PAOLO CORRADINI - ROBIN FOÀ
M. BOCCADORO - M.D. CAPPELLINI - C. CARLO-STELLA
M. CATTANEO - A.B. FEDERICI - C. GAMBACORTI-PASSERINI
G. LAMBERTENGHI DELILIERS - P.M. MANNUCCI - F. PANE
F. PEYVANDI - E.M. POGLIANI
Manuale di
EMATOLOGIA
II edizione
EDIZIONI MINERVA MEDICA
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– 2008 I edizione
– 2015 II edizione
ATTENZIONE
La medicina è un campo in continuo divenire. Occorre seguire precauzioni di sicurezza standard, ma con
l’ampliamento delle conoscenze determinato dalla ricerca e dall’esperienza clinica, possono diventare necessari cambiamenti nella terapia e nell’approccio farmacologico. Si consiglia al lettore di verificare le informazioni più aggiornate fornite dalla casa farmaceutica sul prodotto che deve essere somministrato allo scopo
di controllare dose, metodo e durata della somministrazione raccomandata e controindicazioni. È responsabilità del medico prescrivente determinare, sulla scorta dell’esperienza e della conoscenza del paziente, i
dosaggi e il miglior trattamento per ciascun singolo paziente. Né la casa editrice né gli autori si assumono la
responsabilità di ogni lesione e/o danno a persone o derivanti da questa pubblicazione.
Le fotocopie per uso personale del lettore possono essere effettuate nei limiti del 15% di ciascun volume/fascicolo di periodico dietro pagamento alla SIAE del compenso previsto dall’art. 68, commi 4 e 5, della legge 22 aprile 1941 n. 633.
Le fotocopie effettuate per finalità di carattere professionale, economico o commerciale o comunque per uso diverso da quello personale
possono essere effettuate a seguito di specifica autorizzazione rilasciata dal CLEARedi, Centro Licenze e Autorizzazioni per le Riproduzioni
Editoriali, Corso di Porta Romana 108, 20122 MILANO, e-mail [email protected] e sito web www.clearedi.org
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seguito di specifica Autorizzazione rilasciata da AIDRO, Corso di Porta Romana n. 108, Milano 20122, e-mail segreteria@aidro. org e sito web www. aidro. org
ISBN: 978-88-7711-816-5
© 2015 – EDIZIONI MINERVA MEDICA S.p.A. – Corso Bramante 83/85 – 10126 Torino
Sito Internet: www.minervamedica.it / e-mail: [email protected]
I diritti di traduzione, memorizzazione elettronica, riproduzione e adattamento totale o parziale, con qualsiasi mezzo (compresi
microfilm e copie fotostatiche), sono riservati per tutti i Paesi.
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EDITOR E AUTORI
EDITOR
Paolo Corradini
Cattedra di Ematologia Università degli Studi di Milano, Dipartimento di Ematologia, Fondazione IRCCS
Istituto Nazionale dei Tumori, Milano
Robin Foà
Cattedra di Ematologia, Dipartimento di Biotecnologie Cellulari ed Ematologia, Università Sapienza di
Roma
AUTORI
Claudio Annaloro
U.O. di Ematologia I e Centro Trapianti di Midollo, IRCCS Fondazione Ospedale Maggiore Policlinico
“Mangiagalli e Regina Elena”, Dipartimento di Scienze Mediche, Università degli Studi di Milano
Mario Boccadoro
Divisione Universitaria di Ematologia, Azienda Ospedaliero-Universitaria “S. Giovanni Battista di Torino”,
“Ospedale Molinette”, Torino
Antonino Cannavò
Centro Emofilia e Trombosi “A. Bianchi Bonomi”, Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore
Policlinico, Milano
Maria D. Cappellini
Dipartimento di Medicina Interna e Specialità Mediche, IRCCS Fondazione Ospedale Maggiore Poli­
clinico“Mangiagalli e Regina Elena”, Milano
Carmelo Carlo-Stella
Dipartimento di Oncologia ed Ematologia, Humanitas Cancer Center, Istituto Clinico Humanitas, Università degli Studi di Milano
