La cura in una prospettiva antropologica M. Pandolfi

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 Tre approcci principali caratterizzano i campi di
ricerca nell’ antropologia medica contemporanea.
-Un approccio microsociale dei sistemi di salute,
fondati sui dati etnografici e sul relativismo
culturale
-Un approccio collettivo e istituzionale della salute
che si avvale di ricerche e studi focalizzati intorno
alla « cura » e legati principalmente alle strategie
della salute pubblica .
-Un approccio globale e omogeneo della salute
legato al fenomeno della mondializzazione e al
carattere predittivo delle analisistatistiche
La finalità prima di un’antropologia a carattere teorico si è
progressivamente associata a degli oggettivi pratici,
privilegiando la riflessione sull’efficacia dei programmi di
salute nei contesti in cui tali programmi vengono applicati.
Disciplina insieme teorica e applicata vede nel concetto di
salute pubblica « globale » il terreno di riflessione più
fecondo.
I concetti chiave dell’antropologiame dicamostrano la
volontà di allargare l’analisi della salute e della malattia ,
campo privilegiato del saperemedico, a dati legati sempre
di più alle rappresentazioni delle specifiche e distinte
comunità locali.
La sfida del pensare globale guardando al locale significa
utilizzare conoscenze tecnico-scientifiche ben sapendo che
esse vivono trasformazioni necessarie quando esse vengono
applicate in contesti sociali e economici diversi.
Due grandi distinzioni sono utilizzate nell’analisi dei
comportamenti e delle teorie relative alla malattia, alla
salute e di conseguenza alla cura :
la distinzione dell’approccio emico-etico
La distinzione anglo-sassone, sviluppata principalmente
dalla Scuola Medica di Harvard che scompone in una
triangolazione la nozione della malattia, utilizzando i termini
disease/illness/sickness:
Due grandi distinzioni sono utilizzate nell’analisi dei comportamenti
e delle teorie relative alla malattia, alla salute e di conseguenza
alla cura :
—il concetto di disease rinvia alla malattia come alterazione
biologica, alle anormalità del funzionamento degli organi o del
sistema fisiologico
—•Il concetto di illness ci ricorda la percezione e l’esperienza
puramente soggettiva della malattia, l’attitudine dell’individuo
rispetto alle sue aspettative, credenze pratiche relative allo stato di
salute o all’evento malattia. Corrisponde al vissuto soggettivo di
uno stato fisico o psichico socialmente stigmatizzato.
—• Il termine sickness corrisponde alla descrizione della malattia
nel suo essere « sociale ». Il modo in cui un gruppo sociale,
rappresenta, interpreta, mette in atto strategie legate alla malattia
« socializzata ». I modelli eziologici e i comportamenti preventivi
per controllare o debellare una malattia in termini socio-culturali
fanno parte dell’universo della sickness.
CURA\UMANITARISMO\INTERVENTI
IN EMERGENZA
Transizione permanente
Dominazione terapeutica
Violenza iatrogena
Bio cittadinanza
Sovranità mobili
Vittima ideale
Emergenza nella lunga durata
Cura, sicurezza, controllo
Esiste una peculiartà dell’aiuto e del
soccorso della « vittima » che pone tutte le
procedure umanitarie in una zona morale
di « altorischio » : l’emergenza (la
catastrofe umanitaria), l’urgenza (la
temporalità di azione) e l’ingerenza (il
dovere\ diritto all’azione senza vincoli
normativi dei singoli Stati) compongono il
triangolo dove si consuma una nuova
modalità dell’azione politica.
ON THE ROAD: fral’Albania e il Kosovo
!15
1997-2012
Esperto per
UNDCP DI VIENNA1998-99)
IOM PROGETTO 1999-2001
Psycho- social Trauma
Response (PTR) Program
Curare la guerra?
L’umanitario militarizzato
Il 24 marzo 1999, poco dopo le ore 20, incominciano i
bombardamenti Nato a Pristina, alla periferia di Belgrado e a
Podgorica. Ad appena 4 giorni dall’inizio della guerra, in
Albania si contano almeno 60 mila profughi in fuga dal
Kosovo. Dopo 10 giorni, precisamente il 4 aprile, il
Pentagono decide di inviare 24 elicotteri Apache e 2000
soldati in Albania, e simultaneamente comincia il ponte
aereo con l'invio di aiuti umanitari per i rifugiati kosovari in
Albania e Macedonia. Negli stessi giorni, alcuni Paesi della
Nato si dichiarano pronti ad accogliere “temporaneamente”
almeno 100 mila rifugiati.Il 7 aprile l'Albania autorizza la
presenza di forze Nato nel Paese e secondo l'UNHCR il
numero dei profughi dal Kosovo è salito a 460 mila.
L’11 aprile 1999 il Consiglio della Nato approva il piano
operativo militare “Allied Harbor”, che prevede l'invio di
truppe Nato in Albania a sostegno dell'assistenza umanitaria
a favore dei rifugiati. Il Macedonia il 15 aprile si contano
circa 116 mila i profughi kosovari rifugiati.
Il 16 aprile ancora verso l’Albania si muovono, attraverso “i
corridoi del terrore”, altri 50 mila rifugiati. E intanto in
Macedonia i rifugiati sono saliti a 122 mila, a 320 mila in
Albania e a circa 75 mila nel Montenegro. Ma rimangono
ancora in Kosovo, sempre secondo l'UNHCR, tra 400 mila e
500 mila persone di origine albanese. Il 17 aprile l'Alto
Commissario dell'ONU per i diritti umani Mary Robinson
riferisce di violenze e atrocità “sempre più allarmanti” in
Kosovo. Secondo la Nato, sono stati incendiati 18 villaggi e
200 aree residenziali sono state “seriamente colpite” nelle
ultime tre settimane. Il 18 aprile secondo l'UNHCR i rifugiati
kosovari, compresi i 170 mila fuggiti prima dell'intervento
Nato, sono 711 mila.
CURA\GESTIONE\MILITARE\BUROCRATICA\
TECNOLOGIA\SICUREZZA\ORDINE
PROFESSIONALIZZAZIONE\VOLONTARIATO
TESTIMONIANZE\ I DID
DIRITTI UMANI E CURE
NUOVE TECNOLOGIE,
SENSIBILITÀ MEDIATICA ALLA SOFFERENZA
UMANA
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