RAPPORTO SULL’ECONOMIA DELLA PROVINCIA DI PIACENZA NEL 2013 Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013 Il Rapporto è stato chiuso il 6 maggio 2014 I capitoli: - Dipende da noi – Riflessioni su come arredare il tunnel - Scenario economico - Il mercato del lavoro - Il commercio estero - Il credito sono stati realizzati dall’Ufficio Studi di Unioncamere Emilia Romagna I capitoli - Il contesto economico piacentino - Il tessuto imprenditoriale - I fallimenti - I protesti - Analisi settoriali sono stati realizzati dall’Ufficio Studi della Camera di commercio di Piacenza 2 Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013 INDICE Dipende da noi - Riflessioni su come arredare il tunnel pag. 4 Scenario economico Il quadro internazionale Il quadro nazionale Il quadro regionale pag. 19 pag. 26 pag. 30 Il contesto economico piacentino Il tessuto imprenditoriale I fallimenti I protesti Il mercato del lavoro Il commercio estero Il credito pag. pag. pag. pag. pag. pag. pag. Analisi settoriali Agricoltura Industria e costruzioni Artigianato Commercio e terziario Cooperazione pag. 83 pag. 91 pag. 95 pag.101 pag.107 34 37 57 58 61 68 73 3 Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013 Dipende da noi Riflessioni su come arredare il tunnel ZENOBIA Ora dirò della città di Zenobia che ha questo di mirabile: benché posta su terreno asciutto essa sorge su altissime palafitte, e le case sono di bambù e di zinco, con molti ballatoi e balconi, poste a diversa altezza, su trampoli che si scavalcano l'un l'altro, collegate da scale a pioli e marciapiedi pensili, sormontate da belvederi coperti da tettoie a cono, barili di serbatoi d'acqua, girandole marcavento, e ne sporgono carrucole, lenze e gru. Quale bisogno o comandamento o desiderio abbia spinto i fondatori di Zenobia a dare questa forma alla loro città, non si ricorda, e perciò non si può dire se esso sia stato soddisfatto dalla città quale noi oggi la vediamo, cresciuta forse per sovrapposizioni successive dal primo e ormai indecifrabile disegno. Ma quel che è certo è che chi abita a Zenobia e gli si chiede di descrivere come lui vedrebbe la vita felice, è sempre una città come Zenobia che egli immagina, con le sue palafitte e le sue scale sospese, una Zenobia forse tutta diversa, sventolante di stendardi e di nastri, ma ricavata sempre combinando elementi di quel primo modello. Detto questo, è inutile stabilire se Zenobia sia da classificare tra le città felici o tra quelle infelici. Non è in queste due specie che ha senso dividere la città, ma in altre due: quelle che continuano attraverso gli anni e le mutazioni a dare la loro forma ai desideri e quelle in cui i desideri o riescono a cancellare la città o ne sono cancellati. Tratto da: “Le Città Invisibili” di Italo Calvino 1. Dove eravamo rimasti? Dentro il tunnel. Nel raccontare l’economia di Piacenza nello scorso anno facemmo ricorso alla metafora del tunnel evidenziando come, osservandolo da prospettive differenti, si giungesse a conclusioni diametralmente opposte e, allo stesso tempo, corrette. Aveva parzialmente ragione chi scorgeva la luce dell’uscita, i dati testimoniano di imprese, poche, che – agganciate alla locomotiva export – hanno lasciato la galleria alle loro spalle. Non sbagliava nemmeno chi affermava che la luce in avvicinamento fosse quella di un treno proveniente in senso contrario; altri numeri mostrano imprese fallite o sull’orlo del baratro, certificano la crescente disoccupazione e l’ampliarsi della quota di popolazione a forte rischio di esclusione sociale. Certamente non era in difetto neppure chi non intravedeva alcuna luce all’orizzonte, anzi, ci consigliava di prepararci ad arredare il tunnel perché saremmo restati al suo interno ancora a lungo. A un anno di distanza nulla sembra essere cambiato. Dall’uscita fanno capolino le aziende che esportano e chi lavora con esse, all’interno del tunnel cresce l’affollamento e l’aria si fa sempre più pesante. C’è un’allegoria che, a nostro avviso, completa e restituisce in maniera ancor più efficace l’immagine di quanto sta avvenendo. Italo Calvino, nelle sue città invisibili, racconta di Zenobia, una città costruita seguendo canoni architettonici improbabili, cresciuta caoticamente per sovrapposizioni successive. Tuttavia, se si chiede ai suoi abitanti di descrivere un luogo felice essi rispondono immaginando una città esattamente come Zenobia. Calvino chiude il racconto affermando “… detto questo, è inutile stabilire se Zenobia sia da classificare tra le città felici o tra quelle infelici. Non è in queste due specie che ha senso dividere la città, ma in altre due: quelle che continuano attraverso gli anni e le mutazioni a dare la loro forma ai desideri e quelle in cui i desideri o riescono a cancellare la città o ne sono cancellati”. Quanto dista Zenobia da noi? La progressiva perdita di senso che caratterizza il modello architetturale della città sembra essere il tratto distintivo anche del nostro modello di sviluppo economico e sociale, una deriva che sta portando al collasso larga parte dei sistemi economici occidentali e, tra questi, l’Italia rappresenta la 4 Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013 punta più avanzata. Come a Zenobia, del modello e della visione originaria – volto alla crescita economica e al benessere diffuso - se n’è persa traccia, ognuno ha costruito senza rispettare un piano urbanistico condiviso, inseguendo mire individuali incurante del bene comune e di una visione collettiva. Stratificazioni di costruzioni pericolose non solo tollerate ma spesso incentivate, un sistema vacillante che – una volta mutate le condizioni iniziali – ha iniziato a implodere ripiegandosi sulle sue fondamenta. Nonostante questo, proprio come gli abitanti di Zenobia, fatichiamo a immaginare un modello di sviluppo differente. Se in passato il nostro modello aveva accompagnato persone e imprese nel percorso volto a dare forma ai desideri oggi ne ostacola la realizzazione e, il più delle volte, conduce la maggioranza dei cittadini a rinunciare ai desideri stessi. Non solo brancoliamo nell’oscurità del tunnel, abbiamo smarrito anche il senso dell’orientamento. Dunque, prima ancora di domandarci in quale tratto del tunnel ci troviamo, l’interrogativo che dovremmo risolvere riguarda il senso di marcia da seguire. Se, come accade a Zenobia, proseguire nella costruzione di nuovi strati in continuità con quanto fatto in passato, immaginandolo come unico modello percorribile, oppure se ricercare paradigmi differenti, con tutte le incognite connesse. Del modello di sviluppo e della necessità di ritrovare il Senso creando una discontinuità se ne è scritto lungamente nei capitoli monografici degli anni precedenti. È condizione necessaria ma non sufficiente, è altrettanto importante che la discontinuità sia leggibile anche nelle strategie e nelle azioni. Nelle riflessioni di quest’anno è da qui che vorremmo ripartire. Senza l’ambizione di inventare nuovi modelli e nuovi paradigmi architetturali, seppur necessari. Più pragmaticamente, in queste pagine vorremmo seguire un percorso volto a portare a valore ciò che di positivo c’è già. Individuare azioni che, in tempi brevi, ci consentano di rendere più confortevole il tunnel e, auspicabilmente, forniscano indicazioni utili sulla direzione di marcia che avvicina all’uscita. 2.Da dove ripartire? A nostro avviso globalizzazione e crisi economica hanno reso evidenti quattro aspetti - quattro punti fermi e luminosi nel buio del tunnel - dai quali non possiamo prescindere nelle nostre riflessioni: competenze distintive, territorio, crescita mondiale, big data. Sono aspetti in parte già affrontati negli anni precedenti, ripercorriamoli rapidamente, cercando di darne una lettura integrata. 2.1 Primo punto. Filiere e competenze distintive La prima regola che abbiamo appreso in questi anni di globalizzazione è che chi – persona, impresa o territorio - offre beni o servizi che vengono già proposti da altri, se non riesce ad apportare conoscenze o competenze distintive, è a forte rischio di esclusione. Quali sono le nostre competenze distintive? Seguendo, come promesso, un approccio pragmatico, possiamo tentare di individuarle attraverso i numeri. Se confrontiamo la struttura economica della nostra provincia con 1 le altre aree d’Italia emergono alcune attività che a Piacenza si sono sviluppate in misura nettamente superiore. Alcune di queste sono riconducibili a filiere strettamente connesse al capitale naturale del territorio, altre derivano da un percorso evolutivo e di specializzazione di alcune produzioni spesso nate attorno a poche imprese manifatturiere capofila: industria agroalimentare, prodotti in metallo, meccanica, logistica. Sono filiere caratterizzanti il territorio, in quanto sono la nostra carta d’identità con la quale ci presentiamo al mondo. Non sono filiere esclusive, anche altri le hanno o le possono avere. Ciò che caratterizza queste filiere più di altre è l’aver sviluppato all’interno della regione tecniche e conoscenze originali difficilmente imitabili e trasferibili fuori dal territorio. Tecniche e conoscenze che non possono essere incorporate in macchinari – e quindi localizzabili ovunque - , ma legate alle capacità specifiche di certe persone/aziende, di certi territori, di certi contesti sociali. Saperi che viaggiano su reti informali e non codificabili, una combinazione di know how e capitale relazionale che non può essere 1 Per il confronto sono stati incrociati i dati delle unità locali, dell’occupazione e del fatturato (solo società di capitale) di Piacenza con quelli delle altre province italiane. Sono state considerate competenze distintive quelle attività numericamente rilevanti con incidenza sul totale provinciale significativamente superiore a quella delle altre province. Il confronto è stato effettuato al massimo livello di disaggregazione (Ateco a 6 cifre). 5 Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013 scaricato da internet. Agroalimentare. Le attività di specializzazione AGROALIMENTARE Coltivazioni miste di cereali, legumi da granella e semi oleosi Attività di supporto alla produzione vegetale Produzione di carne non di volatili e di prodotti della macellazione (attività dei mattatoi) Produzione di prodotti a base di carne (inclusa la carne di volatili) Produzione dei derivati del latte Produzione di paste alimentari, di cuscus e di prodotti farinacei simili Fonte: Unioncamere Emilia-Romagna su fonti varie Manifatturiero e altro industria. Le attività di specializzazione MANIFATTURIERO E ALTRO INDUSTRIA Fabbricazione di medicinali ed altri preparati farmaceutici Fabbricazione di imballaggi in materie plastiche Produzione di calce Fabbricazione di tubi, condotti, profilati cavi e relativi accessori in acciaio (esclusi quelli in acciaio colato) Fabbricazione di strutture metalliche e parti assemblate di strutture Lavori di meccanica generale Fabbricazione di casseforti, forzieri e porte metalliche blindate Fabbricazione di apparecchiature di irradiazione per alimenti e latte Fabbricazione di altri rubinetti e valvole Fabbricazione di forni, fornaci e bruciatori Fabbricazione di ascensori, montacarichi e scale mobili Fabbricazione di macchine utensili per la formatura dei metalli Fabbricazione di altre macchine da miniera, cava e cantiere (incluse parti e accessori) Fabbricazione di macchine per la stampa e la legatoria (incluse parti e accessori) Fabbricazione di robot industriali per usi molteplici (incluse parti e accessori) Fonte: Unioncamere Emilia-Romagna su fonti varie Terziario. Le attività di specializzazione TERZIARIO Commercio all'ingrosso di macchine, accessori e utensili agricoli, inclusi i trattori Trasporto di merci su strada Magazzini di custodia e deposito per conto terzi Attività svolta dai Centri di assistenza fiscale (Caf) Fonte: Unioncamere Emilia-Romagna su fonti varie L’accoglienza turistica, il “saper fare” manifatturiero sono competenze in parte innate e in parte formatesi ed evolute nel tempo, tenute ancorate al territorio da una complessa rete relazionale. La cultura dell’accoglienza si può insegnare, l’empatia necessaria per metterla in pratica no; le imprese possono essere delocalizzate e le persone formate, più difficile replicare altrove quel sistema relazionale fatto di competenze, flessibilità e conoscenze tacite, condizioni necessarie per far crescere innovazione e creatività. Da questo punto di vista l’esperienza statunitense è illuminante. Negli Stati Uniti, come raccontano Gary Pisano e Willy Shih su Havard Business Review c’è stato – ed è tuttora in corso – un acceso dibattito sul ruolo giocato dalla globalizzazione nello spiegare la minor competitività dell’industria americana. In particolare è emerso come il processo evolutivo - che vuole la delocalizzazione delle attività a minor valore aggiunto ed il potenziamento interno di quelle legate all’innovazione ed alla ricerca - abbia prodotto esiti negativi. Secondo Pisano e Shih, insieme all’outsourcing se ne sono andate anche quelle conoscenze e quelle capacità del “saper fare” necessarie per poter innovare. Una capacità che molte imprese americane sono state costrette a ricercare e a delegare a terzi, minando seriamente non solo la loro competitività, ma la stessa sopravvivenza. Per questa ragione negli Stati Uniti si sta assistendo a un processo di reindustrializzazione, a un ritorno agli “industrial commons” per non disperdere quanto resta di quella cultura di prodotto fatta di professionalità, conoscenze tacite, reti di relazioni che sono legate al fare, alla manifattura. È da qui - da quello che abbiamo in esclusiva o da quello che sappiamo fare meglio degli altri - che dovremmo ripartire. Piacenza per crescere ha bisogno di queste filiere e di sviluppare ulteriormente le proprie competenze distintive. Le imprese della filiera per mantenersi competitive – per produrre beni che incorporano qualità, design, innovazione - necessitano delle competenze distintive di Piacenza. 6 Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013 2.2 Secondo punto. Territorio Un altro effetto della globalizzazione – strettamente connesso a quello precedente - è quello di aver reso manifesta la ri-territorializzazione come passaggio obbligato per perseguire lo sviluppo. Come afferma Aldo Bonomi, “nell’antropologia della globalizzazione sostanziata da spazi aperti per produrre per competere, da una società dell’incertezza ove ogni cosa sembra in rapido mutamento e allo stato liquido e gassoso, tutto sembra fare condensa nell’unico spazio che sembra solido e certo: il territorio. Questo diviene uno spazio di posizione - e a volte anche un spazio di rappresentazione - nella dinamica ipermoderna caratterizzata dal conflitto tra flussi che sorvolano e atterrano e mutano i luoghi in cui si vive”. Dunque, il territorio – così inteso, come ambiente di incontro tra luogo e flussi - diviene il luogo dove mettere in campo azioni in grado di portare a valore al proprio interno i cambiamenti dettati dai flussi esterni, così come costituisce il luogo dove adottare comportamenti volti ad accompagnare imprese e persone verso i flussi abbassando l’incertezza dello spazio aperto. Possiamo riassumere tutto questo con uno slogan: è vero che la competizione si gioca sempre di più su scenari globali, è altrettanto vero che la capacità di essere competitivi discende dalla qualità dei sistemi territoriali locali. Un’affermazione che pone il territorio al centro dello sviluppo, una tesi che per uscire dall’enunciazione teorica ed essere dimostrata richiede la realizzazione di alcuni lemmi. Il primo di questi afferma che nessun risultato è raggiungibile se non vi è compresenza di un insieme di istituzioni formali ed informali che consentano a persone ed imprese di perseguire i propri obiettivi individuali interagendo e contribuendo collettivamente al benessere generale. Un secondo lemma sostiene che persone e imprese non vanno lasciate sole. Nel caso delle imprese, di fronte ad alcuni vincoli allo sviluppo, esse vanno affiancate dal sistema territoriale, socializzando gli ostacoli e trovando insieme le soluzioni. Se si vuole portare l’impresa sulla via alta dello sviluppo è necessario accompagnarla nella logica di sistema territoriale, innanzitutto pensando a nuove modalità per consentire alle imprese di accedere alle competenze mancanti. Un terzo lemma enuncia che lo stesso territorio deve essere reinterpretato e identificato secondo nuove logiche, da luogo delle appartenenze date a oggetto di relazioni contrattuali e contingenti in cui abitanti e imprese costruiscono consapevolmente il loro ambiente. Logiche che raramente coincidono con quelle amministrative, ma rispondono a un’effettiva comunanza tra aziende e cittadini basata sulla condivisione di obiettivi e di valori. A corollario, Michael Porter, uno dei principali “guru” di strategie aziendali, afferma che nel lungo periodo ciò che crea valore per l’impresa lo crea anche per il territorio. E viceversa. Da qui il suo principio della “creazione di valore condiviso”, che pone i bisogni della comunità al centro delle strategie aziendali (a differenza della responsabilità sociale che li colloca in periferia). Una scelta dettata non da un approccio filantropico, ma perché far crescere la società in cui l’impresa opera è funzionale alla crescita dell’impresa stessa, alla pari di altre leve competitive. 2.3 Terzo punto. Saper cogliere le opportunità che il mondo offre La buona notizia è che fuori dai confini nazionali esiste un mondo dove l’economia continua a crescere. Avanza con passo affaticato nell’Unione europea, con andatura più decisa negli Stati Uniti e in altre aree europee, di corsa in Cina come nella grande maggioranza dei paesi asiatici, africani, sudamericani. L’Italia, come canterebbe Fabrizio De André, procede in direzione ostinata e contraria. Il “mondo che cresce” lo leggiamo nei dati del prodotto interno lordo, ma lo possiamo osservare anche attraverso i numeri del commercio con l’estero: nel 2014 il PIL mondiale dovrebbe aumentare del 3,6 per cento, il volume del commercio mondiale del 4,9 per cento. Come si vedrà successivamente, il “mondo che cresce” offre opportunità per tutti, persone e imprese. Sta a noi creare le occasioni per cogliere tali opportunità. 7 Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013 2.4 Quarto punto. I Big Data. Mark Twain sosteneva che esistono tre tipi di bugie, le piccole bugie, le grandi bugie e le statistiche. Una delle leggi di Murphy recita che se si raccolgono abbastanza dati qualsiasi cosa può essere dimostrata con metodi statistici. L’“Economist” afferma che l’economia è la scienza che studia perché le sue previsioni non si sono avverate. Si potrebbe proseguire a lungo nel citare aforismi che mettono in dubbio la capacità della statistica di fotografare la realtà, una sfiducia verso i numeri che è diventata ancora più tangibile negli ultimi anni quando – per certi aspetti paradossalmente - di fronte ad una maggiore disponibilità di informazione economica e statistica, anche a livello territoriale, è diminuita la capacità di interpretare le dinamiche in atto. Poter contare su più dati non si è tradotto in maggior conoscenza, un’equazione mancata le cui ragioni sono da ascrivere principalmente alla crescente complessità del sistema e all’incapacità di abbandonare gli abituali schemi dell’analisi dei dati. Eppure i miliardi di numeri di cui oggi disponiamo nei nostri dataset, se correttamente letti e ricondotti a poche informazioni con valenza strategica, avrebbero veramente la forza di aiutare la governance del territorio e delle imprese a operare le scelte migliori. L’espressione “Big Data” significa proprio questo, incrociare le banche dati esistenti, far dialogare tra loro i numeri provenienti da fonti diverse per ottenere una narrazione dal contenuto esplicativo che non potremmo ascoltare attraverso il racconto delle singole banche dati. Secondo Harvard Business Review le società statunitensi che utilizzano i big data hanno una profittabilità del 6 per cento superiore alle altre imprese. 2.5 Unire i punti. Partire dai big data per accompagnare le filiere e le competenze distintive del nostro territorio a cogliere le opportunità offerte dal mondo che cresce. Dall’interno del tunnel l’azione più logica da compiere sembra essere quella di agganciare i quattro punti luminosi ed esplorare il percorso delineato dalla loro unione. Di certo rischiarerà un po’ l’oscurità che ci circonda, probabilmente appariranno altri punti luminosi che ci avvicineranno all’uscita. Ci siamo ripromessi di adottare in queste pagine un approccio pragmatico, dove alle riflessioni seguissero proposte concrete. Proviamo allora a declinare all’interno di strategie e azioni le considerazioni fatte, tentando di unire i quattro punti luminosi in tre differenti ambiti: le esportazioni, il turismo e il welfare. 3. Le esportazioni Sono oramai vent’anni che la teoria economica individua nelle esportazioni il principale fattore di crescita delle nostre imprese. C’è un numero che meglio di altri spiega cosa significhi essere presente sui mercati esteri per le imprese manifatturiere di Piacenza: posti uguale a cento il valore del fatturato realizzato sul mercato interno e quello sul mercato estero nel 2002, nel 2013 il numero indice del fatturato estero sale a 115, quello interno crolla a 69. Semplificando, un’impresa manifatturiera che opera solo sul mercato estero negli ultimi 10 anni ha aumentato il proprio fatturato del 15 per cento, quella che vende solamente in Italia ha visto diminuire i propri ricavi del 31 per cento. Andamento del fatturato interno e del fatturato estero. Numero indice, 2002=100 120 114,6 110 100 90 80 70 69,0 60 2002 2003 2004 2005 2006 2007 Fatt.interno 2008 2009 2010 2011 2012 2013 Fatt.estero Fonte: Unioncamere Emilia-Romagna su dati osservatorio congiuntura industria manifatturiera 8 Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013 Tutti a esportare quindi? Purtroppo no, commercializzare all’estero non è così semplice. Altri numeri possono essere d’aiuto. Negli ultimi quattro anni le imprese della provincia di Piacenza che hanno esportato sono state 1.478, di cui solo 489 hanno commercializzato all’estero tutti gli anni considerati. I due terzi delle imprese che esportano ha meno di 10 addetti, quelle con oltre 250 dipendenti sono solo l’1 per cento ma ad esse è ascrivibile oltre un terzo dell’export complessivo. Il 43 per cento delle esportazioni piacentine è realizzato dalle prime 10 imprese. Quasi il 70 per cento delle imprese realizza sui mercati esteri meno del 25 per cento del proprio fatturato complessivo. Imprese esportatrici per classe dimensionale e per classe di fatturato realizzato all’estero. Classe di addetti meno di 10 Incidenza Incidenza imprese export 65,6% 11,1% da 10 a 49 27,4% 21,2% da 50 a 99 4,0% 17,3% da 100 a 249 2,2% 18,9% 250 e oltre 0,9% 31,4% 100,0% 100,0% TOTALE <25% 68,7% da 25% a 50% 12,6% da 50% a 75% 12,3% > 75% 6,4% Fonte: Trade Catalyst, Unioncamere Emilia-Romagna, Bureau Van Dijk È sicuramente vero che molte imprese commercializzano con l’estero “indirettamente” attraverso altre società, in quanto subfornitrici di società esportatrici. È altrettanto vero che di fronte all’indebolirsi dei legami di committenza-subfornitura sul territorio incrementare il numero delle imprese esportatrici rappresenta una priorità. Favorire il commercio con l’estero è uno degli obiettivi che può essere perseguito unendo i quattro punti luminosi. Accompagnare come sistema territoriale le nostre imprese e le nostre filiere a cogliere le opportunità offerte dal commercio con l’estero (il mondo che cresce) valorizzando le nostre competenze distintive. E tutto questo a partire dai numeri. Oggi la disponibilità di banche dati sempre più puntuali che incrociano miliardi di informazioni sulle imprese e sui mercati esteri permette di individuare per ciascun prodotto i mercati più rilevanti, quelli più dinamici e promettenti, quelli a maggior rischio. Così come le informazioni sulle singole imprese di tutto il mondo aprono 2 nuovi scenari per quanto riguarda l’analisi della competitività e la ricerca di partner commerciali Passiamo dalla teoria alla pratica provando a costruire due possibili percorsi operativi che uniscano i punti. Tutti i passaggi indicati non sono ipotetici, ma concreti e già realizzabili attraverso gli strumenti a disposizione del sistema camerale dell’Emilia-Romagna. Un percorso la cui fase preparatoria può essere realizzata desk (utilizzando solamente le banche dati) in tempi rapidi, vale a dire coinvolgendo le imprese solo nella fase successiva, quella esecutiva. Nel primo percorso immaginiamo di voler fare un’azione di sistema rivolto a un insieme di imprese. Le tappe potrebbero essere queste: 1. Individuazione delle filiere, settori o prodotti. Attraverso indicatori statistici – oppure partendo da scelte operate seguendo criteri differenti – individuazione del settore/filiera verso il quale si vogliono mettere in campo azioni per allargare il bacino delle imprese esportatrici e per supportare quelle che già operano sui mercati esteri; 2 Tutte le elaborazioni di questo capitolo sono state realizzate attraverso Trade Catalyst, il sistema informativo per supportare le strategie di internazionalizzazione. Ideato da Unioncamere Emilia-Romagna e realizzato in collaborazione con Bureau Van Dijk implementa e analizza in forma innovativa e integrata più basi dati, da quelle relative alla struttura produttiva delle singole province a quelle degli scambi commerciali di tutti i Paesi del mondo per oltre 8mila prodotti, dai dati di bilancio di oltre cento milioni di società mondiali, alle partecipazioni all’estero. L’idea alla base del prodotto è quella di elaborare milioni di dati per restituire attraverso pochi numeri tutte le informazioni che possono essere di aiuto per accompagnare le imprese nei mercati esteri. Il risultato finale è un report che delinea un percorso di internazionalizzazione completo: grado di esportabilità dei prodotti, individuazione dei mercati più rilevanti e di quelli più dinamici, posizionamento competitivo dell’impresa/settore/territorio, analisi della concorrenza, individuazione dei possibili partner commerciali con indicatori sul loro grado di affidabilità. 9 Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013 2. Lista d’imprese. Estrazione dell’elenco completo delle imprese del territorio (regione, provincia, distretto, comune) che operano nel settore. Possibilità di filtrare le imprese in funzione di alcuni parametri, dimensionali oppure patrimoniali. Per esempio si può scegliere di non coinvolgere nel progetto aziende troppo piccole, oppure quelle con un’esposizione debitoria elevata che renderebbe difficilmente sostenibile un’attività all’estero; 3. Conoscenza del mercato. Relativamente a quel settore quali sono i principali Paesi importatori o esportatori, elenco delle imprese italiane ed estere, verso quali mercati (Paesi) si rivolgono gli investimenti mondiali, …; 4. Creazione della mappa delle opportunità. Incrociando i dati export locali, italiani e mondiali è possibile costruire una mappa delle opportunità, cioè classificare i mercati in funzione della loro capacità di accogliere i nostri prodotti. I dati consentono di costruire le mappe per circa 8mila prodotti, quindi permettono di individuare con precisione il bene e fornire così informazioni di reale utilità per le imprese. La mappatura segnala per ciascun prodotto/settore: - i mercati da consolidare e su cui investire ulteriormente, riconducibili ai Paesi dove cresce la domanda complessiva di quel prodotto e aumentano le nostre esportazioni; - i mercati da difendere, dove le nostre esportazioni continuano a crescere ma si sta riducendo la domanda (le importazioni di quel Paese relative al prodotto analizzato), quindi, presumibilmente la concorrenza si farà più agguerrita; - i mercati da ripensare, dove aumenta la domanda complessiva ma non le nostre esportazioni, probabilmente sono da ripensare le strategie promozionali, distributive, di prodotto,…; - i mercati a rischio, quelli dove diminuiscono sia le nostre esportazioni sia la domanda complessiva; - i mercati dove noi siamo assenti o esportiamo pochissimo mentre gli altri competitors sono già presenti e stanno incrementando in misura considerevole il loro export di quello specifico prodotto; - i mercati emergenti, ancora marginali in termini di volume, ma in fortissima e rapidissima crescita. 5. Una volta individuato il mercato/i di interesse è possibile avere dati puntuali sul Paese, previsioni macroeconomiche, informazioni utili all’attività commerciale, elenco delle imprese che operano nel settore, elenco delle imprese italiane ed estere che hanno effettuato investimenti su quel mercato,… 6. Elenco dei distributori di quel settore/prodotto che operano nel Paese scelto, con indicazioni sul grado di affidabilità. A titolo esemplificativo è riportata la mappa delle opportunità di una delle filiere caratteristiche della provincia, quella dei tubi e profilati cavi. TUBI E PROFILATI CAVI. MERCATI RILEVANTI MERCATI NON RILEVANTI CON BUONE PROSPETTIVE DA DIFENDERE Algeria; Giordania; Qatar Francia; Spagna; Belgio; Polonia A RISCHIO DA CONSOLIDARE Austria; Croazia; Regno Unito; Stati Uniti d'America Norvegia DA RIPENSARE EMERGENTI O ASSENTI Arabia Saudita; Indonesia; Kuwait; Ghana; Emirati Arabi Uniti; Canada; Hong Kong; Svizzera; Angola; Brasile; Nigeria; Messico; Russia; Cina Fonte: Trade Catalyst, Unioncamere Emilia-Romagna, Bureau Van Dijk Un percorso analogo può essere costruito con l’obiettivo di fornire un servizio personalizzato alla singola impresa: - misurazione del grado di esportabilità del suo prodotto; - posizionamento competitivo rispetto alla concorrenza (terzo in regione, quinto in Italia, centesimo nel mondo); - punti di forza/debolezza rispetto ai concorrenti (confrontando alcuni indicatori bilancio dell’impresa con quelli medi di imprese dello stesso cluster); - creazione della mappa delle opportunità; - scheda Paese del mercato individuato con informazioni dettagliate; - elenco dei distributori con misurazione del grado di affidabilità Una volta terminata la fase desk che trasforma miliardi di numeri in poche essenziali informazioni, sta al sistema territoriale tradurre queste informazioni in azioni concrete per accompagnare le imprese del territorio nel mondo. 10 Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013 Indipendentemente dalle azioni scelte, la loro efficacia sarà direttamente proporzionale alla capacità di metterle in campo come sistema territoriale. Nel teorema “le imprese sono competitive se il territorio è competitivo” ricordavamo tre condizioni necessarie: la compresenza di un insieme di istituzioni formali e informali che sostenga le imprese, l’affiancamento alle imprese nel superare vincoli e ostacoli, un nuovo modo di concepire il territorio, superando barriere amministrative ma anche un’attribuzione di posizioni, ruoli e competenze spesso anacronistico. Quello che è certo è che fuori dall’Italia c’è un mondo pronto ad accogliere le nostre produzioni. Oggi disponiamo degli strumenti per individuare per tutti i prodotti le opportunità che il mondo ci propone. Saperle cogliere dipende solamente da noi. 4. Il turismo Il fatto che il turismo sia una competenza distintiva del nostro Paese è cosa nota, non sarebbero necessari 3 numeri per testimoniarlo. Tuttavia, alcuni di essi può essere opportuno ricordarli : L’Italia è prima al mondo per infrastrutture turistiche, prima per destinazione che si vorrebbe visitare, quinta al mondo per spesa turistica dei non residenti. A questi numeri se ne affiancano altri di tenore opposto: trentesimi per crescita turistica tra i primi trenta Paesi turistici (quindi ultimi), ventiseiesimi per competitività dell’industria turistica, centesimi per regolamentazione e politiche sul settore, vale a dire che le politiche più che un sostegno alle attività turistiche rappresentano un fastidioso inciampo. L’unione dei numeri evidenzia come il turismo sia un’enorme potenzialità per il nostro Paese, una competenza distintiva che valorizziamo poco e male. Certamente l’industria turistica rappresenta una filiera apprezzabile anche per Piacenza. Il contributo del turismo alla composizione del valore aggiunto provinciale si aggira attorno al 7,6 per cento. Molte sono le analogie con quanto visto analizzando il commercio con l’estero. Anche per il turismo fuori c’è un mondo che cresce e offre grandi opportunità. Nel 2030 gli arrivi turistici internazionali raggiungeranno 1,8 miliardi, vale a dire che ogni giorno 5 milioni di persone si sposteranno da un Paese a un altro. Nei prossimi dieci anni il PIL turistico mondiale dovrebbe crescere a un tasso del 4,4 per cento annuo, ampiamente superiore a quello complessivo. Per l’Italia è prevista una crescita del 2,3 per cento annuo, un’opportunità che riusciremo a cogliere solamente se sapremo schiodarci da quel centesimo posto relativo alle politiche sul turismo. Per Piacenza non disponiamo di dati previsionali sui flussi turistici, tuttavia è sufficiente guardare la dinamica più recente per comprendere cosa possa significare cogliere le opportunità del mondo che cresce. A fronte di una domanda interna in forte calo - il numero degli arrivi italiani in provincia è diminuito nell’ultimo anno del 22 per cento - vi è una domanda estera che, pur in flessione a differenza di quanto registrato a livello regionale e nazionale, consente al settore di limitare i danni (-4,7 per cento gli arrivi dall’estero). Se analizzando il commercio con l’estero lamentavamo il basso numero di imprese esportatrici, nell’industria turistica è la percentuale di turismo proveniente dall’estero a essere bassa, soprattutto se confrontata con quella nazionale (36 per cento a Piacenza, 47 per cento in Italia). Ovviamente il dato andrebbe contestualizzato e letto in maggior profondità tenendo conto della capacità di attrazione dall’estero che hanno città come Roma, Firenze o Venezia, tuttavia aumentare il numero di presenze straniere sembra essere un obiettivo alla portata della provincia. Presenze turistiche per provenienza. Piacenza Fonte: Unioncamere Emilia-Romagna su dati Istat Incidenza delle presenze Variazione 2012-2013 degli arrivi e delle presenze -4,7% 64,4% -6,6% -8,3% 35,6% -22,1% stranieri 3 italiani Italiani arrivi Italiani presenze Stranieri arrivi Stranieri presenze Alcune delle considerazioni, delle statistiche e delle metodologie utilizzate in questo capitolo sono tratte dallo studio “Il turismo invisibile”, realizzato da Guido Caselli e Stefano Lenzi per il Piano Strategico di Rimini e l’assessorato turismo della Regione Emilia-Romagna. Lo studio sarà disponibile nella primavera 2014. 11 Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013 Come avvenuto per le esportazioni, per passare dalla teoria ai fatti, l’incrocio di più banche dati (i dati sulle presenze e sulla spesa turistica rilevati dall’Istat, dalla Banca d’Italia e dal World Tourism Organization) può esserci d’aiuto per costruire le mappe delle opportunità e individuare i mercati verso i quali orientare le strategie di promozione turistica. Ancora una volta emergono i mercati già rilevanti da consolidare ulteriormente, quelli da difendere (dove Piacenza tiene – ma cala il numero delle presenze complessive all’estero) quelli a rischio (presenze in calo in provincia e a livello complessivo) quelli dove le strategie probabilmente vanno ripensate (presenze in calo a Piacenza ma non quelle complessive), i mercati che sono ancora marginali ma in forte espansione. Vacanza culturale in città d’arte e a Piacenza a confronto. Valutazione dei principali mercati di riferimento sulla base della dinamica di spesa 2007-2012 Mercati su cui Mercati a rischio Mercati stabili Mercati in crescita investire Norvegia; Finlandia; Australia; Germania; Regno Unito; Spagna; Messico; Argentina; Danimarca; Belgio; Stati Austria; Brasile; Polonia; Svizzera; Paesi Cile; Dubai; Uniti; Svezia Giappone; Canada; Bassi; Francia Venezuela; Turchia; Cina; Russia India Fonte: Unioncamere Emilia-Romagna su dati Banca d’Italia, UNWTO e altre fonti. Ci si può spingere ancora oltre, segmentando il mercato di riferimento per tipologia di vacanza, per classe di età, per sesso, per professione, per capacità di spesa. Tutte le mappature evidenziano, partendo dai numeri, come la crescita del turismo mondiale offra e offrirà sempre di più opportunità di crescita per tutti i territori e per tutte le tipologie di vacanza. Anche a Piacenza, se il territorio saprà costruire proposte turistiche di successo per intercettare la domanda mondiale sempre meno standardizzata. Conoscere i mercati e le dinamiche dei flussi mondiali costituisce solo la prima tappa del percorso per attrarre turisti. Da un lato la crescente competizione tra le destinazioni internazionali più tradizionali e quelle emergenti, dall’altro i profondi cambiamenti nel comportamento dei turista hanno determinato la necessità di differenziare il prodotto turistico. Spesso si continua a credere che la ricchezza del patrimonio sia sufficiente. Non è così, si può disporre di un patrimonio artistico/culturale unico, ma se attorno a esso non si crea un’offerta turistica nuova e differenziata si avrà solamente un turismo di passaggio, di chi viene a soddisfare una curiosità e velocemente se ne va, senza nessuna possibilità di fidelizzazione. Per fidelizzarlo non è sufficiente una generica attenzione al cliente, occorre creare “cose nuove”. È come viene vissuta l’esperienza e non solo l’oggettività del bene visitato, a dare unicità e piacere all’esperienza del viaggio. Oggi il turista, grazie anche alle nuove tecnologie, è un viaggiatore informato, alla ricerca di nuove esperienze e opportunità. Non è solo un cliente finale, è un attore temporaneo del territorio che partecipa attivamente al processo di produzione dell’offerta. Un’offerta che, per avere successo, non può che partire proprio dai bisogni del turista, dai suoi desideri, sapendo che nella sua scelta finale contano sempre di più la ricerca dell’autenticità e valutazioni di carattere emozionale. Una proposta turistica di questo tipo può essere costruita solamente come sistema territoriale, coinvolgendo tutti gli attori del territorio, integrando ancor più istituzioni e operatori privati, costruendo filiere allargate perché il nuovo turismo è sempre meno confinabile in settori circoscritti. Su questi aspetti la nostra regione, più di altre, è particolarmente attiva, sia nella definizione delle norme a supporto del settore sia nella ricerca dell’integrazione orizzontale e verticale di tutti gli operatori della filiera. Le principali linee d’azione riguardano il sostegno ai percorsi volti a elevare il livello di qualità dei prodotti e dei servizi offerti, a migliorare la mobilità e la logistica, a promuovere la riqualificazione dei tessuti urbani e delle strutture ricettive. A ben vedere sono azioni che impattano su tutto il territorio e non solo sul turismo, proprio perché i turisti sono cittadini temporanei che condividono con i residenti servizi e disservizi. Chi visita o abita solo per un breve periodo le città deve avere gli stessi diritti del cittadino residente, riconoscere questa valenza significa affermare la capacità dei turisti di diventare partner strategici nel processo di programmazione del territorio. Allo stesso tempo i cittadini temporanei guardano al territorio con occhi diversi, chiedono e propongono servizi differenti che contribuiscono ad arricchire il territorio stesso. La divisione tra cittadino residente e cittadino temporaneo, tra sviluppo del territorio e turismo, diviene sempre più sottile, Carlo Petrini, fondatore di Slow Food, sostiene che le azioni per attrarre turisti devono necessariamente partire “dai cittadini residenti, dalla loro qualità della vita, dalla capacità di essere felici, dalla loro cura della terra che abitano. I turisti arriveranno di conseguenza”. A ben vedere è un altro modo di declinare il teorema “dalla qualità del territorio discende la capacità di competere di imprese e persone”. 12 Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013 Costruire un’offerta turistica di successo come sistema territoriale è tutt’altro che semplice. Al governo del territorio è richiesto un salto qualitativo, deve evolvere da semplice intermediario tra domanda e offerta a regista d’esperienze. Significa saper ascoltare e dirigere tutti gli attori coinvolti – operatori turistici, cittadini residenti, cittadini temporanei – e mettere in scena un’offerta che rispetti e valorizzi gli elementi identitari del territorio e, al tempo stesso, sappia intercettare i desideri del singolo turista e costruire su di essi esperienze autentiche. Non è semplice però, ancora una volta, dipende da noi. 5. Il welfare Inserire il tema del welfare come fattore di crescita del territorio potrebbe sembrare azzardato, è ancora prevalente la visione che guarda al welfare come a un costo e non come a una risorsa. In realtà sono tanti i numeri a testimoniare che così non è, non solo per quanto il welfare produce sul territorio dal punto vista economico e sociale, ma anche per il suo peso diretto nella struttura produttiva regionale. Nel terzo settore di Piacenza – sulla base del recente censimento condotto da Istat - operano oltre 4mila addetti, molti di più rispetto a importanti filiere manifatturiere. Se agli addetti aggiungiamo i volontari il numero di chi opera a vario titolo nel terzo settore raggiunge quota 37mila, vale a dire che quasi 13 abitanti della provincia ogni cento sono direttamente coinvolti nel mondo no profit. L’importanza del welfare, anche come creatore di nuova occupazione, risulta ancora più evidente in questi anni di difficoltà. Dal 2010 al 2013 la struttura produttiva “profit” della provincia ha aumentato gli addetti dell’1,3 per cento, contemporaneamente il non profit ha registrato incrementi prossimi al 4 per cento. Profit e no profit a confronto. Variazione delle unità locali e degli addetti. Giugno 2010-giugno 2013. Variazione percentuale unità locali e addetti Variazione valori assoluti addetti 1.273 8,9% 3,8% 1,3% -1,2% Var. unità locali Prof it 137 Var. addetti No prof it Prof it No prof it Fonte: Unioncamere Emilia-Romagna su dati SMAIL Numeri che fanno del welfare – anche alla luce del confronto con le altre province italiane - una competenza distintiva e una filiera rilevante nel sistema economico provinciale. Il welfare dunque, incrocia il primo punto luminoso che avevamo individuato nelle note iniziali. Certamente incrocia anche il secondo, il territorio. Il welfare è territorio, non è delocalizzabile o trasferibile in alcune delle sue componenti in altri parti del mondo, evolve e si modifica in risposta ai cambiamenti del territorio stesso. Il terzo punto luminoso riguardava il saper cogliere le opportunità che il mondo offre. È indubbio che la globalizzazione stia determinando profondi cambiamenti nel tessuto sociale della nostra provincia e della nostra regione. Secondo le previsioni demografiche nel 2034 in Emilia-Romagna (le previsioni di fonte ISTAT non sono disponibili a livello provinciale) vi saranno 610mila abitanti in più, una crescita imponente del tutto ascrivibile all’arrivo di nuovi cittadini da altre parti del mondo. Gli stranieri saranno un milione e centomila, il 21 per cento della popolazione (oggi incidono per il 13 per cento), un terzo dei bambini sarà di nazionalità straniera. Gli abitanti con oltre 64 anni sfioreranno il milione e quattrocentomila (il 27 per cento della popolazione rispetto al 22 per cento attuale), cinque emiliano-romagnoli ogni cento avrà più di ottantacinque anni. Alla luce delle dinamiche più recenti non è difficile prevedere che anche Piacenza sarà sempre più una 13 Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013 provincia multietnica e abitata da una quota crescente di over 65. Sicuramente è positivo poter contare molti anziani e stranieri, sono espressione di un’elevata qualità della vita e della capacità di accogliere e integrare; d’altro canto sono trasformazioni che richiedono un forte ripensamento delle politiche di welfare. Un altro cambiamento portato dalla crisi riguarda i tagli alla spesa pubblica e, inevitabilmente, alla spesa sociale. A risentirne saranno soprattutto le cooperative sociali e chi opera direttamente sul territorio per attuare le politiche sociali. L’osservatorio sul terzo settore di Reggio Emilia ha evidenziato come le entrate delle cooperative sociali siano per quasi il novanta per cento derivanti da contributi e convenzioni con Enti pubblici. È evidente come in una fase di crisi che sta producendo un ampliarsi della base sociale a rischio di esclusione (nuovi disoccupati, giovani che non trovano lavoro, famiglie che hanno visto diminuire drasticamente il potere d’acquisto, pensionati e immigrati senza una rete di sostegno,…) il ridursi della capacità di spesa pubblica rappresenta un problema non di poco conto. Di fronte a queste considerazioni può sembrare difficile cogliere nel mondo che cambia (e che produce questi effetti) delle opportunità. Eppure può essere l’occasione per ripensare il sistema di welfare regionale, costruire nuovi percorsi coinvolgendo altri attori del territorio, sperimentando nuovi servizi e rinnovando quelli esistenti, attirando nuove fonti di finanziamento. Tutto questo senza mai perdere di vista il principio fondante del welfare regionale, garantire a tutti l’accesso ai servizi, pur nella consapevolezza che anche il concetto di universalismo è oggetto di grandi trasformazioni. Sarà necessario superare l'idea di universalismo nel suo significato di copertura omnicomprensiva di tutta la popolazione, per tutti i bisogni meritevoli di tutela e in forma completamente gratuita. Come sostiene Maurizio Ferrera, docente di Scienza della Politica all'Università degli Studi di Milano “a questa concezione, di dubbia sostenibilità dal punto di vista non solo economico-finanziario ma anche della giustizia distributiva, appare opportuno contrapporre l'alternativa dell'universalismo progressivo: accesso esteso a tutta la popolazione, ma con filtri selettivi capaci di calibrare il paniere delle prestazioni in base all'intensità del bisogno e della situazione economica degli utenti. Ciò significa garantire di meno a chi ha meno bisogno e chiedere a chi può permetterselo, in base alla situazione economica, una compartecipazione progressivamente più elevata per accedere alle prestazioni garantite. La compartecipazione rimarrebbe comunque più bassa del costo reale del servizio e del suo prezzo sul mercato privato”. Un esempio riguarda gli assegni di accompagnamento. Lo Stato spende ogni anno circa 15 miliardi per questi assegni, che sono troppo bassi per le famiglie che ne hanno davvero bisogno e d'altro canto rappresentano un'integrazione non davvero necessaria per chi ha redditi medio-alti. Più logico sarebbe redistribuire le somme in modo da dare un contributo maggiore a chi è in difficoltà economica. Adottare l’idea dell’universalismo progressivo da un lato consentirebbe di modulare in maniera differente le risorse pubbliche, dall’altro lato aprirebbe la via agli investimenti sociali privati, così come raccomandato dall’Unione europea nell’Agenda Europa 2020. Il welfare rafforzerebbe ulteriormente il suo ruolo di fattore di crescita del territorio, sia come produttore diretto di ricchezza attraverso le imprese che operano nel settore, sia nell’apporto più difficilmente misurabile ma altrettanto rilevante di rete di protezione. Nei capitoli precedenti, per dare forma e sostanza alle idee, il racconto è stato supportato dai numeri. In questo capitolo i nostri big data non saranno più database numerici ma raccolte di esperienze fatte in altri Paesi. 