Cristiana Carniti
Dipartimento di Ematologia, Fondazione IRCCS Istituto Nazionale dei Tumori, Università degli Studi di
Milano
Marco Cattaneo
Unità di Medicina III - Ematologia e Trombosi, Azienda Ospedaliera “San Paolo”, Università degli Studi di
Milano
Chiara Cerrato
Divisione Universitaria di Ematologia, Azienda Ospedaliero-Universitaria “S. Giovanni Battista di Torino”,
“Ospedale Molinette”, Torino
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IV
MANUALE DI EMATOLOGIA
Sabina Chiaretti
Divisione di Ematologia, Dipartimento di Biotecnologie Cellulari ed Ematologia, Università Sapienza di
Roma
Agostino Cortelezzi
U.O. di Ematologia I e Centro Trapianti di Midollo, IRCCS Fondazione Ospedale Maggiore Policlinico
“Mangiagalli e Regina Elena”, Dipartimento di Scienze Mediche, Università degli Studi di Milano
Ilaria Del Giudice
Divisione di Ematologia, Dipartimento di Biotecnologie Cellulari ed Ematologia, Università Sapienza di
Roma
Elena M. Elli
Divisione di Ematologia e Unità Trapianto di Midollo Osseo, Ospedale San Gerardo, Università MilanoBicocca, Monza
Lucia Farina
Dipartimento di Ematologia, Fondazione IRCCS Istituto Nazionale dei Tumori, Università degli Studi di
Milano
Augusto B. Federici
UOC di Ematologia e Medicina Trasfusionale, Azienda Ospedaliera e Polo Universitario Luigi Sacco; Dipartimento di Scienze Cliniche e Comunità, Università degli Studi di Milano
Eti Alessandra Femia
Unità di Medicina III - Ematologia e Trombosi, Azienda Ospedaliera “San Paolo”, Università degli Studi di
Milano
Barbara Ferrari
Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico, Milano
Nicola S. Fracchiolla
U.O. di Ematologia I e Centro Trapianti di Midollo, IRCCS Fondazione Ospedale Maggiore Policlinico
“Mangiagalli e Regina Elena”, Dipartimento di Scienze Mediche, Università degli Studi di Milano
Carlo Gambacorti-Passerini
Divisione di Ematologia e Unita Trapianto di Midollo Osseo, Ospedale San Gerardo, Università MilanoBicocca, Monza
Giorgio Lambertenghi Deliliers
IRCCS Fondazione Ospedale Maggiore Policlinico “Mangiagalli e Regina Elena”, Milano
Valeria Magarotto
Divisione Universitaria di Ematologia, Azienda Ospedaliero-Universitaria “S. Giovanni Battista di Torino”,
“Ospedale Molinette”, Torino
Pier Mannuccio Mannucci
Direttore Scientifico, IRCCS Fondazione Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico, Milano
Francesca R. Mauro
Divisione di Ematologia, Dipartimento di Biotecnologie Cellulari ed Ematologia, Università Sapienza di
Roma
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 EDITOR E AUTORI
V
Roberto Mina
Divisione Universitaria di Ematologia, Azienda Ospedaliero-Universitaria “S. Giovanni Battista di Torino”,
“Ospedale Molinette”, Torino
Antonio Palumbo
Divisione Universitaria di Ematologia, Azienda Ospedaliero-Universitaria “S. Giovanni Battista di Torino”,
“Ospedale Molinette”, Torino
Fabrizio Pane
Unità di Ematologia e Trapianti di Midollo, Azienda Ospedaliera Universitaria, Università degli Studi “Federico II”, Napoli
Flora Peyvandi
Centro Emofilia e Trombosi “A. Bianchi Bonomi”, Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore
Policlinico, Dipartimento di Patofisiologia e dei Trapianti, Università degli Studi di Milano e Fondazione
Luigi Villa, Milano
Gian Marco Podda
Unità di Medicina III - Ematologia e Trombosi, Azienda Ospedaliera “San Paolo”, Università degli Studi di
Milano
Enrico M. Pogliani
Divisione di Ematologia e Unità Trapianto di Midollo Osseo, Ospedale San Gerardo, Università MilanoBicocca, Monza
