vista non solo economico-finanziario ma anche della giustizia distributiva,
appare opportuno contrapporre l'alternativa dell'universalismo progressivo: accesso esteso a tutta la
popolazione, ma con filtri selettivi capaci di calibrare il paniere delle prestazioni in base all'intensità del
bisogno e della situazione economica degli utenti. Ciò significa garantire di meno a chi ha meno bisogno e
chiedere a chi può permetterselo, in base alla situazione economica, una compartecipazione
progressivamente più elevata per accedere alle prestazioni garantite. La compartecipazione rimarrebbe
comunque più bassa del costo reale del servizio e del suo prezzo sul mercato privato”.
Un esempio riguarda gli assegni di accompagnamento. Lo Stato spende ogni anno circa 15 miliardi per
questi assegni, che sono troppo bassi per le famiglie che ne hanno davvero bisogno e d'altro canto
rappresentano un'integrazione non davvero necessaria per chi ha redditi medio-alti. Più logico sarebbe
redistribuire le somme in modo da dare un contributo maggiore a chi è in difficoltà economica.
Adottare l’idea dell’universalismo progressivo da un lato consentirebbe di modulare in maniera differente le
risorse pubbliche, dall’altro lato aprirebbe la via agli investimenti sociali privati, così come raccomandato
dall’Unione europea nell’Agenda Europa 2020.
Il welfare rafforzerebbe ulteriormente il suo ruolo di fattore di crescita del territorio, sia come produttore
diretto di ricchezza attraverso le imprese che operano nel settore, sia nell’apporto più difficilmente misurabile
ma altrettanto rilevante di rete di protezione.
Nei capitoli precedenti, per dare forma e sostanza alle idee, il racconto è stato supportato dai numeri. In
questo capitolo i nostri big data non saranno più database numerici ma raccolte di esperienze fatte in altri
Paesi.
5.1.Le esperienze di welfare nel nord Europa
Nell’ambito del welfare, le esperienze di maggior successo sono, da un lato, quelle dei paesi scandinavi,
dall’altro, quelle di alcuni paesi anglosassoni. A metà strada tra i due gruppi, si colloca l’esperienza olandese
che su un substrato di esperienze tipicamente scandinave ha applicato molte soluzioni derivanti dal mondo
anglosassone.
Il primo aspetto che va tenuto presente è che tutte le esperienze di welfare virtuose sono state realizzate
parallelamente ad un contenimento della spesa pubblica. Questo per sancire fin da subito che il
miglioramento/ampliamento dei servizi garantiti alla comunità non è, necessariamente, in contrasto con il
contenimento della spesa pubblica. La spesa pubblica in Svezia è passata dal 67 per cento del 1993 al 49
cento del 2012 e questo senza intervenire sui livelli di servizio offerti alla popolazione, anzi, integrando nuovi
servizi che rendono la vita più semplice ai cittadini.
Quali sono le caratteristiche comuni ai modelli di welfare che hanno avuto maggior successo?
14
Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013
Innanzitutto quella di favorire la libertà individuale, ponendo al centro la persona e non lo Stato. Non più
programmare la vita delle persone ma promuovere la libertà individuale e la mobilità sociale basata sulle pari
opportunità per tutti. La libertà individuale la si ritrova soprattutto nella fruizione e nell’erogazione dei servizi
pubblici, attraverso, per esempio, il sistema dei voucher e una vasta serie di soggetti privati erogatori, dalle
assicurazioni private ai fondi di categoria, dalle fondazioni bancarie agli enti filantropici, dalle associazioni ai
sindacati, fino alle imprese, singole o associate. Si tratta di esperienze alla quali ci si riferisce nella
letteratura internazionale con welfare mix, societal welfare o welfare community e che nel nostro paese
4
vengono identificate anche come secondo welfare .
Le amministrazioni pubbliche di questi Paesi hanno assunto il ruolo di coordinamento, promozione, e
controllo di questa galassia di soggetti riuscendo così ad aumentare la quantità e la qualità dei servizi erogati
contenendone i costi.
Un altro tratto caratteristico è il pragmatismo, non è importante chi eroga materialmente i servizi, quello che
importa è che funzionino e che il loro costo sia sotto controllo. Di qui la massiccia adozione del metodo dei
voucher (soprattutto in Svezia) per scuole, asili, ospedali e servizi per gli anziani. I pubblici poteri hanno
intensificato il loro ruolo di controllori, adoperandosi per l’erogazione diretta solo per correggere distorsioni
non altrimenti risolvibili.
Un terzo aspetto fondamentale riguarda il passaggio dal welfare del risarcimento al welfare delle opportunità.
Si tratta di una logica nuova ma, soprattutto, diversa di disegnare tutti gli interventi di welfare. Invece di
cercare di risarcire la persona per l’evento critico che ha interessato la sua vita si tenta di aiutarla ad uscire
dalla situazione di bisogno che quell’evento critico ha causato. L’esempio più evidente di questo
cambiamento di ottica è rintracciabile nel disegno delle politiche per la disoccupazione (che vanno sotto il
nome di welfare to work). Nel caso danese della flexsecurity i disoccupati ricevono, sì, sostegno al reddito
ma il focus è sul supporto di politiche attive per il lavoro (formazione mirata, riqualificazioni, aiuto attivo nella
ricerca del lavoro). In cambio essi devono impegnarsi fortemente nella ricerca del lavoro (e rischiano di
perdere il sostegno pubblico se non lo fanno), anche accettando di trasferirsi per ottenerlo. In questo modo, i
lavoratori non rimangono legati a posti di lavoro che stanno scomparendo (come rischia di succedere con la
cassa integrazione italiana) ma riallocano le proprie energie e le proprie competenze verso settori ed
imprese in espansione. I costi sociali ed economici della riallocazione del capitale umano sono così ridotti al
minimo e si contiene il più possibile la durata del distacco dei lavoratori dal mondo del lavoro.
Il welfare delle opportunità si estende oltre i confini del welfare to work. E’ un principio che si ritrova in tutte le
azioni di welfare, con l’obiettivo dichiarato di consentire alla quota più ampia possibile di popolazione di
accedere attivamente al mercato del lavoro.
Va detto che i modelli di welfare del nord Europa sono difficilmente trasferibili senza opportuni adattamenti
nel nostro Paese, le condizioni di partenza – i conti pubblici e il tasso di partecipazione al lavoro, solo per
citare due evidenti criticità – li rendono economicamente insostenibili.
Ciò non toglie che i suoi principi ispiratori – libertà individuale, pragmatismo, welfare delle opportunità – e le
modalità con le quali sono perseguiti - la forte interazione pubblico-privato, la creazione di circoli virtuosi tra i
diversi attori della società dove ogni elemento alimenta e sostiene gli altri ed è a sua volta sostenuto da
questi – non possano essere alla base di un nuovo sistema di welfare regionale.
In particolare, all’interno dei modelli di welfare nord europei c’è un tassello che merita di essere approfondito,
il welfare aziendale. Può rappresentare – se opportunamente declinato tenendo conto delle nostre
peculiarità, a partire dalla dimensione d’impresa – un primo passo verso un welfare di comunità, che tenga
proficuamente assieme componente pubblica e privata.
5.2. Dal welfare aziendale al welfare di comunità
Con il termine welfare aziendale si intende quell’insieme di benefit non monetari e servizi forniti dal datore di
lavoro ai proprio personale al fine di migliorarne la vita (privata e/o lavorativa).
Le aree d’intervento sono numerose, conciliazione vita-lavoro (flessibilità oraria e organizzazione lavoro,
attività ricreative, culturali, badante, maggiordomo aziendale, counseling, …), area finanziaria (mutuo,
prestito personale), area educativa (asili nido, scuole, master, acquisto libri e materiale didattico), area cura
(pagamento di polizze sanitarie, rimborso spese sanitarie), altri benefit (trasporti, beni aziendali,…).
È bene essere chiari, il welfare aziendale non va visto nell’ottica di un atto di filantropia dell’impresa verso il
4
Si veda il Primo rapporto sul secondo welfare in Italia di Franco Maino e Maurizio Ferrara, Centro Ricerche e Documentazione Luigi
Einaudi al link: http://www.secondowelfare.it/ Il termine secondo welfare prende spunto da un articolo di Dario Da Vico sul Corriere
della Sera.
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Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013
lavoratore, ma come una azione win-win, dove sia il lavoratore che l’impresa traggono vantaggi.
I benefici – documentati in numerosi studi - per quanto riguarda l’azienda riguardano un aumento della
produttività, una riduzione dei costi di lavoro, un contenimento dei costi di turnover, la fidelizzazione delle
risorse strategiche, il miglioramento del clima aziendale e dell’immagine all’esterno, il rafforzamento del
senso di appartenenza all’impresa.
Swot analysis del welfare aziendale
PUNTI DI FORZA
Costi sostenuti dell’azienda inferiori al valore
percepito del bene/servizio erogato
Possibilità di sperimentare
Progetto ad alto valore aggiunto per l’immagine
aziendale
Riconoscimento sociale – stakeholder
Miglioramento efficienza organizzativa
PUNTI DI DEBOLEZZA
Progetto importante in termini di risorse e durata
Regole fiscali e contributive non sempre certe
OPPORTUNITA’
Revisione delle politiche retributive
Migliorare immagine e clima aziendale
Aumento produttività e riduzione assenteismo
Senso di appartenenza per i dipendenti
dell’azienda
Fidelizzazione delle risorse strategiche
MINACCE/CRITICITA’
Coinvolgimento sindacale
Contrarietà dei lavoratori alla revisione delle attuali
politiche retributive
Controllo dei fornitori
Fonte: Paolo Tormen, “I sistemi di welfare aziendale, come dare di più ai dipendenti spendendo meno”.
Vi sono già alcune esperienze di welfare aziendale nel nostro Paese, tuttavia riguardano soprattutto imprese
di grandi dimensioni, il più delle volte legate a multinazionali. Per le aziende di piccola e media dimensione il
numero ridotto di dipendenti lo rende di difficile attuazione, in quanto spesso è necessario il raggiungimento
di una massa critica per rendere l’investimento possibile (si pensi, ad esempio, ai servizi assistenziali per
l’infanzia che prevedono costi fissi importanti).
Ciò non toglie che non sia possibile portare anche le imprese di piccola dimensione verso il welfare
aziendale, costruendo un percorso che, ancora una volta, tenga insieme le competenze distintive del nostro
territorio: la filiera del welfare nella sua componente pubblica e privata, il territorio e la sua capacità di essere
rete.
Le soluzioni per andare in questa direzione (e le prime esperienze) non mancano:
• I contratti di rete: si tratta di strumenti nati con l’obiettivo di accrescere la competitività aziendale.
Essi possono essere utilizzati anche per l’implementazione di sistemi condivisi di welfare
aziendale che permettano di superare la barriera dei costi fissi elevati e di aggregare la domanda
del personale di più imprese. La prima esperienza a questo riguardo è quella di GIUNCA (Gruppo
Imprese Unite Nel Collaborare Attivamente), una rete aziendale nata a Varese tra imprenditori di
diverse dimensioni e settori merceologici con l’obiettivo di fornire agli addetti delle medesime
servizi di welfare e formazione;
• I patti per lo sviluppo: si tratta di iniziative che nascono dall’impegno delle associazioni datoriali e
delle rappresentazione sindacali per la costruzione di sistemi di welfare territoriali condivisi.
L’esempio è quello di Unindustria Treviso che, a seguito della firma di un patto per lo sviluppo nel
2011 e di concerto con le organizzazioni sindacali, ha promosso l’introduzione di pacchetti welfare
nei contratti aziendali. Unindustria Treviso si occupa di contrattare le condizioni di maggior favore
coi fornitori di beni e servizi introdotti in questi pacchetti;
• Il welfare contrattuale: Anche le parti sociali sono consapevoli dell’importanza del secondo welfare e
cercano di valorizzare la contrattazione decentrata, aziendale o territoriale, per introdurne
elementi. Si tratta, nella maggior parte dei casi, di costituzione di fondi di natura socio sanitaria e
di enti bilaterali che, sempre più, sono attivi anche nell’erogazione di interventi di welfare;
• I bandi pubblici: al fine di assistere le imprese nel processo di adozione di strumenti di welfare
aziendale, diversi enti pubblici (Regioni e Camera di commercio soprattutto) stanno emanando
bandi per il cofinanziamento degli stessi e degli interventi di adeguamento organizzativo necessari
(come la necessità di aggregazione delle piccole e medie imprese per potersi dotare
efficacemente di questi strumenti). Per esempio la Regione Lombarda ha stanziato 5 milioni di
euro per finanziare progetti di welfare aziendale (o inter-aziendale) a beneficio delle PMI
prevedendo però, come prerequisito indispensabile, l’aver concluso la contrattazione di secondo
livello. Questo tassello sembrava essere un notevole ostacolo per le imprese più piccole. Le parti
sociali hanno sopperito a questa criticità concludendo contratti di secondo livello su base
territoriale e settoriale in modo da permettere alle PMI di accedere ad una sorta di “contrattazione
di secondo livello pre-confezionata”.
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Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013
A Piacenza vi sono tutte le condizioni per dare vita a un welfare aziendale di rete, per esempio
sperimentando percorsi su reti locali già esistenti e nate con diverse finalità (committenza-subfornitura,
export, …), dove vi è già una relazione consolidata tra l’impresa leader (generalmente di dimensione media
e grande) e quelle di dimensioni minori. Reti che progressivamente si possono allargare ad altre imprese di
prossimità. Gli ingredienti ci sono tutti: un efficiente sistema di welfare pubblico, imprese di dimensioni medie
e grandi attente alla crescita del territorio, piccole imprese che lavorano in rete, attori del terzo settore che
possono erogare i servizi, parti sociali collaborative. Condizione necessaria che da parte di tutti – imprese,
persone, parti sociali - vi sia il desiderio di aprirsi al nuovo e alla sperimentazione.
Il welfare aziendale di rete è solo un passo verso il welfare di comunità, nel quale il rapporto pubblico-privato
si fa sempre più stringente aprendosi anche a chi è fuori dalle reti aziendali, nell’intento di trovare insieme
soluzioni alle emergenze sociali o, meglio ancora, di prevenirle.
Nell’attivazione del welfare di comunità sarebbe importante poter accedere anche a finanziamenti non
pubblici e non direttamente erogati dalle imprese, coinvolgendo gli abitanti del territorio. Alcuni servizi
possono trovare nel crowdfunding dei sostenitori (come già avviene per alcuni progetti a carattere sociale), in
generale si possono cercare soluzioni meno aleatorie e più strutturate.
Nei paesi anglosassoni hanno preso il via le sperimentazioni dei cosiddetti Social Impact Bond (Regno
Unito) anche detti Pay for success bond (Stati Uniti). L'idea dei Social Impact Bond è stata promossa e
sviluppata alla ricerca di soluzioni al paradosso per cui è possibile conseguire ingenti risparmi di fondi
pubblici prevenendo o intervenendo nelle prime fasi in cui si generano i problemi sociali o sanitari, piuttosto
che gestendo le fasi di crisi. Se non che è spesso difficile se non impossibile reperire finanziamenti per
realizzare tali interventi.
Queste forme di investimento prevedono che un intermediario finanziario raccolga fondi da privati
(generalmente grossi investitori istituzionali) allo scopo di finanziare progetti selezionati dalla Pubblica
Amministrazione. L’intermediario finanziario versa questo denaro ai soggetti non profit che sono stati
selezionati per fornire un determinato servizio. Se l’attività di questi soggetti riesce a raggiungere gli obiettivi
previsti nei tempi concordati (a giudicare è un ente terzo indipendente), l’ente pubblico versa all’intermediario
finanziario l’equivalente del capitale raccolto più gli interessi, secondo il tasso previsto. L’intermediario
finanziario, a questo punto, procede alla restituzione del capitale, arricchito dagli interessi, agli investitori. Se
gli obiettivi non vengono raggiunti, l’ente pubblico non restituisce il capitale né, tantomeno, gli interessi.
In questo modo si ha che gli enti pubblici possono avvalersi dell’attività di soggetti del terzo settore altamente
specializzati nell’erogazione di servizi in cui essi faticano ad avere expertise adeguato e spendono il denaro
dei contribuenti solo se gli obiettivi vengono raggiunti. I soggetti non profit, dal canto loro, possono contare
su risorse certe per lo svolgimento delle attività del proprio core-business e gli investitori hanno la possibilità
di trarre profitto (a fronte di un rischio, come naturale) da una attività a forte valenza sociale.
Un esempio può chiarire meglio: i social impact bond possono servire a finanziare l’attività di una
cooperativa sociale che si occupa del recupero di ex tossici. In questo caso il fattore di successo viene
misurato dal numero di persone che si ipotizza possa tornare a condurre una vita senza l’uso di droghe.
Stabilito il livello atteso di persone non più dipendenti, supponiamo 100, se il numero concordato viene
raggiunto o superato il privato guadagna, in caso contrario perde. Se il progetto è in grado di curare cento
persone o più allora il comune paga un extra rendimento all’investitore privato. Ciò è possibile grazie ai
risparmi di lungo periodo ottenuti dal non doversi più occupare di cento tossicodipendenti.
Si tratta di emissioni di titoli ancora allo stadio sperimentale e che possono essere esperite solo in quei casi
in cui gli obiettivi siano chiaramente definibili e misurabili in anticipo (sono quindi escluse a priori quelle
situazioni di forte fallimento del mercato).
Esempi di finanza sociale, anche se con caratteristiche diverse, si riscontrano anche nel nostro paese.
Alcune banche hanno lanciato i Social Bond, altre si stanno muovendo in questa direzione. Si tratta di
obbligazioni che vengono collocate secondo i canoni consueti ma che prevedono che una parte del denaro
raccolto vada a finanziare progetti meritori, precedentemente selezionati. Questo può avvenire in due modi
diversi. Secondo una prima metodologia, una percentuale dell’importo collocato viene devoluto a progetti di
utilità sociale. Questi titoli stanno avendo successo per diversi motivi: la loro gestione è assolutamente
semplice (e identica a quella delle normali obbligazioni), i rendimenti garantiti sono del tutto simili a quelli
delle emissioni obbligazionarie ordinarie, le iniziative finanziate insistono sullo stesso territorio dove è stato
collocato il prestito in modo da rendere evidente ai sottoscrittori i risultati che sono stati raggiunti. La seconda
metodologia, invece, prevede che l’intero importo raccolto col prestito obbligazionario sia dedicato a
finanziare imprenditoria sociale, preferibilmente legate a settori specifici o aree geografiche definite.
Altre banche propongono piattaforme on-line attraverso le quali i privati possono prestare direttamente
denaro a realtà non profit, a titolo gratuito oppure concordando un tasso di interesse. La banca garantisce
completamente l’affidabilità delle iniziative che mette sul portale così che il privato non teme per la perdita
del proprio investimento. In questo modo i soggetti non profit riescono ad ottenere finanziamenti per le
17
Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013
proprie attività a tassi assolutamente competitivi mentre gli investitori possono finanziare, senza rischio,
iniziative a carattere sociale traendone un interesse non dissimile da quello di investimenti con un profilo di
rischio analogo.
Ciò che emerge da queste riflessioni è che, nonostante la crisi economica e la contrazione della spesa
pubblica, è possibile mantenere e migliorare la qualità del sistema di welfare di Piacenza.
Continuare a essere un’eccellenza, come al solito, dipende da noi.
6. Dipende da noi
ISIDORA
[…]
Isidora è dunque la città dei suoi sogni: con una differenza.
La città sognata conteneva lui giovane; a Isidora arriva in tarda età.
Nella piazza c'è il muretto dei vecchi che guardano passare la gioventù;
lui è seduto in fila con loro.
I desideri sono già ricordi”.
Tratto da: “Le Città Invisibili” di Italo Calvino
L’ossessività con la quale il “dipende da noi” è stato ripetuto in queste pagine vuole essere uno stimolo a
reagire proattivamente alla difficile fase che stiamo attraversando.
È vero che molte delle scelte fondamentali passano sopra la nostra testa, transitano per Roma, Bruxelles o
altre parti del mondo e il nostro spazio di intervento è minimo o nullo. È anche vero che su aspetti altrettanto
fondamentali è tutto nelle nostre mani.
Queste pagine ci dicono che arredare il tunnel e ritrovare la direzione dell’uscita è possibile. Dobbiamo farlo.
Presto, prima che i desideri si trasformino in ricordi.
Dipende da noi.
18
Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013
SCENARIO ECONOMICO
Il quadro internazionale
L’economia mondiale
Nel 2013 l’espansione dell’economia mondiale si è avviata ad un passo moderato, ma si è rafforzata nella
seconda parte e ci si attende una sua accelerazione e diffusione nel 2014 e nel 2015. Sulla crescita globale
per il 2013 e sulle stime per il 2014 ha inciso l’indebolimento dell’economia di molti paesi emergenti. La
domanda finale nelle economie sviluppate è cresciuta ampiamente secondo le attese. L’attività nelle
economie emergenti è stata sostenuta da una ripresa delle esportazioni verso i paesi avanzati, mentre la
domanda interna è risultata contenuta, salvo che in Cina, per la restrizione delle condizioni finanziarie.
La modesta accelerazione della crescita è da attribuire agli effetti dei miglioramenti delle condizioni sui
mercati finanziari, al continuo sostegno derivante da politiche monetarie eccezionalmente accomodanti e alla
riduzione degli effetti negativi imposti dal processo di consolidamento fiscale.
Nonostante la tendenza positiva della congiuntura, la disoccupazione resterà notevolmente elevata in molte
economie sviluppate. Infatti la crescita che ha fatto seguito alla crisi mondiale è stata squilibrata e debole. In
particolare la creazione di posti di lavoro è stata particolarmente deludente. Per il consolidamento della
crescita economica è necessario che ad essa si associ una ripresa dell’occupazione. Questo obiettivo
richiede che si attuino profonde riforme strutturali sia nelle economie sviluppate sia in quelle emergenti.
La crescita nelle più grandi economie emergenti è rimasta ben al di sotto di quanto sperimentato in passato e
non ci si attende un cambiamento di tendenza a breve. Il contenimento della crescita è stato determinato
dall’esistenza di vincoli sul fronte dell’offerta, dagli effetti di interventi di politica economica resisi necessari
(tra gli altri in Cina per contenere un eccessiva crescita del credito) e dall’irrigidimento delle condizioni
finanziarie a seguito della riduzione dell’ampiezza dell’espansione monetaria americana operata da parte
della Federal Reserve. Quest’ultimo fattore, in particolare, ha determinato una serie di effetti a caduta sul
mercato dei cambi, su quello obbligazionario e su quello del credito.
Il rallentamento delle economie emergenti continuerà ad avere un effetto negativo contenuto sul livello
dell’attività nei paesi sviluppati. Tra questi, gli Stati Uniti si trovano molto meno esposti, grazie alla
dimensione del mercato interno e al loro minore grado di apertura.
I rischi di un rallentamento della dinamica economica si sono ridotti ma prevalgono sulle possibilità di una
crescita più forte di quella stimat.
In primo luogo il rallentamento dell’espansione monetaria da parte della Fed ha determinato, nella seconda
parte del 2013, pesanti effetti sui tassi di interesse a lungo termine, colpendo in particolare le economie
emergenti. Poiché la crescita statunitense è stata sufficiente a ridurre la disoccupazione, se si
accompagnerà a un livello dell’inflazione più elevato, la Fed oltre a rinunciare gradualmente agli interventi di
espansione monetaria nel corso del 2014, potrebbe innalzare i tassi di intervento nella prima metà del 2015.
Per garantire la crescita è fondamentale evitare un prematuro rientro dalle politiche monetarie accomodanti.
Il secondo fattore di incertezza è dato dalle difficoltà che hanno colpito alcuni paesi emergenti, in particolare
quelli che presentano una crescita limitata e un ampio disavanzo dei conti correnti, cui si aggiungono
Adv Eco
Usa
3,9
1,1
1,3
1,3
1,0
2,3
1,8
3,4
Japan
-0,5
-0,7
1,2
1,4
1,5
1,4
1,9
2,8
2,8
1,4
1,3
2,2
3,2
3,0
3,6
World
3,0
2014
4,7
4,4
5,4
2013
5,0
4,7
4,9
2012
7,7
7,7
7,5
La previsione del Fondo Monetario Internazionale, tasso di variazione del Prodotto interno lordo
€ Area
Em Dev
Brazil
Russia
India
China
Mexico
Em.Dev. : economie emergent e in sviluppo.
IMF, World Economic Outlook, April 8, 2014
19
Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013
un’elevata esposizione debitoria delle imprese e una quota rilevante del debito denominata in valute forti.
Queste tensioni hanno ulteriormente inasprito le condizioni sui mercati finanziari e determinato brusche
fughe di capitali, con ricadute sul mercato dei cambi.
Un terzo fattore è dato dal processo di riequilibrio delle componenti della crescita in corso in Cina, nel senso
di un aumento della domanda per consumi e di un contenimento della spesa per investimenti, necessario
per limitare rischi di un brusco arresto della crescita e di una crisi del mercato del credito. A tal fine, la banca
centrale cinese ha operato ripetuti interventi di drenaggio della liquidità, determinando forti impennate dei
tassi di interesse nel mercato interbancario.
Un ulteriore fattore di rischio è dato dall’andamento della crescita dei prezzi, prossima allo zero, nelle
economie avanzate e in particolare nell’area dell’euro. Un’inflazione inferiore alle attese determina un
aumento dell’onere reale del debito e un aumento dei tassi di interesse reali, tenuto conto dei vincoli della
politica monetaria a procedere a ulteriori diminuzioni di quelli nominali. Inoltre aumenta la probabilità di
giungere a una vera deflazione, al sopraggiungere di uno shock reale esterno, che aumenterebbe il valore
reale del debito.
Il quinto è dato dalle questioni del bilancio e del limite del debito pubblico degli Stati Uniti, che potrebbero
determinare una grave crisi economica, alla quale ci si è avvicinati già lo scorso autunno. A dicembre tra
democratici e repubblicani è stato raggiunto un accordo la cui efficacia resta da verificare, ma che sembra
evitare i rischi di un duro scontro politico.
Ancora, tra i possibili rischi ulteriori a livello economico si evidenzia il problema interconnesso del debito
pubblico dei paesi periferici dell’area dell’euro e del sistema bancario europeo, che sarà sottoposto a
valutazioni della qualità degli asset e a stress test da parte della Bce e della Eba nel corso del 2014.
L’atteggiamento degli investitori, attualmente favorevole rispetto alla possibile sostenibilità del debito,
potrebbe subire un improvviso cambiamento, capace di riportare la crisi dell’area dell’Euro al centro
dell’attenzione
Infine, a livello politico, si complica sempre più la questione ucraina e resta alto il livello di tensione in
estremo oriente tra Cina e Giappone, in merito a questioni che vedono coinvolte anche la Corea del Sud,
Taiwan e ovviamente gli Stati Uniti.
Prodotto e commercio mondiale
Secondo il Fondo monetario internazionale, il prodotto mondiale dovrebbe essere aumentato di circa il 3,0
per cento nel 2013 e ci si attende possa salire del 3,6 per cento nel 2014. La crescita è sempre più forte
nelle economie emergenti e in via di sviluppo (4,7 per cento nel 2013), ma tra queste, i principali paesi hanno
sperimentato un rallentamento dell’attività più o meno ampio. Nelle economie avanzate la crescita si è ridotta
all’1,3 per cento, ma dovrebbe accelerare sensibilmente nel 2014, al 2,2 per cento.
L’andamento del commercio mondiale non si è sostanzialmente ripreso, dopo il rallentamento del 2012, e
dovrebbe mostrare un aumento del 3,0 per cento nel 2013, per poi risultare sensibilmente superiore nel
2014, raggiungendo il 4,3 per cento.
La previsione del Fondo Monetario Internazionale prodotto e commercio mondiale, tassi e prezzi (a)(b)
2012 2013 2014 2015
Prodotto mondiale
Commercio mondiale(c)
Libor su depositi in (f)
Dollari Usa
Euro
Yen giapponese
Importazioni
Economie avanzate
Economie emergenti
sviluppo
e
3,2
2,8
3,0
3,0
3,6
4,3
3,9
5,3
0,7
0,6
0,3
0,4
0,2
0,2
0,4
0,3
0,2
0,8
0,4
0,2
1,1
in5,8
1,4
5,6
3,5
5,2
4,5
6,3
2012 2013 2014 2015
Prezzi materie prime (in Usd)
- Petrolio (d)
1,0
Materie
prime
non-10,0
energetiche(e)
Prezzi al consumo
Economie avanzate
2,0
Economie emergenti e in6,0
sviluppo
Esportazioni
Economie avanzate
2,1
Economie emergenti e in4,2
sviluppo
-0,9
-1,2
0,1
-3,5
-6,0
-3,9
1,4
5,8
1,5
5,5
1,6
5,2
2,3
4,4
4,2
5,0
4,8
6,2
(a) In merito alle assunzioni alla base della previsione economica si veda la sezione Assumption and Conventions.
(b) Tasso di variazione percentuale sul periodo precedente. (c) Beni e servizi in volume. (d) Media dei prezzi spot del
petrolio greggio U.K. Brent, Dubai e West texas Intermediate. (e) Media dei prezzi mondiali delle materie prime non
fuel (energia) pesata per la loro quota media delle esportazioni di materie prime. (f) LIBOR (London interbank offered
rate), tasso di interesse percentuale: a) sui depositi a 6 mesi in U.S.$; sui depositi a 6 mesi in yen; sui depositi a 3
mesi in euro.
IMF, World Economic Outlook, April 8, 2014
20
Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013
Cambi e oro
L’intervento di Draghi del luglio 2012 (OMT) ha stabilizzato il cambio euro dollaro tra 1.28 e 1.35 per gran
parte del 2013. Le attese sono per una forte rivalutazione del dollaro statunitense con l’avvio di una
consolidata ripresa statunitense e di una graduale riduzione e successiva eliminazione del “quantitave
easing” da parte della Fed, che verrebbero a determinare l’apertura una fase di divergenza congiunturale dei
tassi tra le due sponde dell’Atlantico. Nell’attesa di questa svolta, la tendenza alla riduzione dell’inflazione
nell’area dell’euro che sta portando a una rivalutazione della moneta unica sul dollaro, giunta nel 2013 a
quasi il 5,5 per cento, nonostante i limitati recenti interventi della Bce, è proseguita anche nel 2014.
L’”Abenomics” ha tra i suoi fattori di temporaneo successo la svalutazione dello yen. La Banca del Giappone
ha promesso di raddoppiare la base monetaria in due anni per eradicare la deflazione. Lo yen si è quindi
svalutato rispetto al dollaro di quasi il 15 per cento nel 2012 e di oltre il 19 per cento nel 2013, offrendo
ampio sostegno alle vendite e alla profittabilità degli esportatori. Le attese sono per un’ulteriore svalutazione
dello yen verso quota 115 per Us$, anche a seguito di un rafforzamento dell’intervento della banca centrale.
Le aspettative di un livello contenuto di inflazione e la prospettiva di un consolidamento della ripresa
statunitense accompagnata da una chiusura del quantitative easing hanno determinato una marcata caduta
dell’oro nel corso del 2013 (-28 per cento), che attesta una forte riduzione dei timori di un debasement delle
principali valute mondiali. L’incertezza concernente i mercati emergenti ne ha determinato però una pronta
parziale ripresa a inizio 2014.
Nulla sembrava accadere dal punto di vista della tendenza alla rivalutazione dello yuan. La valuta cinese è
divenuta l’ottava divisa di regolazione degli scambi commerciali internazionali e si è anche rivalutata di un
2,8 per cento rispetto al dollaro nel 2013. Si prospetta un sempre maggiore e libero impiego dello yuan,
anche in considerazione della tendenza all’apertura del mercato finanziario domestico cinese. Questo
fattore, le incertezze sul rallentamento dell’attività economica, i dubbi circa un eccessiva espansione del
credito e i possibili interventi della Banca centrale aprono a prospettive di una maggiore volatilità del cambio
dell yuan.
Le difficoltà delle economie emergenti appaiono evidenti se si considera l’andamento della valuta di due
giganti come il Brasile e l’India, con problemi di mancata e insufficiente crescita, ampio disavanzo
commerciale e inflazione. Entrambe le loro valute, come quelle di molte altre economie emergenti si sono
ampiamente svalutate tra maggio e dicembre del 2013, in linea con la tendenza degli ultimi tre anni.
Cambi e quotazione dell’oro. Gen.2009 – Dic.2013
Euro / Dollaro statunitense ($ per €)
Dollaro statunitense / Yen (¥ per $)
Oro. COMEX gold 1 futures chain front month.
Dollaro statunitense / Chinese Renminbi (Yuan per
$)
Dollaro statunitense / Rupia indiana (Rs per $)
Dollaro statunitense / Real brasiliano (R$ per $)
Fonte : Financial Times
21
Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013
L’ampiezza della variazione dei cambi delle valute delle economie emergenti ha portato a un loro rimbalzo
nei primi mesi del 2014.
Prezzi delle materie prime
I prezzi delle materie sono risultati nel complesso cedenti nel 2013. I due indici globali presi in
considerazione forniscono indicazioni divergenti in quanto l’indice S&P GSCI, che assegna un peso molto
più elevato all’energia, mostra solo una leggera flessione (-2,3 per cento) nel corso del 2013, mentre l’indice
Dow Jones UBS, con una composizione meno orientata alle fonti energetiche registra una più ampia
riduzione di circa il 9 per cento. Infatti, i prezzi delle materie prime energetiche sono rimasti sostanzialmente
stazionari, quelli delle materie prime non energetiche sono apparsi più deboli.
Il prezzo del petrolio ha mostrato anche nel corso di quest’anno una divergenza tra i due indici principali. La
condizione prevalente nel mercato mondiale è meglio rappresentata dall’indice ICE Brent, che durante l’anno
è risultato sostanzialmente stabile. L’indice Nymex WTI è apparso invece in ripresa, sostenuto dalla
congiuntura e dal miglioramento della struttura logistica di distribuzione e stoccaggio nel mercato nord
americano, meglio capace di fare fronte all’aumento dell’offerta derivante dal successo delle nuove
tecnologie di estrazione. Questo effetto trova un importante riflesso nella quotazione del gas naturale, Henry
Hub Natural Gas, le cui quotazioni sono risultate in forte aumento, ma sul mercato statunitense continuano a
essere a livelli pari a un terzo o a un quarto di quelle prevalenti sui mercati europei e asiatici, determinando
un vantaggio enorme e difficilmente colmabile per le industrie ad alto impiego di energia statunitensi.
I prezzi delle materie prime agricole hanno mostrato un andamento debole. L’indice Fao Food Index segna
un calo dell’1,6 per cento nel 2013. L’indice si trova comunque su livelli elevatissimi, inferiori solo a quelli del
biennio 2011-2012 e superiori del 50,0 per cento rispetto ai livelli reali di un decennio prima. Sono in
tensione i prezzi del latte e derivati, mentre i cereali con il nuovo raccolto dell’emisfero nord hanno quotazioni
inferiori del 24 per cento rispetto al novembre dello scorso anno.
Sempre nello stesso periodo, tra i metalli, il rame ha mostrato una flessione dell’11 per cento, a seguito dei
timori di un calo della domanda cinese, fortemente connessa all’andamento delle costruzioni.
Secondo il Fondo monetario internazionale, i prezzi in dollari del petrolio dovrebbero mantenersi stabili (+0,1
per cento) nel 2014, mentre quelli delle materie prime non energetiche dovrebbero risultare cedenti (-3,5 per
cento).
Stati Uniti
Negli Stati Uniti la crescita è risultata modesta nell’anno trascorso, nonostante una progressiva
accelerazione andata oltre le attese nella seconda metà dell’anno, ma acquisirà forza progressivamente e ci
si attende proseguirà ad un ritmo superiore a quello del tasso potenziale nel 2014 e nel 2015.
La crescita ha trovato forti resistenze dovute a un minore grado di fiducia dei consumatori e delle imprese e
alla tendenza restrittiva della politica fiscale, minori spese e maggiori entrate, sulla quale lo scontro politico
ha assunto toni drammatici, giungendo fino allo shutdown, ed è stato esacerbato sino alla minaccia del
default.
Queste resistenze si ridurranno anche a seguito del recente accordo sul bilancio. Proseguirà la graduale
ripresa del mercato del lavoro in corso, che ha determinato una riduzione del tasso di disoccupazione, tenuto
conto della forte caduta del tasso di partecipazione dall’inizio della crisi. Continuerà il processo di riduzione
dell’indebitamento delle famiglie. La tendenza positiva sui mercati finanziari e quella dei prezzi immobiliari
sosterrà la ricchezza delle famiglie. Questi fattori dovrebbero contribuire a sostenere la crescita dei consumi
e degli investimenti in abitazioni.
La crescita degli investimenti produttivi dovrebbe trarre sostegno da un aumento della domanda,
dall’impegno della Fed a mantenere bassi i tassi e dagli ampi flussi finanziari delle imprese. Al sostegno
dell’attività hanno fornito un importante contributo anche una accelerazione dell’accumulazione di scorte e
una forte crescita delle esportazioni, in particolare di prodotti petroliferi, capaci di determinare, insieme con
una caduta delle importazioni energetiche, una sensibile riduzione del deficit dei conti correnti.
Il risanamento del bilancio pubblico è in corso, ma è avvenuto attraverso tagli orizzontali alla spesa e il
Prezzi delle materie prime. Gen. 2009 – Dic. 2013
S&P GSCI Index
Dow Jones UBS Commodity Index
Fonte : Financial Times.
22
Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013
mancato rinnovo di agevolazioni fiscali. Su questo fronte il recente accordo di dicembre ha spostato sul 2015
buona parte della restrizione fiscale necessaria per il consolidamento del bilancio e ridurrà la crescita
dell’attività per quell’anno.
Con il supporto di una ridotta dinamica dei prezzi e di basse aspettative di inflazione, nelle attuali condizioni
la Fed sostiene la necesità di mantenere una politica monetaria accomodante, ovvero bassi tassi a lungo
termine per ancora un lungo periodo. Ciò non di meno, con il rafforzamento della crescita economica la Fed
ha avviato un graduale processo di normalizzazione della politica monetaria, attraverso una progressiva
riduzione del programma di acquisti sul mercato di titoli del tesoro e derivanti da mutui ipotecari, cui farà
seguito, non prima del tardo 2015, un graduale innalzamento dei tassi di interesse verso livelli più adeguati
alla crescita nominale. Le criticità di questo processo, che potrà avere pesanti effetti avversi a livello
internazionale, imporranno notevole cautela.
Cina
La crescita ha accelerato nella seconda metà del 2013 in Cina, sostenuta dall’andamento della domanda
interna, ma in particolare degli investimenti, con il supporto di un intervento di stimolo fiscale e di una breve
espansione del credito, dopo la stretta dello scorso giugno. La composizione della domanda interna non è
mutata sostanzialmente e resta squilibrata a danno dei consumi, ma ci si attende che la forza della sua
crescita possa contribuire a ribilanciare lo squilibrio dei conti con l’estero, nonostante i dati più recenti, che
pure hanno visto una forte riduzione dell’export, non provino ancora con certezza la tendenza.
La ripresa appare quindi contenuta, rispetto all’esperienza del passato, a seguito della marcata riduzione
della crescita potenziale intervenuta negli ultimi anni. Resta infatti da valutare la dimensione dell’eccesso di
capacità produttiva esistente. Le riforme in corso del sistema finanziario dovrebbero condurre ad un
miglioramento dell’allocazione dei capitali e dell’efficienza degli investimenti, nonostante possano
determinare un incremento della volatilità dei mercati finanziari nel breve termine.
A tal fine, la banca centrale cinese (Banca popolare cinese) intende contenere l’eccessiva crescita monetaria
e del credito, frutto degli interventi di stimolo a fronte della crisi del 2008-9, e aumentare il costo del capitale.
Ha quindi operato due fasi di stretta del credito a giugno e a dicembre per allineare le aspettative degli
operatori. Un ulteriore problema particolarmente sensibile da affrontare è quello del rilevante debito delle
amministrazioni pubbliche locali, strettamente connesso allo sviluppo del credito al di fuori del sistema
bancario ufficiale.
Il Partito comunista cinese ha espresso recentemente il suo appoggio all’obiettivo di dare al sistema
economico un maggiore orientamento alla logica di mercato, con un ampio insieme di riforme.
L’accelerazione della crescita offre un’opportunità per riforme strutturali, in particolare una liberalizzazione
del sistema finanziario, un sostegno alla mobilità sul mercato del lavoro, una maggiore spesa sociale e una
revisione del sistema fiscale.
Con il processo di riequilibrio graduale in corso, nel 2014, la crescita dell’attività dovrebbe risultare più
contenuta, ma comunque elevata, anche grazie al mantenimento di politiche espansive, e rallentare
gradualmente nel corso dei prossimi anni.
Giappone
La ripresa del Giappone è stata trainata da una forte crescita delle esportazioni e della spesa per consumi, in
La previsione del Fondo Monetario Internazionale. Il prodotto interno lordo, principali aree e paesi (a)(b)
2012 2013 2014 2015
Economie avanzate
Stati Uniti
Giappone
Area dell'euro
1,4
2,8
1,4
-0,7
Economie emergenti e in sviluppo 5,0
Europa Centrale e Orientale
1,4
Comunità di Stati Indipendenti 3,4
Paesi Asiatici in Sviluppo
6,7
M. Oriente Nord Africa Afg. Pak 4,2
Africa Sub-Sahariana
4,9
America Latina e Caraibi
3,1
1,3
1,9
1,5
-0,5
2,2
2,8
1,4
1,2
2,3
3,0
1,0
1,5
4,7
2,8
2,1
6,5
2,4
4,9
2,7
4,9
2,4
2,3
6,7
3,2
5,4
2,5
5,3
2,9
3,1
6,8
4,4
5,5
3,0
2012 2013 2014 2015
Germania
Francia
Italia
Spagna
Regno Unito
Russia
Cina
India
Asean-5 (c)
Sud Africa
Brasile
Messico
0,9
0,0
-2,4
-1,6
0,3
3,4
7,7
4,7
6,2
2,5
1,0
3,9
0,5
0,3
-1,9
-1,2
1,8
1,3
7,7
4,4
5,2
1,9
2,3
1,1
1,7
1,0
0,6
0,9
2,9
1,3
7,5
5,4
4,9
2,3
1,8
3,0
1,6
1,5
1,1
1,0
2,5
2,3
7,3
6,4
5,4
2,7
2,7
3,5
(a) In merito alle assunzioni alla base della previsione economica si veda la sezione Assumption and Conventions.
(b) Tasso di variazione percentuale sul periodo precedente. (c) Indonesia, Malaysia, Philippines, Thailand, and
Vietnam.
IMF, World Economic Outlook, April 8, 2014
23
Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013
un clima di crescente fiducia e di aumento dell’occupazione, insieme con un rimbalzo degli investimenti
industriali. Alla fase di espansione si è giunti sotto la spinta della cosidetta “Abenomics”, costituita da un
aggressivo stimolo di politica monetaria (acquisti sul mercato di titoli da parte della Banca del Giappone), da
un pacchetto di provvedimenti di politica fiscale e da un atteso insieme di riforme miranti a aumentare la
competitività del paese. L’intervento ha determinato un’ampia svalutazione dello yen, insieme con una forte
ripresa dei mercati azionari.
Fanno però parte del pacchetto di interventi anche provvedimenti di consolidamento fiscale, ampiamente
opportuni, che tra l’altro comportano un’innalzamento della tassazione sui consumi in due fasi, una già
realizzata a partire dal primo aprile 2014 e una prevista per il 2015. Ci si attende che nonostante queste
manovre la crescita possa ridursi solo lievemente nel corso del 2014.
Il successo della manovra dipenderà dalla sua capacità di porre fine al processo di deflazione e di condurre il
tasso di inflazione su livelli del 2 per cento entro due anni, obiettivo fissato dalla Banca del Giappone. Le
attese vanno in questo senso. In particolare i prezzi al consumo dovrebbero registrare un’impennata nel
2014, sulla spinta dell’aumento dell’imposizione sui consumi e dal mantenimento di condizioni finanziarie
espansive. A tal fine risulterà fondamentale una ripresa della crescita salariale.
Il debito pubblico lordo oltrepasserà il 230 per cento del Pil nel prossimo anno. Sostenere la fiducia nei titoli
del debito pubblico è una priorità assoluta. A tal fine ci si attende la messa in atto di un piano di
consolidamento fiscale, credibile e dettagliato, che persegua l’obiettivo del raggiungimento di un avanzo
primario positivo nel 2020. L’aumento dell’imposizione sui consumi nei prossimi due anni costituisce solo un
primo passo in tal senso.
Per perseguire l’obiettivo del consolidamento fiscale, occorre elevare il livello di crescita sostenibile
attraverso l’adozione di decise riforme strutturali, la “terza freccia” dell’”Abenomics”, e sostenere l’attività
economica con una decisa politica monetaria espansiva.
Per raggiungere gli obiettivi preposti, la Banca del Giappone ha promesso di raddoppiare la base monetaria
entro la fine del 2014. L’espansione monetaria in corso punta ad una definitiva uscita dalla deflazione e
quindi proseguirà fino a che l’obiettivo di un tasso di inflazione del 2 per cento non sarà stabilmente
conseguito e acquisito nelle aspettative.
Area dell’euro
I paesi dell’area dell’euro si trovano al punto di svolta tra recessione e ripresa. La crescita dell’attività
economica dovrebbe riprendere nel 2014 e 2015, a seguito del miglioramento del livello di fiducia, della
riduzione della frammentazione dei mercati finanziari e dell’allentamento del processo di consolidamento
fiscale. Il ritmo della crescita risulterà al più moderato, in quanto il processo di riduzione dell’indebitamento,
la debolezza dei bilanci bancari e le condizioni restrittive che caratterizzano il mercato del credito gravano
sensibilmente sull’attività economica, in particolare nei paesi più deboli. In conseguenza i livelli di attività
economica appaiono squilibrati tra i paesi dell’area, con segni di ripresa sostanziale in alcuni che si
confrontano con alti livelli di disoccupazione e forti tensioni sociali in altri. Le esportazioni nette dell’area
hanno fornito un contributo positivo a porre termine alla recessione.
Il processo di ribilanciamento degli squilibri esterni tra i paesi dell’area è in corso favorito dal consolidamento
della politica fiscale, dal processo di riduzione dell’indebitamento nel settore privato e, non solo dalla caduta
delle importazioni, ma anche dalla ripresa delle esportazioni dei paesi deboli (PIIGS). Resta il problema del
riequilibrio della competitività relativa interna all’area, che è stato portato avanti con buoni, anche se parziali,
successi da alcuni paesi (Irlanda, Spagna, ma anche Grecia), ma è ancora da avviare per altri, Francia e
Italia, i cui nuovi governi hanno posto la questione al centro del loro programma di attività.
I paesi in surplus del Nord Europa potrebbero agevolare il processo sostenendo la domanda interna e
tollerando un livello di inflazione anche più elevato del 2 per cento. Al contrario, nel complesso dell’area,
considerati gli alti livelli della disoccupazione e gli ampi margini di eccesso di capacità produttiva, ora la
tendenza dell’inflazione è contenuta e drescente, pari a un quarto dell’obiettivo della Bce, tanto da esporre al
pericolo della deflazione.