5.1.Le esperienze di welfare nel nord Europa Nell’ambito del welfare, le esperienze di maggior successo sono, da un lato, quelle dei paesi scandinavi, dall’altro, quelle di alcuni paesi anglosassoni. A metà strada tra i due gruppi, si colloca l’esperienza olandese che su un substrato di esperienze tipicamente scandinave ha applicato molte soluzioni derivanti dal mondo anglosassone. Il primo aspetto che va tenuto presente è che tutte le esperienze di welfare virtuose sono state realizzate parallelamente ad un contenimento della spesa pubblica. Questo per sancire fin da subito che il miglioramento/ampliamento dei servizi garantiti alla comunità non è, necessariamente, in contrasto con il contenimento della spesa pubblica. La spesa pubblica in Svezia è passata dal 67 per cento del 1993 al 49 cento del 2012 e questo senza intervenire sui livelli di servizio offerti alla popolazione, anzi, integrando nuovi servizi che rendono la vita più semplice ai cittadini. Quali sono le caratteristiche comuni ai modelli di welfare che hanno avuto maggior successo? 14 Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013 Innanzitutto quella di favorire la libertà individuale, ponendo al centro la persona e non lo Stato. Non più programmare la vita delle persone ma promuovere la libertà individuale e la mobilità sociale basata sulle pari opportunità per tutti. La libertà individuale la si ritrova soprattutto nella fruizione e nell’erogazione dei servizi pubblici, attraverso, per esempio, il sistema dei voucher e una vasta serie di soggetti privati erogatori, dalle assicurazioni private ai fondi di categoria, dalle fondazioni bancarie agli enti filantropici, dalle associazioni ai sindacati, fino alle imprese, singole o associate. Si tratta di esperienze alla quali ci si riferisce nella letteratura internazionale con welfare mix, societal welfare o welfare community e che nel nostro paese 4 vengono identificate anche come secondo welfare . Le amministrazioni pubbliche di questi Paesi hanno assunto il ruolo di coordinamento, promozione, e controllo di questa galassia di soggetti riuscendo così ad aumentare la quantità e la qualità dei servizi erogati contenendone i costi. Un altro tratto caratteristico è il pragmatismo, non è importante chi eroga materialmente i servizi, quello che importa è che funzionino e che il loro costo sia sotto controllo. Di qui la massiccia adozione del metodo dei voucher (soprattutto in Svezia) per scuole, asili, ospedali e servizi per gli anziani. I pubblici poteri hanno intensificato il loro ruolo di controllori, adoperandosi per l’erogazione diretta solo per correggere distorsioni non altrimenti risolvibili. Un terzo aspetto fondamentale riguarda il passaggio dal welfare del risarcimento al welfare delle opportunità. Si tratta di una logica nuova ma, soprattutto, diversa di disegnare tutti gli interventi di welfare. Invece di cercare di risarcire la persona per l’evento critico che ha interessato la sua vita si tenta di aiutarla ad uscire dalla situazione di bisogno che quell’evento critico ha causato. L’esempio più evidente di questo cambiamento di ottica è rintracciabile nel disegno delle politiche per la disoccupazione (che vanno sotto il nome di welfare to work). Nel caso danese della flexsecurity i disoccupati ricevono, sì, sostegno al reddito ma il focus è sul supporto di politiche attive per il lavoro (formazione mirata, riqualificazioni, aiuto attivo nella ricerca del lavoro). In cambio essi devono impegnarsi fortemente nella ricerca del lavoro (e rischiano di perdere il sostegno pubblico se non lo fanno), anche accettando di trasferirsi per ottenerlo. In questo modo, i lavoratori non rimangono legati a posti di lavoro che stanno scomparendo (come rischia di succedere con la cassa integrazione italiana) ma riallocano le proprie energie e le proprie competenze verso settori ed imprese in espansione. I costi sociali ed economici della riallocazione del capitale umano sono così ridotti al minimo e si contiene il più possibile la durata del distacco dei lavoratori dal mondo del lavoro. Il welfare delle opportunità si estende oltre i confini del welfare to work. E’ un principio che si ritrova in tutte le azioni di welfare, con l’obiettivo dichiarato di consentire alla quota più ampia possibile di popolazione di accedere attivamente al mercato del lavoro. Va detto che i modelli di welfare del nord Europa sono difficilmente trasferibili senza opportuni adattamenti nel nostro Paese, le condizioni di partenza – i conti pubblici e il tasso di partecipazione al lavoro, solo per citare due evidenti criticità – li rendono economicamente insostenibili. Ciò non toglie che i suoi principi ispiratori – libertà individuale, pragmatismo, welfare delle opportunità – e le modalità con le quali sono perseguiti - la forte interazione pubblico-privato, la creazione di circoli virtuosi tra i diversi attori della società dove ogni elemento alimenta e sostiene gli altri ed è a sua volta sostenuto da questi – non possano essere alla base di un nuovo sistema di welfare regionale. In particolare, all’interno dei modelli di welfare nord europei c’è un tassello che merita di essere approfondito, il welfare aziendale. Può rappresentare – se opportunamente declinato tenendo conto delle nostre peculiarità, a partire dalla dimensione d’impresa – un primo passo verso un welfare di comunità, che tenga proficuamente assieme componente pubblica e privata. 5.2. Dal welfare aziendale al welfare di comunità Con il termine welfare aziendale si intende quell’insieme di benefit non monetari e servizi forniti dal datore di lavoro ai proprio personale al fine di migliorarne la vita (privata e/o lavorativa). Le aree d’intervento sono numerose, conciliazione vita-lavoro (flessibilità oraria e organizzazione lavoro, attività ricreative, culturali, badante, maggiordomo aziendale, counseling, …), area finanziaria (mutuo, prestito personale), area educativa (asili nido, scuole, master, acquisto libri e materiale didattico), area cura (pagamento di polizze sanitarie, rimborso spese sanitarie), altri benefit (trasporti, beni aziendali,…). È bene essere chiari, il welfare aziendale non va visto nell’ottica di un atto di filantropia dell’impresa verso il 4 Si veda il Primo rapporto sul secondo welfare in Italia di Franco Maino e Maurizio Ferrara, Centro Ricerche e Documentazione Luigi Einaudi al link: http://www.secondowelfare.it/ Il termine secondo welfare prende spunto da un articolo di Dario Da Vico sul Corriere della Sera. 15 Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013 lavoratore, ma come una azione win-win, dove sia il lavoratore che l’impresa traggono vantaggi. I benefici – documentati in numerosi studi - per quanto riguarda l’azienda riguardano un aumento della produttività, una riduzione dei costi di lavoro, un contenimento dei costi di turnover, la fidelizzazione delle risorse strategiche, il miglioramento del clima aziendale e dell’immagine all’esterno, il rafforzamento del senso di appartenenza all’impresa. Swot analysis del welfare aziendale PUNTI DI FORZA Costi sostenuti dell’azienda inferiori al valore percepito del bene/servizio erogato Possibilità di sperimentare Progetto ad alto valore aggiunto per l’immagine aziendale Riconoscimento sociale – stakeholder Miglioramento efficienza organizzativa PUNTI DI DEBOLEZZA Progetto importante in termini di risorse e durata Regole fiscali e contributive non sempre certe OPPORTUNITA’ Revisione delle politiche retributive Migliorare immagine e clima aziendale Aumento produttività e riduzione assenteismo Senso di appartenenza per i dipendenti dell’azienda Fidelizzazione delle risorse strategiche MINACCE/CRITICITA’ Coinvolgimento sindacale Contrarietà dei lavoratori alla revisione delle attuali politiche retributive Controllo dei fornitori Fonte: Paolo Tormen, “I sistemi di welfare aziendale, come dare di più ai dipendenti spendendo meno”. Vi sono già alcune esperienze di welfare aziendale nel nostro Paese, tuttavia riguardano soprattutto imprese di grandi dimensioni, il più delle volte legate a multinazionali. Per le aziende di piccola e media dimensione il numero ridotto di dipendenti lo rende di difficile attuazione, in quanto spesso è necessario il raggiungimento di una massa critica per rendere l’investimento possibile (si pensi, ad esempio, ai servizi assistenziali per l’infanzia che prevedono costi fissi importanti). Ciò non toglie che non sia possibile portare anche le imprese di piccola dimensione verso il welfare aziendale, costruendo un percorso che, ancora una volta, tenga insieme le competenze distintive del nostro territorio: la filiera del welfare nella sua componente pubblica e privata, il territorio e la sua capacità di essere rete. Le soluzioni per andare in questa direzione (e le prime esperienze) non mancano: • I contratti di rete: si tratta di strumenti nati con l’obiettivo di accrescere la competitività aziendale. Essi possono essere utilizzati anche per l’implementazione di sistemi condivisi di welfare aziendale che permettano di superare la barriera dei costi fissi elevati e di aggregare la domanda del personale di più imprese. La prima esperienza a questo riguardo è quella di GIUNCA (Gruppo Imprese Unite Nel Collaborare Attivamente), una rete aziendale nata a Varese tra imprenditori di diverse dimensioni e settori merceologici con l’obiettivo di fornire agli addetti delle medesime servizi di welfare e formazione; • I patti per lo sviluppo: si tratta di iniziative che nascono dall’impegno delle associazioni datoriali e delle rappresentazione sindacali per la costruzione di sistemi di welfare territoriali condivisi. L’esempio è quello di Unindustria Treviso che, a seguito della firma di un patto per lo sviluppo nel 2011 e di concerto con le organizzazioni sindacali, ha promosso l’introduzione di pacchetti welfare nei contratti aziendali. Unindustria Treviso si occupa di contrattare le condizioni di maggior favore coi fornitori di beni e servizi introdotti in questi pacchetti; • Il welfare contrattuale: Anche le parti sociali sono consapevoli dell’importanza del secondo welfare e cercano di valorizzare la contrattazione decentrata, aziendale o territoriale, per introdurne elementi. Si tratta, nella maggior parte dei casi, di costituzione di fondi di natura socio sanitaria e di enti bilaterali che, sempre più, sono attivi anche nell’erogazione di interventi di welfare; • I bandi pubblici: al fine di assistere le imprese nel processo di adozione di strumenti di welfare aziendale, diversi enti pubblici (Regioni e Camera di commercio soprattutto) stanno emanando bandi per il cofinanziamento degli stessi e degli interventi di adeguamento organizzativo necessari (come la necessità di aggregazione delle piccole e medie imprese per potersi dotare efficacemente di questi strumenti). Per esempio la Regione Lombarda ha stanziato 5 milioni di euro per finanziare progetti di welfare aziendale (o inter-aziendale) a beneficio delle PMI prevedendo però, come prerequisito indispensabile, l’aver concluso la contrattazione di secondo livello. Questo tassello sembrava essere un notevole ostacolo per le imprese più piccole. Le parti sociali hanno sopperito a questa criticità concludendo contratti di secondo livello su base territoriale e settoriale in modo da permettere alle PMI di accedere ad una sorta di “contrattazione di secondo livello pre-confezionata”. 16 Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013 A Piacenza vi sono tutte le condizioni per dare vita a un welfare aziendale di rete, per esempio sperimentando percorsi su reti locali già esistenti e nate con diverse finalità (committenza-subfornitura, export, …), dove vi è già una relazione consolidata tra l’impresa leader (generalmente di dimensione media e grande) e quelle di dimensioni minori. Reti che progressivamente si possono allargare ad altre imprese di prossimità. Gli ingredienti ci sono tutti: un efficiente sistema di welfare pubblico, imprese di dimensioni medie e grandi attente alla crescita del territorio, piccole imprese che lavorano in rete, attori del terzo settore che possono erogare i servizi, parti sociali collaborative. Condizione necessaria che da parte di tutti – imprese, persone, parti sociali - vi sia il desiderio di aprirsi al nuovo e alla sperimentazione. Il welfare aziendale di rete è solo un passo verso il welfare di comunità, nel quale il rapporto pubblico-privato si fa sempre più stringente aprendosi anche a chi è fuori dalle reti aziendali, nell’intento di trovare insieme soluzioni alle emergenze sociali o, meglio ancora, di prevenirle. Nell’attivazione del welfare di comunità sarebbe importante poter accedere anche a finanziamenti non pubblici e non direttamente erogati dalle imprese, coinvolgendo gli abitanti del territorio. Alcuni servizi possono trovare nel crowdfunding dei sostenitori (come già avviene per alcuni progetti a carattere sociale), in generale si possono cercare soluzioni meno aleatorie e più strutturate. Nei paesi anglosassoni hanno preso il via le sperimentazioni dei cosiddetti Social Impact Bond (Regno Unito) anche detti Pay for success bond (Stati Uniti). L'idea dei Social Impact Bond è stata promossa e sviluppata alla ricerca di soluzioni al paradosso per cui è possibile conseguire ingenti risparmi di fondi pubblici prevenendo o intervenendo nelle prime fasi in cui si generano i problemi sociali o sanitari, piuttosto che gestendo le fasi di crisi. Se non che è spesso difficile se non impossibile reperire finanziamenti per realizzare tali interventi. Queste forme di investimento prevedono che un intermediario finanziario raccolga fondi da privati (generalmente grossi investitori istituzionali) allo scopo di finanziare progetti selezionati dalla Pubblica Amministrazione. L’intermediario finanziario versa questo denaro ai soggetti non profit che sono stati selezionati per fornire un determinato servizio. Se l’attività di questi soggetti riesce a raggiungere gli obiettivi previsti nei tempi concordati (a giudicare è un ente terzo indipendente), l’ente pubblico versa all’intermediario finanziario l’equivalente del capitale raccolto più gli interessi, secondo il tasso previsto. L’intermediario finanziario, a questo punto, procede alla restituzione del capitale, arricchito dagli interessi, agli investitori. Se gli obiettivi non vengono raggiunti, l’ente pubblico non restituisce il capitale né, tantomeno, gli interessi. In questo modo si ha che gli enti pubblici possono avvalersi dell’attività di soggetti del terzo settore altamente specializzati nell’erogazione di servizi in cui essi faticano ad avere expertise adeguato e spendono il denaro dei contribuenti solo se gli obiettivi vengono raggiunti. I soggetti non profit, dal canto loro, possono contare su risorse certe per lo svolgimento delle attività del proprio core-business e gli investitori hanno la possibilità di trarre profitto (a fronte di un rischio, come naturale) da una attività a forte valenza sociale. Un esempio può chiarire meglio: i social impact bond possono servire a finanziare l’attività di una cooperativa sociale che si occupa del recupero di ex tossici. In questo caso il fattore di successo viene misurato dal numero di persone che si ipotizza possa tornare a condurre una vita senza l’uso di droghe. Stabilito il livello atteso di persone non più dipendenti, supponiamo 100, se il numero concordato viene raggiunto o superato il privato guadagna, in caso contrario perde. Se il progetto è in grado di curare cento persone o più allora il comune paga un extra rendimento all’investitore privato. Ciò è possibile grazie ai risparmi di lungo periodo ottenuti dal non doversi più occupare di cento tossicodipendenti. Si tratta di emissioni di titoli ancora allo stadio sperimentale e che possono essere esperite solo in quei casi in cui gli obiettivi siano chiaramente definibili e misurabili in anticipo (sono quindi escluse a priori quelle situazioni di forte fallimento del mercato). Esempi di finanza sociale, anche se con caratteristiche diverse, si riscontrano anche nel nostro paese. Alcune banche hanno lanciato i Social Bond, altre si stanno muovendo in questa direzione. Si tratta di obbligazioni che vengono collocate secondo i canoni consueti ma che prevedono che una parte del denaro raccolto vada a finanziare progetti meritori, precedentemente selezionati. Questo può avvenire in due modi diversi. Secondo una prima metodologia, una percentuale dell’importo collocato viene devoluto a progetti di utilità sociale. Questi titoli stanno avendo successo per diversi motivi: la loro gestione è assolutamente semplice (e identica a quella delle normali obbligazioni), i rendimenti garantiti sono del tutto simili a quelli delle emissioni obbligazionarie ordinarie, le iniziative finanziate insistono sullo stesso territorio dove è stato collocato il prestito in modo da rendere evidente ai sottoscrittori i risultati che sono stati raggiunti. La seconda metodologia, invece, prevede che l’intero importo raccolto col prestito obbligazionario sia dedicato a finanziare imprenditoria sociale, preferibilmente legate a settori specifici o aree geografiche definite. Altre banche propongono piattaforme on-line attraverso le quali i privati possono prestare direttamente denaro a realtà non profit, a titolo gratuito oppure concordando un tasso di interesse. La banca garantisce completamente l’affidabilità delle iniziative che mette sul portale così che il privato non teme per la perdita del proprio investimento. In questo modo i soggetti non profit riescono ad ottenere finanziamenti per le 17 Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013 proprie attività a tassi assolutamente competitivi mentre gli investitori possono finanziare, senza rischio, iniziative a carattere sociale traendone un interesse non dissimile da quello di investimenti con un profilo di rischio analogo. Ciò che emerge da queste riflessioni è che, nonostante la crisi economica e la contrazione della spesa pubblica, è possibile mantenere e migliorare la qualità del sistema di welfare di Piacenza. Continuare a essere un’eccellenza, come al solito, dipende da noi. 6. Dipende da noi ISIDORA […] Isidora è dunque la città dei suoi sogni: con una differenza. La città sognata conteneva lui giovane; a Isidora arriva in tarda età. Nella piazza c'è il muretto dei vecchi che guardano passare la gioventù; lui è seduto in fila con loro. I desideri sono già ricordi”. Tratto da: “Le Città Invisibili” di Italo Calvino L’ossessività con la quale il “dipende da noi” è stato ripetuto in queste pagine vuole essere uno stimolo a reagire proattivamente alla difficile fase che stiamo attraversando. È vero che molte delle scelte fondamentali passano sopra la nostra testa, transitano per Roma, Bruxelles o altre parti del mondo e il nostro spazio di intervento è minimo o nullo. È anche vero che su aspetti altrettanto fondamentali è tutto nelle nostre mani. Queste pagine ci dicono che arredare il tunnel e ritrovare la direzione dell’uscita è possibile. Dobbiamo farlo. Presto, prima che i desideri si trasformino in ricordi. Dipende da noi. 18 Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013 SCENARIO ECONOMICO Il quadro internazionale L’economia mondiale Nel 2013 l’espansione dell’economia mondiale si è avviata ad un passo moderato, ma si è rafforzata nella seconda parte e ci si attende una sua accelerazione e diffusione nel 2014 e nel 2015. Sulla crescita globale per il 2013 e sulle stime per il 2014 ha inciso l’indebolimento dell’economia di molti paesi emergenti. La domanda finale nelle economie sviluppate è cresciuta ampiamente secondo le attese. L’attività nelle economie emergenti è stata sostenuta da una ripresa delle esportazioni verso i paesi avanzati, mentre la domanda interna è risultata contenuta, salvo che in Cina, per la restrizione delle condizioni finanziarie. La modesta accelerazione della crescita è da attribuire agli effetti dei miglioramenti delle condizioni sui mercati finanziari, al continuo sostegno derivante da politiche monetarie eccezionalmente accomodanti e alla riduzione degli effetti negativi imposti dal processo di consolidamento fiscale. Nonostante la tendenza positiva della congiuntura, la disoccupazione resterà notevolmente elevata in molte economie sviluppate. Infatti la crescita che ha fatto seguito alla crisi mondiale è stata squilibrata e debole. In particolare la creazione di posti di lavoro è stata particolarmente deludente. Per il consolidamento della crescita economica è necessario che ad essa si associ una ripresa dell’occupazione. Questo obiettivo richiede che si attuino profonde riforme strutturali sia nelle economie sviluppate sia in quelle emergenti. La crescita nelle più grandi economie emergenti è rimasta ben al di sotto di quanto sperimentato in passato e non ci si attende un cambiamento di tendenza a breve. Il contenimento della crescita è stato determinato dall’esistenza di vincoli sul fronte dell’offerta, dagli effetti di interventi di politica economica resisi necessari (tra gli altri in Cina per contenere un eccessiva crescita del credito) e dall’irrigidimento delle condizioni finanziarie a seguito della riduzione dell’ampiezza dell’espansione monetaria americana operata da parte della Federal Reserve. Quest’ultimo fattore, in particolare, ha determinato una serie di effetti a caduta sul mercato dei cambi, su quello obbligazionario e su quello del credito. Il rallentamento delle economie emergenti continuerà ad avere un effetto negativo contenuto sul livello dell’attività nei paesi sviluppati. Tra questi, gli Stati Uniti si trovano molto meno esposti, grazie alla dimensione del mercato interno e al loro minore grado di apertura. I rischi di un rallentamento della dinamica economica si sono ridotti ma prevalgono sulle possibilità di una crescita più forte di quella stimat. In primo luogo il rallentamento dell’espansione monetaria da parte della Fed ha determinato, nella seconda parte del 2013, pesanti effetti sui tassi di interesse a lungo termine, colpendo in particolare le economie emergenti. Poiché la crescita statunitense è stata sufficiente a ridurre la disoccupazione, se si accompagnerà a un livello dell’inflazione più elevato, la Fed oltre a rinunciare gradualmente agli interventi di espansione monetaria nel corso del 2014, potrebbe innalzare i tassi di intervento nella prima metà del 2015. Per garantire la crescita è fondamentale evitare un prematuro rientro dalle politiche monetarie accomodanti. Il secondo fattore di incertezza è dato dalle difficoltà che hanno colpito alcuni paesi emergenti, in particolare quelli che presentano una crescita limitata e un ampio disavanzo dei conti correnti, cui si aggiungono Adv Eco Usa 3,9 1,1 1,3 1,3 1,0 2,3 1,8 3,4 Japan -0,5 -0,7 1,2 1,4 1,5 1,4 1,9 2,8 2,8 1,4 1,3 2,2 3,2 3,0 3,6 World 3,0 2014 4,7 4,4 5,4 2013 5,0 4,7 4,9 2012 7,7 7,7 7,5 La previsione del Fondo Monetario Internazionale, tasso di variazione del Prodotto interno lordo € Area Em Dev Brazil Russia India China Mexico Em.Dev. : economie emergent e in sviluppo. IMF, World Economic Outlook, April 8, 2014 19 Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013 un’elevata esposizione debitoria delle imprese e una quota rilevante del debito denominata in valute forti. Queste tensioni hanno ulteriormente inasprito le condizioni sui mercati finanziari e determinato brusche fughe di capitali, con ricadute sul mercato dei cambi. Un terzo fattore è dato dal processo di riequilibrio delle componenti della crescita in corso in Cina, nel senso di un aumento della domanda per consumi e di un contenimento della spesa per investimenti, necessario per limitare rischi di un brusco arresto della crescita e di una crisi del mercato del credito. A tal fine, la banca centrale cinese ha operato ripetuti interventi di drenaggio della liquidità, determinando forti impennate dei tassi di interesse nel mercato interbancario. Un ulteriore fattore di rischio è dato dall’andamento della crescita dei prezzi, prossima allo zero, nelle economie avanzate e in particolare nell’area dell’euro. Un’inflazione inferiore alle attese determina un aumento dell’onere reale del debito e un aumento dei tassi di interesse reali, tenuto conto dei vincoli della politica monetaria a procedere a ulteriori diminuzioni di quelli nominali. Inoltre aumenta la probabilità di giungere a una vera deflazione, al sopraggiungere di uno shock reale esterno, che aumenterebbe il valore reale del debito. Il quinto è dato dalle questioni del bilancio e del limite del debito pubblico degli Stati Uniti, che potrebbero determinare una grave crisi economica, alla quale ci si è avvicinati già lo scorso autunno. A dicembre tra democratici e repubblicani è stato raggiunto un accordo la cui efficacia resta da verificare, ma che sembra evitare i rischi di un duro scontro politico. Ancora, tra i possibili rischi ulteriori a livello economico si evidenzia il problema interconnesso del debito pubblico dei paesi periferici dell’area dell’euro e del sistema bancario europeo, che sarà sottoposto a valutazioni della qualità degli asset e a stress test da parte della Bce e della Eba nel corso del 2014. L’atteggiamento degli investitori, attualmente favorevole rispetto alla possibile sostenibilità del debito, potrebbe subire un improvviso cambiamento, capace di riportare la crisi dell’area dell’Euro al centro dell’attenzione Infine, a livello politico, si complica sempre più la questione ucraina e resta alto il livello di tensione in estremo oriente tra Cina e Giappone, in merito a questioni che vedono coinvolte anche la Corea del Sud, Taiwan e ovviamente gli Stati Uniti. Prodotto e commercio mondiale Secondo il Fondo monetario internazionale, il prodotto mondiale dovrebbe essere aumentato di circa il 3,0 per cento nel 2013 e ci si attende possa salire del 3,6 per cento nel 2014. La crescita è sempre più forte nelle economie emergenti e in via di sviluppo (4,7 per cento nel 2013), ma tra queste, i principali paesi hanno sperimentato un rallentamento dell’attività più o meno ampio. Nelle economie avanzate la crescita si è ridotta all’1,3 per cento, ma dovrebbe accelerare sensibilmente nel 2014, al 2,2 per cento. L’andamento del commercio mondiale non si è sostanzialmente ripreso, dopo il rallentamento del 2012, e dovrebbe mostrare un aumento del 3,0 per cento nel 2013, per poi risultare sensibilmente superiore nel 2014, raggiungendo il 4,3 per cento. La previsione del Fondo Monetario Internazionale prodotto e commercio mondiale, tassi e prezzi (a)(b) 2012 2013 2014 2015 Prodotto mondiale Commercio mondiale(c) Libor su depositi in (f) Dollari Usa Euro Yen giapponese Importazioni Economie avanzate Economie emergenti sviluppo e 3,2 2,8 3,0 3,0 3,6 4,3 3,9 5,3 0,7 0,6 0,3 0,4 0,2 0,2 0,4 0,3 0,2 0,8 0,4 0,2 1,1 in5,8 1,4 5,6 3,5 5,2 4,5 6,3 2012 2013 2014 2015 Prezzi materie prime (in Usd) - Petrolio (d) 1,0 Materie prime non-10,0 energetiche(e) Prezzi al consumo Economie avanzate 2,0 Economie emergenti e in6,0 sviluppo Esportazioni Economie avanzate 2,1 Economie emergenti e in4,2 sviluppo -0,9 -1,2 0,1 -3,5 -6,0 -3,9 1,4 5,8 1,5 5,5 1,6 5,2 2,3 4,4 4,2 5,0 4,8 6,2 (a) In merito alle assunzioni alla base della previsione economica si veda la sezione Assumption and Conventions. (b) Tasso di variazione percentuale sul periodo precedente. (c) Beni e servizi in volume. (d) Media dei prezzi spot del petrolio greggio U.K. Brent, Dubai e West texas Intermediate. (e) Media dei prezzi mondiali delle materie prime non fuel (energia) pesata per la loro quota media delle esportazioni di materie prime. (f) LIBOR (London interbank offered rate), tasso di interesse percentuale: a) sui depositi a 6 mesi in U.S.$; sui depositi a 6 mesi in yen; sui depositi a 3 mesi in euro. IMF, World Economic Outlook, April 8, 2014 20 Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013 Cambi e oro L’intervento di Draghi del luglio 2012 (OMT) ha stabilizzato il cambio euro dollaro tra 1.28 e 1.35 per gran parte del 2013. Le attese sono per una forte rivalutazione del dollaro statunitense con l’avvio di una consolidata ripresa statunitense e di una graduale riduzione e successiva eliminazione del “quantitave easing” da parte della Fed, che verrebbero a determinare l’apertura una fase di divergenza congiunturale dei tassi tra le due sponde dell’Atlantico. Nell’attesa di questa svolta, la tendenza alla riduzione dell’inflazione nell’area dell’euro che sta portando a una rivalutazione della moneta unica sul dollaro, giunta nel 2013 a quasi il 5,5 per cento, nonostante i limitati recenti interventi della Bce, è proseguita anche nel 2014. L’”Abenomics” ha tra i suoi fattori di temporaneo successo la svalutazione dello yen. La Banca del Giappone ha promesso di raddoppiare la base monetaria in due anni per eradicare la deflazione. Lo yen si è quindi svalutato rispetto al dollaro di quasi il 15 per cento nel 2012 e di oltre il 19 per cento nel 2013, offrendo ampio sostegno alle vendite e alla profittabilità degli esportatori. Le attese sono per un’ulteriore svalutazione dello yen verso quota 115 per Us$, anche a seguito di un rafforzamento dell’intervento della banca centrale. Le aspettative di un livello contenuto di inflazione e la prospettiva di un consolidamento della ripresa statunitense accompagnata da una chiusura del quantitative easing hanno determinato una marcata caduta dell’oro nel corso del 2013 (-28 per cento), che attesta una forte riduzione dei timori di un debasement delle principali valute mondiali. L’incertezza concernente i mercati emergenti ne ha determinato però una pronta parziale ripresa a inizio 2014. Nulla sembrava accadere dal punto di vista della tendenza alla rivalutazione dello yuan. La valuta cinese è divenuta l’ottava divisa di regolazione degli scambi commerciali internazionali e si è anche rivalutata di un 2,8 per cento rispetto al dollaro nel 2013. Si prospetta un sempre maggiore e libero impiego dello yuan, anche in considerazione della tendenza all’apertura del mercato finanziario domestico cinese. Questo fattore, le incertezze sul rallentamento dell’attività economica, i dubbi circa un eccessiva espansione del credito e i possibili interventi della Banca centrale aprono a prospettive di una maggiore volatilità del cambio dell yuan. Le difficoltà delle economie emergenti appaiono evidenti se si considera l’andamento della valuta di due giganti come il Brasile e l’India, con problemi di mancata e insufficiente crescita, ampio disavanzo commerciale e inflazione. Entrambe le loro valute, come quelle di molte altre economie emergenti si sono ampiamente svalutate tra maggio e dicembre del 2013, in linea con la tendenza degli ultimi tre anni. Cambi e quotazione dell’oro. Gen.2009 – Dic.2013 Euro / Dollaro statunitense ($ per €) Dollaro statunitense / Yen (¥ per $) Oro. COMEX gold 1 futures chain front month. Dollaro statunitense / Chinese Renminbi (Yuan per $) Dollaro statunitense / Rupia indiana (Rs per $) Dollaro statunitense / Real brasiliano (R$ per $) Fonte : Financial Times 21 Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013 L’ampiezza della variazione dei cambi delle valute delle economie emergenti ha portato a un loro rimbalzo nei primi mesi del 2014. Prezzi delle materie prime I prezzi delle materie sono risultati nel complesso cedenti nel 2013. I due indici globali presi in considerazione forniscono indicazioni divergenti in quanto l’indice S&P GSCI, che assegna un peso molto più elevato all’energia, mostra solo una leggera flessione (-2,3 per cento) nel corso del 2013, mentre l’indice Dow Jones UBS, con una composizione meno orientata alle fonti energetiche registra una più ampia riduzione di circa il 9 per cento. Infatti, i prezzi delle materie prime energetiche sono rimasti sostanzialmente stazionari, quelli delle materie prime non energetiche sono apparsi più deboli. Il prezzo del petrolio ha mostrato anche nel corso di quest’anno una divergenza tra i due indici principali. La condizione prevalente nel mercato mondiale è meglio rappresentata dall’indice ICE Brent, che durante l’anno è risultato sostanzialmente stabile. L’indice Nymex WTI è apparso invece in ripresa, sostenuto dalla congiuntura e dal miglioramento della struttura logistica di distribuzione e stoccaggio nel mercato nord americano, meglio capace di fare fronte all’aumento dell’offerta derivante dal successo delle nuove tecnologie di estrazione. Questo effetto trova un importante riflesso nella quotazione del gas naturale, Henry Hub Natural Gas, le cui quotazioni sono risultate in forte aumento, ma sul mercato statunitense continuano a essere a livelli pari a un terzo o a un quarto di quelle prevalenti sui mercati europei e asiatici, determinando un vantaggio enorme e difficilmente colmabile per le industrie ad alto impiego di energia statunitensi. I prezzi delle materie prime agricole hanno mostrato un andamento debole. L’indice Fao Food Index segna un calo dell’1,6 per cento nel 2013. L’indice si trova comunque su livelli elevatissimi, inferiori solo a quelli del biennio 2011-2012 e superiori del 50,0 per cento rispetto ai livelli reali di un decennio prima. Sono in tensione i prezzi del latte e derivati, mentre i cereali con il nuovo raccolto dell’emisfero nord hanno quotazioni inferiori del 24 per cento rispetto al novembre dello scorso anno. Sempre nello stesso periodo, tra i metalli, il rame ha mostrato una flessione dell’11 per cento, a seguito dei timori di un calo della domanda cinese, fortemente connessa all’andamento delle costruzioni. Secondo il Fondo monetario internazionale, i prezzi in dollari del petrolio dovrebbero mantenersi stabili (+0,1 per cento) nel 2014, mentre quelli delle materie prime non energetiche dovrebbero risultare cedenti (-3,5 per cento). Stati Uniti Negli Stati Uniti la crescita è risultata modesta nell’anno trascorso, nonostante una progressiva accelerazione andata oltre le attese nella seconda metà dell’anno, ma acquisirà forza progressivamente e ci si attende proseguirà ad un ritmo superiore a quello del tasso potenziale nel 2014 e nel 2015. La crescita ha trovato forti resistenze dovute a un minore grado di fiducia dei consumatori e delle imprese e alla tendenza restrittiva della politica fiscale, minori spese e maggiori entrate, sulla quale lo scontro politico ha assunto toni drammatici, giungendo fino allo shutdown, ed è stato esacerbato sino alla minaccia del default. Queste resistenze si ridurranno anche a seguito del recente accordo sul bilancio. Proseguirà la graduale ripresa del mercato del lavoro in corso, che ha determinato una riduzione del tasso di disoccupazione, tenuto conto della forte caduta del tasso di partecipazione dall’inizio della crisi. Continuerà il processo di riduzione dell’indebitamento delle famiglie. La tendenza positiva sui mercati finanziari e quella dei prezzi immobiliari sosterrà la ricchezza delle famiglie. Questi fattori dovrebbero contribuire a sostenere la crescita dei consumi e degli investimenti in abitazioni. La crescita degli investimenti produttivi dovrebbe trarre sostegno da un aumento della domanda, dall’impegno della Fed a mantenere bassi i tassi e dagli ampi flussi finanziari delle imprese. Al sostegno dell’attività hanno fornito un importante contributo anche una accelerazione dell’accumulazione di scorte e una forte crescita delle esportazioni, in particolare di prodotti petroliferi, capaci di determinare, insieme con una caduta delle importazioni energetiche, una sensibile riduzione del deficit dei conti correnti. Il risanamento del bilancio pubblico è in corso, ma è avvenuto attraverso tagli orizzontali alla spesa e il Prezzi delle materie prime. Gen. 2009 – Dic. 2013 S&P GSCI Index Dow Jones UBS Commodity Index Fonte : Financial Times. 22 Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013 mancato rinnovo di agevolazioni fiscali. Su questo fronte il recente accordo di dicembre ha spostato sul 2015 buona parte della restrizione fiscale necessaria per il consolidamento del bilancio e ridurrà la crescita dell’attività per quell’anno. Con il supporto di una ridotta dinamica dei prezzi e di basse aspettative di inflazione, nelle attuali condizioni la Fed sostiene la necesità di mantenere una politica monetaria accomodante, ovvero bassi tassi a lungo termine per ancora un lungo periodo. Ciò non di meno, con il rafforzamento della crescita economica la Fed ha avviato un graduale processo di normalizzazione della politica monetaria, attraverso una progressiva riduzione del programma di acquisti sul mercato di titoli del tesoro e derivanti da mutui ipotecari, cui farà seguito, non prima del tardo 2015, un graduale innalzamento dei tassi di interesse verso livelli più adeguati alla crescita nominale. Le criticità di questo processo, che potrà avere pesanti effetti avversi a livello internazionale, imporranno notevole cautela. Cina La crescita ha accelerato nella seconda metà del 2013 in Cina, sostenuta dall’andamento della domanda interna, ma in particolare degli investimenti, con il supporto di un intervento di stimolo fiscale e di una breve espansione del credito, dopo la stretta dello scorso giugno. La composizione della domanda interna non è mutata sostanzialmente e resta squilibrata a danno dei consumi, ma ci si attende che la forza della sua crescita possa contribuire a ribilanciare lo squilibrio dei conti con l’estero, nonostante i dati più recenti, che pure hanno visto una forte riduzione dell’export, non provino ancora con certezza la tendenza. La ripresa appare quindi contenuta, rispetto all’esperienza del passato, a seguito della marcata riduzione della crescita potenziale intervenuta negli ultimi anni. Resta infatti da valutare la dimensione dell’eccesso di capacità produttiva esistente. Le riforme in corso del sistema finanziario dovrebbero condurre ad un miglioramento dell’allocazione dei capitali e dell’efficienza degli investimenti, nonostante possano determinare un incremento della volatilità dei mercati finanziari nel breve termine. A tal fine, la banca centrale cinese (Banca popolare cinese) intende contenere l’eccessiva crescita monetaria e del credito, frutto degli interventi di stimolo a fronte della crisi del 2008-9, e aumentare il costo del capitale. Ha quindi operato due fasi di stretta del credito a giugno e a dicembre per allineare le aspettative degli operatori. Un ulteriore problema particolarmente sensibile da affrontare è quello del rilevante debito delle amministrazioni pubbliche locali, strettamente connesso allo sviluppo del credito al di fuori del sistema bancario ufficiale. Il Partito comunista cinese ha espresso recentemente il suo appoggio all’obiettivo di dare al sistema economico un maggiore orientamento alla logica di mercato, con un ampio insieme di riforme. L’accelerazione della crescita offre un’opportunità per riforme strutturali, in particolare una liberalizzazione del sistema finanziario, un sostegno alla mobilità sul mercato del lavoro, una maggiore spesa sociale e una revisione del sistema fiscale. Con il processo di riequilibrio graduale in corso, nel 2014, la crescita dell’attività dovrebbe risultare più contenuta, ma comunque elevata, anche grazie al mantenimento di politiche espansive, e rallentare gradualmente nel corso dei prossimi anni. Giappone La ripresa del Giappone è stata trainata da una forte crescita delle esportazioni e della spesa per consumi, in La previsione del Fondo Monetario Internazionale. Il prodotto interno lordo, principali aree e paesi (a)(b) 2012 2013 2014 2015 Economie avanzate Stati Uniti Giappone Area dell'euro 1,4 2,8 1,4 -0,7 Economie emergenti e in sviluppo 5,0 Europa Centrale e Orientale 1,4 Comunità di Stati Indipendenti 3,4 Paesi Asiatici in Sviluppo 6,7 M. Oriente Nord Africa Afg. Pak 4,2 Africa Sub-Sahariana 4,9 America Latina e Caraibi 3,1 1,3 1,9 1,5 -0,5 2,2 2,8 1,4 1,2 2,3 3,0 1,0 1,5 4,7 2,8 2,1 6,5 2,4 4,9 2,7 4,9 2,4 2,3 6,7 3,2 5,4 2,5 5,3 2,9 3,1 6,8 4,4 5,5 3,0 2012 2013 2014 2015 Germania Francia Italia Spagna Regno Unito Russia Cina India Asean-5 (c) Sud Africa Brasile Messico 0,9 0,0 -2,4 -1,6 0,3 3,4 7,7 4,7 6,2 2,5 1,0 3,9 0,5 0,3 -1,9 -1,2 1,8 1,3 7,7 4,4 5,2 1,9 2,3 1,1 1,7 1,0 0,6 0,9 2,9 1,3 7,5 5,4 4,9 2,3 1,8 3,0 1,6 1,5 1,1 1,0 2,5 2,3 7,3 6,4 5,4 2,7 2,7 3,5 (a) In merito alle assunzioni alla base della previsione economica si veda la sezione Assumption and Conventions. (b) Tasso di variazione percentuale sul periodo precedente. (c) Indonesia, Malaysia, Philippines, Thailand, and Vietnam. IMF, World Economic Outlook, April 8, 2014 23 Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013 un clima di crescente fiducia e di aumento dell’occupazione, insieme con un rimbalzo degli investimenti industriali. Alla fase di espansione si è giunti sotto la spinta della cosidetta “Abenomics”, costituita da un aggressivo stimolo di politica monetaria (acquisti sul mercato di titoli da parte della Banca del Giappone), da un pacchetto di provvedimenti di politica fiscale e da un atteso insieme di riforme miranti a aumentare la competitività del paese. L’intervento ha determinato un’ampia svalutazione dello yen, insieme con una forte ripresa dei mercati azionari. Fanno però parte del pacchetto di interventi anche provvedimenti di consolidamento fiscale, ampiamente opportuni, che tra l’altro comportano un’innalzamento della tassazione sui consumi in due fasi, una già realizzata a partire dal primo aprile 2014 e una prevista per il 2015. Ci si attende che nonostante queste manovre la crescita possa ridursi solo lievemente nel corso del 2014. Il successo della manovra dipenderà dalla sua capacità di porre fine al processo di deflazione e di condurre il tasso di inflazione su livelli del 2 per cento entro due anni, obiettivo fissato dalla Banca del Giappone. Le attese vanno in questo senso. In particolare i prezzi al consumo dovrebbero registrare un’impennata nel 2014, sulla spinta dell’aumento dell’imposizione sui consumi e dal mantenimento di condizioni finanziarie espansive. A tal fine risulterà fondamentale una ripresa della crescita salariale. Il debito pubblico lordo oltrepasserà il 230 per cento del Pil nel prossimo anno. Sostenere la fiducia nei titoli del debito pubblico è una priorità assoluta. A tal fine ci si attende la messa in atto di un piano di consolidamento fiscale, credibile e dettagliato, che persegua l’obiettivo del raggiungimento di un avanzo primario positivo nel 2020. L’aumento dell’imposizione sui consumi nei prossimi due anni costituisce solo un primo passo in tal senso. Per perseguire l’obiettivo del consolidamento fiscale, occorre elevare il livello di crescita sostenibile attraverso l’adozione di decise riforme strutturali, la “terza freccia” dell’”Abenomics”, e sostenere l’attività economica con una decisa politica monetaria espansiva. Per raggiungere gli obiettivi preposti, la Banca del Giappone ha promesso di raddoppiare la base monetaria entro la fine del 2014. L’espansione monetaria in corso punta ad una definitiva uscita dalla deflazione e quindi proseguirà fino a che l’obiettivo di un tasso di inflazione del 2 per cento non sarà stabilmente conseguito e acquisito nelle aspettative. Area dell’euro I paesi dell’area dell’euro si trovano al punto di svolta tra recessione e ripresa. La crescita dell’attività economica dovrebbe riprendere nel 2014 e 2015, a seguito del miglioramento del livello di fiducia, della riduzione della frammentazione dei mercati finanziari e dell’allentamento del processo di consolidamento fiscale. Il ritmo della crescita risulterà al più moderato, in quanto il processo di riduzione dell’indebitamento, la debolezza dei bilanci bancari e le condizioni restrittive che caratterizzano il mercato del credito gravano sensibilmente sull’attività economica, in particolare nei paesi più deboli. In conseguenza i livelli di attività economica appaiono squilibrati tra i paesi dell’area, con segni di ripresa sostanziale in alcuni che si confrontano con alti livelli di disoccupazione e forti tensioni sociali in altri. Le esportazioni nette dell’area hanno fornito un contributo positivo a porre termine alla recessione. Il processo di ribilanciamento degli squilibri esterni tra i paesi dell’area è in corso favorito dal consolidamento della politica fiscale, dal processo di riduzione dell’indebitamento nel settore privato e, non solo dalla caduta delle importazioni, ma anche dalla ripresa delle esportazioni dei paesi deboli (PIIGS). Resta il problema del riequilibrio della competitività relativa interna all’area, che è stato portato avanti con buoni, anche se parziali, successi da alcuni paesi (Irlanda, Spagna, ma anche Grecia), ma è ancora da avviare per altri, Francia e Italia, i cui nuovi governi hanno posto la questione al centro del loro programma di attività. I paesi in surplus del Nord Europa potrebbero agevolare il processo sostenendo la domanda interna e tollerando un livello di inflazione anche più elevato del 2 per cento. Al contrario, nel complesso dell’area, considerati gli alti livelli della disoccupazione e gli ampi margini di eccesso di capacità produttiva, ora la tendenza dell’inflazione è contenuta e drescente, pari a un quarto dell’obiettivo della Bce, tanto da esporre al pericolo della deflazione. Sul fronte della politica fiscale, il processo di consolidamento dovrebbe procedere come programmato, tenuto conto della necessità di ridurre i livelli del debito pubblico eccessivamente elevati. Resta comunque agli stabilizzatori automatici il compito di garantire gli interventi necessari per evitare di troncare una ripresa ancora esitante. Per i paesi periferici le esigenze di rifinanziamento del debito pubblico nel corso dei prossimi due anni sono comunque notevoli e impegnative e tengono sempre aperta la prospettiva di possibili difficili evoluzioni, nonostante il notevole miglioramento dell’atteggiamento degli investitori. L’intervento della Bce nel luglio del 2012 ha progressivamente manifestato i suoi effetti con una graduale riduzione del premio per il rischio sui titoli del debito pubblico dei paesi periferici, estesosi a tutto il mercato obbligazionario, con una discesa dei tassi e degli spread rispetto ai paesi core dell’area. Ciò nonostante permangono marcate differenze all’interno dell’area, anche sul mercato del credito, che presenta in molti paesi condizioni restrittive non adeguate alla congiuntura. La Banca centrale europea è intervenuta sui tassi di interesse in maggio e nuovamente a novembre 2013. Le resta ora solo la possibilità di ridurre il tasso di rifinanziamento principale di altri 0,25 punti base, portandolo a zero, con l’introduzione di tassi negativi per la liquidità depositata dal sistema bancario. Ulteriori rischi di deflazione e un indebolimento della ripresa potranno essere affrontati sul fronte monetario solo con 24 Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013 politiche non convenzionali. Si potrebbe trattare di una nuova iniezione di liquidità nel sistema bancario (LTRO) o più probabilmente di finanziamenti al sistema bancario finalizzati all’ampiamento del credito alle imprese, sulla scia dell’esperienza del Regno Unito, mentre resta possibile un intervento che miri ad acquisti diretti di titoli, pubblici o privati, sui mercati finanziari. L’intervento sarebbe politicamente problematico anche se giustificato dall’obiettivo istituzionale della Bce di perseguire una inflazione prossima, ma inferiore al 2 per cento. Questo permetterebbe di superare le resistenze normative e politiche incontrate dal programma di Outright Monetary Transactions (OMT), mirante a sostenere i titoli di paesi in difficoltà. Il superamento dei problemi del sistema bancario europeo è precondizione per sostenere la ripresa. Le banche europee dovranno affrontare una valutazione della qualità del patrimonio e una serie di stress test. La Bce intende richiedere la ristrutturazione e la ricapitalizzazione degli istituti che ne mostreranno la necessità. Le esigenze di ricapitalizzazione e di revisione del rischio delle banche ne ridurranno probabilmente la capacità di fornire credito alle imprese, forse anche di assorbire titoli pubblici del proprio paese nella stessa misura in cui ciò è avvenuto nell’ultimo anno. Questa funzione potrebbe essere sostenuta da un intervento non convenzionale della Bce. Al di là dei problemi finanziari, comunque, la crescita potenziale e l’occupazione potranno essere sostenute nel lungo termine solo grazie all’adozione di profonde riforme strutturali riguardanti sia il mercato del lavoro che quello dei prodotti. Il principale rischio a breve per la crescita può originare dal permanere dell’inflazione al di sotto dell’obiettivo per un protratto periodo di tempo, che potrebbe portare a modificare le attese di inflazione a lungo termine e complicare il percorso della ripresa per le economie più deboli e in difficoltà aumentando i tassi di nteresse reali, quindi il carico del debito, e il debito reale stesso. Altri paesi Brasile L’economia brasiliana ha registrato un forte rallentamento della crescita, che dal 2,7 per cento del 2011 è scesa allo 0,9 per cento nel 2012, per riprendersi, ma non oltre il 2,3 per cento nel 2013. Le attese sono per un nuovo contenimento della crescita all’1,8 per cento per il 2014. A contribuire a limitare l’attività sono principalmente i vincoli all’offerta derivanti dalla debolezza della dotazione infrastrutturale e degli investimenti privati, a seguito della perdita di competitività e della riduzione della fiducia delle imprese. L’inflazione dovrebbe mantenersi elevata. Ciò ha determinato una restrizione della politica monetaria, mentre quella fiscale si è mantenuta neutrale. Russia Anche in Russia l’andamento dell’attività economica ha subito un forte rallentamento negli anni scorsi. Rispetto al 2012 (+3,4 per cento), la crescita si è più che dimezzata nel 2013 (+1,3 per cento). Le attese sono per una crescita contenuta all’1,3 per cento anche nel 2014. Le conseguenze della turbolenza finanziaria che ha investito i paesi emergenti e le tensioni geopolitiche connesse con la crisi Ucraina sono freni che limitano un livello dell’attività già debole. India Dopo un incremento del 7,7 per cento nel 2011, il Pil indiano è salito del 3,2 per cento nel 2012 e del 4,4 nel 2013. Ci si attende un rafforzamento della ripresa dell’economia indiana nel 2014, che conduca ad una crescita del 5,4 per cento, sostenuta dalla maggiore espansione mondiale, dalla crescita delle esportazioni, derivante dal miglioramento della loro competitività a seguito della svalutazione della rupia, e dall’aumento degli investimenti. La ripresa delle esportazioni e i vincoli imposti all’importazione di oro hanno ridotto il deficit dei conti correnti. La vulnerabilità dei conti con l’estero è stata ulteriormente diminuita dall’introduzione di misure a favore degli investimenti esteri. Restano i limiti dal punto dell’offerta e i vincoli posti dalle infrastrutture. La crescita del prossimo anno rimarrà quindi al di sotto del trend del passato. 