Quella zona grigia abitata dai freelance Una ricerca a Roma

Quella zona grigia abitata dai freelance Una ricerca a Roma
Sospesi in una zona grigia tra lavoro dipendente ed indipendente vivono i freelance che a Roma e nella sua
provincia lavorano come consulenti o collaboratori nei servizi alle imprese, negli studi pubblicitari o di
architettura, nell`informatica, nella comunicazione, nella produzione teatrale e video-cinematografica, nel
reticolo degli enti di ricerca e delle universit Nel rapporto di ricerca curato da Sergio Bologna e Andrea
Fumagalli per l`Osservatorio sul mercato del lavoro della Provincia di Roma che sarpresentato oggi alle 1;3
al centro congressi in via Cavour 50, questi «contrattisti indipendenti» non hanno diritti né cittadinanza, ma
rappresentano la forza lavoro pi attiva in una metropoli dove la produttivitdel «terziario avanzato» inferiore
solo a quella di Milano.
Con una differenza: se nel capoluogo lombardo la tipologia prevalente del lavoro autonomo quella di
«seconda generazione», il consulente finanziario, l`editor o l`avvocato d`affari, nella Capitale esiste una
mescolanza tra la sua «prima generazione» (l`artigianato e il commercio) e la «terza», ciole attivitlegate alla
gestione del tempo libero, all`informatica, alla produzione culturale-artistica e comunicativa che non rientrano
nel rango delle professioni ordinistiche. Questo paradosso dovuto alla storia produttiva della citt dove
ancora oggi l`occupazione nell`economia tradizionale dei servizi (commercio o ristorazione, ad esempio) fa
la parte del leone con il 37,3%, ma anche alla diffusione molecolare dei contratti precari e della partita Iva
con le quali le imprese e gli enti pubblici sostituiscono il lavoro stabile, risparmiano sul suo costo e
impongono ai freelance di pagarsi tasse e contributi, senza
speranza di ricevere una pensione dalla gestione separata dell`lnps.
Per Bologna e Fumagalli questa situazione non solo il risultato della crisi del «terziario avanzato» dove
l`occupazione negli ultimi dieci anni passata dal 28 al 26 per cento o della deregolamentazione dei rapporti
di lavoro. Essa al fondo, il risultato della trasformazione del «lavoro post-fordista» che ha reso difficile
distinguere una prestazione lavorativa da un`attivitd`impresa, l`attivitautonoma da una subordinata. Solo
quando la statistica aggiorneri suoi parametri di analisi sarpossibile conoscere i numeri di una realtmobile
che ancora oggi viene definita attraverso una macrocategoria che comprende lavoratori dipendenti tempo
determinato, interinali e «ditte individuali». Per l`ufficio Statistiche del Comune, nel 2008 gli autonomi
oscillavano tra le 230 e le 240 mila unit Per la banca dati Asia dell`lstat nel 2009 erano oltre 320 mila. Se si
aggiungono i «precari» (collaboratori e lavoratori
a progetto) la quota complessiva arriva al 23,02% dell`occupazione totale. La ricerca prova a gettare luce
anche in questo marasma di cifre. l risultati sono ancora parziali ma, grazie ai dati dell`agenzie delle entrate
della provincia di Roma, dimostra che su 249 mila partite Iva a Roma e in provincia il gruppo pi forte quello
dei consulenti e dei liberi professionisti (24%, avvocati, notai o architetti), ma quello pi attivo rappresentato
dal lavoro della conoscenza e relazionale, cioda pubblicitari, informatici, dall`entertainment e dai lavoratori
domestici (nel 2007 erano pi di 88 mila persone, donne per l`86%). Gli autori del rapporto dimostrano inoltre
che negli anni del «veltronismo» dal 2000 al 2007 la quota del valore aggiunto delle attivitlegate alla
conoscenza cresciuta dal 25,1 al 28,9, mentre nei servizi tradizionali si registrata una contrazione dal
24,3% al 22,3%. Un`ascesa che sembra essere stata interrotta dalla crisi che ha fatto salire il tasso di
disoccupazione al 12 per cento, mentre 32 mila ricercatori, professionisti, informatici sono entrati nella
categoria degli «inattivi». La loro etmedia oscilla tra 25 e 34 anni, sono iper-specializzati e hanno studiato
nell`universitdel 3+2. La maggioranza iscritta agli albi e agli ordini professionali, anche se cresce il numero
di chi non garantito da un istituto pubblico di regolazione. Per il lavoro autonomo il prestigio sociale e il
reddito da ceto medio ormai un ricordo. Il rischio che, se e quando tornerla domanda delle «nuove»
professioni, le risorse necessarie non saranno pi disponibili.