Sul fronte della politica fiscale, il processo di consolidamento dovrebbe procedere come programmato,
tenuto conto della necessità di ridurre i livelli del debito pubblico eccessivamente elevati. Resta comunque
agli stabilizzatori automatici il compito di garantire gli interventi necessari per evitare di troncare una ripresa
ancora esitante. Per i paesi periferici le esigenze di rifinanziamento del debito pubblico nel corso dei prossimi
due anni sono comunque notevoli e impegnative e tengono sempre aperta la prospettiva di possibili difficili
evoluzioni, nonostante il notevole miglioramento dell’atteggiamento degli investitori.
L’intervento della Bce nel luglio del 2012 ha progressivamente manifestato i suoi effetti con una graduale
riduzione del premio per il rischio sui titoli del debito pubblico dei paesi periferici, estesosi a tutto il mercato
obbligazionario, con una discesa dei tassi e degli spread rispetto ai paesi core dell’area. Ciò nonostante
permangono marcate differenze all’interno dell’area, anche sul mercato del credito, che presenta in molti
paesi condizioni restrittive non adeguate alla congiuntura.
La Banca centrale europea è intervenuta sui tassi di interesse in maggio e nuovamente a novembre 2013.
Le resta ora solo la possibilità di ridurre il tasso di rifinanziamento principale di altri 0,25 punti base,
portandolo a zero, con l’introduzione di tassi negativi per la liquidità depositata dal sistema bancario. Ulteriori
rischi di deflazione e un indebolimento della ripresa potranno essere affrontati sul fronte monetario solo con
24
Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013
politiche non convenzionali. Si potrebbe trattare di una nuova iniezione di liquidità nel sistema bancario
(LTRO) o più probabilmente di finanziamenti al sistema bancario finalizzati all’ampiamento del credito alle
imprese, sulla scia dell’esperienza del Regno Unito, mentre resta possibile un intervento che miri ad acquisti
diretti di titoli, pubblici o privati, sui mercati finanziari. L’intervento sarebbe politicamente problematico anche
se giustificato dall’obiettivo istituzionale della Bce di perseguire una inflazione prossima, ma inferiore al 2 per
cento. Questo permetterebbe di superare le resistenze normative e politiche incontrate dal programma di
Outright Monetary Transactions (OMT), mirante a sostenere i titoli di paesi in difficoltà.
Il superamento dei problemi del sistema bancario europeo è precondizione per sostenere la ripresa. Le
banche europee dovranno affrontare una valutazione della qualità del patrimonio e una serie di stress test.
La Bce intende richiedere la ristrutturazione e la ricapitalizzazione degli istituti che ne mostreranno la
necessità. Le esigenze di ricapitalizzazione e di revisione del rischio delle banche ne ridurranno
probabilmente la capacità di fornire credito alle imprese, forse anche di assorbire titoli pubblici del proprio
paese nella stessa misura in cui ciò è avvenuto nell’ultimo anno. Questa funzione potrebbe essere sostenuta
da un intervento non convenzionale della Bce.
Al di là dei problemi finanziari, comunque, la crescita potenziale e l’occupazione potranno essere sostenute
nel lungo termine solo grazie all’adozione di profonde riforme strutturali riguardanti sia il mercato del lavoro
che quello dei prodotti.
Il principale rischio a breve per la crescita può originare dal permanere dell’inflazione al di sotto dell’obiettivo
per un protratto periodo di tempo, che potrebbe portare a modificare le attese di inflazione a lungo termine e
complicare il percorso della ripresa per le economie più deboli e in difficoltà aumentando i tassi di nteresse
reali, quindi il carico del debito, e il debito reale stesso.
Altri paesi
Brasile
L’economia brasiliana ha registrato un forte rallentamento della crescita, che dal 2,7 per cento del 2011 è
scesa allo 0,9 per cento nel 2012, per riprendersi, ma non oltre il 2,3 per cento nel 2013. Le attese sono per
un nuovo contenimento della crescita all’1,8 per cento per il 2014. A contribuire a limitare l’attività sono
principalmente i vincoli all’offerta derivanti dalla debolezza della dotazione infrastrutturale e degli investimenti
privati, a seguito della perdita di competitività e della riduzione della fiducia delle imprese. L’inflazione
dovrebbe mantenersi elevata. Ciò ha determinato una restrizione della politica monetaria, mentre quella
fiscale si è mantenuta neutrale.
Russia
Anche in Russia l’andamento dell’attività economica ha subito un forte rallentamento negli anni scorsi.
Rispetto al 2012 (+3,4 per cento), la crescita si è più che dimezzata nel 2013 (+1,3 per cento). Le attese
sono per una crescita contenuta all’1,3 per cento anche nel 2014. Le conseguenze della turbolenza
finanziaria che ha investito i paesi emergenti e le tensioni geopolitiche connesse con la crisi Ucraina sono
freni che limitano un livello dell’attività già debole.
India
Dopo un incremento del 7,7 per cento nel 2011, il Pil indiano è salito del 3,2 per cento nel 2012 e del 4,4 nel
2013. Ci si attende un rafforzamento della ripresa dell’economia indiana nel 2014, che conduca ad una
crescita del 5,4 per cento, sostenuta dalla maggiore espansione mondiale, dalla crescita delle esportazioni,
derivante dal miglioramento della loro competitività a seguito della svalutazione della rupia, e dall’aumento
degli investimenti. La ripresa delle esportazioni e i vincoli imposti all’importazione di oro hanno ridotto il
deficit dei conti correnti. La vulnerabilità dei conti con l’estero è stata ulteriormente diminuita dall’introduzione
di misure a favore degli investimenti esteri. Restano i limiti dal punto dell’offerta e i vincoli posti dalle
infrastrutture. La crescita del prossimo anno rimarrà quindi al di sotto del trend del passato.
25
Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013
Il quadro nazionale
L’economia italiana ha subito una contrazione dell’1,9 per cento nel 2013, ma ci si aspetta che nel 2014
possa registrare una leggera ripresa trainata dalla domanda estera. La disoccupazione è aumentata e salirà
ancora nel 2014. Per una crescita più ampia occorrerà attendere lo sblocco del mercato del credito. La
disoccupazione è aumentata e dovrebbe salire ulteriormente nel 2014. Il rallentamento della dinamica dei
prezzi ci espone al rischio della deflazione. Il rapporto tra debito pubblico e prodotto interno lordo ha toccato
un nuovo massimo (132,6 per cento) e dovrebbe salire ulteriormente nel 2014.
I conti economici
La discesa del prodotto interno lordo iniziata nel 2011 si è arrestata. Nel quarto trimestre del 2013 si è
registrato un lieve incremento dell’attività rispetto al trimestre precedente. I livelli di fiducia sono risultati
crescenti, anche se i dati positivi insiti nei giudizi non si sono ancora tradotti in una sicura ripresa dell’attività.
Il 2013 si è chiuso con una riduzione del Pil (-1,9 per cento) lievemente più ampia delle attese, anche se più
contenuta di quella del 2012 (-2,5 per cento). La caduta della domanda interna ha ridotto il livello dell’attività
economica a causa della restrizione del credito e dell’incertezza che ha strettamente compresso i consumi e
gli investimenti.
Ci si attende che la ripresa divenga progressivamente più sostenuta nel corso del biennio 2014-15, di pari
passo con un allentamento dell’azione di politica economica restrittiva connessa alle esigenze del
consolidamento fiscale. La crescita dovrebbe comunque restare tra lo 0,6 e lo 0,8 per cento nel 2014.
Rimarrà comunque ampio il margine tra la crescita effettiva e quella potenziale, come testimoniato dagli alti
livelli di capacità inutilizzata e di disoccupazione, anche se c’è incertezza sull’effettivo output gap.
Il ritorno alla crescita dovrebbe essere sostenuto dall’andamento delle esportazioni, il cui andamento ha
toccato un minimo nel 2013, ma dovrebbe accelerare nel biennio 2014-2015, trainato dalla crescita della
domanda estera, grazie anche alla ripresa dei paesi dell’area dell’euro. Le esportazioni daranno slancio alla
ripresa dell’attività industriale. L’atteso progressivo aumento della domanda e la ripresa dell’attività
determineranno un’inversione della tendenza negativa, predominante nel biennio 2012-13, per le
importazioni che registreranno una buona crescita.
La domanda interna risulta in pesante flessione nel 2013, ma si riprenderà nel corso del 2014, dando un
contributo positivo alla crescita economica, anche a seguito dell’inversione di tendenza degli investimenti,
dopo la nuova pesante caduta che questi hanno subito nel 2013, sia per la parte dedicata alle costruzioni (6,7 per cento), sia per la componente indirizzata a macchine e attrezzature (-6,3 per cento), mentre la più
limitata componente dei mezzi di trasporto ha segnato un forte incremento.
Prodotto
interno
lordo,
valori
concatenati,
dati
destagionalizzati
Numero indice (2005=100) e tasso di variazione sul trimestre precedente.
e
2,0
corretti.
110
1,0
0,0
100
-1,0
-2,0
90
Variazione congiunturale (%, asse sx)
-3,0
Numero indice del Pil (2005=100, asse dx)
-4,0
80
1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013
Fonte Istat
26
Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013
Gli investimenti fissi lordi si sono ridotti di più di un quarto rispetto al 2008. Questo ha abbassato
ulteriormente il livello di crescita potenziale dell’economia. L’andamento resterà negativo per gli investimenti
in costruzioni nel 2014, a causa del perdurare di condizioni del credito restrittive. Quelli in macchine e
attrezzature, invece, daranno un importante contributo alla damanda interna, sostenuti dall’aumento del
livello di utilizzo degli impianti delle imprese esportatrici.
L’andamento dei consumi è risultato particolarmente penalizzato da quello del reddito disponibile e dalla
difficile condizione del mercato del lavoro. I consumi delle famiglie hanno quindi accusato una pesante
flessione (-2,6 per cento) nel 2013, ben più ampia di quella del Pil. Questa differenza di tendenza si
replicherà anche nel 2014, nonostante la leggera ripresa dell’attività, i consumi resteranno poco più che
stazionari, con una crescita inferiore al reddito disponibile, in quanto le famiglie tenderanno a ricostituire il
livello dei loro risparmi.
Lavoro
Come sempre le condizioni del mercato del lavoro tenderanno a riflettere l’inversione della tendenza
economica con un certo ritardo, traducendosi nel breve termine in un aumento delle ore lavorate da parte
degli attuali occupati. La protratta recessione ha condotto ad un calo costante dell’occupazione,
particolarmente ampio nel 2013. L’andamento dovrebbe restare negativo o al più stabilizzarsi nel corso del
2014 e recuperare gradualmente dal 2015. Le forze di lavoro hanno mostrato una lieve diminuzione. Questi
due fattori hanno portato ad un forte aumento del tasso di disoccupazione, che ha raggiunto livelli molto
elevati, pari al 12,2 per cento nel 2013. Nel breve termine la disoccupazione è destinata a rimanere elevata e
ad aumentare ulteriormente, giungendo ad attestarsi attorno al 13,0 per cento nel 2014.
Nel prossimo biennio 2014-5 si dovrebbe assistere ad un recupero della produttività del lavoro, in quanto la
dinamica dell’occupazione risulterà sensibilmente inferiore a quella del prodotto interno lordo.
Dato che il livello dell’attività resta molto basso rispetto al potenziale e la disoccupazione elevata, gli accordi
salariali sono stati contenuti e la crescita delle retribuzioni è rimasta bassa, anche perché la recessione ha
ridotto la media delle ore lavorate.
Le pressioni sul costo del lavoro, derivanti dall’elevata disoccupazione, dovrebbero continuare a contenerne
la crescita anche in futuro. Ne risulta che il costo del lavoro per unità di prodotto dovrebbe aumentare
lievemente a valori nominali e ridursi in termini reali nel periodo 2013-15.
Prezzi
La debolezza dei prezzi alla produzione si è riflessa sui prezzi dei prodotti esportati determinando un
modesto guadagno di competitività. La competitività di prezzo dei prodotti italiani sui mercati esteri e interni
L'economia italiana. Consuntivo e previsioni effettuate negli ultimi mesi, variazioni percentuali annue a prezzi costanti salvo diversa
indicazione.
Consuntivo
2013
Istat
Previsioni 2014
Ocse
nov-13
Ue Comm
feb-14
Fmi
apr-14
Governo
apr-14
Prometeia
apr-14
Prodotto interno lordo
-1,9
0,6
0,6
0,6
0,8
0,7
Importazioni
-2,8
1,8
3,0
0,9
4,4
3,1
Esportazioni
0,1
3,6
3,3
2,8
4,0
2,7
Domanda interna
-2,7
0,0
0,4
0,5
Consumi delle famiglie
-2,6
0,0
0,1
-0,2
0,2
0,5
0,7
Consumi collettivi
-0,8
0,1
-0,6
-0,1
0,2
-0,3
Investimenti fissi lordi
-4,7
0,1
1,6
1,9
2,0
0,6
- macc. attrez. mezzi trasp.
-2,3
n.d.
5,3
- costruzioni
-6,7
n.d.
-1,4
[6]
n.d.
n.d.
2,8
n.d.
n.d.
-1,6
Occupazione [a]
-1,9
-0,4
0,1
0,1
-0,6
-0,4
Disoccupazione [b]
12,2
12,4
12,6
12,4
12,8
13,2
Prezzi al consumo
1,2
1,3
0,9
0,7
0,9
Saldo c. cor. Bil Pag [c]
0,7
1,8
1,3
1,1
n.d.
0,9
Avanzo primario [c]
2,2
2,5
2,7
2,3
2,6
2,1
Indebitamento A. P. [c]
3,0
2,8
2,6
2,7
2,6
3,0
Debito A. Pubblica [c]
132,6
133,2
133,7
134,5
134,9
134,7
[1]
[2] 0,8
[4]
[a] Unità di lavoro standard. [b] Tasso percentuale. [c] Percentuale sul Pil. [1] Tasso di inflazione armonizzato Ue. [2] Deflattore dei
consumi privati. [3] Programmata. [4] Saldo conto corrente e conto capitale (in % del Pil). [5] Saldo commerciale (in % del Pil). [6]
Investment in equipment.
27
Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013
risentirà comunque dell’effetto negativo derivante dall’apprezzamento del cambio dell’euro.
La debolezza della domanda ha esercitato una forte pressione negativa sui prezzi, che ne ha contenuto e
continuerà a contenerne la dinamica. Il tasso di inflazione armonizzato è risultato pari all’1,3 per cento nel
2013 e dovrebbe ridursi sensibilmente nel corso del 2014. Nel breve periodo, permane il rischio di una fase
di ulteriore indebolimento dei prezzi a fronte della debolezza della domanda e dell’andamento dei redditi da
lavoro, soprattutto se la ripresa non avrà la consistenza attesa. Con un’evoluzione positiva la crescita dei
prezzi al consumo potrebbe giungere a superare quella del 2013, ma solo nel 2015.
Credito
Il credito bancario ha continuato a ridursi, in particolare quello alle imprese, anche se in parte ciò è da
attribuire ad una minore domanda di prestiti. D’altro canto gli interessi applicati dagli istituti di credito sono
notevolmente più elevati di quelli praticati nei paesi “core” dell’area dell’euro. L’attuale frammentazione dei
mercati finanziari nell’area dell’euro potrà recedere solo gradualmente, non prima del 2015, e le condizioni
del credito per le famiglie e le imprese potranno migliorare solo lentamente, ma dal loro allentamento potrà
giungere un importante sostegno alla ripresa.
Per ora le banche continuano a procedere nel processo di aggiustamento dei loro bilanci e operano una
restrizione del credito a fronte dell’elevato rischio
percepito in relazione agli effetti della recessione sui
bilanci delle imprese. Inoltre un’ulteriore cautela è
Prestiti bancari al settore privato non finanziario (1)
imposta dall’attesa revisione della qualità del
(dati mensili; variazioni percentuali)
patrimonio degli istituti che la Banca centrale
europea effettuerà nel corso del 2014, collegata
all’avvio del Single Supervisory Mechanism. Ad essa
faranno seguito degli stress test miranti a valutare la
solidità delle banche a fronte dei rischi connessi ad
un possibile andamento negativo dei mercati
finanziari e reali. Pertanto le condizioni del credito
potranno allentarsi solo gradualmente e a partire dal
2015. Le condizioni finanziarie delle imprese
potranno quindi essere sostenute solo dalla ripresa
dell’attività e dal pagamento del debito commerciale
arretrato da parte della pubblica amministrazione.
Finanza pubblica
(1) Le variazioni percentuali sono calcolate al netto di Nel corso del 2013, a fronte del difficile sfondo dato
riclassificazioni, variazioni del cambio, aggiustamenti di valore e
dalla recessione, si è arrestata l’operazione di
altre variazioni non derivanti da transazioni. I prestiti includono
consolidamento fiscale. Il dato del rapporto tra deficit
anche una stima di quelli non rilevati nei bilanci bancari in quanto
e Pil (3,0 per cento) non si è ridotto effettivamente a
cartolarizzati. (2) I dati sono depurati della componente
causa del ridotto livello dell’attività, per il corretto
stagionale.
Fonte: Banca d’Italia.
funzionamento degli stabilizzatori automatici di
bilancio. Il saldo primario (indebitamento netto al
netto della spesa per interessi) ha invece ridotto la
Tassi di interesse bancari a breve termine (1)
sua incidenza sul Pil al 2,2 per cento dal 2,5 per
(dati mensili; valori percentuali)
cento. La spesa per interessi si è ridotta nel 2013,
dal 5,5 al 5,3 per cento del Pil, grazie alla recente
diminuzione del premio per il rischio connesso al
debito nazionale italiano, espresso anche dallo
spread sugli analoghi titoli del debito tedesco.
L’andamento del disavanzo corretto per il ciclo
economico ha mostrato invece un notevole
miglioramento. Comunque, il rapporto tra debito
pubblico e prodotto interno lordo ha continuato a
crescere nel 2013 giungendo a quota 132,6 per
cento, nuovo record negativo, dal 127,0 per cento
del 2012.
La spesa complessiva è risultata pari al 51,2 per
cento del Pil, in diminuzione dello 0,2 per cento. La
spesa primaria è aumentata. Si sono ridotte la spesa
per redditi da lavoro (-0,7 per cento) e quella per
(1) I tassi sui prestiti e sui depositi si riferiscono a operazioni in consumi intermedi (-1,7 per cento). Le prestazioni
sociali in denaro sono aumentate del 2,7 per cento
euro e sono raccolti ed elaborati secondo la metodologia
armonizzata dell’Eurosistema. (2) Tasso medio sui prestiti alle
per il marcato aumento della spesa per
imprese. (3) Tasso medio sui depositi in conto corrente di
ammortizzatori sociali. Le spese in conto capitale si
famiglie e imprese. (4) Tasso medio sui nuovi prestiti per
sono ridotte del 12,8 per cento. L’effetto dei
l’acquisto di abitazioni da parte delle famiglie.
pagamenti dei debiti commerciali arretrati è stato
Fonte: Banca d’Italia e BCE.
28
Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013
quindi interamente assorbito dalla mancata realizzazione di spese precedentemente inserite nel tendenziale.
Le entrate totali sono risultate pari al 48,2 per cento del Pil e sono diminuite dello 0,3 per cento rispetto
all’anno precedente. Le entrate correnti si sono contratte dello 0,7 per cento. In particolare, le imposte
indirette sono diminuite del 3,6 per cento, mentre le imposte dirette sono aumentate dello 0,6 per cento. I
contributi sociali effettivi hanno mostrato una leggera flessione (-0,5%). Le entrate in conto capitale hanno
segnato invece un incremento del 57,3 per cento, dovuto ad “una tantum”. La pressione fiscale complessiva
è risultata pari al 43,8 per cento, in diminuzione di 0,2 punti percentuali.
Il Documento di economia e finanza 2014 prevede azioni espansive immediate su imposte e investimenti
insieme a misure di copertura, oltre a un programma di riforme strutturali riguardanti le istituzioni, il mercato
del lavoro e l’economia. Il principale intervento mira alla riduzione del cuneo fiscale attraverso la riduzione
dell’Irpef. Un secondo intervento prevede il pagamento totale dei debiti commerciali arretrati. Infine si intende
rilanciare gli investimenti pubblici infrastrutturali. Le coperture dovrebbero venire innanzitutto dalla revisione
delle spese, tra cui l’ampliamento dei costi standard, la riduzione degli stipendi dei dirigenti e dei manager
pubblici e il contenimento della spesa previdenziale. Sempre tra le coperture sono previste maggiori entrate
straordinarie (una tantum). È previsto, inoltre, un intervento di sgravio dell’Irap per le imprese, finanziato da
un aumento della tassazione delle rendite finanziarie. Si annuncia poi l’impiego degli incassi da
privatizzazioni per la riduzione dello stock del debito pubblico. Secondo il Governo, il rapporto tra disavanzo
e Pil dovrebbe scendere al 2,6 per cento nel 2014 e all’1,8 per cento nel 2015, la spesa per interessi ridursi
dello 0,1 per cento del Pil all’anno e il debito pubblico salire al 134,9 per cento del Pil nel 2014 per poi
iniziare a ridursi, scendendo al 133,3 per cento nel 2015.
Nelle recenti previsioni, l’avanzo primario dovrebbe nuovamente aumentare. La spesa per interessi
dovrebbe tendere a stabilizzarsi o risultare lievemente più contenuta. L’attesa risalita dei tassi di interesse sui
mercati finanziari nel prossimo biennio, a partire dagli Stati Uniti, ne potrebbe però determinare un aumento.
Nel 2014 si prevede comunque una lieve riduzione dell’indebitamento della pubblica amministrazione. Il
rapporto tra debito pubblico e prodotto interno lordo salirà ulteriormente anche nel 2014, per raggiungere un
livello massimo a partire dal quale ci si attende l’avvio di una fase di rientro, grazie ad un aumento
dell’avanzo primario e alla crescita del Pil.
È quindi di enorme importanza garantire la fiducia dei mercati nel debito pubblico italiano. A tal fine il
processo di rientro del rapporto del debito con il Pil dovrà essere ben definito e procedere con un ritmo
sostenuto.
Rischi per l’evoluzione
Le prospettive di ripresa illustrate potrebbero essere indebolite se le condizioni del sistema bancario fossero
tali da giungere a determinare un’ulteriore restrizione del credito tale da impedire la ripresa del ciclo degli
investimenti. Connesso a questo fattore, occorre considerare che, nonostante l’intervento della Banca
centrale europea (OMT), sussistono ancora forti rischi relativi alla possibilità di finanziamento dell’elevato
debito pubblico sui mercati finanziari, almeno fino a che non sia chiaramente instaurato un processo di
riduzione del rapporto con Pil. Per questa ragione ci si attende che debba essere operata un’ulteriore stretta
fiscale nel corso del 2015 che contribuirà a contenere la crescita del Pil. Si potrebbe però determinare la
La previsione del Fondo monetario internazionale per l’Italia: tasso di variazione sull’anno precedente per
prodotto interno lordo, importazioni, esportazioni, consumi e investimenti; avanzo primario,
indebitamento e debito della P.A.in percentuale del Pil; tasso di disoccupazione
0,9
0,6
132,5
0,1
-0,2
-1,9
127,0
-2,4
-2,6
-2,8
12,4
2,9 3,0 2,7
12,2
2,3 2,0 2,3
10,7
1,9
134,5
2,8
2,1
-4,0
-4,7
-7,0
-8,0
Pil
Import
Export
2012
Consumi
famiglie
2013
Investimenti f.l.
Avanzo
primario
Indeb. A.P./
Pil
Debito A.P.
/ Pil
Tasso
disoccup.
2014
IMF, World Economic Outlook, 8 Aprile, 2014
29
Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013
necessità di attuare una stretta superiore a quella che la nascente ripresa potrebbe sopportare.
Nel breve periodo il fattore di rischio maggiore deriva dalla possibilità di un ulteriore rallentamento della
dinamica dei prezzi, che potrebbe sfociare in una fase di deflazione, con effetti negativi sulla ripresa derivanti
dall’instaurarsi di aspettative sfavorevoli ai consumi e agli investimenti e dall’aumento del valore reale
dell’onere del debito, oltre che del debito stesso. Un eventuale, più volte anticipato, ma tutt’ora molto
discusso intervento da parte della Banca centrale europea apparirebbe allora essenziale per garantire la
crescita.
Il quadro regionale
Lo scenario si fonda su un quadro mondiale che vede una riduzione dei rischi negativi. Ad una lenta crescita
del commercio mondiale nel 2013, farà seguito una moderata accelerazione nel 2014. La crescita del
prodotto interno mondiale dovrebbe passare dal 2,9 al 3,6 per cento negli stessi anni, trainata soprattutto
dalla ripresa nelle economie avanzate, mentre l’attività nei paesi emergenti continuerà ad avere ritmi più
elevati di quelli delle economie avanzate, ma mostrerà una accelerazione inferiore. La crescita del prodotto
interno lordo statunitense appare consolidarsi e tra il 2013 e il 2014 passerà dall’1,9 al 2,8 per cento.
Migliora anche l’andamento nell’area dell’euro che vedrà il passaggio da una recessione dello 0,4 per cento
ad una crescita dell’1,0 per cento, con una diffusione della tendenza positiva tra i paesi membri. Anche l’Italia
uscirà dalla recessione del 2013, per registrare una ripresa dello 0,8 per cento nel 2014. Resta d’obbligo, in
tal senso, una particolare cautela.
Conto economico
Le stime indicano che il 2013 dovrebbe essersi chiuso con una flessione del prodotto interno lordo regionale
dell’1,5 per cento. Il Pil in livello assoluto risulterà superiore solo di un decimo rispetto ai livelli minimi toccati
al culmine della crisi nel 2009. Nel 2014 dovrebbe però riprendere la crescita, attesa all’1,0 per cento
L’andamento regionale risulta leggermente migliore rispetto a quello prospettato a livello nazionale. In Italia il
prodotto interno lordo si è ridotto in termini reali dell’1,9 per cento nel 2013. Solo nel 2014 si registrerà una
lieve crescita, che non andrà oltre lo 0,8 per cento. Si tratta però di un dato ottimistico rispetto alle più recenti
previsioni di enti internazionali riguardanti il nostro paese.
La domanda interna regionale dovrebbe avere accusato una nuova, ma più contenuta flessione dell’1,9 per
cento nel 2013, comunque ancora superiore rispetto a quella riferita al Pil. Ci si attende però una ripresa
della domanda interna (+0,6 per cento) prossima a quella del Pil nel corso del 2014.
Questo andamento riflette quello dei consumi delle famiglie, ma soprattutto quello degli investimenti. Sotto la
pressione della negativa condizione del mercato del lavoro, nel 2013, i consumi dovrebbero contenere, si fa
per dire, la loro diminuzione al 2,2 per cento. Le stime mostrano una sostanziale inversione della tendenza
prevista per il 2014 che da negativa diverrà positiva (+0,4 per cento). L’effetto cumulato della crisi è evidente.
Alla fine del 2014 i consumi privati risulteranno inferiori del 5,3 per cento rispetto al picco del 2010.
Previsione regionale e nazionale: tasso di variazione e numero indice del Pil (1991=100)
8,0
140
135,2
130,5
128,6
126,0
4,0
125,3
130
125,4
120
115,2
0,0
110
-1,5
-4,0
100
Emilia-Romagna
Italia
-6,5
-8,0
95
96
97
98
99
00
01
02
03
04
05
06
07
08
09
90
10
11
12
13
14
15
Fonte: Unioncamere Emilia-Romagna - Prometeia, Scenario economico provinciale, marzo 2014
30
Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013
Gli investimenti fissi lordi, nel 2013, dovrebbero avere subito una nuova riduzione (-2,9 per cento), per effetto
della recessione, quindi della scarsa domanda e dello stato della fiducia delle imprese, che si trova su livelli
nel complesso bassi e non così lontani da quelli minimi del 2009, nonostante la ripresa nel manifatturiero. Ci
si attende però che, nel corso del 2014, l’andamento degli investimenti faccia segnare una pronta ripresa
(+1,8 per cento), traendo vantaggio dai segnali di crescita a livello europeo e mondiale. Sono lontanissimi
comunque i livelli di accumulazione raggiunti prima della crisi. Nel 2014 gli investimenti risulteranno inferiori
del 26,0 per cento rispetto a quelli del 2006.
Anche nel 2013 l’andamento del Pil si è avvalso dell’effetto di traino derivante dalle vendite all’estero, ma la
sua forza si è sensibilmente ridotta. In termini di contabilità nazionale, le vendite all’estero regionali
dovrebbero essere cresciute del 2,3 per cento, ben più della tendenza sperimentata a livello nazionale. A
fronte di un’attesa ripresa dell’attività a livello europeo, nel 2014 si avrà una contenuta accelerazione della
dinamica delle esportazioni (+2,6 per cento). Al termine del 2014 il valore reale delle esportazioni regionali
dovrebbe superare del 2,7 per cento il livello massimo precedente la crisi, toccato nel 2007. Si tratta di un
dato che conferma la crescente importanza dei mercati esteri per l’economia regionale e la grande capacità
delle imprese regionali di operare competitivamente su di essi. Esso mostra, però, anche l’enorme difficoltà
riscontrata nel progredire ulteriormente in quest’ambito, in una condizione di debolezza della domanda
mondiale, tenuto conto dei fattori che incidono sui costi e la competitività delle imprese nazionali.
Nonostante la recessione, nel 2013 dovrebbe essersi registrata un’inversione della dinamica delle
importazioni, che essendo altresì un input del sistema produttivo, al termine dell’anno dovrebbero avere fatto
segnare una crescita del 2,1 per cento. La ripresa della spesa per consumi, ma soprattutto degli investimenti
e dell’attività produttiva nel 2014 sosterrà un ulteriore aumento delle importazioni, che dovrebbero salire del
2,8 per cento.
Il quadro regionale. Tassi di variazione percentuali su valori concatenati, anno di riferim. 2005
2012
Conto economico
Prodotto interno lordo
-2,5
(1)
-4,1
Domanda interna
Consumi delle famiglie
-3,4
Consumi delle AAPP e ISP
-2,5
Investimenti fissi lordi
-7,9
Importazioni di beni dall’estero
-8,1
Esportazioni di beni verso l’estero
1,2
Valore aggiunto ai prezzi base
Agricoltura
-8,6
Industria
-3,8
Costruzioni
-0,1
Servizi
-1,7
Totale
-2,3
Unita’ di lavoro
Agricoltura
-2,7
Industria
-3,3
Costruzioni
1,5
Servizi
-0,2
Totale
-0,9
Rapporti caratteristici
Forze di lavoro
1,6
Occupati
-0,3
(2)(3)
Tasso di occupazione
44,4
(2)
Tasso di disoccupazione
7,1
(2)(3)
Tasso di attività
47,8
Produttività e capacità di spesa
Reddito disponibile delle famiglie e Istituz.SP (prezzi-2,0
correnti)
Valore aggiunto totale per abitante (migliaia di euro)
26,0
2013
2014
2015
-1,5
-1,9
-2,2
-0,1
-2,9
2,1
2,3
1,0
0,6
0,4
0,2
1,8
2,8
2,6
1,5
1,3
1,0
0,3
3,4
4,7
5,4
0,3
-1,3
-5,3
-0,7
-1,1
0,7
1,5
0,1
1,2
1,2
1,0
1,2
1,7
1,8
1,6
-3,6
-2,3
-8,5
0,6
-0,9
-2,1
0,4
0,2
0,5
0,3
-1,6
0,6
1,0
1,3
1,0
0,5
-1,0
43,6
8,5
47,6
-0,1
-0,4
43,0
8,8
47,2
0,2
0,9
43,1
8,1
46,9
0,8
2,2
3,3
25,6
25,6
25,8
(1) Al netto delle scorte. (2) Rapporto percentuale. (3) Quota sulla popolazione presente totale.
Fonte: Unioncamere Emilia-Romagna - Prometeia, Scenario economico provinciale, marzo 2014
31
Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013
La formazione del valore aggiunto: i settori
Dall’analisi della formazione del reddito continua ad emergere innanzitutto l’ulteriore forte riduzione del
valore aggiunto delle costruzioni. Soprattutto gli effetti negativi della forte restrizione del credito, più che la
tensione sui tassi di interesse a livello mondiale durante la scorsa estate, continuano a riflettersi
pesantemente sul settore delle costruzioni. Il valore aggiunto dovrebbe essersi ridotto nuovamente nel 2013,
del 5,3 per cento. Grazie all’attesa ripresa economica, all’attività di ricostruzione e ristrutturazione, ma
soprattutto a un auspicato miglioramento delle condizioni del mercato del credito, nel 2014 la tendenza
negativa del valore aggiunto settoriale dovrebbe interrompersi e permettere un marginale risultato positivo,
con un incremento dello 0,1 per cento. Ciò nonostante al termine del 2014 l’indice del valore aggiunto delle
costruzioni risulterà ampiamente inferiore al livello del precedente massimo toccato nel 2007 (-29,6 per
cento).
Per l’industria in senso stretto il 2013 è stato un nuovo anno di recessione, anche se dovrebbe essersi
chiuso con una flessione più contenuta della precedente, -1,3 per cento. Gli effetti della ripresa dovrebbero
manifestarsi pienamente nel corso del 2014, quando il valore aggiunto generato dall’industria dovrebbe
riprendere a salire con una certa decisione (+1,5 per cento). Alla fine del 2014, l’indice reale del valore
aggiunto industriale risulterà comunque inferiore del 10,2 per cento rispetto al precedente massimo del
2007.
Nel 2013, anche il valore aggiunto del variegato settore dei servizi dovrebbe avere subito una nuova, ma più
contenuta, contrazione (-0,7 per cento). La ripresa dovrebbe giungere solo nel 2014, con una crescita
dell’1,2 per cento. Al termine del 2014 il valore aggiunto dei servizi dovrebbe trovarsi solo leggermente al di
sotto (-2,3 per cento) dei livelli del precedente massimo toccato nel 2008.
Il mercato del lavoro
A causa della congiuntura negativa, l’impiego di lavoro nel processo produttivo, valutato in termini di unità di
lavoro e quindi al netto della cassa integrazione guadagni, nel 2013 dovrebbe subire una nuova riduzione, in
linea con quella dell’anno precedente, -0,9 per cento. Si tratta comunque di una flessione meno consistente
di quella nazionale. La fase negativa dovrebbe chiudersi e invertirsi nel 2014, con un impiego di lavoro di
nuovo in crescita, sia pure di solo lo 0,3 per cento, sostanzialmente in linea con la tendenza a livello
nazionale (+0,1 per cento).
L’evoluzione settoriale dell’impiego di lavoro mostra una sensibile disomogeneità. Nei servizi dovrebbe
essersi registrato un leggero incremento già nel 2013 (+0,6 per cento) e la ripresa farà registrare un
incremento dello 0,5 per cento nel 2014. Nelle costruzioni la tendenza dovrebbe risultare di nuovo
pesantemente negativa nel 2013 (-8,5 per cento), ma nel 2014 si dovrebbe registrare una lieve ripresa, +0,2
per cento. Nel 2013, l’impiego di lavoro nell’industria dovrebbe essersi ridotto ulteriormente, -2,3 per cento.
Ma la ripresa del 2014 dovrebbe condurre ad un suo limitato aumento (+0,4 per cento).
Gli indicatori relativi al mercato del lavoro prospettano un quadro in marcato deterioramento per 2013 e,
nonostante la ripresa, anche per il 2014.
Le forze di lavoro sono diminuite lievemente nel 2013 (-0,1 per cento), per effetto di una minore
partecipazione e scenderanno in misura analoga nel 2014 (-0,1 per cento). Questa tendenza negativa
contrasta con quella all’aumento della popolazione. Quindi il tasso di attività, calcolato come quota sulla
popolazione presente totale, dovrebbe continuare a ridursi dal 47,8 del 2012 al 47,2 del 2014. Il dato
Previsione regionale, i settori : tassi di variazione e numeri indice del valore aggiunto (1991=100)
16,0
175
168,6
11,2
12,0
8,0
4,0
137,0
0,0
-4,0
134,0
121,8
-8,0
106,3
costruzioni
-16,0
servizi
-17,4
-20,0
95
96
97
98
99
00
01
02
03
120,8
118,6
industria
-12,0
04
05
06
07
08
09
90
10
11
12
13
14
15
Fonte: Unioncamere Emilia-Romagna - Prometeia, Scenario economico provinciale, marzo 2014
32
Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013
regionale resta strutturalmente più elevato di quello nazionale, ma si riduce progressivamente la differenza
con quest’ultimo.
Nel 2013 la recessione ha determinato una riduzione del numero degli occupati (-1,6 per cento). Nonostante
la ripresa, la tendenza non dovrebbe arrestarsi nel corso del 2014, quando l’occupazione si contrarrà di
nuovo (-0,4 per cento), in quanto l’aumento dell’attività si tradurrà prima in un aumento delle ore lavorate da
parte dei lavoratori già occupati, con un recupero dei livelli di produttività.
Il tasso di occupazione tenderà comunque a diminuire rapidamente passando dal 44,4 per cento del 2012 al
43,0 per cento del 2014. La sensibile tendenza alla riduzione mostrata negli ultimi anni lo porterà comunque
nel 2014 a risultare inferiore di 3,5 punti rispetto al livello del 2008.
Il tasso di disoccupazione, che era pari al 2,9 per cento nel 2007, per effetto della recessione ha toccato l’8,5
per cento nel 2013 e tenderà ulteriormente verso l’alto, all’8,8 per cento, nella media del 2014.
Conclusioni
L’economia ha affrontato un nuovo anno di recessione. La riduzione della quota del valore aggiunto
industriale subita tra il 2008 e il 2009 è da considerarsi ormai permanente. Quella determinata dalla
successiva crisi del debito e dalla conseguente recessione europea lo diverrà rapidamente. Per salvare ciò
che resta, in primo luogo la ripresa prospettata dovrà concretizzarsi e avere un’adeguata ampiezza. Quindi
occorrerà affontare con decisione il problema della competitività dell’industria e del sistema economico
regionale, al di là di quanto verrà fatto a livello nazionale. I processi di delocalizzazione “selvaggia” oggetto
di cronaca recente attestano la difficoltà a fare impresa nel contesto attuale.
Il fattore tempo è determinante per stabilire gli effetti strutturali della crisi congiunturale, ma per quanto già
avvenuto, recessione e restrizione del credito bancario, il sistema regionale perderà comunque un’ulteriore
consistente quota della sua base industriale.
È necesario aumentare urgentemente la disponibilità e ridurre i costi del finanziamento in attesa che si
facciano sentire gli effetti sulla crescita dell’attesa adozione di riforme profonde. Queste devono mirare a
ridurre il peso del bilancio e del debito pubblico e a sostenere la competitività del sistema, in particolare
attraverso una sostanziale riduzione del cuneo fiscale tra costo del lavoro e retribuzioni nette.
Le previsioni qui presentate si fondano sull’attesa di una ripresa della crescita a livello mondiale, della fine
della recessione e di una diffusione della ripresa dell’attività tra ipaesi dell’area dell’euro nel corso del 2014.
Sono quindi soggette a forti rischi di revisione al ribasso.
33
Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013
IL CONTESTO ECONOMICO PIACENTINO
Non è semplice estrapolare dall’esame dei dati disponibili effettuato per la redazione di questo rapporto
annuale degli elementi positivi. Inversioni di tendenza rispetto al recente passato non si sono ancora
pienamente evidenziate. L’economia della provincia di Piacenza è destinata a subire, secondo le previsioni
di Prometeia-Unioncamere Emilia-Romagna, una riduzione reale del valore aggiunto ai prezzi di base pari
all’1,4 per cento, più elevata di quella prospettata per l’Emilia-Romagna (-1,1 per cento).
Se partiamo dalla consistenza del tessuto imprenditoriale osserviamo che nel 2013 è proseguito il
movimento recessivo che aveva preso l’avvio nel 2010 a carico dello stock delle imprese registrate a
Piacenza. Il calo tra il 2012 ed il 2013 nell’insieme delle registrate è stato di 510 soggetti, 557 in meno –
invece- le aziende attive.
Tra il 2012 ed il 2013 sono peraltro aumentate sia le imprese interessate da procedure concorsuali (+1,98%)
che quelle in scioglimento (+1,77%). Le cessazioni hanno superato le iscrizioni anche al netto delle
cancellazioni eseguite d’ufficio dalle Camere di commercio. Il tasso di crescita al netto delle cancellazioni
d’ufficio è pari al -1,15%.
L’analisi dell’imprenditoria a livello comunale conferma ed avvalora la percezione di grande difficoltà: il saldo
tra iscrizioni e cessazioni è stato infatti positivo solo in 4 dei 48 comuni che compongono la provincia di
Piacenza.
A livello settoriale la variazione più negativa ha interessato sia in termini numerici assoluti che percentuali
l’agricoltura. Di rilievo anche il risultato a carico del settore delle costruzioni. La contrazione si è allargata
anche ai settori del manifatturiero, del commercio, dei trasporti e delle attività dei servizi. Vi sono anche
risultati positivi: è in crescita il numero delle imprese nel settore dei pubblici esercizi, delle attività immobiliari,
della fornitura di energia e gas, delle attività finanziarie ed assicurative così come dei servizi alle imprese,
dell’istruzione, delle attività artistiche e di intrattenimento e della fornitura di acqua, reti fognarie e gestione
rifiuti.
Le persone titolari di cariche sono diminuite dell’1,8%.
Il 9,8% delle imprese registrate a Piacenza può essere individuato come impresa straniera: tra il 2011 ed il
2013 questa percentuale è cresciuta di 0,5 punti percentuali. Le imprese individuali straniere invece
raggiungono il valore medio del 14,1%. Passando ad osservare come si distribuiscono questi imprenditori
all’interno del territorio provinciale, si nota che in otto comuni su 48 l’incidenza media è superiore a quella
dell’intera provincia. In corrispondenza di Piacenza le imprese individuali straniere rappresentano il 25,9%
del totale delle individuali. Se invece si contano le imprese straniere che rispondono alla classificazione delle
imprese femminili si osserva che esse sono l’8% del totale delle imprese femminili piacentine.
A partire dal 2012 è iniziato un trend discendente del nucleo di imprese rette in prevalenza da donne, nucleo
che aveva raggiunto nel 2011 la consistenza di 7.028 realtà. Dell’1% la riduzione verificatasi tra il 2012 ed il
2013, analoga a quella registrata l’anno precedente. Nella nostra provincia così, a fine 2013, le imprese
femminili tout cour sono risultate 6.888. Le iscrizioni dell’anno sono state 460 ma le cessazioni sono arrivate
a 557, determinando un saldo negativo per 97 unità. Il flusso che è cresciuto negli ultimi anni è stato proprio
quello delle cessazioni che ha così depauperato lo stock di realtà imprenditoriali perché, a voler ben vedere,
le iscrizioni sono rimaste le stesse che si realizzavano quando l’insieme cresceva. Come a dire che lo spirito
di intraprendenza si mantiene, quello che vengono meno sono le condizioni per la sopravvivenza
dell’impresa.
Il numero maggiore di imprese femminili si ritrova tra le ditte individuali. Sono il 65,8% del totale. Nel 2011
erano il 67,3%. Il calo ha quindi interessato principalmente ditte più piccole e meno strutturate.
Passando ad un esame dello stock a livello sub-provinciale se ne ricava che il comune con maggiore
incidenza dell’imprenditoria femminile è Ponte dell’Olio (28,1%).
Sul versante dei fallimenti per i quali sia stata emessa la sentenza dichiarativa si registra però una riduzione:
a fine 2013 sono stati 50, 7 in meno rispetto all'anno prima.
Tra il 2012 ed il 2013 sia il numero che i valori degli effetti protestati sono risultati in diminuzione. La
variazione percentuale complessiva è stata del 7,7% dal punto di vista del numero e del 14,5% in valore.
5
La recessione, che ha investito l’economia piacentina nel 2013 ha avuto effetti negativi sul complesso
dell’occupazione. Secondo le rilevazioni Istat sulle forze di lavoro, nel 2013 gli occupati della provincia di
Piacenza sono apparsi mediamente in calo dell’1,0 per cento rispetto all’anno precedente, per un totale di
circa 1.000 addetti. Sotto l’aspetto del genere, la diminuzione dell’occupazione piacentina è stata
essenzialmente determinata dalle femmine (-1,9 per cento), a fronte del moderato calo dei maschi (-0,5 per
cento), Per quanto concerne l’andamento dei settori di attività, la diminuzione degli occupati è stata la sintesi
5
Secondo lo scenario di Prometeia-Unioncamere Emilia-Romagna di fine febbraio 2014, nel 2013 il valore aggiunto
della provincia di Piacenza è stimato in diminuzione, in termini reali, dell’1,4 per cento rispetto all’anno precedente,
in misura superiore a quanto stimato per la regione (-1,1 per cento).
34
Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013
di dinamiche settoriali divergenti.
Le attività dell’agricoltura, silvicoltura e pesca, che hanno rappresentato il 2,5 per cento del totale degli
occupati, hanno perduto circa un migliaio di addetti rispetto al 2012, per lo più indipendenti
6
Le attività dell’industria in senso stretto , che hanno rappresentato il 27,7 per cento dell’occupazione
piacentina, hanno beneficiato di una crescita del 6,5 per cento rispetto al 2012 – equivalente a circa 2.000
addetti. L’aumento può apparire per certi versi sorprendente, poiché è maturato in uno scenario
caratterizzato dal perdurare della recessione (-2,9 per cento il valore aggiunto), ma occorre tuttavia
sottolineare che l’accresciuto utilizzo della Cassa integrazione guadagni può avere contribuito al
mantenimento dell’occupazione. Non a caso le unità di lavoro alle dipendenze, che non tengono conto
dell’inattività dovuta alla Cig, hanno subito una diminuzione dell’1,7 per cento.
Se il bilancio 2013 dell’occupazione piacentina si è chiuso negativamente lo si deve soprattutto alla battuta
d’arresto dei servizi, che hanno subito un calo del 3,0 per cento – è equivalso a circa 2.000 addetti - che è
apparso più sostenuto rispetto alla diminuzione regionale dello 0,8 per cento. La disoccupazione è apparsa
nuovamente in aumento. La consistenza delle persone in cerca di lavoro è aumentata del 9,9 per cento
rispetto all’anno precedente (+19,3 per cento in regione), per un totale di circa 1.000 persone, tutti di genere
maschile. Il tasso di disoccupazione è conseguentemente salito all’8,1 per cento, vale a dire su standard mai
registrati in passato. La Cassa integrazione guadagni è apparsa in leggero aumento, riflettendo la ripresa
degli interventi straordinari, che ha annullato i cali delle gestioni ordinaria e in deroga. Secondo i dati Inps,
nel 2013 c’è stata una crescita complessiva, tra ordinaria, straordinaria e in deroga, pari al 4,5 per cento
rispetto all’anno precedente
Le esportazioni della provincia di Piacenza sono aumentate del 10,5 per cento rispetto all’anno precedente,
consolidando la fase di ripresa in atto dal 2011.
Il settore più importante, vale a dire l’industria metalmeccanica, nel 2013 ha fatto registrare un incremento
del 5,1 per cento rispetto all’anno precedente. La crescita è apparsa in rallentamento rispetto all’evoluzione
del 2012 (+13,6 per cento), ma ha consentito al 2013 di evidenziare un livello superiore del 21,3 per cento a
quello del 2007, prima che la Grande Crisi esplodesse in tutta la sua evidenza.
I prodotti della moda costituiscono la seconda voce per importanza dell’export piacentino, con un’incidenza
del 19,0 per cento sul totale, largamente superiore alla corrispondente quota regionale del 10,7 per cento.
Questo dato va spiegato con la crescita progressiva dell’attività del polo logistico. In effetti ad esportare
risultano essere non tanto imprese produttrici quanto imprese di commercio all’ingrosso.