Raffaella Rossio
Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico, Milano
Mariangela Scavone
Unità di Medicina III - Ematologia e Trombosi, Azienda Ospedaliera “San Paolo”, Università degli Studi di
Milano
Luca Tagliabue
Unità di Medicina Nucleare, Azienda Ospedaliera “San Paolo”, Università degli Studi di Milano
Lilj Uziel
Azienda Ospedaliera “San Paolo”, Università degli Studi di Milano
Antonella Vitale
Divisione di Ematologia, Dipartimento di Biotecnologie Cellulari ed Ematologia, Università Sapienza di
Roma
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ai miei figli Matteo, Chiara e Giulia
Paolo Corradini
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Prefazione
Questo volume è stato redatto pensando espressamente agli studenti del corso di laurea in Medicina e
Chirurgia e a quelli del corso di Laurea in Biotecnologie, che si cimentano in modo specifico con l’ematologia. Quindi non un altro libro di ematologia, ma un manuale per studenti che fornisca loro le informazioni
necessarie per affrontare in modo esauriente questa complessa, articolata e sempre più affascinante disciplina.
Per cercare di spiegare il “fascino” dell’ematologia ricordiamo alcuni – tra i molti – capisaldi che ormai fanno
parte della storia della medicina, con particolare attenzione per gli avanzamenti ottenuti nel campo delle
neoplasie ematologiche, che in tempi passati erano sinonimo di prognosi infausta.
–– Il trapianto allogenico di midollo osseo, ora più propriamente definito di cellule staminali ematopoietiche, ha portato alla consegna del premio Nobel per la medicina a Donnall Thomas (Seattle) nel 1990. Il
trapianto allogenico si è sempre più diffuso in ematologia, per le patologie neoplastiche, l’aplasia midollare, le emoglobinopatie (un esempio per tutte: la talassemia). La ricerca ha permesso negli ultimi anni di
estendere tale procedura anche a donatori parzialmente incompatibili.
–– La scoperta, lo sviluppo e l’utilizzo clinico dei fattori di crescita. Due su tutti hanno avuto un fondamentale impatto in ematologia: il G-CSF e l’eritropoietina.
–– Lo sviluppo del G-CSF ha rivoluzionato i trapianti e permesso il recupero di cellule staminali (CD34+)
nel sangue periferico. Oggigiorno quasi tutti i trapianti autologhi vengono effettuati utilizzando cellule
staminali periferiche e la stessa opzione è offerta anche ai donatori allogenici.
–– La dimostrazione che il sangue di cordone ombelicale è ricco di cellule staminali. Queste ricerche hanno
portato all’uso del sangue cordonale per il trapianto di cellule staminali e allo sviluppo delle banche di
cordone.
–– I continui miglioramenti nella cura delle leucemie linfoblastiche acute del bambino, che oggi guariscono
nel 75-80% dei casi.
–– La prognosi progressivamente migliorata nei linfomi di Hodgkin con guarigioni nell’ordine dell’80% dei
casi.
–– La dimostrazione dell’efficacia dell’interferone alpha (IFN) in oncologia nasce dai risultati ottenuti in un
raro disordine linfoproliferativo a cellule B, la hairy cell leukemia. Ciò ha cambiato la storia naturale di
questa malattia e anche la storia dell’IFN in medicina.
–– La dimostrazione del difetto specifico associato alla leucemia acuta promielocitica e la prima applicazione
di una terapia specifica (“intelligente”) mirata a correggere il difetto in oncologia. Attraverso tale strategia
è cambiata la storia naturale dei pazienti affetti da questa patologia, che oggi rappresenta il sottogruppo di
leucemie acute a prognosi più favorevole.