25 Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013 Il quadro nazionale L’economia italiana ha subito una contrazione dell’1,9 per cento nel 2013, ma ci si aspetta che nel 2014 possa registrare una leggera ripresa trainata dalla domanda estera. La disoccupazione è aumentata e salirà ancora nel 2014. Per una crescita più ampia occorrerà attendere lo sblocco del mercato del credito. La disoccupazione è aumentata e dovrebbe salire ulteriormente nel 2014. Il rallentamento della dinamica dei prezzi ci espone al rischio della deflazione. Il rapporto tra debito pubblico e prodotto interno lordo ha toccato un nuovo massimo (132,6 per cento) e dovrebbe salire ulteriormente nel 2014. I conti economici La discesa del prodotto interno lordo iniziata nel 2011 si è arrestata. Nel quarto trimestre del 2013 si è registrato un lieve incremento dell’attività rispetto al trimestre precedente. I livelli di fiducia sono risultati crescenti, anche se i dati positivi insiti nei giudizi non si sono ancora tradotti in una sicura ripresa dell’attività. Il 2013 si è chiuso con una riduzione del Pil (-1,9 per cento) lievemente più ampia delle attese, anche se più contenuta di quella del 2012 (-2,5 per cento). La caduta della domanda interna ha ridotto il livello dell’attività economica a causa della restrizione del credito e dell’incertezza che ha strettamente compresso i consumi e gli investimenti. Ci si attende che la ripresa divenga progressivamente più sostenuta nel corso del biennio 2014-15, di pari passo con un allentamento dell’azione di politica economica restrittiva connessa alle esigenze del consolidamento fiscale. La crescita dovrebbe comunque restare tra lo 0,6 e lo 0,8 per cento nel 2014. Rimarrà comunque ampio il margine tra la crescita effettiva e quella potenziale, come testimoniato dagli alti livelli di capacità inutilizzata e di disoccupazione, anche se c’è incertezza sull’effettivo output gap. Il ritorno alla crescita dovrebbe essere sostenuto dall’andamento delle esportazioni, il cui andamento ha toccato un minimo nel 2013, ma dovrebbe accelerare nel biennio 2014-2015, trainato dalla crescita della domanda estera, grazie anche alla ripresa dei paesi dell’area dell’euro. Le esportazioni daranno slancio alla ripresa dell’attività industriale. L’atteso progressivo aumento della domanda e la ripresa dell’attività determineranno un’inversione della tendenza negativa, predominante nel biennio 2012-13, per le importazioni che registreranno una buona crescita. La domanda interna risulta in pesante flessione nel 2013, ma si riprenderà nel corso del 2014, dando un contributo positivo alla crescita economica, anche a seguito dell’inversione di tendenza degli investimenti, dopo la nuova pesante caduta che questi hanno subito nel 2013, sia per la parte dedicata alle costruzioni (6,7 per cento), sia per la componente indirizzata a macchine e attrezzature (-6,3 per cento), mentre la più limitata componente dei mezzi di trasporto ha segnato un forte incremento. Prodotto interno lordo, valori concatenati, dati destagionalizzati Numero indice (2005=100) e tasso di variazione sul trimestre precedente. e 2,0 corretti. 110 1,0 0,0 100 -1,0 -2,0 90 Variazione congiunturale (%, asse sx) -3,0 Numero indice del Pil (2005=100, asse dx) -4,0 80 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 Fonte Istat 26 Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013 Gli investimenti fissi lordi si sono ridotti di più di un quarto rispetto al 2008. Questo ha abbassato ulteriormente il livello di crescita potenziale dell’economia. L’andamento resterà negativo per gli investimenti in costruzioni nel 2014, a causa del perdurare di condizioni del credito restrittive. Quelli in macchine e attrezzature, invece, daranno un importante contributo alla damanda interna, sostenuti dall’aumento del livello di utilizzo degli impianti delle imprese esportatrici. L’andamento dei consumi è risultato particolarmente penalizzato da quello del reddito disponibile e dalla difficile condizione del mercato del lavoro. I consumi delle famiglie hanno quindi accusato una pesante flessione (-2,6 per cento) nel 2013, ben più ampia di quella del Pil. Questa differenza di tendenza si replicherà anche nel 2014, nonostante la leggera ripresa dell’attività, i consumi resteranno poco più che stazionari, con una crescita inferiore al reddito disponibile, in quanto le famiglie tenderanno a ricostituire il livello dei loro risparmi. Lavoro Come sempre le condizioni del mercato del lavoro tenderanno a riflettere l’inversione della tendenza economica con un certo ritardo, traducendosi nel breve termine in un aumento delle ore lavorate da parte degli attuali occupati. La protratta recessione ha condotto ad un calo costante dell’occupazione, particolarmente ampio nel 2013. L’andamento dovrebbe restare negativo o al più stabilizzarsi nel corso del 2014 e recuperare gradualmente dal 2015. Le forze di lavoro hanno mostrato una lieve diminuzione. Questi due fattori hanno portato ad un forte aumento del tasso di disoccupazione, che ha raggiunto livelli molto elevati, pari al 12,2 per cento nel 2013. Nel breve termine la disoccupazione è destinata a rimanere elevata e ad aumentare ulteriormente, giungendo ad attestarsi attorno al 13,0 per cento nel 2014. Nel prossimo biennio 2014-5 si dovrebbe assistere ad un recupero della produttività del lavoro, in quanto la dinamica dell’occupazione risulterà sensibilmente inferiore a quella del prodotto interno lordo. Dato che il livello dell’attività resta molto basso rispetto al potenziale e la disoccupazione elevata, gli accordi salariali sono stati contenuti e la crescita delle retribuzioni è rimasta bassa, anche perché la recessione ha ridotto la media delle ore lavorate. Le pressioni sul costo del lavoro, derivanti dall’elevata disoccupazione, dovrebbero continuare a contenerne la crescita anche in futuro. Ne risulta che il costo del lavoro per unità di prodotto dovrebbe aumentare lievemente a valori nominali e ridursi in termini reali nel periodo 2013-15. Prezzi La debolezza dei prezzi alla produzione si è riflessa sui prezzi dei prodotti esportati determinando un modesto guadagno di competitività. La competitività di prezzo dei prodotti italiani sui mercati esteri e interni L'economia italiana. Consuntivo e previsioni effettuate negli ultimi mesi, variazioni percentuali annue a prezzi costanti salvo diversa indicazione. Consuntivo 2013 Istat Previsioni 2014 Ocse nov-13 Ue Comm feb-14 Fmi apr-14 Governo apr-14 Prometeia apr-14 Prodotto interno lordo -1,9 0,6 0,6 0,6 0,8 0,7 Importazioni -2,8 1,8 3,0 0,9 4,4 3,1 Esportazioni 0,1 3,6 3,3 2,8 4,0 2,7 Domanda interna -2,7 0,0 0,4 0,5 Consumi delle famiglie -2,6 0,0 0,1 -0,2 0,2 0,5 0,7 Consumi collettivi -0,8 0,1 -0,6 -0,1 0,2 -0,3 Investimenti fissi lordi -4,7 0,1 1,6 1,9 2,0 0,6 - macc. attrez. mezzi trasp. -2,3 n.d. 5,3 - costruzioni -6,7 n.d. -1,4 [6] n.d. n.d. 2,8 n.d. n.d. -1,6 Occupazione [a] -1,9 -0,4 0,1 0,1 -0,6 -0,4 Disoccupazione [b] 12,2 12,4 12,6 12,4 12,8 13,2 Prezzi al consumo 1,2 1,3 0,9 0,7 0,9 Saldo c. cor. Bil Pag [c] 0,7 1,8 1,3 1,1 n.d. 0,9 Avanzo primario [c] 2,2 2,5 2,7 2,3 2,6 2,1 Indebitamento A. P. [c] 3,0 2,8 2,6 2,7 2,6 3,0 Debito A. Pubblica [c] 132,6 133,2 133,7 134,5 134,9 134,7 [1] [2] 0,8 [4] [a] Unità di lavoro standard. [b] Tasso percentuale. [c] Percentuale sul Pil. [1] Tasso di inflazione armonizzato Ue. [2] Deflattore dei consumi privati. [3] Programmata. [4] Saldo conto corrente e conto capitale (in % del Pil). [5] Saldo commerciale (in % del Pil). [6] Investment in equipment. 27 Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013 risentirà comunque dell’effetto negativo derivante dall’apprezzamento del cambio dell’euro. La debolezza della domanda ha esercitato una forte pressione negativa sui prezzi, che ne ha contenuto e continuerà a contenerne la dinamica. Il tasso di inflazione armonizzato è risultato pari all’1,3 per cento nel 2013 e dovrebbe ridursi sensibilmente nel corso del 2014. Nel breve periodo, permane il rischio di una fase di ulteriore indebolimento dei prezzi a fronte della debolezza della domanda e dell’andamento dei redditi da lavoro, soprattutto se la ripresa non avrà la consistenza attesa. Con un’evoluzione positiva la crescita dei prezzi al consumo potrebbe giungere a superare quella del 2013, ma solo nel 2015. Credito Il credito bancario ha continuato a ridursi, in particolare quello alle imprese, anche se in parte ciò è da attribuire ad una minore domanda di prestiti. D’altro canto gli interessi applicati dagli istituti di credito sono notevolmente più elevati di quelli praticati nei paesi “core” dell’area dell’euro. L’attuale frammentazione dei mercati finanziari nell’area dell’euro potrà recedere solo gradualmente, non prima del 2015, e le condizioni del credito per le famiglie e le imprese potranno migliorare solo lentamente, ma dal loro allentamento potrà giungere un importante sostegno alla ripresa. Per ora le banche continuano a procedere nel processo di aggiustamento dei loro bilanci e operano una restrizione del credito a fronte dell’elevato rischio percepito in relazione agli effetti della recessione sui bilanci delle imprese. Inoltre un’ulteriore cautela è Prestiti bancari al settore privato non finanziario (1) imposta dall’attesa revisione della qualità del (dati mensili; variazioni percentuali) patrimonio degli istituti che la Banca centrale europea effettuerà nel corso del 2014, collegata all’avvio del Single Supervisory Mechanism. Ad essa faranno seguito degli stress test miranti a valutare la solidità delle banche a fronte dei rischi connessi ad un possibile andamento negativo dei mercati finanziari e reali. Pertanto le condizioni del credito potranno allentarsi solo gradualmente e a partire dal 2015. Le condizioni finanziarie delle imprese potranno quindi essere sostenute solo dalla ripresa dell’attività e dal pagamento del debito commerciale arretrato da parte della pubblica amministrazione. Finanza pubblica (1) Le variazioni percentuali sono calcolate al netto di Nel corso del 2013, a fronte del difficile sfondo dato riclassificazioni, variazioni del cambio, aggiustamenti di valore e dalla recessione, si è arrestata l’operazione di altre variazioni non derivanti da transazioni. I prestiti includono consolidamento fiscale. Il dato del rapporto tra deficit anche una stima di quelli non rilevati nei bilanci bancari in quanto e Pil (3,0 per cento) non si è ridotto effettivamente a cartolarizzati. (2) I dati sono depurati della componente causa del ridotto livello dell’attività, per il corretto stagionale. Fonte: Banca d’Italia. funzionamento degli stabilizzatori automatici di bilancio. Il saldo primario (indebitamento netto al netto della spesa per interessi) ha invece ridotto la Tassi di interesse bancari a breve termine (1) sua incidenza sul Pil al 2,2 per cento dal 2,5 per (dati mensili; valori percentuali) cento. La spesa per interessi si è ridotta nel 2013, dal 5,5 al 5,3 per cento del Pil, grazie alla recente diminuzione del premio per il rischio connesso al debito nazionale italiano, espresso anche dallo spread sugli analoghi titoli del debito tedesco. L’andamento del disavanzo corretto per il ciclo economico ha mostrato invece un notevole miglioramento. Comunque, il rapporto tra debito pubblico e prodotto interno lordo ha continuato a crescere nel 2013 giungendo a quota 132,6 per cento, nuovo record negativo, dal 127,0 per cento del 2012. La spesa complessiva è risultata pari al 51,2 per cento del Pil, in diminuzione dello 0,2 per cento. La spesa primaria è aumentata. Si sono ridotte la spesa per redditi da lavoro (-0,7 per cento) e quella per (1) I tassi sui prestiti e sui depositi si riferiscono a operazioni in consumi intermedi (-1,7 per cento). Le prestazioni sociali in denaro sono aumentate del 2,7 per cento euro e sono raccolti ed elaborati secondo la metodologia armonizzata dell’Eurosistema. (2) Tasso medio sui prestiti alle per il marcato aumento della spesa per imprese. (3) Tasso medio sui depositi in conto corrente di ammortizzatori sociali. Le spese in conto capitale si famiglie e imprese. (4) Tasso medio sui nuovi prestiti per sono ridotte del 12,8 per cento. L’effetto dei l’acquisto di abitazioni da parte delle famiglie. pagamenti dei debiti commerciali arretrati è stato Fonte: Banca d’Italia e BCE. 28 Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013 quindi interamente assorbito dalla mancata realizzazione di spese precedentemente inserite nel tendenziale. Le entrate totali sono risultate pari al 48,2 per cento del Pil e sono diminuite dello 0,3 per cento rispetto all’anno precedente. Le entrate correnti si sono contratte dello 0,7 per cento. In particolare, le imposte indirette sono diminuite del 3,6 per cento, mentre le imposte dirette sono aumentate dello 0,6 per cento. I contributi sociali effettivi hanno mostrato una leggera flessione (-0,5%). Le entrate in conto capitale hanno segnato invece un incremento del 57,3 per cento, dovuto ad “una tantum”. La pressione fiscale complessiva è risultata pari al 43,8 per cento, in diminuzione di 0,2 punti percentuali. Il Documento di economia e finanza 2014 prevede azioni espansive immediate su imposte e investimenti insieme a misure di copertura, oltre a un programma di riforme strutturali riguardanti le istituzioni, il mercato del lavoro e l’economia. Il principale intervento mira alla riduzione del cuneo fiscale attraverso la riduzione dell’Irpef. Un secondo intervento prevede il pagamento totale dei debiti commerciali arretrati. Infine si intende rilanciare gli investimenti pubblici infrastrutturali. Le coperture dovrebbero venire innanzitutto dalla revisione delle spese, tra cui l’ampliamento dei costi standard, la riduzione degli stipendi dei dirigenti e dei manager pubblici e il contenimento della spesa previdenziale. Sempre tra le coperture sono previste maggiori entrate straordinarie (una tantum). È previsto, inoltre, un intervento di sgravio dell’Irap per le imprese, finanziato da un aumento della tassazione delle rendite finanziarie. Si annuncia poi l’impiego degli incassi da privatizzazioni per la riduzione dello stock del debito pubblico. Secondo il Governo, il rapporto tra disavanzo e Pil dovrebbe scendere al 2,6 per cento nel 2014 e all’1,8 per cento nel 2015, la spesa per interessi ridursi dello 0,1 per cento del Pil all’anno e il debito pubblico salire al 134,9 per cento del Pil nel 2014 per poi iniziare a ridursi, scendendo al 133,3 per cento nel 2015. Nelle recenti previsioni, l’avanzo primario dovrebbe nuovamente aumentare. La spesa per interessi dovrebbe tendere a stabilizzarsi o risultare lievemente più contenuta. L’attesa risalita dei tassi di interesse sui mercati finanziari nel prossimo biennio, a partire dagli Stati Uniti, ne potrebbe però determinare un aumento. Nel 2014 si prevede comunque una lieve riduzione dell’indebitamento della pubblica amministrazione. Il rapporto tra debito pubblico e prodotto interno lordo salirà ulteriormente anche nel 2014, per raggiungere un livello massimo a partire dal quale ci si attende l’avvio di una fase di rientro, grazie ad un aumento dell’avanzo primario e alla crescita del Pil. È quindi di enorme importanza garantire la fiducia dei mercati nel debito pubblico italiano. A tal fine il processo di rientro del rapporto del debito con il Pil dovrà essere ben definito e procedere con un ritmo sostenuto. Rischi per l’evoluzione Le prospettive di ripresa illustrate potrebbero essere indebolite se le condizioni del sistema bancario fossero tali da giungere a determinare un’ulteriore restrizione del credito tale da impedire la ripresa del ciclo degli investimenti. Connesso a questo fattore, occorre considerare che, nonostante l’intervento della Banca centrale europea (OMT), sussistono ancora forti rischi relativi alla possibilità di finanziamento dell’elevato debito pubblico sui mercati finanziari, almeno fino a che non sia chiaramente instaurato un processo di riduzione del rapporto con Pil. Per questa ragione ci si attende che debba essere operata un’ulteriore stretta fiscale nel corso del 2015 che contribuirà a contenere la crescita del Pil. Si potrebbe però determinare la La previsione del Fondo monetario internazionale per l’Italia: tasso di variazione sull’anno precedente per prodotto interno lordo, importazioni, esportazioni, consumi e investimenti; avanzo primario, indebitamento e debito della P.A.in percentuale del Pil; tasso di disoccupazione 0,9 0,6 132,5 0,1 -0,2 -1,9 127,0 -2,4 -2,6 -2,8 12,4 2,9 3,0 2,7 12,2 2,3 2,0 2,3 10,7 1,9 134,5 2,8 2,1 -4,0 -4,7 -7,0 -8,0 Pil Import Export 2012 Consumi famiglie 2013 Investimenti f.l. Avanzo primario Indeb. A.P./ Pil Debito A.P. / Pil Tasso disoccup. 2014 IMF, World Economic Outlook, 8 Aprile, 2014 29 Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013 necessità di attuare una stretta superiore a quella che la nascente ripresa potrebbe sopportare. Nel breve periodo il fattore di rischio maggiore deriva dalla possibilità di un ulteriore rallentamento della dinamica dei prezzi, che potrebbe sfociare in una fase di deflazione, con effetti negativi sulla ripresa derivanti dall’instaurarsi di aspettative sfavorevoli ai consumi e agli investimenti e dall’aumento del valore reale dell’onere del debito, oltre che del debito stesso. Un eventuale, più volte anticipato, ma tutt’ora molto discusso intervento da parte della Banca centrale europea apparirebbe allora essenziale per garantire la crescita. Il quadro regionale Lo scenario si fonda su un quadro mondiale che vede una riduzione dei rischi negativi. Ad una lenta crescita del commercio mondiale nel 2013, farà seguito una moderata accelerazione nel 2014. La crescita del prodotto interno mondiale dovrebbe passare dal 2,9 al 3,6 per cento negli stessi anni, trainata soprattutto dalla ripresa nelle economie avanzate, mentre l’attività nei paesi emergenti continuerà ad avere ritmi più elevati di quelli delle economie avanzate, ma mostrerà una accelerazione inferiore. La crescita del prodotto interno lordo statunitense appare consolidarsi e tra il 2013 e il 2014 passerà dall’1,9 al 2,8 per cento. Migliora anche l’andamento nell’area dell’euro che vedrà il passaggio da una recessione dello 0,4 per cento ad una crescita dell’1,0 per cento, con una diffusione della tendenza positiva tra i paesi membri. Anche l’Italia uscirà dalla recessione del 2013, per registrare una ripresa dello 0,8 per cento nel 2014. Resta d’obbligo, in tal senso, una particolare cautela. Conto economico Le stime indicano che il 2013 dovrebbe essersi chiuso con una flessione del prodotto interno lordo regionale dell’1,5 per cento. Il Pil in livello assoluto risulterà superiore solo di un decimo rispetto ai livelli minimi toccati al culmine della crisi nel 2009. Nel 2014 dovrebbe però riprendere la crescita, attesa all’1,0 per cento L’andamento regionale risulta leggermente migliore rispetto a quello prospettato a livello nazionale. In Italia il prodotto interno lordo si è ridotto in termini reali dell’1,9 per cento nel 2013. Solo nel 2014 si registrerà una lieve crescita, che non andrà oltre lo 0,8 per cento. Si tratta però di un dato ottimistico rispetto alle più recenti previsioni di enti internazionali riguardanti il nostro paese. La domanda interna regionale dovrebbe avere accusato una nuova, ma più contenuta flessione dell’1,9 per cento nel 2013, comunque ancora superiore rispetto a quella riferita al Pil. Ci si attende però una ripresa della domanda interna (+0,6 per cento) prossima a quella del Pil nel corso del 2014. Questo andamento riflette quello dei consumi delle famiglie, ma soprattutto quello degli investimenti. Sotto la pressione della negativa condizione del mercato del lavoro, nel 2013, i consumi dovrebbero contenere, si fa per dire, la loro diminuzione al 2,2 per cento. Le stime mostrano una sostanziale inversione della tendenza prevista per il 2014 che da negativa diverrà positiva (+0,4 per cento). L’effetto cumulato della crisi è evidente. Alla fine del 2014 i consumi privati risulteranno inferiori del 5,3 per cento rispetto al picco del 2010. Previsione regionale e nazionale: tasso di variazione e numero indice del Pil (1991=100) 8,0 140 135,2 130,5 128,6 126,0 4,0 125,3 130 125,4 120 115,2 0,0 110 -1,5 -4,0 100 Emilia-Romagna Italia -6,5 -8,0 95 96 97 98 99 00 01 02 03 04 05 06 07 08 09 90 10 11 12 13 14 15 Fonte: Unioncamere Emilia-Romagna - Prometeia, Scenario economico provinciale, marzo 2014 30 Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013 Gli investimenti fissi lordi, nel 2013, dovrebbero avere subito una nuova riduzione (-2,9 per cento), per effetto della recessione, quindi della scarsa domanda e dello stato della fiducia delle imprese, che si trova su livelli nel complesso bassi e non così lontani da quelli minimi del 2009, nonostante la ripresa nel manifatturiero. Ci si attende però che, nel corso del 2014, l’andamento degli investimenti faccia segnare una pronta ripresa (+1,8 per cento), traendo vantaggio dai segnali di crescita a livello europeo e mondiale. Sono lontanissimi comunque i livelli di accumulazione raggiunti prima della crisi. Nel 2014 gli investimenti risulteranno inferiori del 26,0 per cento rispetto a quelli del 2006. Anche nel 2013 l’andamento del Pil si è avvalso dell’effetto di traino derivante dalle vendite all’estero, ma la sua forza si è sensibilmente ridotta. In termini di contabilità nazionale, le vendite all’estero regionali dovrebbero essere cresciute del 2,3 per cento, ben più della tendenza sperimentata a livello nazionale. A fronte di un’attesa ripresa dell’attività a livello europeo, nel 2014 si avrà una contenuta accelerazione della dinamica delle esportazioni (+2,6 per cento). Al termine del 2014 il valore reale delle esportazioni regionali dovrebbe superare del 2,7 per cento il livello massimo precedente la crisi, toccato nel 2007. Si tratta di un dato che conferma la crescente importanza dei mercati esteri per l’economia regionale e la grande capacità delle imprese regionali di operare competitivamente su di essi. Esso mostra, però, anche l’enorme difficoltà riscontrata nel progredire ulteriormente in quest’ambito, in una condizione di debolezza della domanda mondiale, tenuto conto dei fattori che incidono sui costi e la competitività delle imprese nazionali. Nonostante la recessione, nel 2013 dovrebbe essersi registrata un’inversione della dinamica delle importazioni, che essendo altresì un input del sistema produttivo, al termine dell’anno dovrebbero avere fatto segnare una crescita del 2,1 per cento. La ripresa della spesa per consumi, ma soprattutto degli investimenti e dell’attività produttiva nel 2014 sosterrà un ulteriore aumento delle importazioni, che dovrebbero salire del 2,8 per cento. Il quadro regionale. Tassi di variazione percentuali su valori concatenati, anno di riferim. 2005 2012 Conto economico Prodotto interno lordo -2,5 (1) -4,1 Domanda interna Consumi delle famiglie -3,4 Consumi delle AAPP e ISP -2,5 Investimenti fissi lordi -7,9 Importazioni di beni dall’estero -8,1 Esportazioni di beni verso l’estero 1,2 Valore aggiunto ai prezzi base Agricoltura -8,6 Industria -3,8 Costruzioni -0,1 Servizi -1,7 Totale -2,3 Unita’ di lavoro Agricoltura -2,7 Industria -3,3 Costruzioni 1,5 Servizi -0,2 Totale -0,9 Rapporti caratteristici Forze di lavoro 1,6 Occupati -0,3 (2)(3) Tasso di occupazione 44,4 (2) Tasso di disoccupazione 7,1 (2)(3) Tasso di attività 47,8 Produttività e capacità di spesa Reddito disponibile delle famiglie e Istituz.SP (prezzi-2,0 correnti) Valore aggiunto totale per abitante (migliaia di euro) 26,0 2013 2014 2015 -1,5 -1,9 -2,2 -0,1 -2,9 2,1 2,3 1,0 0,6 0,4 0,2 1,8 2,8 2,6 1,5 1,3 1,0 0,3 3,4 4,7 5,4 0,3 -1,3 -5,3 -0,7 -1,1 0,7 1,5 0,1 1,2 1,2 1,0 1,2 1,7 1,8 1,6 -3,6 -2,3 -8,5 0,6 -0,9 -2,1 0,4 0,2 0,5 0,3 -1,6 0,6 1,0 1,3 1,0 0,5 -1,0 43,6 8,5 47,6 -0,1 -0,4 43,0 8,8 47,2 0,2 0,9 43,1 8,1 46,9 0,8 2,2 3,3 25,6 25,6 25,8 (1) Al netto delle scorte. (2) Rapporto percentuale. (3) Quota sulla popolazione presente totale. Fonte: Unioncamere Emilia-Romagna - Prometeia, Scenario economico provinciale, marzo 2014 31 Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013 La formazione del valore aggiunto: i settori Dall’analisi della formazione del reddito continua ad emergere innanzitutto l’ulteriore forte riduzione del valore aggiunto delle costruzioni. Soprattutto gli effetti negativi della forte restrizione del credito, più che la tensione sui tassi di interesse a livello mondiale durante la scorsa estate, continuano a riflettersi pesantemente sul settore delle costruzioni. Il valore aggiunto dovrebbe essersi ridotto nuovamente nel 2013, del 5,3 per cento. Grazie all’attesa ripresa economica, all’attività di ricostruzione e ristrutturazione, ma soprattutto a un auspicato miglioramento delle condizioni del mercato del credito, nel 2014 la tendenza negativa del valore aggiunto settoriale dovrebbe interrompersi e permettere un marginale risultato positivo, con un incremento dello 0,1 per cento. Ciò nonostante al termine del 2014 l’indice del valore aggiunto delle costruzioni risulterà ampiamente inferiore al livello del precedente massimo toccato nel 2007 (-29,6 per cento). Per l’industria in senso stretto il 2013 è stato un nuovo anno di recessione, anche se dovrebbe essersi chiuso con una flessione più contenuta della precedente, -1,3 per cento. Gli effetti della ripresa dovrebbero manifestarsi pienamente nel corso del 2014, quando il valore aggiunto generato dall’industria dovrebbe riprendere a salire con una certa decisione (+1,5 per cento). Alla fine del 2014, l’indice reale del valore aggiunto industriale risulterà comunque inferiore del 10,2 per cento rispetto al precedente massimo del 2007. Nel 2013, anche il valore aggiunto del variegato settore dei servizi dovrebbe avere subito una nuova, ma più contenuta, contrazione (-0,7 per cento). La ripresa dovrebbe giungere solo nel 2014, con una crescita dell’1,2 per cento. Al termine del 2014 il valore aggiunto dei servizi dovrebbe trovarsi solo leggermente al di sotto (-2,3 per cento) dei livelli del precedente massimo toccato nel 2008. Il mercato del lavoro A causa della congiuntura negativa, l’impiego di lavoro nel processo produttivo, valutato in termini di unità di lavoro e quindi al netto della cassa integrazione guadagni, nel 2013 dovrebbe subire una nuova riduzione, in linea con quella dell’anno precedente, -0,9 per cento. Si tratta comunque di una flessione meno consistente di quella nazionale. La fase negativa dovrebbe chiudersi e invertirsi nel 2014, con un impiego di lavoro di nuovo in crescita, sia pure di solo lo 0,3 per cento, sostanzialmente in linea con la tendenza a livello nazionale (+0,1 per cento). L’evoluzione settoriale dell’impiego di lavoro mostra una sensibile disomogeneità. Nei servizi dovrebbe essersi registrato un leggero incremento già nel 2013 (+0,6 per cento) e la ripresa farà registrare un incremento dello 0,5 per cento nel 2014. Nelle costruzioni la tendenza dovrebbe risultare di nuovo pesantemente negativa nel 2013 (-8,5 per cento), ma nel 2014 si dovrebbe registrare una lieve ripresa, +0,2 per cento. Nel 2013, l’impiego di lavoro nell’industria dovrebbe essersi ridotto ulteriormente, -2,3 per cento. Ma la ripresa del 2014 dovrebbe condurre ad un suo limitato aumento (+0,4 per cento). Gli indicatori relativi al mercato del lavoro prospettano un quadro in marcato deterioramento per 2013 e, nonostante la ripresa, anche per il 2014. Le forze di lavoro sono diminuite lievemente nel 2013 (-0,1 per cento), per effetto di una minore partecipazione e scenderanno in misura analoga nel 2014 (-0,1 per cento). Questa tendenza negativa contrasta con quella all’aumento della popolazione. Quindi il tasso di attività, calcolato come quota sulla popolazione presente totale, dovrebbe continuare a ridursi dal 47,8 del 2012 al 47,2 del 2014. Il dato Previsione regionale, i settori : tassi di variazione e numeri indice del valore aggiunto (1991=100) 16,0 175 168,6 11,2 12,0 8,0 4,0 137,0 0,0 -4,0 134,0 121,8 -8,0 106,3 costruzioni -16,0 servizi -17,4 -20,0 95 96 97 98 99 00 01 02 03 120,8 118,6 industria -12,0 04 05 06 07 08 09 90 10 11 12 13 14 15 Fonte: Unioncamere Emilia-Romagna - Prometeia, Scenario economico provinciale, marzo 2014 32 Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013 regionale resta strutturalmente più elevato di quello nazionale, ma si riduce progressivamente la differenza con quest’ultimo. Nel 2013 la recessione ha determinato una riduzione del numero degli occupati (-1,6 per cento). Nonostante la ripresa, la tendenza non dovrebbe arrestarsi nel corso del 2014, quando l’occupazione si contrarrà di nuovo (-0,4 per cento), in quanto l’aumento dell’attività si tradurrà prima in un aumento delle ore lavorate da parte dei lavoratori già occupati, con un recupero dei livelli di produttività. Il tasso di occupazione tenderà comunque a diminuire rapidamente passando dal 44,4 per cento del 2012 al 43,0 per cento del 2014. La sensibile tendenza alla riduzione mostrata negli ultimi anni lo porterà comunque nel 2014 a risultare inferiore di 3,5 punti rispetto al livello del 2008. Il tasso di disoccupazione, che era pari al 2,9 per cento nel 2007, per effetto della recessione ha toccato l’8,5 per cento nel 2013 e tenderà ulteriormente verso l’alto, all’8,8 per cento, nella media del 2014. Conclusioni L’economia ha affrontato un nuovo anno di recessione. La riduzione della quota del valore aggiunto industriale subita tra il 2008 e il 2009 è da considerarsi ormai permanente. Quella determinata dalla successiva crisi del debito e dalla conseguente recessione europea lo diverrà rapidamente. Per salvare ciò che resta, in primo luogo la ripresa prospettata dovrà concretizzarsi e avere un’adeguata ampiezza. Quindi occorrerà affontare con decisione il problema della competitività dell’industria e del sistema economico regionale, al di là di quanto verrà fatto a livello nazionale. I processi di delocalizzazione “selvaggia” oggetto di cronaca recente attestano la difficoltà a fare impresa nel contesto attuale. Il fattore tempo è determinante per stabilire gli effetti strutturali della crisi congiunturale, ma per quanto già avvenuto, recessione e restrizione del credito bancario, il sistema regionale perderà comunque un’ulteriore consistente quota della sua base industriale. È necesario aumentare urgentemente la disponibilità e ridurre i costi del finanziamento in attesa che si facciano sentire gli effetti sulla crescita dell’attesa adozione di riforme profonde. Queste devono mirare a ridurre il peso del bilancio e del debito pubblico e a sostenere la competitività del sistema, in particolare attraverso una sostanziale riduzione del cuneo fiscale tra costo del lavoro e retribuzioni nette. Le previsioni qui presentate si fondano sull’attesa di una ripresa della crescita a livello mondiale, della fine della recessione e di una diffusione della ripresa dell’attività tra ipaesi dell’area dell’euro nel corso del 2014. Sono quindi soggette a forti rischi di revisione al ribasso. 33 Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013 IL CONTESTO ECONOMICO PIACENTINO Non è semplice estrapolare dall’esame dei dati disponibili effettuato per la redazione di questo rapporto annuale degli elementi positivi. Inversioni di tendenza rispetto al recente passato non si sono ancora pienamente evidenziate. L’economia della provincia di Piacenza è destinata a subire, secondo le previsioni di Prometeia-Unioncamere Emilia-Romagna, una riduzione reale del valore aggiunto ai prezzi di base pari all’1,4 per cento, più elevata di quella prospettata per l’Emilia-Romagna (-1,1 per cento). Se partiamo dalla consistenza del tessuto imprenditoriale osserviamo che nel 2013 è proseguito il movimento recessivo che aveva preso l’avvio nel 2010 a carico dello stock delle imprese registrate a Piacenza. Il calo tra il 2012 ed il 2013 nell’insieme delle registrate è stato di 510 soggetti, 557 in meno – invece- le aziende attive. Tra il 2012 ed il 2013 sono peraltro aumentate sia le imprese interessate da procedure concorsuali (+1,98%) che quelle in scioglimento (+1,77%). Le cessazioni hanno superato le iscrizioni anche al netto delle cancellazioni eseguite d’ufficio dalle Camere di commercio. Il tasso di crescita al netto delle cancellazioni d’ufficio è pari al -1,15%. L’analisi dell’imprenditoria a livello comunale conferma ed avvalora la percezione di grande difficoltà: il saldo tra iscrizioni e cessazioni è stato infatti positivo solo in 4 dei 48 comuni che compongono la provincia di Piacenza. A livello settoriale la variazione più negativa ha interessato sia in termini numerici assoluti che percentuali l’agricoltura. Di rilievo anche il risultato a carico del settore delle costruzioni. La contrazione si è allargata anche ai settori del manifatturiero, del commercio, dei trasporti e delle attività dei servizi. Vi sono anche risultati positivi: è in crescita il numero delle imprese nel settore dei pubblici esercizi, delle attività immobiliari, della fornitura di energia e gas, delle attività finanziarie ed assicurative così come dei servizi alle imprese, dell’istruzione, delle attività artistiche e di intrattenimento e della fornitura di acqua, reti fognarie e gestione rifiuti. Le persone titolari di cariche sono diminuite dell’1,8%. Il 9,8% delle imprese registrate a Piacenza può essere individuato come impresa straniera: tra il 2011 ed il 2013 questa percentuale è cresciuta di 0,5 punti percentuali. Le imprese individuali straniere invece raggiungono il valore medio del 14,1%. Passando ad osservare come si distribuiscono questi imprenditori all’interno del territorio provinciale, si nota che in otto comuni su 48 l’incidenza media è superiore a quella dell’intera provincia. In corrispondenza di Piacenza le imprese individuali straniere rappresentano il 25,9% del totale delle individuali. Se invece si contano le imprese straniere che rispondono alla classificazione delle imprese femminili si osserva che esse sono l’8% del totale delle imprese femminili piacentine. A partire dal 2012 è iniziato un trend discendente del nucleo di imprese rette in prevalenza da donne, nucleo che aveva raggiunto nel 2011 la consistenza di 7.028 realtà. Dell’1% la riduzione verificatasi tra il 2012 ed il 2013, analoga a quella registrata l’anno precedente. Nella nostra provincia così, a fine 2013, le imprese femminili tout cour sono risultate 6.888. Le iscrizioni dell’anno sono state 460 ma le cessazioni sono arrivate a 557, determinando un saldo negativo per 97 unità. Il flusso che è cresciuto negli ultimi anni è stato proprio quello delle cessazioni che ha così depauperato lo stock di realtà imprenditoriali perché, a voler ben vedere, le iscrizioni sono rimaste le stesse che si realizzavano quando l’insieme cresceva. Come a dire che lo spirito di intraprendenza si mantiene, quello che vengono meno sono le condizioni per la sopravvivenza dell’impresa. Il numero maggiore di imprese femminili si ritrova tra le ditte individuali. Sono il 65,8% del totale. Nel 2011 erano il 67,3%. Il calo ha quindi interessato principalmente ditte più piccole e meno strutturate. Passando ad un esame dello stock a livello sub-provinciale se ne ricava che il comune con maggiore incidenza dell’imprenditoria femminile è Ponte dell’Olio (28,1%). Sul versante dei fallimenti per i quali sia stata emessa la sentenza dichiarativa si registra però una riduzione: a fine 2013 sono stati 50, 7 in meno rispetto all'anno prima. Tra il 2012 ed il 2013 sia il numero che i valori degli effetti protestati sono risultati in diminuzione. La variazione percentuale complessiva è stata del 7,7% dal punto di vista del numero e del 14,5% in valore. 5 La recessione, che ha investito l’economia piacentina nel 2013 ha avuto effetti negativi sul complesso dell’occupazione. Secondo le rilevazioni Istat sulle forze di lavoro, nel 2013 gli occupati della provincia di Piacenza sono apparsi mediamente in calo dell’1,0 per cento rispetto all’anno precedente, per un totale di circa 1.000 addetti. Sotto l’aspetto del genere, la diminuzione dell’occupazione piacentina è stata essenzialmente determinata dalle femmine (-1,9 per cento), a fronte del moderato calo dei maschi (-0,5 per cento), Per quanto concerne l’andamento dei settori di attività, la diminuzione degli occupati è stata la sintesi 5 Secondo lo scenario di Prometeia-Unioncamere Emilia-Romagna di fine febbraio 2014, nel 2013 il valore aggiunto della provincia di Piacenza è stimato in diminuzione, in termini reali, dell’1,4 per cento rispetto all’anno precedente, in misura superiore a quanto stimato per la regione (-1,1 per cento). 34 Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013 di dinamiche settoriali divergenti. Le attività dell’agricoltura, silvicoltura e pesca, che hanno rappresentato il 2,5 per cento del totale degli occupati, hanno perduto circa un migliaio di addetti rispetto al 2012, per lo più indipendenti 6 Le attività dell’industria in senso stretto , che hanno rappresentato il 27,7 per cento dell’occupazione piacentina, hanno beneficiato di una crescita del 6,5 per cento rispetto al 2012 – equivalente a circa 2.000 addetti. L’aumento può apparire per certi versi sorprendente, poiché è maturato in uno scenario caratterizzato dal perdurare della recessione (-2,9 per cento il valore aggiunto), ma occorre tuttavia sottolineare che l’accresciuto utilizzo della Cassa integrazione guadagni può avere contribuito al mantenimento dell’occupazione. Non a caso le unità di lavoro alle dipendenze, che non tengono conto dell’inattività dovuta alla Cig, hanno subito una diminuzione dell’1,7 per cento. Se il bilancio 2013 dell’occupazione piacentina si è chiuso negativamente lo si deve soprattutto alla battuta d’arresto dei servizi, che hanno subito un calo del 3,0 per cento – è equivalso a circa 2.000 addetti - che è apparso più sostenuto rispetto alla diminuzione regionale dello 0,8 per cento. La disoccupazione è apparsa nuovamente in aumento. La consistenza delle persone in cerca di lavoro è aumentata del 9,9 per cento rispetto all’anno precedente (+19,3 per cento in regione), per un totale di circa 1.000 persone, tutti di genere maschile. Il tasso di disoccupazione è conseguentemente salito all’8,1 per cento, vale a dire su standard mai registrati in passato. La Cassa integrazione guadagni è apparsa in leggero aumento, riflettendo la ripresa degli interventi straordinari, che ha annullato i cali delle gestioni ordinaria e in deroga. Secondo i dati Inps, nel 2013 c’è stata una crescita complessiva, tra ordinaria, straordinaria e in deroga, pari al 4,5 per cento rispetto all’anno precedente Le esportazioni della provincia di Piacenza sono aumentate del 10,5 per cento rispetto all’anno precedente, consolidando la fase di ripresa in atto dal 2011. Il settore più importante, vale a dire l’industria metalmeccanica, nel 2013 ha fatto registrare un incremento del 5,1 per cento rispetto all’anno precedente. La crescita è apparsa in rallentamento rispetto all’evoluzione del 2012 (+13,6 per cento), ma ha consentito al 2013 di evidenziare un livello superiore del 21,3 per cento a quello del 2007, prima che la Grande Crisi esplodesse in tutta la sua evidenza. I prodotti della moda costituiscono la seconda voce per importanza dell’export piacentino, con un’incidenza del 19,0 per cento sul totale, largamente superiore alla corrispondente quota regionale del 10,7 per cento. Questo dato va spiegato con la crescita progressiva dell’attività del polo logistico. In effetti ad esportare risultano essere non tanto imprese produttrici quanto imprese di commercio all’ingrosso. Il terzo settore per importanza è rappresentato dai prodotti alimentari, bevande e tabacco, la cui quota, pari al 4,8 per cento del totale dell’export piacentino, è apparsa inferiore a quella regionale del 9,0 per cento. Nel 2013 le relative vendite all’estero sono leggermente calate (-1,3 per cento) rispetto all’anno precedente, consolidando la diminuzione rilevata nel 2012 (-6,2 per cento). L’export piacentino è apparso in crescita nella maggioranza dei continenti, con le eccezioni di Africa e Oceania-altri territori. L’Unione Europea a 28 paesi resta il principale acquirente dei prodotti piacentini, con una quota pari al 51,2 per cento delle merci esportate. Rispetto alla situazione dei dieci anni precedenti - i dati sono stati resi omogenei tenendo conto dei nuovi paesi membri - l’Unione Europea a 28 paesi ha visto ridurre la propria incidenza di quasi tre punti percentuali, non tanto per un proprio calo, bensì per il maggiore dinamismo palesato da altre aree, in primis il continente asiatico, la cui quota, pari al 24,3 per cento (16,0 per cento in regione), è migliorata di quasi sette punti percentuali. Il sistema creditizio ha risentito del clima recessivo. La flessione dei prestiti è stata costante, riflettendo da un lato la debolezza della domanda e, dall’altro, politiche di offerta restrittive, soprattutto nei confronti delle piccole imprese. Il sistema bancario ha reso meno pesanti le condizioni proposte alle imprese, ma il costo del credito ha continuato a essere superiore a quello medio dell’area dell’euro. Il rapporto tra banche e imprese piacentine ha continuato a proporre criticità. I tassi applicati sono stati giudicati onerosi dalla maggioranza delle imprese, in misura tuttavia meno pesante rispetto a un anno prima. Anche il costo complessivo del finanziamento è stato considerato oneroso dalla maggioranza delle imprese. Il perdurare della recessione ha indotto le banche a cautelarsi maggiormente nei confronti della clientela, richiedendo sempre più garanzie. Il sistema bancario piacentino ha ridotto la consistenza dei prestiti concessi, in linea con quanto avvenuto in regione e nel Paese. Gli impieghi “vivi”, che corrispondono ai finanziamenti erogati alla clientela residente (non sono comprese le Istituzioni monetarie e finanziarie), al netto delle sofferenze e dei pronti contro termine, a fine dicembre 2013 sono diminuiti tendenzialmente del 6,8 per cento, in misura tuttavia più contenuta rispetto al trend dei dodici mesi precedenti (-7,6 per cento). Se il confronto è effettuato tra la media delle consistenze mensili 2013 con quella 2012, si ha una flessione del 7,7 per cento, più elevata delle corrispondenti diminuzioni registrate in Emilia-Romagna (-5,4 per cento) e Italia (-4,6 per cento). Il sistema bancario piacentino ha pertanto dato una stretta al credito largamente superiore a quella di altre aree della regione. 6 Comprende i settori estrattivo, manifatturiero ed energetico. 35 Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013 Ogni ramo di attività economica ha ridotto la consistenza dei finanziamenti. I cali più sostenuti hanno riguardato le attività dell’industria in senso stretto (-11,4 per cento) e le costruzioni (-9,3 per cento), mentre i servizi sono stati relativamente meno colpiti (-8,4 per cento). La qualità del credito è apparsa in deterioramento. Secondo i dati raccolti dalla Banca d’Italia, aggiornati a settembre 2013 le sofferenze 7 bancarie , pari a 761 milioni di euro, sono cresciute del 31,4 per cento rispetto alla situazione dello stesso mese dell’anno precedente, in leggero rallentamento tuttavia rispetto al trend riscontrato nei quattro trimestri 8 precedenti (+33,9 per cento). Il rapporto sofferenze/impieghi totali bancari è salito al 10,25 per cento, rispetto alla percentuale del 7,52 per cento di un anno prima. A fine dicembre 2013 le somme depositate nelle banche dalla clientela ordinaria residente e non residente, al netto delle Istituzioni finanziarie e monetarie, sono ammontate a circa 7 miliardi e 135 milioni di euro, con una crescita del 5,1 per cento rispetto a un anno prima. Rispetto al trend dei dodici mesi precedenti, c’è stato un rallentamento prossimo ai quattro punti percentuali. La rete degli sportelli bancari piacentini è apparsa in ridimensionamento. Dalla punta massima di 227 sportelli operativi toccata nel quarto trimestre 2008 si è arrivati ai 213 del settembre 2013, cinque in meno rispetto a un anno prima. Questi andamenti non sono che la conseguenza del processo di razionalizzazione che le banche stanno adottando al fine di alleggerire i propri bilanci, con prospettive di altre riduzioni. Spostandosi sul fronte settoriale, il primo dato rilevabile in agricoltura mettendo a confronto le superfici investite con coltivazioni erbacee è che tra il 2012 ed il 2013 ve ne è stata una riduzione pari al 5,5%. L’esame delle rese prodotte per ognuna delle coltivazioni è decisamente sconfortante rispetto all’anno prima: aumenti sono riconducibili solo a melone, fagiolo e fagiolino, pisello, pomodoro da tavola e patata comune. La variazione è stata invece negativa in tutti gli altri casi con valori sempre piuttosto significativi (compresi tra il -50% del cocomero al -8% del pomodoro da industria). La combinazione tra la riduzione delle superfici e quella diffusa delle rese unitarie ha fatto sì che la produzione complessiva sia aumentata solo per il pomodoro da tavola e per il pisello proteico. Nella sezione delle coltivazioni arboree la superficie totale è diminuita di 0,7 punti percentuali. Le rese sono state piuttosto deludenti se raffrontate con l’anno precedente: di positivo c’è solo l’incremento a carico di olivo (triplicato) e vite da vino (+3%). La produzione lorda vendibile agricola piacentina (PLV), secondo i dati provenienti dall’Assessorato all’agricoltura della Regione Emilia Romagna, si è attestata a 375,19 milioni di euro (erano 424,01 milioni di euro nel 2012), con un decremento del 11,5% sull’anno precedente. Alla riduzione hanno contribuito sostanzialmente i cereali (-45%), ma un apporto negativo è collegato anche a patate ed ortaggi, piante industriali e arboree. Nel settore della manifattura e costruzioni dopo la riduzione terribile della produzione che si era registrata nel 2009 sembrava che l’attività aziendale fosse in procinto di rimettersi in funzione tra il 2010 ed il 2011 quando le variazioni erano tornate nel quadrante positivo. Nel 2012 e 2013 invece il segno della variazione è tornato negativo, appesantendo il quadro. Gli indicatori correlati, fatturato ed ordinativi, pur con variazioni nell’entità della percentuale hanno mantenuto lo stesso andamento. La variazione delle esportazioni invece è rimasta positiva dal 2010 al 2013 pur con ammontari via via più limitati. Sono risultate 1.292, 20 in meno rispetto al 2012, le realtà manifatturiere non artigiane operanti a Piacenza. Il settore secondario, quello che raggruppa anche le costruzioni e la fornitura di energia, conta complessivamente 2.655 soggetti, 37 in meno del dato di fine 2012. Anche nell’artigianato, dopo che nel 2011 la rilevazione trimestrale della congiuntura aveva lasciato sperare un cambiamento di rotta, i risultati dei due anni successivi hanno riportato gli indicatori in alveo negativo. Solo le esportazioni hanno visto nel 2013 una piccola variazione positiva. Tra il 2012 ed il 2013 lo stock di imprese artigiane registrate ha subito una riduzione significativa, quantificabile nel 3,2%. Le aziende sono passate da 9.034 a 8.744. Le imprese registrate a Piacenza ed operanti nei settori del commercio e dei servizi sono risultate, a fine 2013, 15.876, 21 in più dell’anno prima. Il cosiddetto settore terziario continua a crescere a livello di numerosità: se nel 2011 radunava il 50,6% del totale delle imprese registrate, nel 2013 ne accorpa il 51,6%. Dal 2007 però il settore del commercio –secondo quanto attesta l’indagine congiunturale- assomma risultati negativi. Nell’ultimo biennio si è assistito ad un crollo ancora più importante delle vendite. Gli effetti della crisi, della perdita di posti di lavoro, dell’incertezza per il futuro hanno ripercussioni decisamente significative sulla domanda interna e quindi sui consumi. Tra il 2012 ed il 2013 lo stock di cooperative registrate a Piacenza è risultato costantemente fermo a 565 unità. Il numero di quelle attive è invece sceso di 14 unità. Ben 176, delle 565 cooperative registrate, sono risultate in scioglimento o in liquidazione (31,2%). Trentatre sono invece state interessate da procedure concorsuali. 