Il terzo settore per importanza è rappresentato dai prodotti alimentari, bevande e tabacco, la cui quota, pari
al 4,8 per cento del totale dell’export piacentino, è apparsa inferiore a quella regionale del 9,0 per cento. Nel
2013 le relative vendite all’estero sono leggermente calate (-1,3 per cento) rispetto all’anno precedente,
consolidando la diminuzione rilevata nel 2012 (-6,2 per cento).
L’export piacentino è apparso in crescita nella maggioranza dei continenti, con le eccezioni di Africa e
Oceania-altri territori.
L’Unione Europea a 28 paesi resta il principale acquirente dei prodotti piacentini, con una quota pari al 51,2
per cento delle merci esportate. Rispetto alla situazione dei dieci anni precedenti - i dati sono stati resi
omogenei tenendo conto dei nuovi paesi membri - l’Unione Europea a 28 paesi ha visto ridurre la propria
incidenza di quasi tre punti percentuali, non tanto per un proprio calo, bensì per il maggiore dinamismo
palesato da altre aree, in primis il continente asiatico, la cui quota, pari al 24,3 per cento (16,0 per cento in
regione), è migliorata di quasi sette punti percentuali.
Il sistema creditizio ha risentito del clima recessivo. La flessione dei prestiti è stata costante, riflettendo da un
lato la debolezza della domanda e, dall’altro, politiche di offerta restrittive, soprattutto nei confronti delle
piccole imprese.
Il sistema bancario ha reso meno pesanti le condizioni proposte alle imprese, ma il costo del credito ha
continuato a essere superiore a quello medio dell’area dell’euro.
Il rapporto tra banche e imprese piacentine ha continuato a proporre criticità. I tassi applicati sono stati
giudicati onerosi dalla maggioranza delle imprese, in misura tuttavia meno pesante rispetto a un anno prima.
Anche il costo complessivo del finanziamento è stato considerato oneroso dalla maggioranza delle imprese.
Il perdurare della recessione ha indotto le banche a cautelarsi maggiormente nei confronti della clientela,
richiedendo sempre più garanzie. Il sistema bancario piacentino ha ridotto la consistenza dei prestiti
concessi, in linea con quanto avvenuto in regione e nel Paese. Gli impieghi “vivi”, che corrispondono ai
finanziamenti erogati alla clientela residente (non sono comprese le Istituzioni monetarie e finanziarie), al
netto delle sofferenze e dei pronti contro termine, a fine dicembre 2013 sono diminuiti tendenzialmente del
6,8 per cento, in misura tuttavia più contenuta rispetto al trend dei dodici mesi precedenti (-7,6 per cento). Se
il confronto è effettuato tra la media delle consistenze mensili 2013 con quella 2012, si ha una flessione del
7,7 per cento, più elevata delle corrispondenti diminuzioni registrate in Emilia-Romagna (-5,4 per cento) e
Italia (-4,6 per cento). Il sistema bancario piacentino ha pertanto dato una stretta al credito largamente
superiore a quella di altre aree della regione.
6
Comprende i settori estrattivo, manifatturiero ed energetico.
35
Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013
Ogni ramo di attività economica ha ridotto la consistenza dei finanziamenti. I cali più sostenuti hanno
riguardato le attività dell’industria in senso stretto (-11,4 per cento) e le costruzioni (-9,3 per cento), mentre i
servizi sono stati relativamente meno colpiti (-8,4 per cento). La qualità del credito è apparsa in
deterioramento. Secondo i dati raccolti dalla Banca d’Italia, aggiornati a settembre 2013 le sofferenze
7
bancarie , pari a 761 milioni di euro, sono cresciute del 31,4 per cento rispetto alla situazione dello stesso
mese dell’anno precedente, in leggero rallentamento tuttavia rispetto al trend riscontrato nei quattro trimestri
8
precedenti (+33,9 per cento). Il rapporto sofferenze/impieghi totali bancari è salito al 10,25 per cento,
rispetto alla percentuale del 7,52 per cento di un anno prima.
A fine dicembre 2013 le somme depositate nelle banche dalla clientela ordinaria residente e non residente,
al netto delle Istituzioni finanziarie e monetarie, sono ammontate a circa 7 miliardi e 135 milioni di euro, con
una crescita del 5,1 per cento rispetto a un anno prima. Rispetto al trend dei dodici mesi precedenti, c’è stato
un rallentamento prossimo ai quattro punti percentuali. La rete degli sportelli bancari piacentini è apparsa in
ridimensionamento. Dalla punta massima di 227 sportelli operativi toccata nel quarto trimestre 2008 si è
arrivati ai 213 del settembre 2013, cinque in meno rispetto a un anno prima. Questi andamenti non sono che
la conseguenza del processo di razionalizzazione che le banche stanno adottando al fine di alleggerire i
propri bilanci, con prospettive di altre riduzioni.
Spostandosi sul fronte settoriale, il primo dato rilevabile in agricoltura mettendo a confronto le superfici
investite con coltivazioni erbacee è che tra il 2012 ed il 2013 ve ne è stata una riduzione pari al 5,5%.
L’esame delle rese prodotte per ognuna delle coltivazioni è decisamente sconfortante rispetto all’anno prima:
aumenti sono riconducibili solo a melone, fagiolo e fagiolino, pisello, pomodoro da tavola e patata comune.
La variazione è stata invece negativa in tutti gli altri casi con valori sempre piuttosto significativi (compresi tra
il -50% del cocomero al -8% del pomodoro da industria).
La combinazione tra la riduzione delle superfici e quella diffusa delle rese unitarie ha fatto sì che la
produzione complessiva sia aumentata solo per il pomodoro da tavola e per il pisello proteico.
Nella sezione delle coltivazioni arboree la superficie totale è diminuita di 0,7 punti percentuali. Le rese sono
state piuttosto deludenti se raffrontate con l’anno precedente: di positivo c’è solo l’incremento a carico di
olivo (triplicato) e vite da vino (+3%). La produzione lorda vendibile agricola piacentina (PLV), secondo i dati
provenienti dall’Assessorato all’agricoltura della Regione Emilia Romagna, si è attestata a 375,19 milioni di
euro (erano 424,01 milioni di euro nel 2012), con un decremento del 11,5% sull’anno precedente. Alla
riduzione hanno contribuito sostanzialmente i cereali (-45%), ma un apporto negativo è collegato anche a
patate ed ortaggi, piante industriali e arboree.
Nel settore della manifattura e costruzioni dopo la riduzione terribile della produzione che si era registrata nel
2009 sembrava che l’attività aziendale fosse in procinto di rimettersi in funzione tra il 2010 ed il 2011 quando
le variazioni erano tornate nel quadrante positivo. Nel 2012 e 2013 invece il segno della variazione è tornato
negativo, appesantendo il quadro. Gli indicatori correlati, fatturato ed ordinativi, pur con variazioni nell’entità
della percentuale hanno mantenuto lo stesso andamento. La variazione delle esportazioni invece è rimasta
positiva dal 2010 al 2013 pur con ammontari via via più limitati.
Sono risultate 1.292, 20 in meno rispetto al 2012, le realtà manifatturiere non artigiane operanti a Piacenza.
Il settore secondario, quello che raggruppa anche le costruzioni e la fornitura di energia, conta
complessivamente 2.655 soggetti, 37 in meno del dato di fine 2012.
Anche nell’artigianato, dopo che nel 2011 la rilevazione trimestrale della congiuntura aveva lasciato sperare
un cambiamento di rotta, i risultati dei due anni successivi hanno riportato gli indicatori in alveo negativo.
Solo le esportazioni hanno visto nel 2013 una piccola variazione positiva.
Tra il 2012 ed il 2013 lo stock di imprese artigiane registrate ha subito una riduzione significativa,
quantificabile nel 3,2%. Le aziende sono passate da 9.034 a 8.744.
Le imprese registrate a Piacenza ed operanti nei settori del commercio e dei servizi sono risultate, a fine
2013, 15.876, 21 in più dell’anno prima. Il cosiddetto settore terziario continua a crescere a livello di
numerosità: se nel 2011 radunava il 50,6% del totale delle imprese registrate, nel 2013 ne accorpa il 51,6%.
Dal 2007 però il settore del commercio –secondo quanto attesta l’indagine congiunturale- assomma risultati
negativi. Nell’ultimo biennio si è assistito ad un crollo ancora più importante delle vendite. Gli effetti della
crisi, della perdita di posti di lavoro, dell’incertezza per il futuro hanno ripercussioni decisamente significative
sulla domanda interna e quindi sui consumi.
Tra il 2012 ed il 2013 lo stock di cooperative registrate a Piacenza è risultato costantemente fermo a 565
unità. Il numero di quelle attive è invece sceso di 14 unità. Ben 176, delle 565 cooperative registrate, sono
risultate in scioglimento o in liquidazione (31,2%). Trentatre sono invece state interessate da procedure
concorsuali.
7
Le sofferenze sono riferite all’utilizzato netto, relativamente alla clientela ordinaria residente escluso le Istituzioni
finanziarie e monetarie.
8
Gli impieghi bancari totali sono riferiti alla clientela ordinaria residente e non residente al netto delle Istituzioni
finanziarie e monetarie.
36
Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013
IL TESSUTO IMPRENDITORIALE
Le realtà aziendali presenti nel registro imprese a fine 2013 sono risultate 30.758, 27.666 delle quali attive
(89,95%). Anche nel 2013 è quindi proseguito il movimento recessivo che aveva preso l’avvio nel 2010 a
carico dello stock delle imprese registrate a Piacenza. Il calo tra il 2012 ed il 2013 nell’insieme delle
registrate è stato analogo a quello già verificato un anno prima ovvero di 510 soggetti, 557 in meno –invecele aziende attive.
Lo stock delle imprese registrate si compone di una serie di variabili: le già ricordate imprese attive, quelle
sospese, quelle inattive (che sono iscritte al registro imprese ma non hanno ancora dichiarato l’inizio attività),
quelle con procedure concorsuali ed infine quelle in scioglimento. Tra il 2012 ed il 2013 sono aumentate sia
le imprese interessate da procedure concorsuali (+1,98%) che quelle in scioglimento (+1,77%).
Provincia di Piacenza: imprese registrate per sezione di attività economica e status, 2013
Ateco2007
Attive
Sospese
A Agricoltura, silvicoltura pesca
5.539
0
B Estrazione di minerali da cave e miniere
24
0
C Attività manifatturiere
2651
0
D Fornitura di energia elettrica, gas, vapore
45
0
E Fornitura di acqua; reti fognarie, gestione
50
0
rifiuti
F Costruzioni
4.911
0
G Commercio ingrosso e dettaglio; riparaz.
6.359
3
Auto
H Trasporto e magazzinaggio
1.026
0
I Attività dei servizi alloggio e ristorazione
1.878
15
J Servizi di informazione e comunicazione
552
0
K Attività finanziarie e assicurative
543
0
L Attivita' immobiliari
1129
1
M Attività professionali, scientifiche e tecniche
762
0
N Noleggio, agenzie di viaggio, servizi alle
503
0
imprese
P Istruzione
106
0
Q Sanita' e assistenza sociale
119
0
R Attività artistiche, sportive, di intratt.e
250
1
divertimento
S Altre attività di servizi
1.213
1
X Imprese non classificate
6
0
TOTALE
27.666
21
Fonte: elaborazioni CCIAA Piacenza su dati Infocamere Stockview
Inattive
Procedure
9
concorsuali
15
3
118
1
4
8
1
132
0
2
Scioglimento
o
10
Liquidazione
17
1
132
2
2
TOTALE
95
266
82
104
165
176
5.253
6.908
35
165
19
9
63
26
7
38
15
5
7
11
12
13
42
60
23
11
75
48
31
1.141
2.133
599
570
1.279
848
554
3
3
23
1
3
10
6
4
74
116
129
358
16
757
1.628
2
18
464
9
101
979
1.241
882
30.758
5.579
29
3.033
48
58
Globalmente le imprese con procedure concorsuali rappresentano l’1,51% del totale delle registrate mentre
quelle in scioglimento salgono al 3,18% di questo totale. Esaminando i dati a livello di settore spicca il fatto
che circa il 21% delle imprese afferenti al gruppo delle attività artistiche, sportive, di intrattenimento e
divertimento si trova in una situazione di particolare difficoltà, che prelude alla chiusura. A livello assoluto si
può notare che il settore nel quale si concentra il numero maggiore di imprese con procedure concorsuali in
atto è quello manifatturiero (132/464), seguito da quello del commercio (104/464) e quindi da quello delle
costruzioni (82/464).
9
Impresa iscritta al Registro delle Imprese avente in atto una procedura fallimentare non revocata, ovvero avente in atto uno dei seguenti procedimenti:
Amministrazione giudiziaria, Bancarotta semplice, Bancarotta fraudolenta, Concordato preventivo, Concordato fallimentare, Fallimento, Liquidazione coatta
amministrativa
A partire dal 1° trimestre 2008 sono escluse, oltre alle procedure non revocate, anche le procedure chiuse o eseguite o revocate con effetto non esecutivo.
Inoltre sono presi in considerazione anche i seguenti procedimenti: Amministrazione controllata, Amministrazione straordinaria, Accordi di ristruttirazione dei
debiti, Stato di insolvenza.
Ai fini della determinazione dello 'Status' dell'impresa, nel caso di contemporanea presenza di più procedure (Concorsuali e/o di
Scioglimento/Liquidazione) si considera solo quella aperta più di recente.
10
Impresa iscritta al Registro delle Imprese avente in atto una procedura non revocata non di tipo fallimentare.
A partire dal 1° trimestre 2008 sono escluse, oltre alle procedure non revocate, anche le procedure chiuse o eseguite o revocate con effetto non esecutivo.
Inoltre sono presi in considerazione esclusivamente i seguenti procedimenti: Liquidazione giudiziaria, Liquidazione, Liquidazione volontaria, Scioglimento
per atto dell'autorità, Scioglimento, Scioglimento e liquidazione, Scioglimento senza messa in liquidazione, Scioglimento anticipato senza liquidazione.
Ai fini della determinazione dello 'Status' dell'impresa, nel caso di contemporanea presenza di più procedure (Concorsuali e/o di
Scioglimento/Liquidazione) si considera solo quella aperta più di recente.
37
Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013
Passando invece ad esaminare i dati di flusso, segnatamente quelli di iscrizioni e cessazioni, si riscontra
che, a differenza di quanto accadeva fino al 2011, le cessazioni superano le iscrizioni anche al netto delle
cancellazioni eseguite d’ufficio dalle Camere di commercio. Se il dato delle cessazioni comprende anche le
cancellazioni d’ufficio la differenza rispetto al totale delle iscrizioni è pari a 497 unità, se invece le
cancellazioni d’ufficio sono scorporate, il saldo resta negativo ma per 360 unità. Il tasso di crescita al netto
delle cancellazioni d’ufficio è pari al -1,15%. Come si può leggere chiaramente dal grafico, il 2012 ed il 2013
sono stati gli anni peggiori a partire dal 2000.
Provincia di Piacenza: andamento del tasso di crescita delle imprese nel periodo 2000-2013*
1,50%
1,00%
0,50%
0,00%
2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013
-0,50%
-1,00%
-1,50%
* dal 2007 il dato è al netto delle cessazioni d’ufficio
Fonte: elaborazioni CCIAA Piacenza su dati Movimprese
A partire dal 2010 si osserva un progressivo rallentamento delle iscrizioni mentre le cessazioni sono andate
aumentando nel 2012 e nel 2013.
Provincia di Piacenza: iscrizioni e cessazioni* (2008-2013)
2.500
2.000
1.500
1.000
500
0
Anno 2008
Anno 2009
Anno 2010
ISCRIZIONI
Anno 2011
Anno 2012
Anno 2013
CESSAZIONI
Fonte: elaborazioni CCIAA Piacenza su dati Infocamere Stockview *al netto delle cessazioni d’ufficio
Il dato complessivo delle unità locali si segnala a sua volta per una variazione di segno negativo (-1,24%). A
crescere sono state solo le unità locali di imprese con sede fuori provincia di Piacenza.
38
Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013
Provincia di Piacenza: confronto 2009-2013 tra tipologie di unità locale
Anno
Sede di
impresa
Unità Locali
con sede in
prov. di PC
Unità Locali
Totale Unità
con sede in
Locali
altra provincia
2009
31.768
3.716
2.460
2010
31.796
3.801
2.510
31.778
3.879
2.600
2011
2012
31.268
3.927
2.684
2013
30.758
3.905
2.745
Var.2012/2013
-1,63
-0,56
2,27
Fonte: elaborazioni CCIAA Piacenza su dati Infocamere Stockview
37.944
38.107
38.257
37.879
37.408
-1,24
La dinamica per forma giuridica
Ripartendo le imprese registrate per forma giuridica se ne ricava che il 39,2% è rappresentato da una
società, il 58,1% da una ditta individuale ed il 2,8% da una altra forma giuridica.
A partire dall’anno 2000 la crescita dell’incidenza delle società di capitale è stata pressochè costante e l’ha di
fatto portata ad eguagliare il peso delle società di persone. In riduzione numero e incidenza delle ditte
individuali.
Provincia di Piacenza: nati-mortalità delle imprese per forma giuridica, 2013
Imprese
Registrate al 3112-2013
Iscrizioni
Cessazioni
Totali
di cui Cancellate
d'ufficio
Saldo
Totale
Saldo
escluse
cessate
d'ufficio
Tasso di
crescita
2013 *
Società di Capitale
5.961
302
284
86
18
104
1,74
Società di Persone
6.081
159
234
0
-75
-75
-1,22
Imprese Individuali
17.865
1.089
1.584
51
-495
-444
-2,42
851
86
31
0
55
55
6,90
-360
-1,15
Altre Forme
TOTALE
30.758
1.636
2.133
137
-497
*al netto delle cancellate d’ufficio - Fonte: elaborazioni CCIAA Piacenza su dati Movimprese
Concentrando l’attenzione su quanto accaduto l’ultimo anno se ne rileva che mentre le iscrizioni delle società
di persone e delle ditte individuali sono state inferiori rispetto alle cessazioni, segno opposto ha la differenza
tra queste due variabili di flusso per società di capitale e altre forme giuridiche.
39
Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013
La dinamica per territorio
Studiando la dinamica anagrafica a livello regionale, la situazione appare piuttosto allineata, fatta eccezione
per la provincia di Rimini. E’ proprio quest’ultima la provincia che si discosta infatti nel segno della variazioni
del tasso di crescita. Il risultato più negativo contraddistingue la provincia di Forlì Cesena (-1,73%) ma
Piacenza si colloca comunque al secondo posto.
Dinamica anagrafica, Piacenza e province dell’Emilia Romagna, 2013
Imprese
Registrate al
31/12/2013
Iscrizioni
Cessazioni
Totali
di cui:
Cancellate
d'ufficio
Saldo
Totale
Saldo escluse
cessate
d'ufficio
*Tasso di
crescita
Bologna
96.766
6.239
6.631
275
-392
-117
-0,12
Ferrara
36.851
2.167
2.583
111
-416
-305
-0,82
Forlì-Cesena
43.554
2.445
3.215
2
-770
-768
-1,73
Modena
75.158
4.961
5.209
115
-248
-133
-0,18
Parma
46.903
2.670
3.273
250
-603
-353
-0,74
Piacenza
30.758
1.636
2.133
137
-497
-360
-1,15
Ravenna
41.116
2.495
3.201
323
-706
-383
-0,92
Reggio Emilia
56.460
3.710
4.491
206
-781
-575
-1,00
Rimini
40.752
2.905
3.034
329
-129
200
0,49
468.318
29.228
33.770
1.748
-4.542
-2.794
-0,59
43.168
-30.487
12.681
0,21
Emilia Romagna
ITALIA
6.061.960
384.483
414.970
*al netto delle cancellazioni d’ufficio
Fonte: elaborazioni CCIAA Piacenza su dati Infocamere Stockview
Il raffronto tra gli stock di imprese registrate a fine 2012 e fine 2013 vede tutti risultati con segno negativo. Di
nuovo Forlì Cesena segna la riduzione percentuale più accentuata ma Ravenna e Piacenza non si
discostano di tanto.
Imprese registrate e variazioni, Piacenza e province dell’Emilia Romagna, 2012 e 2013
Imprese Registrate
Variazione 2012-2013
Anno 2012
Anno 2013
Assoluta
Percentuale
Bologna
97.173
96.766
-407
-0,42
Ferrara
37.267
36.851
-416
-1,12
Forlì-Cesena
44.329
43.554
-775
-1,75
Modena
75.399
75.158
-241
-0,32
Parma
47.501
46.903
-598
-1,26
Piacenza
31.268
30.758
-510
-1,63
Ravenna
41.810
41.116
-694
-1,66
Reggio Emilia
57.217
56.460
-757
-1,32
Rimini
40.885
40.752
-133
-0,33
Emilia Romagna
472.849
468.318
-4.531
-0,96
-31.198
-0,51
ITALIA
6.093.158
6.061.960
Fonte: elaborazioni CCIAA Piacenza su dati Infocamere Stockview
40
Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013
A livello di composizione strutturale Ferrara è la provincia che presenta l’incidenza percentuale maggiore di
imprese individuali (60,7%). La media regionale si ferma al 52,7%. Modena si colloca davanti a tutte le realtà
di confronto per incidenza delle società di capitale (27%).
Imprese registrate per forma giuridica (%): Piacenza e province dell’Emilia Romagna, 2013
Società
Società
Imprese
Altre
di Capitale
di Persone
Individuali
forme
Bologna
25,9
20,7
50,6
2,8
Ferrara
15,7
20,3
60,7
3,3
Forlì-Cesena
18,3
24,9
53,9
2,8
Modena
27,0
21,2
48,8
3,0
Parma
25,0
19,5
52,4
3,1
Piacenza
19,4
19,8
58,1
2,8
Ravenna
18,3
23,2
55,7
2,9
Reggio Emilia
21,7
21,1
53,9
3,3
Rimini
20,3
28,9
48,3
2,5
Emilia Romagna
22,4
21,9
52,7
2,9
ITALIA
23,8
18,3
54,2
Fonte: elaborazioni CCIAA Piacenza su dati Infocamere Stockview
3,6
Scomponendo tutte le imprese registrate per macrosettori a livello provinciale, si possono individuare delle
specifiche peculiarità. In particolare Ferrara risulta essere quella in cui l’agricoltura raggruppa
percentualmente il numero maggiore di imprese, Modena quella in cui l’industria in senso stretto raggiunge
l’incidenza superiore, Reggio Emilia quella che si distingue per il peso maggiore delle costruzioni, Rimini,
come lecito attendersi, per quello di commercio e pubblici esercizi e Bologna per quello dei restanti servizi.
Imprese registrate per macrosettori: composizione percentuale, Piacenza e province dell’Emilia
Romagna, 2013
Agricoltura
Industria
in senso
stretto
Costruzioni
Commercio e
Pubblici
esercizi
Servizi
Bologna
9,7
10,9
14,8
30,6
31,0
Ferrara
22,6
8,5
14,6
28,0
23,0
Forlì-Cesena
16,7
10,6
15,4
29,0
24,9
Modena
11,6
15,6
16,0
27,0
26,5
Parma
13,7
13,0
17,5
27,5
24,4
Piacenza
18,1
10,3
17,1
29,4
22,2
Ravenna
18,8
8,8
15,1
29,8
24,1
Reggio Emilia
11,5
14,9
22,6
25,5
22,7
6,9
7,9
14,4
38,2
27,8
13,4
11,7
16,4
29,3
26,0
14,4
32,4
23,7
Rimini
Emilia Romagna
ITALIA
13,0
10,3
Fonte: elaborazioni CCIAA Piacenza su dati Infocamere Stockview
L’analisi dell’imprenditoria a livello comunale conferma ed avvalora la percezione di grande difficoltà già più
volte espressa nei dati precedenti.
Il saldo tra iscrizioni e cessazioni è stato infatti positivo solo in 4 dei 48 comuni che compongono la provincia
di Piacenza. Se per Fiorenzuola d’Arda l’entità della variazione è apertamente positiva (10 unità) nelle altre
realtà (Alseno, Gossolengo e San Pietro in Cerro) la differenza si ferma all’unità singola. Nel 2011 erano stati
19 i comuni nei quali le aperture di aziende avevano sopravanzato le chiusure. Zerba, Pecorara, Caminata,
Gropparello ed Agazzano sono stati i comuni nei quali il saldo ha pesato di più, in negativo, sulla compagine
imprenditoriale.
41
Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013
Vi sono ancora molti comuni della provincia (Besenzone, Corte Brugnatella, Farini, Ferriere, Morfasso,
Pecorara, Piozzano, Travo, Vernasca e Ziano) nei quali l’incidenza delle imprese agricole sul totale risulta
superiore al 50 per cento. Tenuto conto che queste reatà imprenditoriali sono spesso marginali e condotte da
imprenditori anziani la probabilità che le cessazioni siano elevate è abbastanza rilevante.
Esaminando le variazioni dello stock di imprese registrate all’interno delle fasce altimetriche, individuate
secondo la codifica Istat, osserviamo che tra il 2012 ed il 2013 la variazione è stata di segno negativo in
ognuna delle aree individuate. Come lecito attendersi le aree più marginali, montagna e collina, hanno
totalizzato le perdite più consistenti.
Provincia di Piacenza: variazioni delle imprese registrate tra il 2012 ed il 2013, per fasce altimetriche
(codifica ISTAT)
Agazzano
Alseno
Borgonovo Val Tidone
Caminata
Carpaneto Piacentino
Castell'Arquato
Castelsangiovanni
Gazzola
Gropparello
Lugagnano Val d'Arda
Nibbiano
Pianello Val Tidone
Piozzano
Ponte dell'Olio
Rivergaro
San Giorgio Piacentino
Travo
Vernasca
Vigolzone
Ziano Piacentino
Totale Collina
C
C
C
C
C
C
C
C
C
C
C
C
C
C
C
C
C
C
C
C
C
Imprese Registrate al
31 Dicembre 2012
236
557
660
29
866
599
1.303
259
311
471
366
335
155
511
661
484
351
369
401
379
9.303
Bettola
Bobbio
Cerignale
Coli
Corte Brugnatella
Farini
Ferriere
Morfasso
Ottone
Pecorara
Zerba
Totale Montagna
M
M
M
M
M
M
M
M
M
M
M
M
485
558
29
175
102
301
230
239
78
145
9
2.351
Comuni
z.a.
Besenzone
P
148
Cadeo
P
598
Calendasco
P
298
Caorso
P
436
Castelvetro Piacentino
P
575
Cortemaggiore
P
445
Fiorenzuola d'Arda
P
1.574
Gossolengo
P
382
Gragnano Trebbiense
P
360
Monticelli d'Ongina
P
558
Piacenza
P
11.283
Podenzano
P
862
Pontenure
P
567
Rottofreno
P
885
San Pietro in Cerro
P
142
Sarmato
P
273
Villanova sull'Arda
P
228
Totale Pianura
P
19.614
TOTALE PROVINCIA PIACENZA
31.268
Fonte: elaborazioni CCIAA su dati Infocamere Stockview
Imprese Registrate al
31 Dicembre 2013
224
553
651
27
861
575
1.282
248
294
462
353
328
152
505
657
457
342
358
386
364
9.079
Variazione
assoluta
-12
-4
-9
-2
-5
-24
-21
-11
-17
-9
-13
-7
-3
-6
-4
-27
-9
-11
-15
-15
-224
Variazione %
2012/2013
-5,1
-0,7
-1,4
-6,9
-0,6
-4,0
-1,6
-4,2
-5,5
-1,9
-3,6
-2,1
-1,9
-1,2
-0,6
-5,6
-2,6
-3,0
-3,7
-4,0
-2,4
480
542
29
170
103
290
223
230
76
131
7
2.281
-5
-16
0
-5
1
-11
-7
-9
-2
-14
-2
-70
-1,0
-2,9
0,0
-2,9
1,0
-3,7
-3,0
-3,8
-2,6
-9,7
-22,2
-3,0
149
580
299
428
558
444
1.574
382
346
545
11.191
845
564
864
144
257
228
19.398
30.758
1
-18
1
-8
-17
-1
0
0
-14
-13
-92
-17
-3
-21
2
-16
0
-216
-510
0,7
-3,0
0,3
-1,8
-3,0
-0,2
0,0
0,0
-3,9
-2,3
-0,8
-2,0
-0,5
-2,4
1,4
-5,9
0,0
-1,1
-1,6
42
Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013
Sono 13.989 le unità locali con sede nel comune di Piacenza. In tutti i restanti comuni della provincia la
consistenza è decisamente più contenuta. Incrociando i dati relativi alle unità locali con i settori nei quali
sono attive si può ricavare una semplice mappa delle specializzazioni a livello di principali settori: se per
quanto riguarda l’agricoltura abbiamo già detto, possiamo dire che i comuni nei quali il settore manifatturiero
incide in misura maggiore sul totale (pur restando su livello piuttosto contenuti) sono nell’ordine Cerignale,
Sarmato, Caorso e Ferriere, mentre per quanto attiene alle costruzioni l’ordine comprende Gragnano,
Sarmato, Zerba e San Pietro in Cerro. Fiorenzuola, Castelvetro, Rottofreno, Piacenza e Castel San Giovanni
sono invece le realtà nelle quali il peso del commercio sul totale degli altri settori è più marcato.
La percentuale più elevata di imprese del settore artigiano si ritrova in Comune di Zerba (42,9%), a
Calendasco questo valore scende al 40,8%, a Gragnano al 37,3%, a Cadeo al 37,1% e quindi a Rottofreno
al 36,8%. A Piozzano invece questa incidenza si ferma al 13,2%.
Le dinamiche settoriali
La dinamica imprenditoriale settoriale si può studiare prendendo in esame la differenza tra la consistenza
delle imprese registrate al termine di due o più anni consecutivi. Puntando l’attenzione su quanto è successo
tra il 2013 ed il 2013 non si può non notare come la variazione più negativa abbia interessato sia in termini
numerici assoluti che percentuali l’agricoltura (-221, -3,81%). Di rilievo anche il risultato a carico del settore
delle costruzioni (-175, -3,22%). La contrazione si è allargata anche ai settori del manifatturiero, del
commercio, dei trasporti e delle attività dei servizi. Questa disamina fa rilevare però che vi sono anche
risultati positivi: è in crescita il numero delle imprese nel settore dei pubblici esercizi, delle attività immobiliari,
della fornitura di energia e gas, delle attività finanziarie ed assicurative così come dei servizi alle imprese,
dell’istruzione, delle attività artistiche e di intrattenimento e della fornitura di acqua, reti fognarie e gestione
rifiuti.
Provincia di Piacenza: imprese registrate per settori di attività, 2012 e 2013
Imprese Registrate
Sezioni Ateco2007
Anno 2012
A Agricoltura, silvicoltura pesca
Variazione
Anno 2013
Assoluta
Percentuale
-221
-3,81
0
0,00
5.800
5.579
29
29
3.117
3.033
-84
-2,69
D Fornitura di energia elettrica, gas, vapore ecc.
36
48
12
33,33
E Fornitura di acqua; reti fognarie, gestione rifiuti
55
58
3
5,45
F Costruzioni
5.428
5.253
-175
-3,22
G Commercio ingrosso e dettaglio; riparaz. auto
6.953
6.908
-45
-0,65
H Trasporto e magazzinaggio
1.177
1.141
-36
-3,06
I Attività dei servizi alloggio e ristorazione
2.068
2.133
65
3,14
J Servizi di informazione e comunicazione
609
599
-10
-1,64
K Attività finanziarie e assicurative
557
570
13
2,33
B Estrazione di minerali da cave e miniere
C Attività manifatturiere
L Attivita' immobiliari
1.248
1.279
31
2,48
M Attività professionali, scientifiche e tecniche
843
848
5
0,59
N Noleggio, agenzie viaggio, servizi alle imprese
543
554
11
2,03
P Istruzione
111
116
5
4,50
Q Sanita' e assistenza sociale
133
129
-4
-3,01
R Attività artistiche, sportive, di intrattenimento
S Altre attività di servizi
X Imprese non classificate
TOTALE
Fonte: elaborazioni CCIAA su dati Infocamere Stockview
351
358
1.262
1.241
7
1,99
-21
-1,66
948
882
-66
-6,96
31.268
30.758
-510
-1,63
Guardando ai dati di flusso, le cessazioni complessive si sono concentrate in quattro settori: commercio,
costruzioni, agricoltura e attività manifatturiere. Commercio, agricoltura e costruzioni sono d’altra parte i
settori con il numero maggiore di iscrizioni. E’ opportuno però rilevare che al termine dell’anno –per questioni
amministrative- ancora molte delle iscrizioni (il 33% circa) non sono ascritte ad uno specifico settore: il dato
conseguente a livello settoriale è quindi poco significativo.
43
Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013
Provincia di Piacenza, cessazioni per settore di attività, 2013
95
84
X Imprese non classificate
S Altre attività di servizi
R Attività artistiche, sportive, di intratt. e divertim.
Q Sanita' e assistenza sociale
P Istruzione
N Noleggio, agenzie di viaggio, servizi vari
M Attività professionali, scientifiche e tecniche
L Attivita' immobiliari
K Attività finanziarie e assicurative
J Servizi di informazione e comunicazione
I Attività dei servizi alloggio e ristorazione
H Trasporto e magazzinaggio
G Commercio all'ingrosso,al dettaglio e riparaz.
F Costruzioni
E Fornitura di acqua; reti fognarie, rifiuti
D Fornitura di energia elettrica, gas, vapore
C Attività manifatturiere
A Agricoltura, silvicoltura pesca
31
10
3
51
63
57
55
41
117
66
485
427
3
2
184
359
0
100
200
300
400
500
600
Fonte: elaborazioni CCIAA su dati Infocamere Stockview
Il settore nel quale le ditte vengono costituite in percentuale maggiore in forma di società di capitale è quello
del commercio (20,8%), ma l’incidenza è elevata anche con riguardo ad attività manifatturiere (17,5%),
costruzioni (14,6%) e attività immobiliari (12,9%). Le società di persone si concentrano soprattutto nel
commercio (21,5%), nell’agricoltura (16,2%), nelle attività dei servizi di alloggio e ristorazione (14,4%), nel
manifatturiero (12,3%) e nelle costruzioni (10,6%). Le imprese individuali invece si trovano nell’agricoltura (1
su 4), nel commercio (24%) ed ancora nelle costruzioni (20,4%). Le altre forme giuridiche interessano in
misura meno rilevante alcuni specifici settori e risultano di conseguenza adottate in quasi tutti gli ambiti di
attività, primi su tutti attività artistiche e ricreative (14,1%) e costruzioni (10,7%).
44
Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013
I titolari di carica
I titolari di carica sono tutti coloro che, all’interno di una impresa, assumono un ruolo che può essere
ricondotto a quello di titolare di ditta individuale, socio, amministratore o alla classe residuale delle altre
cariche (amministratori, revisori…). Questo aggregato consente pertanto di studiare alcune caratteristiche
delle persone che esercitano attività d’impresa a Piacenza e nelle province vicine.
In ordine alla consistenza complessiva si può osservare che, nell’arco dell’ultimo anno, le persone
registrate negli archivi della nostra Camera di commercio sono nuovamente diminuite passando da 48.499
a 47.617 (-882 unità, pari al -1,8%). Entrambe le componenti (maschi e femmine) sono calate di numero. A
livello settoriale la variazione non è però costantemente negativa ed anzi si evidenziano incrementi rilevanti
nei settori delle forniture di energia e commodities.
Provincia di Piacenza: riepilogo persone* nel Registro Imprese – Suddivisione maschi e femmine e
variazioni, 2012 e 2013
Femmine
Maschi
A Agricoltura, silvicoltura pesca
2.004
5.281
B Estrazione di minerali da cave e miniere
14
48
C Attività manifatturiere
1.315
4.779
D Fornitura di energia elettrica, gas, vapore ecc
14
87
E Fornitura acqua; reti fognarie, gestione rifiuti
41
114
F Costruzioni
730
6.347
G Commercio ingrosso e dettaglio; riparaz.auto..
3.243
7.011
H Trasporto e magazzinaggio
314
1.540
I Attività dei servizi alloggio e ristorazione
1.609
1.979
J Servizi di informazione e comunicazione
343
741
K Attività finanziarie e assicurative
211
590
L Attivita' immobiliari
748
1.605
M Attività professionali, scientifiche e tecniche
376
1.103
N Noleggio, agenzie viaggio, servizi alle imprese
363
569
P Istruzione
119
140
Q Sanita' e assistenza sociale
151
249
R Attività artistiche, sportive, di intrattenimento
228
467
ecc.
S Altre attività di servizi
996
615
X Imprese non classificate
395
1.138
TOTALE
13.214
34.403
*titolari, soci, amministratori, altre cariche
Fonte: Elaborazione CCIAA di Piacenza su dati Infocamere Stockview
Totale
2013 Totale 2012 Differenza
7.285
7.523
-238
62
64
-2
6.094
6.278
-184
101
64
37
155
138
17
7.077
7.304
-227
10.254
10.385
-131
1.854
1.947
-93
3.588
3.514
74
1.084
1.124
-40
801
803
-2
2.353
2.320
33
1.479
1.483
-4
932
913
19
259
251
8
400
421
-21
695
1.611
1.533
47.617
691
1.628
1.648
48.499
Var.%
-3,2
-3,1
-2,9
57,8
12,3
-3,1
-1,3
-4,8
2,1
-3,6
-0,2
1,4
-0,3
2,1
3,2
-5,0
4
-17
-115
-882
0,6
-1,0
-7,0
-1,8
Solo nel settore delle altre attività dei servizi i titolari di sesso femminile sono più numerosi di quelli di sesso
maschile. Hanno un’incidenza della componente femminile che si avvicina al 50% gli ambiti delle attività dei
servizi di alloggio e ristorazione e quello dell’istruzione.
Il 43,4% dei titolari di carica ha un’età compresa tra i 30 ed i 49 anni. Tendenzialmente l’agricoltura è il
settore nel quale i titolari di carica sono più anziani (circa 5.000 su un totale di 7.285 ha più di 50 anni). Le
persone più giovani invece si collocano nel commercio, nelle costruzioni e nelle attività dei servizi di alloggio
e ristorazione.
45
Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013
Provincia di Piacenza: titolari di carica per settore e classe di età, 2013
< 18 anni
da 18 a 29
anni
da 30 a 49
anni
da 50 a 69
anni
>= 70 anni
TOTALE**
A Agricoltura, silvicoltura pesca
4
208
2.048
3.046
1.972
7.285
B Estrazione di minerali da cave e miniere
0
1
22
23
16
62
C Attività manifatturiere
0
117
2.446
2.781
737
6.094
D Fornitura di energia elettrica, gas ecc.
0
1
30
54
16
101
E Fornitura acqua; reti fognarie, gest. rifiuti
0
3
68
73
10
155
F Costruzioni
2
360
3.791
2.474
443
7.077
G Commercio ingrosso e dettaglio…
2
411
4.607
4.316
887
10.254
H Trasporto e magazzinaggio
1
43
772
853
182
1.854
I Attività dei servizi alloggio e ristorazione
2
313
1.812
1.240
218
3.588
J Servizi di informazione e comunicazione
0
41
496
467
80
1.084
K Attività finanziarie e assicurative
0
63
342
324
69
801
L Attivita' immobiliari
M Attività professionali, scientifiche,
tecniche
1
75
875
1070
332
2.353
0
51
664
641
120
1.479
N Noleggio, agenzie viaggio, servizi ….
2
57
460
366
47
932
P Istruzione
0
16
104
117
22
259
Q Sanita' e assistenza sociale
0
16
175
182
27
400
R Attività artistiche, sportive, di intratten.
1
40
334
279
40
695
S Altre attività di servizi
0
84
899
547
81
1.611
X Imprese non classificate
0
112
707
588
123
1.533
20.652
19.441
5.422
47.617
TOTALE
15
2.012
Fonte: Elaborazione CCIAA di Piacenza su dati Infocamere Stockview
La suddivisione tra le diverse tipologia di carica all’interno delle province dell’Emilia Romagna è abbastanza
allineata se si fa eccezione per quanto accade in provincia di Forlì Cesena dove i soci rappresentano il 30%
del totale delle cariche a fronte di una media regionale del 14,7%. A Piacenza la percentuale degli
amministratori è inferiore al valore medio regionale (39,9% contro il 44,3%) ma è superiore l’incidenza dei
titolari (37,6% contro il 31,7%).
Persone suddivise per tipo di carica: consistenza %, Piacenza e province dell’Emilia Romagna, 2013
Provincia
Altre cariche
Amministratore
Bologna
11,6
46,4
Ferrara
6,5
39,0
Forli' - Cesena
7,7
30,5
Modena
9,6
49,6
Parma
10,5
49,8
Piacenza
8,3
39,9
Ravenna
8,8
43,6
Reggio Emilia
9,5
44,5
Rimini
7,5
46,0
Emilia Romagna
9,4
44,3
Fonte: Elaborazione CCIAA di Piacenza su dati Infocamere Stockview
Socio
Titolare
12,2
14,1
30,2
11,9
8,3
14,2
14,1
14,3
17,8
14,7
29,8
40,4
31,6
28,9
31,4
37,6
33,5
31,7
28,7
31,7
Tra le province della regione quella nella quale le femmine sono più numerose –tra i titolari di carica- è
Rimini con il 29,6 per cento del totale. All’estremo opposto Reggio Emilia, con il 24,5% del totale.
46
Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013
L’imprenditoria straniera
A partire dall’anno 2011 è possibile investigare più ampiamente le caratteristiche dell’imprenditoria straniera.
Possiamo infatti estrapolare dati che riguardano l’intero insieme delle imprese straniere, non solo delle
individuali. Vengono definite imprese straniere quelle in cui la percentuale di partecipazione dei non nati in
Italia è superiore al 50%.
Sulla base di tale classificazione risulta che il 9,8% delle imprese registrate a Piacenza può essere
individuato come impresa straniera (3.011/31.758). Tra il 2011 ed il 2013 questa percentuale è cresciuta di
0,5 punti percentuali. Da osservare che, mentre tra le imprese italiane le iscrizioni sono state inferiori rispetto
alle cessazioni, nello stock delle imprese straniere questo non si è verificato. E’ però vero che -anche in
questo insieme- rispetto al 2011 la differenza tra le due variabili si è decisamente assottigliata.
Provincia di Piacenza: consistenza e dinamica delle imprese italiane e straniere registrate, 2011-2013
Imprese Italiane
Imprese Straniere
Imprese Iscrizioni Cessazioni
Imprese Iscrizioni Cessazioni
Anno 2011
28.813
1.395
1.623
2.965
426
230
Anno 2012
28.281
1.406
1.939
2.987
349
337
Anno 2013 27.747
1.314
1.828
3.011
Fonte: Elaborazioni CCIAA di Piacenza su dati Stockview
322
305
Prendendo l’insieme delle imprese straniere nel suo complesso, si possono anche identificare quali sono i
settori d’elezione. Come avevamo già osservato in passato avvalendoci del dato degli imprenditori
individuali, più del 50% delle imprese straniere lavora nelle costruzioni. A seguire commercio, pubblici
esercizi, attività manifatturiere e trasporti.
Provincia di Piacenza: consistenza delle imprese straniere, suddivise per sezioni di attività e forma
giuridica, 2013
Società
Società
Imprese
Altre
di Capitale
di Persone
Individuali
forme
4
4
66
3
77
32
8
105
3
148
0
1
1
0
2
F Costruzioni
50
49
1.400
11
1.510
G Commercio all'ingrosso e dettaglio; ripar.
43
26
499
1
569
6
9
72
16
103
I Attività dei servizi alloggio e ristorazione
10
64
125
1
200
J Servizi di informazione e comunicazione
3
6
18
0
27
K Attività finanziarie e assicurative
0
0
18
0
18
15
1
4
1
21
M Attività professionali, scientifiche e tecniche
N Noleggio, agenzie viaggio, servizi alle
imprese
5
3
17
1
26
8
2
69
8
87
P Istruzione
1
0
3
2
6
Q Sanita' e assistenza sociale
1
0
4
2
7
R Attività artistiche, sportive, di intrattenimento
6
2
7
3
18
S Altre attività di servizi
2
6
76
2
86
29
27
43
7
106
215
208
2.527
58
3.011
A Agricoltura, silvicoltura pesca
C Attività manifatturiere
E Fornitura acqua; reti fognarie, gestione rifiuti
H Trasporto e magazzinaggio
L Attivita' immobiliari
X Imprese non classificate
TOTALE
Fonte: Elaborazioni CCIAA di Piacenza su dati Stockview
TOTALE
47
Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013
Solo il 14% delle imprese straniere è costituito in forma societaria (nel totale delle imprese piacentine questa
percentuale, come abbiamo visto, sale al 39% circa). E’ però interessante notare che, rispetto a quanto si
era osservato nel 2011, le imprese individuali, pure a fronte di una crescita complessiva delle ditte straniere,
non sono aumentate ma diminuite (da 2.551 a 2.527).
Nel settore delle costruzioni ben 1.400 imprenditori, su un totale di 1.510, hanno una ditta individuale.
Nel corso dell’ultimo anno sono diminuite le imprese straniere nel settore delle costruzioni ed in quello dei
trasporti. In crescita invece soprattutto i servizi di alloggio e ristorazione.
Provincia di Piacenza: variazione assoluta delle imprese straniere registrate per settore, 2012-2013
S Altre attività di servizi
R Attività artistiche, sportive, di intrattenimento
N Noleggio, agenzie viaggio, servizi alle imprese
M Attività professionali, scientifiche e tecniche
L Attivita' immobiliari
K Attività finanziarie e assicurative
J Servizi di informazione e comunicazione
I Attività dei servizi alloggio e ristorazione
H Trasporto e magazzinaggio
G Commercio ingrosso e al dettaglio; ripar. auto.
F Costruzioni
C Attività manifatturiere
-35
-30
-25
-20
-15
-10
-5
0
5
10
15
20
Fonte: Elaborazioni CCIAA di Piacenza su dati Stockview
Le imprese individuali con titolare non italiano a Piacenza sono 2.527, come dire che il 14,1% degli
imprenditori individuali registrati a Piacenza non è nato in Italia: per il 2,6% risulta nato nei Paesi dell’Unione
europa, per il restante 11,5% in un Paese extracomunitario. Questa incidenza si è progressivamente e
costantemente accresciuta: nel 2004 era pari al 6,6%.
Nel settore delle costruzioni il 38,4% degli imprenditori individuali non è nato in Italia. Questo valore era pari
al 36,6% nell’anno 2011. Vi sono altri due settori nei quali l’incidenza degli imprenditori esteri è piuttosto
rilevante. Si tratta della sanità ed assistenza sociale (28,6%) e del noleggio, agenzie di viaggio, servizi alle
imprese (25%, in forte crescita sul 2011).
Osservando la distribuzione degli imprenditori individuali stranieri nelle province emiliano-romagnole si
individuano immediatamente i due estremi: Ferrara, provincia in cui l’incidenza è pari al 9,4%, e Reggio
Emilia in cui sale al 20,3%. Tra il 2009 ed il 2013 la crescita maggiore si è realizzata a Reggio Emilia (3,6
punti percentuali), quella inferiore a Parma (1,8 punti percentuali).