–– La scoperta nel 1960 del cromosoma Ph (Philadelphia) in casi di leucemia mieloide cronica (LMC) ha
aperto una nuova epoca nella medicina contemporanea rappresentando la prima anomalia cromosomica
associata a una neoplasia. Ciò ha aperto la strada all’identificazione in cellule di LMC del gene di fusione
BCR-ABL e della sua relativa proteina.
–– Queste scoperte hanno condotto negli anni a identificare sempre più frequentemente alterazioni genetiche nelle neoplasie ematologiche permettendo nuove e più precise classificazioni, il monitoraggio della
malattia e lo sviluppo di terapie mirate.
–– Proprio per il trattamento di pazienti con LMC sono stati sviluppati inibitori delle tirosino-chinasi (TK)
di 1°, 2° e 3° generazione (imatinib, dasatinib, nilotinib, bosutinib, ponatinib) che hanno radicalmente
cambiato la cura e la prognosi di questa malattia. Un altro esempio di terapia specifica in ematologia che
deriva dalle acquisizioni della ricerca.
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VIII
MANUALE DI EMATOLOGIA
–– Questo stesso approccio è stato esteso con grande successo ai pazienti affetti da leucemia acuta linfoblastica (LAL) Ph+ – presente nei bambini, negli adulti e negli anziani, con percentuali crescenti – e che
prima dell’avvento degli inibitori delle TK rappresentava in assoluto la neoplasia ematologica a prognosi
più sfavorevole. Con gli inibitori oggi si raggiunge una remissione completa praticamente in tutti i casi.
–– Lo sviluppo della tecnologia per produrre anticorpi monoclonali (premio Nobel per la medicina a G.
Kohler e C. Milstein nel 1984) ha rivoluzionato le strategie diagnostiche in ematologia, permettendo altresì di monitorare la malattia minima durante il decorso clinico. Infine, sono stati sviluppati anticorpi
monoclonali umanizzati per uso clinico che hanno profondamente modificato la terapia di diverse patologie. Ricordiamo la strategia combinata di chemio-immunoterapia per i linfomi non-Hodgkin a cellule
B, oggi diventata la terapia standard, l’uso di anticorpi monoclonali in patologie quali la trombocitopenia
autoimmune e l’emoglobinuria parossistica notturna (un altro esempio di terapia mirata), e l’utilizzo di
diversi anticorpi monoclonali nel trattamento della leucemia linfatica cronica (LLC).
–– La disponibilità di un vasto armamentario terapeutico oggi per due patologie importanti e in aumento
– la LLC e il mieloma multiplo – per le quali per diversi lustri gli unici farmaci attivi erano praticamente
solo due agenti alchilanti, il clorambucile per la LLC e il melfalan per il mieloma. Ciò ha rivoluzionato
l’approccio terapeutico per queste malattie.
–– Lo studio del profilo genomico e l’utilizzo del sequenziamento rapido di ampie aree del genoma ha visto
applicazioni importanti in ematologia più che in ogni altra disciplina medica, aprendo nuove strade classificative, prognostiche e di individuazione di nuovi bersagli per terapie molecolari. Un esempio recente
sono le mutazioni di BRAF nella hairy cell leukemia.
–– Lo sviluppo di farmaci diretti verso il signaling pathway del B-cell receptor, quali ibrutinib e idelalisib
stanno modificando il nostro approccio terapeutico verso alcuni disordini linfoproliferativi cronici B, in
primis la LLC.
Questi sono solo alcuni tra i tanti esempi che si potevano fare per illustrare quali sono stati e quali sono
gli avanzamenti in ematologia osservati negli anni. Non si può non ricordare agli studenti come l’ematologia, più forse di tante altre discipline, è materia che coniuga costantemente il laboratorio con la clinica.