7 Le sofferenze sono riferite all’utilizzato netto, relativamente alla clientela ordinaria residente escluso le Istituzioni finanziarie e monetarie. 8 Gli impieghi bancari totali sono riferiti alla clientela ordinaria residente e non residente al netto delle Istituzioni finanziarie e monetarie. 36 Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013 IL TESSUTO IMPRENDITORIALE Le realtà aziendali presenti nel registro imprese a fine 2013 sono risultate 30.758, 27.666 delle quali attive (89,95%). Anche nel 2013 è quindi proseguito il movimento recessivo che aveva preso l’avvio nel 2010 a carico dello stock delle imprese registrate a Piacenza. Il calo tra il 2012 ed il 2013 nell’insieme delle registrate è stato analogo a quello già verificato un anno prima ovvero di 510 soggetti, 557 in meno –invecele aziende attive. Lo stock delle imprese registrate si compone di una serie di variabili: le già ricordate imprese attive, quelle sospese, quelle inattive (che sono iscritte al registro imprese ma non hanno ancora dichiarato l’inizio attività), quelle con procedure concorsuali ed infine quelle in scioglimento. Tra il 2012 ed il 2013 sono aumentate sia le imprese interessate da procedure concorsuali (+1,98%) che quelle in scioglimento (+1,77%). Provincia di Piacenza: imprese registrate per sezione di attività economica e status, 2013 Ateco2007 Attive Sospese A Agricoltura, silvicoltura pesca 5.539 0 B Estrazione di minerali da cave e miniere 24 0 C Attività manifatturiere 2651 0 D Fornitura di energia elettrica, gas, vapore 45 0 E Fornitura di acqua; reti fognarie, gestione 50 0 rifiuti F Costruzioni 4.911 0 G Commercio ingrosso e dettaglio; riparaz. 6.359 3 Auto H Trasporto e magazzinaggio 1.026 0 I Attività dei servizi alloggio e ristorazione 1.878 15 J Servizi di informazione e comunicazione 552 0 K Attività finanziarie e assicurative 543 0 L Attivita' immobiliari 1129 1 M Attività professionali, scientifiche e tecniche 762 0 N Noleggio, agenzie di viaggio, servizi alle 503 0 imprese P Istruzione 106 0 Q Sanita' e assistenza sociale 119 0 R Attività artistiche, sportive, di intratt.e 250 1 divertimento S Altre attività di servizi 1.213 1 X Imprese non classificate 6 0 TOTALE 27.666 21 Fonte: elaborazioni CCIAA Piacenza su dati Infocamere Stockview Inattive Procedure 9 concorsuali 15 3 118 1 4 8 1 132 0 2 Scioglimento o 10 Liquidazione 17 1 132 2 2 TOTALE 95 266 82 104 165 176 5.253 6.908 35 165 19 9 63 26 7 38 15 5 7 11 12 13 42 60 23 11 75 48 31 1.141 2.133 599 570 1.279 848 554 3 3 23 1 3 10 6 4 74 116 129 358 16 757 1.628 2 18 464 9 101 979 1.241 882 30.758 5.579 29 3.033 48 58 Globalmente le imprese con procedure concorsuali rappresentano l’1,51% del totale delle registrate mentre quelle in scioglimento salgono al 3,18% di questo totale. Esaminando i dati a livello di settore spicca il fatto che circa il 21% delle imprese afferenti al gruppo delle attività artistiche, sportive, di intrattenimento e divertimento si trova in una situazione di particolare difficoltà, che prelude alla chiusura. A livello assoluto si può notare che il settore nel quale si concentra il numero maggiore di imprese con procedure concorsuali in atto è quello manifatturiero (132/464), seguito da quello del commercio (104/464) e quindi da quello delle costruzioni (82/464). 9 Impresa iscritta al Registro delle Imprese avente in atto una procedura fallimentare non revocata, ovvero avente in atto uno dei seguenti procedimenti: Amministrazione giudiziaria, Bancarotta semplice, Bancarotta fraudolenta, Concordato preventivo, Concordato fallimentare, Fallimento, Liquidazione coatta amministrativa A partire dal 1° trimestre 2008 sono escluse, oltre alle procedure non revocate, anche le procedure chiuse o eseguite o revocate con effetto non esecutivo. Inoltre sono presi in considerazione anche i seguenti procedimenti: Amministrazione controllata, Amministrazione straordinaria, Accordi di ristruttirazione dei debiti, Stato di insolvenza. Ai fini della determinazione dello 'Status' dell'impresa, nel caso di contemporanea presenza di più procedure (Concorsuali e/o di Scioglimento/Liquidazione) si considera solo quella aperta più di recente. 10 Impresa iscritta al Registro delle Imprese avente in atto una procedura non revocata non di tipo fallimentare. A partire dal 1° trimestre 2008 sono escluse, oltre alle procedure non revocate, anche le procedure chiuse o eseguite o revocate con effetto non esecutivo. Inoltre sono presi in considerazione esclusivamente i seguenti procedimenti: Liquidazione giudiziaria, Liquidazione, Liquidazione volontaria, Scioglimento per atto dell'autorità, Scioglimento, Scioglimento e liquidazione, Scioglimento senza messa in liquidazione, Scioglimento anticipato senza liquidazione. Ai fini della determinazione dello 'Status' dell'impresa, nel caso di contemporanea presenza di più procedure (Concorsuali e/o di Scioglimento/Liquidazione) si considera solo quella aperta più di recente. 37 Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013 Passando invece ad esaminare i dati di flusso, segnatamente quelli di iscrizioni e cessazioni, si riscontra che, a differenza di quanto accadeva fino al 2011, le cessazioni superano le iscrizioni anche al netto delle cancellazioni eseguite d’ufficio dalle Camere di commercio. Se il dato delle cessazioni comprende anche le cancellazioni d’ufficio la differenza rispetto al totale delle iscrizioni è pari a 497 unità, se invece le cancellazioni d’ufficio sono scorporate, il saldo resta negativo ma per 360 unità. Il tasso di crescita al netto delle cancellazioni d’ufficio è pari al -1,15%. Come si può leggere chiaramente dal grafico, il 2012 ed il 2013 sono stati gli anni peggiori a partire dal 2000. Provincia di Piacenza: andamento del tasso di crescita delle imprese nel periodo 2000-2013* 1,50% 1,00% 0,50% 0,00% 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 -0,50% -1,00% -1,50% * dal 2007 il dato è al netto delle cessazioni d’ufficio Fonte: elaborazioni CCIAA Piacenza su dati Movimprese A partire dal 2010 si osserva un progressivo rallentamento delle iscrizioni mentre le cessazioni sono andate aumentando nel 2012 e nel 2013. Provincia di Piacenza: iscrizioni e cessazioni* (2008-2013) 2.500 2.000 1.500 1.000 500 0 Anno 2008 Anno 2009 Anno 2010 ISCRIZIONI Anno 2011 Anno 2012 Anno 2013 CESSAZIONI Fonte: elaborazioni CCIAA Piacenza su dati Infocamere Stockview *al netto delle cessazioni d’ufficio Il dato complessivo delle unità locali si segnala a sua volta per una variazione di segno negativo (-1,24%). A crescere sono state solo le unità locali di imprese con sede fuori provincia di Piacenza. 38 Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013 Provincia di Piacenza: confronto 2009-2013 tra tipologie di unità locale Anno Sede di impresa Unità Locali con sede in prov. di PC Unità Locali Totale Unità con sede in Locali altra provincia 2009 31.768 3.716 2.460 2010 31.796 3.801 2.510 31.778 3.879 2.600 2011 2012 31.268 3.927 2.684 2013 30.758 3.905 2.745 Var.2012/2013 -1,63 -0,56 2,27 Fonte: elaborazioni CCIAA Piacenza su dati Infocamere Stockview 37.944 38.107 38.257 37.879 37.408 -1,24 La dinamica per forma giuridica Ripartendo le imprese registrate per forma giuridica se ne ricava che il 39,2% è rappresentato da una società, il 58,1% da una ditta individuale ed il 2,8% da una altra forma giuridica. A partire dall’anno 2000 la crescita dell’incidenza delle società di capitale è stata pressochè costante e l’ha di fatto portata ad eguagliare il peso delle società di persone. In riduzione numero e incidenza delle ditte individuali. Provincia di Piacenza: nati-mortalità delle imprese per forma giuridica, 2013 Imprese Registrate al 3112-2013 Iscrizioni Cessazioni Totali di cui Cancellate d'ufficio Saldo Totale Saldo escluse cessate d'ufficio Tasso di crescita 2013 * Società di Capitale 5.961 302 284 86 18 104 1,74 Società di Persone 6.081 159 234 0 -75 -75 -1,22 Imprese Individuali 17.865 1.089 1.584 51 -495 -444 -2,42 851 86 31 0 55 55 6,90 -360 -1,15 Altre Forme TOTALE 30.758 1.636 2.133 137 -497 *al netto delle cancellate d’ufficio - Fonte: elaborazioni CCIAA Piacenza su dati Movimprese Concentrando l’attenzione su quanto accaduto l’ultimo anno se ne rileva che mentre le iscrizioni delle società di persone e delle ditte individuali sono state inferiori rispetto alle cessazioni, segno opposto ha la differenza tra queste due variabili di flusso per società di capitale e altre forme giuridiche. 39 Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013 La dinamica per territorio Studiando la dinamica anagrafica a livello regionale, la situazione appare piuttosto allineata, fatta eccezione per la provincia di Rimini. E’ proprio quest’ultima la provincia che si discosta infatti nel segno della variazioni del tasso di crescita. Il risultato più negativo contraddistingue la provincia di Forlì Cesena (-1,73%) ma Piacenza si colloca comunque al secondo posto. Dinamica anagrafica, Piacenza e province dell’Emilia Romagna, 2013 Imprese Registrate al 31/12/2013 Iscrizioni Cessazioni Totali di cui: Cancellate d'ufficio Saldo Totale Saldo escluse cessate d'ufficio *Tasso di crescita Bologna 96.766 6.239 6.631 275 -392 -117 -0,12 Ferrara 36.851 2.167 2.583 111 -416 -305 -0,82 Forlì-Cesena 43.554 2.445 3.215 2 -770 -768 -1,73 Modena 75.158 4.961 5.209 115 -248 -133 -0,18 Parma 46.903 2.670 3.273 250 -603 -353 -0,74 Piacenza 30.758 1.636 2.133 137 -497 -360 -1,15 Ravenna 41.116 2.495 3.201 323 -706 -383 -0,92 Reggio Emilia 56.460 3.710 4.491 206 -781 -575 -1,00 Rimini 40.752 2.905 3.034 329 -129 200 0,49 468.318 29.228 33.770 1.748 -4.542 -2.794 -0,59 43.168 -30.487 12.681 0,21 Emilia Romagna ITALIA 6.061.960 384.483 414.970 *al netto delle cancellazioni d’ufficio Fonte: elaborazioni CCIAA Piacenza su dati Infocamere Stockview Il raffronto tra gli stock di imprese registrate a fine 2012 e fine 2013 vede tutti risultati con segno negativo. Di nuovo Forlì Cesena segna la riduzione percentuale più accentuata ma Ravenna e Piacenza non si discostano di tanto. Imprese registrate e variazioni, Piacenza e province dell’Emilia Romagna, 2012 e 2013 Imprese Registrate Variazione 2012-2013 Anno 2012 Anno 2013 Assoluta Percentuale Bologna 97.173 96.766 -407 -0,42 Ferrara 37.267 36.851 -416 -1,12 Forlì-Cesena 44.329 43.554 -775 -1,75 Modena 75.399 75.158 -241 -0,32 Parma 47.501 46.903 -598 -1,26 Piacenza 31.268 30.758 -510 -1,63 Ravenna 41.810 41.116 -694 -1,66 Reggio Emilia 57.217 56.460 -757 -1,32 Rimini 40.885 40.752 -133 -0,33 Emilia Romagna 472.849 468.318 -4.531 -0,96 -31.198 -0,51 ITALIA 6.093.158 6.061.960 Fonte: elaborazioni CCIAA Piacenza su dati Infocamere Stockview 40 Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013 A livello di composizione strutturale Ferrara è la provincia che presenta l’incidenza percentuale maggiore di imprese individuali (60,7%). La media regionale si ferma al 52,7%. Modena si colloca davanti a tutte le realtà di confronto per incidenza delle società di capitale (27%). Imprese registrate per forma giuridica (%): Piacenza e province dell’Emilia Romagna, 2013 Società Società Imprese Altre di Capitale di Persone Individuali forme Bologna 25,9 20,7 50,6 2,8 Ferrara 15,7 20,3 60,7 3,3 Forlì-Cesena 18,3 24,9 53,9 2,8 Modena 27,0 21,2 48,8 3,0 Parma 25,0 19,5 52,4 3,1 Piacenza 19,4 19,8 58,1 2,8 Ravenna 18,3 23,2 55,7 2,9 Reggio Emilia 21,7 21,1 53,9 3,3 Rimini 20,3 28,9 48,3 2,5 Emilia Romagna 22,4 21,9 52,7 2,9 ITALIA 23,8 18,3 54,2 Fonte: elaborazioni CCIAA Piacenza su dati Infocamere Stockview 3,6 Scomponendo tutte le imprese registrate per macrosettori a livello provinciale, si possono individuare delle specifiche peculiarità. In particolare Ferrara risulta essere quella in cui l’agricoltura raggruppa percentualmente il numero maggiore di imprese, Modena quella in cui l’industria in senso stretto raggiunge l’incidenza superiore, Reggio Emilia quella che si distingue per il peso maggiore delle costruzioni, Rimini, come lecito attendersi, per quello di commercio e pubblici esercizi e Bologna per quello dei restanti servizi. Imprese registrate per macrosettori: composizione percentuale, Piacenza e province dell’Emilia Romagna, 2013 Agricoltura Industria in senso stretto Costruzioni Commercio e Pubblici esercizi Servizi Bologna 9,7 10,9 14,8 30,6 31,0 Ferrara 22,6 8,5 14,6 28,0 23,0 Forlì-Cesena 16,7 10,6 15,4 29,0 24,9 Modena 11,6 15,6 16,0 27,0 26,5 Parma 13,7 13,0 17,5 27,5 24,4 Piacenza 18,1 10,3 17,1 29,4 22,2 Ravenna 18,8 8,8 15,1 29,8 24,1 Reggio Emilia 11,5 14,9 22,6 25,5 22,7 6,9 7,9 14,4 38,2 27,8 13,4 11,7 16,4 29,3 26,0 14,4 32,4 23,7 Rimini Emilia Romagna ITALIA 13,0 10,3 Fonte: elaborazioni CCIAA Piacenza su dati Infocamere Stockview L’analisi dell’imprenditoria a livello comunale conferma ed avvalora la percezione di grande difficoltà già più volte espressa nei dati precedenti. Il saldo tra iscrizioni e cessazioni è stato infatti positivo solo in 4 dei 48 comuni che compongono la provincia di Piacenza. Se per Fiorenzuola d’Arda l’entità della variazione è apertamente positiva (10 unità) nelle altre realtà (Alseno, Gossolengo e San Pietro in Cerro) la differenza si ferma all’unità singola. Nel 2011 erano stati 19 i comuni nei quali le aperture di aziende avevano sopravanzato le chiusure. Zerba, Pecorara, Caminata, Gropparello ed Agazzano sono stati i comuni nei quali il saldo ha pesato di più, in negativo, sulla compagine imprenditoriale. 41 Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013 Vi sono ancora molti comuni della provincia (Besenzone, Corte Brugnatella, Farini, Ferriere, Morfasso, Pecorara, Piozzano, Travo, Vernasca e Ziano) nei quali l’incidenza delle imprese agricole sul totale risulta superiore al 50 per cento. Tenuto conto che queste reatà imprenditoriali sono spesso marginali e condotte da imprenditori anziani la probabilità che le cessazioni siano elevate è abbastanza rilevante. Esaminando le variazioni dello stock di imprese registrate all’interno delle fasce altimetriche, individuate secondo la codifica Istat, osserviamo che tra il 2012 ed il 2013 la variazione è stata di segno negativo in ognuna delle aree individuate. Come lecito attendersi le aree più marginali, montagna e collina, hanno totalizzato le perdite più consistenti. Provincia di Piacenza: variazioni delle imprese registrate tra il 2012 ed il 2013, per fasce altimetriche (codifica ISTAT) Agazzano Alseno Borgonovo Val Tidone Caminata Carpaneto Piacentino Castell'Arquato Castelsangiovanni Gazzola Gropparello Lugagnano Val d'Arda Nibbiano Pianello Val Tidone Piozzano Ponte dell'Olio Rivergaro San Giorgio Piacentino Travo Vernasca Vigolzone Ziano Piacentino Totale Collina C C C C C C C C C C C C C C C C C C C C C Imprese Registrate al 31 Dicembre 2012 236 557 660 29 866 599 1.303 259 311 471 366 335 155 511 661 484 351 369 401 379 9.303 Bettola Bobbio Cerignale Coli Corte Brugnatella Farini Ferriere Morfasso Ottone Pecorara Zerba Totale Montagna M M M M M M M M M M M M 485 558 29 175 102 301 230 239 78 145 9 2.351 Comuni z.a. Besenzone P 148 Cadeo P 598 Calendasco P 298 Caorso P 436 Castelvetro Piacentino P 575 Cortemaggiore P 445 Fiorenzuola d'Arda P 1.574 Gossolengo P 382 Gragnano Trebbiense P 360 Monticelli d'Ongina P 558 Piacenza P 11.283 Podenzano P 862 Pontenure P 567 Rottofreno P 885 San Pietro in Cerro P 142 Sarmato P 273 Villanova sull'Arda P 228 Totale Pianura P 19.614 TOTALE PROVINCIA PIACENZA 31.268 Fonte: elaborazioni CCIAA su dati Infocamere Stockview Imprese Registrate al 31 Dicembre 2013 224 553 651 27 861 575 1.282 248 294 462 353 328 152 505 657 457 342 358 386 364 9.079 Variazione assoluta -12 -4 -9 -2 -5 -24 -21 -11 -17 -9 -13 -7 -3 -6 -4 -27 -9 -11 -15 -15 -224 Variazione % 2012/2013 -5,1 -0,7 -1,4 -6,9 -0,6 -4,0 -1,6 -4,2 -5,5 -1,9 -3,6 -2,1 -1,9 -1,2 -0,6 -5,6 -2,6 -3,0 -3,7 -4,0 -2,4 480 542 29 170 103 290 223 230 76 131 7 2.281 -5 -16 0 -5 1 -11 -7 -9 -2 -14 -2 -70 -1,0 -2,9 0,0 -2,9 1,0 -3,7 -3,0 -3,8 -2,6 -9,7 -22,2 -3,0 149 580 299 428 558 444 1.574 382 346 545 11.191 845 564 864 144 257 228 19.398 30.758 1 -18 1 -8 -17 -1 0 0 -14 -13 -92 -17 -3 -21 2 -16 0 -216 -510 0,7 -3,0 0,3 -1,8 -3,0 -0,2 0,0 0,0 -3,9 -2,3 -0,8 -2,0 -0,5 -2,4 1,4 -5,9 0,0 -1,1 -1,6 42 Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013 Sono 13.989 le unità locali con sede nel comune di Piacenza. In tutti i restanti comuni della provincia la consistenza è decisamente più contenuta. Incrociando i dati relativi alle unità locali con i settori nei quali sono attive si può ricavare una semplice mappa delle specializzazioni a livello di principali settori: se per quanto riguarda l’agricoltura abbiamo già detto, possiamo dire che i comuni nei quali il settore manifatturiero incide in misura maggiore sul totale (pur restando su livello piuttosto contenuti) sono nell’ordine Cerignale, Sarmato, Caorso e Ferriere, mentre per quanto attiene alle costruzioni l’ordine comprende Gragnano, Sarmato, Zerba e San Pietro in Cerro. Fiorenzuola, Castelvetro, Rottofreno, Piacenza e Castel San Giovanni sono invece le realtà nelle quali il peso del commercio sul totale degli altri settori è più marcato. La percentuale più elevata di imprese del settore artigiano si ritrova in Comune di Zerba (42,9%), a Calendasco questo valore scende al 40,8%, a Gragnano al 37,3%, a Cadeo al 37,1% e quindi a Rottofreno al 36,8%. A Piozzano invece questa incidenza si ferma al 13,2%. Le dinamiche settoriali La dinamica imprenditoriale settoriale si può studiare prendendo in esame la differenza tra la consistenza delle imprese registrate al termine di due o più anni consecutivi. Puntando l’attenzione su quanto è successo tra il 2013 ed il 2013 non si può non notare come la variazione più negativa abbia interessato sia in termini numerici assoluti che percentuali l’agricoltura (-221, -3,81%). Di rilievo anche il risultato a carico del settore delle costruzioni (-175, -3,22%). La contrazione si è allargata anche ai settori del manifatturiero, del commercio, dei trasporti e delle attività dei servizi. Questa disamina fa rilevare però che vi sono anche risultati positivi: è in crescita il numero delle imprese nel settore dei pubblici esercizi, delle attività immobiliari, della fornitura di energia e gas, delle attività finanziarie ed assicurative così come dei servizi alle imprese, dell’istruzione, delle attività artistiche e di intrattenimento e della fornitura di acqua, reti fognarie e gestione rifiuti. Provincia di Piacenza: imprese registrate per settori di attività, 2012 e 2013 Imprese Registrate Sezioni Ateco2007 Anno 2012 A Agricoltura, silvicoltura pesca Variazione Anno 2013 Assoluta Percentuale -221 -3,81 0 0,00 5.800 5.579 29 29 3.117 3.033 -84 -2,69 D Fornitura di energia elettrica, gas, vapore ecc. 36 48 12 33,33 E Fornitura di acqua; reti fognarie, gestione rifiuti 55 58 3 5,45 F Costruzioni 5.428 5.253 -175 -3,22 G Commercio ingrosso e dettaglio; riparaz. auto 6.953 6.908 -45 -0,65 H Trasporto e magazzinaggio 1.177 1.141 -36 -3,06 I Attività dei servizi alloggio e ristorazione 2.068 2.133 65 3,14 J Servizi di informazione e comunicazione 609 599 -10 -1,64 K Attività finanziarie e assicurative 557 570 13 2,33 B Estrazione di minerali da cave e miniere C Attività manifatturiere L Attivita' immobiliari 1.248 1.279 31 2,48 M Attività professionali, scientifiche e tecniche 843 848 5 0,59 N Noleggio, agenzie viaggio, servizi alle imprese 543 554 11 2,03 P Istruzione 111 116 5 4,50 Q Sanita' e assistenza sociale 133 129 -4 -3,01 R Attività artistiche, sportive, di intrattenimento S Altre attività di servizi X Imprese non classificate TOTALE Fonte: elaborazioni CCIAA su dati Infocamere Stockview 351 358 1.262 1.241 7 1,99 -21 -1,66 948 882 -66 -6,96 31.268 30.758 -510 -1,63 Guardando ai dati di flusso, le cessazioni complessive si sono concentrate in quattro settori: commercio, costruzioni, agricoltura e attività manifatturiere. Commercio, agricoltura e costruzioni sono d’altra parte i settori con il numero maggiore di iscrizioni. E’ opportuno però rilevare che al termine dell’anno –per questioni amministrative- ancora molte delle iscrizioni (il 33% circa) non sono ascritte ad uno specifico settore: il dato conseguente a livello settoriale è quindi poco significativo. 43 Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013 Provincia di Piacenza, cessazioni per settore di attività, 2013 95 84 X Imprese non classificate S Altre attività di servizi R Attività artistiche, sportive, di intratt. e divertim. Q Sanita' e assistenza sociale P Istruzione N Noleggio, agenzie di viaggio, servizi vari M Attività professionali, scientifiche e tecniche L Attivita' immobiliari K Attività finanziarie e assicurative J Servizi di informazione e comunicazione I Attività dei servizi alloggio e ristorazione H Trasporto e magazzinaggio G Commercio all'ingrosso,al dettaglio e riparaz. F Costruzioni E Fornitura di acqua; reti fognarie, rifiuti D Fornitura di energia elettrica, gas, vapore C Attività manifatturiere A Agricoltura, silvicoltura pesca 31 10 3 51 63 57 55 41 117 66 485 427 3 2 184 359 0 100 200 300 400 500 600 Fonte: elaborazioni CCIAA su dati Infocamere Stockview Il settore nel quale le ditte vengono costituite in percentuale maggiore in forma di società di capitale è quello del commercio (20,8%), ma l’incidenza è elevata anche con riguardo ad attività manifatturiere (17,5%), costruzioni (14,6%) e attività immobiliari (12,9%). Le società di persone si concentrano soprattutto nel commercio (21,5%), nell’agricoltura (16,2%), nelle attività dei servizi di alloggio e ristorazione (14,4%), nel manifatturiero (12,3%) e nelle costruzioni (10,6%). Le imprese individuali invece si trovano nell’agricoltura (1 su 4), nel commercio (24%) ed ancora nelle costruzioni (20,4%). Le altre forme giuridiche interessano in misura meno rilevante alcuni specifici settori e risultano di conseguenza adottate in quasi tutti gli ambiti di attività, primi su tutti attività artistiche e ricreative (14,1%) e costruzioni (10,7%). 44 Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013 I titolari di carica I titolari di carica sono tutti coloro che, all’interno di una impresa, assumono un ruolo che può essere ricondotto a quello di titolare di ditta individuale, socio, amministratore o alla classe residuale delle altre cariche (amministratori, revisori…). Questo aggregato consente pertanto di studiare alcune caratteristiche delle persone che esercitano attività d’impresa a Piacenza e nelle province vicine. In ordine alla consistenza complessiva si può osservare che, nell’arco dell’ultimo anno, le persone registrate negli archivi della nostra Camera di commercio sono nuovamente diminuite passando da 48.499 a 47.617 (-882 unità, pari al -1,8%). Entrambe le componenti (maschi e femmine) sono calate di numero. A livello settoriale la variazione non è però costantemente negativa ed anzi si evidenziano incrementi rilevanti nei settori delle forniture di energia e commodities. Provincia di Piacenza: riepilogo persone* nel Registro Imprese – Suddivisione maschi e femmine e variazioni, 2012 e 2013 Femmine Maschi A Agricoltura, silvicoltura pesca 2.004 5.281 B Estrazione di minerali da cave e miniere 14 48 C Attività manifatturiere 1.315 4.779 D Fornitura di energia elettrica, gas, vapore ecc 14 87 E Fornitura acqua; reti fognarie, gestione rifiuti 41 114 F Costruzioni 730 6.347 G Commercio ingrosso e dettaglio; riparaz.auto.. 3.243 7.011 H Trasporto e magazzinaggio 314 1.540 I Attività dei servizi alloggio e ristorazione 1.609 1.979 J Servizi di informazione e comunicazione 343 741 K Attività finanziarie e assicurative 211 590 L Attivita' immobiliari 748 1.605 M Attività professionali, scientifiche e tecniche 376 1.103 N Noleggio, agenzie viaggio, servizi alle imprese 363 569 P Istruzione 119 140 Q Sanita' e assistenza sociale 151 249 R Attività artistiche, sportive, di intrattenimento 228 467 ecc. S Altre attività di servizi 996 615 X Imprese non classificate 395 1.138 TOTALE 13.214 34.403 *titolari, soci, amministratori, altre cariche Fonte: Elaborazione CCIAA di Piacenza su dati Infocamere Stockview Totale 2013 Totale 2012 Differenza 7.285 7.523 -238 62 64 -2 6.094 6.278 -184 101 64 37 155 138 17 7.077 7.304 -227 10.254 10.385 -131 1.854 1.947 -93 3.588 3.514 74 1.084 1.124 -40 801 803 -2 2.353 2.320 33 1.479 1.483 -4 932 913 19 259 251 8 400 421 -21 695 1.611 1.533 47.617 691 1.628 1.648 48.499 Var.% -3,2 -3,1 -2,9 57,8 12,3 -3,1 -1,3 -4,8 2,1 -3,6 -0,2 1,4 -0,3 2,1 3,2 -5,0 4 -17 -115 -882 0,6 -1,0 -7,0 -1,8 Solo nel settore delle altre attività dei servizi i titolari di sesso femminile sono più numerosi di quelli di sesso maschile. Hanno un’incidenza della componente femminile che si avvicina al 50% gli ambiti delle attività dei servizi di alloggio e ristorazione e quello dell’istruzione. Il 43,4% dei titolari di carica ha un’età compresa tra i 30 ed i 49 anni. Tendenzialmente l’agricoltura è il settore nel quale i titolari di carica sono più anziani (circa 5.000 su un totale di 7.285 ha più di 50 anni). Le persone più giovani invece si collocano nel commercio, nelle costruzioni e nelle attività dei servizi di alloggio e ristorazione. 45 Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013 Provincia di Piacenza: titolari di carica per settore e classe di età, 2013 < 18 anni da 18 a 29 anni da 30 a 49 anni da 50 a 69 anni >= 70 anni TOTALE** A Agricoltura, silvicoltura pesca 4 208 2.048 3.046 1.972 7.285 B Estrazione di minerali da cave e miniere 0 1 22 23 16 62 C Attività manifatturiere 0 117 2.446 2.781 737 6.094 D Fornitura di energia elettrica, gas ecc. 0 1 30 54 16 101 E Fornitura acqua; reti fognarie, gest. rifiuti 0 3 68 73 10 155 F Costruzioni 2 360 3.791 2.474 443 7.077 G Commercio ingrosso e dettaglio… 2 411 4.607 4.316 887 10.254 H Trasporto e magazzinaggio 1 43 772 853 182 1.854 I Attività dei servizi alloggio e ristorazione 2 313 1.812 1.240 218 3.588 J Servizi di informazione e comunicazione 0 41 496 467 80 1.084 K Attività finanziarie e assicurative 0 63 342 324 69 801 L Attivita' immobiliari M Attività professionali, scientifiche, tecniche 1 75 875 1070 332 2.353 0 51 664 641 120 1.479 N Noleggio, agenzie viaggio, servizi …. 2 57 460 366 47 932 P Istruzione 0 16 104 117 22 259 Q Sanita' e assistenza sociale 0 16 175 182 27 400 R Attività artistiche, sportive, di intratten. 1 40 334 279 40 695 S Altre attività di servizi 0 84 899 547 81 1.611 X Imprese non classificate 0 112 707 588 123 1.533 20.652 19.441 5.422 47.617 TOTALE 15 2.012 Fonte: Elaborazione CCIAA di Piacenza su dati Infocamere Stockview La suddivisione tra le diverse tipologia di carica all’interno delle province dell’Emilia Romagna è abbastanza allineata se si fa eccezione per quanto accade in provincia di Forlì Cesena dove i soci rappresentano il 30% del totale delle cariche a fronte di una media regionale del 14,7%. A Piacenza la percentuale degli amministratori è inferiore al valore medio regionale (39,9% contro il 44,3%) ma è superiore l’incidenza dei titolari (37,6% contro il 31,7%). Persone suddivise per tipo di carica: consistenza %, Piacenza e province dell’Emilia Romagna, 2013 Provincia Altre cariche Amministratore Bologna 11,6 46,4 Ferrara 6,5 39,0 Forli' - Cesena 7,7 30,5 Modena 9,6 49,6 Parma 10,5 49,8 Piacenza 8,3 39,9 Ravenna 8,8 43,6 Reggio Emilia 9,5 44,5 Rimini 7,5 46,0 Emilia Romagna 9,4 44,3 Fonte: Elaborazione CCIAA di Piacenza su dati Infocamere Stockview Socio Titolare 12,2 14,1 30,2 11,9 8,3 14,2 14,1 14,3 17,8 14,7 29,8 40,4 31,6 28,9 31,4 37,6 33,5 31,7 28,7 31,7 Tra le province della regione quella nella quale le femmine sono più numerose –tra i titolari di carica- è Rimini con il 29,6 per cento del totale. All’estremo opposto Reggio Emilia, con il 24,5% del totale. 46 Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013 L’imprenditoria straniera A partire dall’anno 2011 è possibile investigare più ampiamente le caratteristiche dell’imprenditoria straniera. Possiamo infatti estrapolare dati che riguardano l’intero insieme delle imprese straniere, non solo delle individuali. Vengono definite imprese straniere quelle in cui la percentuale di partecipazione dei non nati in Italia è superiore al 50%. Sulla base di tale classificazione risulta che il 9,8% delle imprese registrate a Piacenza può essere individuato come impresa straniera (3.011/31.758). Tra il 2011 ed il 2013 questa percentuale è cresciuta di 0,5 punti percentuali. Da osservare che, mentre tra le imprese italiane le iscrizioni sono state inferiori rispetto alle cessazioni, nello stock delle imprese straniere questo non si è verificato. E’ però vero che -anche in questo insieme- rispetto al 2011 la differenza tra le due variabili si è decisamente assottigliata. Provincia di Piacenza: consistenza e dinamica delle imprese italiane e straniere registrate, 2011-2013 Imprese Italiane Imprese Straniere Imprese Iscrizioni Cessazioni Imprese Iscrizioni Cessazioni Anno 2011 28.813 1.395 1.623 2.965 426 230 Anno 2012 28.281 1.406 1.939 2.987 349 337 Anno 2013 27.747 1.314 1.828 3.011 Fonte: Elaborazioni CCIAA di Piacenza su dati Stockview 322 305 Prendendo l’insieme delle imprese straniere nel suo complesso, si possono anche identificare quali sono i settori d’elezione. Come avevamo già osservato in passato avvalendoci del dato degli imprenditori individuali, più del 50% delle imprese straniere lavora nelle costruzioni. A seguire commercio, pubblici esercizi, attività manifatturiere e trasporti. Provincia di Piacenza: consistenza delle imprese straniere, suddivise per sezioni di attività e forma giuridica, 2013 Società Società Imprese Altre di Capitale di Persone Individuali forme 4 4 66 3 77 32 8 105 3 148 0 1 1 0 2 F Costruzioni 50 49 1.400 11 1.510 G Commercio all'ingrosso e dettaglio; ripar. 43 26 499 1 569 6 9 72 16 103 I Attività dei servizi alloggio e ristorazione 10 64 125 1 200 J Servizi di informazione e comunicazione 3 6 18 0 27 K Attività finanziarie e assicurative 0 0 18 0 18 15 1 4 1 21 M Attività professionali, scientifiche e tecniche N Noleggio, agenzie viaggio, servizi alle imprese 5 3 17 1 26 8 2 69 8 87 P Istruzione 1 0 3 2 6 Q Sanita' e assistenza sociale 1 0 4 2 7 R Attività artistiche, sportive, di intrattenimento 6 2 7 3 18 S Altre attività di servizi 2 6 76 2 86 29 27 43 7 106 215 208 2.527 58 3.011 A Agricoltura, silvicoltura pesca C Attività manifatturiere E Fornitura acqua; reti fognarie, gestione rifiuti H Trasporto e magazzinaggio L Attivita' immobiliari X Imprese non classificate TOTALE Fonte: Elaborazioni CCIAA di Piacenza su dati Stockview TOTALE 47 Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013 Solo il 14% delle imprese straniere è costituito in forma societaria (nel totale delle imprese piacentine questa percentuale, come abbiamo visto, sale al 39% circa). E’ però interessante notare che, rispetto a quanto si era osservato nel 2011, le imprese individuali, pure a fronte di una crescita complessiva delle ditte straniere, non sono aumentate ma diminuite (da 2.551 a 2.527). Nel settore delle costruzioni ben 1.400 imprenditori, su un totale di 1.510, hanno una ditta individuale. Nel corso dell’ultimo anno sono diminuite le imprese straniere nel settore delle costruzioni ed in quello dei trasporti. In crescita invece soprattutto i servizi di alloggio e ristorazione. Provincia di Piacenza: variazione assoluta delle imprese straniere registrate per settore, 2012-2013 S Altre attività di servizi R Attività artistiche, sportive, di intrattenimento N Noleggio, agenzie viaggio, servizi alle imprese M Attività professionali, scientifiche e tecniche L Attivita' immobiliari K Attività finanziarie e assicurative J Servizi di informazione e comunicazione I Attività dei servizi alloggio e ristorazione H Trasporto e magazzinaggio G Commercio ingrosso e al dettaglio; ripar. auto. F Costruzioni C Attività manifatturiere -35 -30 -25 -20 -15 -10 -5 0 5 10 15 20 Fonte: Elaborazioni CCIAA di Piacenza su dati Stockview Le imprese individuali con titolare non italiano a Piacenza sono 2.527, come dire che il 14,1% degli imprenditori individuali registrati a Piacenza non è nato in Italia: per il 2,6% risulta nato nei Paesi dell’Unione europa, per il restante 11,5% in un Paese extracomunitario. Questa incidenza si è progressivamente e costantemente accresciuta: nel 2004 era pari al 6,6%. Nel settore delle costruzioni il 38,4% degli imprenditori individuali non è nato in Italia. Questo valore era pari al 36,6% nell’anno 2011. Vi sono altri due settori nei quali l’incidenza degli imprenditori esteri è piuttosto rilevante. Si tratta della sanità ed assistenza sociale (28,6%) e del noleggio, agenzie di viaggio, servizi alle imprese (25%, in forte crescita sul 2011). Osservando la distribuzione degli imprenditori individuali stranieri nelle province emiliano-romagnole si individuano immediatamente i due estremi: Ferrara, provincia in cui l’incidenza è pari al 9,4%, e Reggio Emilia in cui sale al 20,3%. Tra il 2009 ed il 2013 la crescita maggiore si è realizzata a Reggio Emilia (3,6 punti percentuali), quella inferiore a Parma (1,8 punti percentuali). 48 Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013 Incidenza % degli imprenditori individuali stranieri, Piacenza e province dell’Emilia Romagna, 2013 Rimini 16,1 Reggio Emilia 20,3 Ravenna 15,0 Piacenza 14,1 Parma 15,2 Modena 14,8 Forlì-Cesena 12,0 Ferrara 9,4 Bologna 14,7 0,0 5,0 10,0 15,0 20,0 25,0 Fonte: Elaborazioni CCIAA di Piacenza su dati Stockview Sia nel biennio 2011/2012 che in quello 2012/2013 le imprese straniere (che comprendono anche gli imprenditori individuali) sono cresciute in tutte le aree di riferimento. L’incremento percentuale maggiore ha riguardato la provincia di Ferrara, quello più contenuto invece ha interessato la compagine piacentina. Consistenza e variazioni % delle imprese straniere, Piacenza e province dell’Emilia Romagna, 20112013 2011 2012 Var.%2011/2012 2013 Var.%2012/2013 Bologna 8.769 9.228 5,2 9.667 4,8 Ferrara 2.302 2.510 9,0 2.634 4,9 Forlì-Cesena 3.145 3.283 4,4 3.341 1,8 Modena 6.661 6.957 4,4 7.246 4,2 Parma 4.403 4.519 2,6 4.541 0,5 Piacenza 2.965 2.987 3.011 0,7 0,8 Ravenna 3.771 3.900 3,4 3.964 1,6 Reggio Emilia 6.669 6.945 4,1 7.182 3,4 Rimini 3.919 4.067 3,8 4.158 2,2 Emilia Romagna 42.604 44.396 4,2 45.744 3,0 5,2 497.080 4,1 ITALIA 454.029 477.519 Fonte: Elaborazioni CCIAA di Piacenza su dati Stockview E’ Reggio Emilia la provincia in cui le imprese straniere sono percentualmente più numerose (12,7% del totale imprese), seguono Rimini (10,2%) e quindi Bologna (10%). Anche Piacenza è molto vicina a questa incidenza (9,8%) e peraltro è in linea con quella media regionale e più elevata (di 1,6 punti percentuali) rispetto a quella nazionale. La provenienza dei titolari di impresa individuale operanti a Piacenza non ha subito grosse variazioni negli anni. In testa alla classifica dei più presenti restano i nati in Albania (16,5% del totale), cui fanno seguito quelli nati in Marocco (12%). Al terzo posto si trovano i macedoni (10,7%) e quindi i rumeni (8,5%). Occupano invece la quinta posizione i bosniaci (6%) che risultano tallonati dai tunisini (5%). Fatta eccezione per i marocchini, tutti gli altri imprenditori citati trovano occupazione prevalente nel settore edilizio. Passando ad osservare come si distribuiscono questi imprenditori all’interno del territorio provinciale, si può subito notare che in otto comuni su 48 l’incidenza media è superiore a quella dell’intera provincia. Il valore medio provinciale è del 14,1% ma il dato più elevato è in corrispondenza di Piacenza, comune nel quale le 49 Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013 imprese individuali straniere rappresentano il 25,9% del totale delle individuali. Al capoluogo fanno seguito Rottofreno, Sarmato, Castel San Giovanni, Rivergaro, Borgonovo, Gragnano e Cortemaggiore. Sono quattro i comuni nei quali non è registrata nessuna impresa individuale straniera. Si tratta di Zerba, Caminata, Ottone e Coli. Provincia di Piacenza: graduatoria dei comuni per incidenza % degli imprenditori individuali stranieri sul totale, 2013 Paesi Comunitari (UE 27) Paesi ExtraComunitari 0 0 Zerba 0 0 Caminata 0 0 Ottone 0 0 Coli 2 3 Ziano Piacentino 1 1 Corte Brugnatella 2 4 Ferriere 5 4 Travo 0 1 Cerignale 1 4 Piozzano 3 4 Gazzola 1 4 Pecorara 5 13 Castell'Arquato 8 10 Bettola 5 8 Vernasca 7 5 Farini 4 9 Vigolzone 8 5 Nibbiano 2 24 Bobbio 8 5 Morfasso 8 8 Pianello Val Tidone 2 11 Calendasco 7 14 San Giorgio P.no 1 9 Villanova sull'Arda 5 13 Gropparello 4 4 Besenzone 10 19 Lugagnano 4 11 Agazzano 16 18 Castelvetro P.no 5 30 Monticelli d'Ongina 9 44 Carpaneto Piacentino 2 8 San Pietro in Cerro 2 20 Gossolengo 19 19 Ponte dell'Olio 8 30 Alseno 7 36 Cadeo 4 31 Pontenure 8 23 Caorso 9 48 Podenzano 19 106 Fiorenzuola d'Arda 456 2.071 Media Provincia 3 37 Cortemaggiore 7 26 Gragnano Tr.se 12 57 Borgonovo 7 58 Rivergaro 22 91 Castelsangiovanni 8 18 Sarmato 14 85 Rottofreno 172 1.093 Piacenza *Il totale include le unità non classificate Fonte: Elaborazioni CCIAA di Piacenza su dati Stockview Italia Totale Imprese Individuali* Quota % Stranieri sul Totale 7 18 66 144 247 83 196 284 24 119 165 109 372 370 267 235 254 242 393 179 206 165 262 121 217 95 304 147 331 333 502 93 199 328 325 330 263 229 399 763 15.332 240 193 399 359 612 118 413 3.612 7 18 66 144 252 85 202 293 25 124 172 114 390 388 280 247 267 255 420 192 222 178 283 131 235 103 333 162 365 368 555 103 221 366 363 373 298 261 456 888 17.865 281 226 468 424 725 144 512 4.880 0,0 0,0 0,0 0,0 2,0 2,4 3,0 3,1 4,0 4,0 4,1 4,4 4,6 4,6 4,6 4,9 4,9 5,1 6,2 6,8 7,2 7,3 7,4 7,6 7,7 7,8 8,7 9,3 9,3 9,5 9,5 9,7 10,0 10,4 10,5 11,5 11,7 11,9 12,5 14,1 14,1 14,2 14,6 14,7 15,3 15,6 18,1 19,3 25,9 50 Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013 Le imprese individuali con titolare una donna non nata in Italia sono 426. Prendendo l’insieme completo degli imprenditori individuali nati al di fuori dei confini nazionali ed esaminandolo sotto la lente del genere possiamo verificare quindi che le imprenditrici sono il 16,85% del totale. Sono diversi i settori nei quali queste imprenditrici sono più numerose degli uomini. Basandosi sui dati assoluti si può osservare come sia il commercio l’ambito nel quale sono impegnate più donne. Cina, Romania, Marocco, Albania, Francia, Gran Bretagna, Nigeria, Brasile, Germania, Ucraina sono, nell’ordine i primi 10 Paesi per numerosità delle ditte individuali femminili. Una osservazione curiosa si può fare a carico delle imprenditrici francesi: il 43% delle stesse opera in agricoltura. Se invece si contano le imprese straniere che rispondono alla classificazione delle imprese femminili si osserva che esse sono l’8% del totale delle imprese femminili piacentine. L’8,36% dei titolari di carica registrati a Piacenza non è nato in Italia. Di queste 3.981 persone, 22 su 100 sono nate in uno dei Paesi dell’Unione Europea, le restanti 78 invece hanno una nazionalità extracomunitaria. L’incidenza dei titolari di carica extracomunitari è aumentata sensibilmente negli ultimi anni. Il settore nel quale sono maggiormente presenti i titolari di carica stranieri è quello delle costruzioni: complessivamente più del 41% del totale. Il commercio accoglie il 18,7% dei portatori di carica non italiani, i servizi di alloggio e ristorazione un altro 9,3%. Provincia di Piacenza: incidenza di titolari di carica stranieri per settore, 2013 45,0 41,5 40,0 35,0 30,0 25,0 18,7 20,0 15,0 9,3 10,0 5,0 7,3 3,8 2,7 0,2 1,3 J 0,5 1,2 1,4 K L M 3,8 2,9 0,8 0,0 A B-C D-E F G H I N P-Q R-S Fonte: Elaborazioni CCIAA di Piacenza su dati Infocamere Analizzando i dati relativi anche alle province della regione si nota che Rimini ha la maggiore percentuale di titolari nati nei Paesi dell’UE a 28 Paesi mentre Reggio Emilia quella dei titolari extracomunitari. Incidenza % dei titolari di carica comunitari ed extracomunitari sul totale dei titolari di carica, Piacenza e province dell’Emilia Romagna, 2013 Paesi Comunitari Paesi Extra (UE 28) Comunitari Bologna 2,2 6,7 Ferrara 1,3 5,0 Forlì-Cesena 1,7 4,7 Modena 1,8 6,5 Parma 2,0 6,3 Piacenza 1,8 6,5 Ravenna 2,0 5,7 Reggio Emilia 1,5 8,1 Rimini 3,0 6,1 Emilia Romagna 1,9 6,3 ITALIA 2,0 5,5 Fonte: Elaborazioni CCIAA di Piacenza su dati Infocamere Italia 90,9 93,5 93,2 91,4 91,4 91,2 91,8 90,3 90,1 91,4 91,1 51 Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013 L’imprenditoria femminile La definizione impiegata al fine di estrapolare i dati anche nel caso delle imprese femminili è quella di una presenza esclusiva, forte o maggioritaria delle donne nella compagine aziendale. A partire dal 2012 è iniziato un trend discendente del nucleo di imprese rette in prevalenza da donne, nucleo che aveva raggiunto nel 2011 la consistenza di 7.028 realtà. Dell’1% la riduzione verificatasi tra il 2012 ed il 2013, analoga a quella registrata l’anno precedente. Nella nostra provincia, a fine 2013, le imprese femminili tout cour sono risultate 6.888. La componente femminile è esclusiva in 89 imprese su 100. Le iscrizioni dell’anno sono state 460 ma le cessazioni sono arrivate a 557, determinando un saldo negativo per 97 unità. Il flusso che è cresciuto negli ultimi anni è stato proprio quello delle cessazioni che ha così depauperato lo stock di realtà imprenditoriali perché, a voler ben vedere, le iscrizioni sono rimaste le stesse che si realizzavano quando l’insieme cresceva. Come a dire che lo spirito di intraprendenza si mantiene, quello che vengono meno sono le condizioni per la sopravvivenza dell’impresa. Il settore che accoglie il maggior numero di nuove imprese è quello del commercio (18,7%) seguito dall’agricoltura (7,6%) e quindi dai servizi di alloggio e ristorazione (6,7%). Il dato è però “sporcato” dall’incidenza delle imprese nuove iscritte che non sono ancora inserite in alcun settore (36%) e che quindi potrebbero modificare gli esiti di questa analisi. Il dato sulle cessazioni è invece più consolidato e vede coinvolti gli stessi settori: il 29,6% delle chiusure ha interessato imprese del commercio, il 19,9% dell’agricoltura, il 9% rispettivamente servizi di alloggio e ristorazione e altre attività dei servizi. Provincia di Piacenza: imprese femminili per sezioni di attività economica, 2013 Imprese al 31/12/2013 Gennaio - Dicembre 2013 Registrate Attive Iscrizioni Cessazioni Saldo 1.367 1.359 35 111 -76 3 2 0 0 0 454 413 15 35 -20 D Fornitura di energia elettrica, gas, vapore ecc. 8 7 1 0 1 E Fornitura acqua; reti fognarie, gestione rifiuti 9 9 0 1 -1 303 254 14 19 -5 1.847 1.740 86 165 -79 H Trasporto e magazzinaggio 110 98 3 8 -5 I Attività dei servizi di alloggio e di ristorazione 751 682 31 50 -19 J Servizi di informazione e comunicazione 172 159 5 10 -5 K Attività finanziarie e assicurative 153 149 25 17 8 L Attività immobiliari 270 242 4 15 -11 M Attività professionali, scientifiche, tecniche 187 176 23 18 5 N Noleggio, agenzie viaggio, servizi alle imprese 193 173 16 15 1 P Istruzione 38 35 2 0 2 Q Sanità e assistenza sociale 39 34 0 4 -4 R Attività artistiche, sportive, intratten. 90 67 6 11 -5 S Altre attività di servizi 722 710 27 50 -23 X Imprese non classificate 172 2 167 28 139 6.888 6.311 460 557 -97 Sezioni Ateco2007 A Agricoltura, silvicoltura pesca B Estrazione di minerali da cave e miniere C Attività manifatturiere F Costruzioni G Commercio all'ingrosso e al dettaglio; riparaz. TOTALE Fonte: elaborazioni CCIAA su dati Infocamere Stockview Che siano proprio quelli citati i settori interessati dal maggior turnover non stupisce in quanto essi rappresentano il bacino d’elezione nel quale le donne esercitano attività d’impresa. Fatto pari a 100 il totale dello stock, 27 imprese lavorano nel commercio, 20 nell’agricoltura, 12 nei servizi, comprese le attività sportive e ricreative, 11 nei pubblici esercizi. 52 Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013 Quanto verificatosi trova riscontro anche in altri contesti territoriali. Il saldo tra iscrizioni e cessazioni ha segno negativo sia nelle province dell’Emilia Romagna (fatta eccezione per Rimini) che nel Paese. Dinamica delle imprese femminili, Piacenza e province dell’Emilia Romagna, 2013 Imprese al 31/12/2013 Dinamica Anno 2013 Registrate Attive Iscrizioni Cessazioni Saldo Bologna 20.709 18.834 1.612 1.672 -60 Ferrara 8.003 7.312 618 657 -39 Forlì-Cesena 9.444 8.507 679 834 -155 Modena 15.504 14.225 1.291 1.300 -9 Parma 9.488 8.778 709 759 -50 Piacenza 6.888 6.311 460 557 -97 Ravenna 8.592 7.741 650 796 -146 Reggio Emilia 10.286 9.452 823 961 -138 Rimini 9.230 8.235 794 714 80 Emilia Romagna 98.144 89.395 7.636 8.250 -614 107.569 112.147 -4.578 ITALIA 1.429.897 1.259.242 Fonte: elaborazioni CCIAA su dati Infocamere Stockview L’incidenza delle imprese femminili sul totale delle imprese registrate nei diversi territori oscilla da tempo attorno al 20 per cento. A Piacenza raggiunge il 22,4%, nella media del Paese il 23,6%. Incidenza delle imprese femminili sul totale delle registrate, Piacenza e province dell’Emilia Romagna, 2013 25,0 21,7 21,4 21,7 20,6 23,6 22,6 22,4 20,9 20,2 20,0 21,0 18,2 15,0 10,0 5,0 R IT AL IA na i om ag im in R Em ilia R eg g io Em il i a na av en R Pi ac e nz a m a Pa r a od en M C es e na ra Fo r lì- Fe rra Bo lo g na 0,0 Fonte: elaborazioni CCIAA su dati Infocamere Stockview Il numero maggiore di imprese femminili si ritrova tra le ditte individuali. Sono il 65,8% del totale. Nel 2011 erano il 67,3%. Il calo ha quindi interessato principalmente ditte più piccole e meno strutturate. Le cooperative femminili sono 117 ed i consorzi 5, con un peso dell’1,8% sul totale. Le società di persone sono invece il 19,3% e quelle di capitale il 12,9%. 