48
Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013
Incidenza % degli imprenditori individuali stranieri, Piacenza e province dell’Emilia Romagna, 2013
Rimini
16,1
Reggio Emilia
20,3
Ravenna
15,0
Piacenza
14,1
Parma
15,2
Modena
14,8
Forlì-Cesena
12,0
Ferrara
9,4
Bologna
14,7
0,0
5,0
10,0
15,0
20,0
25,0
Fonte: Elaborazioni CCIAA di Piacenza su dati Stockview
Sia nel biennio 2011/2012 che in quello 2012/2013 le imprese straniere (che comprendono anche gli
imprenditori individuali) sono cresciute in tutte le aree di riferimento. L’incremento percentuale maggiore ha
riguardato la provincia di Ferrara, quello più contenuto invece ha interessato la compagine piacentina.
Consistenza e variazioni % delle imprese straniere, Piacenza e province dell’Emilia Romagna, 20112013
2011
2012 Var.%2011/2012 2013 Var.%2012/2013
Bologna
8.769
9.228
5,2
9.667
4,8
Ferrara
2.302
2.510
9,0
2.634
4,9
Forlì-Cesena
3.145
3.283
4,4
3.341
1,8
Modena
6.661
6.957
4,4
7.246
4,2
Parma
4.403
4.519
2,6
4.541
0,5
Piacenza
2.965
2.987
3.011
0,7
0,8
Ravenna
3.771
3.900
3,4
3.964
1,6
Reggio Emilia
6.669
6.945
4,1
7.182
3,4
Rimini
3.919
4.067
3,8
4.158
2,2
Emilia Romagna
42.604 44.396
4,2
45.744
3,0
5,2
497.080
4,1
ITALIA
454.029 477.519
Fonte: Elaborazioni CCIAA di Piacenza su dati Stockview
E’ Reggio Emilia la provincia in cui le imprese straniere sono percentualmente più numerose (12,7% del
totale imprese), seguono Rimini (10,2%) e quindi Bologna (10%). Anche Piacenza è molto vicina a questa
incidenza (9,8%) e peraltro è in linea con quella media regionale e più elevata (di 1,6 punti percentuali)
rispetto a quella nazionale.
La provenienza dei titolari di impresa individuale operanti a Piacenza non ha subito grosse variazioni negli
anni. In testa alla classifica dei più presenti restano i nati in Albania (16,5% del totale), cui fanno seguito
quelli nati in Marocco (12%). Al terzo posto si trovano i macedoni (10,7%) e quindi i rumeni (8,5%).
Occupano invece la quinta posizione i bosniaci (6%) che risultano tallonati dai tunisini (5%). Fatta eccezione
per i marocchini, tutti gli altri imprenditori citati trovano occupazione prevalente nel settore edilizio.
Passando ad osservare come si distribuiscono questi imprenditori all’interno del territorio provinciale, si può
subito notare che in otto comuni su 48 l’incidenza media è superiore a quella dell’intera provincia. Il valore
medio provinciale è del 14,1% ma il dato più elevato è in corrispondenza di Piacenza, comune nel quale le
49
Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013
imprese individuali straniere rappresentano il 25,9% del totale delle individuali. Al capoluogo fanno seguito
Rottofreno, Sarmato, Castel San Giovanni, Rivergaro, Borgonovo, Gragnano e Cortemaggiore. Sono quattro
i comuni nei quali non è registrata nessuna impresa individuale straniera. Si tratta di Zerba, Caminata,
Ottone e Coli.
Provincia di Piacenza: graduatoria dei comuni per incidenza % degli imprenditori individuali stranieri
sul totale, 2013
Paesi Comunitari
(UE 27)
Paesi
ExtraComunitari
0
0
Zerba
0
0
Caminata
0
0
Ottone
0
0
Coli
2
3
Ziano Piacentino
1
1
Corte Brugnatella
2
4
Ferriere
5
4
Travo
0
1
Cerignale
1
4
Piozzano
3
4
Gazzola
1
4
Pecorara
5
13
Castell'Arquato
8
10
Bettola
5
8
Vernasca
7
5
Farini
4
9
Vigolzone
8
5
Nibbiano
2
24
Bobbio
8
5
Morfasso
8
8
Pianello Val Tidone
2
11
Calendasco
7
14
San Giorgio P.no
1
9
Villanova sull'Arda
5
13
Gropparello
4
4
Besenzone
10
19
Lugagnano
4
11
Agazzano
16
18
Castelvetro P.no
5
30
Monticelli d'Ongina
9
44
Carpaneto Piacentino
2
8
San Pietro in Cerro
2
20
Gossolengo
19
19
Ponte dell'Olio
8
30
Alseno
7
36
Cadeo
4
31
Pontenure
8
23
Caorso
9
48
Podenzano
19
106
Fiorenzuola d'Arda
456
2.071
Media Provincia
3
37
Cortemaggiore
7
26
Gragnano Tr.se
12
57
Borgonovo
7
58
Rivergaro
22
91
Castelsangiovanni
8
18
Sarmato
14
85
Rottofreno
172
1.093
Piacenza
*Il totale include le unità non classificate
Fonte: Elaborazioni CCIAA di Piacenza su dati Stockview
Italia
Totale Imprese
Individuali*
Quota %
Stranieri sul
Totale
7
18
66
144
247
83
196
284
24
119
165
109
372
370
267
235
254
242
393
179
206
165
262
121
217
95
304
147
331
333
502
93
199
328
325
330
263
229
399
763
15.332
240
193
399
359
612
118
413
3.612
7
18
66
144
252
85
202
293
25
124
172
114
390
388
280
247
267
255
420
192
222
178
283
131
235
103
333
162
365
368
555
103
221
366
363
373
298
261
456
888
17.865
281
226
468
424
725
144
512
4.880
0,0
0,0
0,0
0,0
2,0
2,4
3,0
3,1
4,0
4,0
4,1
4,4
4,6
4,6
4,6
4,9
4,9
5,1
6,2
6,8
7,2
7,3
7,4
7,6
7,7
7,8
8,7
9,3
9,3
9,5
9,5
9,7
10,0
10,4
10,5
11,5
11,7
11,9
12,5
14,1
14,1
14,2
14,6
14,7
15,3
15,6
18,1
19,3
25,9
50
Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013
Le imprese individuali con titolare una donna non nata in Italia sono 426. Prendendo l’insieme completo degli
imprenditori individuali nati al di fuori dei confini nazionali ed esaminandolo sotto la lente del genere
possiamo verificare quindi che le imprenditrici sono il 16,85% del totale. Sono diversi i settori nei quali queste
imprenditrici sono più numerose degli uomini. Basandosi sui dati assoluti si può osservare come sia il
commercio l’ambito nel quale sono impegnate più donne.
Cina, Romania, Marocco, Albania, Francia, Gran Bretagna, Nigeria, Brasile, Germania, Ucraina sono,
nell’ordine i primi 10 Paesi per numerosità delle ditte individuali femminili. Una osservazione curiosa si può
fare a carico delle imprenditrici francesi: il 43% delle stesse opera in agricoltura.
Se invece si contano le imprese straniere che rispondono alla classificazione delle imprese femminili si
osserva che esse sono l’8% del totale delle imprese femminili piacentine.
L’8,36% dei titolari di carica registrati a Piacenza non è nato in Italia. Di queste 3.981 persone, 22 su 100
sono nate in uno dei Paesi dell’Unione Europea, le restanti 78 invece hanno una nazionalità
extracomunitaria. L’incidenza dei titolari di carica extracomunitari è aumentata sensibilmente negli ultimi
anni.
Il settore nel quale sono maggiormente presenti i titolari di carica stranieri è quello delle costruzioni:
complessivamente più del 41% del totale. Il commercio accoglie il 18,7% dei portatori di carica non italiani, i
servizi di alloggio e ristorazione un altro 9,3%.
Provincia di Piacenza: incidenza di titolari di carica stranieri per settore, 2013
45,0
41,5
40,0
35,0
30,0
25,0
18,7
20,0
15,0
9,3
10,0
5,0
7,3
3,8
2,7
0,2
1,3
J
0,5
1,2
1,4
K
L
M
3,8
2,9
0,8
0,0
A
B-C
D-E
F
G
H
I
N
P-Q
R-S
Fonte: Elaborazioni CCIAA di Piacenza su dati Infocamere
Analizzando i dati relativi anche alle province della regione si nota che Rimini ha la maggiore percentuale di
titolari nati nei Paesi dell’UE a 28 Paesi mentre Reggio Emilia quella dei titolari extracomunitari.
Incidenza % dei titolari di carica comunitari ed extracomunitari sul totale dei titolari di carica,
Piacenza e province dell’Emilia Romagna, 2013
Paesi Comunitari
Paesi Extra
(UE 28)
Comunitari
Bologna
2,2
6,7
Ferrara
1,3
5,0
Forlì-Cesena
1,7
4,7
Modena
1,8
6,5
Parma
2,0
6,3
Piacenza
1,8
6,5
Ravenna
2,0
5,7
Reggio Emilia
1,5
8,1
Rimini
3,0
6,1
Emilia Romagna
1,9
6,3
ITALIA
2,0
5,5
Fonte: Elaborazioni CCIAA di Piacenza su dati Infocamere
Italia
90,9
93,5
93,2
91,4
91,4
91,2
91,8
90,3
90,1
91,4
91,1
51
Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013
L’imprenditoria femminile
La definizione impiegata al fine di estrapolare i dati anche nel caso delle imprese femminili è quella di una
presenza esclusiva, forte o maggioritaria delle donne nella compagine aziendale.
A partire dal 2012 è iniziato un trend discendente del nucleo di imprese rette in prevalenza da donne, nucleo
che aveva raggiunto nel 2011 la consistenza di 7.028 realtà. Dell’1% la riduzione verificatasi tra il 2012 ed il
2013, analoga a quella registrata l’anno precedente.
Nella nostra provincia, a fine 2013, le imprese femminili tout cour sono risultate 6.888. La componente
femminile è esclusiva in 89 imprese su 100. Le iscrizioni dell’anno sono state 460 ma le cessazioni sono
arrivate a 557, determinando un saldo negativo per 97 unità. Il flusso che è cresciuto negli ultimi anni è stato
proprio quello delle cessazioni che ha così depauperato lo stock di realtà imprenditoriali perché, a voler ben
vedere, le iscrizioni sono rimaste le stesse che si realizzavano quando l’insieme cresceva. Come a dire che
lo spirito di intraprendenza si mantiene, quello che vengono meno sono le condizioni per la sopravvivenza
dell’impresa.
Il settore che accoglie il maggior numero di nuove imprese è quello del commercio (18,7%) seguito
dall’agricoltura (7,6%) e quindi dai servizi di alloggio e ristorazione (6,7%). Il dato è però “sporcato”
dall’incidenza delle imprese nuove iscritte che non sono ancora inserite in alcun settore (36%) e che quindi
potrebbero modificare gli esiti di questa analisi.
Il dato sulle cessazioni è invece più consolidato e vede coinvolti gli stessi settori: il 29,6% delle chiusure ha
interessato imprese del commercio, il 19,9% dell’agricoltura, il 9% rispettivamente servizi di alloggio e
ristorazione e altre attività dei servizi.
Provincia di Piacenza: imprese femminili per sezioni di attività economica, 2013
Imprese al 31/12/2013
Gennaio - Dicembre 2013
Registrate
Attive
Iscrizioni
Cessazioni
Saldo
1.367
1.359
35
111
-76
3
2
0
0
0
454
413
15
35
-20
D Fornitura di energia elettrica, gas, vapore ecc.
8
7
1
0
1
E Fornitura acqua; reti fognarie, gestione rifiuti
9
9
0
1
-1
303
254
14
19
-5
1.847
1.740
86
165
-79
H Trasporto e magazzinaggio
110
98
3
8
-5
I Attività dei servizi di alloggio e di ristorazione
751
682
31
50
-19
J Servizi di informazione e comunicazione
172
159
5
10
-5
K Attività finanziarie e assicurative
153
149
25
17
8
L Attività immobiliari
270
242
4
15
-11
M Attività professionali, scientifiche, tecniche
187
176
23
18
5
N Noleggio, agenzie viaggio, servizi alle imprese
193
173
16
15
1
P Istruzione
38
35
2
0
2
Q Sanità e assistenza sociale
39
34
0
4
-4
R Attività artistiche, sportive, intratten.
90
67
6
11
-5
S Altre attività di servizi
722
710
27
50
-23
X Imprese non classificate
172
2
167
28
139
6.888
6.311
460
557
-97
Sezioni Ateco2007
A Agricoltura, silvicoltura pesca
B Estrazione di minerali da cave e miniere
C Attività manifatturiere
F Costruzioni
G Commercio all'ingrosso e al dettaglio; riparaz.
TOTALE
Fonte: elaborazioni CCIAA su dati Infocamere Stockview
Che siano proprio quelli citati i settori interessati dal maggior turnover non stupisce in quanto essi
rappresentano il bacino d’elezione nel quale le donne esercitano attività d’impresa. Fatto pari a 100 il totale
dello stock, 27 imprese lavorano nel commercio, 20 nell’agricoltura, 12 nei servizi, comprese le attività
sportive e ricreative, 11 nei pubblici esercizi.
52
Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013
Quanto verificatosi trova riscontro anche in altri contesti territoriali. Il saldo tra iscrizioni e cessazioni ha
segno negativo sia nelle province dell’Emilia Romagna (fatta eccezione per Rimini) che nel Paese.
Dinamica delle imprese femminili, Piacenza e province dell’Emilia Romagna, 2013
Imprese al 31/12/2013
Dinamica Anno 2013
Registrate
Attive
Iscrizioni
Cessazioni
Saldo
Bologna
20.709
18.834
1.612
1.672
-60
Ferrara
8.003
7.312
618
657
-39
Forlì-Cesena
9.444
8.507
679
834
-155
Modena
15.504
14.225
1.291
1.300
-9
Parma
9.488
8.778
709
759
-50
Piacenza
6.888
6.311
460
557
-97
Ravenna
8.592
7.741
650
796
-146
Reggio Emilia
10.286
9.452
823
961
-138
Rimini
9.230
8.235
794
714
80
Emilia Romagna
98.144
89.395
7.636
8.250
-614
107.569
112.147
-4.578
ITALIA
1.429.897
1.259.242
Fonte: elaborazioni CCIAA su dati Infocamere Stockview
L’incidenza delle imprese femminili sul totale delle imprese registrate nei diversi territori oscilla da tempo
attorno al 20 per cento.
A Piacenza raggiunge il 22,4%, nella media del Paese il 23,6%.
Incidenza delle imprese femminili sul totale delle registrate, Piacenza e province dell’Emilia
Romagna, 2013
25,0
21,7
21,4
21,7
20,6
23,6
22,6
22,4
20,9
20,2
20,0
21,0
18,2
15,0
10,0
5,0
R
IT
AL
IA
na
i
om
ag
im
in
R
Em
ilia
R
eg
g
io
Em
il i
a
na
av
en
R
Pi
ac
e
nz
a
m
a
Pa
r
a
od
en
M
C
es
e
na
ra
Fo
r
lì-
Fe
rra
Bo
lo
g
na
0,0
Fonte: elaborazioni CCIAA su dati Infocamere Stockview
Il numero maggiore di imprese femminili si ritrova tra le ditte individuali. Sono il 65,8% del totale. Nel 2011
erano il 67,3%. Il calo ha quindi interessato principalmente ditte più piccole e meno strutturate. Le
cooperative femminili sono 117 ed i consorzi 5, con un peso dell’1,8% sul totale. Le società di persone sono
invece il 19,3% e quelle di capitale il 12,9%.
53
Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013
Provincia di Piacenza: imprese femminili per attività economica e forma giuridica, 2013
Società
di
Capitale
24
3
113
1
3
110
199
34
56
46
7
105
44
Sezioni Ateco2007
A Agricoltura, silvicoltura pesca
B Estrazione di minerali da cave e miniere
C Attività manifatturiere
D Fornitura di energia elettrica, gas, vapore
E Fornitura acqua; reti fognarie, gestione rifiuti
F Costruzioni
G Commercio all'ingrosso e dettaglio; ripar.
H Trasporto e magazzinaggio
I Attività dei servizi alloggio e ristorazione
J Servizi di informazione e comunicazione
K Attività finanziarie e assicurative
L Attivita' immobiliari
M Attività professionali, scientifiche e tecniche
N Noleggio, agenzie viaggio, servizi alle
34
imprese
P Istruzione
9
Q Sanita' e assistenza sociale
9
R Attività artistiche, sportive, di intrattenimento
20
S Altre attività di servizi
11
X Imprese non classificate
63
TOTALE
891
Fonte: elaborazioni CCIAA su dati Infocamere Stockview
Società
Imprese
Altre
di Persone
87
0
135
2
0
106
320
42
193
61
28
118
59
Individuali
1.249
0
196
4
6
82
1.325
27
497
60
118
46
74
forme
7
0
10
1
0
5
3
7
5
5
0
1
10
1.367
3
454
8
9
303
1.847
110
751
172
153
270
187
24
4
9
9
80
51
1.328
121
14
8
33
625
47
4.532
14
11
13
28
6
11
137
193
38
39
90
722
172
6.888
TOTALE
Nei settori in cui le donne operano prevalentemente la forma giuridica più rappresentata è quella della ditta
individuale (il 91% delle imprese agricole ha questa forma). Cala decisamente questo valore nel comparto
manifatturiero: le ditte individuali rappresentano “solo” il 43% del totale e le società di capitale salgono al
24,9%.
Quasi 23 imprese su 100 risultano iscritte a Piacenza a partire dal 2010. Il turnover sembra quindi essere
piuttosto elevato.
Imprese femminili per anno di iscrizione, Piacenza e province dell’Emilia Romagna, 2013
Ante Dal 1950 Dal 1960 Dal 1970 Dal 1980 Dal 1990 Dal 2000 Dal 2010
1950
al 1959
al 1969
Bologna
59
95
279
831
Ferrara
8
5
83
Forlì-Cesena
3
22
Modena
12
Parma
TOTALE*
al 1999
al 2009
al 2013
2274
4.750
7.302
5.119
20.709
297
846
2.052
2.739
1.973
8.003
118
426
1.078
2.307
3.344
2.145
9.444
32
149
622
1.636
3.491
5.471
4.091
15.504
12
22
129
398
1.050
2.259
3.301
2.316
9.488
Piacenza
1
18
69
284
683
1.828
2.449
1.556
6.888
Ravenna
6
20
128
353
1008
2.100
2.924
2.053
8.592
10
22
111
382
966
2.288
3.748
2.759
10.286
6
21
110
376
1.132
1.893
2.923
2.769
9.230
117
257
1.176
3.969
10.673
22.968
34.201
24.781
98.144
ITALIA
2033
3.724
11.921
40.582
Fonte: elaborazioni CCIAA su dati Infocamere Stockview
139.407
332.735
541.996
357.345
1.429.897
Reggio Emilia
Rimini
Emilia Romagna
al 1979 al 1989
Passando ad un esame dello stock a livello sub-provinciale se ne ricava che il comune con maggiore
incidenza dell’imprenditoria femminile è Ponte dell’Olio (28,1%). Poco distanti sono Travo (27,5%) e Farini
(27,2%) e quindi Lugagnano e Cortebrugnatella (26,2%).
In tutte queste realtà il settore di specializzazione è quello dell’agricoltura. Nel comune capoluogo l’incidenza
complessiva è leggermente inferiore alla media provinciale (22,1 per cento contro il 22,4 per cento).
54
Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013
Provincia di Piacenza: imprese femminili nei comuni, 2013 (Fonte: elaborazioni CCIAA su dati Infocamere)
Imprese
femminili
Totale imprese
Ziano Piacentino
79
224
553
149
480
542
651
580
299
27
428
861
575
1.282
558
29
170
103
444
290
223
1.574
248
382
346
294
462
545
230
353
76
131
11.191
328
152
845
505
564
657
864
457
144
257
342
358
386
228
7
364
Totale Provincia
6.888
30.758
Agazzano
Alseno
Besenzone
53
112
17
Bettola
120
Bobbio
138
Borgonovo Val Tidone
162
Cadeo
110
Calendasco
Caminata
61
3
Caorso
103
Carpaneto Piacentino
196
Castell'Arquato
137
Castelsangiovanni
302
Castelvetro Piacentino
134
Cerignale
6
Coli
40
Corte Brugnatella
27
Cortemaggiore
92
Farini
79
Ferriere
48
Fiorenzuola d'Arda
Gazzola
391
58
Gossolengo
67
Gragnano Trebbiense
70
Gropparello
67
Lugagnano Val d'Arda
121
Monticelli d'Ongina
110
Morfasso
57
Nibbiano
84
Ottone
12
Pecorara
20
Piacenza
2.477
Pianello Val Tidone
89
Piozzano
35
Podenzano
180
Ponte dell'Olio
142
Pontenure
104
Rivergaro
135
Rottofreno
185
San Giorgio Piacentino
74
San Pietro in Cerro
25
Sarmato
58
Travo
94
Vernasca
66
Vigolzone
99
Villanova sull'Arda
49
Zerba
0
% Imprese
Femm/tot.imprese.
23,7
22,4
20,3
11,4
25,0
25,5
24,9
19,0
20,4
11,1
24,1
22,8
23,8
23,6
24,0
20,7
23,5
26,2
20,7
27,2
21,5
24,8
23,4
17,5
20,2
22,8
26,2
20,2
24,8
23,8
15,8
15,3
22,1
27,1
23,0
21,3
28,1
18,4
20,5
21,4
16,2
17,4
22,6
27,5
18,4
25,6
21,5
0,0
21,7
55
Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013
Il 91,7% delle ditte femminili può essere definito “italiano” nel senso che le donne non nate in Italia
eventualmente presenti nella compagine imprenditoriale non raggiungono valori tali da modificarne la
classificazione. Il 5,7% è invece costituito da persone di sesso femminile provenienti da Paesi
extracomunitari.
Le imprese che possono essere classificate sia come femminili che come giovanili sono pari al 9,6% del
totale delle femminili. Il settore nel quale si invidua la percentuale maggiore di giovani imprenditrici è quello
delle attività artistiche, sportive e di intrattenimento (20%). Subito dietro stanno le attività finanziarie ed
assicurative (18,3%). Ad una certa distanza invece si collocano le altre attività dei servizi (14,3%) e i servizi
di alloggio e ristorazione (13,4%). Al contrario il contesto nel quale l’incidenza della componente giovanile è
più bassa è l’agricoltura (2,6%).
Provincia di Piacenza: imprese femminili per attività economica e componente di imprese giovanili,
2013
Totale Imprese
Femminili
di cui:
Imprese
Giovanili
% di Imprese
Giovanili sul
Totale
1.367
35
2,6
3
0
0,0
454
36
7,9
D Fornitura di energia elettrica, gas, vapore
8
0
0,0
E Fornitura di acqua; reti fognarie, gestione rifiuti
9
0
0,0
303
32
10,6
1.847
192
10,4
H Trasporto e magazzinaggio
110
11
10,0
I Attività dei servizi alloggio e ristorazione
751
101
13,4
J Servizi di informazione e comunicazione
172
8
4,7
K Attività finanziarie e assicurative
153
28
18,3
L Attivita' immobiliari
270
10
3,7
M Attività professionali, scientifiche e tecniche
187
19
10,2
N Noleggio, agenzie viaggio, servizi alle imprese
193
23
11,9
P Istruzione
38
3
7,9
Q Sanita' e assistenza sociale
39
2
5,1
R Attività artistiche, sportive e di intrattenimento
90
18
20,0
S Altre attività di servizi
722
103
14,3
X Imprese non classificate
172
39
22,7
6.888
660
9,6
Sezioni Ateco2007
A Agricoltura, silvicoltura e pesca
B Estrazione di minerali da cave e miniere
C Attività manifatturiere
F Costruzioni
G Commercio ingrosso e dettaglio; riparaz. Auto-moto
TOTALE
Fonte: elaborazioni CCIAA su dati Infocamere Stockview
56
Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013
I FALLIMENTI
A fine 2013 i fallimenti per i quali è stata emessa la sentenza dichiarativa -a Piacenza- sono stati 50, 7 in
meno rispetto all'anno prima.
Provincia di Piacenza: dinamica dei fallimenti registrata tra il 2001 ed il 2013
60
57
54
52
49
50
50
41
40
37
37
37
35
34
32
30
25
20
10
0
2001 2002 2003
2004 2005
2006 2007 2008
2009 2010
2011 2012 2013
Fonte: CCIAA di Piacenza
Quarantotto fallimenti hanno interessato società (96%) e 2 ditte individuali.
Il mese che ha registrato la quota inferiore di fallimenti è stato –come già visto in passato- settembre. Il
trimestre nel quale si è registrato il numero maggiore di fallimenti è stato il primo (con 15), i seguenti hanno
visto una progressiva diminuzione delle procedure aperte.
Provincia di Piacenza: dinamica trimestrale dei fallimenti, 2012-2013
25
21
20
18
15
15
13
10
9
12
10
9
5
0
primo
trimestre
secondo
trimestre
terzo
trimestre
2012
quarto
trimestre
primo
trimestre
secondo
trimestre
terzo
trimestre
quarto
trimestre
2013
Fonte: CCIAA di Piacenza
Il settore nel quale si è concentrato il numero maggiore di fallimenti è quello del commercio (13 unità
imprenditoriali fallite), seguito dall’edilizia (10 fallimenti) e quindi dalle attività manifatturiere (10 fallimenti).
57
Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013
Provincia di Piacenza: fallimenti divisi per settore, 2013
Attività artistiche, sportive,
intratt.
2%
Servizi alle imprese
Attività finanziarie e
Agricoltura
4%
assicurative
2%
Immobiliari
2%
Informazione e 4%
comunicazione
2%
Alloggio e ristorazione
2%
Attività manifatturiere
20%
Fornitura di acqua; reti
fognarie, rifiuti
2%
Trasporto e magazzinaggio
14%
Costruzioni
20%
Commercio
26%
Fonte: CCIAA di Piacenza
I PROTESTI
Tra il 2012 ed il 2013 –a Piacenza- sia il numero che i valori degli effetti protestati sono risultati in
diminuzione. La variazione percentuale complessiva è stata del 7,7% dal punto di vista del numero e del
14,5% in valore. Sono stati 3.703 gli effetti protestati, per un ammontare complessivo di 8 milioni 230.311
euro. Tale valore è tornato in linea con quello che si era osservato nel 2006.
La riduzione numerica è stata generalizzata in quanto ha coinvolto ogni classe di effetto.
Il numero di assegni protestati è calato del 7,8%, quello delle cambiali del 5,8%.
Osservando invece il valore, sia quello relativo agli assegni che quello relativo alle cambiali hanno registrato
una significativa contrazione, in entrambi i casi superiore al 10%.
Provincia di Piacenza: numero e valore (in euro) degli effetti protestati tra il 2000 ed il 2013
5000
4500
4000
3500
3000
2500
2000
1500
1000
500
0
18.000.000,00
16.000.000,00
14.000.000,00
12.000.000,00
10.000.000,00
8.000.000,00
6.000.000,00
4.000.000,00
2.000.000,00
20002001200220032004200520062007200820092010201120122013
*
valore
numero
Fonte: CCIAA di Piacenza
58
Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013
Il trimestre nel corso del quale i protestri levati hanno assunto il valore maggior è stato il secondo del 2013,
quello invece in cui l’ammontare è stato più contenuto il quarto.
Provincia di Piacenza: valore degli effetti protestati nei trimestri, 2012 e 2013
4000000
3500000
3.364.214
3000000
2.481.344
2.434.482
2500000
2.047.185
2.097.343
2000000
1.937.999
1.682.389
1500000
1.810.645
1000000
500000
0
primo
trimestre
secondo
trimestre
terzo
trimestre
quarto
trimestre
primo
trimestre
secondo
trimestre
2012
terzo
trimestre
quarto
trimestre
2013
Fonte: CCIAA di Piacenza
Come già nel 2012 anche nel 2013 le cambiali hanno rappresentato la quota maggiore (per numero e valore)
dei protesti levati. Il valore medio degli assegni è però decisamente più elevato.
Provincia di Piacenza: incidenza % degli effetti protestati per categoria effetto, numero e valore, 2013
90,0
80,2
80,0
70,0
62,4
60,0
50,0
36,0
40,0
30,0
0,4
0,1
2,2
1,5
Incidenza%
sul numero
Incidenza
% sul
valore
10,0
Incidenza
% sul
valore
17,2
Incidenza%
sul numero
20,0
Assegni
Incidenza
% sul
valore
Incidenza%
sul numero
Incidenza
% sul
valore
Incidenza%
sul numero
0,0
Cambiali
Tratte accettate
Tratte non
accettate
Fonte: CCIAA di Piacenza
In linea generale, a livello sub-provinciale, il valore degli effetti protestati è più alto nei comuni più popolati e
più ricchi di imprese. Va segnalato però che il comune di Rottofreno, nel 2013, ha visto un ammontare di
protesti levati maggiore a quello di Fiorenzuola. Il 56,6% dei protesti si è concentrato nel comune capoluogo.
Alzando il livello dell’analisi al contesto regionale si può osservare che tra il 2012 ed il 2013 vi è stata una
sola provincia in cui i protesti sono aumentati sia in numero che in valore. Si tratta di Ferrara. La riduzione
59
Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013
più marcata invece ha interessato dal punto di vista numerico Ravenna, dal punto di vista dell’importo Rimini.
Valore complessivo degli effetti protestati, Piacenza e province dell’Emilia Romagna, 2012-2013
Anno 2012
N. Effetti
Anno 2013
Importo
N. Effetti
Variazione % 2012/2013
Importo
N. Effetti
Importo
Bologna
11.529
25.976.369
11.296
21.371.369
-2,0
-17,7
Ferrara
2.941
4.872.937
4.212
7.537.597
43,2
54,7
Forlì-Cesena
6.035
15.409.899
5.221
13.777.849
-13,5
-10,6
Modena
9.509
22.069.401
10.622
19.638.909
11,7
-11,0
Parma
8.493
32.495.888
6.529
17.121.204
-23,1
-47,3
Piacenza
4.014
9.625.290
3.703
8.230.311
-7,7
-14,5
Ravenna
5.919
22.946.329
4.207
19.818.041
-28,9
-13,6
Reggio Emilia
6.291
14.331.342
6.175
12.481.215
-1,8
-12,9
Rimini
7.509
24.138.770
6.058
16.333.815
-19,3
-32,3
62.240
171.866.225
58.023
136.310.308
-6,8
-20,7
1.408.071
3.396.175.976
1.234.670
2.794.453.870
-12,3
-17,7
Emilia Romagna
Italia
Fonte: CCIAA di Piacenza
Volendo parametrare il numero ed il valore degli effetti al numero di imprese registrate se ne ricavano
situazioni piuttosto differenziate e variabili nel corso degli anni. Nel 2012 la provincia che aveva il parametro
maggiore a livello numerico era Rimini e a livello di valore Parma. Nel 2013 Rimini resta con il rapporto
maggiore tra il numero dei protesti e le imprese ma Ravenna conquista la palma per il rapporto valore
protesti/numero di imprese.
Numero degli effetti ogni 100 imprese, importo protesto/impresa e importo medio per effetto
protestato, Piacenza e province dell’Emilia Romagna, 2012 e 2013
2012
2013
Bologna
Ferrara
Forlì-Cesena
Modena
Parma
Piacenza
Ravenna
Reggio Emilia
Rimini
Emilia
Romagna
Italia
N.effetti/100
imprese
11,9
7,9
13,6
12,6
17,9
12,8
14,2
11,0
18,4
Valore
effetto/impresa
267,3
130,8
347,6
292,7
684,1
307,8
548,8
250,5
590,4
N.effetti/100
imprese
11,7
11,4
12,0
14,1
13,9
12,0
10,2
10,9
14,9
Valore
effetto/impresa
220,9
204,5
316,3
261,3
365,0
267,6
482,0
221,1
400,8
13,2
363,5
12,4
291,1
23,1
557,4
20,4
461,0
Fonte: CCIAA di Piacenza
60
Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013
IL MERCATO DEL LAVORO
Occupazione
L’analisi dell’andamento del mercato del lavoro piacentino è effettuata principalmente sulla base delle
rilevazioni Istat sulle forze di lavoro, corredate da dati dello scenario economico provinciale Unioncamere
Emilia-Romagna-Prometeia, della Regione Emilia-Romagna e della rilevazione di Smail (Sistema di
monitoraggio annuale delle imprese e del lavoro).
Mercato del lavoro. Popolazione per condizione e occupati per settore di attività economica
Provincia di Piacenza. Periodo 2008-2013 (a).
Var.%
2013 2012/2013
2008
2009
2010
2011
2012
Occupati:
Dipendenti
Indipendenti
- Agricoltura, silvicoltura e pesca
Dipendenti
Indipendenti
- Industria
Dipendenti
Indipendenti
Industria in senso stretto (b)
Dipendenti
Indipendenti
Costruzioni
Dipendenti
Indipendenti
- Servizi
Dipendenti
Indipendenti
Commercio, alberghi e ristoranti
Dipendenti
Indipendenti
Altre attività dei servizi
Dipendenti
Indipendenti
Persone in cerca di occupazione:
- Maschi
- Femmine
Forze di lavoro
- Maschi
- Femmine
Non forze di lavoro 15-64 anni:
- Maschi
- Femmine
Popolazione 15 anni e oltre
- Maschi
- Femmine
125
91
34
5
1
4
38
29
9
32
26
6
7
4
3
81
61
21
26
17
9
55
44
12
2
1
1
127
75
53
55
19
36
246
119
127
127
97
30
5
1
4
41
33
8
31
27
4
10
6
4
81
63
18
24
16
8
57
47
10
3
2
1
130
76
54
55
19
36
249
120
128
123
99
24
4
1
3
44
38
6
32
30
3
12
9
3
76
60
15
22
15
7
53
45
8
4
2
2
127
74
53
58
20
38
250
121
129
123
97
26
4
2
3
42
36
6
33
30
3
9
6
3
76
60
17
23
14
8
54
45
9
6
3
3
129
75
54
57
20
38
251
122
130
124
97
27
4
1
3
39
32
7
32
29
3
7
4
3
81
63
18
26
17
8
55
46
9
10
4
5
134
77
57
53
19
34
252
122
130
123
94
29
3
1
2
41
34
7
34
31
3
7
3
4
78
59
20
24
15
10
54
44
10
11
6
5
134
78
56
54
18
36
253
123
130
-1,0
-2,9
5,6
-25,6
-20,5
-28,1
5,7
5,2
8,4
6,5
6,5
6,6
2,1
-5,4
10,0
-3,0
-6,7
9,8
-4,1
-13,1
14,6
-2,6
-4,2
5,6
9,9
23,2
-1,2
-0,2
0,9
-1,8
0,8
-4,3
3,6
0,2
0,3
0,1
Tasso di attività (15-64 anni)
- Maschi
- Femmine
Tasso di occupazione (15-64 anni)
- Maschi
- Femmine
Tasso di disoccupazione
- Maschi
- Femmine
69,3
79,1
59,2
67,9
77,5
58,1
1,9
1,9
1,9
69,5
79,1
59,5
67,9
77,3
58,3
2,1
2,2
2,0
68,3
78,6
57,7
66,3
76,5
55,7
2,9
2,6
3,4
68,9
79,0
58,5
65,4
75,7
54,8
4,9
4,0
6,2
71,1
79,9
62,1
65,8
75,1
56,2
7,4
5,8
9,4
70,9
80,8
60,7
65,1
74,9
54,9
65,1
74,9
54,9
-
‘(a) Le caselle colorate in giallo identificano valori con errore campionario superiore al 25 per cento. Se ne sconsiglia
pertanto l’utilizzo. (b) La somma degli addendi può non coincidere con il totale a causa degli arrotondamenti. Le
variazioni percentuali sono calcolate su valori non arrotondati.
Fonte: Istat.
Prima di commentare l’andamento del mercato del lavoro sulla base delle rilevazioni provinciali sulle forze di
lavoro, occorre ricordare che i dati devono essere valutati con una certa cautela, poiché la natura
campionaria della rilevazione comporta inevitabilmente degli “errori” statistici. La provincia di Piacenza ha
tuttavia evidenziato nel 2013 l’errore relativo percentuale più basso dell’Emilia-Romagna, che è risultato
61
Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013
inoltre tra i più contenuti in ambito nazionale. Si ha pertanto un maggiore grado di attendibilità dei risultati.
11
Fatta questa premessa, la recessione, che ha investito l’economia piacentina nel 2013 ha avuto effetti
negativi sul complesso dell’occupazione.
Secondo le rilevazioni Istat sulle forze di lavoro, nel 2013 gli occupati della provincia di Piacenza sono
apparsi mediamente in calo dell’1,0 per cento rispetto all’anno precedente, per un totale di circa 1.000
addetti. Tale andamento è apparso in linea con lo scenario regionale caratterizzato da una riduzione dell’1,6
per cento. La diminuzione dell’Emilia-Romagna è stata determinata dalla quasi totalità delle province, in un
arco compreso tra il -0,1 per cento di Parma e il -8,5 per cento di Ferrara. Unica eccezione Bologna, i cui
occupati sono aumentati dello 0,3 per cento. Anche la rilevazione di Smail (Sistema di monitoraggio annuale
12
delle imprese e del lavoro) , aggiornata a giugno 2013, ha registrato una situazione dello stesso segno, con
un calo degli addetti dell’1,8 per cento rispetto a un anno prima.
Nonostante la diminuzione, il livello dell’occupazione piacentina del 2013 è tuttavia apparso superiore di
circa 1.000 unità a quello del 2007, precedente la Grande Crisi nata dai mutui statunitensi ad alto rischio.
Non altrettanto è avvenuto in regione, la cui occupazione ha registrato un deficit di circa 16.000 unità.
Sotto l’aspetto del genere, la diminuzione dell’occupazione piacentina è stata essenzialmente determinata
dalle femmine (-1,9 per cento), a fronte del moderato calo dei maschi (-0,5 per cento), in linea con quanto
avvenuto in regione. Il peso delle donne piacentine sul totale dell’occupazione si è attestato al 41,3 per
cento, confermando la forbice con la media regionale attestata al 44,5 per cento. Nel 2004 il differenziale era
di 3,9 punti percentuali. Cinque anni dopo scende a 2,7 punti, per risalire ai 3,3 del 2013.
Nonostante la battuta d’arresto avvenuta nei confronti del 2012, resta una tendenza che vede le donne
piacentine sempre più presenti nel mercato del lavoro, anche se in percentuale più contenuta rispetto ad
altre province della regione. Nel 2004 le donne occupate erano circa 44.000 con un’incidenza del 39,5 per
cento sul totale. Nel 2013 salgono a circa 51.000 (41,3 per cento del totale). Il fenomeno non è che la
conseguenza del lungo processo di emancipazione femminile, che ha portato le donne a rivestire professioni
un tempo monopolizzate dai maschi, basti pensare alla polizia urbana, alle forze armate e a quelle
dell’ordine per citare i casi più eclatanti. Nel 2013 la provincia di Piacenza ha evidenziato un tasso di attività
femminile pari al 60,7 per cento, che l’ha collocata al 39esimo posto su 110 province italiane. Nei primi tre
posti troviamo tre province emiliano-romagnole, Ravenna, Bologna e Parma. I tassi di attività femminile più
contenuti appartengono nella grande maggioranza alle province del Sud, con i casi estremi di Caltanissetta
(28,6 per cento), Barletta-Andria-Trani (31,9 per cento) e Palermo (33,0 per cento). Sulla forte differenza
esistente tra le province meridionali e Piacenza pesa da un lato il gap esistente tra nord e sud in termini di
occasioni di lavoro e, dall’altro, un tipo di società, quale quella del Sud, nella quale la donna è spesso
relegata a ruoli “tradizionali”.
Dal lato della posizione professionale, l’occupazione autonoma ha mostrato una buona tenuta (+5,6 per
cento) rispetto a quella alle dipendenze, apparsa in calo del 2,9 per cento.
Per quanto concerne l’andamento dei settori di attività, la diminuzione degli occupati è stata la sintesi di
dinamiche settoriali divergenti.
Le attività dell’agricoltura, silvicoltura e pesca, che hanno rappresentato il 2,5 per cento del totale degli
occupati, hanno perduto circa un migliaio di addetti rispetto al 2012, per lo più indipendenti. L’errore insito in
ogni rilevazione campionaria deve indurre a una certa cautela nell’analisi, ma la tendenza al calo
dell’occupazione autonoma ha trovato eco nella riduzione del 3,8 per cento delle imprese registrate, con una
punta del 5,0 per cento relativa ai soli coltivatori diretti. Anche le rilevazioni di Smail (Sistema di
monitoraggio annuale delle imprese e del lavoro), aggiornate a giugno 2013, hanno registrato
un’involuzione, con una riduzione del 2,2 per cento rispetto a un anno prima, dovuta sia all’occupazione
autonoma (-1,6 per cento) che alle dipendenze (-4,1 per cento).
13
Le attività dell’industria in senso stretto , che hanno rappresentato il 27,7 per cento dell’occupazione
piacentina, hanno beneficiato di una crescita del 6,5 per cento rispetto al 2012 – equivalente a circa 2.000
addetti - che è apparsa in contro tendenza rispetto all’andamento regionale, segnato da una diminuzione del
2,4 per cento. L’aumento può apparire per certi versi sorprendente, poiché è maturato in uno scenario
caratterizzato dal perdurare della recessione (-2,9 per cento il valore aggiunto), ma occorre tuttavia
sottolineare che l’accresciuto utilizzo della Cassa integrazione guadagni può avere contribuito al
mantenimento dell’occupazione. Non a caso le unità di lavoro alle dipendenze, che non tengono conto
dell’inattività dovuta alla Cig, hanno subito una diminuzione dell’1,7 per cento.
Se si approfondisce l’analisi per posizione professionale, si può notare che la crescita di circa 2.000 addetti
11
Secondo lo scenario di Prometeia-Unioncamere Emilia-Romagna di fine febbraio 2014, nel 2013 il valore aggiunto
della provincia di Piacenza è stimato in diminuzione, in termini reali, dell’1,4 per cento rispetto all’anno precedente,
in misura superiore a quanto stimato per la regione (-1,1 per cento).
12
Smail (sistema di monitoraggio annuale delle imprese e del lavoro) include tutte le imprese private iscritte alla
Camera di commercio. Sono escluse le attività della Pubblica amministrazione, le istituzioni pubbliche e private
senza obbligo di iscrizione alla Camera di commercio e le attività libero professionali non costituite in forma
d’impresa.
13
Comprende i settori estrattivo, manifatturiero ed energetico.
62
Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013
dell’industria in senso stretto ha riguardato soprattutto gli occupati alle dipendenze.
Il perdurare della crisi (-5,9 per il cento il valore aggiunto) non ha avuto gli effetti temuti sull’occupazione
dell’industria delle costruzioni. Nel 2013 la consistenza degli occupati – sono equivalsi al 5,9 per cento del
totale dell’occupazione - è apparsa in leggera crescita rispetto all’anno precedente, in linea con quanto
avvenuto in regione (+0,8 per cento). La sostanziale tenuta dell’occupazione edile è stata determinata dalla
sola posizione professionale degli autonomi, a fronte della leggera riduzione dei dipendenti. L’intensità del
lavoro è tuttavia apparsa in forte calo. Le unità di lavoro hanno accusato una flessione del 7,8 per cento, che
sale al 13,4 per cento per i soli dipendenti. Se la consistenza degli addetti alle dipendenze è apparsa
sostanzialmente stabile lo si deve al massiccio utilizzo della Cassa integrazione guadagni, che nel 2013 ha
superato il milione di ore autorizzate, più del doppio del quantitativo medio del quinquennio 2008-2012.
Se il bilancio 2013 dell’occupazione piacentina si è chiuso negativamente lo si deve soprattutto alla battuta
d’arresto dei servizi, che hanno subito un calo del 3,0 per cento – è equivalso a circa 2.000 addetti - che è
apparso più sostenuto rispetto alla diminuzione regionale dello 0,8 per cento. Dal lato della posizione
professionale, sono stati i dipendenti a far pendere negativamente la bilancia dell’occupazione (circa 4.000
addetti in meno), a fronte della crescita di circa 2.000 autonomi.
Entrambi i comparti nei quali è statisticamente suddiviso il ramo dei servizi hanno concorso alla diminuzione
complessiva. In regione c’è stato invece un aumento delle attività commerciali, assieme ad alberghi e
ristoranti, mentre gli “altri servizi” hanno accusato un calo dell’1,6 per cento.
14
In ambito nazionale, in termini di tasso specifico di occupazione la provincia di Piacenza si è collocata tra le
province italiane più virtuose, occupando la 17esima posizione su centodieci province, guadagnandone due
rispetto al 2012. I tassi più elevati sono stati rilevati a Bolzano (71,5 per cento) e Parma (68,8 per cento). Agli
ultimi posti troviamo solo province del Sud, con Caltanissetta maglia nera (35,0 per cento), seguita da Napoli
(36,7 per cento) e Crotone (37,1 per cento). Da notare che la provincia Bolzano è stata la sola che nel 2013
ha rispettato l’obiettivo di Lisbona, che prevedeva di arrivare nel 2010 a un tasso specifico di occupazione
pari al 70 per cento.
Per quanto concerne le femmine, la provincia di Piacenza ha evidenziato un tasso specifico di
occupazione del 54,9 per cento, equivalente al 34esimo posto in ambito nazionale su centodieci province,
ma in questo caso c’è stato un arretramento rispetto alla graduatoria del 2012, quando Piacenza occupava
la 26esima posizione. Bolzano si è confermata prima provincia, con un tasso del 64,5 per cento, davanti a
Parma (63,3 per cento) e Bologna (62,6 per cento). Ultima Caltanissetta (22,0 per cento), seguita da
Barletta-Andria-Trani (22,6 per cento) e Crotone (24,8 per cento).
La ricerca del lavoro.
La disoccupazione è apparsa nuovamente in aumento.
La consistenza delle persone in cerca di lavoro è aumentata del 9,9 per cento rispetto all’anno precedente
(+19,3 per cento in regione), per un totale di circa 1.000 persone, tutti di genere maschile. Il tasso di
disoccupazione è conseguentemente salito all’8,1 per cento, vale a dire su standard mai registrati in
passato. La provincia piacentina è stata tuttavia meno colpita dal fenomeno rispetto ad altre aree. In ambito
nazionale è risalita alla 22esima posizione dalla 28esima del 2012. In regione da sesta è divenuta quinta,
precedendo Bologna (8,4 per cento), Ravenna (9,9 per cento), Rimini (11,5 per cento) e Ferrara (14,2 per
cento). In ambito nazionale le situazioni più critiche, e non è una novità, hanno riguardato le regioni del
Meridione, con la provincia di Medio-Campidano a indossare la maglia nera (27,0 per cento), seguita da
Napoli (25,8 per cento) e Crotone (25,6 per cento).
La disoccupazione giovanile rappresenta una delle maggiori tare del mercato del lavoro italiano. Sotto tale
aspetto, la provincia di Piacenza ha evidenziato una situazione meno negativa rispetto al 2012, continuando
a far parte del gruppo di province italiane relativamente meno colpite dal fenomeno. Nel 2013 nella classe da
15 a 29 anni la provincia piacentina ha registrato un tasso di disoccupazione specifico pari al 17,2 per cento
(in regione 21,8 per cento; in Italia 29,6 per cento) inferiore di 1,3 punti percentuali rispetto alla situazione
dell’anno precedente. In Emilia-Romagna soltanto la provincia di Forlì-Cesena ha evidenziato un
alleggerimento del tasso di disoccupazione giovanile nell’ordine di 4,8 punti percentuali. In Italia la provincia
di Piacenza ha occupato la tredicesima posizione su 107 province, guadagnandone venticinque rispetto al
2012. Le situazioni più critiche, oltre il 50 per cento, sono state registrate nelle province di Caltanissetta,
Campobasso, Cagliari, Messina, Agrigento e Medio-Campidano, maglia nera con una percentuale del 53,8
per cento. Sotto l’aspetto del genere, Piacenza ha registrato un tasso giovanile femminile del 25,0 per cento
(23,3 per cento in regione), che è rimasto sostanzialmente invariato rispetto al 2012, a fronte della crescita di
5,4 punti percentuali riscontrata in Emilia-Romagna. La disoccupazione giovanile maschile è apparsa meno
accesa rispetto a quella femminile (12,1 per cento), oltre che più contenuta nei confronti della media
regionale del 20,5 per cento. Rispetto al 2012 c’è stato un miglioramento di 1,4 punti percentuali, in contro
tendenza rispetto alla crescita regionale di 3,6 punti percentuali.