Non si può fare una “buona ematologia” oggi senza il supporto di molti laboratori integrati che garantiscano
diagnosi rapide e precise, accurate stratificazioni prognostiche, l’implementazione di terapie specifiche (impossibili senza l’ausilio del laboratorio), il monitoraggio della malattia minima residua, ecc. A ciò consegue
che il costante progredire delle tecnologie si traduce in un progressivo raffinamento delle tecniche utilizzate
in ematologia, un miglioramento delle conoscenze, nuovi farmaci e biofarmaci diretti non solo verso il clone
neoplastico, ma anche verso le cellule accessorie, il microambiente, ecc. La cosiddetta ricerca traslazionale
(from the bench to the bedside) è in ematologia una realtà da molti anni e i tempi di trasferimento dal laboratorio alla clinica sono sempre più rapidi. Ciò sta progressivamente conducendo a terapie sempre più personalizzate sulla base delle caratteristiche biologiche e cliniche non solo delle diverse patologie, ma anche di
sottogruppi di pazienti nell’ambito di una determinata patologia. Un esempio su tutti è rappresentato dalla
possibilità oggi di decidere se continuare, sospendere o modificare la terapia alla luce della presenza, assenza
o quantificazione della malattia residua minima sulla base di tecniche citofluorimetriche e molecolari.
Questo volume è stato reso possibile grazie all’impegno di molti colleghi e amici, tutte persone che nei
loro specifici campi di interesse sono personalità riconosciute a livello internazionale. Non si può infatti non
sottolineare come l’ematologia italiana brilli di luce propria nel contesto internazionale. Molte delle realizzazioni riportate sopra hanno visto gli ematologi italiani come assoluti protagonisti, e molti sono tra gli autori di
questo volume. A tutti loro, e ai loro collaboratori, che hanno seguito le istruzioni intese a realizzare un testo
quanto più possibile uniforme e armonico va quindi il nostro più sentito apprezzamento e ringraziamento.
Il nostro desiderio è che gli studenti possano apprezzare fin dal loro primo impatto la profondità dell’ematologia nelle sue diverse componenti cliniche e biologiche. Abbiamo cercato di limitare la trattazione ai concetti che uno studente di medicina e di biotecnologie dovrebbe conoscere. Abbiamo voluto altresì aggiungere
degli approfondimenti su punti specifici di particolare interesse. L’ultima speranza è che molti studenti,
ematologi potenziali, possano desiderare di perseguire una carriera ematologica e contribuire a un futuro
sempre luminoso del nostro Paese nel panorama dell’ematologia internazionale.
Paol o Corradini
Robin F oà
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 • INDICE
IX
INDICE
EDITOR E AUTORI...................................................III
PREFAZIONE...........................................................VII
Mielofibrosi con metaplasia
mieloide ....................................................... 139
E.M. Pogliani, E.M. Elli
1. FISIOLOGIA DELL’EMOPOIESI ......................1
11. SINDROMI IPEREOSINOFILE.................... 153
P. Corradini, C. Carniti
2. DIAGNOSTICA DI LABORATORIO
IN EMATOLOGIA ........................................... 11
F. Pane
3. MICROARRAYS E TECNICHE DI NEXT
GENERATION SEQUENCING (NGS)
IN EMATOLOGIA............................................ 29
S. Chiaretti, R. Foà
E.M. Pogliani, E.M. Elli
12. SINDROMI MIELODISPLASTICHE ........... 159
F. Pane
13. LINFOADENOPATIE..................................... 177
P. Corradini, L. Farina
14. LINFOMI . ..................................................... 183
P. Corradini, C. Carniti, L. Farina
4. DIAGNOSTICA PER IMMAGINI
IN EMATOLOGIA............................................ 39
Linfomi non-Hodgkin ............................... 183
Linfoma di Hodgkin ..................................204
L. Tagliabue, L. Uziel
5. ANEMIE .......................................................... 45