53 Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013 Provincia di Piacenza: imprese femminili per attività economica e forma giuridica, 2013 Società di Capitale 24 3 113 1 3 110 199 34 56 46 7 105 44 Sezioni Ateco2007 A Agricoltura, silvicoltura pesca B Estrazione di minerali da cave e miniere C Attività manifatturiere D Fornitura di energia elettrica, gas, vapore E Fornitura acqua; reti fognarie, gestione rifiuti F Costruzioni G Commercio all'ingrosso e dettaglio; ripar. H Trasporto e magazzinaggio I Attività dei servizi alloggio e ristorazione J Servizi di informazione e comunicazione K Attività finanziarie e assicurative L Attivita' immobiliari M Attività professionali, scientifiche e tecniche N Noleggio, agenzie viaggio, servizi alle 34 imprese P Istruzione 9 Q Sanita' e assistenza sociale 9 R Attività artistiche, sportive, di intrattenimento 20 S Altre attività di servizi 11 X Imprese non classificate 63 TOTALE 891 Fonte: elaborazioni CCIAA su dati Infocamere Stockview Società Imprese Altre di Persone 87 0 135 2 0 106 320 42 193 61 28 118 59 Individuali 1.249 0 196 4 6 82 1.325 27 497 60 118 46 74 forme 7 0 10 1 0 5 3 7 5 5 0 1 10 1.367 3 454 8 9 303 1.847 110 751 172 153 270 187 24 4 9 9 80 51 1.328 121 14 8 33 625 47 4.532 14 11 13 28 6 11 137 193 38 39 90 722 172 6.888 TOTALE Nei settori in cui le donne operano prevalentemente la forma giuridica più rappresentata è quella della ditta individuale (il 91% delle imprese agricole ha questa forma). Cala decisamente questo valore nel comparto manifatturiero: le ditte individuali rappresentano “solo” il 43% del totale e le società di capitale salgono al 24,9%. Quasi 23 imprese su 100 risultano iscritte a Piacenza a partire dal 2010. Il turnover sembra quindi essere piuttosto elevato. Imprese femminili per anno di iscrizione, Piacenza e province dell’Emilia Romagna, 2013 Ante Dal 1950 Dal 1960 Dal 1970 Dal 1980 Dal 1990 Dal 2000 Dal 2010 1950 al 1959 al 1969 Bologna 59 95 279 831 Ferrara 8 5 83 Forlì-Cesena 3 22 Modena 12 Parma TOTALE* al 1999 al 2009 al 2013 2274 4.750 7.302 5.119 20.709 297 846 2.052 2.739 1.973 8.003 118 426 1.078 2.307 3.344 2.145 9.444 32 149 622 1.636 3.491 5.471 4.091 15.504 12 22 129 398 1.050 2.259 3.301 2.316 9.488 Piacenza 1 18 69 284 683 1.828 2.449 1.556 6.888 Ravenna 6 20 128 353 1008 2.100 2.924 2.053 8.592 10 22 111 382 966 2.288 3.748 2.759 10.286 6 21 110 376 1.132 1.893 2.923 2.769 9.230 117 257 1.176 3.969 10.673 22.968 34.201 24.781 98.144 ITALIA 2033 3.724 11.921 40.582 Fonte: elaborazioni CCIAA su dati Infocamere Stockview 139.407 332.735 541.996 357.345 1.429.897 Reggio Emilia Rimini Emilia Romagna al 1979 al 1989 Passando ad un esame dello stock a livello sub-provinciale se ne ricava che il comune con maggiore incidenza dell’imprenditoria femminile è Ponte dell’Olio (28,1%). Poco distanti sono Travo (27,5%) e Farini (27,2%) e quindi Lugagnano e Cortebrugnatella (26,2%). In tutte queste realtà il settore di specializzazione è quello dell’agricoltura. Nel comune capoluogo l’incidenza complessiva è leggermente inferiore alla media provinciale (22,1 per cento contro il 22,4 per cento). 54 Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013 Provincia di Piacenza: imprese femminili nei comuni, 2013 (Fonte: elaborazioni CCIAA su dati Infocamere) Imprese femminili Totale imprese Ziano Piacentino 79 224 553 149 480 542 651 580 299 27 428 861 575 1.282 558 29 170 103 444 290 223 1.574 248 382 346 294 462 545 230 353 76 131 11.191 328 152 845 505 564 657 864 457 144 257 342 358 386 228 7 364 Totale Provincia 6.888 30.758 Agazzano Alseno Besenzone 53 112 17 Bettola 120 Bobbio 138 Borgonovo Val Tidone 162 Cadeo 110 Calendasco Caminata 61 3 Caorso 103 Carpaneto Piacentino 196 Castell'Arquato 137 Castelsangiovanni 302 Castelvetro Piacentino 134 Cerignale 6 Coli 40 Corte Brugnatella 27 Cortemaggiore 92 Farini 79 Ferriere 48 Fiorenzuola d'Arda Gazzola 391 58 Gossolengo 67 Gragnano Trebbiense 70 Gropparello 67 Lugagnano Val d'Arda 121 Monticelli d'Ongina 110 Morfasso 57 Nibbiano 84 Ottone 12 Pecorara 20 Piacenza 2.477 Pianello Val Tidone 89 Piozzano 35 Podenzano 180 Ponte dell'Olio 142 Pontenure 104 Rivergaro 135 Rottofreno 185 San Giorgio Piacentino 74 San Pietro in Cerro 25 Sarmato 58 Travo 94 Vernasca 66 Vigolzone 99 Villanova sull'Arda 49 Zerba 0 % Imprese Femm/tot.imprese. 23,7 22,4 20,3 11,4 25,0 25,5 24,9 19,0 20,4 11,1 24,1 22,8 23,8 23,6 24,0 20,7 23,5 26,2 20,7 27,2 21,5 24,8 23,4 17,5 20,2 22,8 26,2 20,2 24,8 23,8 15,8 15,3 22,1 27,1 23,0 21,3 28,1 18,4 20,5 21,4 16,2 17,4 22,6 27,5 18,4 25,6 21,5 0,0 21,7 55 Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013 Il 91,7% delle ditte femminili può essere definito “italiano” nel senso che le donne non nate in Italia eventualmente presenti nella compagine imprenditoriale non raggiungono valori tali da modificarne la classificazione. Il 5,7% è invece costituito da persone di sesso femminile provenienti da Paesi extracomunitari. Le imprese che possono essere classificate sia come femminili che come giovanili sono pari al 9,6% del totale delle femminili. Il settore nel quale si invidua la percentuale maggiore di giovani imprenditrici è quello delle attività artistiche, sportive e di intrattenimento (20%). Subito dietro stanno le attività finanziarie ed assicurative (18,3%). Ad una certa distanza invece si collocano le altre attività dei servizi (14,3%) e i servizi di alloggio e ristorazione (13,4%). Al contrario il contesto nel quale l’incidenza della componente giovanile è più bassa è l’agricoltura (2,6%). Provincia di Piacenza: imprese femminili per attività economica e componente di imprese giovanili, 2013 Totale Imprese Femminili di cui: Imprese Giovanili % di Imprese Giovanili sul Totale 1.367 35 2,6 3 0 0,0 454 36 7,9 D Fornitura di energia elettrica, gas, vapore 8 0 0,0 E Fornitura di acqua; reti fognarie, gestione rifiuti 9 0 0,0 303 32 10,6 1.847 192 10,4 H Trasporto e magazzinaggio 110 11 10,0 I Attività dei servizi alloggio e ristorazione 751 101 13,4 J Servizi di informazione e comunicazione 172 8 4,7 K Attività finanziarie e assicurative 153 28 18,3 L Attivita' immobiliari 270 10 3,7 M Attività professionali, scientifiche e tecniche 187 19 10,2 N Noleggio, agenzie viaggio, servizi alle imprese 193 23 11,9 P Istruzione 38 3 7,9 Q Sanita' e assistenza sociale 39 2 5,1 R Attività artistiche, sportive e di intrattenimento 90 18 20,0 S Altre attività di servizi 722 103 14,3 X Imprese non classificate 172 39 22,7 6.888 660 9,6 Sezioni Ateco2007 A Agricoltura, silvicoltura e pesca B Estrazione di minerali da cave e miniere C Attività manifatturiere F Costruzioni G Commercio ingrosso e dettaglio; riparaz. Auto-moto TOTALE Fonte: elaborazioni CCIAA su dati Infocamere Stockview 56 Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013 I FALLIMENTI A fine 2013 i fallimenti per i quali è stata emessa la sentenza dichiarativa -a Piacenza- sono stati 50, 7 in meno rispetto all'anno prima. Provincia di Piacenza: dinamica dei fallimenti registrata tra il 2001 ed il 2013 60 57 54 52 49 50 50 41 40 37 37 37 35 34 32 30 25 20 10 0 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 Fonte: CCIAA di Piacenza Quarantotto fallimenti hanno interessato società (96%) e 2 ditte individuali. Il mese che ha registrato la quota inferiore di fallimenti è stato –come già visto in passato- settembre. Il trimestre nel quale si è registrato il numero maggiore di fallimenti è stato il primo (con 15), i seguenti hanno visto una progressiva diminuzione delle procedure aperte. Provincia di Piacenza: dinamica trimestrale dei fallimenti, 2012-2013 25 21 20 18 15 15 13 10 9 12 10 9 5 0 primo trimestre secondo trimestre terzo trimestre 2012 quarto trimestre primo trimestre secondo trimestre terzo trimestre quarto trimestre 2013 Fonte: CCIAA di Piacenza Il settore nel quale si è concentrato il numero maggiore di fallimenti è quello del commercio (13 unità imprenditoriali fallite), seguito dall’edilizia (10 fallimenti) e quindi dalle attività manifatturiere (10 fallimenti). 57 Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013 Provincia di Piacenza: fallimenti divisi per settore, 2013 Attività artistiche, sportive, intratt. 2% Servizi alle imprese Attività finanziarie e Agricoltura 4% assicurative 2% Immobiliari 2% Informazione e 4% comunicazione 2% Alloggio e ristorazione 2% Attività manifatturiere 20% Fornitura di acqua; reti fognarie, rifiuti 2% Trasporto e magazzinaggio 14% Costruzioni 20% Commercio 26% Fonte: CCIAA di Piacenza I PROTESTI Tra il 2012 ed il 2013 –a Piacenza- sia il numero che i valori degli effetti protestati sono risultati in diminuzione. La variazione percentuale complessiva è stata del 7,7% dal punto di vista del numero e del 14,5% in valore. Sono stati 3.703 gli effetti protestati, per un ammontare complessivo di 8 milioni 230.311 euro. Tale valore è tornato in linea con quello che si era osservato nel 2006. La riduzione numerica è stata generalizzata in quanto ha coinvolto ogni classe di effetto. Il numero di assegni protestati è calato del 7,8%, quello delle cambiali del 5,8%. Osservando invece il valore, sia quello relativo agli assegni che quello relativo alle cambiali hanno registrato una significativa contrazione, in entrambi i casi superiore al 10%. Provincia di Piacenza: numero e valore (in euro) degli effetti protestati tra il 2000 ed il 2013 5000 4500 4000 3500 3000 2500 2000 1500 1000 500 0 18.000.000,00 16.000.000,00 14.000.000,00 12.000.000,00 10.000.000,00 8.000.000,00 6.000.000,00 4.000.000,00 2.000.000,00 20002001200220032004200520062007200820092010201120122013 * valore numero Fonte: CCIAA di Piacenza 58 Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013 Il trimestre nel corso del quale i protestri levati hanno assunto il valore maggior è stato il secondo del 2013, quello invece in cui l’ammontare è stato più contenuto il quarto. Provincia di Piacenza: valore degli effetti protestati nei trimestri, 2012 e 2013 4000000 3500000 3.364.214 3000000 2.481.344 2.434.482 2500000 2.047.185 2.097.343 2000000 1.937.999 1.682.389 1500000 1.810.645 1000000 500000 0 primo trimestre secondo trimestre terzo trimestre quarto trimestre primo trimestre secondo trimestre 2012 terzo trimestre quarto trimestre 2013 Fonte: CCIAA di Piacenza Come già nel 2012 anche nel 2013 le cambiali hanno rappresentato la quota maggiore (per numero e valore) dei protesti levati. Il valore medio degli assegni è però decisamente più elevato. Provincia di Piacenza: incidenza % degli effetti protestati per categoria effetto, numero e valore, 2013 90,0 80,2 80,0 70,0 62,4 60,0 50,0 36,0 40,0 30,0 0,4 0,1 2,2 1,5 Incidenza% sul numero Incidenza % sul valore 10,0 Incidenza % sul valore 17,2 Incidenza% sul numero 20,0 Assegni Incidenza % sul valore Incidenza% sul numero Incidenza % sul valore Incidenza% sul numero 0,0 Cambiali Tratte accettate Tratte non accettate Fonte: CCIAA di Piacenza In linea generale, a livello sub-provinciale, il valore degli effetti protestati è più alto nei comuni più popolati e più ricchi di imprese. Va segnalato però che il comune di Rottofreno, nel 2013, ha visto un ammontare di protesti levati maggiore a quello di Fiorenzuola. Il 56,6% dei protesti si è concentrato nel comune capoluogo. Alzando il livello dell’analisi al contesto regionale si può osservare che tra il 2012 ed il 2013 vi è stata una sola provincia in cui i protesti sono aumentati sia in numero che in valore. Si tratta di Ferrara. La riduzione 59 Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013 più marcata invece ha interessato dal punto di vista numerico Ravenna, dal punto di vista dell’importo Rimini. Valore complessivo degli effetti protestati, Piacenza e province dell’Emilia Romagna, 2012-2013 Anno 2012 N. Effetti Anno 2013 Importo N. Effetti Variazione % 2012/2013 Importo N. Effetti Importo Bologna 11.529 25.976.369 11.296 21.371.369 -2,0 -17,7 Ferrara 2.941 4.872.937 4.212 7.537.597 43,2 54,7 Forlì-Cesena 6.035 15.409.899 5.221 13.777.849 -13,5 -10,6 Modena 9.509 22.069.401 10.622 19.638.909 11,7 -11,0 Parma 8.493 32.495.888 6.529 17.121.204 -23,1 -47,3 Piacenza 4.014 9.625.290 3.703 8.230.311 -7,7 -14,5 Ravenna 5.919 22.946.329 4.207 19.818.041 -28,9 -13,6 Reggio Emilia 6.291 14.331.342 6.175 12.481.215 -1,8 -12,9 Rimini 7.509 24.138.770 6.058 16.333.815 -19,3 -32,3 62.240 171.866.225 58.023 136.310.308 -6,8 -20,7 1.408.071 3.396.175.976 1.234.670 2.794.453.870 -12,3 -17,7 Emilia Romagna Italia Fonte: CCIAA di Piacenza Volendo parametrare il numero ed il valore degli effetti al numero di imprese registrate se ne ricavano situazioni piuttosto differenziate e variabili nel corso degli anni. Nel 2012 la provincia che aveva il parametro maggiore a livello numerico era Rimini e a livello di valore Parma. Nel 2013 Rimini resta con il rapporto maggiore tra il numero dei protesti e le imprese ma Ravenna conquista la palma per il rapporto valore protesti/numero di imprese. Numero degli effetti ogni 100 imprese, importo protesto/impresa e importo medio per effetto protestato, Piacenza e province dell’Emilia Romagna, 2012 e 2013 2012 2013 Bologna Ferrara Forlì-Cesena Modena Parma Piacenza Ravenna Reggio Emilia Rimini Emilia Romagna Italia N.effetti/100 imprese 11,9 7,9 13,6 12,6 17,9 12,8 14,2 11,0 18,4 Valore effetto/impresa 267,3 130,8 347,6 292,7 684,1 307,8 548,8 250,5 590,4 N.effetti/100 imprese 11,7 11,4 12,0 14,1 13,9 12,0 10,2 10,9 14,9 Valore effetto/impresa 220,9 204,5 316,3 261,3 365,0 267,6 482,0 221,1 400,8 13,2 363,5 12,4 291,1 23,1 557,4 20,4 461,0 Fonte: CCIAA di Piacenza 60 Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013 IL MERCATO DEL LAVORO Occupazione L’analisi dell’andamento del mercato del lavoro piacentino è effettuata principalmente sulla base delle rilevazioni Istat sulle forze di lavoro, corredate da dati dello scenario economico provinciale Unioncamere Emilia-Romagna-Prometeia, della Regione Emilia-Romagna e della rilevazione di Smail (Sistema di monitoraggio annuale delle imprese e del lavoro). Mercato del lavoro. Popolazione per condizione e occupati per settore di attività economica Provincia di Piacenza. Periodo 2008-2013 (a). Var.% 2013 2012/2013 2008 2009 2010 2011 2012 Occupati: Dipendenti Indipendenti - Agricoltura, silvicoltura e pesca Dipendenti Indipendenti - Industria Dipendenti Indipendenti Industria in senso stretto (b) Dipendenti Indipendenti Costruzioni Dipendenti Indipendenti - Servizi Dipendenti Indipendenti Commercio, alberghi e ristoranti Dipendenti Indipendenti Altre attività dei servizi Dipendenti Indipendenti Persone in cerca di occupazione: - Maschi - Femmine Forze di lavoro - Maschi - Femmine Non forze di lavoro 15-64 anni: - Maschi - Femmine Popolazione 15 anni e oltre - Maschi - Femmine 125 91 34 5 1 4 38 29 9 32 26 6 7 4 3 81 61 21 26 17 9 55 44 12 2 1 1 127 75 53 55 19 36 246 119 127 127 97 30 5 1 4 41 33 8 31 27 4 10 6 4 81 63 18 24 16 8 57 47 10 3 2 1 130 76 54 55 19 36 249 120 128 123 99 24 4 1 3 44 38 6 32 30 3 12 9 3 76 60 15 22 15 7 53 45 8 4 2 2 127 74 53 58 20 38 250 121 129 123 97 26 4 2 3 42 36 6 33 30 3 9 6 3 76 60 17 23 14 8 54 45 9 6 3 3 129 75 54 57 20 38 251 122 130 124 97 27 4 1 3 39 32 7 32 29 3 7 4 3 81 63 18 26 17 8 55 46 9 10 4 5 134 77 57 53 19 34 252 122 130 123 94 29 3 1 2 41 34 7 34 31 3 7 3 4 78 59 20 24 15 10 54 44 10 11 6 5 134 78 56 54 18 36 253 123 130 -1,0 -2,9 5,6 -25,6 -20,5 -28,1 5,7 5,2 8,4 6,5 6,5 6,6 2,1 -5,4 10,0 -3,0 -6,7 9,8 -4,1 -13,1 14,6 -2,6 -4,2 5,6 9,9 23,2 -1,2 -0,2 0,9 -1,8 0,8 -4,3 3,6 0,2 0,3 0,1 Tasso di attività (15-64 anni) - Maschi - Femmine Tasso di occupazione (15-64 anni) - Maschi - Femmine Tasso di disoccupazione - Maschi - Femmine 69,3 79,1 59,2 67,9 77,5 58,1 1,9 1,9 1,9 69,5 79,1 59,5 67,9 77,3 58,3 2,1 2,2 2,0 68,3 78,6 57,7 66,3 76,5 55,7 2,9 2,6 3,4 68,9 79,0 58,5 65,4 75,7 54,8 4,9 4,0 6,2 71,1 79,9 62,1 65,8 75,1 56,2 7,4 5,8 9,4 70,9 80,8 60,7 65,1 74,9 54,9 65,1 74,9 54,9 - ‘(a) Le caselle colorate in giallo identificano valori con errore campionario superiore al 25 per cento. Se ne sconsiglia pertanto l’utilizzo. (b) La somma degli addendi può non coincidere con il totale a causa degli arrotondamenti. Le variazioni percentuali sono calcolate su valori non arrotondati. Fonte: Istat. Prima di commentare l’andamento del mercato del lavoro sulla base delle rilevazioni provinciali sulle forze di lavoro, occorre ricordare che i dati devono essere valutati con una certa cautela, poiché la natura campionaria della rilevazione comporta inevitabilmente degli “errori” statistici. La provincia di Piacenza ha tuttavia evidenziato nel 2013 l’errore relativo percentuale più basso dell’Emilia-Romagna, che è risultato 61 Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013 inoltre tra i più contenuti in ambito nazionale. Si ha pertanto un maggiore grado di attendibilità dei risultati. 11 Fatta questa premessa, la recessione, che ha investito l’economia piacentina nel 2013 ha avuto effetti negativi sul complesso dell’occupazione. Secondo le rilevazioni Istat sulle forze di lavoro, nel 2013 gli occupati della provincia di Piacenza sono apparsi mediamente in calo dell’1,0 per cento rispetto all’anno precedente, per un totale di circa 1.000 addetti. Tale andamento è apparso in linea con lo scenario regionale caratterizzato da una riduzione dell’1,6 per cento. La diminuzione dell’Emilia-Romagna è stata determinata dalla quasi totalità delle province, in un arco compreso tra il -0,1 per cento di Parma e il -8,5 per cento di Ferrara. Unica eccezione Bologna, i cui occupati sono aumentati dello 0,3 per cento. Anche la rilevazione di Smail (Sistema di monitoraggio annuale 12 delle imprese e del lavoro) , aggiornata a giugno 2013, ha registrato una situazione dello stesso segno, con un calo degli addetti dell’1,8 per cento rispetto a un anno prima. Nonostante la diminuzione, il livello dell’occupazione piacentina del 2013 è tuttavia apparso superiore di circa 1.000 unità a quello del 2007, precedente la Grande Crisi nata dai mutui statunitensi ad alto rischio. Non altrettanto è avvenuto in regione, la cui occupazione ha registrato un deficit di circa 16.000 unità. Sotto l’aspetto del genere, la diminuzione dell’occupazione piacentina è stata essenzialmente determinata dalle femmine (-1,9 per cento), a fronte del moderato calo dei maschi (-0,5 per cento), in linea con quanto avvenuto in regione. Il peso delle donne piacentine sul totale dell’occupazione si è attestato al 41,3 per cento, confermando la forbice con la media regionale attestata al 44,5 per cento. Nel 2004 il differenziale era di 3,9 punti percentuali. Cinque anni dopo scende a 2,7 punti, per risalire ai 3,3 del 2013. Nonostante la battuta d’arresto avvenuta nei confronti del 2012, resta una tendenza che vede le donne piacentine sempre più presenti nel mercato del lavoro, anche se in percentuale più contenuta rispetto ad altre province della regione. Nel 2004 le donne occupate erano circa 44.000 con un’incidenza del 39,5 per cento sul totale. Nel 2013 salgono a circa 51.000 (41,3 per cento del totale). Il fenomeno non è che la conseguenza del lungo processo di emancipazione femminile, che ha portato le donne a rivestire professioni un tempo monopolizzate dai maschi, basti pensare alla polizia urbana, alle forze armate e a quelle dell’ordine per citare i casi più eclatanti. Nel 2013 la provincia di Piacenza ha evidenziato un tasso di attività femminile pari al 60,7 per cento, che l’ha collocata al 39esimo posto su 110 province italiane. Nei primi tre posti troviamo tre province emiliano-romagnole, Ravenna, Bologna e Parma. I tassi di attività femminile più contenuti appartengono nella grande maggioranza alle province del Sud, con i casi estremi di Caltanissetta (28,6 per cento), Barletta-Andria-Trani (31,9 per cento) e Palermo (33,0 per cento). Sulla forte differenza esistente tra le province meridionali e Piacenza pesa da un lato il gap esistente tra nord e sud in termini di occasioni di lavoro e, dall’altro, un tipo di società, quale quella del Sud, nella quale la donna è spesso relegata a ruoli “tradizionali”. Dal lato della posizione professionale, l’occupazione autonoma ha mostrato una buona tenuta (+5,6 per cento) rispetto a quella alle dipendenze, apparsa in calo del 2,9 per cento. Per quanto concerne l’andamento dei settori di attività, la diminuzione degli occupati è stata la sintesi di dinamiche settoriali divergenti. Le attività dell’agricoltura, silvicoltura e pesca, che hanno rappresentato il 2,5 per cento del totale degli occupati, hanno perduto circa un migliaio di addetti rispetto al 2012, per lo più indipendenti. L’errore insito in ogni rilevazione campionaria deve indurre a una certa cautela nell’analisi, ma la tendenza al calo dell’occupazione autonoma ha trovato eco nella riduzione del 3,8 per cento delle imprese registrate, con una punta del 5,0 per cento relativa ai soli coltivatori diretti. Anche le rilevazioni di Smail (Sistema di monitoraggio annuale delle imprese e del lavoro), aggiornate a giugno 2013, hanno registrato un’involuzione, con una riduzione del 2,2 per cento rispetto a un anno prima, dovuta sia all’occupazione autonoma (-1,6 per cento) che alle dipendenze (-4,1 per cento). 13 Le attività dell’industria in senso stretto , che hanno rappresentato il 27,7 per cento dell’occupazione piacentina, hanno beneficiato di una crescita del 6,5 per cento rispetto al 2012 – equivalente a circa 2.000 addetti - che è apparsa in contro tendenza rispetto all’andamento regionale, segnato da una diminuzione del 2,4 per cento. L’aumento può apparire per certi versi sorprendente, poiché è maturato in uno scenario caratterizzato dal perdurare della recessione (-2,9 per cento il valore aggiunto), ma occorre tuttavia sottolineare che l’accresciuto utilizzo della Cassa integrazione guadagni può avere contribuito al mantenimento dell’occupazione. Non a caso le unità di lavoro alle dipendenze, che non tengono conto dell’inattività dovuta alla Cig, hanno subito una diminuzione dell’1,7 per cento. Se si approfondisce l’analisi per posizione professionale, si può notare che la crescita di circa 2.000 addetti 11 Secondo lo scenario di Prometeia-Unioncamere Emilia-Romagna di fine febbraio 2014, nel 2013 il valore aggiunto della provincia di Piacenza è stimato in diminuzione, in termini reali, dell’1,4 per cento rispetto all’anno precedente, in misura superiore a quanto stimato per la regione (-1,1 per cento). 12 Smail (sistema di monitoraggio annuale delle imprese e del lavoro) include tutte le imprese private iscritte alla Camera di commercio. Sono escluse le attività della Pubblica amministrazione, le istituzioni pubbliche e private senza obbligo di iscrizione alla Camera di commercio e le attività libero professionali non costituite in forma d’impresa. 13 Comprende i settori estrattivo, manifatturiero ed energetico. 62 Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013 dell’industria in senso stretto ha riguardato soprattutto gli occupati alle dipendenze. Il perdurare della crisi (-5,9 per il cento il valore aggiunto) non ha avuto gli effetti temuti sull’occupazione dell’industria delle costruzioni. Nel 2013 la consistenza degli occupati – sono equivalsi al 5,9 per cento del totale dell’occupazione - è apparsa in leggera crescita rispetto all’anno precedente, in linea con quanto avvenuto in regione (+0,8 per cento). La sostanziale tenuta dell’occupazione edile è stata determinata dalla sola posizione professionale degli autonomi, a fronte della leggera riduzione dei dipendenti. L’intensità del lavoro è tuttavia apparsa in forte calo. Le unità di lavoro hanno accusato una flessione del 7,8 per cento, che sale al 13,4 per cento per i soli dipendenti. Se la consistenza degli addetti alle dipendenze è apparsa sostanzialmente stabile lo si deve al massiccio utilizzo della Cassa integrazione guadagni, che nel 2013 ha superato il milione di ore autorizzate, più del doppio del quantitativo medio del quinquennio 2008-2012. Se il bilancio 2013 dell’occupazione piacentina si è chiuso negativamente lo si deve soprattutto alla battuta d’arresto dei servizi, che hanno subito un calo del 3,0 per cento – è equivalso a circa 2.000 addetti - che è apparso più sostenuto rispetto alla diminuzione regionale dello 0,8 per cento. Dal lato della posizione professionale, sono stati i dipendenti a far pendere negativamente la bilancia dell’occupazione (circa 4.000 addetti in meno), a fronte della crescita di circa 2.000 autonomi. Entrambi i comparti nei quali è statisticamente suddiviso il ramo dei servizi hanno concorso alla diminuzione complessiva. In regione c’è stato invece un aumento delle attività commerciali, assieme ad alberghi e ristoranti, mentre gli “altri servizi” hanno accusato un calo dell’1,6 per cento. 14 In ambito nazionale, in termini di tasso specifico di occupazione la provincia di Piacenza si è collocata tra le province italiane più virtuose, occupando la 17esima posizione su centodieci province, guadagnandone due rispetto al 2012. I tassi più elevati sono stati rilevati a Bolzano (71,5 per cento) e Parma (68,8 per cento). Agli ultimi posti troviamo solo province del Sud, con Caltanissetta maglia nera (35,0 per cento), seguita da Napoli (36,7 per cento) e Crotone (37,1 per cento). Da notare che la provincia Bolzano è stata la sola che nel 2013 ha rispettato l’obiettivo di Lisbona, che prevedeva di arrivare nel 2010 a un tasso specifico di occupazione pari al 70 per cento. Per quanto concerne le femmine, la provincia di Piacenza ha evidenziato un tasso specifico di occupazione del 54,9 per cento, equivalente al 34esimo posto in ambito nazionale su centodieci province, ma in questo caso c’è stato un arretramento rispetto alla graduatoria del 2012, quando Piacenza occupava la 26esima posizione. Bolzano si è confermata prima provincia, con un tasso del 64,5 per cento, davanti a Parma (63,3 per cento) e Bologna (62,6 per cento). Ultima Caltanissetta (22,0 per cento), seguita da Barletta-Andria-Trani (22,6 per cento) e Crotone (24,8 per cento). La ricerca del lavoro. La disoccupazione è apparsa nuovamente in aumento. La consistenza delle persone in cerca di lavoro è aumentata del 9,9 per cento rispetto all’anno precedente (+19,3 per cento in regione), per un totale di circa 1.000 persone, tutti di genere maschile. Il tasso di disoccupazione è conseguentemente salito all’8,1 per cento, vale a dire su standard mai registrati in passato. La provincia piacentina è stata tuttavia meno colpita dal fenomeno rispetto ad altre aree. In ambito nazionale è risalita alla 22esima posizione dalla 28esima del 2012. In regione da sesta è divenuta quinta, precedendo Bologna (8,4 per cento), Ravenna (9,9 per cento), Rimini (11,5 per cento) e Ferrara (14,2 per cento). In ambito nazionale le situazioni più critiche, e non è una novità, hanno riguardato le regioni del Meridione, con la provincia di Medio-Campidano a indossare la maglia nera (27,0 per cento), seguita da Napoli (25,8 per cento) e Crotone (25,6 per cento). La disoccupazione giovanile rappresenta una delle maggiori tare del mercato del lavoro italiano. Sotto tale aspetto, la provincia di Piacenza ha evidenziato una situazione meno negativa rispetto al 2012, continuando a far parte del gruppo di province italiane relativamente meno colpite dal fenomeno. Nel 2013 nella classe da 15 a 29 anni la provincia piacentina ha registrato un tasso di disoccupazione specifico pari al 17,2 per cento (in regione 21,8 per cento; in Italia 29,6 per cento) inferiore di 1,3 punti percentuali rispetto alla situazione dell’anno precedente. In Emilia-Romagna soltanto la provincia di Forlì-Cesena ha evidenziato un alleggerimento del tasso di disoccupazione giovanile nell’ordine di 4,8 punti percentuali. In Italia la provincia di Piacenza ha occupato la tredicesima posizione su 107 province, guadagnandone venticinque rispetto al 2012. Le situazioni più critiche, oltre il 50 per cento, sono state registrate nelle province di Caltanissetta, Campobasso, Cagliari, Messina, Agrigento e Medio-Campidano, maglia nera con una percentuale del 53,8 per cento. Sotto l’aspetto del genere, Piacenza ha registrato un tasso giovanile femminile del 25,0 per cento (23,3 per cento in regione), che è rimasto sostanzialmente invariato rispetto al 2012, a fronte della crescita di 5,4 punti percentuali riscontrata in Emilia-Romagna. La disoccupazione giovanile maschile è apparsa meno accesa rispetto a quella femminile (12,1 per cento), oltre che più contenuta nei confronti della media regionale del 20,5 per cento. Rispetto al 2012 c’è stato un miglioramento di 1,4 punti percentuali, in contro tendenza rispetto alla crescita regionale di 3,6 punti percentuali. 14 E’ calcolato rapportando gli occupati in età 15-64 anni alla rispettiva popolazione. 63 Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013 Le forze di lavoro L’insieme delle persone in cerca di lavoro e degli occupati costituisce la forza lavoro. Nel 2013 le indagini Istat hanno evidenziato una sostanziale stabilità rispetto all’anno precedente(+0,2 per cento). Il ridimensionamento degli occupati è stato di fatto colmato dalla crescita delle persone in cerca di occupazione. Nel 2013 il tasso di attività piacentino delle persone in età 15-64 anni si è attestato al 70,9 per cento contro il 71,1 per cento del 2012 e il 70,4 per cento del 2004. In ambito emiliano-romagnolo solo la provincia di Rimini ha registrato un tasso più contenuto, pari al 68,7 per cento. In Italia la provincia di Piacenza si è tuttavia collocata tra quelle più attive, occupando il 17esimo posto (prima Bolzano con il 74,9 per cento), risalendo tre posizioni rispetto al 2012. Tra il 2004 e il 2013 il tasso di attività piacentino è aumentato solo leggermente. La crescita di questa variabile può dipendere dall’esaurimento delle migrazioni verso l’estero, dall’aumento dell’immigrazione straniera, oltre alla progressiva accelerazione dell’ingresso delle donne nel mercato del lavoro. Può anche dipendere dai momenti di crisi, che possono indurre talune persone a mettersi alla ricerca di un’occupazione per sostenere i bilanci famigliari impoveriti dalla perdita del lavoro del capofamiglia oppure dalla sua messa in Cassa integrazione guadagni. Tende invece a decrescere quando, ad esempio, la popolazione inattiva aumenta a causa del progressivo invecchiamento, oppure a seguito dell’innalzamento del livello d’istruzione scolastica, che accresce la durata degli studi, ritardando di conseguenza l’entrata dei giovani nel mondo del lavoro. Il tasso di attività piacentino è senza dubbio intaccato dalla diffusione della scolarizzazione e dall’invecchiamento della popolazione, ma l’antidoto principale al suo ridimensionamento è rappresentato soprattutto dall’immigrazione straniera. Senza di essa si avrebbe una riduzione della partecipazione al lavoro e non solo, come dimostrato da una proiezione dell’Istat fino all’anno 2050 effettuata su dati regionali e nazionali. Le assunzioni I flussi di assunzioni raccolti dalla Regione Emilia-Romagna sono un’altra tessera che compone il mosaico dell’andamento del mercato del lavoro piacentino. Nel 2013 ne sono state registrate 43.771, con un calo del 5,1 per cento rispetto all’anno precedente, che è apparso leggermente più accentuato rispetto all’andamento regionale, segnato da una diminuzione del 4,9 per cento. Premesso che la stessa persona può essere assunta più volte nel corso dell’anno, si ha una tendenza negativa, in linea con quanto emerso dalle rilevazioni sulle forze di lavoro e di Smail. Dal lato del genere, alla moderata diminuzione dei maschi (-2,6 per cento) è corrisposta la più pronunciata diminuzione delle femmine (-7,2 per cento). Il calo del 5,1 per cento ha sintetizzato dinamiche settoriali divergenti. Le diminuzioni più consistenti, oltre la soglia del 10 per cento, hanno interessato i settori meccanico, alimentare e alberghiero-ristorazione. Di contro hanno evidenziato aumenti superiori al 10 per cento la produzione di minerali non metalliferi, chimicagomma ed energia. Per quanto riguarda la tipologia dei contratti, sono stati quelli a tempo indeterminato a pesare maggiormente sul calo complessivo, con una flessione dell’11,2 per cento (-11,4 per cento in Regione). Per le assunzioni a termine la riduzione è stata del 2,6 per cento (-3,5 per cento in regione). Le previsioni per il 2014 Le previsioni per il 2014 non lasciano molto spazio all’ottimismo. La ripresa sarà debole – il valore aggiunto dovrebbe crescere in termini reali di appena l’1,0 per cento – e non in grado di avviare un ciclo virtuoso del mercato del lavoro. Secondo lo scenario economico provinciale di Unioncamere Emilia-Romagna e Prometeia, redatto a fine febbraio 2014, le unità di lavoro, che ne misurano il volume effettivamente svolto, dovrebbero rimanere sostanzialmente inalterate (+0,1 per cento), dopo due anni caratterizzati da cali. Tale andamento sconta le diminuzioni previste per l’industria in senso stretto e l’agricoltura, mentre una lieve ripresa è attesa nei servizi e nell’industria delle costruzioni, che tornerà a vedere un timido segno positivo dopo tre anni caratterizzati da pesanti cali. Nel solo ambito dell’occupazione alle dipendenze non è prevista alcuna variazione. Alla stabilità del volume di lavoro effettivamente svolto, dovrebbe associarsi una diminuzione della consistenza degli occupati (-0,6 per cento), mentre la disoccupazione è destinata ad arrivare al 9,3 per cento della forza lavoro (8,8 per cento in regione), cioè ai massimi degli ultimi dieci anni. Gli ammortizzatori sociali La Cassa integrazione guadagni è apparsa in leggero aumento, riflettendo la ripresa degli interventi 64 Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013 straordinari, che ha annullato i cali delle gestioni ordinaria e in deroga. Secondo i dati Inps, nel 2013 c’è stata una crescita complessiva, tra ordinaria, straordinaria e in deroga, pari al 4,5 per cento rispetto all’anno precedente, in contro tendenza rispetto alla diminuzione dell’1,2 per cento riscontrata in Emilia-Romagna. Il 2013 si è distinto in termini assai negativi dal livello medio del quinquennio precedente, con un incremento pari al 27,0 per cento. La “rottura” risale al 2009, l’anno della Grande Crisi, quando le ore autorizzate aumentarono di sette volte rispetto all’anno precedente. Dopo quell’anno sono stabilmente rimaste oltre la soglia dei 5 milioni. Le ore autorizzate per interventi ordinari, la cui matrice è prevalentemente anticongiunturale, non hanno risentito del perdurare della recessione. Nel 2013 sono ammontate a circa 1 milione e 788 mila, vale a dire il 12,6 per cento in meno rispetto al quantitativo del 2012. La diminuzione si è collocata in un quadro regionale dello stesso segno (-10,8 per cento) e ha visto il concorso sia degli impiegati che degli operai. Per i primi la quantità di ore autorizzate è scesa del 17,9 per cento, per i secondi il calo è stato dell’11,3 per cento. Per il maggiore utilizzatore, cioè l’industria in senso stretto, la flessione è apparsa ancora più accentuata (-17,2 per cento) e tale andamento è maturato in uno scenario recessivo che lasciava presupporre ben altro segno. La natura dei dati disponibili non consente di affermarlo con certezza, ma non è da escludere che il riflusso degli interventi anticongiunturali sia dipeso da situazioni di crisi divenute strutturali, con conseguente lievitazione della Cig straordinaria, come vedremo diffusamente in seguito. Cassa integrazione guadagni. Ore complessivamente autorizzate nel 2013 in provincia di Piacenza. (variazioni percentuali sull’anno precedente). Settori di attività Attività economiche connesse con l'agricoltura Estrazione minerali metalliferi e non Legno Alimentari Metallurgiche Meccaniche Tessili Abbigliamento Chimica, petrolchimica, gomma e materie plastiche Pelli, cuoio e calzature Lavorazione minerali non metalliferi Carta, stampa ed editoria Installazione impianti per l'edilizia Energia elettrica, gas e acqua Trasporti e comunicazioni Tabacchicoltura Servizi Varie Commercio Attività varie Totale edilizia - Industria edile - Artigianato edile - Industria lapidei - Artigianato lapidei Totale ordinaria, straordinaria e deroga Operai 0 4.704 118.582 137.158 31.200 1.688.341 35.012 36.638 76.948 10.423 495.686 57.148 39.317 0 277.800 0 4.320 9.128 575.261 3.597 917.060 588.264 316.849 11.531 416 4.518.323 Var. % -8,3 -8,8 -34,5 -7,4 23,2 -6,9 -60,4 -24,9 -77,2 -5,6 47,0 -48,3 48,3 1.185,7 83,3 15,4 12,0 5,3 4,8 16,7 -65,8 -91,5 6,8 Impiegati Var. % Totale Var. % 0 3.472 22.414 19.590 6.864 649.179 10.203 1.859 22.352 701 207.341 41.803 9.652 24.960 65.620 0 0 4.098 431.848 17.358 163.473 138.359 22.458 2.216 440 1.702.787 152,3 -10,5 24,9 -42,9 19,8 -33,6 -90,4 -29,1 -78,6 -27,6 37,1 114,9 55,8 19,8 -3,6 46,7 -27,8 -33,0 98,9 -71,1 -38,9 -0,9 0 8.176 140.996 156.748 38.064 2.337.520 45.215 38.497 99.300 11.124 703.027 98.951 48.969 24.960 343.420 0 4.320 13.226 1.007.109 20.955 1.080.533 726.623 339.307 13.747 856 6.221.110 25,7 -9,1 -30,3 -16,7 22,3 -14,6 -65,6 -25,8 -77,3 -13,4 42,6 -39,2 49,7 1.185,7 57,4 6,4 39,3 -1,5 -5,4 20,0 -66,8 -84,7 4,5 Fonte: Inps ed elaborazione Centro studi e monitoraggio dell’economia e statistica Unioncamere Emilia-Romagna. In ambito settoriale c’è stata una netta prevalenza di cali, che hanno raggiunto l’apice nelle industrie della moda (-74,5 per cento). Il maggiore utilizzatore, l’industria metalmeccanica, ha registrato un calo del 23,0 per cento, mentre le costruzioni sono rimaste sostanzialmente stabili (+0,7 per cento), ma in quest’ultimo caso occorre rimarcare che le cause di forza maggiore dovute al maltempo sono il motore principale dell’utilizzo. La Cassa integrazione guadagni straordinaria è concessa per fronteggiare gli stati di crisi aziendale, locale e settoriale oppure per provvedere a ristrutturazioni, riconversioni e riorganizzazioni. I dati vanno sempre analizzati con una certa cautela, poiché tra richiesta di Cig e relativa autorizzazione intercorre un lungo periodo dovuto alle pratiche burocratiche, e non è pertanto da escludere che il 2013 possa avere ereditato situazioni pregresse nell’anno precedente. Come accennato in precedenza, il fenomeno è apparso in ripresa, dopo il riflusso rilevato nel 2012. Le ore autorizzate di Cig straordinaria sono aumentate da 1.896.968 a 2.450.724, per un incremento del 29,2 per cento, largamente superiore alla crescita registrata in regione (+1,0 per cento). Dal lato della posizione professionale, l’aumento complessivo è stato determinato sia dagli operai (+38,6 per cento) che dagli impiegati (+15,4 per cento). Il 2013 si è collocato tra le annate 65 Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013 più pesanti, evidenziando un carico di ore largamente superiore al valore medio dei cinque anni precedenti (+49,9 per cento). E’ dal 2010 che la Cig straordinaria veleggia su quantità di ore autorizzate uguali o superiori ai 2 milioni, quando prima il tetto massimo era di circa 500.000 ore. La Grande Crisi del 2009 ha fatto sentire le sue conseguenze nell’anno successivo, quando sono venute a maturazione non poche situazioni critiche. Domande di disoccupazione presentate in prima istanza all’Inps. . Provincia di Piacenza ed EmiliaRomagna. Anni 2010-2013. 2010 2011 Var.% 2012 Var.% 2013 Var.% Piacenza: Indennità di disoccupazione ordinaria Indennità di disoccupazione a requisiti ridotti Indennità di disoccupazione ASpI Indennità di disoccupazione Mini-ASpI Totale 4.047 1.713 5.760 4.229 1.761 5.990 4,5 2,8 4,0 5.461 1.939 7.400 29,1 10,1 23,5 1.220 1.796 4.404 1.336 8.756 -77,7 -7,4 18,3 Em ilia-Rom agna Indennità di disoccupazione ordinaria Indennità di disoccupazione a requisiti ridotti Indennità di disoccupazione ASpI Indennità di disoccupazione Mini-ASpI Totale 90.617 51.149 141.766 91.934 53.506 145.440 1,5 4,6 2,6 141.674 61.906 203.580 54,1 15,7 40,0 29.673 56.207 95.332 42.218 223.430 -79,1 -9,2 9,8 Fonte: Regione Emilia-Romagna. La ripresa degli interventi di natura strutturale è da ascrivere, in primo luogo, al cospicuo incremento del comparto metalmeccanico, le cui ore autorizzate sono salite da 709.394 a 1.210.795. Sono continuate le tensioni nelle industrie edili (+7,9 per cento), mentre si è notevolmente stemperata la situazione delle industrie della moda, le cui ore autorizzate si sono ridotte ad appena 4.116. I dati raccolti dalla Regione hanno ricalcato la tendenza espansiva emersa dai dati della Cig. Nel 2013 sono stati 682 i lavoratori interessati dagli accordi sindacali avviati contro i 625 registrati nell’anno precedente. La Cig in deroga è apparsa in leggero calo, dopo l’aumento del 19,6 per cento che aveva caratterizzato il 2012. Secondo i dati Inps, nel 2013 le ore autorizzate in provincia di Piacenza hanno sfiorato i 2 milioni, vale a dire l’1,3 per cento in meno rispetto al quantitativo dell’anno precedente. Su tale andamento, in contro tendenza rispetto a quanto avvenuto in regione (+1,5 per cento), ha giocato un ruolo importante il riflusso delle industrie della moda e delle costruzioni, mentre sono apparse in ripresa quelle metalmeccaniche. L’artigianato ha registrato più di mezzo milione di ore autorizzate, con un incremento del 59,5 per cento rispetto al 2012, a fronte della flessione del 30,2 per cento rilevata nell’industria e nell’edilizia. Le ore autorizzate dell’artigianato meccanico sono salite da 93.476 a poco più di 288.000. Le attività artigiane hanno pertanto evidenziato una situazione di palese difficoltà, come testimoniato dalle indagini congiunturali del sistema camerale, che nel 2013 hanno registrato una flessione produttiva del 5,0 per cento relativa alle attività artigiane manifatturiere. Secondo i dati elaborati dalla Regione, a tutto il 31 dicembre 2013 le deroghe alla Cig ordinaria hanno coinvolto in provincia di Piacenza 618 sedi per un totale di 3.889 lavoratori. Un anno prima le sedi coinvolte erano 470 per un complesso di 2.737 lavoratori. Le deroghe alla Cig straordinaria hanno interessato 2.734 lavoratori distribuiti in 338 sedi. Analogamente alle deroghe ordinarie, c’è stato un aumento del fenomeno che un anno prima aveva coinvolto 240 sedi per un totale di 2.156 lavoratori. Un altro indicatore di crisi rappresentato dai flussi di iscrizioni nelle liste di mobilità ha invece evidenziato una situazione in miglioramento. Secondo i dati diffusi dalla Regione inerenti alla Legge 223/91, che riguarda i 15 lavoratori licenziati a seguito di procedure collettive , nel 2013 sono state registrate in provincia di Piacenza 458 iscrizioni a fronte delle 525 dell’anno precedente (-12,8 per cento), in contro tendenza rispetto a quanto avvenuto in regione, le cui iscrizioni sono aumentate da 8.007 a 9.755. La riduzione è da attribuire alla componente maschile (-19,6 per cento) a fronte della leggera crescita delle 15 Dal 1 gennaio 2013 non è stata prorogata la normativa d’iscrizione dei lavoratori licenziati individualmente (Legge 236/93). Si trattava d’iscrizioni che avvenivano a richiesta degli interessati e che non prevedevano l’erogazione dell’indennità di mobilità. La Legge 223/1991 prevede invece l’erogazione di un’indennità. A usufruirne sono i dipendenti provenienti da imprese con più di quindici dipendenti, ammesse alla Cassa integrazione guadagni straordinaria, che non sono in grado di reimpiegare tutti i lavoratori sospesi e di non potere attivare misure alternative. Sono inoltre incluse le imprese che in seguito a una riduzione o trasformazione dell’attività o di lavoro decidono di effettuare un licenziamento collettivo. 66 Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013 donne (+1,2 per cento). Il bilancio della mobilità è apparso più negativo sotto l’aspetto delle conseguenze. Secondo i dati raccolti dalla Regione, a fine dicembre 2013 i licenziati per esubero di personale iscritti nelle liste di mobilità in base alla Legge 223/91 sono ammontati a 866, vale a dire il 12,9 per cento in più rispetto alla situazione di un anno prima. La maggioranza dei licenziati (45,8 per cento del totale) aveva più di 49 anni, con un aumento del 17,5 per cento rispetto al 31 dicembre 2012. Segue la classe da 40 a 49 anni (36,4 per cento) apparsa in crescita del 10,1 per cento. Entrambe le classi d’età hanno inciso per l’82,2 per cento, in aumento rispetto alla quota dell’81,4 per cento del 2012. Il fenomeno degli esuberi ha pertanto interessato maggiormente i lavoratori più anziani, che sono quelli più difficilmente collocabili sul mercato del lavoro. Un altro segnale negativo, in linea con la crescita del tasso di disoccupazione, è venuto dalle domande di disoccupazione presentate in prima istanza all’Inps, che nel 2013 sono aumentate nel loro insieme del 18,3 per cento rispetto all’anno precedente, in misura più ampia rispetto alla crescita regionale (+9,8 per cento). 67 Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013 IL COMMERCIO ESTERO L’evoluzione generale delle esportazioni In uno scenario mondiale caratterizzato dalla crescita del Pil (+3,0 per cento) e del commercio di merci e 16 servizi (+2,7 per cento) le esportazioni della provincia di Piacenza sono aumentate del 10,5 per cento rispetto all’anno precedente, consolidando la fase di ripresa in atto dal 2011. Nei confronti del 2007, quando la Grande Crisi nata dall’insolvenza dei mutui statunitensi sub-prime non si era ancora manifestata in tutta la sua evidenza, c’è stato un incremento del 48,1 per cento, largamente superiore alla crescita rilevata in regione (+9,6 per cento). Secondo le elaborazioni di Prometeia, nel 2013 l’export piacentino ha inciso in termini reali per il 44,5 per cento del valore aggiunto, a fronte della media regionale del 39,4 per cento. Cinque anni prima si aveva una quota del 32,8 per cento. In regione Piacenza si è collocata a ridosso delle province più orientate all’export, alle spalle di Parma (44,7 per cento), Modena (49,7 per cento) e Reggio Emilia (56,9 per cento). In ambito regionale la provincia di Piacenza ha evidenziato l’incremento percentuale più sostenuto, consolidando l’apprezzabile aumento del 2012 (+18,5 per cento). Esportazioni delle province dell’Emilia-Romagna, Nord-est e Italia. Anni 2012 – 2013. Valori in euro (a). Var % Quota % Quota % 2012 Territorio 2012 2012 2013 2013 2013 Piacenza 3.159.391.714 6,4 3.491.620.644 6,9 10,5 Parma 5.525.074.865 11,2 5.670.687.931 11,2 2,6 Reggio nell'Emilia 8.450.622.657 17,1 8.600.143.984 16,9 1,8 Modena 10.458.217.534 21,1 10.719.810.278 21,1 2,5 Bologna 11.229.668.889 22,7 11.472.644.852 22,6 2,2 Ferrara 2.391.772.842 4,8 2.264.116.316 4,5 -5,3 Ravenna 3.562.293.792 7,2 3.691.497.787 7,3 3,6 Forlì Cesena 2.849.409.860 5,8 3.018.756.916 5,9 5,9 Rimini 1.853.095.628 3,7 1.858.399.424 3,7 0,3 Emilia-Romagna 49.479.547.781 12,7 50.787.678.132 13,0 2,6 Italia Nord-Orientale 119.042.454.207 30,5 121.928.860.541 31,3 2,4 Totale Italia 390.182.091.869 389.854.168.017 -0,1 (a) Quote provinciali calcolate sul totale regionale. Quote Emilia-Romagna e Nord-est su totale Italia. Fonte: Istat ed elaborazione Centro studi e monitoraggio dell’economia statistica Unioncamere Emilia-Romagna. Secondo lo scenario di Prometeia-Unioncamere Emilia-Romagna di fine febbraio, c’è stata una crescita reale dell’export pari al 7,6 per cento, a fronte dell’aumento del 16,3 per cento riscontrato nell’anno precedente. Dall’incrocio tra i dati espressi a valori correnti e quelli reali emerge una leggera riduzione dei prezzi impliciti all’esportazione (-0,1 per cento), che sembra sottintendere politiche commerciali piuttosto attente, soprattutto alla luce della forza della moneta unica. Il ciclo dell’export piacentino è apparso in crescita per tutto il corso dell’anno, con l’unica eccezione del mese di marzo che ha registrato una flessione tendenziale del 10,5 per cento. La seconda metà dell’anno ha riservato un andamento più espansivo (+16,5 per cento) rispetto alla prima (+4,3 per cento), in linea con quanto avvenuto in regione e nel Paese. L’export per settori Il settore più importante, vale a dire l’industria metalmeccanica, nel 2013 ha fatto registrare un incremento del 5,1 per cento rispetto all’anno precedente, superiore al corrispondente incremento regionale del 2,7 per cento. La crescita è apparsa in rallentamento rispetto all’evoluzione del 2012 (+13,6 per cento), ma ha consentito al 2013 di evidenziare un livello superiore del 21,3 per cento a quello del 2007, prima che la Grande Crisi esplodesse in tutta la sua evidenza. La relativa frenata dell’export metalmeccanico, che ha rappresentato circa il 62 per cento del totale contro la media regionale del 56,1 per cento, è stata determinata dai cali rilevati nei prodotti metallurgici e, soprattutto, nei mezzi di trasporto diversi dagli autoveicoli. La voce più consistente come valore, rappresentata da prodotti tecnologicamente avanzati quali le macchine e apparecchiature nca, ha invece chiuso il 2013 con un incremento più che lusinghiero (+12,7 16 Outlook Fondo monetario internazionale di gennaio 2014. 