14
E’ calcolato rapportando gli occupati in età 15-64 anni alla rispettiva popolazione.
63
Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013
Le forze di lavoro
L’insieme delle persone in cerca di lavoro e degli occupati costituisce la forza lavoro. Nel 2013 le indagini
Istat hanno evidenziato una sostanziale stabilità rispetto all’anno precedente(+0,2 per cento). Il
ridimensionamento degli occupati è stato di fatto colmato dalla crescita delle persone in cerca di
occupazione.
Nel 2013 il tasso di attività piacentino delle persone in età 15-64 anni si è attestato al 70,9 per cento contro il
71,1 per cento del 2012 e il 70,4 per cento del 2004. In ambito emiliano-romagnolo solo la provincia di Rimini
ha registrato un tasso più contenuto, pari al 68,7 per cento. In Italia la provincia di Piacenza si è tuttavia
collocata tra quelle più attive, occupando il 17esimo posto (prima Bolzano con il 74,9 per cento), risalendo
tre posizioni rispetto al 2012.
Tra il 2004 e il 2013 il tasso di attività piacentino è aumentato solo leggermente. La crescita di questa
variabile può dipendere dall’esaurimento delle migrazioni verso l’estero, dall’aumento dell’immigrazione
straniera, oltre alla progressiva accelerazione dell’ingresso delle donne nel mercato del lavoro. Può anche
dipendere dai momenti di crisi, che possono indurre talune persone a mettersi alla ricerca di un’occupazione
per sostenere i bilanci famigliari impoveriti dalla perdita del lavoro del capofamiglia oppure dalla sua messa
in Cassa integrazione guadagni. Tende invece a decrescere quando, ad esempio, la popolazione inattiva
aumenta a causa del progressivo invecchiamento, oppure a seguito dell’innalzamento del livello d’istruzione
scolastica, che accresce la durata degli studi, ritardando di conseguenza l’entrata dei giovani nel mondo del
lavoro. Il tasso di attività piacentino è senza dubbio intaccato dalla diffusione della scolarizzazione e
dall’invecchiamento della popolazione, ma l’antidoto principale al suo ridimensionamento è rappresentato
soprattutto dall’immigrazione straniera. Senza di essa si avrebbe una riduzione della partecipazione al lavoro
e non solo, come dimostrato da una proiezione dell’Istat fino all’anno 2050 effettuata su dati regionali e
nazionali.
Le assunzioni
I flussi di assunzioni raccolti dalla Regione Emilia-Romagna sono un’altra tessera che compone il mosaico
dell’andamento del mercato del lavoro piacentino.
Nel 2013 ne sono state registrate 43.771, con un calo del 5,1 per cento rispetto all’anno precedente, che è
apparso leggermente più accentuato rispetto all’andamento regionale, segnato da una diminuzione del 4,9
per cento. Premesso che la stessa persona può essere assunta più volte nel corso dell’anno, si ha una
tendenza negativa, in linea con quanto emerso dalle rilevazioni sulle forze di lavoro e di Smail.
Dal lato del genere, alla moderata diminuzione dei maschi (-2,6 per cento) è corrisposta la più pronunciata
diminuzione delle femmine (-7,2 per cento).
Il calo del 5,1 per cento ha sintetizzato dinamiche settoriali divergenti. Le diminuzioni più consistenti, oltre la
soglia del 10 per cento, hanno interessato i settori meccanico, alimentare e alberghiero-ristorazione. Di
contro hanno evidenziato aumenti superiori al 10 per cento la produzione di minerali non metalliferi, chimicagomma ed energia.
Per quanto riguarda la tipologia dei contratti, sono stati quelli a tempo indeterminato a pesare maggiormente
sul calo complessivo, con una flessione dell’11,2 per cento (-11,4 per cento in Regione). Per le assunzioni a
termine la riduzione è stata del 2,6 per cento (-3,5 per cento in regione).
Le previsioni per il 2014
Le previsioni per il 2014 non lasciano molto spazio all’ottimismo. La ripresa sarà debole – il valore aggiunto
dovrebbe crescere in termini reali di appena l’1,0 per cento – e non in grado di avviare un ciclo virtuoso del
mercato del lavoro.
Secondo lo scenario economico provinciale di Unioncamere Emilia-Romagna e Prometeia, redatto a fine
febbraio 2014, le unità di lavoro, che ne misurano il volume effettivamente svolto, dovrebbero rimanere
sostanzialmente inalterate (+0,1 per cento), dopo due anni caratterizzati da cali. Tale andamento sconta le
diminuzioni previste per l’industria in senso stretto e l’agricoltura, mentre una lieve ripresa è attesa nei servizi
e nell’industria delle costruzioni, che tornerà a vedere un timido segno positivo dopo tre anni caratterizzati da
pesanti cali. Nel solo ambito dell’occupazione alle dipendenze non è prevista alcuna variazione.
Alla stabilità del volume di lavoro effettivamente svolto, dovrebbe associarsi una diminuzione della
consistenza degli occupati (-0,6 per cento), mentre la disoccupazione è destinata ad arrivare al 9,3 per cento
della forza lavoro (8,8 per cento in regione), cioè ai massimi degli ultimi dieci anni.
Gli ammortizzatori sociali
La Cassa integrazione guadagni è apparsa in leggero aumento, riflettendo la ripresa degli interventi
64
Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013
straordinari, che ha annullato i cali delle gestioni ordinaria e in deroga.
Secondo i dati Inps, nel 2013 c’è stata una crescita complessiva, tra ordinaria, straordinaria e in deroga, pari
al 4,5 per cento rispetto all’anno precedente, in contro tendenza rispetto alla diminuzione dell’1,2 per cento
riscontrata in Emilia-Romagna. Il 2013 si è distinto in termini assai negativi dal livello medio del quinquennio
precedente, con un incremento pari al 27,0 per cento. La “rottura” risale al 2009, l’anno della Grande Crisi,
quando le ore autorizzate aumentarono di sette volte rispetto all’anno precedente. Dopo quell’anno sono
stabilmente rimaste oltre la soglia dei 5 milioni.
Le ore autorizzate per interventi ordinari, la cui matrice è prevalentemente anticongiunturale, non hanno
risentito del perdurare della recessione. Nel 2013 sono ammontate a circa 1 milione e 788 mila, vale a dire il
12,6 per cento in meno rispetto al quantitativo del 2012. La diminuzione si è collocata in un quadro regionale
dello stesso segno (-10,8 per cento) e ha visto il concorso sia degli impiegati che degli operai. Per i primi la
quantità di ore autorizzate è scesa del 17,9 per cento, per i secondi il calo è stato dell’11,3 per cento. Per il
maggiore utilizzatore, cioè l’industria in senso stretto, la flessione è apparsa ancora più accentuata (-17,2 per
cento) e tale andamento è maturato in uno scenario recessivo che lasciava presupporre ben altro segno. La
natura dei dati disponibili non consente di affermarlo con certezza, ma non è da escludere che il riflusso
degli interventi anticongiunturali sia dipeso da situazioni di crisi divenute strutturali, con conseguente
lievitazione della Cig straordinaria, come vedremo diffusamente in seguito.
Cassa integrazione guadagni. Ore complessivamente autorizzate nel 2013 in provincia di Piacenza.
(variazioni percentuali sull’anno precedente).
Settori di attività
Attività economiche connesse con l'agricoltura
Estrazione minerali metalliferi e non
Legno
Alimentari
Metallurgiche
Meccaniche
Tessili
Abbigliamento
Chimica, petrolchimica, gomma e materie plastiche
Pelli, cuoio e calzature
Lavorazione minerali non metalliferi
Carta, stampa ed editoria
Installazione impianti per l'edilizia
Energia elettrica, gas e acqua
Trasporti e comunicazioni
Tabacchicoltura
Servizi
Varie
Commercio
Attività varie
Totale edilizia
- Industria edile
- Artigianato edile
- Industria lapidei
- Artigianato lapidei
Totale ordinaria, straordinaria e deroga
Operai
0
4.704
118.582
137.158
31.200
1.688.341
35.012
36.638
76.948
10.423
495.686
57.148
39.317
0
277.800
0
4.320
9.128
575.261
3.597
917.060
588.264
316.849
11.531
416
4.518.323
Var. %
-8,3
-8,8
-34,5
-7,4
23,2
-6,9
-60,4
-24,9
-77,2
-5,6
47,0
-48,3
48,3
1.185,7
83,3
15,4
12,0
5,3
4,8
16,7
-65,8
-91,5
6,8
Impiegati
Var. %
Totale
Var. %
0
3.472
22.414
19.590
6.864
649.179
10.203
1.859
22.352
701
207.341
41.803
9.652
24.960
65.620
0
0
4.098
431.848
17.358
163.473
138.359
22.458
2.216
440
1.702.787
152,3
-10,5
24,9
-42,9
19,8
-33,6
-90,4
-29,1
-78,6
-27,6
37,1
114,9
55,8
19,8
-3,6
46,7
-27,8
-33,0
98,9
-71,1
-38,9
-0,9
0
8.176
140.996
156.748
38.064
2.337.520
45.215
38.497
99.300
11.124
703.027
98.951
48.969
24.960
343.420
0
4.320
13.226
1.007.109
20.955
1.080.533
726.623
339.307
13.747
856
6.221.110
25,7
-9,1
-30,3
-16,7
22,3
-14,6
-65,6
-25,8
-77,3
-13,4
42,6
-39,2
49,7
1.185,7
57,4
6,4
39,3
-1,5
-5,4
20,0
-66,8
-84,7
4,5
Fonte: Inps ed elaborazione Centro studi e monitoraggio dell’economia e statistica Unioncamere Emilia-Romagna.
In ambito settoriale c’è stata una netta prevalenza di cali, che hanno raggiunto l’apice nelle industrie della
moda (-74,5 per cento). Il maggiore utilizzatore, l’industria metalmeccanica, ha registrato un calo del 23,0 per
cento, mentre le costruzioni sono rimaste sostanzialmente stabili (+0,7 per cento), ma in quest’ultimo caso
occorre rimarcare che le cause di forza maggiore dovute al maltempo sono il motore principale dell’utilizzo.
La Cassa integrazione guadagni straordinaria è concessa per fronteggiare gli stati di crisi aziendale, locale e
settoriale oppure per provvedere a ristrutturazioni, riconversioni e riorganizzazioni. I dati vanno sempre
analizzati con una certa cautela, poiché tra richiesta di Cig e relativa autorizzazione intercorre un lungo
periodo dovuto alle pratiche burocratiche, e non è pertanto da escludere che il 2013 possa avere ereditato
situazioni pregresse nell’anno precedente. Come accennato in precedenza, il fenomeno è apparso in
ripresa, dopo il riflusso rilevato nel 2012. Le ore autorizzate di Cig straordinaria sono aumentate da
1.896.968 a 2.450.724, per un incremento del 29,2 per cento, largamente superiore alla crescita registrata in
regione (+1,0 per cento). Dal lato della posizione professionale, l’aumento complessivo è stato determinato
sia dagli operai (+38,6 per cento) che dagli impiegati (+15,4 per cento). Il 2013 si è collocato tra le annate
65
Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013
più pesanti, evidenziando un carico di ore largamente superiore al valore medio dei cinque anni precedenti
(+49,9 per cento). E’ dal 2010 che la Cig straordinaria veleggia su quantità di ore autorizzate uguali o
superiori ai 2 milioni, quando prima il tetto massimo era di circa 500.000 ore. La Grande Crisi del 2009 ha
fatto sentire le sue conseguenze nell’anno successivo, quando sono venute a maturazione non poche
situazioni critiche.
Domande di disoccupazione presentate in prima istanza all’Inps. . Provincia di Piacenza ed EmiliaRomagna. Anni 2010-2013.
2010
2011
Var.%
2012
Var.%
2013
Var.%
Piacenza:
Indennità di disoccupazione ordinaria
Indennità di disoccupazione a requisiti ridotti
Indennità di disoccupazione ASpI
Indennità di disoccupazione Mini-ASpI
Totale
4.047
1.713
5.760
4.229
1.761
5.990
4,5
2,8
4,0
5.461
1.939
7.400
29,1
10,1
23,5
1.220
1.796
4.404
1.336
8.756
-77,7
-7,4
18,3
Em ilia-Rom agna
Indennità di disoccupazione ordinaria
Indennità di disoccupazione a requisiti ridotti
Indennità di disoccupazione ASpI
Indennità di disoccupazione Mini-ASpI
Totale
90.617
51.149
141.766
91.934
53.506
145.440
1,5
4,6
2,6
141.674
61.906
203.580
54,1
15,7
40,0
29.673
56.207
95.332
42.218
223.430
-79,1
-9,2
9,8
Fonte: Regione Emilia-Romagna.
La ripresa degli interventi di natura strutturale è da ascrivere, in primo luogo, al cospicuo incremento del
comparto metalmeccanico, le cui ore autorizzate sono salite da 709.394 a 1.210.795. Sono continuate le
tensioni nelle industrie edili (+7,9 per cento), mentre si è notevolmente stemperata la situazione delle
industrie della moda, le cui ore autorizzate si sono ridotte ad appena 4.116.
I dati raccolti dalla Regione hanno ricalcato la tendenza espansiva emersa dai dati della Cig. Nel 2013 sono
stati 682 i lavoratori interessati dagli accordi sindacali avviati contro i 625 registrati nell’anno precedente.
La Cig in deroga è apparsa in leggero calo, dopo l’aumento del 19,6 per cento che aveva caratterizzato il
2012. Secondo i dati Inps, nel 2013 le ore autorizzate in provincia di Piacenza hanno sfiorato i 2 milioni, vale
a dire l’1,3 per cento in meno rispetto al quantitativo dell’anno precedente. Su tale andamento, in contro
tendenza rispetto a quanto avvenuto in regione (+1,5 per cento), ha giocato un ruolo importante il riflusso
delle industrie della moda e delle costruzioni, mentre sono apparse in ripresa quelle metalmeccaniche.
L’artigianato ha registrato più di mezzo milione di ore autorizzate, con un incremento del 59,5 per cento
rispetto al 2012, a fronte della flessione del 30,2 per cento rilevata nell’industria e nell’edilizia. Le ore
autorizzate dell’artigianato meccanico sono salite da 93.476 a poco più di 288.000. Le attività artigiane
hanno pertanto evidenziato una situazione di palese difficoltà, come testimoniato dalle indagini congiunturali
del sistema camerale, che nel 2013 hanno registrato una flessione produttiva del 5,0 per cento relativa alle
attività artigiane manifatturiere.
Secondo i dati elaborati dalla Regione, a tutto il 31 dicembre 2013 le deroghe alla Cig ordinaria hanno
coinvolto in provincia di Piacenza 618 sedi per un totale di 3.889 lavoratori. Un anno prima le sedi coinvolte
erano 470 per un complesso di 2.737 lavoratori.
Le deroghe alla Cig straordinaria hanno interessato 2.734 lavoratori distribuiti in 338 sedi. Analogamente alle
deroghe ordinarie, c’è stato un aumento del fenomeno che un anno prima aveva coinvolto 240 sedi per un
totale di 2.156 lavoratori.
Un altro indicatore di crisi rappresentato dai flussi di iscrizioni nelle liste di mobilità ha invece evidenziato una
situazione in miglioramento. Secondo i dati diffusi dalla Regione inerenti alla Legge 223/91, che riguarda i
15
lavoratori licenziati a seguito di procedure collettive , nel 2013 sono state registrate in provincia di Piacenza
458 iscrizioni a fronte delle 525 dell’anno precedente (-12,8 per cento), in contro tendenza rispetto a quanto
avvenuto in regione, le cui iscrizioni sono aumentate da 8.007 a 9.755.
La riduzione è da attribuire alla componente maschile (-19,6 per cento) a fronte della leggera crescita delle
15
Dal 1 gennaio 2013 non è stata prorogata la normativa d’iscrizione dei lavoratori licenziati individualmente (Legge
236/93). Si trattava d’iscrizioni che avvenivano a richiesta degli interessati e che non prevedevano l’erogazione
dell’indennità di mobilità. La Legge 223/1991 prevede invece l’erogazione di un’indennità. A usufruirne sono i
dipendenti provenienti da imprese con più di quindici dipendenti, ammesse alla Cassa integrazione guadagni
straordinaria, che non sono in grado di reimpiegare tutti i lavoratori sospesi e di non potere attivare misure
alternative. Sono inoltre incluse le imprese che in seguito a una riduzione o trasformazione dell’attività o di lavoro
decidono di effettuare un licenziamento collettivo.
66
Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013
donne (+1,2 per cento).
Il bilancio della mobilità è apparso più negativo sotto l’aspetto delle conseguenze.
Secondo i dati raccolti dalla Regione, a fine dicembre 2013 i licenziati per esubero di personale iscritti nelle
liste di mobilità in base alla Legge 223/91 sono ammontati a 866, vale a dire il 12,9 per cento in più rispetto
alla situazione di un anno prima. La maggioranza dei licenziati (45,8 per cento del totale) aveva più di 49
anni, con un aumento del 17,5 per cento rispetto al 31 dicembre 2012. Segue la classe da 40 a 49 anni (36,4
per cento) apparsa in crescita del 10,1 per cento. Entrambe le classi d’età hanno inciso per l’82,2 per cento,
in aumento rispetto alla quota dell’81,4 per cento del 2012. Il fenomeno degli esuberi ha pertanto interessato
maggiormente i lavoratori più anziani, che sono quelli più difficilmente collocabili sul mercato del lavoro.
Un altro segnale negativo, in linea con la crescita del tasso di disoccupazione, è venuto dalle domande di
disoccupazione presentate in prima istanza all’Inps, che nel 2013 sono aumentate nel loro insieme del 18,3
per cento rispetto all’anno precedente, in misura più ampia rispetto alla crescita regionale (+9,8 per cento).
67
Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013
IL COMMERCIO ESTERO
L’evoluzione generale delle esportazioni
In uno scenario mondiale caratterizzato dalla crescita del Pil (+3,0 per cento) e del commercio di merci e
16
servizi (+2,7 per cento) le esportazioni della provincia di Piacenza sono aumentate del 10,5 per cento
rispetto all’anno precedente, consolidando la fase di ripresa in atto dal 2011. Nei confronti del 2007, quando
la Grande Crisi nata dall’insolvenza dei mutui statunitensi sub-prime non si era ancora manifestata in tutta la
sua evidenza, c’è stato un incremento del 48,1 per cento, largamente superiore alla crescita rilevata in
regione (+9,6 per cento).
Secondo le elaborazioni di Prometeia, nel 2013 l’export piacentino ha inciso in termini reali per il 44,5 per
cento del valore aggiunto, a fronte della media regionale del 39,4 per cento. Cinque anni prima si aveva una
quota del 32,8 per cento. In regione Piacenza si è collocata a ridosso delle province più orientate all’export,
alle spalle di Parma (44,7 per cento), Modena (49,7 per cento) e Reggio Emilia (56,9 per cento).
In ambito regionale la provincia di Piacenza ha evidenziato l’incremento percentuale più sostenuto,
consolidando l’apprezzabile aumento del 2012 (+18,5 per cento).
Esportazioni delle province dell’Emilia-Romagna, Nord-est e Italia. Anni 2012 – 2013. Valori in euro
(a).
Var %
Quota %
Quota %
2012 Territorio
2012
2012
2013
2013
2013
Piacenza
3.159.391.714
6,4
3.491.620.644
6,9
10,5
Parma
5.525.074.865
11,2
5.670.687.931
11,2
2,6
Reggio nell'Emilia
8.450.622.657
17,1
8.600.143.984
16,9
1,8
Modena
10.458.217.534
21,1
10.719.810.278
21,1
2,5
Bologna
11.229.668.889
22,7
11.472.644.852
22,6
2,2
Ferrara
2.391.772.842
4,8
2.264.116.316
4,5
-5,3
Ravenna
3.562.293.792
7,2
3.691.497.787
7,3
3,6
Forlì Cesena
2.849.409.860
5,8
3.018.756.916
5,9
5,9
Rimini
1.853.095.628
3,7
1.858.399.424
3,7
0,3
Emilia-Romagna
49.479.547.781
12,7
50.787.678.132
13,0
2,6
Italia Nord-Orientale
119.042.454.207
30,5
121.928.860.541
31,3
2,4
Totale Italia
390.182.091.869
389.854.168.017
-0,1
(a) Quote provinciali calcolate sul totale regionale. Quote Emilia-Romagna e Nord-est su totale Italia.
Fonte: Istat ed elaborazione Centro studi e monitoraggio dell’economia statistica Unioncamere Emilia-Romagna.
Secondo lo scenario di Prometeia-Unioncamere Emilia-Romagna di fine febbraio, c’è stata una crescita reale
dell’export pari al 7,6 per cento, a fronte dell’aumento del 16,3 per cento riscontrato nell’anno precedente.
Dall’incrocio tra i dati espressi a valori correnti e quelli reali emerge una leggera riduzione dei prezzi impliciti
all’esportazione (-0,1 per cento), che sembra sottintendere politiche commerciali piuttosto attente, soprattutto
alla luce della forza della moneta unica.
Il ciclo dell’export piacentino è apparso in crescita per tutto il corso dell’anno, con l’unica eccezione del
mese di marzo che ha registrato una flessione tendenziale del 10,5 per cento. La seconda metà dell’anno ha
riservato un andamento più espansivo (+16,5 per cento) rispetto alla prima (+4,3 per cento), in linea con
quanto avvenuto in regione e nel Paese.
L’export per settori
Il settore più importante, vale a dire l’industria metalmeccanica, nel 2013 ha fatto registrare un incremento
del 5,1 per cento rispetto all’anno precedente, superiore al corrispondente incremento regionale del 2,7 per
cento. La crescita è apparsa in rallentamento rispetto all’evoluzione del 2012 (+13,6 per cento), ma ha
consentito al 2013 di evidenziare un livello superiore del 21,3 per cento a quello del 2007, prima che la
Grande Crisi esplodesse in tutta la sua evidenza. La relativa frenata dell’export metalmeccanico, che ha
rappresentato circa il 62 per cento del totale contro la media regionale del 56,1 per cento, è stata
determinata dai cali rilevati nei prodotti metallurgici e, soprattutto, nei mezzi di trasporto diversi dagli
autoveicoli. La voce più consistente come valore, rappresentata da prodotti tecnologicamente avanzati quali
le macchine e apparecchiature nca, ha invece chiuso il 2013 con un incremento più che lusinghiero (+12,7
16
Outlook Fondo monetario internazionale di gennaio 2014.
68
Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013
per cento), oltre che in accelerazione rispetto al 2012 (+10,2 per cento). In tale ambito è da evidenziare il
buon andamento del comparto delle “macchine di impiego generale (+22,5 per cento) e delle “altre macchine
per impieghi speciali” (+18,5 per cento), voce questa che comprende macchinari destinati all’attività di
svariate industrie. Questi prodotti, a elevato contenuto tecnologico, nel 2013 sono stati prevalentemente
destinati ai mercati extraUe (83,5 per cento), soprattutto asiatici (43,2 per cento). Il principale acquirente è
stato l’Iraq (22,2 per cento del totale), che ha acquistato macchine a impiego speciale per più di 89 milioni di
euro, quintuplicando gli acquisti del 2012. Secondo cliente la Russia (6,5 per cento del totale), il cui export è
aumentato del 51,9 per cento. Terzo mercato quello statunitense, che è apparso ancora più dinamico
(+109,9 per cento) e trattandosi di un paese evoluto dal punto di vista tecnologico, la performance delle
macchine a impiego speciale piacentine assume una valenza ancora più positiva.
I prodotti della moda costituiscono la seconda voce per importanza dell’export piacentino, con un’incidenza
del 19,0 per cento sul totale, largamente superiore alla corrispondente quota regionale del 10,7 per cento.
Commercio estero della provincia di Piacenza. Anno 2013. Importi in euro. Variazioni percentuali
sull’anno precedente.
Divisioni ATECO2007
AA01-Prodotti agricoli, animali e della caccia
AA02-Prodotti della silvicoltura
AA03-Prodotti della pesca e dell'acquacoltura
BB05-Carbone (esclusa torba)
BB06-Petrolio greggio e gas naturale
BB07-Minerali metalliferi
BB08-Altri minerali da cave e miniere
CA10-Prodotti alimentari
CA11-Bevande
CA12-Tabacco
CB13-Prodotti tessili
CB14-Articoli di abbigliamento (anche in pelle e in pelliccia)
CB15-Articoli in pelle (escluso abbigliamento) e simili
CC16-Legno e prodotti in legno e sughero (esclusi i
CC17-Carta e prodotti di carta
CC18-Prodotti della stampa e della riproduzione di supporti
CD19-Coke e prodotti derivanti dalla raffinazione del
CE20-Prodotti chimici
CF21-Prodotti farmaceutici di base e preparati farmaceutici
CG22-Articoli in gomma e materie plastiche
CG23-Altri prodotti della lavorazione di minerali non
CH24-Prodotti della metallurgia
CH25-Prodotti in metallo, esclusi macchinari e attrezzature
CI26-Computer e prodotti di elettronica e ottica; apparecchi
CJ27-Apparecchiature elettriche e apparecchiature per uso
CK28-Macchinari e apparecchiature nca
CL29-Autoveicoli, rimorchi e semirimorchi
CL30-Altri mezzi di trasporto
CM31-Mobili
CM32-Prodotti delle altre industrie manifatturiere
Altri prodotti
Totale
Import Comp. %
41.732.313
1.210.802
72.995
0
1.835
6.182
1.753.766
331.578.388
3.386.576
147
130.831.253
193.154.830
60.142.074
37.187.570
68.834.767
17.642
566.767
113.583.970
12.425.632
97.197.840
64.647.516
183.217.576
120.757.749
182.519.281
261.464.694
258.567.536
185.787.912
59.607.747
319.444.209
66.998.949
68.350.611
2.865.049.129
1,5
0,0
0,0
0,0
0,0
0,0
0,1
11,6
0,1
0,0
4,6
6,7
2,1
1,3
2,4
0,0
0,0
4,0
0,4
3,4
2,3
6,4
4,2
6,4
9,1
9,0
6,5
2,1
11,1
2,3
2,4
100,0
Var. %
-4,7
-28,0
4,2
-20,3
11,8
-7,0
818,8
16,6
1,8
55,4
2,7
6,0
15,8
31,1
22,4
55,4
7,5
-1,0
-4,4
29,6
-7,5
20,1
31,7
-23,8
-45,3
7,4
56,0
25,6
6,5
Export Comp. %
5.650.624
41.910
14.397
1.331
0
95
286.220
156.814.945
10.469.378
0
77.401.952
444.550.553
140.275.973
16.893.497
12.730.162
561.327
662.316
19.998.656
31.531.609
115.226.179
48.362.443
294.147.390
107.705.224
105.462.103
203.091.546
1.164.841.113
270.899.377
30.695.512
147.210.774
48.116.336
37.977.702
3.491.620.644
0,2
0,0
0,0
0,0
0,0
0,0
0,0
4,5
0,3
0,0
2,2
12,7
4,0
0,5
0,4
0,0
0,0
0,6
0,9
3,3
1,4
8,4
3,1
3,0
5,8
33,4
7,8
0,9
4,2
1,4
1,1
100,0
Var. %
-7,7
56,1
5,8
-13,9
-3,0
32,7
21,4
41,3
12,1
2,0
-1,5
9,6
-50,7
-4,3
-6,7
9,0
-6,0
-7,7
3,5
42,9
3,7
12,7
1,6
-60,9
40,1
46,3
38,2
10,5
Fonte: Istat ed elaborazione Centro studi e monitoraggio dell’economia e statistica Unioncamere Emilia-Romagna.
Nel 2013 il valore dell’export di tali prodotti è ammontato a circa 662 milioni e 228 mila euro, che sono
equivalsi all’11,6 per cento del corrispondente totale regionale. E’ da notare che in termini d’addetti il sistema
moda piacentino, secondo la rilevazione di Smail (Sistema di monitoraggio annuale delle imprese e del
lavoro) ha inciso per l’1,8 per cento del totale regionale, mentre in termini d’imprese attive la quota si è
attestata al 2,8 per cento. Sembrerebbe in sostanza esistere una sproporzione che va spiegata con la
crescita progressiva dell’attività del polo logistico. In effetti ad esportare risultano essere non tanto imprese
produttrici quanto imprese di commercio all’ingrosso. Rispetto al 2012 è stato registrato un incremento del
31,5 per cento (+3,7 per cento in regione), che ha consolidato la forte crescita emersa nel 2012 (+85,0 per
cento). La voce più consistente rappresentata dagli “articoli di abbigliamento, escluso l'abbigliamento in
pelliccia” (ha inciso per il 60,5 per cento dei prodotti della moda) ha registrato un aumento del 40,5 per cento
e anche in questo caso è da rilevare il consolidamento nei confronti del 2012, quando l’export aumentò del
122,0 per cento. Se approfondiamo l’andamento di questi prodotti per i mercati di destinazione, possiamo
notare che i principali acquirenti degli “articoli di abbigliamento, escluso l'abbigliamento in pelliccia” sono
Francia, Germania e Regno Unito che nel 2013 hanno importato, assieme, circa la metà della vendite
69
Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013
all’estero. Il principale cliente, ovvero la Francia, ha accresciuto i propri acquisti del 54,2 per cento.
Germania e Regno Unito sono cresciute a tassi più contenuti, ma comunque elevati, pari rispettivamente al
36,4 e 36,7 per cento. Il quarto cliente, cioè la Spagna, è aumentato del 57,3 per cento. Unico neo, fra i
principali acquirenti, la battuta d’arresto della Russia, i qui acquisti sono rimasti pressoché invariati.
Il terzo settore per importanza è rappresentato dai prodotti alimentari, bevande e tabacco, la cui quota, pari
al 4,8 per cento del totale dell’export piacentino, è apparsa inferiore a quella regionale del 9,0 per cento. Nel
2013 le relative vendite all’estero sono leggermente calate (-1,3 per cento) rispetto all’anno precedente,
consolidando la diminuzione rilevata nel 2012 (-6,2 per cento). A trascinare verso il basso l’export alimentare
sono stati i prodotti lattiero-caseari e la “carne lavorata e conservata e prodotti a base di carne”, con
diminuzioni rispettivamente pari al 12,3 e 16,0 per cento. Nelle rimanenti voci solo aumenti, che hanno
assunto una certa rilevanza nelle “granaglie, amidi e di prodotti amidacei” (+48,5 per cento) e negli “oli e
grassi vegetali e animali” (+72,0). Da evidenziare infine il buon andamento delle bevande (sono compresi i
vini), il cui export si è avvicinato ai 10 milioni e mezzo di euro, superando del 32,7 per cento l’importo del
2012.
I mercati di sbocco
L’export piacentino è apparso in crescita nella maggioranza dei continenti, con le eccezioni, come vedremo
in seguito, di Africa e Oceania-altri territori.
L’Unione Europea a 28 paesi resta il principale acquirente dei prodotti piacentini, con una quota pari al 51,2
per cento delle merci esportate. Rispetto alla situazione dei dieci anni precedenti - i dati sono stati resi
omogenei tenendo conto dei nuovi paesi membri - l’Unione Europea a 28 paesi ha visto ridurre la propria
incidenza di quasi tre punti percentuali, non tanto per un proprio calo, bensì per il maggiore dinamismo
palesato da altre aree, in primis il continente asiatico, la cui quota, pari al 24,3 per cento (16,0 per cento in
regione), è migliorata di quasi sette punti percentuali.
Nel 2013 l'export verso i paesi dell’Unione europea a 28 paesi è apparso in aumento del 9,3 per cento
rispetto all’anno precedente (-0,3 per cento in Emilia-Romagna), consolidando il recupero in atto dal 2010
dopo il crollo del 2009, l’anno della Grande Crisi, quando il valore delle esportazioni scese del 19,8 per cento
rispetto all’anno precedente. Nelle rimanenti aree geografiche è da evidenziare la performance del
continente asiatico, il cui incremento del 30,8 per cento è apparso assai più elevato del corrispondente dato
regionale (+5,0 per cento). Anche le vendite destinate al continente americano hanno evidenziato un buon
andamento (+9,1 per cento), valendosi del contributo sia del Nord - America (+11,0 per cento) che
dell’America latina (+6,3 per cento). Come accennato in precedenza, Africa e Oceania, compresi altri
territori, hanno ridotto le importazioni di merci piacentine rispettivamente del 13,8 e 13,1 per cento, ma si
tratta di mercati che assieme hanno inciso per appena il 6 per cento circa del totale.
Se analizziamo nel dettaglio i flussi verso l’Unione europea a 28 paesi, possiamo notare che nel 2013 la
provincia di Piacenza ha esportato principalmente prodotti metalmeccanici (49,4 per cento) soprattutto
macchine e apparecchiature non altrove classificate (20,5 per cento). Seguono i prodotti della moda (28,0
per cento del totale) e quelli alimentari, comprese le bevande (7,5 per cento). E’ stata in sostanza rispettata
la “gerarchia” commentata in precedenza riguardo l’export complessivo, con andamenti che non hanno
tuttavia rispecchiato l’andamento generale, se si considera che i prodotti metalmeccanici hanno accusato
una diminuzione dello 0,4 per cento, dovuta al calo dello 0,9 per cento, accusato dalla voce più consistente,
cioè le macchine e apparecchi meccanici nca. I prodotti della moda si sono invece conformati all’evoluzione
generale, con un aumento del 34,6 per cento, mentre quelli alimentari hanno subito una diminuzione del 4,0
per cento, più elevata di quella generale (-1,3 per cento). La Germania è il principale acquirente mondiale
delle merci piacentine. Nel 2013 ha inciso per l’11,3 per cento del totale, contro il, 12,3 per cento della media
regionale. I tedeschi comprano prevalentemente prodotti metalmeccanici, anche se in proporzioni più
contenute rispetto alle aree emergenti e in via di sviluppo (55,6 per cento). Nel 2013 c’è stato un moderato
aumento (+3,7 per cento), dovuto alla frenata imposta dalle flessioni di autoveicoli, rimorchi e semirimorchi (20,4 per cento) e “apparecchiature elettriche e apparecchiature per uso domestico non elettriche” (-5,5 per
cento). I prodotti della moda sono assai graditi, avendo inciso per un quinto dell’export. Rispetto al 2012 è
stato registrato un aumento del 38,4 per cento. Tra i rimanenti prodotti hanno un peso rilevante gli “articoli in
gomma e materie plastiche” (7,4 per cento), che hanno goduto di una favorevole congiuntura (+8,7 per
cento).
In un mercato potenzialmente ricco quale quello nord-americano, le esportazioni sono cresciute dell’11,0 per
cento, (+13,0 per cento in Emilia-Romagna), consolidando il recupero in atto dal 2011. La crescita del Pil sia
statunitense (+1,9 per cento) che canadese (+1,7 per cento) può avere favorito tale andamento. Si tratta di
un export che verte soprattutto sui prodotti metalmeccanici, che hanno rappresentato l’89,0 per cento del
totale del mercato nord-americano. Nel 2013 sono aumentati in valore del 13,4 per cento, rispecchiando
l’evoluzione del 2012. La voce più importante, a elevato valore aggiunto, quale i “macchinari e
apparecchiature non classificate altrove” (22,1 per cento del totale nord-americano), ha evidenziato un
incremento del 22,1 per cento, recuperando ampiamente sulla diminuzione del 2,9 per cento rilevata nel
2012.
70
Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013
Provincia di Piacenza: export per aree geografiche e Ue a 28 paesi. Periodo 1995 – 2013. Valori in
euro.
Anni
1995
1996
1997
1998
1999
2000
2001
2002
2003
2004
2005
2006
2007
2008
2009
2010
2011
2012
2013
Europa
618.184.016
664.764.039
764.570.161
801.982.668
773.188.348
813.199.875
865.253.048
839.671.130
851.699.352
943.118.500
1.003.839.447
1.146.517.458
1.553.752.527
1.478.162.447
1.166.662.692
1.267.548.686
1.706.309.508
2.008.618.135
2.154.427.425
Di cui:
UE a
28
564.014.729
601.719.190
683.879.459
721.308.879
691.090.816
697.967.769
755.597.379
732.242.142
742.817.224
813.969.717
838.236.622
929.456.691
1.265.461.816
1.178.144.834
944.470.967
1.060.219.516
1.375.163.923
1.635.668.514
1.788.497.878
Di cui:
Europa
extra UE
a 28
54.169.287
63.044.849
80.690.702
80.673.789
82.097.532
115.232.106
109.655.669
107.428.988
108.882.128
129.148.783
165.602.825
217.060.767
288.290.711
300.017.613
222.191.725
207.329.170
331.145.585
372.949.621
365.929.547
Africa
America
47.435.112
60.282.945
59.051.649
63.363.228
55.885.255
53.483.244
65.627.126
89.172.083
87.547.271
85.418.199
175.629.158
157.182.384
185.554.589
232.090.106
209.952.136
168.055.721
155.315.999
208.455.170
179.681.029
66.086.854
60.199.578
94.871.974
109.882.278
112.645.735
132.069.287
131.892.724
145.024.850
110.511.380
109.767.024
169.432.670
228.258.561
202.626.909
247.059.761
130.381.326
165.645.609
226.430.628
245.262.935
267.468.577
Di cui:
America
Settentrionale
45.148.856
37.560.622
54.428.427
53.929.018
63.327.412
89.377.639
82.116.784
97.598.905
79.627.194
74.172.296
123.626.042
148.566.402
126.269.503
145.310.239
89.274.492
73.108.717
124.994.116
143.640.659
159.394.502
Di cui:
America
Centromeridionale
20.937.998
22.638.956
40.443.547
55.953.260
49.318.323
42.691.648
49.775.940
47.425.945
30.884.186
35.594.728
45.806.628
79.692.159
76.357.406
101.749.522
41.106.834
92.536.892
101.436.512
101.622.276
108.074.075
Asia
96.984.785
106.593.848
99.165.018
99.922.054
98.584.090
127.659.772
171.197.305
169.351.606
168.714.721
183.294.573
221.425.910
350.019.067
381.971.825
488.289.206
563.886.034
372.254.730
557.521.808
647.373.516
846.890.374
Oceania e
altri
territori
10.000.774
9.668.720
9.570.217
6.531.404
7.548.638
8.333.052
8.395.518
9.685.987
12.131.445
8.976.391
14.249.000
15.785.157
33.055.981
27.049.185
17.112.341
13.513.638
19.519.154
49.681.958
43.153.239
Mondo
838.691.541
901.509.130
1.027.229.019
1.081.681.632
1.047.852.066
1.134.745.230
1.242.365.721
1.252.905.656
1.230.604.169
1.330.574.687
1.584.576.185
1.897.762.627
2.356.961.831
2.472.650.705
2.087.994.529
1.987.018.384
2.665.097.097
3.159.391.714
3.491.620.644
Fonte: Istat ed elaborazione Centro studi e monitoraggio dell’economia e statistica di Unioncamere Emilia-Romagna.
L’America Centro-meridionale è apparsa meno dinamica di quella settentrionale, con un aumento delle
esportazioni pari al 6,3 per cento. Si tratta di un mercato che è in ripresa dal 2010, dopo la caduta del 2009,
quando l’export subì una flessione del 59,6 per cento rispetto all’anno precedente. Nel 2013 ha assorbito il
3,1 per cento dell’export piacentino, al di sotto della quota media del quinquennio precedente (3,6 per cento).
Si tratta di un mercato che ha analogie con quello nord-americano, poiché acquista prevalentemente prodotti
metalmeccanici (85,1 per cento), soprattutto macchine e apparecchiature non altrove classificate (67,3 per
cento). Nel 2013 l’export di questi prodotti è cresciuto dell’11,8 per cento, senza tuttavia riuscire a colmare
completamente la flessione emersa nel 2012. Per le macchine e apparecchiature nca l’aumento è apparso
più consistente (+36,5 per cento), ma in questo caso c’è stato un recupero della diminuzione del 23,8 per
cento riscontrata nel 2012. La forte penetrazione di macchine e apparecchiature nca, che spesso
comportano prodotti tecnologicamente avanzati, è una peculiarità delle aree emergenti o in via di sviluppo
quale è il mercato dell’America centro-meridionale. I prodotti della moda hanno costituito il 10,2 delle vendite
nel Centro-america, in misura largamente superiore alla corrispondente quota del mercato nord-americano
(2,0 per cento). Il 2013 si è chiuso negativamente (-5,7 per cento), dopo la performance registrata nel 2012,
quando l’export quadruplicò. A determinare il calo sono stati gli “articoli in pelle (escluso abbigliamento) e
simili”, nei quali sono comprese le calzature (-16,7 per cento).
Circa un quarto dell’export verso l’America latina è stato destinato al Brasile, uno dei paesi del gruppo Bricst
di cui fanno parte Russia, India, Cina, Sudafrica e Turchia, vale a dire nazioni dalle enormi potenzialità di
sviluppo. Nel 2013 il più vasto paese del Sudamerica ha accresciuto del 18,5 per cento il proprio import di
prodotti piacentini (+10,3 per cento in regione), in misura assai più ampia rispetto all’andamento
continentale (+6,3 per cento). L’ottima intonazione del mercato brasiliano è stata determinata dalla vivacità
della voce più importante, rappresentata dai prodotti metalmeccanici (92,0 per cento del totale), il cui export
è cresciuto del 33,8 per cento. A tale performance ha contribuito il forte aumento delle macchine e
apparecchiature nca (+65,7 per cento), arrivate a coprire quasi il 70 per cento delle vendite sul mercato
brasiliano.
Il continente asiatico ha offerto grandi opportunità all’export piacentino. Nel 2013 come accennato in
precedenza, è quello che è cresciuto maggiormente. La relativa quota sul totale dell’export della provincia di
Piacenza è stata del 24,3 per cento (17,4 per cento in regione) superando di circa tre punti percentuali la
quota media del quinquennio precedente. Per inciso il continente asiatico è stato il solo che nell’anno della
Grande Crisi aveva aumentato i propri acquisti rispetto al 2008.
L’Asia è anch’essa una forte acquirente di prodotti a elevato contenuto tecnologico. Nel 2013 le “macchine e
apparecchiature non altrove classificate”, che hanno rappresentato più della metà del totale dell’export verso
l’Asia, hanno beneficiato di un incremento del 43,7 per cento, largamente superiore all’aumento medio del
30,8 per cento e a quello della totalità dei prodotti metalmeccanici (+28,2 per cento). Oltre ai prodotti
metalmeccanici, il continente asiatico è un abituale acquirente di prodotti della moda (9,2 per cento la
relativa quota) che nel 2013 sono cresciuti del 32,8 per cento, consolidando la performance del 2012,
quando il valore delle merci vendute era quasi raddoppiato rispetto all’anno precedente.
71
Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013
Quote di export 2001
Quote di export 2013
0,7
4,0
1,2
Europa
13,8
Europa
24,3
Africa
6,6
5,3
69,6
America
settentrionale
America centromerid.
Asia
Africa
3,1
61,7
4,6
5,1
America
settentrionale
America centromerid.
Asia
Fonte: Istat ed elaborazione Centro studi e monitoraggio dell’economia e statistica di Unioncamere Emilia-Romagna.
Se apriamo una finestra sulla Cina, che rappresenta la maggiore economia emergente del mondo, possiamo
notare che nel 2013 il colosso cinese ha assorbito il 12,9 per cento dell’export piacentino destinato al
continente asiatico, in misura più ridotta rispetto alla media regionale del 17,4 per cento. Nel 2013 le
esportazioni della provincia di Piacenza verso la Cina hanno segnato il passo (-10,4 per cento),
consolidando l’andamento negativo del 2012 (-7,0 per cento). Segno contrario per la regione, che è stata
caratterizzata da una crescita del 3,6 per cento. Piacenza si è pertanto distinta negativamente e tutto ciò è
maturato in uno scenario di forte crescita del Pil cinese (+7,7 per cento nel 2013). Su tale andamento ha
avuto un ruolo decisivo la battuta d’arresto della voce più importante, rappresentata dai prodotti della
meccanica, che dominano il mercato cinese (95,8 per cento del totale). Nel 2013 i prodotti metalmeccanici
hanno accusato una diminuzione del 10,1 per cento del valore dell’export, che scende all’8,9 per cento
nell’ambito delle sole macchine e apparecchiature nca, la cui quota si è attestata al 65,9 per cento.
Un’ultima annotazione relativa al mercato asiatico riguarda l’export verso l’India, altro mercato dalle
interessanti prospettive del gruppo dei Bricst. Analogamente a quanto osservato per la Cina, la provincia di
Piacenza registra una quota di export sul totale del continente asiatico più ridotta rispetto a quella regionale:
3,9 per cento contro 5,3 per cento. Come tutti i paesi emergenti o in via di sviluppo, l’India acquista
prevalentemente prodotti metalmeccanici (91,4 per cento), soprattutto macchine e apparecchiature
meccaniche (67,5 per cento). Nel 2013 Piacenza ha ridotto il proprio export del 26,1 per cento (-7,0 per
cento in regione) e su questo calo, avvenuto in uno scenario di crescita del Pil (+4,4 per cento) ha pesato, e
non poteva essere altrimenti, la flessione del 26,6 per cento dei prodotti metalmeccanici. Una migliore tenuta
è stata evidenziata dalle macchine e apparecchiature nca (-1,8 per cento), la cui incidenza sul totale
dell’export verso l’India è stata del 67,5 per cento.
L’export verso il continente africano è diminuito del 13,8 per cento (+7,6 per cento in Emilia-Romagna), con
conseguente riduzione della relativa quota al 5,1 per cento, rispetto al valore medio dell’8,1 per cento del
quinquennio 2008-2012. Sulla diminuzione ha pesato il riflusso dell’export verso i paesi africani diversi da
quelli della zona settentrionale (-36,8 per cento). Tale ridimensionamento è stato in parte causato dalla
pronunciata flessione del Sudafrica (-48,6 per cento), che ha rappresentato circa un quinto dell’export verso i
paesi africani non settentrionali. Tale andamento, che è maturato in uno scenario di moderata crescita del Pil
(+1,8 per cento), è stato determinato dalla flessione dei prodotti metalmeccanici (-53,8 per cento), trainata
dal forte ridimensionamento dei prodotti metallurgici, il cui valore è sceso a circa mezzo milione di euro
contro i 13 milioni e 669 mila euro del 2012. Verso i paesi dell’Africa settentrionale l’export è aumentato del
16,9 per cento. L’instabilità politica che ha caratterizzato alcuni paesi dell’area non ha avuto pertanto effetti
negativi. Verso la Libia, ad esempio, Piacenza ha aumentato l’export del 73,4 per cento, nei confronti
dell’Egitto del 136,1 per cento. I prodotti metalmeccanici l’hanno fatta da padrone (78,7 per cento del totale),
con un incremento del 13,2 per cento rispetto al 2012. E’ da evidenziare l’incidenza degli autoveicoli,
rimorchi e semirimorchi (35,2 per cento), il cui export è aumentato del 28,6 per cento.