M.D. Cappellini
15. MALATTIE LINFOPROLIFERATIVE
CRONICHE LEUCEMICHE .......................... 213
6. APLASIE MIDOLLARI.................................... 69
16. GAMMOPATIE MONOCLONALI ............... 229
P. Corradini
R. Foà, I. Del Giudice, F.R. Mauro
7. ALTERAZIONI QUANTITATIVE
E QUALITATIVE DEI LEUCOCITI................... 77
M. Boccadoro, C. Cerrato, R. Mina, V. Magarotto,
A. Palumbo
Gammopatie monoclonali
di incerto significato . ............................... 229
Mieloma multiplo ...................................... 232
Amiloidosi sistemica ................................ 237
Macroglobulinemia
di Waldenström .........................................240
P. Corradini, L. Farina
Crioglobulinemie .......................................244
G. Lambertenghi Deliliers, C. Annaloro
8. Leucemia mieloide acuta . ................... 91
A. Cortelezzi, N.S. Fracchiolla
9. LEUCEMIA ACUTA LINFOIDE ..................... 99
R. Foà, A. Vitale
10. NEOPLASIE MIELOPROLIFERATIVE
CRONICHE ................................................... 113
E.M. Pogliani, C. Gambacorti-Passerini, E.M. Elli
Leucemia mieloide cronica (LMC) ......... 113
C. Gambacorti-Passerini
17. TRAPIANTO DI CELLULE STAMINALI
EMOPOIETICHE .......................................... 247
Policitemia vera ......................................... 126
E.M. Pogliani, E.M. Elli
Trombocitemia essenziale ....................... 133
18. CELLULE STAMINALI EMOPOIETICHE
E MEDICINA RIGENERATIVA .................... 257
E.M. Pogliani, E.M. Elli
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P. Corradini
C. Carlo-Stella
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X
MANUALE DI EMATOLOGIA
19. PATOLOGIA DELLE PIASTRINE . ............... 267
21. MICROANGIOPATIE TROMBOTICHE........ 339
M. Cattaneo, G.M. Podda, E.A. Femia, M. Scavone
20. MALATTIE EMORRAGICHE
E TROMBOTICHE CONGENITE
E ACQUISITE ................................................285
A.B. Federici, P.M. Mannucci, F. Peyvandi
Malattie emorragiche congenite
e acquisite ...................................................285
A.B. Federici, P.M. Mannucci, F Peyvandi
Trombofilie congenite e acquisite
e principi di terapia antitrombotica....... 316
A.B. Federici
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F. Peyvandi, B. Ferrari, A. Cannavò, R. Rossio
22. EMOCOMPONENTI, EMODERIVATI,
FATTORI RICOMBINANTI E MEDICINA
TRASFUSIONALE..........................................349
P. Corradini, A.B. Federici
23. EMERGENZE E URGENZE
IN EMATOLOGIA..........................................365
P. Corradini, L. Farina, A.B. Federici
Indice analitico . ...........................................383
RISPOSTE ALLE DOMANDE
DI AUTOVALUTAZIONE ......................................390
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INDICE
Microambiente midollare ................ 1
Fattori di crescita emopoietici ........ 3
Eritropoiesi ............................................ 4
Granulocitopoiesi ................................ 5
Piastrinopoiesi o
trombocitopoiesi .............................. 6
Monocitopoiesi .................................... 7
Linfocitopoiesi ...................................... 7
Bibliografia ........................................... 9
FISIOLOGIA DELL’EMOPOIESI
P. Corradini, C. Carniti
Le cellule del sangue hanno una vita limitata in circolo e vengono
continuamente rinnovate mediante il processo detto emopoiesi. Nel
soggetto adulto l’emopoiesi si realizza all’interno del midollo osseo,
con attività preponderante a livello di alcuni segmenti scheletrici: coste, sterno, ossa del bacino, scapole, cranio ed estremità prossimali
del­l’omero e del femore. Nella vita intrauterina le prime cellule emopoietiche si osservano nel sacco vitellino poi, dal secondo mese, inizia
l’emopoiesi epatica e successivamente quella splenica che diviene preponderante fino al settimo mese.