68 Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013 per cento), oltre che in accelerazione rispetto al 2012 (+10,2 per cento). In tale ambito è da evidenziare il buon andamento del comparto delle “macchine di impiego generale (+22,5 per cento) e delle “altre macchine per impieghi speciali” (+18,5 per cento), voce questa che comprende macchinari destinati all’attività di svariate industrie. Questi prodotti, a elevato contenuto tecnologico, nel 2013 sono stati prevalentemente destinati ai mercati extraUe (83,5 per cento), soprattutto asiatici (43,2 per cento). Il principale acquirente è stato l’Iraq (22,2 per cento del totale), che ha acquistato macchine a impiego speciale per più di 89 milioni di euro, quintuplicando gli acquisti del 2012. Secondo cliente la Russia (6,5 per cento del totale), il cui export è aumentato del 51,9 per cento. Terzo mercato quello statunitense, che è apparso ancora più dinamico (+109,9 per cento) e trattandosi di un paese evoluto dal punto di vista tecnologico, la performance delle macchine a impiego speciale piacentine assume una valenza ancora più positiva. I prodotti della moda costituiscono la seconda voce per importanza dell’export piacentino, con un’incidenza del 19,0 per cento sul totale, largamente superiore alla corrispondente quota regionale del 10,7 per cento. Commercio estero della provincia di Piacenza. Anno 2013. Importi in euro. Variazioni percentuali sull’anno precedente. Divisioni ATECO2007 AA01-Prodotti agricoli, animali e della caccia AA02-Prodotti della silvicoltura AA03-Prodotti della pesca e dell'acquacoltura BB05-Carbone (esclusa torba) BB06-Petrolio greggio e gas naturale BB07-Minerali metalliferi BB08-Altri minerali da cave e miniere CA10-Prodotti alimentari CA11-Bevande CA12-Tabacco CB13-Prodotti tessili CB14-Articoli di abbigliamento (anche in pelle e in pelliccia) CB15-Articoli in pelle (escluso abbigliamento) e simili CC16-Legno e prodotti in legno e sughero (esclusi i CC17-Carta e prodotti di carta CC18-Prodotti della stampa e della riproduzione di supporti CD19-Coke e prodotti derivanti dalla raffinazione del CE20-Prodotti chimici CF21-Prodotti farmaceutici di base e preparati farmaceutici CG22-Articoli in gomma e materie plastiche CG23-Altri prodotti della lavorazione di minerali non CH24-Prodotti della metallurgia CH25-Prodotti in metallo, esclusi macchinari e attrezzature CI26-Computer e prodotti di elettronica e ottica; apparecchi CJ27-Apparecchiature elettriche e apparecchiature per uso CK28-Macchinari e apparecchiature nca CL29-Autoveicoli, rimorchi e semirimorchi CL30-Altri mezzi di trasporto CM31-Mobili CM32-Prodotti delle altre industrie manifatturiere Altri prodotti Totale Import Comp. % 41.732.313 1.210.802 72.995 0 1.835 6.182 1.753.766 331.578.388 3.386.576 147 130.831.253 193.154.830 60.142.074 37.187.570 68.834.767 17.642 566.767 113.583.970 12.425.632 97.197.840 64.647.516 183.217.576 120.757.749 182.519.281 261.464.694 258.567.536 185.787.912 59.607.747 319.444.209 66.998.949 68.350.611 2.865.049.129 1,5 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,1 11,6 0,1 0,0 4,6 6,7 2,1 1,3 2,4 0,0 0,0 4,0 0,4 3,4 2,3 6,4 4,2 6,4 9,1 9,0 6,5 2,1 11,1 2,3 2,4 100,0 Var. % -4,7 -28,0 4,2 -20,3 11,8 -7,0 818,8 16,6 1,8 55,4 2,7 6,0 15,8 31,1 22,4 55,4 7,5 -1,0 -4,4 29,6 -7,5 20,1 31,7 -23,8 -45,3 7,4 56,0 25,6 6,5 Export Comp. % 5.650.624 41.910 14.397 1.331 0 95 286.220 156.814.945 10.469.378 0 77.401.952 444.550.553 140.275.973 16.893.497 12.730.162 561.327 662.316 19.998.656 31.531.609 115.226.179 48.362.443 294.147.390 107.705.224 105.462.103 203.091.546 1.164.841.113 270.899.377 30.695.512 147.210.774 48.116.336 37.977.702 3.491.620.644 0,2 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 4,5 0,3 0,0 2,2 12,7 4,0 0,5 0,4 0,0 0,0 0,6 0,9 3,3 1,4 8,4 3,1 3,0 5,8 33,4 7,8 0,9 4,2 1,4 1,1 100,0 Var. % -7,7 56,1 5,8 -13,9 -3,0 32,7 21,4 41,3 12,1 2,0 -1,5 9,6 -50,7 -4,3 -6,7 9,0 -6,0 -7,7 3,5 42,9 3,7 12,7 1,6 -60,9 40,1 46,3 38,2 10,5 Fonte: Istat ed elaborazione Centro studi e monitoraggio dell’economia e statistica Unioncamere Emilia-Romagna. Nel 2013 il valore dell’export di tali prodotti è ammontato a circa 662 milioni e 228 mila euro, che sono equivalsi all’11,6 per cento del corrispondente totale regionale. E’ da notare che in termini d’addetti il sistema moda piacentino, secondo la rilevazione di Smail (Sistema di monitoraggio annuale delle imprese e del lavoro) ha inciso per l’1,8 per cento del totale regionale, mentre in termini d’imprese attive la quota si è attestata al 2,8 per cento. Sembrerebbe in sostanza esistere una sproporzione che va spiegata con la crescita progressiva dell’attività del polo logistico. In effetti ad esportare risultano essere non tanto imprese produttrici quanto imprese di commercio all’ingrosso. Rispetto al 2012 è stato registrato un incremento del 31,5 per cento (+3,7 per cento in regione), che ha consolidato la forte crescita emersa nel 2012 (+85,0 per cento). La voce più consistente rappresentata dagli “articoli di abbigliamento, escluso l'abbigliamento in pelliccia” (ha inciso per il 60,5 per cento dei prodotti della moda) ha registrato un aumento del 40,5 per cento e anche in questo caso è da rilevare il consolidamento nei confronti del 2012, quando l’export aumentò del 122,0 per cento. Se approfondiamo l’andamento di questi prodotti per i mercati di destinazione, possiamo notare che i principali acquirenti degli “articoli di abbigliamento, escluso l'abbigliamento in pelliccia” sono Francia, Germania e Regno Unito che nel 2013 hanno importato, assieme, circa la metà della vendite 69 Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013 all’estero. Il principale cliente, ovvero la Francia, ha accresciuto i propri acquisti del 54,2 per cento. Germania e Regno Unito sono cresciute a tassi più contenuti, ma comunque elevati, pari rispettivamente al 36,4 e 36,7 per cento. Il quarto cliente, cioè la Spagna, è aumentato del 57,3 per cento. Unico neo, fra i principali acquirenti, la battuta d’arresto della Russia, i qui acquisti sono rimasti pressoché invariati. Il terzo settore per importanza è rappresentato dai prodotti alimentari, bevande e tabacco, la cui quota, pari al 4,8 per cento del totale dell’export piacentino, è apparsa inferiore a quella regionale del 9,0 per cento. Nel 2013 le relative vendite all’estero sono leggermente calate (-1,3 per cento) rispetto all’anno precedente, consolidando la diminuzione rilevata nel 2012 (-6,2 per cento). A trascinare verso il basso l’export alimentare sono stati i prodotti lattiero-caseari e la “carne lavorata e conservata e prodotti a base di carne”, con diminuzioni rispettivamente pari al 12,3 e 16,0 per cento. Nelle rimanenti voci solo aumenti, che hanno assunto una certa rilevanza nelle “granaglie, amidi e di prodotti amidacei” (+48,5 per cento) e negli “oli e grassi vegetali e animali” (+72,0). Da evidenziare infine il buon andamento delle bevande (sono compresi i vini), il cui export si è avvicinato ai 10 milioni e mezzo di euro, superando del 32,7 per cento l’importo del 2012. I mercati di sbocco L’export piacentino è apparso in crescita nella maggioranza dei continenti, con le eccezioni, come vedremo in seguito, di Africa e Oceania-altri territori. L’Unione Europea a 28 paesi resta il principale acquirente dei prodotti piacentini, con una quota pari al 51,2 per cento delle merci esportate. Rispetto alla situazione dei dieci anni precedenti - i dati sono stati resi omogenei tenendo conto dei nuovi paesi membri - l’Unione Europea a 28 paesi ha visto ridurre la propria incidenza di quasi tre punti percentuali, non tanto per un proprio calo, bensì per il maggiore dinamismo palesato da altre aree, in primis il continente asiatico, la cui quota, pari al 24,3 per cento (16,0 per cento in regione), è migliorata di quasi sette punti percentuali. Nel 2013 l'export verso i paesi dell’Unione europea a 28 paesi è apparso in aumento del 9,3 per cento rispetto all’anno precedente (-0,3 per cento in Emilia-Romagna), consolidando il recupero in atto dal 2010 dopo il crollo del 2009, l’anno della Grande Crisi, quando il valore delle esportazioni scese del 19,8 per cento rispetto all’anno precedente. Nelle rimanenti aree geografiche è da evidenziare la performance del continente asiatico, il cui incremento del 30,8 per cento è apparso assai più elevato del corrispondente dato regionale (+5,0 per cento). Anche le vendite destinate al continente americano hanno evidenziato un buon andamento (+9,1 per cento), valendosi del contributo sia del Nord - America (+11,0 per cento) che dell’America latina (+6,3 per cento). Come accennato in precedenza, Africa e Oceania, compresi altri territori, hanno ridotto le importazioni di merci piacentine rispettivamente del 13,8 e 13,1 per cento, ma si tratta di mercati che assieme hanno inciso per appena il 6 per cento circa del totale. Se analizziamo nel dettaglio i flussi verso l’Unione europea a 28 paesi, possiamo notare che nel 2013 la provincia di Piacenza ha esportato principalmente prodotti metalmeccanici (49,4 per cento) soprattutto macchine e apparecchiature non altrove classificate (20,5 per cento). Seguono i prodotti della moda (28,0 per cento del totale) e quelli alimentari, comprese le bevande (7,5 per cento). E’ stata in sostanza rispettata la “gerarchia” commentata in precedenza riguardo l’export complessivo, con andamenti che non hanno tuttavia rispecchiato l’andamento generale, se si considera che i prodotti metalmeccanici hanno accusato una diminuzione dello 0,4 per cento, dovuta al calo dello 0,9 per cento, accusato dalla voce più consistente, cioè le macchine e apparecchi meccanici nca. I prodotti della moda si sono invece conformati all’evoluzione generale, con un aumento del 34,6 per cento, mentre quelli alimentari hanno subito una diminuzione del 4,0 per cento, più elevata di quella generale (-1,3 per cento). La Germania è il principale acquirente mondiale delle merci piacentine. Nel 2013 ha inciso per l’11,3 per cento del totale, contro il, 12,3 per cento della media regionale. I tedeschi comprano prevalentemente prodotti metalmeccanici, anche se in proporzioni più contenute rispetto alle aree emergenti e in via di sviluppo (55,6 per cento). Nel 2013 c’è stato un moderato aumento (+3,7 per cento), dovuto alla frenata imposta dalle flessioni di autoveicoli, rimorchi e semirimorchi (20,4 per cento) e “apparecchiature elettriche e apparecchiature per uso domestico non elettriche” (-5,5 per cento). I prodotti della moda sono assai graditi, avendo inciso per un quinto dell’export. Rispetto al 2012 è stato registrato un aumento del 38,4 per cento. Tra i rimanenti prodotti hanno un peso rilevante gli “articoli in gomma e materie plastiche” (7,4 per cento), che hanno goduto di una favorevole congiuntura (+8,7 per cento). In un mercato potenzialmente ricco quale quello nord-americano, le esportazioni sono cresciute dell’11,0 per cento, (+13,0 per cento in Emilia-Romagna), consolidando il recupero in atto dal 2011. La crescita del Pil sia statunitense (+1,9 per cento) che canadese (+1,7 per cento) può avere favorito tale andamento. Si tratta di un export che verte soprattutto sui prodotti metalmeccanici, che hanno rappresentato l’89,0 per cento del totale del mercato nord-americano. Nel 2013 sono aumentati in valore del 13,4 per cento, rispecchiando l’evoluzione del 2012. La voce più importante, a elevato valore aggiunto, quale i “macchinari e apparecchiature non classificate altrove” (22,1 per cento del totale nord-americano), ha evidenziato un incremento del 22,1 per cento, recuperando ampiamente sulla diminuzione del 2,9 per cento rilevata nel 2012. 70 Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013 Provincia di Piacenza: export per aree geografiche e Ue a 28 paesi. Periodo 1995 – 2013. Valori in euro. Anni 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 Europa 618.184.016 664.764.039 764.570.161 801.982.668 773.188.348 813.199.875 865.253.048 839.671.130 851.699.352 943.118.500 1.003.839.447 1.146.517.458 1.553.752.527 1.478.162.447 1.166.662.692 1.267.548.686 1.706.309.508 2.008.618.135 2.154.427.425 Di cui: UE a 28 564.014.729 601.719.190 683.879.459 721.308.879 691.090.816 697.967.769 755.597.379 732.242.142 742.817.224 813.969.717 838.236.622 929.456.691 1.265.461.816 1.178.144.834 944.470.967 1.060.219.516 1.375.163.923 1.635.668.514 1.788.497.878 Di cui: Europa extra UE a 28 54.169.287 63.044.849 80.690.702 80.673.789 82.097.532 115.232.106 109.655.669 107.428.988 108.882.128 129.148.783 165.602.825 217.060.767 288.290.711 300.017.613 222.191.725 207.329.170 331.145.585 372.949.621 365.929.547 Africa America 47.435.112 60.282.945 59.051.649 63.363.228 55.885.255 53.483.244 65.627.126 89.172.083 87.547.271 85.418.199 175.629.158 157.182.384 185.554.589 232.090.106 209.952.136 168.055.721 155.315.999 208.455.170 179.681.029 66.086.854 60.199.578 94.871.974 109.882.278 112.645.735 132.069.287 131.892.724 145.024.850 110.511.380 109.767.024 169.432.670 228.258.561 202.626.909 247.059.761 130.381.326 165.645.609 226.430.628 245.262.935 267.468.577 Di cui: America Settentrionale 45.148.856 37.560.622 54.428.427 53.929.018 63.327.412 89.377.639 82.116.784 97.598.905 79.627.194 74.172.296 123.626.042 148.566.402 126.269.503 145.310.239 89.274.492 73.108.717 124.994.116 143.640.659 159.394.502 Di cui: America Centromeridionale 20.937.998 22.638.956 40.443.547 55.953.260 49.318.323 42.691.648 49.775.940 47.425.945 30.884.186 35.594.728 45.806.628 79.692.159 76.357.406 101.749.522 41.106.834 92.536.892 101.436.512 101.622.276 108.074.075 Asia 96.984.785 106.593.848 99.165.018 99.922.054 98.584.090 127.659.772 171.197.305 169.351.606 168.714.721 183.294.573 221.425.910 350.019.067 381.971.825 488.289.206 563.886.034 372.254.730 557.521.808 647.373.516 846.890.374 Oceania e altri territori 10.000.774 9.668.720 9.570.217 6.531.404 7.548.638 8.333.052 8.395.518 9.685.987 12.131.445 8.976.391 14.249.000 15.785.157 33.055.981 27.049.185 17.112.341 13.513.638 19.519.154 49.681.958 43.153.239 Mondo 838.691.541 901.509.130 1.027.229.019 1.081.681.632 1.047.852.066 1.134.745.230 1.242.365.721 1.252.905.656 1.230.604.169 1.330.574.687 1.584.576.185 1.897.762.627 2.356.961.831 2.472.650.705 2.087.994.529 1.987.018.384 2.665.097.097 3.159.391.714 3.491.620.644 Fonte: Istat ed elaborazione Centro studi e monitoraggio dell’economia e statistica di Unioncamere Emilia-Romagna. L’America Centro-meridionale è apparsa meno dinamica di quella settentrionale, con un aumento delle esportazioni pari al 6,3 per cento. Si tratta di un mercato che è in ripresa dal 2010, dopo la caduta del 2009, quando l’export subì una flessione del 59,6 per cento rispetto all’anno precedente. Nel 2013 ha assorbito il 3,1 per cento dell’export piacentino, al di sotto della quota media del quinquennio precedente (3,6 per cento). Si tratta di un mercato che ha analogie con quello nord-americano, poiché acquista prevalentemente prodotti metalmeccanici (85,1 per cento), soprattutto macchine e apparecchiature non altrove classificate (67,3 per cento). Nel 2013 l’export di questi prodotti è cresciuto dell’11,8 per cento, senza tuttavia riuscire a colmare completamente la flessione emersa nel 2012. Per le macchine e apparecchiature nca l’aumento è apparso più consistente (+36,5 per cento), ma in questo caso c’è stato un recupero della diminuzione del 23,8 per cento riscontrata nel 2012. La forte penetrazione di macchine e apparecchiature nca, che spesso comportano prodotti tecnologicamente avanzati, è una peculiarità delle aree emergenti o in via di sviluppo quale è il mercato dell’America centro-meridionale. I prodotti della moda hanno costituito il 10,2 delle vendite nel Centro-america, in misura largamente superiore alla corrispondente quota del mercato nord-americano (2,0 per cento). Il 2013 si è chiuso negativamente (-5,7 per cento), dopo la performance registrata nel 2012, quando l’export quadruplicò. A determinare il calo sono stati gli “articoli in pelle (escluso abbigliamento) e simili”, nei quali sono comprese le calzature (-16,7 per cento). Circa un quarto dell’export verso l’America latina è stato destinato al Brasile, uno dei paesi del gruppo Bricst di cui fanno parte Russia, India, Cina, Sudafrica e Turchia, vale a dire nazioni dalle enormi potenzialità di sviluppo. Nel 2013 il più vasto paese del Sudamerica ha accresciuto del 18,5 per cento il proprio import di prodotti piacentini (+10,3 per cento in regione), in misura assai più ampia rispetto all’andamento continentale (+6,3 per cento). L’ottima intonazione del mercato brasiliano è stata determinata dalla vivacità della voce più importante, rappresentata dai prodotti metalmeccanici (92,0 per cento del totale), il cui export è cresciuto del 33,8 per cento. A tale performance ha contribuito il forte aumento delle macchine e apparecchiature nca (+65,7 per cento), arrivate a coprire quasi il 70 per cento delle vendite sul mercato brasiliano. Il continente asiatico ha offerto grandi opportunità all’export piacentino. Nel 2013 come accennato in precedenza, è quello che è cresciuto maggiormente. La relativa quota sul totale dell’export della provincia di Piacenza è stata del 24,3 per cento (17,4 per cento in regione) superando di circa tre punti percentuali la quota media del quinquennio precedente. Per inciso il continente asiatico è stato il solo che nell’anno della Grande Crisi aveva aumentato i propri acquisti rispetto al 2008. L’Asia è anch’essa una forte acquirente di prodotti a elevato contenuto tecnologico. Nel 2013 le “macchine e apparecchiature non altrove classificate”, che hanno rappresentato più della metà del totale dell’export verso l’Asia, hanno beneficiato di un incremento del 43,7 per cento, largamente superiore all’aumento medio del 30,8 per cento e a quello della totalità dei prodotti metalmeccanici (+28,2 per cento). Oltre ai prodotti metalmeccanici, il continente asiatico è un abituale acquirente di prodotti della moda (9,2 per cento la relativa quota) che nel 2013 sono cresciuti del 32,8 per cento, consolidando la performance del 2012, quando il valore delle merci vendute era quasi raddoppiato rispetto all’anno precedente. 71 Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013 Quote di export 2001 Quote di export 2013 0,7 4,0 1,2 Europa 13,8 Europa 24,3 Africa 6,6 5,3 69,6 America settentrionale America centromerid. Asia Africa 3,1 61,7 4,6 5,1 America settentrionale America centromerid. Asia Fonte: Istat ed elaborazione Centro studi e monitoraggio dell’economia e statistica di Unioncamere Emilia-Romagna. Se apriamo una finestra sulla Cina, che rappresenta la maggiore economia emergente del mondo, possiamo notare che nel 2013 il colosso cinese ha assorbito il 12,9 per cento dell’export piacentino destinato al continente asiatico, in misura più ridotta rispetto alla media regionale del 17,4 per cento. Nel 2013 le esportazioni della provincia di Piacenza verso la Cina hanno segnato il passo (-10,4 per cento), consolidando l’andamento negativo del 2012 (-7,0 per cento). Segno contrario per la regione, che è stata caratterizzata da una crescita del 3,6 per cento. Piacenza si è pertanto distinta negativamente e tutto ciò è maturato in uno scenario di forte crescita del Pil cinese (+7,7 per cento nel 2013). Su tale andamento ha avuto un ruolo decisivo la battuta d’arresto della voce più importante, rappresentata dai prodotti della meccanica, che dominano il mercato cinese (95,8 per cento del totale). Nel 2013 i prodotti metalmeccanici hanno accusato una diminuzione del 10,1 per cento del valore dell’export, che scende all’8,9 per cento nell’ambito delle sole macchine e apparecchiature nca, la cui quota si è attestata al 65,9 per cento. Un’ultima annotazione relativa al mercato asiatico riguarda l’export verso l’India, altro mercato dalle interessanti prospettive del gruppo dei Bricst. Analogamente a quanto osservato per la Cina, la provincia di Piacenza registra una quota di export sul totale del continente asiatico più ridotta rispetto a quella regionale: 3,9 per cento contro 5,3 per cento. Come tutti i paesi emergenti o in via di sviluppo, l’India acquista prevalentemente prodotti metalmeccanici (91,4 per cento), soprattutto macchine e apparecchiature meccaniche (67,5 per cento). Nel 2013 Piacenza ha ridotto il proprio export del 26,1 per cento (-7,0 per cento in regione) e su questo calo, avvenuto in uno scenario di crescita del Pil (+4,4 per cento) ha pesato, e non poteva essere altrimenti, la flessione del 26,6 per cento dei prodotti metalmeccanici. Una migliore tenuta è stata evidenziata dalle macchine e apparecchiature nca (-1,8 per cento), la cui incidenza sul totale dell’export verso l’India è stata del 67,5 per cento. L’export verso il continente africano è diminuito del 13,8 per cento (+7,6 per cento in Emilia-Romagna), con conseguente riduzione della relativa quota al 5,1 per cento, rispetto al valore medio dell’8,1 per cento del quinquennio 2008-2012. Sulla diminuzione ha pesato il riflusso dell’export verso i paesi africani diversi da quelli della zona settentrionale (-36,8 per cento). Tale ridimensionamento è stato in parte causato dalla pronunciata flessione del Sudafrica (-48,6 per cento), che ha rappresentato circa un quinto dell’export verso i paesi africani non settentrionali. Tale andamento, che è maturato in uno scenario di moderata crescita del Pil (+1,8 per cento), è stato determinato dalla flessione dei prodotti metalmeccanici (-53,8 per cento), trainata dal forte ridimensionamento dei prodotti metallurgici, il cui valore è sceso a circa mezzo milione di euro contro i 13 milioni e 669 mila euro del 2012. Verso i paesi dell’Africa settentrionale l’export è aumentato del 16,9 per cento. L’instabilità politica che ha caratterizzato alcuni paesi dell’area non ha avuto pertanto effetti negativi. Verso la Libia, ad esempio, Piacenza ha aumentato l’export del 73,4 per cento, nei confronti dell’Egitto del 136,1 per cento. I prodotti metalmeccanici l’hanno fatta da padrone (78,7 per cento del totale), con un incremento del 13,2 per cento rispetto al 2012. E’ da evidenziare l’incidenza degli autoveicoli, rimorchi e semirimorchi (35,2 per cento), il cui export è aumentato del 28,6 per cento. 72 Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013 IL CREDITO Lo scenario generale Il perdurare della fase recessiva avviata negli ultimi mesi del 2011 ha caratterizzato lo scenario economico del 2013. Per il Prodotto interno lordo nazionale si prospetta una diminuzione in termini reali dell’1,9 per cento. In questo scenario, l’economia della provincia di Piacenza è destinata a subire, secondo le previsioni di Prometeia-Unioncamere Emilia-Romagna, una riduzione reale del valore aggiunto ai prezzi di base pari all’1,4 per cento, più elevata di quella prospettata per l’Emilia-Romagna (-1,1 per cento). Il sistema creditizio, e non poteva essere diversamente, ha risentito del clima recessivo. La flessione dei prestiti è stata costante, riflettendo da un lato la debolezza della domanda e, dall’altro, politiche di offerta restrittive, soprattutto nei confronti delle piccole imprese. Come evidenziato dalla Banca d’Italia, le banche a causa del costante aumento delle sofferenze, hanno dovuto accrescere le rettifiche di valore a fronte del rischio di credito, tuttavia, in rapporto al totale dei prestiti deteriorati, esse sono risultate in calo. Sul fronte dei tassi, in uno scenario di alleggerimento dello spread con i bund tedeschi, il sistema bancario ha reso meno pesanti le condizioni proposte alle imprese, ma il costo del credito ha continuato a essere superiore a quello medio dell’area dell’euro, anche se il differenziale tra il tasso applicato sui nuovi finanziamenti alle imprese concessi in Italia e il corrispondente dato per l’area dell’euro è diminuito di 20 punti base, portandosi a 70. Anche il costo medio dei nuovi mutui alle famiglie è lievemente diminuito, al 3,5 per cento. Il relativo differenziale rispetto alla media dell’area si è ridotto di circa 20 punti base, portandosi a 45 in novembre. Il taglio dei tassi ufficiali della BCE d’inizio novembre, con tutta probabilità ha contribuito alla riduzione del costo del credito. Le banche italiane hanno migliorato ulteriormente la propria posizione patrimoniale, nonostante la redditività sia apparsa contenuta. La raccolta al dettaglio del sistema bancario si è confermata solida, mentre sono stati registrati alcuni segnali di ritorno della fiducia degli investitori internazionali verso gli intermediari italiani. Il rapporto tra banche e imprese piacentine ha continuato a proporre criticità. I tassi applicati sono stati giudicati onerosi dalla maggioranza delle imprese (64,6 per cento), in misura tuttavia meno pesante rispetto a un anno prima (74,6 per cento). Anche il costo complessivo del finanziamento è stato considerato oneroso dalla maggioranza delle imprese (63,1 per cento), ma in questo caso il clima è apparso sostanzialmente lo stesso di un anno prima (63,6 per cento). Il perdurare della recessione ha indotto le banche a cautelarsi maggiormente nei confronti della clientela, richiedendo sempre più garanzie e anche in questo caso c’è stata una prevalenza d’imprese insoddisfatte sotto tale aspetto (59,2 per cento), sia pure in misura più contenuta rispetto al 2012 (68,6 per cento). Il finanziamento dell’economia. In uno scenario recessivo, il sistema bancario piacentino ha ridotto la consistenza dei prestiti concessi, in linea con quanto avvenuto in regione e nel Paese. Gli impieghi “vivi”, che corrispondono ai finanziamenti erogati alla clientela residente, (non sono comprese le Istituzioni monetarie e finanziarie) al netto delle sofferenze e dei pronti contro termine, a fine dicembre 2013 sono diminuiti tendenzialmente del 6,8 per cento, in misura tuttavia più contenuta rispetto al trend dei dodici mesi precedenti (-7,6 per cento). Se il confronto è effettuato tra la media delle consistenze mensili 2013 con quella 2012, si ha una flessione del 7,7 per cento, più elevata delle corrispondenti diminuzioni registrate in Emilia-Romagna (-5,4 per cento) e Italia (-4,6 per cento). Il sistema bancario piacentino ha pertanto dato una stretta al credito largamente superiore a quella di altre aree della regione. In tale ambito, solo le province di Reggio Emilia e Parma hanno registrato una riduzione media annua più elevata, pari rispettivamente all’8,5 e 8,2 per cento. Il ridimensionamento di Piacenza è stato soprattutto determinato dal gruppo delle imprese e famiglie produttrici, i cui impieghi “vivi” a dicembre 2013 sono diminuiti dell’8,5 per cento rispetto a un anno prima, in termini più ampi rispetto al calo rilevato in regione (-7,8 per cento), ma inferiori in rapporto alla media nazionale (-9,2 per cento). Sotto l’aspetto della dimensione, sono state le imprese più strutturate, con almeno 20 addetti, ad accusare la flessione più accentuata (-9,1 per cento), a fronte del calo del 7,1 per 17 cento rilevato nel gruppo delle “quasi società non finanziarie” con meno di 20 addetti e famiglie produttrici. Ogni ramo di attività economica ha ridotto la consistenza dei finanziamenti. I cali più sostenuti hanno 17 Per quasi società s’intendono quelle unità che, pur essendo prive di personalità giuridica, dispongono di contabilità completa e hanno un comportamento economico separabile da quello dei proprietari; esse comprendono le società in nome collettivo e in accomandita semplice, nonché le società semplici e di fatto e le imprese individuali con più di 5 addetti. 73 Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013 riguardato le attività dell’industria in senso stretto (-11,4 per cento) e le costruzioni (-9,3 per cento), mentre i servizi sono stati relativamente meno colpiti (-8,4 per cento). I tagli degli impieghi “vivi” si sono coniugati alle diminuzioni reali del valore aggiunto dei vari rami d’attività, che nell’edilizia hanno assunto proporzioni piuttosto ampie (-5,9 per cento), in linea con quanto avvenuto in regione. Se il mondo delle imprese ha visto ridurre il proprio stock d’impieghi “vivi”, altrettanto è avvenuto, ma in misura relativamente meno accentuata, per il gruppo delle “Famiglie consumatrici, assieme alle Istituzioni sociali private”, che a dicembre 2013 ha registrato una diminuzione tendenziale del 3,0 per cento. Il calo è apparso più accentuato rispetto a quanto emerso sia in Emilia-Romagna (-2,2 per cento) che in Italia (-1,9 per cento). In regione soltanto le province di Ferrara e Reggio Emilia hanno registrato diminuzioni più elevate rispettivamente pari al 3,2 e 3,8 per cento. Impieghi “vivi” per settore di attività economica. Provincia di Piacenza. Milioni di euro. Mesi giu 2012 lug ago set ott nov dic gen 2013 feb mar apr mag giu lug ago set ott nov dic Clientela ordinaria residente escluso le IFM Totale Ateco al netto della sez. U comprese le attività non produttive Imprese e famiglie produttrici Variazione % su stesso mese anno preced. 7.232,5 7.252,2 7.200,4 7.115,4 7.051,0 7.042,8 6.988,1 6.974,1 6.895,0 6.752,8 6.751,8 6.716,0 6.669,8 6.662,4 6.584,1 6.642,7 6.559,6 6.501,2 6.511,6 -3,5 -2,6 -2,8 -5,2 -5,9 -6,2 -5,7 -6,8 -7,2 -8,0 -8,5 -8,7 -7,8 -8,1 -8,6 -6,6 -7,0 -7,7 -6,8 Totale ateco al netto della sezione U 4.640,2 4.669,8 4.624,2 4.538,9 4.486,7 4.495,4 4.460,0 4.463,8 4.397,0 4.260,8 4.272,4 4.229,2 4.192,2 4.213,7 4.135,6 4.181,2 4.108,4 4.067,5 4.080,4 Variazione % su stesso mese anno Attività preced. industriali -5,8 -4,2 -4,5 -7,2 -7,9 -7,8 -6,5 -8,2 -8,8 -10,1 -10,7 -11,1 -9,7 -9,8 -10,6 -7,9 -8,4 -9,5 -8,5 1.506,9 1.527,7 1.508,4 1.455,1 1.418,0 1.424,1 1.425,0 1.428,3 1.401,1 1.366,5 1.382,6 1.357,8 1.339,4 1.355,1 1.311,7 1.320,2 1.278,1 1.262,3 1.262,0 Variazione % su stesso mese anno preced. Servizi -8,9 -6,6 -5,6 -10,2 -12,5 -12,2 -8,8 -12,2 -13,4 -12,7 -12,5 -13,3 -11,1 -11,3 -13,0 -9,3 -9,9 -11,4 -11,4 1.913,7 1.925,4 1.908,9 1.878,4 1.868,5 1.867,3 1.846,3 1.842,3 1.816,3 1.722,5 1.715,8 1.704,7 1.715,0 1.707,2 1.679,8 1.711,0 1.687,6 1.678,9 1.690,4 Variazione % su stesso mese anno preced. Costruzioni -3,7 -2,2 -3,4 -6,0 -5,8 -6,5 -6,0 -7,5 -7,4 -11,6 -13,0 -13,4 -10,4 -11,3 -12,0 -8,9 -9,7 -10,1 -8,4 678,2 675,5 664,4 661,8 651,3 649,9 639,6 646,5 639,6 631,6 636,1 628,1 596,7 610,1 606,7 603,6 598,0 585,9 580,3 Variazione % su stesso mese anno preced. -9,3 -7,4 -8,6 -9,3 -9,8 -9,1 -8,3 -8,3 -9,1 -9,0 -8,2 -8,3 -12,0 -9,7 -8,7 -8,8 -8,2 -9,9 -9,3 Fonte: Banca d’Italia. Alla base della riduzione degli impieghi “vivi” delle famiglie piacentine non è stato estraneo l’ampio riflusso dei mutui finalizzati all’acquisto dell’abitazione, le cui erogazioni nel 2013 sono diminuite del 14,7 per cento rispetto all’anno precedente (+0,8 per cento in regione). Un altro contributo può essere inoltre venuto dai prestiti finalizzati all’acquisto di beni durevoli, le cui erogazioni, in una fase di calo dei consumi, sono scese del 15,7 per cento (-12,1 per cento in regione). I finanziamenti per cassa I finanziamenti per cassa rappresentano un altro anello della catena dei finanziamenti all’economia. Corrispondono all’ammontare dei crediti per cassa, al netto delle sofferenze, censiti dalla Centrale dei rischi, 18 accordati o erogati dagli intermediari segnalanti . L’utilizzato delle somme accordate dalle banche ai propri clienti si differenzia dagli impieghi per l’assenza delle sofferenze e per la presenza dei pronti contro termine. I finanziamenti per cassa rappresentano nella sostanza una variabile assai prossima ai prestiti “vivi” commentati in precedenza, con la “tara” dei pronti contro termine. 19 I dati aggiornati a settembre 2013 hanno evidenziato una nuova battuta d’arresto dell’accordato operativo , 18 L’aggregato comprende le operazioni autoliquidanti, a revoca, a scadenza oltre ai finanziamenti a procedura concorsuale 19 Ammontare del credito direttamente utilizzabile dal cliente in quanto riveniente da un contratto perfezionato e 74 Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013 rappresentata da un calo tendenziale del 6,4 per cento, che ha consolidato la fase negativa in atto dai primi tre mesi del 2010. In regione c’è stata tuttavia una flessione più accentuata pari al 9,6 per cento. Il sistema bancario piacentino ha pertanto tirato il freno in termini di quantità di credito disponibile, ma in misura meno evidente rispetto ad altre province della regione. Non a caso, come rilevato dall’indagine 20 dell’Istituto Guglielmo Tagliacarne , la percentuale di imprese che ha giudicato inadeguata la quantità di credito messa a disposizione dalle banche, è ammontata in provincia al 43,8 per cento contro il .45,4 per cento che l’ha invece considerata adeguata. In Emilia-Romagna la percentuale di “scontenti” è invece apparsa largamente prevalente (55,3 per cento) rispetto alle imprese soddisfatte (36,7 per cento). L’utilizzo delle somme accordate è apparso in calo del 6,8 per cento (-5,7 per cento in regione) e anche questo è un sintomo del riflusso della domanda di credito dovuto al perdurare della recessione. Se si restringe l’analisi al credito a breve termine, che è quello maggiormente utilizzato dalle imprese per la gestione corrente, si hanno cali più accentuati, sia come accordato (-8,5 per cento) che utilizzato (-9,2 per cento). Altre considerazioni che si possono fare sulle statistiche dei finanziamenti per cassa riguardano le garanzie richieste dalle banche. A settembre 2013 sono corrisposte al 51,7 per cento delle somme utilizzate (42,5 per cento la media regionale) in aumento rispetto alla percentuale del 49,9 per cento di un anno prima. Nel primo trimestre 2009 si aveva una percentuale più ridotta, pari al 43,8 per cento. Le banche piacentine si distinguono pertanto dal resto della regione per una relativa maggiore richiesta di garanzie. E’ da notare che l’appesantimento delle garanzie ha trovato eco nell’indagine condotta dal sistema camerale sul rapporto banca-impresa. Sul finire del 2013 e i primi giorni del 2014 il 59,2 per cento delle imprese piacentine ha giudicato onerose le garanzie richieste, rispetto al 30,8 per cento che le ha invece considerate accettabili. Per quanto in diminuzione rispetto all’anno prima, resta tuttavia una situazione di disagio appena inferiore a quella regionale (60,7 per cento). Per quanto concerne lo sconfinamento delle somme accordate, che può essere il sintomo di un certo disagio sotto l’aspetto della solvibilità, la situazione emersa a settembre 2013 è stata caratterizzata da un relativo miglioramento rispetto allo stesso mese dell’anno precedente (-31,7 per cento), in contro tendenza rispetto alla crescita del 17,0 per cento rilevata in regione. La percentuale di sconfinamento sull’utilizzato della provincia di Piacenza è pertanto scesa al 2,3 per cento, contro il 3,1 per cento di un anno prima. Il valore medio regionale si è attestato al 2,7 per cento, su livelli superiori a quelli dell’anno precedente (2,2 per cento). In sostanza sono emerse in provincia minori criticità rispetto al passato, senza tuttavia allentare, come vedremo in seguito, la morsa delle somme in sofferenza. La qualità del credito La qualità del credito è apparsa in deterioramento. 21 Secondo i dati raccolti dalla Banca d’Italia, aggiornati a settembre 2013 le sofferenze bancarie , pari a 761 milioni di euro, sono cresciute del 31,4 per cento rispetto alla situazione dello stesso mese dell’anno precedente, in leggero rallentamento tuttavia rispetto al trend riscontrato nei quattro trimestri precedenti (+33,9 per cento). La crescita regionale è apparsa meno elevata (+22,4 per cento), ma in questo caso c’è stata un’accelerazione rispetto al trend (+20,9 per cento). 22 Il rapporto sofferenze/impieghi totali bancari è salito al 10,25 per cento, rispetto alla percentuale del 7,52 per cento di un anno prima. La media regionale si è attestata al 7,44 per cento, anch’essa in crescita rispetto all’anno precedente (5,88 per cento). La provincia di Piacenza ha pertanto evidenziato una rischiosità dei prestiti più accentuata rispetto alla media regionale. In regione solo la provincia di Ferrara ha evidenziato una situazione più critica di quella di piacentina, con un’incidenza del 13,74 per cento. Qualche segnale di miglioramento è tuttavia venuto dalla decadenza dei crediti. Nel terzo trimestre del 2013 il tasso di decadimento dei finanziamenti per cassa della clientela ordinaria residente, escluso le Istituzioni finanziarie e monetarie, si è attestato allo 0,59 per cento, al di sotto della media regionale dello 0,74 per cento. Rispetto al trend dei quattro trimestri precedenti c’è stato un miglioramento di 0,65 punti percentuali, che potrebbe essere indice di un allentamento delle difficoltà nei pagamenti da parte d’imprese e famiglie. Il riflusso è derivato in particolare dalle minori tensioni emerse tra le società non finanziarie (0,79 per cento), perfettamente efficace. L’indagine è stata effettuata nel mese di dicembre 2012 tramite interviste telefoniche con il sistema CATI (Computer Assisted Telephone Interviewing). L’indagine ha visto il coinvolgimento di 162 imprese industriali, commerciali e dei servizi alle imprese altamente rappresentative della realtà economica regionale. 21 Le sofferenze sono riferite all’utilizzato netto, relativamente alla clientela ordinaria residente escluso le Istituzioni finanziarie e monetarie. 22 Gli impieghi bancari totali sono riferiti alla clientela ordinaria residente e non residente al netto delle Istituzioni finanziarie e monetarie. 20 75 Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013 tornate a quote più normali dopo l’abnorme rapporto di un anno prima (3,20 per cento). Le condizioni del credito e il rapporto banca-impresa In una fase recessiva e di conseguente maggiore cautela da parte delle banche nel concedere prestiti, il rapporto con le banche è tuttavia apparso, per alcuni aspetti, meno problematico rispetto a un anno prima. E’ ciò che si evince dall’indagine condotta tra i giorni 2 dicembre 2013 e 10 gennaio 2014 dall’Istituto Guglielmo Tagliacarne su un campione di 130 imprese piacentine altamente rappresentative della realtà produttiva provinciale. La quantità di credito disponibile/erogabile presso le banche è stata reputata inadeguata dal 43,8 per cento delle imprese, in calo rispetto alla situazione emersa un anno prima, quando si aveva una percentuale di “scontenti” pari al 51,7 per cento. Non è da escludere che il miglioramento abbia riflesso la minore domanda di credito da parte delle imprese dovuta alla recessione. Per restare nel tema dell’accesso al credito, un analogo andamento ha riguardato la tipologia degli strumenti finanziari offerti. La quota d’imprese che li ha reputati inadeguati è scesa in provincia di Piacenza al 46,9 per cento, in termini assai più contenuti rispetto alla percentuale del 57,6 per cento rilevata nella precedente indagine. Il rapporto banca-impresa. Provincia di Piacenza ed Emilia-Romagna. Valori percentuali (a). 2011 (b) GIUDIZIO SULL'ACCESSO AL CREDITO 2012 (c) 2013 (d) PC ER PC ER PC ER Quantità di credito disponibile/ erogabile Adeguato Inadeguato Nonsa/Non risponde Totale 38,5 57,7 3,8 100,0 42,7 55,6 1,7 100,0 44,9 51,7 3,4 100,0 39,8 53,9 6,3 100,0 45,4 43,8 10,8 100,0 36,7 55,3 8,1 100,0 Tipologia di strumenti finanziari offerti Adeguato Inadeguato Nonsa/Non risponde Totale 45,4 49,2 5,4 100,0 49,3 47,1 3,6 100,0 36,4 57,6 5,9 100,0 38,7 53,8 7,5 100,0 43,1 46,9 10,0 100,0 42,5 48,8 8,7 100,0 Tempi di valutazione/accettazione richieste (e) Adeguato Inadeguato Nonsa/Non risponde Totale 42,3 53,1 4,6 100,0 45,4 51,0 3,6 100,0 42,4 54,2 3,4 100,0 40,1 51,3 8,6 100,0 43,1 46,2 10,8 100,0 36,1 55,5 8,4 100,0 Tasso applicato Adeguato/Accettabile Inadeguato/Oneroso Nonsa/non risponde Totale 28,5 65,4 6,2 100,0 28,8 68,1 3,1 100,0 21,2 74,6 4,2 100,0 22,7 71,9 5,3 100,0 26,9 64,6 8,5 100,0 25,6 66,5 7,9 100,0 Garanzie richieste Adeguato/Accettabile Inadeguato/Oneroso Nonsa/non risponde Totale 34,6 60,8 4,6 100,0 38,9 58,7 2,5 100,0 27,1 68,6 4,2 100,0 29,1 64,9 6,1 100,0 30,8 59,2 10,0 100,0 30,9 60,7 8,4 100,0 Costo complessivo del finanziamento Adeguato/Accettabile Inadeguato/Oneroso Nonsa/non risponde Totale 30,0 62,3 7,7 100,0 32,5 63,5 4,0 100,0 26,3 63,6 10,2 100,0 25,3 64,6 10,1 100,0 26,9 63,1 10,0 100,0 23,5 67,3 9,2 100,0 (a) Nelle indagini 2011 e 2013 sono state intervistate nella provincia Piacenza e in Emilia-Romagna rispettivamente 130 e 1.500 imprese industriali, commerciali e dei servizi alle imprese. Nell’indagine 2012 sono state intervistate nella provincia di Piacenza e in Emilia-Romagna rispettivamente 118 e 1.500 imprese industriali, commerciali e dei servizi alle imprese. (b) Interviste effettuate nel periodo 1 dicembre – 21 dicembre 2011. (c) Interviste effettuate nel periodo 3 dicembre – 21 dicembre 2012. (d) Interviste effettuate nel periodo 2 dicembre 2013 – 10 gennaio 2014. (e) Fino all’indagine del 2011 ci si riferiva alle richieste di fido e non a un generico finanziamento. Ogni confronto con il 2012 deve essere effettuato con la dovuta cautela. Fonte: Istituto Guglielmo Tagliacarne. I tempi di valutazione/accettazione delle richieste di finanziamento sono stati giudicati inadeguati da poco meno della metà delle imprese (46,2 per cento) e anche in questo caso è emersa una situazione più distesa rispetto alla percentuale di “scontenti” di un anno prima pari al 54,2 per cento. Le criticità maggiori permangono sotto l’aspetto del tasso d’interesse applicato. In questo caso il 64,6 per cento delle imprese piacentine lo ha giudicato oneroso, in misura importante, ma meno ampia rispetto alla 76 Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013 cospicua percentuale rilevata un anno prima (74,6 per cento). La richiesta di garanzie per ottenere finanziamenti è apparsa meno stringente, pur permanendo una prevalenza d’imprese insoddisfatte. Le banche cercano comprensibilmente di cautelarsi nel concedere i prestiti, esigenza questa che è stata acuita dal perdurare della fase recessiva, ma l’impatto è apparso più leggero da un anno all’altro. Il 59,2 per cento delle imprese intervistate ha giudicato oneroso il costo del finanziamento legato alle garanzie richieste dalle banche, migliorando di oltre nove punti percentuali la quota emersa nell’indagine di un anno prima. Se guardiamo al costo complessivo del finanziamento, si ha una percentuale di insoddisfatti pari al 63,1 per cento, quasi la stessa di un anno prima. In regione la corrispondente percentuale si è attestata al 67,3 per cento, in crescita di circa tre punti percentuali rispetto al 2012. Nel 2013 la principale criticità nel rapporto con le banche è stata costituita dall’aumento dei costi e commissioni applicate, con una percentuale di “scontenti” del 41,4 per cento, in diminuzione rispetto a un anno prima quando si registrò una quota del 48,9 per cento. Di contro la percentuale d’imprese che non ha dichiarato alcuna criticità è salita al 34,5 per cento, in netto recupero rispetto alla quota del 15,9 per cento dell’anno precedente. Un delicato aspetto del rapporto banca-imprese riguarda la richiesta di rientro da parte delle banche. Nel secondo semestre 2013 il 21,8 per cento delle imprese piacentine ne è stato oggetto, in misura assai più elevata rispetto alla media regionale del 13,6 per cento. Un anno prima, ma i dati erano riferiti a tutto il 2012, la percentuale provinciale era attestata al 24,4 per cento. Pur con la dovuta cautela dovuta ai diversi periodi presi in esame, è emersa in provincia di Piacenza una situazione più distesa, ma ancora lontana dai parametri regionali. Da notare che nelle imprese edili, la percentuale d’imprese colpite dalla richiesta di rientro si è attestata al 41,7 per cento, su valori piuttosto elevati, anche se meno evidenti rispetto all’abnorme situazione dell’anno precedente (77,8 per cento). I depositi bancari e la raccolta indiretta 23 I depositi costituiscono uno dei canali tradizionali della raccolta bancaria. A fine dicembre 2013 le somme depositate nelle banche dalla clientela ordinaria residente e non residente, al netto delle Istituzioni finanziarie e monetarie, sono ammontate a circa 7 miliardi e 135 milioni di euro, con una crescita del 5,1 per cento rispetto a un anno prima, leggermente più contenuta rispetto a quanto registrato in Emilia-Romagna (+5,9 per cento), ma più elevata nei confronti della media nazionale (+2,8 per cento). Rispetto al trend dei dodici mesi precedenti, c’è stato un rallentamento prossimo ai quattro punti percentuali, in sintonia con quanto avvenuto in regione e nel Paese. Le famiglie consumatrici, che hanno rappresentato circa il 78 per cento delle somme depositate, hanno mostrato un aumento del 5,0 per cento rispetto a un anno prima, che è corrisposto a quasi 266 milioni di euro. La crescita del risparmio può essere interpretata come un segnale d’incertezza riguardo al futuro, ma potrebbe anche riflettere le politiche adottate dalle banche per attirare i risparmi, proponendo forme più appetibili come remunerazione, in cambio di vincoli temporali alla riscossione. A tale proposito non sono disponibili dati provinciali dei depositi per forma tecnica, ma in ambito regionale a settembre 2013 le famiglie consumatrici e soggetti assimilati hanno accresciuto del 18,5 per cento i depositi con durata prestabilita, in misura più sostenuta rispetto all’evoluzione dei conti correnti (+6,8 per cento). Un altro aspetto della raccolta bancaria è rappresentato da quella indiretta. Si tratta di un aggregato che comprende i titoli di terzi in deposito a custodia o in amministrazione (al netto delle passività di propria 24 emissione), connessi con lo svolgimento di banca depositaria o con l'attività di gestione di portafogli . Si tratta in sostanza di un altro indicatore della ricchezza del territorio. A fine settembre 2013 è stata registrata una crescita tendenziale dell’8,2 per cento rispetto allo stesso periodo del 2012, superiore all’incremento rilevato in regione (+4,7 per cento). Per le sole famiglie consumatrici e Istituzioni sociali private, che con circa 5 miliardi e 545 milioni di euro hanno rappresentato l’86,9 per cento del totale della raccolta indiretta, l’aumento è stato dell’8,8 per cento. Come accennato in precedenza, non è da escludere che tale crescita sia da attribuire anch’essa all’incertezza nel futuro, che induce più a risparmiare che consumare. 23 Sono compresi i depositi con durata prestabilita, a vista, overnight e rimborsabili con preavviso, oltre a buoni fruttiferi, certificati di deposito, conti correnti, pronti contro termine passivi e, a partire da dicembre 2008, anche gli assegni circolari. 24 La valorizzazione è al fair value (valore di mercato calcolato secondo le regole previste dai principi contabili non internazionali). Con riferimento ai soli titoli non quotati in custodia o in amministrazione, ove il fair value non sia agevolmente determinabile, la valutazione è al valore contabile. 