72
Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013
IL CREDITO
Lo scenario generale
Il perdurare della fase recessiva avviata negli ultimi mesi del 2011 ha caratterizzato lo scenario economico
del 2013. Per il Prodotto interno lordo nazionale si prospetta una diminuzione in termini reali dell’1,9 per
cento.
In questo scenario, l’economia della provincia di Piacenza è destinata a subire, secondo le previsioni di
Prometeia-Unioncamere Emilia-Romagna, una riduzione reale del valore aggiunto ai prezzi di base pari
all’1,4 per cento, più elevata di quella prospettata per l’Emilia-Romagna (-1,1 per cento).
Il sistema creditizio, e non poteva essere diversamente, ha risentito del clima recessivo. La flessione dei
prestiti è stata costante, riflettendo da un lato la debolezza della domanda e, dall’altro, politiche di offerta
restrittive, soprattutto nei confronti delle piccole imprese. Come evidenziato dalla Banca d’Italia, le banche a
causa del costante aumento delle sofferenze, hanno dovuto accrescere le rettifiche di valore a fronte del
rischio di credito, tuttavia, in rapporto al totale dei prestiti deteriorati, esse sono risultate in calo.
Sul fronte dei tassi, in uno scenario di alleggerimento dello spread con i bund tedeschi, il sistema bancario
ha reso meno pesanti le condizioni proposte alle imprese, ma il costo del credito ha continuato a essere
superiore a quello medio dell’area dell’euro, anche se il differenziale tra il tasso applicato sui nuovi
finanziamenti alle imprese concessi in Italia e il corrispondente dato per l’area dell’euro è diminuito di 20
punti base, portandosi a 70. Anche il costo medio dei nuovi mutui alle famiglie è lievemente diminuito, al 3,5
per cento. Il relativo differenziale rispetto alla media dell’area si è ridotto di circa 20 punti base, portandosi a
45 in novembre. Il taglio dei tassi ufficiali della BCE d’inizio novembre, con tutta probabilità ha contribuito alla
riduzione del costo del credito.
Le banche italiane hanno migliorato ulteriormente la propria posizione patrimoniale, nonostante la redditività
sia apparsa contenuta. La raccolta al dettaglio del sistema bancario si è confermata solida, mentre sono stati
registrati alcuni segnali di ritorno della fiducia degli investitori internazionali verso gli intermediari italiani.
Il rapporto tra banche e imprese piacentine ha continuato a proporre criticità. I tassi applicati sono stati
giudicati onerosi dalla maggioranza delle imprese (64,6 per cento), in misura tuttavia meno pesante rispetto
a un anno prima (74,6 per cento). Anche il costo complessivo del finanziamento è stato considerato oneroso
dalla maggioranza delle imprese (63,1 per cento), ma in questo caso il clima è apparso sostanzialmente lo
stesso di un anno prima (63,6 per cento). Il perdurare della recessione ha indotto le banche a cautelarsi
maggiormente nei confronti della clientela, richiedendo sempre più garanzie e anche in questo caso c’è stata
una prevalenza d’imprese insoddisfatte sotto tale aspetto (59,2 per cento), sia pure in misura più contenuta
rispetto al 2012 (68,6 per cento).
Il finanziamento dell’economia.
In uno scenario recessivo, il sistema bancario piacentino ha ridotto la consistenza dei prestiti concessi, in
linea con quanto avvenuto in regione e nel Paese. Gli impieghi “vivi”, che corrispondono ai finanziamenti
erogati alla clientela residente, (non sono comprese le Istituzioni monetarie e finanziarie) al netto delle
sofferenze e dei pronti contro termine, a fine dicembre 2013 sono diminuiti tendenzialmente del 6,8 per
cento, in misura tuttavia più contenuta rispetto al trend dei dodici mesi precedenti (-7,6 per cento). Se il
confronto è effettuato tra la media delle consistenze mensili 2013 con quella 2012, si ha una flessione del
7,7 per cento, più elevata delle corrispondenti diminuzioni registrate in Emilia-Romagna (-5,4 per cento) e
Italia (-4,6 per cento). Il sistema bancario piacentino ha pertanto dato una stretta al credito largamente
superiore a quella di altre aree della regione. In tale ambito, solo le province di Reggio Emilia e Parma hanno
registrato una riduzione media annua più elevata, pari rispettivamente all’8,5 e 8,2 per cento.
Il ridimensionamento di Piacenza è stato soprattutto determinato dal gruppo delle imprese e famiglie
produttrici, i cui impieghi “vivi” a dicembre 2013 sono diminuiti dell’8,5 per cento rispetto a un anno prima, in
termini più ampi rispetto al calo rilevato in regione (-7,8 per cento), ma inferiori in rapporto alla media
nazionale (-9,2 per cento). Sotto l’aspetto della dimensione, sono state le imprese più strutturate, con
almeno 20 addetti, ad accusare la flessione più accentuata (-9,1 per cento), a fronte del calo del 7,1 per
17
cento rilevato nel gruppo delle “quasi società non finanziarie” con meno di 20 addetti e famiglie produttrici.
Ogni ramo di attività economica ha ridotto la consistenza dei finanziamenti. I cali più sostenuti hanno
17
Per quasi società s’intendono quelle unità che, pur essendo prive di personalità giuridica, dispongono di contabilità
completa e hanno un comportamento economico separabile da quello dei proprietari; esse comprendono le società in
nome collettivo e in accomandita semplice, nonché le società semplici e di fatto e le imprese individuali con più di 5
addetti.
73
Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013
riguardato le attività dell’industria in senso stretto (-11,4 per cento) e le costruzioni (-9,3 per cento), mentre i
servizi sono stati relativamente meno colpiti (-8,4 per cento). I tagli degli impieghi “vivi” si sono coniugati alle
diminuzioni reali del valore aggiunto dei vari rami d’attività, che nell’edilizia hanno assunto proporzioni
piuttosto ampie (-5,9 per cento), in linea con quanto avvenuto in regione.
Se il mondo delle imprese ha visto ridurre il proprio stock d’impieghi “vivi”, altrettanto è avvenuto, ma in
misura relativamente meno accentuata, per il gruppo delle “Famiglie consumatrici, assieme alle Istituzioni
sociali private”, che a dicembre 2013 ha registrato una diminuzione tendenziale del 3,0 per cento. Il calo è
apparso più accentuato rispetto a quanto emerso sia in Emilia-Romagna (-2,2 per cento) che in Italia (-1,9
per cento). In regione soltanto le province di Ferrara e Reggio Emilia hanno registrato diminuzioni più elevate
rispettivamente pari al 3,2 e 3,8 per cento.
Impieghi “vivi” per settore di attività economica. Provincia di Piacenza. Milioni di euro.
Mesi
giu 2012
lug
ago
set
ott
nov
dic
gen 2013
feb
mar
apr
mag
giu
lug
ago
set
ott
nov
dic
Clientela
ordinaria
residente
escluso le IFM
Totale
Ateco al netto
della sez. U
comprese le
attività non
produttive
Imprese e famiglie produttrici
Variazione
%
su stesso
mese
anno
preced.
7.232,5
7.252,2
7.200,4
7.115,4
7.051,0
7.042,8
6.988,1
6.974,1
6.895,0
6.752,8
6.751,8
6.716,0
6.669,8
6.662,4
6.584,1
6.642,7
6.559,6
6.501,2
6.511,6
-3,5
-2,6
-2,8
-5,2
-5,9
-6,2
-5,7
-6,8
-7,2
-8,0
-8,5
-8,7
-7,8
-8,1
-8,6
-6,6
-7,0
-7,7
-6,8
Totale
ateco
al netto
della
sezione U
4.640,2
4.669,8
4.624,2
4.538,9
4.486,7
4.495,4
4.460,0
4.463,8
4.397,0
4.260,8
4.272,4
4.229,2
4.192,2
4.213,7
4.135,6
4.181,2
4.108,4
4.067,5
4.080,4
Variazione
%
su stesso
mese
anno
Attività
preced.
industriali
-5,8
-4,2
-4,5
-7,2
-7,9
-7,8
-6,5
-8,2
-8,8
-10,1
-10,7
-11,1
-9,7
-9,8
-10,6
-7,9
-8,4
-9,5
-8,5
1.506,9
1.527,7
1.508,4
1.455,1
1.418,0
1.424,1
1.425,0
1.428,3
1.401,1
1.366,5
1.382,6
1.357,8
1.339,4
1.355,1
1.311,7
1.320,2
1.278,1
1.262,3
1.262,0
Variazione
%
su stesso
mese
anno
preced.
Servizi
-8,9
-6,6
-5,6
-10,2
-12,5
-12,2
-8,8
-12,2
-13,4
-12,7
-12,5
-13,3
-11,1
-11,3
-13,0
-9,3
-9,9
-11,4
-11,4
1.913,7
1.925,4
1.908,9
1.878,4
1.868,5
1.867,3
1.846,3
1.842,3
1.816,3
1.722,5
1.715,8
1.704,7
1.715,0
1.707,2
1.679,8
1.711,0
1.687,6
1.678,9
1.690,4
Variazione
%
su stesso
mese
anno
preced.
Costruzioni
-3,7
-2,2
-3,4
-6,0
-5,8
-6,5
-6,0
-7,5
-7,4
-11,6
-13,0
-13,4
-10,4
-11,3
-12,0
-8,9
-9,7
-10,1
-8,4
678,2
675,5
664,4
661,8
651,3
649,9
639,6
646,5
639,6
631,6
636,1
628,1
596,7
610,1
606,7
603,6
598,0
585,9
580,3
Variazione
%
su stesso
mese
anno
preced.
-9,3
-7,4
-8,6
-9,3
-9,8
-9,1
-8,3
-8,3
-9,1
-9,0
-8,2
-8,3
-12,0
-9,7
-8,7
-8,8
-8,2
-9,9
-9,3
Fonte: Banca d’Italia.
Alla base della riduzione degli impieghi “vivi” delle famiglie piacentine non è stato estraneo l’ampio riflusso
dei mutui finalizzati all’acquisto dell’abitazione, le cui erogazioni nel 2013 sono diminuite del 14,7 per cento
rispetto all’anno precedente (+0,8 per cento in regione). Un altro contributo può essere inoltre venuto dai
prestiti finalizzati all’acquisto di beni durevoli, le cui erogazioni, in una fase di calo dei consumi, sono scese
del 15,7 per cento (-12,1 per cento in regione).
I finanziamenti per cassa
I finanziamenti per cassa rappresentano un altro anello della catena dei finanziamenti all’economia.
Corrispondono all’ammontare dei crediti per cassa, al netto delle sofferenze, censiti dalla Centrale dei rischi,
18
accordati o erogati dagli intermediari segnalanti . L’utilizzato delle somme accordate dalle banche ai propri
clienti si differenzia dagli impieghi per l’assenza delle sofferenze e per la presenza dei pronti contro termine.
I finanziamenti per cassa rappresentano nella sostanza una variabile assai prossima ai prestiti “vivi”
commentati in precedenza, con la “tara” dei pronti contro termine.
19
I dati aggiornati a settembre 2013 hanno evidenziato una nuova battuta d’arresto dell’accordato operativo ,
18
L’aggregato comprende le operazioni autoliquidanti, a revoca, a scadenza oltre ai finanziamenti a procedura
concorsuale
19
Ammontare del credito direttamente utilizzabile dal cliente in quanto riveniente da un contratto perfezionato e
74
Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013
rappresentata da un calo tendenziale del 6,4 per cento, che ha consolidato la fase negativa in atto dai primi
tre mesi del 2010. In regione c’è stata tuttavia una flessione più accentuata pari al 9,6 per cento.
Il sistema bancario piacentino ha pertanto tirato il freno in termini di quantità di credito disponibile, ma in
misura meno evidente rispetto ad altre province della regione. Non a caso, come rilevato dall’indagine
20
dell’Istituto Guglielmo Tagliacarne , la percentuale di imprese che ha giudicato inadeguata la quantità di
credito messa a disposizione dalle banche, è ammontata in provincia al 43,8 per cento contro il .45,4 per
cento che l’ha invece considerata adeguata. In Emilia-Romagna la percentuale di “scontenti” è invece
apparsa largamente prevalente (55,3 per cento) rispetto alle imprese soddisfatte (36,7 per cento).
L’utilizzo delle somme accordate è apparso in calo del 6,8 per cento (-5,7 per cento in regione) e anche
questo è un sintomo del riflusso della domanda di credito dovuto al perdurare della recessione. Se si
restringe l’analisi al credito a breve termine, che è quello maggiormente utilizzato dalle imprese per la
gestione corrente, si hanno cali più accentuati, sia come accordato (-8,5 per cento) che utilizzato (-9,2 per
cento).
Altre considerazioni che si possono fare sulle statistiche dei finanziamenti per cassa riguardano le garanzie
richieste dalle banche. A settembre 2013 sono corrisposte al 51,7 per cento delle somme utilizzate (42,5 per
cento la media regionale) in aumento rispetto alla percentuale del 49,9 per cento di un anno prima. Nel
primo trimestre 2009 si aveva una percentuale più ridotta, pari al 43,8 per cento. Le banche piacentine si
distinguono pertanto dal resto della regione per una relativa maggiore richiesta di garanzie. E’ da notare che
l’appesantimento delle garanzie ha trovato eco nell’indagine condotta dal sistema camerale sul rapporto
banca-impresa. Sul finire del 2013 e i primi giorni del 2014 il 59,2 per cento delle imprese piacentine ha
giudicato onerose le garanzie richieste, rispetto al 30,8 per cento che le ha invece considerate accettabili.
Per quanto in diminuzione rispetto all’anno prima, resta tuttavia una situazione di disagio appena inferiore a
quella regionale (60,7 per cento).
Per quanto concerne lo sconfinamento delle somme accordate, che può essere il sintomo di un certo disagio
sotto l’aspetto della solvibilità, la situazione emersa a settembre 2013 è stata caratterizzata da un relativo
miglioramento rispetto allo stesso mese dell’anno precedente (-31,7 per cento), in contro tendenza rispetto
alla crescita del 17,0 per cento rilevata in regione. La percentuale di sconfinamento sull’utilizzato della
provincia di Piacenza è pertanto scesa al 2,3 per cento, contro il 3,1 per cento di un anno prima. Il valore
medio regionale si è attestato al 2,7 per cento, su livelli superiori a quelli dell’anno precedente (2,2 per
cento). In sostanza sono emerse in provincia minori criticità rispetto al passato, senza tuttavia allentare,
come vedremo in seguito, la morsa delle somme in sofferenza.
La qualità del credito
La qualità del credito è apparsa in deterioramento.
21
Secondo i dati raccolti dalla Banca d’Italia, aggiornati a settembre 2013 le sofferenze bancarie , pari a 761
milioni di euro, sono cresciute del 31,4 per cento rispetto alla situazione dello stesso mese dell’anno
precedente, in leggero rallentamento tuttavia rispetto al trend riscontrato nei quattro trimestri precedenti
(+33,9 per cento). La crescita regionale è apparsa meno elevata (+22,4 per cento), ma in questo caso c’è
stata un’accelerazione rispetto al trend (+20,9 per cento).
22
Il rapporto sofferenze/impieghi totali bancari è salito al 10,25 per cento, rispetto alla percentuale del 7,52
per cento di un anno prima. La media regionale si è attestata al 7,44 per cento, anch’essa in crescita rispetto
all’anno precedente (5,88 per cento). La provincia di Piacenza ha pertanto evidenziato una rischiosità dei
prestiti più accentuata rispetto alla media regionale. In regione solo la provincia di Ferrara ha evidenziato
una situazione più critica di quella di piacentina, con un’incidenza del 13,74 per cento.
Qualche segnale di miglioramento è tuttavia venuto dalla decadenza dei crediti. Nel terzo trimestre del 2013
il tasso di decadimento dei finanziamenti per cassa della clientela ordinaria residente, escluso le Istituzioni
finanziarie e monetarie, si è attestato allo 0,59 per cento, al di sotto della media regionale dello 0,74 per
cento. Rispetto al trend dei quattro trimestri precedenti c’è stato un miglioramento di 0,65 punti percentuali,
che potrebbe essere indice di un allentamento delle difficoltà nei pagamenti da parte d’imprese e famiglie. Il
riflusso è derivato in particolare dalle minori tensioni emerse tra le società non finanziarie (0,79 per cento),
perfettamente efficace.
L’indagine è stata effettuata nel mese di dicembre 2012 tramite interviste telefoniche con il sistema CATI (Computer
Assisted Telephone Interviewing). L’indagine ha visto il coinvolgimento di 162 imprese industriali, commerciali e
dei servizi alle imprese altamente rappresentative della realtà economica regionale.
21
Le sofferenze sono riferite all’utilizzato netto, relativamente alla clientela ordinaria residente escluso le Istituzioni
finanziarie e monetarie.
22
Gli impieghi bancari totali sono riferiti alla clientela ordinaria residente e non residente al netto delle Istituzioni
finanziarie e monetarie.
20
75
Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013
tornate a quote più normali dopo l’abnorme rapporto di un anno prima (3,20 per cento).
Le condizioni del credito e il rapporto banca-impresa
In una fase recessiva e di conseguente maggiore cautela da parte delle banche nel concedere prestiti, il
rapporto con le banche è tuttavia apparso, per alcuni aspetti, meno problematico rispetto a un anno prima. E’
ciò che si evince dall’indagine condotta tra i giorni 2 dicembre 2013 e 10 gennaio 2014 dall’Istituto Guglielmo
Tagliacarne su un campione di 130 imprese piacentine altamente rappresentative della realtà produttiva
provinciale.
La quantità di credito disponibile/erogabile presso le banche è stata reputata inadeguata dal 43,8 per cento
delle imprese, in calo rispetto alla situazione emersa un anno prima, quando si aveva una percentuale di
“scontenti” pari al 51,7 per cento. Non è da escludere che il miglioramento abbia riflesso la minore domanda
di credito da parte delle imprese dovuta alla recessione. Per restare nel tema dell’accesso al credito, un
analogo andamento ha riguardato la tipologia degli strumenti finanziari offerti. La quota d’imprese che li ha
reputati inadeguati è scesa in provincia di Piacenza al 46,9 per cento, in termini assai più contenuti rispetto
alla percentuale del 57,6 per cento rilevata nella precedente indagine.
Il rapporto banca-impresa. Provincia di Piacenza ed Emilia-Romagna. Valori percentuali (a).
2011 (b)
GIUDIZIO SULL'ACCESSO AL CREDITO
2012 (c)
2013 (d)
PC
ER
PC
ER
PC
ER
Quantità di credito disponibile/
erogabile
Adeguato
Inadeguato
Nonsa/Non risponde
Totale
38,5
57,7
3,8
100,0
42,7
55,6
1,7
100,0
44,9
51,7
3,4
100,0
39,8
53,9
6,3
100,0
45,4
43,8
10,8
100,0
36,7
55,3
8,1
100,0
Tipologia di strumenti finanziari
offerti
Adeguato
Inadeguato
Nonsa/Non risponde
Totale
45,4
49,2
5,4
100,0
49,3
47,1
3,6
100,0
36,4
57,6
5,9
100,0
38,7
53,8
7,5
100,0
43,1
46,9
10,0
100,0
42,5
48,8
8,7
100,0
Tempi di valutazione/accettazione
richieste (e)
Adeguato
Inadeguato
Nonsa/Non risponde
Totale
42,3
53,1
4,6
100,0
45,4
51,0
3,6
100,0
42,4
54,2
3,4
100,0
40,1
51,3
8,6
100,0
43,1
46,2
10,8
100,0
36,1
55,5
8,4
100,0
Tasso applicato
Adeguato/Accettabile
Inadeguato/Oneroso
Nonsa/non risponde
Totale
28,5
65,4
6,2
100,0
28,8
68,1
3,1
100,0
21,2
74,6
4,2
100,0
22,7
71,9
5,3
100,0
26,9
64,6
8,5
100,0
25,6
66,5
7,9
100,0
Garanzie richieste
Adeguato/Accettabile
Inadeguato/Oneroso
Nonsa/non risponde
Totale
34,6
60,8
4,6
100,0
38,9
58,7
2,5
100,0
27,1
68,6
4,2
100,0
29,1
64,9
6,1
100,0
30,8
59,2
10,0
100,0
30,9
60,7
8,4
100,0
Costo complessivo del
finanziamento
Adeguato/Accettabile
Inadeguato/Oneroso
Nonsa/non risponde
Totale
30,0
62,3
7,7
100,0
32,5
63,5
4,0
100,0
26,3
63,6
10,2
100,0
25,3
64,6
10,1
100,0
26,9
63,1
10,0
100,0
23,5
67,3
9,2
100,0
(a) Nelle indagini 2011 e 2013 sono state intervistate nella provincia Piacenza e in Emilia-Romagna rispettivamente 130
e 1.500 imprese industriali, commerciali e dei servizi alle imprese. Nell’indagine 2012 sono state intervistate nella
provincia di Piacenza e in Emilia-Romagna rispettivamente 118 e 1.500 imprese industriali, commerciali e dei servizi alle
imprese.
(b) Interviste effettuate nel periodo 1 dicembre – 21 dicembre 2011.
(c) Interviste effettuate nel periodo 3 dicembre – 21 dicembre 2012.
(d) Interviste effettuate nel periodo 2 dicembre 2013 – 10 gennaio 2014.
(e) Fino all’indagine del 2011 ci si riferiva alle richieste di fido e non a un generico finanziamento. Ogni confronto con il
2012 deve essere effettuato con la dovuta cautela.
Fonte: Istituto Guglielmo Tagliacarne.
I tempi di valutazione/accettazione delle richieste di finanziamento sono stati giudicati inadeguati da poco
meno della metà delle imprese (46,2 per cento) e anche in questo caso è emersa una situazione più distesa
rispetto alla percentuale di “scontenti” di un anno prima pari al 54,2 per cento.
Le criticità maggiori permangono sotto l’aspetto del tasso d’interesse applicato. In questo caso il 64,6 per
cento delle imprese piacentine lo ha giudicato oneroso, in misura importante, ma meno ampia rispetto alla
76
Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013
cospicua percentuale rilevata un anno prima (74,6 per cento).
La richiesta di garanzie per ottenere finanziamenti è apparsa meno stringente, pur permanendo una
prevalenza d’imprese insoddisfatte. Le banche cercano comprensibilmente di cautelarsi nel concedere i
prestiti, esigenza questa che è stata acuita dal perdurare della fase recessiva, ma l’impatto è apparso più
leggero da un anno all’altro. Il 59,2 per cento delle imprese intervistate ha giudicato oneroso il costo del
finanziamento legato alle garanzie richieste dalle banche, migliorando di oltre nove punti percentuali la quota
emersa nell’indagine di un anno prima.
Se guardiamo al costo complessivo del finanziamento, si ha una percentuale di insoddisfatti pari al 63,1 per
cento, quasi la stessa di un anno prima. In regione la corrispondente percentuale si è attestata al 67,3 per
cento, in crescita di circa tre punti percentuali rispetto al 2012.
Nel 2013 la principale criticità nel rapporto con le banche è stata costituita dall’aumento dei costi e
commissioni applicate, con una percentuale di “scontenti” del 41,4 per cento, in diminuzione rispetto a un
anno prima quando si registrò una quota del 48,9 per cento. Di contro la percentuale d’imprese che non ha
dichiarato alcuna criticità è salita al 34,5 per cento, in netto recupero rispetto alla quota del 15,9 per cento
dell’anno precedente.
Un delicato aspetto del rapporto banca-imprese riguarda la richiesta di rientro da parte delle banche. Nel
secondo semestre 2013 il 21,8 per cento delle imprese piacentine ne è stato oggetto, in misura assai più
elevata rispetto alla media regionale del 13,6 per cento. Un anno prima, ma i dati erano riferiti a tutto il 2012,
la percentuale provinciale era attestata al 24,4 per cento. Pur con la dovuta cautela dovuta ai diversi periodi
presi in esame, è emersa in provincia di Piacenza una situazione più distesa, ma ancora lontana dai
parametri regionali. Da notare che nelle imprese edili, la percentuale d’imprese colpite dalla richiesta di
rientro si è attestata al 41,7 per cento, su valori piuttosto elevati, anche se meno evidenti rispetto all’abnorme
situazione dell’anno precedente (77,8 per cento).
I depositi bancari e la raccolta indiretta
23
I depositi costituiscono uno dei canali tradizionali della raccolta bancaria.
A fine dicembre 2013 le somme depositate nelle banche dalla clientela ordinaria residente e non residente,
al netto delle Istituzioni finanziarie e monetarie, sono ammontate a circa 7 miliardi e 135 milioni di euro, con
una crescita del 5,1 per cento rispetto a un anno prima, leggermente più contenuta rispetto a quanto
registrato in Emilia-Romagna (+5,9 per cento), ma più elevata nei confronti della media nazionale (+2,8 per
cento). Rispetto al trend dei dodici mesi precedenti, c’è stato un rallentamento prossimo ai quattro punti
percentuali, in sintonia con quanto avvenuto in regione e nel Paese.
Le famiglie consumatrici, che hanno rappresentato circa il 78 per cento delle somme depositate, hanno
mostrato un aumento del 5,0 per cento rispetto a un anno prima, che è corrisposto a quasi 266 milioni di
euro. La crescita del risparmio può essere interpretata come un segnale d’incertezza riguardo al futuro, ma
potrebbe anche riflettere le politiche adottate dalle banche per attirare i risparmi, proponendo forme più
appetibili come remunerazione, in cambio di vincoli temporali alla riscossione. A tale proposito non sono
disponibili dati provinciali dei depositi per forma tecnica, ma in ambito regionale a settembre 2013 le famiglie
consumatrici e soggetti assimilati hanno accresciuto del 18,5 per cento i depositi con durata prestabilita, in
misura più sostenuta rispetto all’evoluzione dei conti correnti (+6,8 per cento).
Un altro aspetto della raccolta bancaria è rappresentato da quella indiretta. Si tratta di un aggregato che
comprende i titoli di terzi in deposito a custodia o in amministrazione (al netto delle passività di propria
24
emissione), connessi con lo svolgimento di banca depositaria o con l'attività di gestione di portafogli . Si
tratta in sostanza di un altro indicatore della ricchezza del territorio. A fine settembre 2013 è stata registrata
una crescita tendenziale dell’8,2 per cento rispetto allo stesso periodo del 2012, superiore all’incremento
rilevato in regione (+4,7 per cento). Per le sole famiglie consumatrici e Istituzioni sociali private, che con
circa 5 miliardi e 545 milioni di euro hanno rappresentato l’86,9 per cento del totale della raccolta indiretta,
l’aumento è stato dell’8,8 per cento. Come accennato in precedenza, non è da escludere che tale crescita
sia da attribuire anch’essa all’incertezza nel futuro, che induce più a risparmiare che consumare.
23
Sono compresi i depositi con durata prestabilita, a vista, overnight e rimborsabili con preavviso, oltre a buoni
fruttiferi, certificati di deposito, conti correnti, pronti contro termine passivi e, a partire da dicembre 2008, anche gli
assegni circolari.
24
La valorizzazione è al fair value (valore di mercato calcolato secondo le regole previste dai principi contabili non
internazionali). Con riferimento ai soli titoli non quotati in custodia o in amministrazione, ove il fair value non sia
agevolmente determinabile, la valutazione è al valore contabile.
77
Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013
I tassi d’interesse
Il 7 novembre 2013 la Banca centrale europea ha nuovamente ridotto il tasso di riferimento, portandolo dallo
0,50 per cento d’inizio maggio al minimo storico dello 0,25 per cento. A decorrere dal 13 novembre il tasso
sulle operazioni di rifinanziamento marginali è sceso dall’1 per cento allo 0,75 per cento, mentre è stato
confermato a zero il tasso praticato sui depositi custoditi per conto delle banche commerciali.
Con tale nuovo ribasso, favorito da un’inflazione in rallentamento e forse indotto dal peggioramento di alcuni
indicatori economici, il Governatore della Bce, Mario Draghi, ha cercato di aiutare la ripresa, che dovrebbe
prendere corpo nel 2014.
Tassi attivi sui finanziamenti per cassa e per localizzazione della clientela. Provincia di Piacenza ed
Emilia-Romagna. Periodo quarto trimestre 2008 – terzo trimestre 2013.
Totale clientela ordinaria residente (a)
Rischi
Rischi a
Trimestri autoliquidanti scadenza
Rischi a
revoca
Società non finanziarie e famiglie produttrici
Famiglie consumatrici, istituzioni sociali
private e dati non classificabili
Rischi
Rischi a
autoliquidanti scadenza
Rischi
Rischi a
autoliquidanti scadenza
Rischi a
revoca
Rischi a
revoca
Piacenza
IV2008
I2009
II2009
III2009
IV2009
I2010
II2010
III2010
IV2010
I2011
II2011
III2011
IV2011
I2012
II2012
III2012
IV2012
I2013
II2013
III2013
6,08
4,64
3,79
3,38
3,33
3,28
3,23
3,38
3,44
3,55
3,78
4,16
4,60
4,74
4,78
4,83
4,99
4,91
4,82
4,91
5,99
4,46
3,40
2,88
2,58
2,49
2,45
2,51
2,64
2,74
2,96
3,17
3,29
3,21
2,96
2,73
2,57
2,53
2,59
2,63
9,20
7,56
6,67
6,09
5,92
5,81
5,92
5,95
6,34
6,39
6,58
7,00
7,18
7,39
7,40
7,53
7,12
7,27
7,69
7,73
6,08
4,63
3,78
3,37
3,32
3,27
3,23
3,37
3,44
3,54
3,78
4,16
4,61
4,74
4,78
4,83
4,99
4,91
4,83
4,92
6,05
4,41
3,32
2,76
2,52
2,43
2,40
2,46
2,62
2,73
2,96
3,19
3,34
3,25
3,03
2,81
2,65
2,62
2,68
2,72
9,22
7,58
6,71
6,11
5,88
5,82
5,94
5,95
6,37
6,43
6,63
7,37
7,53
7,75
7,81
7,99
7,51
7,73
8,23
8,24
6,08
5,91
5,46
5,35
5,44
5,36
5,24
5,47
4,81
4,85
4,81
4,92
4,53
5,05
5,22
4,98
4,94
4,51
4,37
4,58
5,90
4,59
3,66
3,25
2,91
2,84
2,75
2,77
2,82
2,89
3,05
3,22
3,23
3,16
2,88
2,65
2,47
2,44
2,47
2,49
8,89
7,24
6,16
5,76
6,54
5,68
5,58
5,90
5,72
5,70
5,76
5,79
5,91
5,88
5,64
5,35
5,07
5,18
5,41
5,52
8,43
6,91
6,16
5,89
5,83
5,98
5,93
5,98
6,23
6,35
6,52
6,84
7,04
7,60
7,67
7,52
7,41
7,65
7,61
7,53
6,58
5,90
5,51
5,24
5,23
5,27
5,28
5,25
5,21
5,27
5,34
5,50
5,29
5,64
5,75
5,75
5,57
5,58
5,65
5,57
5,83
4,60
3,79
3,39
3,09
2,99
2,89
2,89
2,96
3,02
3,15
3,28
3,32
3,20
2,96
2,81
2,70
2,73
2,76
2,76
8,40
6,97
6,02
5,77
5,62
5,58
5,43
5,21
5,26
5,30
5,41
5,73
6,01
6,02
5,90
5,74
5,52
5,64
5,63
5,60
Emilia-Romagna
IV2008
I2009
II2009
III2009
IV2009
I2010
II2010
III2010
IV2010
I2011
II2011
III2011
IV2011
I2012
II2012
III2012
IV2012
I2013
II2013
III2013
6,11
4,55
3,79
3,45
3,36
3,44
3,32
3,34
3,43
3,53
3,75
4,11
4,43
4,81
4,86
4,68
4,77
4,82
4,76
4,74
5,60
4,30
3,43
2,89
2,69
2,60
2,51
2,53
2,41
2,77
2,92
3,10
3,29
3,34
3,18
2,95
2,99
2,87
2,84
2,85
8,24
6,73
5,98
5,70
5,64
5,67
5,57
5,60
5,82
5,88
6,05
6,37
6,63
7,12
7,13
6,98
6,88
7,06
7,12
7,05
6,13
4,58
3,79
3,45
3,36
3,44
3,32
3,34
3,44
3,53
3,76
4,12
4,46
4,85
4,91
4,73
4,85
4,90
4,83
4,82
6,00
4,42
3,49
2,86
2,72
2,59
2,60
2,63
2,75
2,87
3,09
3,33
3,51
3,46
3,31
3,06
3,01
2,93
3,03
3,02
(a) Fino al primo trimestre 2010 dati riferiti al totale della clientela ordinaria residente. Dal secondo trimestre 2010 dati
riferiti al totale della clientela ordinaria residente al netto delle IFM (Istituzioni finanziarie e monetarie).
Fonte: Banca d’Italia.
Il tasso Euribor, cioè il tasso medio che regola le transazioni finanziarie in euro tra le banche europee, ha
ricalcato la tendenza al ribasso del tasso di riferimento, risultando più contenuto rispetto al livello del 2012.
78
Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013
Nella media del 2013, l’Euribor a tre mesi, che serve generalmente da base per i tassi sui mutui indicizzati, si
è attestato allo 0,22 per cento rispetto allo 0,57 per cento del 2012. Stessa sorte per quello a 6 mesi , sceso
dallo 0,83 per cento allo 0,34 per cento, e per quello a dodici mesi passato dall’1,11 allo 0,54 per cento.
Nell’ambito dei titoli di Stato quotati al Mercato telematico della Borsa di Milano c’è stato un generale
alleggerimento, che ha ricalcato quanto osservato per i tassi Euribor.
Nella media del 2013, il tasso dei Bot si è attestato allo 0,69 per cento, vale a dire 92 punti base in meno
rispetto al 2012. Quello dei Cct a tasso variabile ha seguito la stessa tendenza dei Bot, con una riduzione di
234 punti base, la più alta riscontrata tra i vari titoli quotati al Mot. Anche i Ctz hanno proposto tassi nel corso
del 2013 più contenuti rispetto al 2012, beneficiando di una riduzione media di 134 punti base. I buoni
poliennali del tesoro, tra i titoli più esposti alle turbolenze di natura politica e finanziaria, hanno evidenziato
un andamento un po’ altalenante, ma su livelli più ridotti di 123 punti base rispetto alla media del 2012. Per
quanto concerne il Rendistato, che rappresenta il rendimento medio ponderato di un paniere di titoli pubblici,
nel 2013 è stato registrato un valore medio del 3,35 per cento, vale a dire 128 punti base in meno rispetto al
2012. Il ridimensionamento dei tassi si è associato al calo degli interessi passivi. Secondo quanto contenuto
nella nota di aggiornamento del Documento di Economia e Finanza dello scorso 20 settembre, nel 2013 la
spesa, a legislazione vigente, è stata prevista in quasi 84 miliardi di euro, contro gli 86 miliardi e 717 milioni
dell’anno precedente. Le previsioni non appaiono tuttavia delle più rosee, con la prospettiva di arrivare nel
2017 a 92 miliardi e 500 milioni, se non cambia la legislazione vigente.
Nel terzo trimestre 2013 i tassi attivi della provincia di Piacenza sono apparsi leggermente meno convenienti
rispetto ai mesi precedenti, con la maggioranza delle imprese che li ha giudicati onerosi (64,6 per cento),
anche se in misura meno pesante rispetto a un anno prima (74,6 per cento).
25
Il tasso applicato alle operazioni afferenti i diffusissimi rischi autoliquidanti della totalità della clientela
residente, è salito nel terzo trimestre 2013 al 4,91 per cento, vale a dire 2 punti base in più rispetto al trend
dei quattro trimestri precedenti. Nei confronti del dato medio regionale, nel terzo trimestre 2013 è emerso un
trattamento meno favorevole, quantificabile in 17 punti base, in peggioramento rispetto alla situazione
emersa nei quattro trimestri precedenti. Se guardiamo alle condizioni proposte alle società non finanziarie e
famiglie produttrici, che comprendono gran parte del mondo della produzione di beni e servizi destinabili alla
vendita, nel terzo trimestre 2013 il tasso autoliquidante si è attestato al 4,92 per cento, superando di 3 punti
base il trend dei quattro trimestri precedenti. Si può pertanto comprendere come sia rimasta elevata la platea
d’imprese piacentine che ha reputato onerosi i tassi applicati dalle banche. La ripresa del tasso, seppure
lieve, si è associata a condizioni meno favorevoli di quelle praticate in regione, nell’ordine di 10 punti base,
confermando la forbice dei quattro trimestri precedenti. Nell’ambito delle famiglie consumatrici, assieme alle
istituzioni sociali private, i tassi attivi applicati alle operazioni autoliquidanti sono invece apparsi in calo di 12
punti base rispetto al trend dei dodici mesi precedenti, ma in questo caso le banche piacentine hanno
riservato un trattamento più favorevole rispetto alla media regionale nell’ordine di 99 punti base, migliorando
leggermente la situazione dei quattro trimestri precedenti.
26
Per quanto riguarda i tassi attivi applicati alle operazioni sui rischi a scadenza , nel terzo trimestre 2013
sono saliti al 2,63 per cento, in leggero aumento rispetto al trend del 2,61 per cento. La lieve ripresa dei tassi
non ha tuttavia avuto conseguenze sullo spread rispetto alla media regionale, che è apparso favorevole
nell’ordine di 22 punti base. Nell’ambito delle società non finanziarie e famiglie produttrici, nel terzo trimestre
2013 il tasso applicato alle operazioni sui rischi a scadenza si è attestato al 2,72 per cento, vale a dire 3
punti base in più rispetto al trend. Le imprese piacentine hanno continuato a beneficiare di condizioni
relativamente più vantaggiose rispetto alla media regionale, quantificabili in 30 punti base, confermando
nella sostanza la situazione dei quattro trimestri precedenti. I tassi applicati alle famiglie “consumatrici” e
istituzioni sociali private sono invece apparsi in leggero ridimensionamento. Nel terzo trimestre 2013 sono
scesi al 2,49 per cento, con una riduzione di 2 punti base rispetto al trend. Le relative migliori condizioni
rispetto alla media regionale si sono attestate a 51 punti base, confermando il trend.
27
Per quanto concerne i tassi riguardanti i rischi a revoca si registra una tendenza al rialzo.
Gli interessi applicati alla clientela sono di norma superiori a quelli afferenti alle operazioni autoliquidanti e a
scadenza, poiché sottintendono una maggiore rischiosità, tanto che le banche si riservano la facoltà di
25
Categoria di censimento della Centrale dei rischi nella quale confluiscono operazioni caratterizzate da una forma di
rimborso predeterminato, quali i finanziamenti concessi per consentire l’immediata disponibilità dei crediti che il
cliente vanta verso terzi. Si tratta nella sostanza di operazioni che configurano uno smobilizzo di crediti, quali ad
esempio lo sconto di portafoglio. Nel 2013 il 45,4 per cento delle imprese piacentine ha effettuato operazioni di
anticipi su fatture.
26
Categoria di censimento della Centrale dei rischi relativa a operazioni di finanziamento con scadenza fissata
contrattualmente e prive di una fonte di rimborso predeterminata, quali ad esempio mutui e anticipazioni attive non
regolate in conto corrente.
27
Categoria di censimento della Centrale dei rischi nella quale confluiscono le aperture di credito in conto corrente.
79
Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013
recedere anche senza giusta causa. Si tratta in sostanza di operazioni la cui natura è spesso influenzata dai
cicli economici. Nel terzo trimestre 2013 il tasso si è attestato al 7,73 per cento, vale a dire 33 punti base in
più rispetto al trend dei dodici mesi precedenti. Nel corso del 2013 i tassi applicati in provincia di Piacenza
sono costantemente apparsi al di sopra di quelli medi regionali, con uno spread che è andato in crescendo
nel corso dell’anno. Dalla forbice di 21 punti base del primo trimestre si è saliti ai 68 del terzo trimestre,
punta massima dal 2010. Per le imprese i tassi a revoca sono arrivati nel terzo trimestre all’8,24 per cento,
superando di 38 punti base il trend dei dodici mesi precedenti. Rispetto alla media regionale sono state
registrate condizioni meno favorevoli nell’ordine di 71 punti base, in peggioramento rispetto al trend attestato
sui 32 punti base. C’è stata in sostanza da parte delle banche piacentine una percezione di maggiore
rischiosità verso le imprese e famiglie produttrici, più accesa rispetto a quanto avvenuto in Emilia-Romagna.
Anche le famiglie “consumatrici” e istituzioni sociali private hanno registrato un aumento dei tassi a revoca,
nell’ordine di 27 punti base rispetto al trend, con condizioni apparse più favorevoli rispetto alla media
regionale nell’ordine di 8 punti base, ma in termini più contenuti rispetto alla media dei quattro trimestri
precedenti, quando il differenziale a favore era di 38 punti base.
Gli sportelli bancari e i servizi telematici
La rete degli sportelli bancari piacentini è apparsa in ridimensionamento. Dalla punta massima di 227
sportelli operativi toccata nel quarto trimestre 2008 si è arrivati ai 213 del settembre 2013, cinque in meno
rispetto a un anno prima. Stessa tendenza per l‘Emilia-Romagna, i cui sportelli sono scesi a 3.349 dopo
avere toccato il massimo di 3.608 nel mese di marzo 1999. Questi andamenti non sono che la conseguenza
del processo di razionalizzazione che le banche stanno adottando al fine di alleggerire i propri bilanci, con
prospettive di altre riduzioni.
Per quanto concerne la classificazione degli sportelli per gruppi istituzionali, in provincia di Piacenza
prevalgono le società per azioni (65,7 per cento del totale), in misura tuttavia leggermente più contenuta
rispetto alla media emiliano-romagnola e nazionale (66,9 per cento). Il peso delle Società per azioni si è
ridotto rispetto al passato. Alla base del ridimensionamento ci sono i vari processi di acquisizione, fusioni,
ecc. avvenuti in passato. In provincia di Piacenza, ad esempio, la “rottura” è avvenuta a fine 2011, quando la
28
costituzione di un nuovo soggetto bancario, il Banco popolare , ha rafforzato la compagine delle Banche
popolari e cooperative a scapito delle Spa. A fine settembre 2013 l’incidenza delle Banche popolari e
cooperative è così salita al 29,6 per cento, contro il 24,3 per cento di due anni prima, distinguendosi
significativamente dalla corrispondente quota regionale del 19,7 per cento.
Per il resto si conferma lo scarso peso delle banche di credito cooperativo, eredi delle antiche Casse rurali e
artigiane (4,2 per cento contro le media regionale del 13,0 per cento) e delle filiali di banche estere, appena
una, senza alcuna variazione dal settembre 2008. I tredici sportelli presenti in regione, gli stessi di un anno
prima, sono localizzati nelle province di Bologna, Modena, Parma, Piacenza, Ravenna e Reggio Emilia, a
fronte dei 266 attivi in Italia (320 a settembre 2012), in gran parte localizzati tra Milano (107), Roma (50),
Torino (14) e Brescia (13). La classificazione degli sportelli bancari per gruppi dimensionali di banche
conferma lo sbilanciamento della provincia piacentina verso la dimensione “media” - i fondi intermediati sono
compresi tra i 9 e i 26 miliardi di euro – la cui quota a fine settembre 2013 è stata del 41,3 per cento, a fronte
della media emiliano-romagnola del 19,4 per cento e nazionale del 21,6 per cento. Per restare in ambito
regionale si tratta di una peculiarità che Piacenza divide con la sola provincia di Parma (42,1 per cento). Nei
rimanenti gruppi dimensionali la provincia di Piacenza registra di conseguenza incidenze inferiori alla media
regionale, con una particolare accentuazione per le banche “grandi” e “minori”. Le prime, i cui fondi
intermediati medi sono compresi tra i 26 e i 60 miliardi di euro, hanno inciso per il 2,3 per cento rispetto alla
media regionale del 9,3 per cento e anche in questo caso è da sottolineare l’impatto dei processi di fusione,
accorpamenti ecc. dato che a fine dicembre 2011 pesavano per il 6,4 per cento. La quota delle banche
“minori” – i fondi intermediati medi sono inferiori a 1,3 miliardi di euro - si è attestata all’8,5 per cento, ben al
di sotto della media sia regionale (15,3 per cento) che nazionale (15,5 per cento). Questa situazione è per
certi versi coerente con lo scarso peso che in provincia di Piacenza rivestono le Banche di credito
cooperativo, spesso costituite da istituti di piccole proporzioni che operano prevalentemente, per obblighi di
statuto, nel territorio in cui risiedono.
L’ultima analisi sulla struttura bancaria piacentina verte sui servizi telematici offerti dalle banche alla propria
29
clientela. Per quanto concerne i Pos , il commento è limitato al confronto con il solo anno precedente,
28
Il Banco Popolare è nato dalla fusione per incorporazione della Banca popolare di Verona – Banco di San Geminiano
e San Prospero, della Banca popolare di Lodi, della Cassa di Risparmio di Lucca, Pisa e Livorno, della Banca
popolare di Cremona e della Banca popolare di Crema.
29
Si tratte delle apparecchiature che consentono l’addebito automatico sul proprio conto bancario delle spese sostenute
presso gli esercizi commerciali.
80
Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013
poiché da inizio 2012 si sono aggiunti a banche e intermediari finanziari anche gli istituti di pagamento con
sede in Italia. A inizio 2013 quelli attivi sono ammontati a 7.712, con un calo del 3,5 per cento rispetto
all’analogo periodo dell’anno precedente, che è apparso in linea con quanto avvenuto in Emilia-Romagna (2,3 per cento) e Italia (-7,8 per cento). Se rapportiamo il loro numero alla popolazione residente, la provincia
di Piacenza ne ha registrati 2.693 ogni 100.000 abitanti, a fronte della media emiliano-romagnola di 2.713 e
nazionale di 2.447.
30
Nell’ambito degli Atm a inizio 2013 ne sono risultati attivi 261, rispetto ai 272 di inizio 2012 e 169 di inizio
1998. La riduzione è apparsa in linea con quanto avvenuto in Emilia-Romagna, la cui consistenza è scesa a
4.350 unità, dopo avere toccato il picco di 5.055 unità a inizio 2009. In rapporto alla popolazione, Piacenza
ha registrato una densità di 91,2 Atm ogni 100.000 abitanti, al di sotto della media regionale di 99,4.
31
I servizi di home e corporate banking a inizio 2013 hanno coinvolto 87.752 famiglie contro le 80.732 di
inizio 2012 e 13.638 tra enti e imprese, vale a dire l’11,5 per cento in più rispetto all’anno precedente. Siamo
alla presenza di un andamento assai dinamico, se si considera che a inizio 1998 il fenomeno interessava
appena 470 famiglie e 1.190 tra enti e imprese. Un analogo andamento ha caratterizzato la regione, i cui
servizi alle famiglie, tra inizio 1998 e inizio 2013, sono cresciuti da 5.421 a 1.548.985, mentre per enti e
imprese si è passati da 24.277 a 230.766. Anche in Emilia-Romagna i servizi dedicati alle famiglie sono
aumentati rispetto a un anno prima (+6,3 per cento) e altrettanto è avvenuto per quelli destinati a enti e
imprese (+13,6 per cento).