Tale processo avviene a partire da un unico tipo di cellula (cellula
staminale emopoietica o progenitore pluripotente), che presenta da un
lato la capacità di mantenersi in numero costante, dall’altro quella di
fornire elementi cellulari che, attraverso successivi processi di differenziazione e maturazione, daranno origine agli elementi maturi. Tutte
le cellule del sangue derivano dalle cellule staminali emopoietiche che
oltre a mantenere la loro popolazione possono produrre due tipi di cellule staminali emopoietiche pluripotenti: (colony-forming unit) CFU-S
e CFU-Ly. Il tipo CFU-S è precursore della linea mieloide: eritrociti,
granulociti, monociti e piastrine; il tipo CFU-Ly è precursore delle
cellule della linea linfoide (cellule B e T). Le cellule progenitrici che
derivano dalle CFU (colony-forming unit) sono unipotenti, cioè formano una sola linea cellulare. Le cellule precursori che derivano dalle
progenitrici perdono la capacità di autoriprodursi. La proliferazione e
la differenziazione della cellula staminale sono sotto la diretta influenza
dei fattori di crescita emopoietici, ma dipendono anche dall’interazione con le cellule stromali e le altre cellule che costituiscono il microambiente midollare.
L’emopoiesi cessa qualora il compartimento midollare venga depleto delle cellule staminali indifferenziate (Fig. 1.1).
σσMICROAMBIENTE MIDOLLARE
Le trabecole della spongiosa delimitano lacune midollari in cui si
annidano i progenitori emopoietici. Il microambiente midollare è costituito da vari elementi. I sinusoidi midollari caratterizzati da cellule
endoteliali prive di membrana basale, le cellule reticolari che fanno da
sostegno ai sinusoidi, adipociti, fibre reticolari che formano l’impalcatura e una matrice extracellulare costituita da collagene, proteine di
adesione e proteoglicani.
Nelle sezioni istologiche, gli elementi delle principali filiere midollari occupano uno spazio ben preciso rispetto alle trabecole ossee e
rispetto ai sinusoidi. I precursori eritroidi si trovano in prossimità dei
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2
MANUALE DI EMATOLOGIA
σσ Figura 1.1. — Emopoiesi.
sinusoidi, formando isolotti costituiti da un macrofago centrale e da eritroblasti disposti in modo
centrifugo con gli elementi più maturi alla periferia.
I megacariociti, occupano anch’essi lo spazio parasinusoidale e con le loro propaggini citoplasmatiche,
aggettano nel lume vasale per permettere la formazione delle piastrine.
Le cellule mieloidi occupano lo spazio centrale
delle lacune ossee, con i precursori più immaturi disposti in sede paratrabecolare e gli stadi intermedi
localizzati in zona inter-sinusoidale. La capacità di
raggiungere la circolazione sinusoidale è dovuta alla
perdita di adesività alle cellule stromali e allo sviluppo della motilità di queste cellule.
APPROFONDIMENTO
La maggiore evidenza dell’esistenza della cellula staminale pluripotente deriva da studi in vitro e modelli animali. Tali studi hanno mostrato la capacità rigenerativa
del midollo e del sistema emopoietico, mediante l’infusione di una determinata popolazione di cellule mononucleate dopo una completa mieloablazione:
–– cellule staminali in coltura su agar crescono e si differenziano in 5-10 giorni, dando origine alle colonie
emopoietiche;
–– l’infusione di una sospensione di cellule mononuclea­
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te midollari in topi letalmente irradiati, causa una proliferazione emopoietica nel midollo osseo e nella milza.
Le nicchie emopoietiche
Le cellule staminali risiedono in due nicchie differenti, la nicchia “osteoblastica” e la nicchia “vascolare”. In
quella osteoblastica, le cellule staminali sono associate
a un sottotipo di osteoblasti che rivestono la superficie
interna delle cavità midollari. In quella vascolare, sono
associate alla superficie delle cellule endoteliali che
rivestono i sinusoidi del midollo osseo e della milza.