77 Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013 I tassi d’interesse Il 7 novembre 2013 la Banca centrale europea ha nuovamente ridotto il tasso di riferimento, portandolo dallo 0,50 per cento d’inizio maggio al minimo storico dello 0,25 per cento. A decorrere dal 13 novembre il tasso sulle operazioni di rifinanziamento marginali è sceso dall’1 per cento allo 0,75 per cento, mentre è stato confermato a zero il tasso praticato sui depositi custoditi per conto delle banche commerciali. Con tale nuovo ribasso, favorito da un’inflazione in rallentamento e forse indotto dal peggioramento di alcuni indicatori economici, il Governatore della Bce, Mario Draghi, ha cercato di aiutare la ripresa, che dovrebbe prendere corpo nel 2014. Tassi attivi sui finanziamenti per cassa e per localizzazione della clientela. Provincia di Piacenza ed Emilia-Romagna. Periodo quarto trimestre 2008 – terzo trimestre 2013. Totale clientela ordinaria residente (a) Rischi Rischi a Trimestri autoliquidanti scadenza Rischi a revoca Società non finanziarie e famiglie produttrici Famiglie consumatrici, istituzioni sociali private e dati non classificabili Rischi Rischi a autoliquidanti scadenza Rischi Rischi a autoliquidanti scadenza Rischi a revoca Rischi a revoca Piacenza IV2008 I2009 II2009 III2009 IV2009 I2010 II2010 III2010 IV2010 I2011 II2011 III2011 IV2011 I2012 II2012 III2012 IV2012 I2013 II2013 III2013 6,08 4,64 3,79 3,38 3,33 3,28 3,23 3,38 3,44 3,55 3,78 4,16 4,60 4,74 4,78 4,83 4,99 4,91 4,82 4,91 5,99 4,46 3,40 2,88 2,58 2,49 2,45 2,51 2,64 2,74 2,96 3,17 3,29 3,21 2,96 2,73 2,57 2,53 2,59 2,63 9,20 7,56 6,67 6,09 5,92 5,81 5,92 5,95 6,34 6,39 6,58 7,00 7,18 7,39 7,40 7,53 7,12 7,27 7,69 7,73 6,08 4,63 3,78 3,37 3,32 3,27 3,23 3,37 3,44 3,54 3,78 4,16 4,61 4,74 4,78 4,83 4,99 4,91 4,83 4,92 6,05 4,41 3,32 2,76 2,52 2,43 2,40 2,46 2,62 2,73 2,96 3,19 3,34 3,25 3,03 2,81 2,65 2,62 2,68 2,72 9,22 7,58 6,71 6,11 5,88 5,82 5,94 5,95 6,37 6,43 6,63 7,37 7,53 7,75 7,81 7,99 7,51 7,73 8,23 8,24 6,08 5,91 5,46 5,35 5,44 5,36 5,24 5,47 4,81 4,85 4,81 4,92 4,53 5,05 5,22 4,98 4,94 4,51 4,37 4,58 5,90 4,59 3,66 3,25 2,91 2,84 2,75 2,77 2,82 2,89 3,05 3,22 3,23 3,16 2,88 2,65 2,47 2,44 2,47 2,49 8,89 7,24 6,16 5,76 6,54 5,68 5,58 5,90 5,72 5,70 5,76 5,79 5,91 5,88 5,64 5,35 5,07 5,18 5,41 5,52 8,43 6,91 6,16 5,89 5,83 5,98 5,93 5,98 6,23 6,35 6,52 6,84 7,04 7,60 7,67 7,52 7,41 7,65 7,61 7,53 6,58 5,90 5,51 5,24 5,23 5,27 5,28 5,25 5,21 5,27 5,34 5,50 5,29 5,64 5,75 5,75 5,57 5,58 5,65 5,57 5,83 4,60 3,79 3,39 3,09 2,99 2,89 2,89 2,96 3,02 3,15 3,28 3,32 3,20 2,96 2,81 2,70 2,73 2,76 2,76 8,40 6,97 6,02 5,77 5,62 5,58 5,43 5,21 5,26 5,30 5,41 5,73 6,01 6,02 5,90 5,74 5,52 5,64 5,63 5,60 Emilia-Romagna IV2008 I2009 II2009 III2009 IV2009 I2010 II2010 III2010 IV2010 I2011 II2011 III2011 IV2011 I2012 II2012 III2012 IV2012 I2013 II2013 III2013 6,11 4,55 3,79 3,45 3,36 3,44 3,32 3,34 3,43 3,53 3,75 4,11 4,43 4,81 4,86 4,68 4,77 4,82 4,76 4,74 5,60 4,30 3,43 2,89 2,69 2,60 2,51 2,53 2,41 2,77 2,92 3,10 3,29 3,34 3,18 2,95 2,99 2,87 2,84 2,85 8,24 6,73 5,98 5,70 5,64 5,67 5,57 5,60 5,82 5,88 6,05 6,37 6,63 7,12 7,13 6,98 6,88 7,06 7,12 7,05 6,13 4,58 3,79 3,45 3,36 3,44 3,32 3,34 3,44 3,53 3,76 4,12 4,46 4,85 4,91 4,73 4,85 4,90 4,83 4,82 6,00 4,42 3,49 2,86 2,72 2,59 2,60 2,63 2,75 2,87 3,09 3,33 3,51 3,46 3,31 3,06 3,01 2,93 3,03 3,02 (a) Fino al primo trimestre 2010 dati riferiti al totale della clientela ordinaria residente. Dal secondo trimestre 2010 dati riferiti al totale della clientela ordinaria residente al netto delle IFM (Istituzioni finanziarie e monetarie). Fonte: Banca d’Italia. Il tasso Euribor, cioè il tasso medio che regola le transazioni finanziarie in euro tra le banche europee, ha ricalcato la tendenza al ribasso del tasso di riferimento, risultando più contenuto rispetto al livello del 2012. 78 Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013 Nella media del 2013, l’Euribor a tre mesi, che serve generalmente da base per i tassi sui mutui indicizzati, si è attestato allo 0,22 per cento rispetto allo 0,57 per cento del 2012. Stessa sorte per quello a 6 mesi , sceso dallo 0,83 per cento allo 0,34 per cento, e per quello a dodici mesi passato dall’1,11 allo 0,54 per cento. Nell’ambito dei titoli di Stato quotati al Mercato telematico della Borsa di Milano c’è stato un generale alleggerimento, che ha ricalcato quanto osservato per i tassi Euribor. Nella media del 2013, il tasso dei Bot si è attestato allo 0,69 per cento, vale a dire 92 punti base in meno rispetto al 2012. Quello dei Cct a tasso variabile ha seguito la stessa tendenza dei Bot, con una riduzione di 234 punti base, la più alta riscontrata tra i vari titoli quotati al Mot. Anche i Ctz hanno proposto tassi nel corso del 2013 più contenuti rispetto al 2012, beneficiando di una riduzione media di 134 punti base. I buoni poliennali del tesoro, tra i titoli più esposti alle turbolenze di natura politica e finanziaria, hanno evidenziato un andamento un po’ altalenante, ma su livelli più ridotti di 123 punti base rispetto alla media del 2012. Per quanto concerne il Rendistato, che rappresenta il rendimento medio ponderato di un paniere di titoli pubblici, nel 2013 è stato registrato un valore medio del 3,35 per cento, vale a dire 128 punti base in meno rispetto al 2012. Il ridimensionamento dei tassi si è associato al calo degli interessi passivi. Secondo quanto contenuto nella nota di aggiornamento del Documento di Economia e Finanza dello scorso 20 settembre, nel 2013 la spesa, a legislazione vigente, è stata prevista in quasi 84 miliardi di euro, contro gli 86 miliardi e 717 milioni dell’anno precedente. Le previsioni non appaiono tuttavia delle più rosee, con la prospettiva di arrivare nel 2017 a 92 miliardi e 500 milioni, se non cambia la legislazione vigente. Nel terzo trimestre 2013 i tassi attivi della provincia di Piacenza sono apparsi leggermente meno convenienti rispetto ai mesi precedenti, con la maggioranza delle imprese che li ha giudicati onerosi (64,6 per cento), anche se in misura meno pesante rispetto a un anno prima (74,6 per cento). 25 Il tasso applicato alle operazioni afferenti i diffusissimi rischi autoliquidanti della totalità della clientela residente, è salito nel terzo trimestre 2013 al 4,91 per cento, vale a dire 2 punti base in più rispetto al trend dei quattro trimestri precedenti. Nei confronti del dato medio regionale, nel terzo trimestre 2013 è emerso un trattamento meno favorevole, quantificabile in 17 punti base, in peggioramento rispetto alla situazione emersa nei quattro trimestri precedenti. Se guardiamo alle condizioni proposte alle società non finanziarie e famiglie produttrici, che comprendono gran parte del mondo della produzione di beni e servizi destinabili alla vendita, nel terzo trimestre 2013 il tasso autoliquidante si è attestato al 4,92 per cento, superando di 3 punti base il trend dei quattro trimestri precedenti. Si può pertanto comprendere come sia rimasta elevata la platea d’imprese piacentine che ha reputato onerosi i tassi applicati dalle banche. La ripresa del tasso, seppure lieve, si è associata a condizioni meno favorevoli di quelle praticate in regione, nell’ordine di 10 punti base, confermando la forbice dei quattro trimestri precedenti. Nell’ambito delle famiglie consumatrici, assieme alle istituzioni sociali private, i tassi attivi applicati alle operazioni autoliquidanti sono invece apparsi in calo di 12 punti base rispetto al trend dei dodici mesi precedenti, ma in questo caso le banche piacentine hanno riservato un trattamento più favorevole rispetto alla media regionale nell’ordine di 99 punti base, migliorando leggermente la situazione dei quattro trimestri precedenti. 26 Per quanto riguarda i tassi attivi applicati alle operazioni sui rischi a scadenza , nel terzo trimestre 2013 sono saliti al 2,63 per cento, in leggero aumento rispetto al trend del 2,61 per cento. La lieve ripresa dei tassi non ha tuttavia avuto conseguenze sullo spread rispetto alla media regionale, che è apparso favorevole nell’ordine di 22 punti base. Nell’ambito delle società non finanziarie e famiglie produttrici, nel terzo trimestre 2013 il tasso applicato alle operazioni sui rischi a scadenza si è attestato al 2,72 per cento, vale a dire 3 punti base in più rispetto al trend. Le imprese piacentine hanno continuato a beneficiare di condizioni relativamente più vantaggiose rispetto alla media regionale, quantificabili in 30 punti base, confermando nella sostanza la situazione dei quattro trimestri precedenti. I tassi applicati alle famiglie “consumatrici” e istituzioni sociali private sono invece apparsi in leggero ridimensionamento. Nel terzo trimestre 2013 sono scesi al 2,49 per cento, con una riduzione di 2 punti base rispetto al trend. Le relative migliori condizioni rispetto alla media regionale si sono attestate a 51 punti base, confermando il trend. 27 Per quanto concerne i tassi riguardanti i rischi a revoca si registra una tendenza al rialzo. Gli interessi applicati alla clientela sono di norma superiori a quelli afferenti alle operazioni autoliquidanti e a scadenza, poiché sottintendono una maggiore rischiosità, tanto che le banche si riservano la facoltà di 25 Categoria di censimento della Centrale dei rischi nella quale confluiscono operazioni caratterizzate da una forma di rimborso predeterminato, quali i finanziamenti concessi per consentire l’immediata disponibilità dei crediti che il cliente vanta verso terzi. Si tratta nella sostanza di operazioni che configurano uno smobilizzo di crediti, quali ad esempio lo sconto di portafoglio. Nel 2013 il 45,4 per cento delle imprese piacentine ha effettuato operazioni di anticipi su fatture. 26 Categoria di censimento della Centrale dei rischi relativa a operazioni di finanziamento con scadenza fissata contrattualmente e prive di una fonte di rimborso predeterminata, quali ad esempio mutui e anticipazioni attive non regolate in conto corrente. 27 Categoria di censimento della Centrale dei rischi nella quale confluiscono le aperture di credito in conto corrente. 79 Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013 recedere anche senza giusta causa. Si tratta in sostanza di operazioni la cui natura è spesso influenzata dai cicli economici. Nel terzo trimestre 2013 il tasso si è attestato al 7,73 per cento, vale a dire 33 punti base in più rispetto al trend dei dodici mesi precedenti. Nel corso del 2013 i tassi applicati in provincia di Piacenza sono costantemente apparsi al di sopra di quelli medi regionali, con uno spread che è andato in crescendo nel corso dell’anno. Dalla forbice di 21 punti base del primo trimestre si è saliti ai 68 del terzo trimestre, punta massima dal 2010. Per le imprese i tassi a revoca sono arrivati nel terzo trimestre all’8,24 per cento, superando di 38 punti base il trend dei dodici mesi precedenti. Rispetto alla media regionale sono state registrate condizioni meno favorevoli nell’ordine di 71 punti base, in peggioramento rispetto al trend attestato sui 32 punti base. C’è stata in sostanza da parte delle banche piacentine una percezione di maggiore rischiosità verso le imprese e famiglie produttrici, più accesa rispetto a quanto avvenuto in Emilia-Romagna. Anche le famiglie “consumatrici” e istituzioni sociali private hanno registrato un aumento dei tassi a revoca, nell’ordine di 27 punti base rispetto al trend, con condizioni apparse più favorevoli rispetto alla media regionale nell’ordine di 8 punti base, ma in termini più contenuti rispetto alla media dei quattro trimestri precedenti, quando il differenziale a favore era di 38 punti base. Gli sportelli bancari e i servizi telematici La rete degli sportelli bancari piacentini è apparsa in ridimensionamento. Dalla punta massima di 227 sportelli operativi toccata nel quarto trimestre 2008 si è arrivati ai 213 del settembre 2013, cinque in meno rispetto a un anno prima. Stessa tendenza per l‘Emilia-Romagna, i cui sportelli sono scesi a 3.349 dopo avere toccato il massimo di 3.608 nel mese di marzo 1999. Questi andamenti non sono che la conseguenza del processo di razionalizzazione che le banche stanno adottando al fine di alleggerire i propri bilanci, con prospettive di altre riduzioni. Per quanto concerne la classificazione degli sportelli per gruppi istituzionali, in provincia di Piacenza prevalgono le società per azioni (65,7 per cento del totale), in misura tuttavia leggermente più contenuta rispetto alla media emiliano-romagnola e nazionale (66,9 per cento). Il peso delle Società per azioni si è ridotto rispetto al passato. Alla base del ridimensionamento ci sono i vari processi di acquisizione, fusioni, ecc. avvenuti in passato. In provincia di Piacenza, ad esempio, la “rottura” è avvenuta a fine 2011, quando la 28 costituzione di un nuovo soggetto bancario, il Banco popolare , ha rafforzato la compagine delle Banche popolari e cooperative a scapito delle Spa. A fine settembre 2013 l’incidenza delle Banche popolari e cooperative è così salita al 29,6 per cento, contro il 24,3 per cento di due anni prima, distinguendosi significativamente dalla corrispondente quota regionale del 19,7 per cento. Per il resto si conferma lo scarso peso delle banche di credito cooperativo, eredi delle antiche Casse rurali e artigiane (4,2 per cento contro le media regionale del 13,0 per cento) e delle filiali di banche estere, appena una, senza alcuna variazione dal settembre 2008. I tredici sportelli presenti in regione, gli stessi di un anno prima, sono localizzati nelle province di Bologna, Modena, Parma, Piacenza, Ravenna e Reggio Emilia, a fronte dei 266 attivi in Italia (320 a settembre 2012), in gran parte localizzati tra Milano (107), Roma (50), Torino (14) e Brescia (13). La classificazione degli sportelli bancari per gruppi dimensionali di banche conferma lo sbilanciamento della provincia piacentina verso la dimensione “media” - i fondi intermediati sono compresi tra i 9 e i 26 miliardi di euro – la cui quota a fine settembre 2013 è stata del 41,3 per cento, a fronte della media emiliano-romagnola del 19,4 per cento e nazionale del 21,6 per cento. Per restare in ambito regionale si tratta di una peculiarità che Piacenza divide con la sola provincia di Parma (42,1 per cento). Nei rimanenti gruppi dimensionali la provincia di Piacenza registra di conseguenza incidenze inferiori alla media regionale, con una particolare accentuazione per le banche “grandi” e “minori”. Le prime, i cui fondi intermediati medi sono compresi tra i 26 e i 60 miliardi di euro, hanno inciso per il 2,3 per cento rispetto alla media regionale del 9,3 per cento e anche in questo caso è da sottolineare l’impatto dei processi di fusione, accorpamenti ecc. dato che a fine dicembre 2011 pesavano per il 6,4 per cento. La quota delle banche “minori” – i fondi intermediati medi sono inferiori a 1,3 miliardi di euro - si è attestata all’8,5 per cento, ben al di sotto della media sia regionale (15,3 per cento) che nazionale (15,5 per cento). Questa situazione è per certi versi coerente con lo scarso peso che in provincia di Piacenza rivestono le Banche di credito cooperativo, spesso costituite da istituti di piccole proporzioni che operano prevalentemente, per obblighi di statuto, nel territorio in cui risiedono. L’ultima analisi sulla struttura bancaria piacentina verte sui servizi telematici offerti dalle banche alla propria 29 clientela. Per quanto concerne i Pos , il commento è limitato al confronto con il solo anno precedente, 28 Il Banco Popolare è nato dalla fusione per incorporazione della Banca popolare di Verona – Banco di San Geminiano e San Prospero, della Banca popolare di Lodi, della Cassa di Risparmio di Lucca, Pisa e Livorno, della Banca popolare di Cremona e della Banca popolare di Crema. 29 Si tratte delle apparecchiature che consentono l’addebito automatico sul proprio conto bancario delle spese sostenute presso gli esercizi commerciali. 80 Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013 poiché da inizio 2012 si sono aggiunti a banche e intermediari finanziari anche gli istituti di pagamento con sede in Italia. A inizio 2013 quelli attivi sono ammontati a 7.712, con un calo del 3,5 per cento rispetto all’analogo periodo dell’anno precedente, che è apparso in linea con quanto avvenuto in Emilia-Romagna (2,3 per cento) e Italia (-7,8 per cento). Se rapportiamo il loro numero alla popolazione residente, la provincia di Piacenza ne ha registrati 2.693 ogni 100.000 abitanti, a fronte della media emiliano-romagnola di 2.713 e nazionale di 2.447. 30 Nell’ambito degli Atm a inizio 2013 ne sono risultati attivi 261, rispetto ai 272 di inizio 2012 e 169 di inizio 1998. La riduzione è apparsa in linea con quanto avvenuto in Emilia-Romagna, la cui consistenza è scesa a 4.350 unità, dopo avere toccato il picco di 5.055 unità a inizio 2009. In rapporto alla popolazione, Piacenza ha registrato una densità di 91,2 Atm ogni 100.000 abitanti, al di sotto della media regionale di 99,4. 31 I servizi di home e corporate banking a inizio 2013 hanno coinvolto 87.752 famiglie contro le 80.732 di inizio 2012 e 13.638 tra enti e imprese, vale a dire l’11,5 per cento in più rispetto all’anno precedente. Siamo alla presenza di un andamento assai dinamico, se si considera che a inizio 1998 il fenomeno interessava appena 470 famiglie e 1.190 tra enti e imprese. Un analogo andamento ha caratterizzato la regione, i cui servizi alle famiglie, tra inizio 1998 e inizio 2013, sono cresciuti da 5.421 a 1.548.985, mentre per enti e imprese si è passati da 24.277 a 230.766. Anche in Emilia-Romagna i servizi dedicati alle famiglie sono aumentati rispetto a un anno prima (+6,3 per cento) e altrettanto è avvenuto per quelli destinati a enti e imprese (+13,6 per cento). La densità dei servizi alle famiglie di home e corporate banking sulla popolazione vede Piacenza nelle ultime posizioni della regione - è settima davanti a Ferrara e Forlì-Cesena - con 3.065 clienti ogni 10.000 abitanti, a fronte della media regionale di 3.539 e nazionale di 3.038. La densità più elevata è stata nuovamente riscontrata a Bologna con 4.381 servizi alle famiglie ogni 10.000 abitanti. Per quanto concerne enti e imprese, Piacenza ha registrato una densità di 476 clienti ogni 10.000 abitanti, inferiore a quella regionale di 527. Il primo posto è stato nuovamente occupato da Bologna, con una densità di 638 clienti ogni 10.000 abitanti, seguita da Rimini con 598. Piacenza è risultata quinta, precedendo Ferrara, Forlì-Cesena, Ravenna e Reggio Emilia. I servizi di Phone banking che sono attivabili tramite la digitazione di codici via telefono, a inizio 2013 sono ammontati a 68.374, vale a dire il 30,3 per cento in più rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Un andamento ugualmente positivo, ma più sfumato, ha riguardato l’Emilia-Romagna (+10,4 per cento), mentre in Italia c’è stata una flessione del 10,1 per cento. La diffusione sulla popolazione piacentina del Phone banking è stata di 2.231 servizi ogni 10.000 abitanti, a fronte della media emiliano-romagnola di 1.728 e nazionale di 1.448. La provincia di Piacenza ha evidenziato la diffusione più elevata della regione, dopo quella di Parma. L’occupazione 32 Secondo i dati Smail afferenti ai servizi finanziari, escluso le assicurazioni e fondi pensione, la provincia di Piacenza a giugno 2013 contava su 1.780 addetti (esclusi gli interinali), distribuiti in 244 unità locali presenti sul territorio. Rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, la consistenza degli addetti è diminuita del 4,8 per cento (-2,4 per cento in regione), in misura più accentuata rispetto al calo osservato nella totalità delle attività economiche (-1,8 per cento). La diminuzione è stata essenzialmente determinata dai dipendenti (-4,7 per cento), che costituiscono il grosso degli addetti (98,7 per cento), mentre gli imprenditori sono scesi da 25 a 22. Se il confronto è effettuato con la situazione in essere a giugno 2008 si ha una diminuzione degli occupati più accentuata (-6,5 per cento) a fronte del corrispondente calo regionale del 2,8 per cento. La razionalizzazione delle strutture bancarie passa anche attraverso la riduzione di personale. Le prospettive sull’evoluzione del credito L’osservatorio sul credito del sistema camerale consente di valutare le intenzioni delle imprese relative alla domanda di finanziamenti nei primi sei mesi del 2014. Nel secondo semestre 2013 il 15,4 per cento delle imprese piacentine ha manifestato l’intenzione di richiedere un finanziamento alle banche o ad altri soggetti comprese le Poste Italiane Spa, in misura appena superiore alla media regionale (15,7 per cento). Nella 30 Si tratta di apparecchiature automatiche abilitate a operare con il pubblico per effettuare determinate operazioni (i bancomat sono tra questi). 31 Rappresentano i servizi dispositivi e/o informativi prestati alla clientela per via telematica. 32 Smail (sistema di monitoraggio annuale delle imprese e del lavoro) include tutte le imprese private iscritte alla Camera di commercio. Sono escluse le attività della Pubblica amministrazione, le istituzioni pubbliche e private senza obbligo di iscrizione alla Camera di commercio e le attività libero professionali non costituite in forma d’impresa. 81 Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013 rilevazione dell’anno precedente la platea d’imprese intenzionate a richiedere un finanziamento era apparsa un po’ più elevata (16,1 per cento) e lo stesso è avvenuto in regione (13,4 per cento). La principale motivazione della richiesta di finanziamenti è stata rappresentata dal fare fronte alla gestione corrente (70,0 per cento), in misura largamente superiore alla quota del 26,3 per cento rilevata un anno prima. La percentuale d’imprese che ha previsto di richiedere finanziamenti per realizzare nuovi investimenti si è attestata al 35,0 per cento, in crescita rispetto alla percentuale del 31,6 per cento rilevata un anno prima. In pratica se è apparso un po’ meno ampio il numero d’imprese intenzionato a finanziarsi, è tuttavia aumentata la propensione a realizzare nuovi investimenti e tale andamento sembra sottintendere un timido miglioramento delle aspettative verso una ripresa che dovrebbe manifestarsi dai primi mesi del 2014. Alla crescita della propensione a investire si è associato il calo dei finanziamenti destinati a coprire i ritardi nei pagamenti dei clienti. Nella rilevazione eseguita nel dicembre 2012, la percentuale d’imprese piacentine che doveva ricorrere alle banche per far fronte ai ritardi era stata del 26,3 per cento. Un anno dopo si riduce al 20,0 per cento. 82 Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013 Analisi settoriali AGRICOLTURA L’inquadramento regionale Secondo le rilevazioni del servizio IdroMeteoClima dell’Arpa Emilia Romagna, terminata la grande siccità del 2012, l’annata agraria 2013 è iniziata in condizioni meteorologiche completamente diverse con precipitazioni molto elevate e persistenti. In alcune aree una simile piovosità non si ritrovava dall’inizio delle rilevazioni meteo, in molte altre è comunque necessario risalire ai primi decenni del secolo scorso (1920-1930). In diverse stazioni i valori cumulati di pioggia dei primi mesi dell’anno risultano i più elevati di serie storiche con inizio dal 1920 o antecedenti. Le anomalie più elevate rispetto al clima si sono verificate nelle aree del settore centrale ed occidentale (dal bolognese al piacentino), scostamenti meno elevati, ma comunque importanti, su ferrarese e Romagna. L’estate è stata secca con brevi ma intense ondate di caldo e punte di temperatura massima localmente eccezionali. Anche se resa meno evidente dall’andamento meteorologico precedente, l’estate ha avuto caratteristiche siccitose: da giugno alla metà di agosto su gran parte della regione le piogge cumulate del periodo sono state meno del 50% di quelle attese secondo il clima 1991-2010 e in aree centro-occidentali meno del 25%. Riguardo alle temperature gli scostamenti medi della stagione sono stati positivi e contenuti entro 1 °C, i valori massimi giornalieri hanno inve ce raggiunto punte tra le più elevate degli ultimi 20 anni, compresi quindi 2003 e 2012, con misure superiori a 40°C in diverse stazioni del settore centrale ed orientale. L’autunno è stato caldo (tra 1 e 2 °C più elevato r ispetto al clima 1991-2010) e con piogge in generale prossime alla norma (scostamenti negativi e positivi compresi entro il 25% rispetto al clima 1991-2010). L’assessorato all’Agricoltura della Regione Emilia Romagna ha reso noto nei mesi scorsi che per la prima volta dopo tre anni la Plv (Produzione lorda vendibile) è calata nel 2013 di circa il 3,2%. Le piogge primaverili sono state le principali responsabili di questa battuta di arresto per l’agricoltura della regione. Molte le colture compromesse: le bietole da seme, ad esempio, non sono state proprio messe a dimora perché troppo in ritardo, mentre interi campi di riso non sono stati neppure raccolti. La perdita in valore per la Plv viene stimata dall’Assessorato regionale in quasi 150 milioni di euro; il “fatturato” si dovrebbe così attestare attorno ai 4,4 miliardi. Hanno pesato anche i bassi prezzi di mercato e l’incremento dei costi di produzione. Nel medio-lungo periodo l’Emilia-Romagna rivela però una significativa tenuta: partendo dal 2008 (inizio della recessione) il valore della produzione agricola in regione è aumentato del 12%, confermandosi un volano di crescita economica e occupazionale per sé e per i settori ad essa legati. Pesano però i maggiori costi rispetto al resto d’Europa, pressione fiscale e burocrazia comprese, e il rapporto non facile con il mercato e il consumatore finale. Le difficoltà degli agricoltori locali dovrebbero trovare una prima risposta dalle novità annunciate con la nuova Pac: fra tutte il cofinanziamento Ue per le assicurazioni contro il maltempo e i fondi mutualistici per gestire situazioni di crisi. A determinare il parziale risultato negativo della Plv è stata la deludente performance dei seminativi (-17,9%), per il contemporaneo calo di cereali (-17,6%), patate e ortaggi (-4,6%) e, nell’ambito delle colture industriali, della barbabietola da zucchero (-21,7%). All’origine della diminuzione del valore economico c’è la flessione dei prezzi di molte produzioni - in particolare tra cereali e colture industriali - e delle rese medie per ettaro. Nonostante i risultati non particolarmente favorevoli registrati da albicocche, ciliegie, pesche e nettarine, il bilancio complessivo previsto per il comparto frutta è positivo, con un incremento stimato fra il 16-17%. Sono però possibili aggiustamenti derivanti dalla campagna di commercializzazione per mele, pere e actinidia. L’andamento meteo climatico per le uve è stato più favorevole di quello 2012, dopo una primavera particolarmente piovosa, l’estate 2013 è stata infatti una tipica estate padana con caldo e condizioni di siccità, tali tuttavia da non procurare particolari sofferenze ai vigneti, che hanno comunque potuto contare sulla microirrigazione di soccorso e adeguate riserve idriche. Le notti fresche hanno inoltre costituto un elemento molto positivo per il corretto sviluppo della componente aromatica. Dopo le vendemmie precoci degli ultimi anni (in particolare quella 2012, condizionata da un’estate particolarmente calda e siccitosa), la raccolta dell’uve nel 2013 è iniziata più regolarmente, alla fine di agosto per i bianchi precoci, le basi spumanti e frizzanti, dal 3 al 10 settembre per Ortrugo, Pignoletto e Malvasia, dal 20 settembre in poi per il Lambrusco, seguito a ottobre dagli altri rossi come Sangiovese e Cabernet. Buono anche lo stato sanitario delle uve. Sotto il profilo produttivo si constata una decisa crescita dei volumi rispetto all’annata precedente (+15%), mentre per quanto riguarda gli andamenti di mercato si profila una diminuzione delle quotazioni medie del vino, che dovrebbe condurre ad una lieve contrazione del valore complessivo della produzione vitivinicola regionale. 83 Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013 Il quadro del settore allevamenti ha presentato una situazione nel complesso stazionaria. La flessione del fatturato che ha interessato bovini e suini - a seguito principalmente di volumi produttivi più contenuti - è stata compensata dalla crescita degli avicunicoli (+9,3%), che hanno invece beneficiato di un tendenziale rialzo dei prezzi di mercato. Stabile, infine, la situazione del comparto lattiero-caseario: infatti non si sono registrate sostanziali variazioni rispetto al 2012 sia in termini produttivi che di mercato. La situazione provinciale Dal punto di vista climatico il territorio piacentino non ha visto situazioni molto differenti rispetto a quanto già descritto per l’insieme della regione. A gennaio, febbraio e marzo le precipitazioni intense hanno determinato la ricarica della capacità di campo dei terreni ma, soprattutto a marzo, hanno reso difficoltoso l’ingresso in campo delle macchine per le lavorazioni di affinamento, per le semine ed i primi trapianti. Anche ad aprile vi sono state piogge superiori alla norma: solo una provvidenziale combinazione di una tregua nelle piogge e temperature elevatissime ha reso possibile entrare in campo e, non senza difficoltà, procedere alle semine e ai trattamenti più urgenti. Le maggiori anomalie si sono verificate nei terreni di bassa pianura, nella fascia adiacente al corso del Po. Maggio è stato contraddistinto in regione da tre tornado molto intensi che fortunatamente hanno risparmiato il piacentino, ma la piovosità ha continuato ad essere superiore alla norma. Questa situazione ha creato problemi per la diffusione delle malattie batteriche e fungine. Giugno è stato invece caratterizzato da scarse piogge ed elevate temperature, producendo un bilancio idroclimatico negativo che ha portato alla rapida diminuzione del contenuto idrico dei terreni, in particolare nei primi 50 centimetri. A luglio ed agosto le temperature sono state eccezionalmente alte, rientrando nella norma con i tradizionali temporali di metà agosto. Grazie alle elevatissime precipitazioni dei mesi precedenti molte colture hanno potuto soddisfare buona parte delle loro esigenze idriche raggiungendo la falda ipodermica che si è mantenuta a livelli poco profondi. Dopo un settembre caldo e siccitoso ad ottobre si sono registrate elevatissime temperature nell’ultima decade. L’andamento meteo ha permesso regolari lavorazioni dei terreni e le prime semine di frumento ed orzo: le elevate condizioni di umidità hanno favorito una rapida germinazione ma con un elevato pericolo di virosi. A novembre si è verificato un improvviso calo delle temperature a fine mese che ha causato delle gelate. L’alta pressione persistente durante le prime due decadi del mese di dicembre ha diviso nettamente le condizioni meteo di pianura da quelle di collina e montagna. Sui rilievi del piacentino, a causa di un particolare fenomeno di foehn, si sono raggiunte punte massime elevatissime per il periodo: 18 gradi registrati il 4 dicembre alla stazione di Selva di Ferriere a 1109 m di quota mentre in pianura non si superavano i 9 °C. L’ultima decade ha visto invece una netta variazione delle condizioni meteo con piogge elevatissime sul crinale appenninico. L’analisi puntuale delle superfici dedicate alle diverse coltivazioni così come i dati di produzione sono elaborati dall’ufficio Statistiche agrarie dell’Amministrazione provinciale. Il primo dato rilevabile mettendo a confronto le superfici investite con coltivazioni erbacee è che tra il 2012 ed il 2013 ve ne è stata una riduzione pari al 5,5% (da 56.787 ettari a 53.639 ettari). Il dato è chiaramente diversificato a livello di singola coltivazione ma complessivamente il segno meno della variazione compare in 14 casi sui 24 descritti. Il 38,5% della superficie è destinato alla coltivazione del frumento tenero (20.630 ettari), in leggero aumento (+2%) rispetto al 2012. Al secondo posto, per estensione si trova il mais (14.865 ettari, 27,7% del totale) e quindi al terzo il pomodoro da industria (13,3% della superficio, pari a 7.130 ettari). Sia la coltivazione del mais che quella del pomodoro da industria hanno visto una contrazione delle superfici tra il 2012 ed il 2013. Incrementi piuttosto significativi delle aree coltivate sono ascrivibili a pisello proteico (+82%), pomodoro da tavola (+74%) e cocomero (+70%): si parla però di estensioni molto meno significative. L’esame delle rese prodotte per ognuna delle coltivazioni è decisamente sconfortante rispetto all’anno prima: aumenti sono riconducibili solo a melone (+24%), fagiolo e fagiolino (+19%), pisello (+5%), pomodoro da tavola (+3%) e patata comune (+2%). La variazione è stata invece negativa in tutti gli altri casi con valori sempre piuttosto significativi (compresi tra il -50% del cocomero al -8% del pomodoro da industria). La combinazione tra la riduzione delle superfici e quella diffusa delle rese unitarie ha fatto sì che la produzione complessiva sia aumentata solo per il pomodoro da tavola (da 110.500 quintali a 199.000 quintali) e per il pisello proteico (da 1.960 quintali a 3.000 quintali). E’ interessante osservare che per alcune coltivazioni erbacee il peso della produzione piacentina rispetto a quella regionale risulta piuttosto determinante: è infatti “maturato” a Piacenza il 79,6% del pomodoro da tavola emiliano romagnolo, il 34,7% del pomodoro da industria, il 34,2% dell’aglio e scalogno, il 26% del fagiolo e fagiolino, il 17% del pisello proteico, il 13% della cipolla, l’11,5% del mais ed ancora l’11.2% del frumento tenero. 84 Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013 Provincia di Piacenza: coltivazioni erbacee e produzioni, 2012 e 2013 e variazioni Superficie totale Produzione tot (q.li x COLTIVAZIONI Resa q.li x ha (ha) ha) ERBACEE 2013 2012 VAR.% 2013 2012 VAR.% 2013 2012 Frumento 20.150 2 53 75 -30 1.084.450 1.513.500 20.630 tenero Frumento duro 2.113 2.770 -24 41 66 -39 85.940 183.900 Orzo 3.005 2.805 7 46 52 -11 139.320 146.000 Avena 20 60 -67 30 34 -14 592 2.060 Mais 14.865 15.420 -4 65 97 -33 966.250 1.500.400 Sorgo 165 340 -51 52 68 -23 8.600 22.950 Pisello proteico 100 55 82 30 36 -16 3.000 1.960 Patata comune 55 63 -13 164 160 2 9.000 10.100 Asparago 28 28 0 35 50 -30 630 900 Fagiuolo e 1.530 -18 75 63 19 94.125 96.600 fagiolino 1.255 Pisello 410 621 -34 55 53 5 22.650 32.655 Aglio e scalogno 215 215 0 100 124 -20 21.500 26.725 Cipolla 390 450 -13 350 400 -13 136.500 180.000 Cocomero 68 40 70 300 600 -50 20.400 24.000 Pomodoro da tavola 296 170 74 672 650 3 199.000 110.500 Pomodoro da industria 7.130 8.590 -17 703 760 -8 5.012.900 6.529.800 Popone o melone 44 64 -31 300 242 24 13.200 155.000 Zucchina e zucca 180 160 13 120 180 -33 21.600 28.800 Colza 106 240 -56 20 31 -36 2.120 7.480 Girasole 460 525 -12 15 25 -40 6.900 13.125 Soia 1.090 950 15 20 26 -22 21.800 24.200 Altri cereali 144 196 -27 30 35 -14 4.320 6.840 Segale 10 10 0 20 30 -33 200 300 Barbabietola da zucchero 860 1.335 -36 480 620 -23 412.800 828.240 Fonte: Amm. Prov.le servizio agricoltura e Regione Emilia Romagna – Dir.Gen. Agricoltura VAR.% -28 -53 -5 -71 -36 -63 53 -11 -30 -3 -31 -20 -24 -15 80 -23 -91 -25 -72 -47 -10 -37 -33 -50 Passando invece a considerare l’ambito delle coltivazioni foraggere, l’unica variazione di rilievo da annotare a livello di superfici riguarda i prati permanenti passati ad occupare 12.420 ettari rispetto ai 9.820 del 2012. Immutata la superficie per erbai (10.390 ettari), erba medica (28.000 ettari), pascoli (4.450 ettari). Per quanto invece riguarda la produzione totale il segno della variazione è stato negativo nelle quattro diverse categorie. Provincia di Piacenza: coltivazioni arboree e produzioni, 2012 e 2013 e variazioni Superficie totale Superficie in (ha) Var. produz. (ha) Var. Rese q.li per ha Var. 2013 2012 % 2013 2012 % 2013 2012 % Melo 57 65 -12 49 51 -4 177 253 -30 Pero 129 144 -10 112 113 -1 136 208 -34 Albicocca 15 15 0 10 7 43 190 250 -24 Ciliegio 109 107 2 101 100 1 80 120 -34 Pesco 30 29 3 28 26 8 178 199 -11 Susino 25 20 25 18 16 13 80 160 -50 Olivo 21 21 0 11 11 0 3 1 257 Uva da tavola 25 25 0 20 15 33 98 98 0 Uva da vino 5.876 5.903 0 5.771 5.734 1 91 88 3 Fonte: Amm. Prov.le servizio agricoltura e Regione Emilia Romagna – Dir.Gen. Agricoltura COLTIVAZ.NI LEGNOSE Produzione totale (q.li) Var. 2013 2012 % 8.670 12.920 -33 15.230 23.460 -35 1.900 1.750 9 8.060 12.000 -33 4.990 5.180 -4 1.440 2.560 -44 27 8 238 1.950 1.465 33 522.056 503.412 4 Nella sezione delle coltivazioni arboree la superficie totale è diminuita di 0,7 punti percentuali soprattutto per effetto del calo che ha interessato gli investimenti a melo (-12%) e pero (-10%). In aumento invece l’estensione di frutteti a susino, ciliegio e pesco. Diversa è però la superficie in produzione: in calo ancora per melo e pero, in aumento per altre specie. Le rese sono state piuttosto deludenti se raffrontate con l’anno precedente: di positivo c’è solo l’incremento a carico di olivo (triplicato) e vite da vino (+3%). Grazie al gioco tra investimenti e rese unitarie tra il 2012 ed il 2013 si sono raccolte complessivamente quantità maggiori di albicocche (+9%), olive (+238%), uva da tavola (+33%) e uva da vino (+4%). Fatta pari a 100 la produzione complessiva regionale per categoria, si producono a Piacenza il 100% dell’uva da tavola, il 6,9% delle ciliegie, il 5,5% dell’uva da vino e percentuali quasi irrilevanti (ben al di sotto dell’1%) degli altri frutti. 85 Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013 Passando al settore lattiero caseario e in particolare al Grana padano, si può osservare come il 2011 abbia di fatto rappresentato il picco di forme prodotte (588.855) cui si era accompagnato anche il prezzo a chilogrammo maggiore nel più recente passato. Nel 2013 la produzione è risultata in calo del 6% circa sull’anno prima ed il prezzo medio ha subito una riduzione del 2,7%. La produzione piacentina che era arrivata –nel 2011- a pesare il 12,64% sul totale nazionale è scesa all’11,32%. Provincia di Piacenza: serie storica delle forme di Grana Padano prodotte e del prezzo al kg. 700.000 10,00 9,00 600.000 8,00 500.000 7,00 400.000 6,00 5,00 300.000 4,00 200.000 3,00 2,00 100.000 1,00 Forme prodotte 20 10 20 12 20 06 20 08 0,00 19 92 19 94 19 96 19 98 20 00 20 02 20 04 19 88 19 90 0 Prezzo medio al kg Fonte: Consorzio tutela Grana padano - Camera Commercio di Piacenza La consistenza del patrimonio zootecnico provinciale si è modificata tra il 2012 ed il 2013 con riguardo a tutte le principali componenti. I bovini (80.973 capi complessivamente) sono aumentati nel complesso dell’1,4% (+4,1% per le vacche da latte, -50,5% per i tori ed altre vacche), gli ovini-caprini (5.195) sono aumentati dell’1,6%, equini (4.255) e suini (93.355) sono diminuiti rispettivamente del 7,3% e del 17,2%. La produzione lorda vendibile agricola piacentina (PLV), secondo i dati provenienti dall’Assessorato all’agricoltura della Regione Emilia Romagna, si è attestata a 375,19 milioni di euro (erano 424,01 milioni di euro nel 2012), con un decremento del 11,5% sull’anno precedente. Alla riduzione hanno contribuito sostanzialmente i cereali (-45%), ma un apporto negativo è collegato anche a patate ed ortaggi, piante industriali e arboree. La voce più rilevante nella composizione della PLV provinciale è quella degli allevamenti che ne spiegano il 55,3% (207,38 milioni di euro, in crescita sul 2012). Alle coltivazioni erbacee si deve invece il 34,1% del totale (127,96 milioni di euro). La parte restante (10,6%) si imputa alle coltivazioni arboree (39,84 milioni di euro). Provincia di Piacenza: produzione lorda vendibile divisa per settori, 2013 e variazione rispetto al 2012 Valore PLV in mil di euro Cereali Patate e Ortaggi Piante Industriali Altre Erbacee Arboree Totale di cui vino Var. 20122013 46,27 69,08 2,83 9,78 39,84 -45,0 -7,5 -55,7 13,5 -17,9 35,50 -16,6 Allevamenti 207,38 2,8 Totale 375,19 -11,5 Fonte: Assessorato all’agricoltura Regione Emilia Romagna 86 Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013 Nell’ambito dei cereali la quota maggiore di PLV è ascrivibile al frumento tenero (22,88 milioni di euro) mentre fino al 2011 questo ruolo toccava al mais, nella sezione patate e ortaggi primeggia il pomodoro da industria (41,61 milioni di euro). Passando alle coltivazioni arboree la voce più importante è quella delle ciliegie (2,14 milioni di euro). Il vino contribuisce alla PLV provinciale con 35,5 milioni di euro. Nella parte zootecnica invece il dato più alto è associato al latte vaccino che vale 113,2 milioni di euro. La provincia che più contribuisce alla costruzione della PLV regionale è quella di Ferrara (15,3%), seguita da Modena (13,5%), Ravenna e Forlì Cesena (13% per ciascuna), Reggio Emilia (12,6%), Parma (11,6%), Bologna (10%), Piacenza (8,6%) e quindi Rimini (2%). Ferrara primeggia per effetto del contributo delle produzioni vegetali (erbacee in particolar modo), Ravenna ha la PLV maggiore legata alle coltivazioni arboree e Parma alle produzioni zootecniche. La borsa merci della Camera di commercio esegue a cadenza periodica rilevazioni dei prezzi di alcuni prodotti agricoli e capi zootecnici, tra i più commercializzati in provincia. Senza scendere nel dettaglio delle singole voci è possibile rilevare alcune tendenze. Così ad esempio si nota che, tra il 2012 ed il 2013, è diminuita in generale la quotazione del frumento tenero ed aumentata quella del duro, si è ridotta la quotazione del mais mentre l’orzo ha segnato una variazione positiva per il pesante e negativa per il leggero. La valutazione della soia è cresciuta. In crescita anche le quotazioni del burro (sia zangolato che di affioramento). Nell’ambito dei bovini da allevamento vi è una prevalenza di variazioni di segno negativo mentre in seno alla categoria di quelli da macello aumenti e decrementi si equivalgono a livello di frequenza. In seno ai foraggi tutte positive le variazioni di prezzo, fatta eccezione per la paglia di frumento pressata in rotoballe. L’aglio secco ha visto una riduzione piuttosto consistente mentre per le cipolle di produzione locale si è registrato un incremento. Da ultimo i vini, la cui valutazione è cresciuta sia con riferimento alla vendita in bottiglia che in damigiana. Provincia di Piacenza: media annuale dei prezzi di alcuni prodotti agricoli Media annuale Variazione % 2012 2013 2012/2013 CEREALI - Grano tenero: varietà speciali di forza superfino fino buono mercantile - Grano duro nazionale - Granoturco - Orzo: leggero pesante - Soia in granella q.le q.le q.le q.le q.le q.le 25,32 24,02 23,29 22,93 27,11 22,11 24,05 22,98 22,27 21,61 27,44 20,82 -5,0 -4,3 -4,4 -5,8 1,2 -5,8 q.le q.le q.le 21,33 22,45 43,85 19,78 24,21 45,89 -7,3 7,8 4,7 Kg. Kg. Kg. 8,79 8,42 7,55 8,65 8,19 7,00 -1,6 -2,7 -7,3 Kg. Kg. 2,28 2,24 2,93 2,88 28,5 28,6 Kg. Kg. Kg. 2,15 1,33 1,25 1,79 1,01 1,32 -16,7 -24,1 5,6 Kg. capo capo capo 1,18 387,92 988,43 786,47 1,30 370,00 990,00 790,00 10,2 -4,6 0,2 0,4 capo capo capo 552,43 1.249,06 811,56 545,00 1.225,00 815,00 -1,3 -1,9 0,4 capo capo capo 734,93 818,68 1.349,47 725,00 810,00 1.325,00 -1,4 -1,1 -1,8 Kg. 2,39 2,62 9,6 Kg. Kg. Kg. 1,89 1,48 1,37 1,90 1,52 1,39 0,5 2,7 1,5 LATTICINI - Grana Padano stagionato 20 mesi (riserva) stagionato 12-15 mesi stagionato 9 mesi - Burro di affioramento zangolato BOVINI DA ALLEVAMENTO - Vitelli incroci con razze da carne - Vitelli nostrani, M e F da 45 a 50 kg - Vitelloni nostrani da ingrasso 6-12 mesi - Vitelloni nostrani da ingrasso 12-18 mesi - Manzette fino a 12 mesi - Manze gravide oltre 6 mesi 1^ scelta - Vacche da latte 1^ scelta Iscritto al Libro Genealogico Ordinario : - Manzette fino a 12 mesi - Manze gravide oltre i 6 mesi - Vacche da latte Iscritto al Libro Genealogico Avanzato : - Manzette fino a 12 mesi - Manzette oltre 12 mesi - Manze gravide oltre 6 mesi BOVINI DA MACELLO - Vitelli comuni nostrani Vitelloni inferiori a 24 mesi: - Vitelloni extra incroci con razze da carne - Vitelloni nostrani 1^ qualità - Scottone nostrane 1^ qualità 87 Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013 - Manzarde - Vacche : - 1^ qualità - 2^ qualità - 3^ qualità Vitelloni e scottone extra di razze da carne: - Limousine, medie M e F - Charolllaise, medie M e F Altre razze importate, medie M e F Kg. Kg. Kg. Kg. 1,24 1,20 1,03 0,75 1,09 1,07 0,89 0,62 -12,1 -10,8 -13,6 -17,3 Kg. Kg. Kg. 2,43 2,36 2,15 2,45 2,36 2,15 0,8 0,0 0,0 q.le q.le q.le 9,63 9,76 10,06 10,61 13,06 13,60 10,2 33,8 35,2 q.le q.le q.le q.le 9,32 9,53 9,93 6,79 10,77 13,51 13,89 5,38 15,6 41,8 39,9 -20,8 q.le 165,00 135,00 -18,2 q.le q.le 23,00 16,00 35,94 19,50 56,3 21,9 q.le 40,50 n.q. - euro/l euro/l euro/l euro/l euro/l euro/l 0,55 0,70 0,82 0,82 0,80 0,83 0,68 0,78 1,00 1,00 0,90 0,90 23,6 11,4 22,0 22,0 12,5 8,4 euro/l euro/l 1,92 2,10 2,05 2,10 6,8 0,0 euro/l euro/l euro/l euro/l euro/l euro/l euro/l euro/l euro/l 1,60 1,70 1,90 1,90 1,90 1,90 1,90 2,00 2,00 1,70 1,85 2,00 2,00 2,00 2,00 2,00 2,00 2,00 6,2 8,8 5,3 5,3 5,3 5,3 5,3 0,0 0,0 euro/cad euro/cad euro/cad euro/cad euro/cad euro/cad euro/cad euro/cad euro/cad euro/cad euro/cad euro/cad euro/cad euro/cad 3,75 5,05 2,67 2,96 4,30 2,65 2,80 3,00 3,00 2,80 3,85 4,85 3,70 3,70 3,70 5,05 2,90 3,25 4,30 3,15 3,15 3,15 3,15 3,15 3,85 4,85 3,70 3,70 -1,3 0,0 8,6 9,8 0,0 18,9 12,5 5,0 5,0 12,5 0,0 0,0 0,0 0,0 FORAGGI Fieno di prato stabile - 1^ sfalcio - 2^ sfalcio - 3^ sfalcio Fieno di erba medica - 1^ sfalcio - 2^ sfalcio - 3^ sfalcio Paglia di frumento pressata in rotoballe ORTOFRUTTICOLI Aglio piacentino : - Secco Cipolle di produzione locale : - Borretane - Bianche Pomodoro da tavola : - lungo VINI Vino D.O.C. "Colli Piacentini" -cisterna - Barbera - Bonarda - Malvasia Secco - Malvasia Dolce - Monterosso Val D'Arda - Trebbianino Val Trebbia Vino D.O.C. - damigiana - Gutturnio - Ortrugo Vino D.O.C."Colli Piacentini" -damigiana - Barbera - Bonarda - Malvasia Secco - Malvasia Dolce - Monterosso Val D'Arda - Trebbianino Val Trebbia - Val Nure - Pinot Nero e Grigio - Sauvignon Vino D.O.C. "Colli Piacentini" - bottiglia - Gutturnio Superiore - Gutturnio Riserva - Barbera - Bonarda - Cabernet Sauvignon - Malvasia Secco - Malvasia Dolce - Monterosso Val D'Arda - Trebbianino Val Trebbia - Val Nure - Pinot grigio - Pinot nero - Sauvignon - Chardonnay Fonte Ufficio prezzi CCIAA di Piacenza Le imprese agricole iscritte al registro imprese piacentino sono risultate, nel 2013, 5.579, 221 in meno del 2012. La riduzione percentuale si è quantificata nel 3,8%, superiore a quella riscontrata un anno fa (-2,7%). Negli ultimi 5 anni (2009-2013) la riduzione complessiva è di 593 realtà, ovvero del 9,6% complessivamente. Questo fenomeno di progressiva riduzione dello stock di imprese agricole è comune a tutte le province della regione ma si riscontra anche nel contesto del Paese. 88 Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013 Imprese agricole registrate, Piacenza e province dell’Emilia Romagna, 2012 e 2013 e variazioni 2012 2013 Var.% Bologna 9.975 9.433 -5,4 Ferrara 8.742 8.327 -4,7 Forlì-Cesena 7.891 7.288 -7,6 Modena 9.168 8.733 -4,7 Parma 6.695 6.428 -4,0 Piacenza 5.800 5.579 -3,8 Ravenna Reggio Emilia 8.195 7.726 -5,7 6.896 6.479 -6,0 Rimini Emilia Romagna 2.972 2.811 -5,4 66.334 62.804 -5,3 ITALIA 818.283 785.352 -4,0 Fonte: Elaborazioni CCIAA Piacenza su dati Infocamere Stockview Il grafico illustra piuttosto nettamente che le iscrizioni di nuove imprese agricole sono calate negli ultimi anni, ed in particolare dal 2011, anno cui corrisponde un progressivo aumento delle cessazioni. Provincia di Piacenza: iscrizioni e cessazioni di imprese agricole nell’arco dell’ultimo quinquennio (2009-2013) 400 350 300 250 200 150 100 50 0 Anno 2009 Anno 2010 Anno 2011 iscrizioni Anno 2012 Anno 2013 cessazioni Fonte: Elaborazioni CCIAA Piacenza su dati Infocamere Stockview L’incidenza delle imprese agricole sul totale di quelle registrate è a Piacenza pari al 18,1% (nel 2009 era ancora del 19,4%). In regione questa grandezza è superata dal valore di Ferrara (22,6 imprese su 100 sono agricole) e da quello di Ravenna (18,8 imprese su 100). Il fatto però che la PLV complessiva di Piacenza sia la penultima in regione, induce a pensare che la redditività dell’imprenditoria agricola piacentina sia inferiore a quanto non si rilevi nelle altre province. Nel settore agricolo l’incidenza delle imprese individuali è ancora particolarmente spiccata sia a Piacenza che nelle province dell’area emiliana. Il raffronto tra i dati di incidenza fa anzi rilevare che nel piacentino le società di persone arrivano a pesare in misura superiore rispetto ad altri territori (solo Ravenna ha un dato più elevato). 