La densità dei servizi alle famiglie di home e corporate banking sulla popolazione vede Piacenza nelle ultime
posizioni della regione - è settima davanti a Ferrara e Forlì-Cesena - con 3.065 clienti ogni 10.000 abitanti, a
fronte della media regionale di 3.539 e nazionale di 3.038. La densità più elevata è stata nuovamente
riscontrata a Bologna con 4.381 servizi alle famiglie ogni 10.000 abitanti. Per quanto concerne enti e
imprese, Piacenza ha registrato una densità di 476 clienti ogni 10.000 abitanti, inferiore a quella regionale di
527. Il primo posto è stato nuovamente occupato da Bologna, con una densità di 638 clienti ogni 10.000
abitanti, seguita da Rimini con 598. Piacenza è risultata quinta, precedendo Ferrara, Forlì-Cesena, Ravenna
e Reggio Emilia.
I servizi di Phone banking che sono attivabili tramite la digitazione di codici via telefono, a inizio 2013 sono
ammontati a 68.374, vale a dire il 30,3 per cento in più rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Un
andamento ugualmente positivo, ma più sfumato, ha riguardato l’Emilia-Romagna (+10,4 per cento), mentre
in Italia c’è stata una flessione del 10,1 per cento. La diffusione sulla popolazione piacentina del Phone
banking è stata di 2.231 servizi ogni 10.000 abitanti, a fronte della media emiliano-romagnola di 1.728 e
nazionale di 1.448. La provincia di Piacenza ha evidenziato la diffusione più elevata della regione, dopo
quella di Parma.
L’occupazione
32
Secondo i dati Smail afferenti ai servizi finanziari, escluso le assicurazioni e fondi pensione, la provincia di
Piacenza a giugno 2013 contava su 1.780 addetti (esclusi gli interinali), distribuiti in 244 unità locali presenti
sul territorio. Rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, la consistenza degli addetti è diminuita del
4,8 per cento (-2,4 per cento in regione), in misura più accentuata rispetto al calo osservato nella totalità
delle attività economiche (-1,8 per cento). La diminuzione è stata essenzialmente determinata dai dipendenti
(-4,7 per cento), che costituiscono il grosso degli addetti (98,7 per cento), mentre gli imprenditori sono scesi
da 25 a 22. Se il confronto è effettuato con la situazione in essere a giugno 2008 si ha una diminuzione
degli occupati più accentuata (-6,5 per cento) a fronte del corrispondente calo regionale del 2,8 per cento. La
razionalizzazione delle strutture bancarie passa anche attraverso la riduzione di personale.
Le prospettive sull’evoluzione del credito
L’osservatorio sul credito del sistema camerale consente di valutare le intenzioni delle imprese relative alla
domanda di finanziamenti nei primi sei mesi del 2014. Nel secondo semestre 2013 il 15,4 per cento delle
imprese piacentine ha manifestato l’intenzione di richiedere un finanziamento alle banche o ad altri soggetti
comprese le Poste Italiane Spa, in misura appena superiore alla media regionale (15,7 per cento). Nella
30
Si tratta di apparecchiature automatiche abilitate a operare con il pubblico per effettuare determinate operazioni (i
bancomat sono tra questi).
31
Rappresentano i servizi dispositivi e/o informativi prestati alla clientela per via telematica.
32
Smail (sistema di monitoraggio annuale delle imprese e del lavoro) include tutte le imprese private iscritte alla
Camera di commercio. Sono escluse le attività della Pubblica amministrazione, le istituzioni pubbliche e private
senza obbligo di iscrizione alla Camera di commercio e le attività libero professionali non costituite in forma
d’impresa.
81
Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013
rilevazione dell’anno precedente la platea d’imprese intenzionate a richiedere un finanziamento era apparsa
un po’ più elevata (16,1 per cento) e lo stesso è avvenuto in regione (13,4 per cento). La principale
motivazione della richiesta di finanziamenti è stata rappresentata dal fare fronte alla gestione corrente (70,0
per cento), in misura largamente superiore alla quota del 26,3 per cento rilevata un anno prima. La
percentuale d’imprese che ha previsto di richiedere finanziamenti per realizzare nuovi investimenti si è
attestata al 35,0 per cento, in crescita rispetto alla percentuale del 31,6 per cento rilevata un anno prima. In
pratica se è apparso un po’ meno ampio il numero d’imprese intenzionato a finanziarsi, è tuttavia aumentata
la propensione a realizzare nuovi investimenti e tale andamento sembra sottintendere un timido
miglioramento delle aspettative verso una ripresa che dovrebbe manifestarsi dai primi mesi del 2014. Alla
crescita della propensione a investire si è associato il calo dei finanziamenti destinati a coprire i ritardi nei
pagamenti dei clienti. Nella rilevazione eseguita nel dicembre 2012, la percentuale d’imprese piacentine che
doveva ricorrere alle banche per far fronte ai ritardi era stata del 26,3 per cento. Un anno dopo si riduce al
20,0 per cento.
82
Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013
Analisi settoriali
AGRICOLTURA
L’inquadramento regionale
Secondo le rilevazioni del servizio IdroMeteoClima dell’Arpa Emilia Romagna, terminata la grande siccità del
2012, l’annata agraria 2013 è iniziata in condizioni meteorologiche completamente diverse con precipitazioni
molto elevate e persistenti. In alcune aree una simile piovosità non si ritrovava dall’inizio delle rilevazioni
meteo, in molte altre è comunque necessario risalire ai primi decenni del secolo scorso (1920-1930).
In diverse stazioni i valori cumulati di pioggia dei primi mesi dell’anno risultano i più elevati di serie storiche
con inizio dal 1920 o antecedenti. Le anomalie più elevate rispetto al clima si sono verificate nelle aree del
settore centrale ed occidentale (dal bolognese al piacentino), scostamenti meno elevati, ma comunque
importanti, su ferrarese e Romagna.
L’estate è stata secca con brevi ma intense ondate di caldo e punte di temperatura massima localmente
eccezionali. Anche se resa meno evidente dall’andamento meteorologico precedente, l’estate ha avuto
caratteristiche siccitose: da giugno alla metà di agosto su gran parte della regione le piogge cumulate del
periodo sono state meno del 50% di quelle attese secondo il clima 1991-2010 e in aree centro-occidentali
meno del 25%. Riguardo alle temperature gli scostamenti medi della stagione sono stati positivi e contenuti
entro 1 °C, i valori massimi giornalieri hanno inve ce raggiunto punte tra le più elevate degli ultimi 20 anni,
compresi quindi 2003 e 2012, con misure superiori a 40°C in diverse stazioni del settore centrale ed
orientale.
L’autunno è stato caldo (tra 1 e 2 °C più elevato r ispetto al clima 1991-2010) e con piogge in generale
prossime alla norma (scostamenti negativi e positivi compresi entro il 25% rispetto al clima 1991-2010).
L’assessorato all’Agricoltura della Regione Emilia Romagna ha reso noto nei mesi scorsi che per la prima
volta dopo tre anni la Plv (Produzione lorda vendibile) è calata nel 2013 di circa il 3,2%. Le piogge primaverili
sono state le principali responsabili di questa battuta di arresto per l’agricoltura della regione. Molte le colture
compromesse: le bietole da seme, ad esempio, non sono state proprio messe a dimora perché troppo in
ritardo, mentre interi campi di riso non sono stati neppure raccolti. La perdita in valore per la Plv viene
stimata dall’Assessorato regionale in quasi 150 milioni di euro; il “fatturato” si dovrebbe così attestare attorno
ai 4,4 miliardi. Hanno pesato anche i bassi prezzi di mercato e l’incremento dei costi di produzione. Nel
medio-lungo periodo l’Emilia-Romagna rivela però una significativa tenuta: partendo dal 2008 (inizio della
recessione) il valore della produzione agricola in regione è aumentato del 12%, confermandosi un volano di
crescita economica e occupazionale per sé e per i settori ad essa legati. Pesano però i maggiori costi
rispetto al resto d’Europa, pressione fiscale e burocrazia comprese, e il rapporto non facile con il mercato e il
consumatore finale. Le difficoltà degli agricoltori locali dovrebbero trovare una prima risposta dalle novità
annunciate con la nuova Pac: fra tutte il cofinanziamento Ue per le assicurazioni contro il maltempo e i fondi
mutualistici per gestire situazioni di crisi.
A determinare il parziale risultato negativo della Plv è stata la deludente performance dei seminativi (-17,9%),
per il contemporaneo calo di cereali (-17,6%), patate e ortaggi (-4,6%) e, nell’ambito delle colture industriali,
della barbabietola da zucchero (-21,7%). All’origine della diminuzione del valore economico c’è la flessione
dei prezzi di molte produzioni - in particolare tra cereali e colture industriali - e delle rese medie per ettaro.
Nonostante i risultati non particolarmente favorevoli registrati da albicocche, ciliegie, pesche e nettarine, il
bilancio complessivo previsto per il comparto frutta è positivo, con un incremento stimato fra il 16-17%.
Sono però possibili aggiustamenti derivanti dalla campagna di commercializzazione per mele, pere e
actinidia.
L’andamento meteo climatico per le uve è stato più favorevole di quello 2012, dopo una primavera
particolarmente piovosa, l’estate 2013 è stata infatti una tipica estate padana con caldo e condizioni di
siccità, tali tuttavia da non procurare particolari sofferenze ai vigneti, che hanno comunque potuto contare
sulla microirrigazione di soccorso e adeguate riserve idriche. Le notti fresche hanno inoltre costituto un
elemento molto positivo per il corretto sviluppo della componente aromatica. Dopo le vendemmie precoci
degli ultimi anni (in particolare quella 2012, condizionata da un’estate particolarmente calda e siccitosa), la
raccolta dell’uve nel 2013 è iniziata più regolarmente, alla fine di agosto per i bianchi precoci, le basi
spumanti e frizzanti, dal 3 al 10 settembre per Ortrugo, Pignoletto e Malvasia, dal 20 settembre in poi per il
Lambrusco, seguito a ottobre dagli altri rossi come Sangiovese e Cabernet.
Buono anche lo stato sanitario delle uve. Sotto il profilo produttivo si constata una decisa crescita dei volumi
rispetto all’annata precedente (+15%), mentre per quanto riguarda gli andamenti di mercato si profila una
diminuzione delle quotazioni medie del vino, che dovrebbe condurre ad una lieve contrazione del valore
complessivo della produzione vitivinicola regionale.
83
Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013
Il quadro del settore allevamenti ha presentato una situazione nel complesso stazionaria. La flessione del
fatturato che ha interessato bovini e suini - a seguito principalmente di volumi produttivi più contenuti - è
stata compensata dalla crescita degli avicunicoli (+9,3%), che hanno invece beneficiato di un tendenziale
rialzo dei prezzi di mercato. Stabile, infine, la situazione del comparto lattiero-caseario: infatti non si sono
registrate sostanziali variazioni rispetto al 2012 sia in termini produttivi che di mercato.
La situazione provinciale
Dal punto di vista climatico il territorio piacentino non ha visto situazioni molto differenti rispetto a quanto già
descritto per l’insieme della regione. A gennaio, febbraio e marzo le precipitazioni intense hanno determinato
la ricarica della capacità di campo dei terreni ma, soprattutto a marzo, hanno reso difficoltoso l’ingresso in
campo delle macchine per le lavorazioni di affinamento, per le semine ed i primi trapianti.
Anche ad aprile vi sono state piogge superiori alla norma: solo una provvidenziale combinazione di una
tregua nelle piogge e temperature elevatissime ha reso possibile entrare in campo e, non senza difficoltà,
procedere alle semine e ai trattamenti più urgenti. Le maggiori anomalie si sono verificate nei terreni di
bassa pianura, nella fascia adiacente al corso del Po.
Maggio è stato contraddistinto in regione da tre tornado molto intensi che fortunatamente hanno risparmiato
il piacentino, ma la piovosità ha continuato ad essere superiore alla norma. Questa situazione ha creato
problemi per la diffusione delle malattie batteriche e fungine. Giugno è stato invece caratterizzato da scarse
piogge ed elevate temperature, producendo un bilancio idroclimatico negativo che ha portato alla rapida
diminuzione del contenuto idrico dei terreni, in particolare nei primi 50 centimetri. A luglio ed agosto le
temperature sono state eccezionalmente alte, rientrando nella norma con i tradizionali temporali di metà
agosto. Grazie alle elevatissime precipitazioni dei mesi precedenti molte colture hanno potuto soddisfare
buona parte delle loro esigenze idriche raggiungendo la falda ipodermica che si è mantenuta a livelli poco
profondi.
Dopo un settembre caldo e siccitoso ad ottobre si sono registrate elevatissime temperature nell’ultima
decade. L’andamento meteo ha permesso regolari lavorazioni dei terreni e le prime semine di frumento ed
orzo: le elevate condizioni di umidità hanno favorito una rapida germinazione ma con un elevato pericolo di
virosi. A novembre si è verificato un improvviso calo delle temperature a fine mese che ha causato delle
gelate. L’alta pressione persistente durante le prime due decadi del mese di dicembre ha diviso nettamente
le condizioni meteo di pianura da quelle di collina e montagna. Sui rilievi del piacentino, a causa di un
particolare fenomeno di foehn, si sono raggiunte punte massime elevatissime per il periodo: 18 gradi
registrati il 4 dicembre alla stazione di Selva di Ferriere a 1109 m di quota mentre in pianura non si
superavano i 9 °C. L’ultima decade ha visto invece una netta variazione delle condizioni meteo con piogge
elevatissime sul crinale appenninico.
L’analisi puntuale delle superfici dedicate alle diverse coltivazioni così come i dati di produzione sono
elaborati dall’ufficio Statistiche agrarie dell’Amministrazione provinciale.
Il primo dato rilevabile mettendo a confronto le superfici investite con coltivazioni erbacee è che tra il 2012 ed
il 2013 ve ne è stata una riduzione pari al 5,5% (da 56.787 ettari a 53.639 ettari). Il dato è chiaramente
diversificato a livello di singola coltivazione ma complessivamente il segno meno della variazione compare in
14 casi sui 24 descritti. Il 38,5% della superficie è destinato alla coltivazione del frumento tenero (20.630
ettari), in leggero aumento (+2%) rispetto al 2012. Al secondo posto, per estensione si trova il mais (14.865
ettari, 27,7% del totale) e quindi al terzo il pomodoro da industria (13,3% della superficio, pari a 7.130 ettari).
Sia la coltivazione del mais che quella del pomodoro da industria hanno visto una contrazione delle superfici
tra il 2012 ed il 2013. Incrementi piuttosto significativi delle aree coltivate sono ascrivibili a pisello proteico
(+82%), pomodoro da tavola (+74%) e cocomero (+70%): si parla però di estensioni molto meno
significative. L’esame delle rese prodotte per ognuna delle coltivazioni è decisamente sconfortante rispetto
all’anno prima: aumenti sono riconducibili solo a melone (+24%), fagiolo e fagiolino (+19%), pisello (+5%),
pomodoro da tavola (+3%) e patata comune (+2%). La variazione è stata invece negativa in tutti gli altri casi
con valori sempre piuttosto significativi (compresi tra il -50% del cocomero al -8% del pomodoro da
industria).
La combinazione tra la riduzione delle superfici e quella diffusa delle rese unitarie ha fatto sì che la
produzione complessiva sia aumentata solo per il pomodoro da tavola (da 110.500 quintali a 199.000
quintali) e per il pisello proteico (da 1.960 quintali a 3.000 quintali).
E’ interessante osservare che per alcune coltivazioni erbacee il peso della produzione piacentina rispetto a
quella regionale risulta piuttosto determinante: è infatti “maturato” a Piacenza il 79,6% del pomodoro da
tavola emiliano romagnolo, il 34,7% del pomodoro da industria, il 34,2% dell’aglio e scalogno, il 26% del
fagiolo e fagiolino, il 17% del pisello proteico, il 13% della cipolla, l’11,5% del mais ed ancora l’11.2% del
frumento tenero.
84
Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013
Provincia di Piacenza: coltivazioni erbacee e produzioni, 2012 e 2013 e variazioni
Superficie totale
Produzione tot (q.li x
COLTIVAZIONI
Resa q.li x ha
(ha)
ha)
ERBACEE
2013
2012
VAR.%
2013
2012
VAR.%
2013
2012
Frumento
20.150
2
53
75
-30 1.084.450 1.513.500
20.630
tenero
Frumento duro
2.113
2.770
-24
41
66
-39
85.940
183.900
Orzo
3.005
2.805
7
46
52
-11
139.320
146.000
Avena
20
60
-67
30
34
-14
592
2.060
Mais
14.865
15.420
-4
65
97
-33
966.250 1.500.400
Sorgo
165
340
-51
52
68
-23
8.600
22.950
Pisello proteico
100
55
82
30
36
-16
3.000
1.960
Patata comune
55
63
-13
164
160
2
9.000
10.100
Asparago
28
28
0
35
50
-30
630
900
Fagiuolo e
1.530
-18
75
63
19
94.125
96.600
fagiolino
1.255
Pisello
410
621
-34
55
53
5
22.650
32.655
Aglio e
scalogno
215
215
0
100
124
-20
21.500
26.725
Cipolla
390
450
-13
350
400
-13
136.500
180.000
Cocomero
68
40
70
300
600
-50
20.400
24.000
Pomodoro da
tavola
296
170
74
672
650
3
199.000
110.500
Pomodoro da
industria
7.130
8.590
-17
703
760
-8 5.012.900 6.529.800
Popone o
melone
44
64
-31
300
242
24
13.200
155.000
Zucchina e
zucca
180
160
13
120
180
-33
21.600
28.800
Colza
106
240
-56
20
31
-36
2.120
7.480
Girasole
460
525
-12
15
25
-40
6.900
13.125
Soia
1.090
950
15
20
26
-22
21.800
24.200
Altri cereali
144
196
-27
30
35
-14
4.320
6.840
Segale
10
10
0
20
30
-33
200
300
Barbabietola
da zucchero
860
1.335
-36
480
620
-23
412.800
828.240
Fonte: Amm. Prov.le servizio agricoltura e Regione Emilia Romagna – Dir.Gen. Agricoltura
VAR.%
-28
-53
-5
-71
-36
-63
53
-11
-30
-3
-31
-20
-24
-15
80
-23
-91
-25
-72
-47
-10
-37
-33
-50
Passando invece a considerare l’ambito delle coltivazioni foraggere, l’unica variazione di rilievo da annotare
a livello di superfici riguarda i prati permanenti passati ad occupare 12.420 ettari rispetto ai 9.820 del 2012.
Immutata la superficie per erbai (10.390 ettari), erba medica (28.000 ettari), pascoli (4.450 ettari). Per quanto
invece riguarda la produzione totale il segno della variazione è stato negativo nelle quattro diverse categorie.
Provincia di Piacenza: coltivazioni arboree e produzioni, 2012 e 2013 e variazioni
Superficie totale
Superficie in
(ha)
Var.
produz. (ha)
Var.
Rese q.li per ha Var.
2013
2012 %
2013
2012 %
2013
2012 %
Melo
57
65
-12
49
51
-4
177
253 -30
Pero
129
144
-10
112
113
-1
136
208 -34
Albicocca
15
15
0
10
7
43
190
250 -24
Ciliegio
109
107
2
101
100
1
80
120 -34
Pesco
30
29
3
28
26
8
178
199 -11
Susino
25
20
25
18
16
13
80
160 -50
Olivo
21
21
0
11
11
0
3
1 257
Uva da tavola
25
25
0
20
15
33
98
98
0
Uva da vino
5.876
5.903
0
5.771
5.734
1
91
88
3
Fonte: Amm. Prov.le servizio agricoltura e Regione Emilia Romagna – Dir.Gen. Agricoltura
COLTIVAZ.NI
LEGNOSE
Produzione totale
(q.li)
Var.
2013
2012 %
8.670
12.920 -33
15.230
23.460 -35
1.900
1.750
9
8.060
12.000 -33
4.990
5.180
-4
1.440
2.560 -44
27
8 238
1.950
1.465
33
522.056
503.412
4
Nella sezione delle coltivazioni arboree la superficie totale è diminuita di 0,7 punti percentuali soprattutto per
effetto del calo che ha interessato gli investimenti a melo (-12%) e pero (-10%). In aumento invece
l’estensione di frutteti a susino, ciliegio e pesco. Diversa è però la superficie in produzione: in calo ancora
per melo e pero, in aumento per altre specie. Le rese sono state piuttosto deludenti se raffrontate con l’anno
precedente: di positivo c’è solo l’incremento a carico di olivo (triplicato) e vite da vino (+3%). Grazie al gioco
tra investimenti e rese unitarie tra il 2012 ed il 2013 si sono raccolte complessivamente quantità maggiori di
albicocche (+9%), olive (+238%), uva da tavola (+33%) e uva da vino (+4%). Fatta pari a 100 la produzione
complessiva regionale per categoria, si producono a Piacenza il 100% dell’uva da tavola, il 6,9% delle
ciliegie, il 5,5% dell’uva da vino e percentuali quasi irrilevanti (ben al di sotto dell’1%) degli altri frutti.
85
Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013
Passando al settore lattiero caseario e in particolare al Grana padano, si può osservare come il 2011 abbia
di fatto rappresentato il picco di forme prodotte (588.855) cui si era accompagnato anche il prezzo a
chilogrammo maggiore nel più recente passato. Nel 2013 la produzione è risultata in calo del 6% circa
sull’anno prima ed il prezzo medio ha subito una riduzione del 2,7%. La produzione piacentina che era
arrivata –nel 2011- a pesare il 12,64% sul totale nazionale è scesa all’11,32%.
Provincia di Piacenza: serie storica delle forme di Grana Padano prodotte e del prezzo al kg.
700.000
10,00
9,00
600.000
8,00
500.000
7,00
400.000
6,00
5,00
300.000
4,00
200.000
3,00
2,00
100.000
1,00
Forme prodotte
20
10
20
12
20
06
20
08
0,00
19
92
19
94
19
96
19
98
20
00
20
02
20
04
19
88
19
90
0
Prezzo medio al kg
Fonte: Consorzio tutela Grana padano - Camera Commercio di Piacenza
La consistenza del patrimonio zootecnico provinciale si è modificata tra il 2012 ed il 2013 con riguardo a tutte
le principali componenti. I bovini (80.973 capi complessivamente) sono aumentati nel complesso dell’1,4%
(+4,1% per le vacche da latte, -50,5% per i tori ed altre vacche), gli ovini-caprini (5.195) sono aumentati
dell’1,6%, equini (4.255) e suini (93.355) sono diminuiti rispettivamente del 7,3% e del 17,2%.
La produzione lorda vendibile agricola piacentina (PLV), secondo i dati provenienti dall’Assessorato
all’agricoltura della Regione Emilia Romagna, si è attestata a 375,19 milioni di euro (erano 424,01 milioni di
euro nel 2012), con un decremento del 11,5% sull’anno precedente. Alla riduzione hanno contribuito
sostanzialmente i cereali (-45%), ma un apporto negativo è collegato anche a patate ed ortaggi, piante
industriali e arboree.
La voce più rilevante nella composizione della PLV provinciale è quella degli allevamenti che ne spiegano il
55,3% (207,38 milioni di euro, in crescita sul 2012). Alle coltivazioni erbacee si deve invece il 34,1% del
totale (127,96 milioni di euro). La parte restante (10,6%) si imputa alle coltivazioni arboree (39,84 milioni di
euro).
Provincia di Piacenza: produzione lorda vendibile divisa per settori, 2013 e variazione rispetto al 2012
Valore PLV in
mil di euro
Cereali
Patate e Ortaggi
Piante Industriali
Altre Erbacee
Arboree Totale
di cui vino
Var. 20122013
46,27
69,08
2,83
9,78
39,84
-45,0
-7,5
-55,7
13,5
-17,9
35,50
-16,6
Allevamenti
207,38
2,8
Totale
375,19
-11,5
Fonte: Assessorato all’agricoltura Regione Emilia Romagna
86
Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013
Nell’ambito dei cereali la quota maggiore di PLV è ascrivibile al frumento tenero (22,88 milioni di euro)
mentre fino al 2011 questo ruolo toccava al mais, nella sezione patate e ortaggi primeggia il pomodoro da
industria (41,61 milioni di euro). Passando alle coltivazioni arboree la voce più importante è quella delle
ciliegie (2,14 milioni di euro). Il vino contribuisce alla PLV provinciale con 35,5 milioni di euro. Nella parte
zootecnica invece il dato più alto è associato al latte vaccino che vale 113,2 milioni di euro.
La provincia che più contribuisce alla costruzione della PLV regionale è quella di Ferrara (15,3%), seguita da
Modena (13,5%), Ravenna e Forlì Cesena (13% per ciascuna), Reggio Emilia (12,6%), Parma (11,6%),
Bologna (10%), Piacenza (8,6%) e quindi Rimini (2%).
Ferrara primeggia per effetto del contributo delle produzioni vegetali (erbacee in particolar modo), Ravenna
ha la PLV maggiore legata alle coltivazioni arboree e Parma alle produzioni zootecniche.
La borsa merci della Camera di commercio esegue a cadenza periodica rilevazioni dei prezzi di alcuni
prodotti agricoli e capi zootecnici, tra i più commercializzati in provincia. Senza scendere nel dettaglio
delle singole voci è possibile rilevare alcune tendenze. Così ad esempio si nota che, tra il 2012 ed il 2013, è
diminuita in generale la quotazione del frumento tenero ed aumentata quella del duro, si è ridotta la
quotazione del mais mentre l’orzo ha segnato una variazione positiva per il pesante e negativa per il leggero.
La valutazione della soia è cresciuta. In crescita anche le quotazioni del burro (sia zangolato che di
affioramento). Nell’ambito dei bovini da allevamento vi è una prevalenza di variazioni di segno negativo
mentre in seno alla categoria di quelli da macello aumenti e decrementi si equivalgono a livello di frequenza.
In seno ai foraggi tutte positive le variazioni di prezzo, fatta eccezione per la paglia di frumento pressata in
rotoballe. L’aglio secco ha visto una riduzione piuttosto consistente mentre per le cipolle di produzione locale
si è registrato un incremento. Da ultimo i vini, la cui valutazione è cresciuta sia con riferimento alla vendita in
bottiglia che in damigiana.
Provincia di Piacenza: media annuale dei prezzi di alcuni prodotti agricoli
Media annuale
Variazione %
2012
2013 2012/2013
CEREALI
- Grano tenero:
varietà speciali di forza
superfino
fino
buono mercantile
- Grano duro nazionale
- Granoturco
- Orzo:
leggero
pesante
- Soia in granella
q.le
q.le
q.le
q.le
q.le
q.le
25,32
24,02
23,29
22,93
27,11
22,11
24,05
22,98
22,27
21,61
27,44
20,82
-5,0
-4,3
-4,4
-5,8
1,2
-5,8
q.le
q.le
q.le
21,33
22,45
43,85
19,78
24,21
45,89
-7,3
7,8
4,7
Kg.
Kg.
Kg.
8,79
8,42
7,55
8,65
8,19
7,00
-1,6
-2,7
-7,3
Kg.
Kg.
2,28
2,24
2,93
2,88
28,5
28,6
Kg.
Kg.
Kg.
2,15
1,33
1,25
1,79
1,01
1,32
-16,7
-24,1
5,6
Kg.
capo
capo
capo
1,18
387,92
988,43
786,47
1,30
370,00
990,00
790,00
10,2
-4,6
0,2
0,4
capo
capo
capo
552,43
1.249,06
811,56
545,00
1.225,00
815,00
-1,3
-1,9
0,4
capo
capo
capo
734,93
818,68
1.349,47
725,00
810,00
1.325,00
-1,4
-1,1
-1,8
Kg.
2,39
2,62
9,6
Kg.
Kg.
Kg.
1,89
1,48
1,37
1,90
1,52
1,39
0,5
2,7
1,5
LATTICINI
- Grana Padano
stagionato 20 mesi (riserva)
stagionato 12-15 mesi
stagionato 9 mesi
- Burro
di affioramento
zangolato
BOVINI DA ALLEVAMENTO
- Vitelli incroci con razze da carne
- Vitelli nostrani, M e F da 45 a 50 kg
- Vitelloni nostrani da ingrasso 6-12 mesi
- Vitelloni nostrani da ingrasso 12-18
mesi
- Manzette fino a 12 mesi
- Manze gravide oltre 6 mesi 1^ scelta
- Vacche da latte 1^ scelta
Iscritto al Libro Genealogico Ordinario :
- Manzette fino a 12 mesi
- Manze gravide oltre i 6 mesi
- Vacche da latte
Iscritto al Libro Genealogico Avanzato :
- Manzette fino a 12 mesi
- Manzette oltre 12 mesi
- Manze gravide oltre 6 mesi
BOVINI DA MACELLO
- Vitelli comuni nostrani
Vitelloni inferiori a 24 mesi:
- Vitelloni extra incroci con razze da carne
- Vitelloni nostrani 1^ qualità
- Scottone nostrane 1^ qualità
87
Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013
- Manzarde
- Vacche : - 1^ qualità
- 2^ qualità
- 3^ qualità
Vitelloni e scottone extra di razze da carne:
- Limousine, medie M e F
- Charolllaise, medie M e F
Altre razze importate, medie M e F
Kg.
Kg.
Kg.
Kg.
1,24
1,20
1,03
0,75
1,09
1,07
0,89
0,62
-12,1
-10,8
-13,6
-17,3
Kg.
Kg.
Kg.
2,43
2,36
2,15
2,45
2,36
2,15
0,8
0,0
0,0
q.le
q.le
q.le
9,63
9,76
10,06
10,61
13,06
13,60
10,2
33,8
35,2
q.le
q.le
q.le
q.le
9,32
9,53
9,93
6,79
10,77
13,51
13,89
5,38
15,6
41,8
39,9
-20,8
q.le
165,00
135,00
-18,2
q.le
q.le
23,00
16,00
35,94
19,50
56,3
21,9
q.le
40,50
n.q.
-
euro/l
euro/l
euro/l
euro/l
euro/l
euro/l
0,55
0,70
0,82
0,82
0,80
0,83
0,68
0,78
1,00
1,00
0,90
0,90
23,6
11,4
22,0
22,0
12,5
8,4
euro/l
euro/l
1,92
2,10
2,05
2,10
6,8
0,0
euro/l
euro/l
euro/l
euro/l
euro/l
euro/l
euro/l
euro/l
euro/l
1,60
1,70
1,90
1,90
1,90
1,90
1,90
2,00
2,00
1,70
1,85
2,00
2,00
2,00
2,00
2,00
2,00
2,00
6,2
8,8
5,3
5,3
5,3
5,3
5,3
0,0
0,0
euro/cad
euro/cad
euro/cad
euro/cad
euro/cad
euro/cad
euro/cad
euro/cad
euro/cad
euro/cad
euro/cad
euro/cad
euro/cad
euro/cad
3,75
5,05
2,67
2,96
4,30
2,65
2,80
3,00
3,00
2,80
3,85
4,85
3,70
3,70
3,70
5,05
2,90
3,25
4,30
3,15
3,15
3,15
3,15
3,15
3,85
4,85
3,70
3,70
-1,3
0,0
8,6
9,8
0,0
18,9
12,5
5,0
5,0
12,5
0,0
0,0
0,0
0,0
FORAGGI
Fieno di prato stabile
- 1^ sfalcio
- 2^ sfalcio
- 3^ sfalcio
Fieno di erba medica
- 1^ sfalcio
- 2^ sfalcio
- 3^ sfalcio
Paglia di frumento pressata in rotoballe
ORTOFRUTTICOLI
Aglio piacentino :
- Secco
Cipolle di produzione locale :
- Borretane
- Bianche
Pomodoro da tavola :
- lungo
VINI
Vino D.O.C. "Colli Piacentini" -cisterna
- Barbera
- Bonarda
- Malvasia Secco
- Malvasia Dolce
- Monterosso Val D'Arda
- Trebbianino Val Trebbia
Vino D.O.C. - damigiana
- Gutturnio
- Ortrugo
Vino D.O.C."Colli Piacentini" -damigiana
- Barbera
- Bonarda
- Malvasia Secco
- Malvasia Dolce
- Monterosso Val D'Arda
- Trebbianino Val Trebbia
- Val Nure
- Pinot Nero e Grigio
- Sauvignon
Vino D.O.C. "Colli Piacentini" - bottiglia
- Gutturnio Superiore
- Gutturnio Riserva
- Barbera
- Bonarda
- Cabernet Sauvignon
- Malvasia Secco
- Malvasia Dolce
- Monterosso Val D'Arda
- Trebbianino Val Trebbia
- Val Nure
- Pinot grigio
- Pinot nero
- Sauvignon
- Chardonnay
Fonte Ufficio prezzi CCIAA di Piacenza
Le imprese agricole iscritte al registro imprese piacentino sono risultate, nel 2013, 5.579, 221 in meno del
2012. La riduzione percentuale si è quantificata nel 3,8%, superiore a quella riscontrata un anno fa (-2,7%).
Negli ultimi 5 anni (2009-2013) la riduzione complessiva è di 593 realtà, ovvero del 9,6% complessivamente.
Questo fenomeno di progressiva riduzione dello stock di imprese agricole è comune a tutte le province della
regione ma si riscontra anche nel contesto del Paese.
88
Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013
Imprese agricole registrate, Piacenza e province dell’Emilia Romagna, 2012 e 2013 e variazioni
2012
2013
Var.%
Bologna
9.975
9.433
-5,4
Ferrara
8.742
8.327
-4,7
Forlì-Cesena
7.891
7.288
-7,6
Modena
9.168
8.733
-4,7
Parma
6.695
6.428
-4,0
Piacenza
5.800
5.579
-3,8
Ravenna
Reggio
Emilia
8.195
7.726
-5,7
6.896
6.479
-6,0
Rimini
Emilia
Romagna
2.972
2.811
-5,4
66.334
62.804
-5,3
ITALIA
818.283
785.352
-4,0
Fonte: Elaborazioni CCIAA Piacenza su dati Infocamere Stockview
Il grafico illustra piuttosto nettamente che le iscrizioni di nuove imprese agricole sono calate negli ultimi anni,
ed in particolare dal 2011, anno cui corrisponde un progressivo aumento delle cessazioni.
Provincia di Piacenza: iscrizioni e cessazioni di imprese agricole nell’arco dell’ultimo quinquennio
(2009-2013)
400
350
300
250
200
150
100
50
0
Anno 2009
Anno 2010
Anno 2011
iscrizioni
Anno 2012
Anno 2013
cessazioni
Fonte: Elaborazioni CCIAA Piacenza su dati Infocamere Stockview
L’incidenza delle imprese agricole sul totale di quelle registrate è a Piacenza pari al 18,1% (nel 2009 era
ancora del 19,4%). In regione questa grandezza è superata dal valore di Ferrara (22,6 imprese su 100 sono
agricole) e da quello di Ravenna (18,8 imprese su 100).
Il fatto però che la PLV complessiva di Piacenza sia la penultima in regione, induce a pensare che la
redditività dell’imprenditoria agricola piacentina sia inferiore a quanto non si rilevi nelle altre province.
Nel settore agricolo l’incidenza delle imprese individuali è ancora particolarmente spiccata sia a Piacenza
che nelle province dell’area emiliana. Il raffronto tra i dati di incidenza fa anzi rilevare che nel piacentino le
società di persone arrivano a pesare in misura superiore rispetto ad altri territori (solo Ravenna ha un dato
più elevato).
89
Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013
Composizione percentuale delle imprese per forma giuridica, agricoltura, Piacenza e province
dell’Emilia Romagna, 2013
Società
di Capitale
Società
Imprese
di
Persone Individuali Cooperative
Altre
Consorzi
forme
Bologna
1,9
13,6
83,5
0,7
0,1
0,1
Ferrara
1,1
12,0
85,4
1,3
0,0
0,1
Forlì-Cesena
2,6
15,4
80,7
0,9
0,2
0,2
Modena
2,0
14,0
83,0
0,8
0,0
0,1
Parma
2,0
17,4
79,1
0,8
0,1
0,5
Piacenza
1,8
17,7
79,7
0,8
0,1
0,1
Ravenna
1,4
18,3
79,1
0,8
0,1
0,2
Reggio Emilia
1,4
16,9
80,0
1,5
0,0
0,1
Rimini
Emilia
Romagna
1,6
16,9
80,4
1,0
0,1
0,1
1,8
15,5
81,5
0,9
0,1
0,2
ITALIA
1,9
7,7
88,6
1,6
Fonte: Elaborazioni CCIAA Piacenza su dati Infocamere Stockview
0,1
0,2
Nel settore agricolo l’incidenza di imprenditori stranieri è ancora piuttosto limitata e tende a non spostarsi
negli anni se non in misura contenuta. Il fatto che il gestire una azienda agricola comporti nella grande
maggioranza dei casi anche un forte impegno economico in termini di acquisto del capitale fondiario è un
ostacolo forte all’ingresso di imprenditori non “locali”.
Le imprese che risultano invece femminili rappresentano poco meno di un quarto del totale. I comuni nei
quali le imprese femminili sono più numerose in percentuale risultano, nell’ordine, Coli, Lugagnano, Ponte
dell’Olio, Travo e Vigolzone.
La classe imprenditoriale che guida le imprese agricole a Piacenza , così come nelle restanti province della
regione, è composta in maggioranza da persone che hanno più di 50 anni. Complessivamente sono iscritte
al registro imprese 7.285 persone operanti in imprese agricole. Lo studio della serie storica dei dati continua
a confermare quanto avevamo già scritto in passato, ovvero che la tendenza che si rileva è quella di un
progressivo invecchiamento di questi imprenditori (la classe di età superiore a 70 anni pesava il 23% sul
totale nel 2004, è arrivata al 27,1%). Per contro gli imprenditori con meno di 29 anni sono passati nello
stesso arco temporale dal 4,72% al 3,0% del totale.
Imprenditori agricoli per classi di età (incidenza %), Piacenza e province dell’Emilia Romagna, 2013
fino a 29
anni
da 30 a 49
anni
da 50 a 69
anni
>= 70 anni
Bologna
2,2
23,5
42,2
32,1
Ferrara
4,0
30,7
43,5
21,8
Forlì-Cesena
2,2
26,4
46,1
25,2
Modena
2,5
23,6
42,4
31,5
Parma
3,2
26,5
40,6
29,7
Piacenza
3,0
28,1
41,8
27,1
Ravenna
2,1
25,2
45,4
27,3
Reggio Emilia
2,7
25,6
41,9
29,8
Rimini
2,1
27,6
45,5
24,7
Emilia Romagna
2,7
26,1
43,2
28,0
ITALIA
3,8
31,2
42,7
22,3
Fonte: Elaborazioni CCIAA Piacenza su dati Infocamere Stockview
90
Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013
A livello di mercato del lavoro, secondo i dati dell’Osservatorio provinciale, risulta che gli avviamenti al lavoro
nel settore agricolo nel corso del 2013 sono stati 5.922, di cui 1.756 femmine e 4.166 maschi.
Il sistema informativo SMAIL (Unioncamere Emilia Romagna) ha misurato tra giugno 2012 e giugno 2013
una flessione degli addetti del settore agricoltura pari al 2,2%.
INDUSTRIA E COSTRUZIONI
A partire dal 2003 Unioncamere realizza un’indagine congiunturale intervistando le imprese manifatturiere,
allo scopo di verificare l’andamento effettivo del settore.
La serie storica riesce così a dare una percezione abbastanza accurata di quanto si sta verificando. Dopo la
riduzione terribile della produzione che si era registrata nel 2009 sembrava che l’attività aziendale fosse in
procinto di rimettersi in funzione tra il 2010 ed il 2011 quando le variazioni erano tornate nel quadrante
positivo. Nel 2012 e 2013 invece il segno della variazione è tornato negativo, appesantendo il quadro. Gli
indicatori correlati, fatturato ed ordinativi, pur con variazioni nell’entità della percentuale hanno mantenuto lo
stesso andamento. La variazione delle esportazioni invece è rimasta positiva dal 2010 al 2013 pur con
ammontari via via più limitati.
La produzione media assicurata dal portafoglio ordini si è contratta passando dai 10,6 mesi del 2012 agli 8
del 2013
Provincia di Piacenza: congiuntura dell’industria manifatturiera (tasso di variazione del trimestre di
riferimento sullo stesso trimestre dell’anno precedente)
Produzione
2003
2004
2005
4,0
2,0
2006
2007
2,4
2,6
2008
2009
2010
2011
2012
2013
2,0
0,8
0,4
0,0
-2,0
-0,8
-0,7
-1,6
-2,8
-4,0
-4,3
-6,0
-8,0
-10,0
-12,0
-14,0
-13,2
Fatturato
2003
2004
2005
4,0
2006
2,7
2007
2,9
2008
2009
1,0
2,0
2010
2011
1,3
1,3
2012
2013
0,0
-0,3
-2,0
-4,0
-0,8
-1,9
-2,1
-3,6
-6,0
-8,0
-10,0
-12,0
-14,0
-16,0
-14,3
91
Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013
Ordinativi totali
2003
2004
2005
4,0
2006
2,4
2,0
2007
2008
2009
2010
2011
2012
2013
2,9
2,6
1,5
0,9
0,0
-2,0
-0,4
-1,4
-1,5
-4,0
-3,7
-4,5
-6,0
-8,0
-10,0
-12,0
-14,0
-13,1
Esportazioni
2003
2004
2005
2006
2007
2008
2009
2010
2011
2012
2,6
2,2
2013
6,0
4,2
4,0
2,0
3,3
3,1
2,4
1,5
1,3
1,2
0,4
0,0
-2,0
-4,0
-6,0
-8,0
-7,8
-10,0
Mesi di produzione assicurati
12,0
10,9
10,6
10,0
8,0
8,0
6,0
4,0
3,7
3,4
3,3
3,7
3,7
3,6
2,8
1,8
2,0
0,0
2003
2004
2005
2006
2007
2008 2009
2010
2011
2012
2013
Fonte: Unioncamere – Indagine congiunturale
L’indagine congiunturale sull’edilizia fa ben vedere come l’andamento settoriale sia davvero preoccupante.
Nella media del 2012 i risultati a livello regionale sembravano migliorare, probabilmente per effetto degli
interventi legati alla ricostruzione post sismica. Il 2013 ha visto invece nuovamente muoversi verso il basso il
92
Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013
volume d’affari medio dichiarato dalle imprese intervistate.
Provincia di Piacenza: settore delle costruzioni, volume d’affari medio dell’anno, in confronto con la
media dell’anno precedente
Media
2004
Media
2005
Media
2006
Media
2007
Media
2008
Media
2009
Media
2010
Media
2011
Media
2012
Media
2013
3,0
2,0
1,0
0,0
-1,0
-2,0
-3,0
-4,0
-5,0
-6,0
-7,0
Emilia Romagna
Piacenza
Fonte: Unioncamere – Indagine congiunturale
Il numero di imprese attive iscritte alla Cassa Edile di Piacenza (sono soggette all’iscrizione le imprese
esercenti attività edile ed affine che, sotto qualsiasi ragione sociale, esercitano l'attività edilizia nel territorio
della provincia di Piacenza) sta diminuendo dalla fine del 2007. Nel 2013 ha raggiunto il picco più basso
(pari a 602 realtà). Anche il numero delle ore lavorate è andato calando fino al totale di 2.256.880. Il numero
medio di operai si è a sua volta contratto (fino a 1.754) così come il numero di ore lavorate per operaio
(1.285).
Provincia di Piacenza: numero di imprese attive iscritte alla Cassa edile e numero di ore lavorate
complessivamente, 2004-2013
1200
3.500
1000
3.000
2.500
800
2.000
600
1.500
400
1.000
200
500
0
20
04
/2
00
5
20
05
/2
00
6
20
06
/2
00
7
20
07
/2
00
8
20
08
/2
00
9
20
09
/2
01
0
20
10
/2
01
1
20
11
/2
01
2
20
12
/2
01
3
0
Imprese attive
Numero medio operai
Fonte: Cassa edile di mutualità ed assistenza
Sono 1.292, 20 in meno di un anno fa, le realtà manifatturiere non artigiane operanti a Piacenza. Il settore
93
Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013
secondario, quello che raggruppa anche le costruzioni e la fornitura di energia, conta complessivamente
2.655 soggetti, 37 in meno del dato di fine 2012.
Provincia di Piacenza: imprese del settore secondario non artigiane, divise per sezioni di attività (%),
2013
Estrazione di minerali da
cave e miniere
1%
Costruzioni
47%
Fornitura di acqua; reti
fognarie, attività di
gestione di rifiuti
2%
Attività manifatturiere
48%
Fornitura di energia
elettrica, gas, vapore e
aria condizionata
2%
Fonte: Elaborazione CCIAA su dati Infocamere Stockview
I settori che contano la maggiore numerosità di imprese iscritte –all’interno del manifatturiero- sono quelli
della fabbricazione di prodotti in metallo (302 imprese, erano 294 nel 2012), della fabbricazione di
macchinari (231 imprese, 6 in meno di un anno fa) e delle industrie alimentari (164, 2 in meno del 2012). Tra
il 2012 ed il 2013 non si sono verificate positive variazioni di rilievo nella consistenza delle singole divisioni
se si esclude quella già ricordata a carico della fabbricazione di prodotti in metallo.
Provincia di Piacenza: consistenza settoriale delle imprese manifatturiere non artigiane, 2013 e 2012
e variazioni
Divisioni
Industrie alimentari
Industria delle bevande
Industria del tabacco
Industrie tessili
Confezione di articoli di abbigliamento.
Fabbricazione di articoli in pelle e simili
Industria del legno e dei prodotti in legno e sughero
Fabbricazione di carta e di prodotti di carta
Stampa e riproduzione di supporti registrati
Fabbricazione di prodotti chimici
Fabbricazione di prodotti farmaceutici
Fabbricazione di articoli in gomma e materie plastiche
Fabbricazione di altri prodotti della lavorazione di minerali non
metalliferi
Metallurgia
Fabbricazione di prodotti in metallo (esclusi macchinari)
Fabbricazione di computer e prodotti di elettronica e ottica
Fabbricazione di apparecchiature elettriche ed elettroniche
Fabbricazione di macchinari ed apparecchiature nca
Fabbricazione di autoveicoli, rimorchi e semirimorchi
Fabbricazione di altri mezzi di trasporto
Fabbricazione di mobili
Altre industrie manifatturiere
Riparazione, manutenzione ed installazione di macchine
Fonte: Elaborazione CCIAA su dati Infocamere Stockview
2013
164
18
1
18
54
12
29
11
47
24
3
45
2012
166
17
1
19
55
12
30
11
46
26
3
46
36
37
23
302
37
45
231
26
8
31
52
75
24
294
39
48
237
26
8
35
58
74
Var.
-2
1
0
-1
-1
0
-1
0
1
-2
0
-1
-1
-1
8
-2
-3
-6
0
0
-4
-6
1
94
Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013
Una quota consistente e superiore alla metà delle imprese appartenenti al settore industriale che non hanno
connotazione artigiana è costituita in forma di società di capitale (64,6%), seguono le società di persone
(16,7%) e quindi le ditte individuali (12,8%). Le società cooperative ammontano invece al 4,1%.
Provincia di Piacenza: imprese manifatturiere non artigiane per classe di natura giuridica, 2013
SOC.
CAPIT.
% sul
totale delle
imprese
"industria"
SOC. DI
PERS.
% sul
totale delle
imprese
"industria"
Estrazione di
minerali da
18
0,7
2
0,1
cave e
miniere
Attività
897
33,8
212
8,0
manifatturiere
Fornitura di
energia
elettrica, gas,
25
0,9
4
0,2
vapore e aria
condiz.
Fornitura di
acqua; reti
fognarie,
22
0,8
4
0,2
attività di
gestione dei
rifiuti
Costruzioni
754
28,4
222
8,4
TOTALE
1.716
64,6
444
16,7
Fonte: Elaborazione CCIAA su dati Infocamere Stockview
IMPR.