89 Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013 Composizione percentuale delle imprese per forma giuridica, agricoltura, Piacenza e province dell’Emilia Romagna, 2013 Società di Capitale Società Imprese di Persone Individuali Cooperative Altre Consorzi forme Bologna 1,9 13,6 83,5 0,7 0,1 0,1 Ferrara 1,1 12,0 85,4 1,3 0,0 0,1 Forlì-Cesena 2,6 15,4 80,7 0,9 0,2 0,2 Modena 2,0 14,0 83,0 0,8 0,0 0,1 Parma 2,0 17,4 79,1 0,8 0,1 0,5 Piacenza 1,8 17,7 79,7 0,8 0,1 0,1 Ravenna 1,4 18,3 79,1 0,8 0,1 0,2 Reggio Emilia 1,4 16,9 80,0 1,5 0,0 0,1 Rimini Emilia Romagna 1,6 16,9 80,4 1,0 0,1 0,1 1,8 15,5 81,5 0,9 0,1 0,2 ITALIA 1,9 7,7 88,6 1,6 Fonte: Elaborazioni CCIAA Piacenza su dati Infocamere Stockview 0,1 0,2 Nel settore agricolo l’incidenza di imprenditori stranieri è ancora piuttosto limitata e tende a non spostarsi negli anni se non in misura contenuta. Il fatto che il gestire una azienda agricola comporti nella grande maggioranza dei casi anche un forte impegno economico in termini di acquisto del capitale fondiario è un ostacolo forte all’ingresso di imprenditori non “locali”. Le imprese che risultano invece femminili rappresentano poco meno di un quarto del totale. I comuni nei quali le imprese femminili sono più numerose in percentuale risultano, nell’ordine, Coli, Lugagnano, Ponte dell’Olio, Travo e Vigolzone. La classe imprenditoriale che guida le imprese agricole a Piacenza , così come nelle restanti province della regione, è composta in maggioranza da persone che hanno più di 50 anni. Complessivamente sono iscritte al registro imprese 7.285 persone operanti in imprese agricole. Lo studio della serie storica dei dati continua a confermare quanto avevamo già scritto in passato, ovvero che la tendenza che si rileva è quella di un progressivo invecchiamento di questi imprenditori (la classe di età superiore a 70 anni pesava il 23% sul totale nel 2004, è arrivata al 27,1%). Per contro gli imprenditori con meno di 29 anni sono passati nello stesso arco temporale dal 4,72% al 3,0% del totale. Imprenditori agricoli per classi di età (incidenza %), Piacenza e province dell’Emilia Romagna, 2013 fino a 29 anni da 30 a 49 anni da 50 a 69 anni >= 70 anni Bologna 2,2 23,5 42,2 32,1 Ferrara 4,0 30,7 43,5 21,8 Forlì-Cesena 2,2 26,4 46,1 25,2 Modena 2,5 23,6 42,4 31,5 Parma 3,2 26,5 40,6 29,7 Piacenza 3,0 28,1 41,8 27,1 Ravenna 2,1 25,2 45,4 27,3 Reggio Emilia 2,7 25,6 41,9 29,8 Rimini 2,1 27,6 45,5 24,7 Emilia Romagna 2,7 26,1 43,2 28,0 ITALIA 3,8 31,2 42,7 22,3 Fonte: Elaborazioni CCIAA Piacenza su dati Infocamere Stockview 90 Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013 A livello di mercato del lavoro, secondo i dati dell’Osservatorio provinciale, risulta che gli avviamenti al lavoro nel settore agricolo nel corso del 2013 sono stati 5.922, di cui 1.756 femmine e 4.166 maschi. Il sistema informativo SMAIL (Unioncamere Emilia Romagna) ha misurato tra giugno 2012 e giugno 2013 una flessione degli addetti del settore agricoltura pari al 2,2%. INDUSTRIA E COSTRUZIONI A partire dal 2003 Unioncamere realizza un’indagine congiunturale intervistando le imprese manifatturiere, allo scopo di verificare l’andamento effettivo del settore. La serie storica riesce così a dare una percezione abbastanza accurata di quanto si sta verificando. Dopo la riduzione terribile della produzione che si era registrata nel 2009 sembrava che l’attività aziendale fosse in procinto di rimettersi in funzione tra il 2010 ed il 2011 quando le variazioni erano tornate nel quadrante positivo. Nel 2012 e 2013 invece il segno della variazione è tornato negativo, appesantendo il quadro. Gli indicatori correlati, fatturato ed ordinativi, pur con variazioni nell’entità della percentuale hanno mantenuto lo stesso andamento. La variazione delle esportazioni invece è rimasta positiva dal 2010 al 2013 pur con ammontari via via più limitati. La produzione media assicurata dal portafoglio ordini si è contratta passando dai 10,6 mesi del 2012 agli 8 del 2013 Provincia di Piacenza: congiuntura dell’industria manifatturiera (tasso di variazione del trimestre di riferimento sullo stesso trimestre dell’anno precedente) Produzione 2003 2004 2005 4,0 2,0 2006 2007 2,4 2,6 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2,0 0,8 0,4 0,0 -2,0 -0,8 -0,7 -1,6 -2,8 -4,0 -4,3 -6,0 -8,0 -10,0 -12,0 -14,0 -13,2 Fatturato 2003 2004 2005 4,0 2006 2,7 2007 2,9 2008 2009 1,0 2,0 2010 2011 1,3 1,3 2012 2013 0,0 -0,3 -2,0 -4,0 -0,8 -1,9 -2,1 -3,6 -6,0 -8,0 -10,0 -12,0 -14,0 -16,0 -14,3 91 Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013 Ordinativi totali 2003 2004 2005 4,0 2006 2,4 2,0 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2,9 2,6 1,5 0,9 0,0 -2,0 -0,4 -1,4 -1,5 -4,0 -3,7 -4,5 -6,0 -8,0 -10,0 -12,0 -14,0 -13,1 Esportazioni 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2,6 2,2 2013 6,0 4,2 4,0 2,0 3,3 3,1 2,4 1,5 1,3 1,2 0,4 0,0 -2,0 -4,0 -6,0 -8,0 -7,8 -10,0 Mesi di produzione assicurati 12,0 10,9 10,6 10,0 8,0 8,0 6,0 4,0 3,7 3,4 3,3 3,7 3,7 3,6 2,8 1,8 2,0 0,0 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 Fonte: Unioncamere – Indagine congiunturale L’indagine congiunturale sull’edilizia fa ben vedere come l’andamento settoriale sia davvero preoccupante. Nella media del 2012 i risultati a livello regionale sembravano migliorare, probabilmente per effetto degli interventi legati alla ricostruzione post sismica. Il 2013 ha visto invece nuovamente muoversi verso il basso il 92 Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013 volume d’affari medio dichiarato dalle imprese intervistate. Provincia di Piacenza: settore delle costruzioni, volume d’affari medio dell’anno, in confronto con la media dell’anno precedente Media 2004 Media 2005 Media 2006 Media 2007 Media 2008 Media 2009 Media 2010 Media 2011 Media 2012 Media 2013 3,0 2,0 1,0 0,0 -1,0 -2,0 -3,0 -4,0 -5,0 -6,0 -7,0 Emilia Romagna Piacenza Fonte: Unioncamere – Indagine congiunturale Il numero di imprese attive iscritte alla Cassa Edile di Piacenza (sono soggette all’iscrizione le imprese esercenti attività edile ed affine che, sotto qualsiasi ragione sociale, esercitano l'attività edilizia nel territorio della provincia di Piacenza) sta diminuendo dalla fine del 2007. Nel 2013 ha raggiunto il picco più basso (pari a 602 realtà). Anche il numero delle ore lavorate è andato calando fino al totale di 2.256.880. Il numero medio di operai si è a sua volta contratto (fino a 1.754) così come il numero di ore lavorate per operaio (1.285). Provincia di Piacenza: numero di imprese attive iscritte alla Cassa edile e numero di ore lavorate complessivamente, 2004-2013 1200 3.500 1000 3.000 2.500 800 2.000 600 1.500 400 1.000 200 500 0 20 04 /2 00 5 20 05 /2 00 6 20 06 /2 00 7 20 07 /2 00 8 20 08 /2 00 9 20 09 /2 01 0 20 10 /2 01 1 20 11 /2 01 2 20 12 /2 01 3 0 Imprese attive Numero medio operai Fonte: Cassa edile di mutualità ed assistenza Sono 1.292, 20 in meno di un anno fa, le realtà manifatturiere non artigiane operanti a Piacenza. Il settore 93 Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013 secondario, quello che raggruppa anche le costruzioni e la fornitura di energia, conta complessivamente 2.655 soggetti, 37 in meno del dato di fine 2012. Provincia di Piacenza: imprese del settore secondario non artigiane, divise per sezioni di attività (%), 2013 Estrazione di minerali da cave e miniere 1% Costruzioni 47% Fornitura di acqua; reti fognarie, attività di gestione di rifiuti 2% Attività manifatturiere 48% Fornitura di energia elettrica, gas, vapore e aria condizionata 2% Fonte: Elaborazione CCIAA su dati Infocamere Stockview I settori che contano la maggiore numerosità di imprese iscritte –all’interno del manifatturiero- sono quelli della fabbricazione di prodotti in metallo (302 imprese, erano 294 nel 2012), della fabbricazione di macchinari (231 imprese, 6 in meno di un anno fa) e delle industrie alimentari (164, 2 in meno del 2012). Tra il 2012 ed il 2013 non si sono verificate positive variazioni di rilievo nella consistenza delle singole divisioni se si esclude quella già ricordata a carico della fabbricazione di prodotti in metallo. Provincia di Piacenza: consistenza settoriale delle imprese manifatturiere non artigiane, 2013 e 2012 e variazioni Divisioni Industrie alimentari Industria delle bevande Industria del tabacco Industrie tessili Confezione di articoli di abbigliamento. Fabbricazione di articoli in pelle e simili Industria del legno e dei prodotti in legno e sughero Fabbricazione di carta e di prodotti di carta Stampa e riproduzione di supporti registrati Fabbricazione di prodotti chimici Fabbricazione di prodotti farmaceutici Fabbricazione di articoli in gomma e materie plastiche Fabbricazione di altri prodotti della lavorazione di minerali non metalliferi Metallurgia Fabbricazione di prodotti in metallo (esclusi macchinari) Fabbricazione di computer e prodotti di elettronica e ottica Fabbricazione di apparecchiature elettriche ed elettroniche Fabbricazione di macchinari ed apparecchiature nca Fabbricazione di autoveicoli, rimorchi e semirimorchi Fabbricazione di altri mezzi di trasporto Fabbricazione di mobili Altre industrie manifatturiere Riparazione, manutenzione ed installazione di macchine Fonte: Elaborazione CCIAA su dati Infocamere Stockview 2013 164 18 1 18 54 12 29 11 47 24 3 45 2012 166 17 1 19 55 12 30 11 46 26 3 46 36 37 23 302 37 45 231 26 8 31 52 75 24 294 39 48 237 26 8 35 58 74 Var. -2 1 0 -1 -1 0 -1 0 1 -2 0 -1 -1 -1 8 -2 -3 -6 0 0 -4 -6 1 94 Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013 Una quota consistente e superiore alla metà delle imprese appartenenti al settore industriale che non hanno connotazione artigiana è costituita in forma di società di capitale (64,6%), seguono le società di persone (16,7%) e quindi le ditte individuali (12,8%). Le società cooperative ammontano invece al 4,1%. Provincia di Piacenza: imprese manifatturiere non artigiane per classe di natura giuridica, 2013 SOC. CAPIT. % sul totale delle imprese "industria" SOC. DI PERS. % sul totale delle imprese "industria" Estrazione di minerali da 18 0,7 2 0,1 cave e miniere Attività 897 33,8 212 8,0 manifatturiere Fornitura di energia elettrica, gas, 25 0,9 4 0,2 vapore e aria condiz. Fornitura di acqua; reti fognarie, 22 0,8 4 0,2 attività di gestione dei rifiuti Costruzioni 754 28,4 222 8,4 TOTALE 1.716 64,6 444 16,7 Fonte: Elaborazione CCIAA su dati Infocamere Stockview IMPR. INDIVID. % sul totale delle imprese "industria" COOP % sul totale delle imprese "industria" CONS.E ALTRE FORME % sul totale delle imprese "industria" 1 0,0 - - 133 5,0 43 1,6 7 0,3 9 0,3 1 0,0 8 0,3 5 0,2 3 0,1 6 0,2 192 340 7,2 12,8 63 110 2,4 4,1 24 45 0,9 1,7 ARTIGIANATO Dopo che nel 2011 la rilevazione trimestrale della congiuntura aveva lasciato sperare un cambiamento di rotta, i risultati dei due anni successivi hanno riportato gli indicatori in alveo negativo. Solo le esportazioni hanno visto nel 2013 una piccola variazione positiva. Risulta però in aumento, il che non è negativo, la produzione assicurata dal portafoglio ordini: era di 5,3 mesi nel 2012, è passata a 6,1 mesi nel 2013. Provincia di Piacenza: congiuntura dell’artigianato manifatturiero (tasso di variazione del trimestre di riferimento sullo stesso trimestre dell’anno precedente) Produzione 2003 2004 2005 4,0 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 -4,9 -5,0 2,2 2,0 0,6 0,5 0,0 -2,0 -4,0 -6,0 -2,9 -4,7 -3,8 -3,0 -3,6 -8,0 -10,0 -12,0 -14,0 -16,0 -14,8 95 Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013 Fatturato 2003 2004 2005 4,0 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 -5,1 -4,7 2012 2013 -6,0 -6,2 2012 2013 2,0 2,0 0,1 0,1 0,0 -2,0 -2,3 -4,0 -6,0 -3,1 -2,4 -3,3 -4,3 -8,0 -10,0 -12,0 -14,0 -14,3 -16,0 Ordinativi totali 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 4,0 1,5 2,0 0,6 0,1 0,0 -2,0 -1,2 -4,0 -6,0 -2,8 -4,5 -3,6 -4,3 -8,0 -10,0 -12,0 -14,0 -16,0 -16,0 -18,0 Esportazioni 2003 5,0 2004 2005 2006 2007 1,8 1,7 2008 2009 2010 2011 4,1 4,0 3,0 2,0 1,2 0,6 1,0 0,0 -0,1 -1,0 -0,9 -2,0 -3,0 -4,0 -5,0 -2,6 -3,3 -3,3 -4,5 96 Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013 Mesi di produzione assicurata 7,0 6,1 6,0 5,3 5,0 4,4 4,0 3,0 2,5 2,7 2,4 2,4 2,6 2,2 2,0 1,7 1,7 2009 2010 1,0 0,0 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2011 2012 2013 Fonte: Unioncamere – Indagine congiunturale Tra il 2012 ed il 2013 lo stock di imprese artigiane registrate ha subito una riduzione significativa, quantificabile nel 3,2%. Le aziende sono passate da 9.034 a 8.744. Le iscrizioni totali sono state 461 ma le cessazioni 751 (comprendovi una sola cessazione d’ufficio). Il settore nel quale il saldo tra aperture e chiusure è stato più consistente è quello delle costruzioni, seguito dal manifatturiero e quindi dalle altre attività dei servizi. Continua –come da tempo rilevato- la contrazione delle imprese operanti nel settore dei trasporti. I settori in crescita, se così si può dire, stante i numeri in gioco, sono solo quelli delle attività professionali, scientifiche e tecniche e del noleggio, agenzie di viaggio e servizi alle imprese. Provincia di Piacenza: imprese artigiane registrate, attive e flusso di iscrizioni e cessazioni, 2013 Cancellate Saldo totali totali d'ufficio A Agricoltura, silvicoltura pesca 117 117 6 17 0 B Estrazione di minerali da cave e miniere 8 8 0 0 0 C Attività manifatturiere 1.743 1.723 69 140 0 D Fornitura di energia elettrica, gas, vapore 1 1 0 2 0 E Fornitura di acqua; reti fognarie, rifiuti 18 18 1 2 0 F Costruzioni 3.998 3.987 248 378 1 G Commercio ingrosso e dettaglio; riparazione 467 465 18 32 0 H Trasporto e magazzinaggio 729 726 17 37 0 I Attività dei servizi alloggio e ristorazione 206 205 23 32 0 J Servizi di informazione e comunicazione 44 44 4 4 0 L Attivita' immobiliari 3 3 1 2 0 M Attività professionali, scientifiche e tecniche 115 114 6 4 0 N Noleggio, agenzie viaggio, servizi alle imprese 191 191 21 19 0 P Istruzione 16 16 0 0 0 Q Sanita' e assistenza sociale 2 2 0 1 0 R Attività artistiche, sportive, di intrattenimento 29 29 4 7 0 S Altre attività di servizi 1.046 1.043 40 71 0 X Imprese non classificate 11 11 3 3 0 TOTALE 8.744 8.703 461 751 1 Fonte: Elaborazione CCIAA Piacenza su dati Infocamere Stockview *comprendono le cancellate d’ufficio totale -11 0 -71 Saldo escluse cessate d'uff. -11 0 -71 -2 -1 -130 -2 -1 -129 -14 -20 -9 0 -1 -14 -20 -9 0 -1 2 2 2 0 -1 2 0 -1 -3 -31 0 -290 -3 -31 0 -289 Registrate Attive Iscrizioni Cessazioni All’interno delle province di confronto il risultato è stato generalmente negativo. Le cessazioni hanno sempre sopravanzato le iscrizioni, anche laddove non si sono avute cancellazioni d’ufficio. Il risultato più pesante ha interessato la provincia di Parma. 97 Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013 Imprese artigiane registrate e dinamica anagrafica, Piacenza e province dell’Emilia Romagna, 2013 Saldo Totale Saldo escluse cessate ufficio Tasso di crescita* 43 -385 -342 -1,2 854 5 -155 -150 -1,6 817 1.240 0 -423 -423 -3,2 22.205 1.747 2.144 22 -397 -375 -1,7 13.604 704 1.247 4 -543 -539 -3,8 Piacenza 8.744 461 751 1 -290 -289 -3,2 Ravenna 11.185 735 1.124 92 -389 -297 -2,6 Reggio Emilia 20.318 1.729 2.173 70 -444 -374 -1,8 Rimini 10.393 846 1.017 9 -171 -162 -1,5 137.108 9.722 12.919 246 -3.197 -2.951 -2,1 ITALIA 1.407.768 92.853 123.685 2.939 -30.832 -27.893 Fonte: Elaborazione CCIAA Piacenza su dati Infocamere Stockview *al netto delle cessazioni d’ufficio -1,9 Cessazioni Totali di cui Cancellate d'ufficio 1.984 2.369 9.511 699 Forlì-Cesena 12.917 Modena Parma Bologna Ferrara Emilia Romagna Imprese Artigiane al 31/12/2013 Iscrizioni 28.231 Nel quadro regionale spicca il risultato della provincia di Rimini, soprattutto se esaminata la variazione intercorsa tra il 2008 ed il 2013. In questo lasso temporale invece la provincia di Parma ha raccolto la variazione più negativa. Fatta eccezione per Rimini la riduzione registrata tra il 2012 ed il 2013 è stata sempre maggiore di quella constatata nel biennio precedente. A ag na ilia Em IT AL I R om ilia R im in i Em R eg gi o R av en na Pi ac en za a Pa rm M od en a es en a -C Fo rlì Fe rra ra Bo lo gn a Variazione % tra gli stock di imprese artigiane registrate, Piacenza e territori di confronto, 2011/12 e 2012/13 e 2008/13 2,0 0,0 -2,0 -4,0 -6,0 -8,0 -10,0 -12,0 -14,0 2011/2012 2012/2013 2008/2013 Fonte: Elaborazione CCIAA Piacenza su dati Infocamere Stockview Da alcuni anni l’incidenza delle imprese artigiane attive sul totale è in diminuzione. Nell’ultimo anno, in particolare, il calo è stato di 4 decimali di punto percentuale. La riduzione della compagine artigiana è riscontrabile in tutte le province dell’Emilia Romagna, pur se con intensità differenziate. A Reggio Emilia 40 imprese su 100 appartengono a questo comparto. Questo valore scende, per Piacenza, a 31,5 imprese su 100. 98 Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013 Incidenza % delle imprese artigiane attive sul totale delle imprese attive, Piacenza e province dell’Emilia Romagna, 2013 Totale Imprese Attive di cui: Imprese Artigiane Attive Bologna 86.562 28.157 Ferrara 33.446 9.481 Forlì-Cesena 38.773 12.899 Modena 67.190 22.101 Parma 42.163 13.578 Piacenza 27.666 8.703 Ravenna 36.520 11.164 Reggio Emilia 50.545 20.237 Rimini 35.521 10.354 Emilia Romagna 418.386 136.674 ITALIA 5.186.124 1.396.051 Fonte: Elaborazione CCIAA Piacenza su dati Infocamere Stockview Incidenza % Imprese Artigiane sul Totale 2013 32,5 28,3 33,3 32,9 32,2 31,5 30,6 40,0 29,1 32,7 26,9 Incidenza % Imprese Artigiane sul Totale 2012 32,7 28,4 33,5 33,2 33,0 31,9 31,1 40,3 29,4 33,0 27,7 I settori che danno lavoro alle imprese artigiane di Piacenza sono essenzialmente quattro: le costruzioni (45,7%), il manifatturiero (19,9%), gli altri servizi (12%) e quindi i servizi di trasporto e magazzinaggio (8,3%). Il confronto con le altre province non fa esaltare differenze e peculiarità. Il settore delle costruzioni, che era andato crescendo ad intensità elevatissime, ha arrestato il proprio trend. Nel solo 2013 le iscrizioni sono state 248 ma le cessazioni 378, con una perdita di 130 realtà. Sempre con riferimento al 2013 sono stati 36 i comuni nei quali le cessazioni di imprese artigiane hanno sopravanzato le iscrizioni: gli unici risultati positivi (e si parla di un saldo positivo per una unità ciascuno) sono quelli di Besenzone, San Pietro in Cerro e Zerba. Il 77,7% delle imprese artigiane registrate a Piacenza ha la forma giuridica della ditta individuale (si era al 79% un paio di anni fa), 18 su 100 sono le società di persone e quasi 4 su 100 le società di capitale. Il 43,7% delle società di capitale opera nel settore manifatturiero, il 34,6% nell’edilizia. Più del 50% delle ditte individuali è invece concentrato nelle costruzioni. Scomponendo le imprese artigiane per classe di anno di iscrizione se ne ricava che solo l’1,84% di quelle nate prima del 1969 risultano ancora in attività. Esse si muovono nei settori d’elezione dell’artigianato (manifattura, costruzioni, riparazione di beni personali, trasporti ed ancora altre attività di servizi). Man mano che ci si avvicina ai giorni attuali il numero di imprese artigiane registrate sale, come logico attendersi. Quasi il 20% di quelle in attività è stato costituito tra il 2010 ed il 2013. Provincia di Piacenza: imprese artigiane divise per settori di attività e classi di anni di iscrizione, 2013 Dal Dal Dal Dal Dal Ante 1970 1980 1990 2000 2010 1969 al 1979 al 1989 al 1999 al 2009 al 2013 TOTALE A Agricoltura, silvicoltura pesca 4 11 B Estrazione di minerali da cave e miniere 1 0 C Attività manifatturiere 56 171 D Fornitura di energia elettrica, gas, vapore 0 0 E Fornitura di acqua; reti fognarie, rifiuti 0 0 F Costruzioni 25 137 G Commercio ingrosso e dettaglio.. 27 64 H Trasporto e magazzinaggio 10 67 I Attività dei servizi alloggio e ristorazione 0 4 J Servizi di informazione e comunicazione 0 1 L Attivita' immobiliari 0 0 M Attività professionali, scientifiche e 0 4 tecniche N Noleggio, agenzie viaggio, servizi.. 0 2 P Istruzione 0 0 Q Sanita' e assistenza sociale 0 0 R Attività artistiche, sportive, di intratt. 0 0 S Altre attività di servizi 38 83 X Imprese non classificate 0 0 TOTALE 161 544 Fonte: Elaborazioni CCIAA di Piacenza su dati Infocamere Stock View 21 3 281 0 2 249 97 148 10 3 0 32 3 402 1 0 627 102 172 26 9 2 34 1 573 0 13 2.041 116 260 92 18 0 15 0 260 0 3 919 61 72 74 13 1 117 8 1.743 1 18 3.998 467 729 206 44 3 21 26 43 21 115 8 4 1 0 155 2 1.005 25 6 1 3 276 0 1.713 75 3 0 16 315 2 3.602 81 3 0 10 179 7 1.719 191 16 2 29 1.046 11 8.744 99 Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013 Le persone titolari di carica nelle imprese artigiane di Piacenza sono 11.265. Anche questa grandezza risulta in riduzione negli ultimi anni. La classe di età più rappresentativa raduna persone dai 30 ai 49 anni (53,4% del totale). Il 37,1% delle persone si colloca invece nella categoria 50-69 anni. Gli artigiani più anziani sono il 4,9% del totale. Se confrontati con i dati di un paio di anni fa se ne ricava che sono in crescita le classi di età più avanzate. L’artigianato sembra essere quindi un bacino di attività al quale pochi giovani si rivolgono. Novemila119 di questi individui appartengono al sesso maschile, ne deriva che solo il 19,1% è costituito da femmine (con un leggero aumento sul totale). Provincia di Piacenza: persone artigiane per settore e classe di età, 2013 da 18 da 30 < 18 anni 0 0 0 0 Sezioni Ateco2007 a 29 anni a 49 anni A Agricoltura, silvicoltura pesca 2 76 B Estrazione di minerali da cave e miniere 0 4 C Attività manifatturiere 70 1.179 D Fornitura di energia elettrica, gas, vapore 0 0 E Fornitura di acqua; reti fognarie, gestione 1 12 rifiuti 0 F Costruzioni 0 299 2.821 G Commercio all'ingrosso e al dettaglio; riparaz. 0 23 346 H Trasporto e magazzinaggio 0 14 402 I Attività dei servizi alloggio e ristorazione 0 29 175 J Servizi di informazione e comunicazione 0 3 36 L Attivita' immobiliari 0 0 3 M Attività professionali, scientifiche e tecniche 0 3 73 N Noleggio, agenzie di viaggio, servizi alle imprese 2 17 135 P Istruzione 0 0 13 Q Sanita' e assistenza sociale 0 0 1 R Attività artistiche, sportive, di intrattenimento 0 1 32 S Altre attività di servizi 0 49 704 TOTALE 2 511 6.012 Fonte: Elaborazioni CCIAA di Piacenza su dati Infocamere Stock View da 50 a 69 anni >= 70 anni 67 8 7 2 1.150 211 1 0 TOTALE** 153 13 2.610 1 10 1.441 0 129 23 4.690 345 452 84 22 2 56 61 10 0 0 770 929 298 61 5 72 6 154 76 13 1 5 4 0 235 30 2 4 436 4.183 0 65 557 37 1.254 11.265 Provincia di Piacenza: incidenza persone di sesso femminile per sezioni di attività, 2013 37,88 40,00 35,00 27,54 30,00 25,00 20,00 15,00 9,27 10,00 5,00 4,66 0,51 0,14 0,33 4,66 6,06 4,99 0,84 0,09 1,77 0,47 0,79 Es tra Ag ric zi ol on tu e r d im a Fo rn in er itu al M ra i an di i fa ac ttu qu re a, en er gi C a os tru zi on C om i m e Al rc In lo io fo Tr gg rm a i o sp az e or io ris ne to to e r a co zi on m u e At ni ca tiv z ita ' im ione At tiv m ità ob ilia pr o Se ri fe rv ss iz io ia na lle li i m At pr tiv es ità e Is ar t r tis uz tic io Al he ne tre ,s at po tiv rti ità ve di se rv iz i 0,00 Fonte: Elaborazioni CCIAA di Piacenza su dati Infocamere Stock View Volendo osservare la presenza femminile per settori, si individua che l’ambito più consono è quello dei servizi ed in particolare delle altre attività dei servizi. Seguono le manifatture. Abbastanza strano individuare 100 Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013 più donne nell’edilizia che non nel commercio ma per queste ultime attività si tratta prevalentemente delle riparazioni di beni personali e per la casa. COMMERCIO E TERZIARIO Le imprese registrate a Piacenza ed operanti nei settori del commercio e dei servizi sono risultate, a fine 2013, 15.876, 21 in più dell’anno prima (+0,1%). Le imprese attive sono 14.440 (erano 14.762 nel dicembre 2011). Il cosiddetto settore terziario continua a crescere a livello di numerosità: se nel 2011 radunava il 50,6% del totale delle imprese registrate, nel 2013 ne accorpa il 51,6%. Nelle province di Bologna e Rimini l’incidenza del settore terziario sul totale è superiore al 60%. Consistenza ed incidenza del settore terziario sul totale delle imprese registrate, Piacenza e province dell’Emilia Romagna, 2011-2013 Imprese Settore Terziario 2011 2012 2013 Bologna 58.987 59.103 59.606 Ferrara 18.533 18.595 18.768 Forlì-Cesena 23.297 23.349 23.474 Modena 39.659 39.889 40.258 Parma 23.874 24.152 24.363 Piacenza 16.065 15.855 15.876 Ravenna 21.996 22.058 22.176 Reggio Emilia 27.061 27.000 27.188 Rimini 26.544 26.699 26.911 Emilia Romagna 256.016 256.700 258.620 ITALIA 3.353.188 3.371.985 3.399.277 Fonte: Elaborazioni CCIAA di Piacenza su dati Infocamere Percentuale sul Totale Registro Imprese 2011 2012 2013 60,4 60,8 61,6 49,5 49,9 50,9 52,0 52,7 53,9 52,5 52,9 53,6 50,2 50,8 51,9 50,6 50,7 51,6 52,1 52,8 53,9 46,8 47,2 48,2 64,8 65,3 66,0 53,8 54,3 55,2 54,9 55,3 56,1 Passando ad esaminare i flussi di iscrizione e cessazione, si ricava che le prime sono risultate pari a 620 e le seconde 1.063, determinando così un saldo negativo per 443 realtà. Va sottolineato però che, grazie alle nuove procedure, non v’è l’obbligo al momento dell’iscrizione di dichiarare in quale settore di attività la nuova impresa andrà ad operare, ne consegue che su 1.636 iscrizioni totali ben 532 vengono collocate nella categoria delle non classificate; solo quando diventeranno attive esse entreranno a far parte di una sezione. Quindi v’è certezza sul numero delle cessazioni del comparto ma non su quello delle iscrizioni avvenute nel corso del 2013. Tra le chiusure, alcune sono state determinate d’ufficio (77/1.636). Scomponendo il totale delle imprese registrate per status ed osservandolo nell’arco dell’ultimo triennio, si vede che a fronte della riduzione delle imprese attive sono invece andate aumentando sia le imprese interessate da procedure concorsuali che quelle in scioglimento o liquidazione. Provincia di Piacenza: imprese del settore terziario per status, 2011-2013 Fonte: Elaborazioni CCIAA di Piacenza su dati Infocamere Anno 2011 Anno 2012 Anno 2013 Attive Sospese Inattive 14.762 14.483 14.440 23 14 21 574 597 635 Procedure concorsuali 215 220 221 Scioglimento o Liquidazione 491 541 559 TOTALE 16.065 15.855 15.876 Provincia di Piacenza: incidenza % delle forme giuridiche delle imprese del settore terziario sul totale per forma giuridica G Commercio all'ingrosso e dettaglio; ripar. H Trasporto e magazzinaggio I Attività dei servizi alloggio e ristorazione J Servizi di informazione e comunicazione K Attività finanziarie e assicurative L Attivita' immobiliari M Attività professionali, scientifiche e tecniche N Noleggio, agenzie viaggio, servizi alle imprese P Istruzione Q Sanita' e assistenza sociale R Attività artistiche, sportive, di intrattenimento S Altre attività di servizi Incidenza sul totale per forma giuridica Società di Capitale 20,8 3,4 3,9 3,8 1,0 12,9 5,5 2,0 0,5 0,9 1,9 0,7 57,4 Società di Persone 21,5 2,9 14,4 2,5 1,1 5,4 2,5 1,4 0,3 0,5 0,8 3,6 56,9 Imprese Individuali 24,1 3,8 5,6 1,1 2,5 0,8 1,7 1,5 0,1 0,1 0,4 5,4 47,1 Altre forme 7,3 9,3 3,1 3,6 0,4 3,9 8,1 8,1 4,7 3,8 14,1 1,4 67,7 TOTALE 22,5 3,7 6,9 1,9 1,9 4,2 2,8 1,8 0,4 0,4 1,2 4,0 51,6 101 Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013 Nel settore terziario le forme societarie sono piuttosto diffuse. Appartengono a questo composito settore il 57,4% delle società di capitale, il 56,9% delle società di persone, il 47,1% delle imprese individuali. Risulta quindi assodato che la strutturazione societaria ha raggiunto dimensioni più marcate che nella restante economia. Scendendo nel dettaglio delle divisioni in cui è articolato il comparto si conferma che il commercio al dettaglio è la divisione più importante per incidenza (22% del totale), seguita da quella del commercio all’ingrosso (15,8%). Supera il livello del 10% anche il nucleo di attività dei servizi di ristorazione. Provincia di Piacenza: composizione settoriale del terziario, 2013 Attive Sospese Ateco2007 G 45 Commercio all'ingrosso e al dettaglio e riparazione di auto 823 1 G 46 Commercio all'ingrosso (escluso quello di autoveicoli 2.264 0 G 47 Commercio al dettaglio (escluso quello di 3.272 2 H 49 Trasporto terrestre e mediante condotte 896 0 H 50 Trasporto marittimo e per vie d'acqua 1 0 H 52 Magazzinaggio e attività di supporto ai trasporti 117 0 H 53 Servizi postali e attività di corriere 12 0 I 55 Alloggio 109 0 I 56 Attività dei servizi di ristorazione 1.769 15 J 58 Attività editoriali 43 0 J 59 Attività di produzione cinematografica, di video. 45 0 J 60 Attività di programmazione e trasmissione 4 0 J 61 Telecomunicazioni 36 0 J 62 Produzione di software, consulenza informatica. 189 0 J 63 Attività dei servizi d'informazione e altri servizi inform. 235 0 K 64 Attività di servizi finanziari (escluse le assicurazioni ... 22 0 K 65 Assicurazioni, riassicurazioni e fondi pensione 12 0 K 66 Attività ausiliarie dei servizi finanziari 509 0 L 68 Attivita' immobiliari 1.129 1 M 69 Attività legali e contabilità 29 0 M 70 Attività di direzione aziendale e di consulenza gestional. 164 0 M 71 Attività degli studi di architettura e d'ingegneria 110 0 M 72 Ricerca scientifica e sviluppo 13 0 M 73 Pubblicità e ricerche di mercato 172 0 M 74 Altre attività professionali, scientifiche e tecniche 273 0 M 75 Servizi veterinari 1 0 N 77 Attività di noleggio e leasing operativo 50 0 N 78 Attività di ricerca, selezione, fornitura di personale 4 0 N 79 Attività dei servizi delle agenzie di viaggio, dei tour o... 52 0 N 80 Servizi di vigilanza e investigazione 9 0 N 81 Attività di servizi per edifici e paesaggio 219 0 N 82 Attività di supporto per le funzioni d'ufficio e altri serv. 169 0 P 85 Istruzione 106 0 Q 86 Assistenza sanitaria 68 0 Q 87 Servizi di assistenza sociale residenziale 12 0 Q 88 Assistenza sociale non residenziale 39 0 R 90 Attività creative, artistiche e di intrattenimento 83 0 R 91 Attività di biblioteche, archivi, musei ed altre attività... 7 0 R 92 Attività riguardanti le lotterie, le scommesse 12 0 R 93 Attività sportive, di intrattenimento e di divertimento 148 1 S 94 Attività di organizzazioni associative 2 0 S 95 Riparazione di computer e di beni per uso personale 238 0 S 96 Altre attività di servizi per la persona 973 1 TOTALE 14.440 21 Fonte: Elaborazioni CCIAA di Piacenza su dati Infocamere Stockview Inattive Procedure Scioglimento concorsuali o Liquidazione TOTALE % sul totale settoriale 34 98 134 30 0 5 0 8 157 1 1 0 3 7 7 5 0 4 63 1 16 64 24 29 0 9 0 2 13 0 1 0 1 1 2 3 0 4 11 0 30 84 62 25 0 16 1 5 55 3 1 1 2 4 12 1 1 9 75 1 904 2.510 3.494 980 1 147 13 124 2.009 47 48 5 42 201 256 31 13 526 1.279 31 5,7 15,8 22,0 6,2 0,0 0,9 0,1 0,8 12,7 0,3 0,3 0,0 0,3 1,3 1,6 0,2 0,1 3,3 8,1 0,2 1 5 0 7 12 0 0 0 2 1 1 5 3 0 3 0 8 11 2 15 11 0 3 0 175 127 16 199 299 1 56 4 1,1 0,8 0,1 1,3 1,9 0,0 0,4 0,0 1 0 1 5 3 2 1 0 8 0 3 12 0 4 12 635 4 0 2 4 1 0 1 2 4 0 0 6 0 1 1 221 4 1 12 11 6 3 1 0 56 1 0 17 1 1 7 559 61 10 234 189 116 73 15 41 151 8 15 184 3 244 994 15.876 0,4 0,1 1,5 1,2 0,7 0,5 0,1 0,3 1,0 0,1 0,1 1,2 0,0 1,5 6,3 100,0 33 Attingendo ai dati dell’osservatorio sul commercio di Infocamere (Trade View ) si osserva che nell’ultimo 33 Trade View consente di seguire nel tempo le dinamiche che interessano tutti gli esercizi che dichiarano una superficie di vendita al dettaglio, comprendendo quindi un insieme più vasto rispetto a quello rilevato dal registro imprese nella classe G52. 102 Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013 anno il numero di esercizi attivi con superficie di vendita a Piacenza si è ridotto di 20 unità che percentualmente equivalgono ad un -0,4%, arrivando nel complesso a 5.006 realtà. Nel 2011 erano 5.173 quindi nel triennio la perdita si è attestata sulle 167 realtà. Anche se di poco si è ridotta la percentuale di esercizi che operano nel settore non alimentare, che continua a mantenere il primato: si è passati dal 54,01% sul totale del 2011 al 52,92% del 2013. Resta altresì una quota consistente del totale (24,59%) per la quale non è rilevabile il settore merceologico. Provincia di Piacenza: consistenza degli esercizi commerciali in sede fissa per settori merceologici, 2011, 2012 e 2013 SETTORI MERCEOLOGICI ALIM. E NON NON ALIM. ALIMENTARE ALIMENTARE Esercizi Anno 2011 486 633 2.794 Esercizi Anno 2012 474 642 2.697 Esercizi Anno 2013 480 646 2.649 Struttura % 2011 9,39 12,24 54,01 Struttura % 2012 9,43 12,77 53,66 Struttura % 2013 9,59 12,90 52,92 Variazione % 2011/2012 -2,5 1,4 -3,5 Variazione % 2012/2013 1,3 0,6 -1,8 Fonte: Elaborazioni CCIAA di Piacenza su dati Infocamere Trade View NON RILEVABILE 1.260 1.213 1.231 24,36 24,13 24,59 -3,7 1,5 TOTALE 5.173 5.026 5.006 100,00 100,00 100,00 -2,8 -0,4 Nell’ultimo anno il numero degli esercizi commerciali in sede fissa è aumentato in tutte le province dell’Emilia Romagna, con la debita eccezione di Piacenza. Il segno negativo della variazione ha contraddistinto anche il risultato nazionale ma con un valore assoluto insignificante. Esercizi in sede fissa, Piacenza e province dell’Emilia Romagna, 2012 e 2013 Esercizi in sede fissa Variazione 2012/2013 2012 2013 Assoluta Percentuale Bologna 13.856 13.968 112 0,81 Ferrara 6.220 6.224 4 0,06 Forlì-Cesena 7.091 7.092 1 0,01 Modena 11.122 11.157 35 0,31 Parma 7.513 7.543 30 0,40 Piacenza 5.026 5.006 -20 -0,40 Ravenna 7.047 7.073 26 0,37 Reggio Emilia 7.159 7.222 63 0,88 Rimini 7.543 7.581 38 0,50 Emilia Romagna 72.577 72.866 289 0,40 ITALIA 1.010.510 1.010.459 -51 -0,01 Fonte: Elaborazioni CCIAA di Piacenza su dati Infocamere Trade View La forma giuridica dell’impresa individuale risulta quella più rappresentata in tutte le realtà territoriali. Seguono poi, in tutti i territori, società di persone e società di capitale. Esercizi in sede fissa per forma giuridica (%): Piacenza e province dell’Emilia Romagna, 2013 Impresa Società di Società di Province Individuale Capitale Persone Bologna 45,1 23,7 29,4 Ferrara 55,5 19,0 24,1 Forlì-Cesena 51,4 16,7 30,4 Modena 47,6 21,1 30,0 Parma 49,3 23,7 25,7 Piacenza 52,9 19,2 26,4 Ravenna 48,4 19,2 29,8 Reggio Emilia 48,7 19,0 30,1 Rimini 51,9 18,1 29,0 Emilia Romagna 49,3 20,4 28,6 ITALIA 56,1 20,6 22,2 Fonte: Elaborazioni CCIAA di Piacenza su dati Infocamere Trade View Altre Forme 1,8 1,5 1,6 1,3 1,3 1,5 2,6 2,2 1,0 1,6 1,2 Il commercio viene praticato non solo in sede fissa. Si possono infatti individuare operatori di commercio ambulante così come altre forme di vendita quali il commercio per corrispondenza, telefono, radio, internet, la vendita a domicilio, i distributori automatici e altre forme non meglio specificate. Complessivamente questi 103 Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013 operatori a Piacenza sono 826 (697 ambulanti e 129 complessivamente per le altre tipologie). Quasi il 50% delle attività di commercio al dettaglio al di fuori di negozi, banchi e mercati si concentrano a Piacenza nell’utilizzo di Internet. Questo valore è andato aumentando in misura significativa nel corso degli ultimi anni. Attività commerciali non in sede fissa per tipologia, Piacenza e province dell’Emilia Romagna, 2013 Commercio ambulante 1.891 789 1.000 1.385 693 697 1.228 919 1.203 Commercio per corrispond.,telefono, radio,tv,Internet 46 6 21 36 25 20 26 21 25 Altre attività commerciali non in sede fissa Commercio Vendita a Distributori Non solo via domicilio automatici specificato Internet 263 94 70 17 57 50 32 24 97 37 35 4 176 78 44 6 81 40 43 15 61 24 21 3 69 61 33 51 131 45 18 26 112 34 30 5 Bologna Ferrara Forlì-Cesena Modena Parma Piacenza Ravenna Reggio Emilia Rimini Emilia 9.805 226 1.047 Romagna ITALIA 183.986 2.815 12.588 Fonte: Elaborazioni CCIAA di Piacenza su dati Infocamere Trade View 463 11.223 326 4.410 151 5.705 TOTALE 490 169 194 340 204 129 240 241 206 2.213 36.741 Per alcuni anni avevamo rilevato la crescita costante delle imprese che praticano il commercio ma non in sede fissa. Tra il 2011 ed il 2012 se ne è registrata una battuta d’arresto (-2,37%), mentre tra il 2012 ed il 2013 una piccolissima crescita (+0,24%). La situazione nelle diverse province è stata piuttosto diversificata: in riduzione per Rimini e Ferrara, in crescita nelle restanti città. Esercizi commerciali non in sede fissa, Piacenza e province dell’Emilia Romagna, 2011, 2012 e 2013 2011 2012 2013 Bologna 2.317 2.357 2.381 Ferrara 915 966 958 Forlì-Cesena 1.166 1.157 1.194 Modena 1.710 1.719 1.725 Parma 914 890 897 Piacenza 844 824 826 Ravenna 1.435 1.443 1.468 Reggio Emilia 1.133 1.138 1.160 Rimini 1.539 1.544 1.409 Emilia Romagna 11.973 12.038 12.018 ITALIA 209.990 215.810 220.727 Fonte: Elaborazioni CCIAA di Piacenza su dati Infocamere Trade View Il nucleo degli esercizi commerciali non in sede fissa comprende come visto soprattutto commercianti ambulanti. Le categorie merceologiche più rappresentate sono quelle dell’abbigliamento e tessuti, seguite da quella degli alimentari. Esercizi che praticano il commercio ambulante, per specializzazione merceologica, Piacenza e province dell’Emilia Romagna, 2013 Non specificato 3,4 1,8 6,0 5,5 2,5 2,7 4,1 19,8 17,4 23,3 16,6 24,4 27,7 26,1 Mobili e Articoli di uso domestico 3,9 3,4 3,1 3,0 2,7 2,6 2,6 2,7 5,4 18,4 24,4 3,0 2,8 4,0 3,2 21,6 27,9 3,1 2,7 Abbigliamento, Abbigliamento Calzature e Alimentare Tessuti e e Tessuti Pelletterie Calzature Bologna 2,9 14,9 16,6 38,6 Ferrara 5,3 20,9 14,8 36,4 Forlì-Cesena 5,6 19,8 9,7 32,5 Modena 0,8 20,6 12,0 41,6 Parma 6,5 21,2 15,9 26,8 Piacenza 5,3 18,8 11,0 31,9 Ravenna 5,6 13,8 18,5 29,3 Reggio Emilia 5,9 20,9 13,2 35,9 Rimini 6,2 20,6 7,3 33,3 Emilia 4,5 18,5 13,4 34,8 Romagna ITALIA 7,6 20,2 11,5 27,0 Fonte: Elaborazioni CCIAA di Piacenza su dati Infocamere Trade View Altri Articoli 104 Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013 TradeView si occupa anche del settore degli intermediari. Il numero di questi soggetti tende a subire dei saliscendi tra un anno e l’altro. Nell’ultimo anno è risultato in aumento a Bologna, Forlì-Cesena e Rimini, in riduzione negli altri casi. Intermediari del commercio, Piacenza e province di confronto, 2011-2013 2011 2012 2013 Bologna 12.795 12.680 12.595 Ferrara 3.648 3.638 3.653 Forlì-Cesena 4.858 4.758 4.753 Modena 8.585 8.554 8.617 Parma 5.110 5.134 5.154 Piacenza 3.650 3.532 3.546 Ravenna 3.907 3.898 3.935 Reggio Emilia 6.185 6.114 6.152 Rimini 4.524 4.531 4.426 Emilia Romagna 53.262 52.839 52.831 ITALIA 665.217 660.131 661.303 Fonte: Elaborazioni CCIAA di Piacenza su dati Infocamere Trade View Var.% 20122013 -0,7 0,4 -0,1 0,7 0,4 0,4 0,9 0,6 -2,3 0,0 0,2 Gli intermediari si distinguono in operatori del commercio all’ingrosso, intermediari del commercio e settore auto. Percentualmente il peso è del 37% per i primi, del 38% per i secondi e del 25% per i terzi. Provincia di Piacenza: intermediari del commercio per specializzazione commerciale, 2013 Tipologia commerciale Commercio ingrosso Intermediari del commercio Settore auto Specializzazione commerciale Altri prodotti Altri prodotti di consumo finale Macchinari e attrezzature Materie prime agricole e animali vivi Prodotti alimentari, bevande, tabacco Prodotti intermedi non agricoli, rottami e cascami Alimentari, bevande, tabacco Auto e motocicli, compresi parti e accessori Combustibili, minerali, metalli, prodotti chimici Despecializzato Legname, materiali da costruzione Macchinari, impianti industriali, navi, aereomobili Materie prime agricole, tessili, semilavorati, animali vivi Mobili, articoli per la casa, ferramenta Non specificato Specializzato di altri prodotti n.c.a. Tessili, abbigliamento, calzature, articoli in cuoio Commercio di autoveicoli Commercio di parti e accessori di autoveicoli Commercio, manutenz. e ripar. di motocicli,parti e accessori Manutenzione e riparazione di autoveicoli Non specificato TOTALE Fonte: Elaborazioni CCIAA di Piacenza su dati Infocamere Trade View TOTALE 23 350 293 84 237 332 325 75 69 69 100 139 54 81 18 379 41 162 90 52 562 11 3.546 Le caratteristiche strutturali del sistema distributivo locale possono essere lette anche grazie all’ausilio dei dati del Ministero dello sviluppo economico. L’indagine dà il quadro al 1° gennaio di ogni anno. Le variazioni di numerosità che possiamo annotare tra i dati di fine 2011 e quelli di fine 2012 consistono nell’apertura di 1 grande magazzino, compensata però dalla chiusura di 2 supermercati e di 1 minimercato. Stabili le grandi superfici specializzate. Complessivamente si sono registrati due movimenti in direzioni opposte: le superfici di vendita sono diminuite di 1,54 punti percentuali mentre gli addetti sono aumentati di 1,52 punti percentuali, pari a 39 unità. L’incremento ha interessato ogni tipologia commerciale. Dal 2005 il numero degli addetti assorbito dal sistema distributivo è aumentato di 642 unità. 105 Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013 Provincia di Piacenza: caratteri strutturali del sistema distributivo commerciale, anni 2005 -2013 Grandi superfici Grandi magazzini Supermercati Ipermercati Minimercati specializzate Num. Mq Addetti Num. Mq Addetti Num. Mq Addetti Num. Mq Addetti Num. Mq Addetti vendita vendita vendita vendita vendita 2005 2006 6 6 30.306 30.156 193 160 6 7 14.420 15.628 232 192 53 54 43.249 44.476 1.190 1.198 1 2 4.500 9.495 133 223 24 30 7.856 9.562 210 228 2007 2008 8 11 34.427 42.382 207 262 7 5 15.628 12.950 201 150 57 58 48.882 51.530 1.269 1.168 2 4 9.495 21.668 207 506 36 35 11.477 11.030 261 254 2009 2010 11 13 42.382 45.887 262 318 5 6 12.950 13.850 192 190 62 67 55.086 61.172 1.245 1.211 4 4 21.668 20.793 491 494 40 36 12.533 11.306 257 237 2011 2012 13 15 45.887 55.471 314 360 7 10 8.792 21.742 169 184 69 69 63.463 63.967 1.245 1.287 4 4 20.793 20.793 487 481 39 38 12.277 12.024 253 249 2013 15 54.171 361 11 21.933 193 67 62.723 1.294 Fonte: Elaborazioni CCIAA di Piacenza su dati Ministero Sviluppo economico 4 20.793 501 37 11.693 251 Dal 2007 il settore del commercio –secondo quanto attesta l’indagine congiunturale- assomma risultati negativi. Nell’ultimo biennio si è assistito ad un crollo ancora più importante delle vendite. Gli effetti della crisi, della perdita di posti di lavoro, dell’incertezza per il futuro hanno ripercussioni decisamente significative sulla domanda interna e quindi sui consumi. Provincia di Piacenza: congiuntura del commercio al dettaglio – Vendite (tasso di variazione medio annuale sulla media dell’anno precedente) 2003 2004 2005 2006 2,00 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 1,44 1,10 1,00 0,18 0,13 -1,00 -0,45 -0,81 -0,94 -1,26 -2,00 -3,00 -4,00 -3,85 -4,50 -5,00 -5,00 -6,00 Fonte: Unioncamere – Indagine congiunturale 106 Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013 COOPERAZIONE Tra il 2012 ed il 2013 lo stock di cooperative registrate a Piacenza è risultato costantemente fermo a 565 unità. Il numero di quelle attive è invece sceso di 14 unità. Ben 176, delle 565 cooperative registrate, risultano in scioglimento o in liquidazione (31,2%). Trentatre sono invece interessate da procedure concorsuali. Le iscrizioni che si sono avute nel corso del 2013 sono state 20 mentre le cessazioni 19. Il settore che raggruppa il maggior numero di cooperative registrate è quello delle attività artistiche, al secondo posto vi è quello dei trasporti, al terzo quello edile. Poco distante si trova invece quello dei servizi alle imprese. Se l’attenzione si ferma sulle cooperative effettivamente attive il gruppo più numeroso è quello dei trasporti, seguito dalle cooperative nelle costruzioni e quindi dalle cooperative agricole. Provincia di Piacenza: cooperative attive per sezioni di attività, 2013 60 50 40 30 20 10 Fo r ni tu ra At ti vi tà m Ag r ic ol tu an ra ac i fa qu t tu a, rie ge re st io ne ri f iu C ti os t ru zi on C i om m er ci Al In o lo T fo g r a g rm s i o po az e rto io ris ne to r e az Fi co na io m ne nz un ia i c ri e az io e ne as si At cu tiv ra ita tiv ' im e At m ti v ob ità ilia pr ri of Se es rv s io iz ia na lle li Sa im p ni re ta se 'e I st as r At u si zi ti v st on en i tà e z ar a ti s so tic ci al he Al e ,d t re ii at nt ti v ra i tà tt. di se rv iz i 0 Fonte: Elaborazione CCIAA di Piacenza su dati StockView E’ possibile individuare, in seno alle cooperative attive a Piacenza, l’incidenza di quelle che si possono qualificare come “straniere” (pari al’11%), le artigiane (5%), le “femminili” (22%) ed infine le giovanili (9%). Provincia di Piacenza: imprese Cooperative attive per attività economica e articolazione per tipo di impresa, anno 2013 Imprese Cooperative Attive 31 28 0 Sezioni Ateco2007 A Agricoltura, silvicoltura pesca C Attività manifatturiere D Fornitura di energia elettrica, gas .. E Fornitura di acqua; reti fognarie,gestione rifiuti 3 F Costruzioni 35 G Commercio all'ingrosso e al dettaglio 16 H Trasporto e magazzinaggio 50 I Attività dei servizi alloggio e ristorazione 9 J Servizi di informazione e comunicazione 12 K Attività finanziarie e assicurative 2 L Attivita' immobiliari 5 M Attività professionali, scientifiche 16 N Noleggio, agenzie di viaggio, servizi impr. 40 P Istruzione 11 Q Sanita' e assistenza sociale 27 R Attività artistiche, sportive 17 S Altre attività di servizi 8 X Imprese non classificate 0 TOTALE 310 Fonte: Elaborazione CCIAA di Piacenza su dati StockView Imprese Straniere* 1 3 0 0 7 0 11 1 0 0 0 0 6 0 2 0 2 0 33 Di cui Imprese Imprese Artigiane* Femminili* 0 6 1 8 0 0 0 3 1 5 1 0 0 0 1 1 0 0 0 1 0 14 0 2 1 6 3 3 0 0 6 5 5 12 7 4 0 68 Imprese Giovanili* 2 4 0 0 4 1 6 1 0 0 0 2 4 0 0 4 1 0 29 107 Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013 Nell’ultimo anno il nucleo delle cooperative registrate è aumentato, o è rimasto stabile, in tutte le province dell’Emilia Romagna ad eccezione di Bologna. Nel quinquennio a Piacenza se ne è rilevata una riduzione pari al 3,25%. Cooperative registrate, Piacenza e province dell’Emilia Romagna, 2009-2013 2009 2010 2011 Bologna 1.590 1.586 1.553 Ferrara 498 502 484 Forlì-Cesena 762 763 691 Modena 1.259 1.319 1.364 Parma 798 812 801 Piacenza 584 587 557 Ravenna 541 550 548 Reggio Emilia 1.023 1.043 1.016 Rimini 472 489 486 Emilia Romagna 7.527 7.651 7.501 ITALIA 151.685 153.373 149.283 Fonte: Elaborazione CCIAA di Piacenza su dati StockView 2012 2013 1.545 491 698 1.432 838 565 562 1.030 498 7.660 148.180 1.535 498 701 1.480 864 565 569 1.030 510 7.753 146.405 Var.20122013 -0,6 1,4 0,4 3,4 3,1 0,0 1,2 0,0 2,4 1,2 -1,2 L’incidenza delle cooperative attive rispetto alle registrate si mantiene piuttosto bassa in tutte le realtà territoriali ma Piacenza registra il dato inferiore. A Ravenna invece questo rapporto arriva al 79,4%. Cooperative attive e registrate, Piacenza e territori di confronto, 2013 Cooperative di cui: Cooperative Registrate Attive Bologna 1.535 1.040 Ferrara 498 348 Forlì-Cesena 701 537 Modena 1.480 881 Parma 864 576 Piacenza 565 310 Ravenna 569 452 Reggio Emilia 1.030 679 Rimini 510 337 Emilia Romagna 7.753 5.160 ITALIA 146.405 76.770 Fonte: Elaborazione CCIAA di Piacenza su dati StockView Incidenza % Attive/Registrate 67,8 69,9 76,6 59,5 66,7 54,9 79,4 65,9 66,1 66,6 52,4 Le cooperative piacentine rappresentano il 7,3% di quelle regionali (in calo sul 2010) mentre il totale delle imprese piacentine è pari al 6,6% di quelle regionali: la forma cooperativa è quindi meglio rappresentata a Piacenza rispetto ad altre forme giuridiche. Provincia di Piacenza: cooperative attive per forma giuridica, 2013 Fonte: Elaborazione CCIAA di Piacenza su dati StockView COOP. SOCIALE 5,8% ALTRE SOC. COOP. 1,0% PICCOLA SOCIETA' COOP. ARL 0,3% SOCIETA' COOP. ARL 18,4% SOCIETA' COOP. 74,5% 108 Rapporto sull’economia nella provincia di Piacenza- 2013 Il 74,5% delle cooperative attive a Piacenza ha la forma giuridica della società cooperativa, il 18,4% della società cooperativa a responsabilità limitata e quindi il 5,8% della cooperativa sociale. Il settore nel quale risulta più elevato il peso delle cooperative attive sul totale delle imprese attive è quello della sanità ed assistenza sociale (22,69%), segue quello dell’istruzione (10,38%). Provincia di Piacenza: incidenza delle cooperative attive sul totale delle imprese attive, 2013 Sezioni Ateco2007 A Agricoltura, silvicoltura pesca B Estrazione di minerali da cave e miniere C Attività manifatturiere D Fornitura di energia elettrica, gas, vapore E Fornitura acqua; reti fognarie, gestione rifiuti F Costruzioni G Commercio ingrosso e dettaglio; riparaz. auto H Trasporto e magazzinaggio I Attività dei servizi alloggio e ristorazione J Servizi di informazione e comunicazione K Attività finanziarie e assicurative L Attivita' immobiliari M Attività professionali, scientifiche e tecniche N Noleggio, agenzie viaggio, servizi alle imprese P Istruzione Q Sanita' e assistenza sociale R Attività artistiche, sportive, di intrattenimento S Altre attività di servizi X Imprese non classificate TOTALE Fonte: Elaborazione CCIAA di Piacenza su dati StockView Cooperative Attive 31 0 28 0 3 35 16 50 9 12 2 5 16 40 11 27 17 8 0 310 Totale Imprese Attive 5.539 24 2.651 45 50 4.911 6.359 1.026 1.878 552 543 1.129 762 503 106 119 250 1.213 6 27.666 Incidenza % Coop. sul Totale 0,56 0,00 1,06 0,00 6,00 0,71 0,25 4,87 0,48 2,17 0,37 0,44 2,10 7,95 10,38 22,69 6,80 0,66 0,00 1,12 109