INDIVID.
% sul
totale delle
imprese
"industria"
COOP
% sul
totale delle
imprese
"industria"
CONS.E
ALTRE
FORME
% sul
totale delle
imprese
"industria"
1
0,0
-
-
133
5,0
43
1,6
7
0,3
9
0,3
1
0,0
8
0,3
5
0,2
3
0,1
6
0,2
192
340
7,2
12,8
63
110
2,4
4,1
24
45
0,9
1,7
ARTIGIANATO
Dopo che nel 2011 la rilevazione trimestrale della congiuntura aveva lasciato sperare un cambiamento di
rotta, i risultati dei due anni successivi hanno riportato gli indicatori in alveo negativo. Solo le esportazioni
hanno visto nel 2013 una piccola variazione positiva. Risulta però in aumento, il che non è negativo, la
produzione assicurata dal portafoglio ordini: era di 5,3 mesi nel 2012, è passata a 6,1 mesi nel 2013.
Provincia di Piacenza: congiuntura dell’artigianato manifatturiero (tasso di variazione del trimestre di
riferimento sullo stesso trimestre dell’anno precedente)
Produzione
2003
2004
2005
4,0
2006
2007
2008
2009
2010
2011
2012
2013
-4,9
-5,0
2,2
2,0
0,6
0,5
0,0
-2,0
-4,0
-6,0
-2,9
-4,7
-3,8
-3,0
-3,6
-8,0
-10,0
-12,0
-14,0
-16,0
-14,8
95
Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013
Fatturato
2003
2004
2005
4,0
2006
2007
2008
2009
2010
2011
2012
2013
-5,1
-4,7
2012
2013
-6,0
-6,2
2012
2013
2,0
2,0
0,1
0,1
0,0
-2,0
-2,3
-4,0
-6,0
-3,1
-2,4
-3,3
-4,3
-8,0
-10,0
-12,0
-14,0
-14,3
-16,0
Ordinativi totali
2003
2004
2005
2006
2007
2008
2009
2010
2011
4,0
1,5
2,0
0,6
0,1
0,0
-2,0
-1,2
-4,0
-6,0
-2,8
-4,5
-3,6
-4,3
-8,0
-10,0
-12,0
-14,0
-16,0
-16,0
-18,0
Esportazioni
2003
5,0
2004
2005
2006
2007
1,8
1,7
2008
2009
2010
2011
4,1
4,0
3,0
2,0
1,2
0,6
1,0
0,0
-0,1
-1,0
-0,9
-2,0
-3,0
-4,0
-5,0
-2,6
-3,3
-3,3
-4,5
96
Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013
Mesi di produzione assicurata
7,0
6,1
6,0
5,3
5,0
4,4
4,0
3,0
2,5
2,7
2,4
2,4
2,6
2,2
2,0
1,7
1,7
2009
2010
1,0
0,0
2003
2004
2005
2006
2007
2008
2011
2012
2013
Fonte: Unioncamere – Indagine congiunturale
Tra il 2012 ed il 2013 lo stock di imprese artigiane registrate ha subito una riduzione significativa,
quantificabile nel 3,2%. Le aziende sono passate da 9.034 a 8.744.
Le iscrizioni totali sono state 461 ma le cessazioni 751 (comprendovi una sola cessazione d’ufficio). Il
settore nel quale il saldo tra aperture e chiusure è stato più consistente è quello delle costruzioni, seguito dal
manifatturiero e quindi dalle altre attività dei servizi.
Continua –come da tempo rilevato- la contrazione delle imprese operanti nel settore dei trasporti. I settori in
crescita, se così si può dire, stante i numeri in gioco, sono solo quelli delle attività professionali, scientifiche e
tecniche e del noleggio, agenzie di viaggio e servizi alle imprese.
Provincia di Piacenza: imprese artigiane registrate, attive e flusso di iscrizioni e cessazioni, 2013
Cancellate
Saldo
totali
totali
d'ufficio
A Agricoltura, silvicoltura pesca
117
117
6
17
0
B Estrazione di minerali da cave e miniere
8
8
0
0
0
C Attività manifatturiere
1.743
1.723
69
140
0
D Fornitura di energia elettrica, gas,
vapore
1
1
0
2
0
E Fornitura di acqua; reti fognarie, rifiuti
18
18
1
2
0
F Costruzioni
3.998
3.987
248
378
1
G Commercio ingrosso e dettaglio;
riparazione
467
465
18
32
0
H Trasporto e magazzinaggio
729
726
17
37
0
I Attività dei servizi alloggio e ristorazione
206
205
23
32
0
J Servizi di informazione e comunicazione
44
44
4
4
0
L Attivita' immobiliari
3
3
1
2
0
M Attività professionali, scientifiche e
tecniche
115
114
6
4
0
N Noleggio, agenzie viaggio, servizi alle
imprese
191
191
21
19
0
P Istruzione
16
16
0
0
0
Q Sanita' e assistenza sociale
2
2
0
1
0
R Attività artistiche, sportive, di
intrattenimento
29
29
4
7
0
S Altre attività di servizi
1.046
1.043
40
71
0
X Imprese non classificate
11
11
3
3
0
TOTALE
8.744
8.703
461
751
1
Fonte: Elaborazione CCIAA Piacenza su dati Infocamere Stockview *comprendono le cancellate d’ufficio
totale
-11
0
-71
Saldo
escluse
cessate
d'uff.
-11
0
-71
-2
-1
-130
-2
-1
-129
-14
-20
-9
0
-1
-14
-20
-9
0
-1
2
2
2
0
-1
2
0
-1
-3
-31
0
-290
-3
-31
0
-289
Registrate
Attive Iscrizioni Cessazioni
All’interno delle province di confronto il risultato è stato generalmente negativo. Le cessazioni hanno sempre
sopravanzato le iscrizioni, anche laddove non si sono avute cancellazioni d’ufficio. Il risultato più pesante ha
interessato la provincia di Parma.
97
Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013
Imprese artigiane registrate e dinamica anagrafica, Piacenza e province dell’Emilia Romagna, 2013
Saldo
Totale
Saldo
escluse
cessate
ufficio
Tasso di
crescita*
43
-385
-342
-1,2
854
5
-155
-150
-1,6
817
1.240
0
-423
-423
-3,2
22.205
1.747
2.144
22
-397
-375
-1,7
13.604
704
1.247
4
-543
-539
-3,8
Piacenza
8.744
461
751
1
-290
-289
-3,2
Ravenna
11.185
735
1.124
92
-389
-297
-2,6
Reggio Emilia
20.318
1.729
2.173
70
-444
-374
-1,8
Rimini
10.393
846
1.017
9
-171
-162
-1,5
137.108
9.722
12.919
246
-3.197
-2.951
-2,1
ITALIA
1.407.768
92.853
123.685
2.939
-30.832
-27.893
Fonte: Elaborazione CCIAA Piacenza su dati Infocamere Stockview *al netto delle cessazioni d’ufficio
-1,9
Cessazioni
Totali
di cui
Cancellate
d'ufficio
1.984
2.369
9.511
699
Forlì-Cesena
12.917
Modena
Parma
Bologna
Ferrara
Emilia Romagna
Imprese
Artigiane al
31/12/2013
Iscrizioni
28.231
Nel quadro regionale spicca il risultato della provincia di Rimini, soprattutto se esaminata la variazione
intercorsa tra il 2008 ed il 2013. In questo lasso temporale invece la provincia di Parma ha raccolto la
variazione più negativa. Fatta eccezione per Rimini la riduzione registrata tra il 2012 ed il 2013 è stata
sempre maggiore di quella constatata nel biennio precedente.
A
ag
na
ilia
Em
IT
AL
I
R
om
ilia
R
im
in
i
Em
R
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a
es
en
a
-C
Fo
rlì
Fe
rra
ra
Bo
lo
gn
a
Variazione % tra gli stock di imprese artigiane registrate, Piacenza e territori di confronto, 2011/12 e
2012/13 e 2008/13
2,0
0,0
-2,0
-4,0
-6,0
-8,0
-10,0
-12,0
-14,0
2011/2012
2012/2013
2008/2013
Fonte: Elaborazione CCIAA Piacenza su dati Infocamere Stockview
Da alcuni anni l’incidenza delle imprese artigiane attive sul totale è in diminuzione.
Nell’ultimo anno, in particolare, il calo è stato di 4 decimali di punto percentuale. La riduzione della
compagine artigiana è riscontrabile in tutte le province dell’Emilia Romagna, pur se con intensità
differenziate. A Reggio Emilia 40 imprese su 100 appartengono a questo comparto. Questo valore scende,
per Piacenza, a 31,5 imprese su 100.
98
Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013
Incidenza % delle imprese artigiane attive sul totale delle imprese attive, Piacenza e province
dell’Emilia Romagna, 2013
Totale Imprese
Attive
di cui: Imprese
Artigiane Attive
Bologna
86.562
28.157
Ferrara
33.446
9.481
Forlì-Cesena
38.773
12.899
Modena
67.190
22.101
Parma
42.163
13.578
Piacenza
27.666
8.703
Ravenna
36.520
11.164
Reggio Emilia
50.545
20.237
Rimini
35.521
10.354
Emilia Romagna
418.386
136.674
ITALIA
5.186.124
1.396.051
Fonte: Elaborazione CCIAA Piacenza su dati Infocamere Stockview
Incidenza % Imprese
Artigiane sul Totale
2013
32,5
28,3
33,3
32,9
32,2
31,5
30,6
40,0
29,1
32,7
26,9
Incidenza % Imprese
Artigiane sul Totale
2012
32,7
28,4
33,5
33,2
33,0
31,9
31,1
40,3
29,4
33,0
27,7
I settori che danno lavoro alle imprese artigiane di Piacenza sono essenzialmente quattro: le costruzioni
(45,7%), il manifatturiero (19,9%), gli altri servizi (12%) e quindi i servizi di trasporto e magazzinaggio (8,3%).
Il confronto con le altre province non fa esaltare differenze e peculiarità.
Il settore delle costruzioni, che era andato crescendo ad intensità elevatissime, ha arrestato il proprio trend.
Nel solo 2013 le iscrizioni sono state 248 ma le cessazioni 378, con una perdita di 130 realtà.
Sempre con riferimento al 2013 sono stati 36 i comuni nei quali le cessazioni di imprese artigiane hanno
sopravanzato le iscrizioni: gli unici risultati positivi (e si parla di un saldo positivo per una unità ciascuno)
sono quelli di Besenzone, San Pietro in Cerro e Zerba.
Il 77,7% delle imprese artigiane registrate a Piacenza ha la forma giuridica della ditta individuale (si era al
79% un paio di anni fa), 18 su 100 sono le società di persone e quasi 4 su 100 le società di capitale. Il 43,7%
delle società di capitale opera nel settore manifatturiero, il 34,6% nell’edilizia. Più del 50% delle ditte
individuali è invece concentrato nelle costruzioni.
Scomponendo le imprese artigiane per classe di anno di iscrizione se ne ricava che solo l’1,84% di quelle
nate prima del 1969 risultano ancora in attività. Esse si muovono nei settori d’elezione dell’artigianato
(manifattura, costruzioni, riparazione di beni personali, trasporti ed ancora altre attività di servizi). Man mano
che ci si avvicina ai giorni attuali il numero di imprese artigiane registrate sale, come logico attendersi. Quasi
il 20% di quelle in attività è stato costituito tra il 2010 ed il 2013.
Provincia di Piacenza: imprese artigiane divise per settori di attività e classi di anni di iscrizione,
2013
Dal
Dal
Dal
Dal
Dal
Ante
1970
1980
1990
2000
2010
1969 al 1979 al 1989 al 1999 al 2009 al 2013 TOTALE
A Agricoltura, silvicoltura pesca
4
11
B Estrazione di minerali da cave e miniere
1
0
C Attività manifatturiere
56
171
D Fornitura di energia elettrica, gas, vapore
0
0
E Fornitura di acqua; reti fognarie, rifiuti
0
0
F Costruzioni
25
137
G Commercio ingrosso e dettaglio..
27
64
H Trasporto e magazzinaggio
10
67
I Attività dei servizi alloggio e ristorazione
0
4
J Servizi di informazione e comunicazione
0
1
L Attivita' immobiliari
0
0
M Attività professionali, scientifiche e
0
4
tecniche
N Noleggio, agenzie viaggio, servizi..
0
2
P Istruzione
0
0
Q Sanita' e assistenza sociale
0
0
R Attività artistiche, sportive, di intratt.
0
0
S Altre attività di servizi
38
83
X Imprese non classificate
0
0
TOTALE
161
544
Fonte: Elaborazioni CCIAA di Piacenza su dati Infocamere Stock View
21
3
281
0
2
249
97
148
10
3
0
32
3
402
1
0
627
102
172
26
9
2
34
1
573
0
13
2.041
116
260
92
18
0
15
0
260
0
3
919
61
72
74
13
1
117
8
1.743
1
18
3.998
467
729
206
44
3
21
26
43
21
115
8
4
1
0
155
2
1.005
25
6
1
3
276
0
1.713
75
3
0
16
315
2
3.602
81
3
0
10
179
7
1.719
191
16
2
29
1.046
11
8.744
99
Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013
Le persone titolari di carica nelle imprese artigiane di Piacenza sono 11.265. Anche questa grandezza risulta
in riduzione negli ultimi anni. La classe di età più rappresentativa raduna persone dai 30 ai 49 anni (53,4%
del totale). Il 37,1% delle persone si colloca invece nella categoria 50-69 anni. Gli artigiani più anziani sono il
4,9% del totale. Se confrontati con i dati di un paio di anni fa se ne ricava che sono in crescita le classi di età
più avanzate. L’artigianato sembra essere quindi un bacino di attività al quale pochi giovani si rivolgono.
Novemila119 di questi individui appartengono al sesso maschile, ne deriva che solo il 19,1% è costituito da
femmine (con un leggero aumento sul totale).
Provincia di Piacenza: persone artigiane per settore e classe di età, 2013
da 18
da 30
< 18
anni
0
0
0
0
Sezioni Ateco2007
a 29 anni
a 49 anni
A Agricoltura, silvicoltura pesca
2
76
B Estrazione di minerali da cave e miniere
0
4
C Attività manifatturiere
70
1.179
D Fornitura di energia elettrica, gas, vapore
0
0
E Fornitura di acqua; reti fognarie, gestione
1
12
rifiuti
0
F Costruzioni
0
299
2.821
G Commercio all'ingrosso e al dettaglio;
riparaz.
0
23
346
H Trasporto e magazzinaggio
0
14
402
I Attività dei servizi alloggio e ristorazione
0
29
175
J Servizi di informazione e comunicazione
0
3
36
L Attivita' immobiliari
0
0
3
M Attività professionali, scientifiche e
tecniche
0
3
73
N Noleggio, agenzie di viaggio, servizi alle
imprese
2
17
135
P Istruzione
0
0
13
Q Sanita' e assistenza sociale
0
0
1
R Attività artistiche, sportive, di
intrattenimento
0
1
32
S Altre attività di servizi
0
49
704
TOTALE
2
511
6.012
Fonte: Elaborazioni CCIAA di Piacenza su dati Infocamere Stock View
da 50
a 69 anni >= 70 anni
67
8
7
2
1.150
211
1
0
TOTALE**
153
13
2.610
1
10
1.441
0
129
23
4.690
345
452
84
22
2
56
61
10
0
0
770
929
298
61
5
72
6
154
76
13
1
5
4
0
235
30
2
4
436
4.183
0
65
557
37
1.254
11.265
Provincia di Piacenza: incidenza persone di sesso femminile per sezioni di attività, 2013
37,88
40,00
35,00
27,54
30,00
25,00
20,00
15,00
9,27
10,00
5,00
4,66
0,51
0,14
0,33
4,66
6,06
4,99
0,84
0,09
1,77
0,47
0,79
Es
tra
Ag
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zi
ol
on
tu
e
r
d
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Fo
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in
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uz
tic
io
Al
he
ne
tre
,s
at
po
tiv
rti
ità
ve
di
se
rv
iz
i
0,00
Fonte: Elaborazioni CCIAA di Piacenza su dati Infocamere Stock View
Volendo osservare la presenza femminile per settori, si individua che l’ambito più consono è quello dei
servizi ed in particolare delle altre attività dei servizi. Seguono le manifatture. Abbastanza strano individuare
100
Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013
più donne nell’edilizia che non nel commercio ma per queste ultime attività si tratta prevalentemente delle
riparazioni di beni personali e per la casa.
COMMERCIO E TERZIARIO
Le imprese registrate a Piacenza ed operanti nei settori del commercio e dei servizi sono risultate, a fine
2013, 15.876, 21 in più dell’anno prima (+0,1%). Le imprese attive sono 14.440 (erano 14.762 nel dicembre
2011). Il cosiddetto settore terziario continua a crescere a livello di numerosità: se nel 2011 radunava il
50,6% del totale delle imprese registrate, nel 2013 ne accorpa il 51,6%.
Nelle province di Bologna e Rimini l’incidenza del settore terziario sul totale è superiore al 60%.
Consistenza ed incidenza del settore terziario sul totale delle imprese registrate, Piacenza e province
dell’Emilia Romagna, 2011-2013
Imprese Settore Terziario
2011
2012
2013
Bologna
58.987
59.103
59.606
Ferrara
18.533
18.595
18.768
Forlì-Cesena
23.297
23.349
23.474
Modena
39.659
39.889
40.258
Parma
23.874
24.152
24.363
Piacenza
16.065
15.855
15.876
Ravenna
21.996
22.058
22.176
Reggio Emilia
27.061
27.000
27.188
Rimini
26.544
26.699
26.911
Emilia Romagna
256.016
256.700
258.620
ITALIA
3.353.188
3.371.985
3.399.277
Fonte: Elaborazioni CCIAA di Piacenza su dati Infocamere
Percentuale sul Totale Registro Imprese
2011
2012
2013
60,4
60,8
61,6
49,5
49,9
50,9
52,0
52,7
53,9
52,5
52,9
53,6
50,2
50,8
51,9
50,6
50,7
51,6
52,1
52,8
53,9
46,8
47,2
48,2
64,8
65,3
66,0
53,8
54,3
55,2
54,9
55,3
56,1
Passando ad esaminare i flussi di iscrizione e cessazione, si ricava che le prime sono risultate pari a 620 e
le seconde 1.063, determinando così un saldo negativo per 443 realtà.
Va sottolineato però che, grazie alle nuove procedure, non v’è l’obbligo al momento dell’iscrizione di
dichiarare in quale settore di attività la nuova impresa andrà ad operare, ne consegue che su 1.636 iscrizioni
totali ben 532 vengono collocate nella categoria delle non classificate; solo quando diventeranno attive esse
entreranno a far parte di una sezione. Quindi v’è certezza sul numero delle cessazioni del comparto ma non
su quello delle iscrizioni avvenute nel corso del 2013. Tra le chiusure, alcune sono state determinate d’ufficio
(77/1.636).
Scomponendo il totale delle imprese registrate per status ed osservandolo nell’arco dell’ultimo triennio, si
vede che a fronte della riduzione delle imprese attive sono invece andate aumentando sia le imprese
interessate da procedure concorsuali che quelle in scioglimento o liquidazione.
Provincia di Piacenza: imprese del settore terziario per status, 2011-2013 Fonte: Elaborazioni CCIAA di
Piacenza su dati Infocamere
Anno 2011
Anno 2012
Anno 2013
Attive
Sospese
Inattive
14.762
14.483
14.440
23
14
21
574
597
635
Procedure
concorsuali
215
220
221
Scioglimento o
Liquidazione
491
541
559
TOTALE
16.065
15.855
15.876
Provincia di Piacenza: incidenza % delle forme giuridiche delle imprese del settore terziario sul totale
per forma giuridica
G Commercio all'ingrosso e dettaglio; ripar.
H Trasporto e magazzinaggio
I Attività dei servizi alloggio e ristorazione
J Servizi di informazione e comunicazione
K Attività finanziarie e assicurative
L Attivita' immobiliari
M Attività professionali, scientifiche e tecniche
N Noleggio, agenzie viaggio, servizi alle imprese
P Istruzione
Q Sanita' e assistenza sociale
R Attività artistiche, sportive, di intrattenimento
S Altre attività di servizi
Incidenza sul totale per forma giuridica
Società
di Capitale
20,8
3,4
3,9
3,8
1,0
12,9
5,5
2,0
0,5
0,9
1,9
0,7
57,4
Società
di Persone
21,5
2,9
14,4
2,5
1,1
5,4
2,5
1,4
0,3
0,5
0,8
3,6
56,9
Imprese
Individuali
24,1
3,8
5,6
1,1
2,5
0,8
1,7
1,5
0,1
0,1
0,4
5,4
47,1
Altre
forme
7,3
9,3
3,1
3,6
0,4
3,9
8,1
8,1
4,7
3,8
14,1
1,4
67,7
TOTALE
22,5
3,7
6,9
1,9
1,9
4,2
2,8
1,8
0,4
0,4
1,2
4,0
51,6
101
Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013
Nel settore terziario le forme societarie sono piuttosto diffuse. Appartengono a questo composito settore il
57,4% delle società di capitale, il 56,9% delle società di persone, il 47,1% delle imprese individuali. Risulta
quindi assodato che la strutturazione societaria ha raggiunto dimensioni più marcate che nella restante
economia.
Scendendo nel dettaglio delle divisioni in cui è articolato il comparto si conferma che il commercio al
dettaglio è la divisione più importante per incidenza (22% del totale), seguita da quella del commercio
all’ingrosso (15,8%). Supera il livello del 10% anche il nucleo di attività dei servizi di ristorazione.
Provincia di Piacenza: composizione settoriale del terziario, 2013
Attive
Sospese
Ateco2007
G 45 Commercio all'ingrosso e al dettaglio e riparazione di
auto
823
1
G 46 Commercio all'ingrosso (escluso quello di autoveicoli
2.264
0
G 47 Commercio al dettaglio (escluso quello di
3.272
2
H 49 Trasporto terrestre e mediante condotte
896
0
H 50 Trasporto marittimo e per vie d'acqua
1
0
H 52 Magazzinaggio e attività di supporto ai trasporti
117
0
H 53 Servizi postali e attività di corriere
12
0
I 55 Alloggio
109
0
I 56 Attività dei servizi di ristorazione
1.769
15
J 58 Attività editoriali
43
0
J 59 Attività di produzione cinematografica, di video.
45
0
J 60 Attività di programmazione e trasmissione
4
0
J 61 Telecomunicazioni
36
0
J 62 Produzione di software, consulenza informatica.
189
0
J 63 Attività dei servizi d'informazione e altri servizi inform.
235
0
K 64 Attività di servizi finanziari (escluse le assicurazioni ...
22
0
K 65 Assicurazioni, riassicurazioni e fondi pensione
12
0
K 66 Attività ausiliarie dei servizi finanziari
509
0
L 68 Attivita' immobiliari
1.129
1
M 69 Attività legali e contabilità
29
0
M 70 Attività di direzione aziendale e di consulenza
gestional.
164
0
M 71 Attività degli studi di architettura e d'ingegneria
110
0
M 72 Ricerca scientifica e sviluppo
13
0
M 73 Pubblicità e ricerche di mercato
172
0
M 74 Altre attività professionali, scientifiche e tecniche
273
0
M 75 Servizi veterinari
1
0
N 77 Attività di noleggio e leasing operativo
50
0
N 78 Attività di ricerca, selezione, fornitura di personale
4
0
N 79 Attività dei servizi delle agenzie di viaggio, dei tour
o...
52
0
N 80 Servizi di vigilanza e investigazione
9
0
N 81 Attività di servizi per edifici e paesaggio
219
0
N 82 Attività di supporto per le funzioni d'ufficio e altri serv.
169
0
P 85 Istruzione
106
0
Q 86 Assistenza sanitaria
68
0
Q 87 Servizi di assistenza sociale residenziale
12
0
Q 88 Assistenza sociale non residenziale
39
0
R 90 Attività creative, artistiche e di intrattenimento
83
0
R 91 Attività di biblioteche, archivi, musei ed altre attività...
7
0
R 92 Attività riguardanti le lotterie, le scommesse
12
0
R 93 Attività sportive, di intrattenimento e di divertimento
148
1
S 94 Attività di organizzazioni associative
2
0
S 95 Riparazione di computer e di beni per uso personale
238
0
S 96 Altre attività di servizi per la persona
973
1
TOTALE
14.440
21
Fonte: Elaborazioni CCIAA di Piacenza su dati Infocamere Stockview
Inattive
Procedure Scioglimento
concorsuali
o
Liquidazione
TOTALE
% sul totale
settoriale
34
98
134
30
0
5
0
8
157
1
1
0
3
7
7
5
0
4
63
1
16
64
24
29
0
9
0
2
13
0
1
0
1
1
2
3
0
4
11
0
30
84
62
25
0
16
1
5
55
3
1
1
2
4
12
1
1
9
75
1
904
2.510
3.494
980
1
147
13
124
2.009
47
48
5
42
201
256
31
13
526
1.279
31
5,7
15,8
22,0
6,2
0,0
0,9
0,1
0,8
12,7
0,3
0,3
0,0
0,3
1,3
1,6
0,2
0,1
3,3
8,1
0,2
1
5
0
7
12
0
0
0
2
1
1
5
3
0
3
0
8
11
2
15
11
0
3
0
175
127
16
199
299
1
56
4
1,1
0,8
0,1
1,3
1,9
0,0
0,4
0,0
1
0
1
5
3
2
1
0
8
0
3
12
0
4
12
635
4
0
2
4
1
0
1
2
4
0
0
6
0
1
1
221
4
1
12
11
6
3
1
0
56
1
0
17
1
1
7
559
61
10
234
189
116
73
15
41
151
8
15
184
3
244
994
15.876
0,4
0,1
1,5
1,2
0,7
0,5
0,1
0,3
1,0
0,1
0,1
1,2
0,0
1,5
6,3
100,0
33
Attingendo ai dati dell’osservatorio sul commercio di Infocamere (Trade View ) si osserva che nell’ultimo
33
Trade View consente di seguire nel tempo le dinamiche che interessano tutti gli esercizi che dichiarano una
superficie di vendita al dettaglio, comprendendo quindi un insieme più vasto rispetto a quello rilevato dal registro
imprese nella classe G52.
102
Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013
anno il numero di esercizi attivi con superficie di vendita a Piacenza si è ridotto di 20 unità che
percentualmente equivalgono ad un -0,4%, arrivando nel complesso a 5.006 realtà. Nel 2011 erano 5.173
quindi nel triennio la perdita si è attestata sulle 167 realtà.
Anche se di poco si è ridotta la percentuale di esercizi che operano nel settore non alimentare, che continua
a mantenere il primato: si è passati dal 54,01% sul totale del 2011 al 52,92% del 2013.
Resta altresì una quota consistente del totale (24,59%) per la quale non è rilevabile il settore merceologico.
Provincia di Piacenza: consistenza degli esercizi commerciali in sede fissa per settori merceologici,
2011, 2012 e 2013
SETTORI MERCEOLOGICI
ALIM. E NON
NON
ALIM. ALIMENTARE
ALIMENTARE
Esercizi Anno 2011
486
633
2.794
Esercizi Anno 2012
474
642
2.697
Esercizi Anno 2013
480
646
2.649
Struttura % 2011
9,39
12,24
54,01
Struttura % 2012
9,43
12,77
53,66
Struttura % 2013
9,59
12,90
52,92
Variazione % 2011/2012
-2,5
1,4
-3,5
Variazione % 2012/2013
1,3
0,6
-1,8
Fonte: Elaborazioni CCIAA di Piacenza su dati Infocamere Trade View
NON
RILEVABILE
1.260
1.213
1.231
24,36
24,13
24,59
-3,7
1,5
TOTALE
5.173
5.026
5.006
100,00
100,00
100,00
-2,8
-0,4
Nell’ultimo anno il numero degli esercizi commerciali in sede fissa è aumentato in tutte le province dell’Emilia
Romagna, con la debita eccezione di Piacenza. Il segno negativo della variazione ha contraddistinto anche il
risultato nazionale ma con un valore assoluto insignificante.
Esercizi in sede fissa, Piacenza e province dell’Emilia Romagna, 2012 e 2013
Esercizi in sede fissa
Variazione 2012/2013
2012
2013
Assoluta
Percentuale
Bologna
13.856
13.968
112
0,81
Ferrara
6.220
6.224
4
0,06
Forlì-Cesena
7.091
7.092
1
0,01
Modena
11.122
11.157
35
0,31
Parma
7.513
7.543
30
0,40
Piacenza
5.026
5.006
-20
-0,40
Ravenna
7.047
7.073
26
0,37
Reggio Emilia
7.159
7.222
63
0,88
Rimini
7.543
7.581
38
0,50
Emilia Romagna
72.577
72.866
289
0,40
ITALIA
1.010.510
1.010.459
-51
-0,01
Fonte: Elaborazioni CCIAA di Piacenza su dati Infocamere Trade View
La forma giuridica dell’impresa individuale risulta quella più rappresentata in tutte le realtà territoriali.
Seguono poi, in tutti i territori, società di persone e società di capitale.
Esercizi in sede fissa per forma giuridica (%): Piacenza e province dell’Emilia Romagna, 2013
Impresa
Società di
Società di
Province
Individuale
Capitale
Persone
Bologna
45,1
23,7
29,4
Ferrara
55,5
19,0
24,1
Forlì-Cesena
51,4
16,7
30,4
Modena
47,6
21,1
30,0
Parma
49,3
23,7
25,7
Piacenza
52,9
19,2
26,4
Ravenna
48,4
19,2
29,8
Reggio Emilia
48,7
19,0
30,1
Rimini
51,9
18,1
29,0
Emilia Romagna
49,3
20,4
28,6
ITALIA
56,1
20,6
22,2
Fonte: Elaborazioni CCIAA di Piacenza su dati Infocamere Trade View
Altre
Forme
1,8
1,5
1,6
1,3
1,3
1,5
2,6
2,2
1,0
1,6
1,2
Il commercio viene praticato non solo in sede fissa. Si possono infatti individuare operatori di commercio
ambulante così come altre forme di vendita quali il commercio per corrispondenza, telefono, radio, internet,
la vendita a domicilio, i distributori automatici e altre forme non meglio specificate. Complessivamente questi
103
Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013
operatori a Piacenza sono 826 (697 ambulanti e 129 complessivamente per le altre tipologie).
Quasi il 50% delle attività di commercio al dettaglio al di fuori di negozi, banchi e mercati si concentrano a
Piacenza nell’utilizzo di Internet. Questo valore è andato aumentando in misura significativa nel corso degli
ultimi anni.
Attività commerciali non in sede fissa per tipologia, Piacenza e province dell’Emilia Romagna, 2013
Commercio
ambulante
1.891
789
1.000
1.385
693
697
1.228
919
1.203
Commercio per
corrispond.,telefono,
radio,tv,Internet
46
6
21
36
25
20
26
21
25
Altre attività commerciali non in sede fissa
Commercio
Vendita a
Distributori
Non
solo via
domicilio
automatici
specificato
Internet
263
94
70
17
57
50
32
24
97
37
35
4
176
78
44
6
81
40
43
15
61
24
21
3
69
61
33
51
131
45
18
26
112
34
30
5
Bologna
Ferrara
Forlì-Cesena
Modena
Parma
Piacenza
Ravenna
Reggio Emilia
Rimini
Emilia
9.805
226
1.047
Romagna
ITALIA
183.986
2.815
12.588
Fonte: Elaborazioni CCIAA di Piacenza su dati Infocamere Trade View
463
11.223
326
4.410
151
5.705
TOTALE
490
169
194
340
204
129
240
241
206
2.213
36.741
Per alcuni anni avevamo rilevato la crescita costante delle imprese che praticano il commercio ma non in
sede fissa. Tra il 2011 ed il 2012 se ne è registrata una battuta d’arresto (-2,37%), mentre tra il 2012 ed il
2013 una piccolissima crescita (+0,24%).
La situazione nelle diverse province è stata piuttosto diversificata: in riduzione per Rimini e Ferrara, in
crescita nelle restanti città.
Esercizi commerciali non in sede fissa, Piacenza e province dell’Emilia Romagna, 2011, 2012 e 2013
2011
2012
2013
Bologna
2.317
2.357
2.381
Ferrara
915
966
958
Forlì-Cesena
1.166
1.157
1.194
Modena
1.710
1.719
1.725
Parma
914
890
897
Piacenza
844
824
826
Ravenna
1.435
1.443
1.468
Reggio Emilia
1.133
1.138
1.160
Rimini
1.539
1.544
1.409
Emilia Romagna
11.973
12.038
12.018
ITALIA
209.990
215.810
220.727
Fonte: Elaborazioni CCIAA di Piacenza su dati Infocamere Trade View
Il nucleo degli esercizi commerciali non in sede fissa comprende come visto soprattutto commercianti
ambulanti. Le categorie merceologiche più rappresentate sono quelle dell’abbigliamento e tessuti, seguite da
quella degli alimentari.
Esercizi che praticano il commercio ambulante, per specializzazione merceologica, Piacenza e
province dell’Emilia Romagna, 2013
Non
specificato
3,4
1,8
6,0
5,5
2,5
2,7
4,1
19,8
17,4
23,3
16,6
24,4
27,7
26,1
Mobili e
Articoli di
uso
domestico
3,9
3,4
3,1
3,0
2,7
2,6
2,6
2,7
5,4
18,4
24,4
3,0
2,8
4,0
3,2
21,6
27,9
3,1
2,7
Abbigliamento,
Abbigliamento Calzature e
Alimentare
Tessuti e
e Tessuti
Pelletterie
Calzature
Bologna
2,9
14,9
16,6
38,6
Ferrara
5,3
20,9
14,8
36,4
Forlì-Cesena
5,6
19,8
9,7
32,5
Modena
0,8
20,6
12,0
41,6
Parma
6,5
21,2
15,9
26,8
Piacenza
5,3
18,8
11,0
31,9
Ravenna
5,6
13,8
18,5
29,3
Reggio
Emilia
5,9
20,9
13,2
35,9
Rimini
6,2
20,6
7,3
33,3
Emilia
4,5
18,5
13,4
34,8
Romagna
ITALIA
7,6
20,2
11,5
27,0
Fonte: Elaborazioni CCIAA di Piacenza su dati Infocamere Trade View
Altri
Articoli
104
Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013
TradeView si occupa anche del settore degli intermediari. Il numero di questi soggetti tende a subire dei
saliscendi tra un anno e l’altro. Nell’ultimo anno è risultato in aumento a Bologna, Forlì-Cesena e Rimini, in
riduzione negli altri casi.
Intermediari del commercio, Piacenza e province di confronto, 2011-2013
2011
2012
2013
Bologna
12.795
12.680
12.595
Ferrara
3.648
3.638
3.653
Forlì-Cesena
4.858
4.758
4.753
Modena
8.585
8.554
8.617
Parma
5.110
5.134
5.154
Piacenza
3.650
3.532
3.546
Ravenna
3.907
3.898
3.935
Reggio Emilia
6.185
6.114
6.152
Rimini
4.524
4.531
4.426
Emilia Romagna
53.262
52.839
52.831
ITALIA
665.217
660.131
661.303
Fonte: Elaborazioni CCIAA di Piacenza su dati Infocamere Trade View
Var.% 20122013
-0,7
0,4
-0,1
0,7
0,4
0,4
0,9
0,6
-2,3
0,0
0,2
Gli intermediari si distinguono in operatori del commercio all’ingrosso, intermediari del commercio e settore
auto. Percentualmente il peso è del 37% per i primi, del 38% per i secondi e del 25% per i terzi.
Provincia di Piacenza: intermediari del commercio per specializzazione commerciale, 2013
Tipologia commerciale
Commercio ingrosso
Intermediari del commercio
Settore auto
Specializzazione commerciale
Altri prodotti
Altri prodotti di consumo finale
Macchinari e attrezzature
Materie prime agricole e animali vivi
Prodotti alimentari, bevande, tabacco
Prodotti intermedi non agricoli, rottami e cascami
Alimentari, bevande, tabacco
Auto e motocicli, compresi parti e accessori
Combustibili, minerali, metalli, prodotti chimici
Despecializzato
Legname, materiali da costruzione
Macchinari, impianti industriali, navi, aereomobili
Materie prime agricole, tessili, semilavorati, animali vivi
Mobili, articoli per la casa, ferramenta
Non specificato
Specializzato di altri prodotti n.c.a.
Tessili, abbigliamento, calzature, articoli in cuoio
Commercio di autoveicoli
Commercio di parti e accessori di autoveicoli
Commercio, manutenz. e ripar. di motocicli,parti e accessori
Manutenzione e riparazione di autoveicoli
Non specificato
TOTALE
Fonte: Elaborazioni CCIAA di Piacenza su dati Infocamere Trade View
TOTALE
23
350
293
84
237
332
325
75
69
69
100
139
54
81
18
379
41
162
90
52
562
11
3.546
Le caratteristiche strutturali del sistema distributivo locale possono essere lette anche grazie all’ausilio dei
dati del Ministero dello sviluppo economico. L’indagine dà il quadro al 1° gennaio di ogni anno.
Le variazioni di numerosità che possiamo annotare tra i dati di fine 2011 e quelli di fine 2012 consistono
nell’apertura di 1 grande magazzino, compensata però dalla chiusura di 2 supermercati e di 1 minimercato.
Stabili le grandi superfici specializzate.
Complessivamente si sono registrati due movimenti in direzioni opposte: le superfici di vendita sono
diminuite di 1,54 punti percentuali mentre gli addetti sono aumentati di 1,52 punti percentuali, pari a 39 unità.
L’incremento ha interessato ogni tipologia commerciale. Dal 2005 il numero degli addetti assorbito dal
sistema distributivo è aumentato di 642 unità.
105
Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013
Provincia di Piacenza: caratteri strutturali del sistema distributivo commerciale, anni 2005 -2013
Grandi superfici
Grandi magazzini
Supermercati
Ipermercati
Minimercati
specializzate
Num.
Mq
Addetti Num.
Mq
Addetti Num.
Mq
Addetti Num.
Mq
Addetti Num.
Mq
Addetti
vendita
vendita
vendita
vendita
vendita
2005
2006
6
6
30.306
30.156
193
160
6
7
14.420
15.628
232
192
53
54
43.249
44.476
1.190
1.198
1
2
4.500
9.495
133
223
24
30
7.856
9.562
210
228
2007
2008
8
11
34.427
42.382
207
262
7
5
15.628
12.950
201
150
57
58
48.882
51.530
1.269
1.168
2
4
9.495
21.668
207
506
36
35
11.477
11.030
261
254
2009
2010
11
13
42.382
45.887
262
318
5
6
12.950
13.850
192
190
62
67
55.086
61.172
1.245
1.211
4
4
21.668
20.793
491
494
40
36
12.533
11.306
257
237
2011
2012
13
15
45.887
55.471
314
360
7
10
8.792
21.742
169
184
69
69
63.463
63.967
1.245
1.287
4
4
20.793
20.793
487
481
39
38
12.277
12.024
253
249
2013 15
54.171
361
11
21.933
193 67
62.723
1.294
Fonte: Elaborazioni CCIAA di Piacenza su dati Ministero Sviluppo economico
4
20.793
501
37
11.693
251
Dal 2007 il settore del commercio –secondo quanto attesta l’indagine congiunturale- assomma risultati
negativi. Nell’ultimo biennio si è assistito ad un crollo ancora più importante delle vendite. Gli effetti della
crisi, della perdita di posti di lavoro, dell’incertezza per il futuro hanno ripercussioni decisamente significative
sulla domanda interna e quindi sui consumi.
Provincia di Piacenza: congiuntura del commercio al dettaglio – Vendite (tasso di variazione medio
annuale sulla media dell’anno precedente)
2003
2004
2005
2006
2,00
2007
2008
2009
2010
2011
2012
2013
1,44
1,10
1,00
0,18
0,13
-1,00
-0,45
-0,81
-0,94
-1,26
-2,00
-3,00
-4,00
-3,85
-4,50
-5,00
-5,00
-6,00
Fonte: Unioncamere – Indagine congiunturale
106
Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013
COOPERAZIONE
Tra il 2012 ed il 2013 lo stock di cooperative registrate a Piacenza è risultato costantemente fermo a 565
unità. Il numero di quelle attive è invece sceso di 14 unità.
Ben 176, delle 565 cooperative registrate, risultano in scioglimento o in liquidazione (31,2%). Trentatre sono
invece interessate da procedure concorsuali.
Le iscrizioni che si sono avute nel corso del 2013 sono state 20 mentre le cessazioni 19. Il settore che
raggruppa il maggior numero di cooperative registrate è quello delle attività artistiche, al secondo posto vi è
quello dei trasporti, al terzo quello edile. Poco distante si trova invece quello dei servizi alle imprese. Se
l’attenzione si ferma sulle cooperative effettivamente attive il gruppo più numeroso è quello dei trasporti,
seguito dalle cooperative nelle costruzioni e quindi dalle cooperative agricole.
Provincia di Piacenza: cooperative attive per sezioni di attività, 2013
60
50
40
30
20
10
Fo
r
ni
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At
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m
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di
se
rv
iz
i
0
Fonte: Elaborazione CCIAA di Piacenza su dati StockView
E’ possibile individuare, in seno alle cooperative attive a Piacenza, l’incidenza di quelle che si possono
qualificare come “straniere” (pari al’11%), le artigiane (5%), le “femminili” (22%) ed infine le giovanili (9%).
Provincia di Piacenza: imprese Cooperative attive per attività economica e articolazione per tipo di
impresa, anno 2013
Imprese
Cooperative
Attive
31
28
0
Sezioni Ateco2007
A Agricoltura, silvicoltura pesca
C Attività manifatturiere
D Fornitura di energia elettrica, gas ..
E Fornitura di acqua; reti fognarie,gestione
rifiuti
3
F Costruzioni
35
G Commercio all'ingrosso e al dettaglio
16
H Trasporto e magazzinaggio
50
I Attività dei servizi alloggio e ristorazione
9
J Servizi di informazione e comunicazione
12
K Attività finanziarie e assicurative
2
L Attivita' immobiliari
5
M Attività professionali, scientifiche
16
N Noleggio, agenzie di viaggio, servizi impr.
40
P Istruzione
11
Q Sanita' e assistenza sociale
27
R Attività artistiche, sportive
17
S Altre attività di servizi
8
X Imprese non classificate
0
TOTALE
310
Fonte: Elaborazione CCIAA di Piacenza su dati StockView
Imprese
Straniere*
1
3
0
0
7
0
11
1
0
0
0
0
6
0
2
0
2
0
33
Di cui
Imprese
Imprese
Artigiane*
Femminili*
0
6
1
8
0
0
0
3
1
5
1
0
0
0
1
1
0
0
0
1
0
14
0
2
1
6
3
3
0
0
6
5
5
12
7
4
0
68
Imprese
Giovanili*
2
4
0
0
4
1
6
1
0
0
0
2
4
0
0
4
1
0
29
107
Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013
Nell’ultimo anno il nucleo delle cooperative registrate è aumentato, o è rimasto stabile, in tutte le province
dell’Emilia Romagna ad eccezione di Bologna. Nel quinquennio a Piacenza se ne è rilevata una riduzione
pari al 3,25%.
Cooperative registrate, Piacenza e province dell’Emilia Romagna, 2009-2013
2009
2010
2011
Bologna
1.590
1.586
1.553
Ferrara
498
502
484
Forlì-Cesena
762
763
691
Modena
1.259
1.319
1.364
Parma
798
812
801
Piacenza
584
587
557
Ravenna
541
550
548
Reggio Emilia
1.023
1.043
1.016
Rimini
472
489
486
Emilia Romagna
7.527
7.651
7.501
ITALIA
151.685
153.373
149.283
Fonte: Elaborazione CCIAA di Piacenza su dati StockView
2012
2013
1.545
491
698
1.432
838
565
562
1.030
498
7.660
148.180
1.535
498
701
1.480
864
565
569
1.030
510
7.753
146.405
Var.20122013
-0,6
1,4
0,4
3,4
3,1
0,0
1,2
0,0
2,4
1,2
-1,2
L’incidenza delle cooperative attive rispetto alle registrate si mantiene piuttosto bassa in tutte le realtà
territoriali ma Piacenza registra il dato inferiore. A Ravenna invece questo rapporto arriva al 79,4%.
Cooperative attive e registrate, Piacenza e territori di confronto, 2013
Cooperative
di cui: Cooperative
Registrate
Attive
Bologna
1.535
1.040
Ferrara
498
348
Forlì-Cesena
701
537
Modena
1.480
881
Parma
864
576
Piacenza
565
310
Ravenna
569
452
Reggio Emilia
1.030
679
Rimini
510
337
Emilia Romagna
7.753
5.160
ITALIA
146.405
76.770
Fonte: Elaborazione CCIAA di Piacenza su dati StockView
Incidenza %
Attive/Registrate
67,8
69,9
76,6
59,5
66,7
54,9
79,4
65,9
66,1
66,6
52,4
Le cooperative piacentine rappresentano il 7,3% di quelle regionali (in calo sul 2010) mentre il totale delle
imprese piacentine è pari al 6,6% di quelle regionali: la forma cooperativa è quindi meglio rappresentata a
Piacenza rispetto ad altre forme giuridiche.
Provincia di Piacenza: cooperative attive per forma giuridica, 2013 Fonte: Elaborazione CCIAA di Piacenza
su dati StockView
COOP. SOCIALE
5,8%
ALTRE SOC. COOP.
1,0%
PICCOLA SOCIETA'
COOP. ARL
0,3%
SOCIETA' COOP.
ARL
18,4%
SOCIETA' COOP.
74,5%
108
Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013
Il 74,5% delle cooperative attive a Piacenza ha la forma giuridica della società cooperativa, il 18,4% della
società cooperativa a responsabilità limitata e quindi il 5,8% della cooperativa sociale.
Il settore nel quale risulta più elevato il peso delle cooperative attive sul totale delle imprese attive è quello
della sanità ed assistenza sociale (22,69%), segue quello dell’istruzione (10,38%).
Provincia di Piacenza: incidenza delle cooperative attive sul totale delle imprese attive, 2013
Sezioni Ateco2007
A Agricoltura, silvicoltura pesca
B Estrazione di minerali da cave e miniere
C Attività manifatturiere
D Fornitura di energia elettrica, gas, vapore
E Fornitura acqua; reti fognarie, gestione rifiuti
F Costruzioni
G Commercio ingrosso e dettaglio; riparaz. auto
H Trasporto e magazzinaggio
I Attività dei servizi alloggio e ristorazione
J Servizi di informazione e comunicazione
K Attività finanziarie e assicurative
L Attivita' immobiliari
M Attività professionali, scientifiche e tecniche
N Noleggio, agenzie viaggio, servizi alle imprese
P Istruzione
Q Sanita' e assistenza sociale
R Attività artistiche, sportive, di intrattenimento
S Altre attività di servizi
X Imprese non classificate
TOTALE
Fonte: Elaborazione CCIAA di Piacenza su dati StockView
Cooperative
Attive
31
0
28
0
3
35
16
50
9
12
2
5
16
40
11
27
17
8
0
310
Totale
Imprese Attive
5.539
24
2.651
45
50
4.911
6.359
1.026
1.878
552
543
1.129
762
503
106
119
250
1.213
6
27.666
Incidenza %
Coop. sul Totale
0,56
0,00
1,06
0,00
6,00
0,71
0,25
4,87
0,48
2,17
0,37
0,44
2,10
7,95
10,38
22,69
6,80
0,66
0,00
1,12
109
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