Recentemente è stato dimostrato che le cellule reticolari ricche in CXCL12 (chemochina detta anche stromal
derived factor-1 SDF-1) si trovano in stretta associazione con le cellule staminali in entrambe le nicchie e
potrebbero servire come vie di transito per lo spostamento delle cellule staminali da una nicchia all’altra. Le
due nicchie sembrerebbero funzionalmente distinte:
si pensa che quella osteoblastica mantenga le cellule
staminali in fase di quiescenza per lungo tempo, mentre la nicchia vascolare manterrebbe le cellule staminali
per un tempo breve e favorirebbe la proliferazione e
la differenziazione nelle linee mieloide e megacariocitaria e la circolazione 1. L’alterazione delle nicchie delle
cellule staminali può portare allo sviluppo di patologie
mieloproliferative 2, 3. L’emopoiesi è mantenuta dalla
cellula staminale che è in grado di dividersi e differenziarsi sotto l’influenza di segnali intrinseci ed estrinseci,
questi ultimi provenienti dal microambiente midollare.
La regolazione del ciclo cellulare può modificare il destino della cellula staminale. Lo studio della proteina del
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1 • FISIOLOGIA DELL’EMOPOIESI
retinoblastoma (RB), che svolge un ruolo centrale nella
regolazione del ciclo cellulare, ha mostrato in modelli
murini, che una diffusa inattivazione di RB, induce un
importante stimolo mielo-proliferativo. Inoltre le cellule
staminali vengono indotte alla mobilizzazione in sedi extramidollari dove proliferano e si differenziano. Questo
fenotipo non è intrinseco alla cellula staminale, ma è il
risultato di una interazione RB-dipendente tra le cellule
mieloidi e il microambiente midollare. La mieloproliferazione non si osserva se si riproduce l’inattivazione di
RB nella cellula staminale che viene però mantenuta in
un microambiente wild-type, così come non si verifica
trapiantando cellule staminali normali in un microambiente RB-depleto. Questo dimostra che la mieloproliferazione può derivare da una alterata interazione tra la
cellula staminale e la nicchia emopoietica e che RB è un
regolatore essenziale di tali interazioni. La perdita di RB
nel microambiente e nelle cellule mieloidi determina
la distruzione della nicchia osteoblastica da parte degli
osteoclasti. Le cellule staminali vengono spiazzate dalla
loro nicchia omeostatica e vanno incontro a mobilizzazione verso la milza e a proliferazione in loco, determinando una patologia mieloproliferativa.
σσFATTORI DI CRESCITA EMOPOIETICI
I fattori di crescita emopoietici sono un gruppo
eterogeneo di citochine che stimolano i progenitori
cellulari del sistema emopoietico e inducono proliferazione e differenziazione. Nella maggior parte dei
casi sono glicoproteine a basso peso molecolare sintetizzate ed elaborate da varie cellule nel microambiente midollare (a eccezione dell’eritropoietina che
è prodotta dal rene). Si legano a specifici recettori di
membrana sulla superficie delle cellule del sistema
emopoietico e svolgono un ruolo chiave nella regolazione delle cellule emopoietiche sia in condizioni
fisiologiche che patologiche. Questi sono stati identificati principalmente utilizzando sistemi di coltura
in vitro che costituiscono un sistema adatto a chiarire il processo di formazione delle cellule del sangue
e nello stesso tempo utile a comprendere i meccanismi e la regolazione della differenziazione ematopoietica. Le cellule ematopoietiche non sono in grado
di sopravvivere in coltura in assenza di stimoli che
possono essere prodotti da cellule di supporto o che
sono presenti nel terreno di coltura. Lo sviluppo di
metodiche di coltura in mezzo semisolido (agar o
metilcellulosa) ha consentito l’identificazione degli
induttori richiesti per la proliferazione e differenziazione di precursori ematopoietici capaci di formare
colonie. La caratterizzazione di tali molecole è avvenuta in base al tipo di colonie che si sviluppano
in vitro sotto la loro azione: per questo motivo, ori-
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3
ginariamente, sono state denominate CSFs (Colony
Stimulating Factors). I CSF vengono distinti dal suffisso relativo al tipo di progenitore prevalentemente
sensibile all’azione della sostanza stessa. Ad esempio
il GM-CSF (granulocyte-macrophage-CSF) è in grado di stimolare la produzione delle CFU-GM (unità formanti colonie granulo-monocitarie), il G-CSF
(granulocyte-CSF) stimola le CFU-G (unità formanti colonie granulocitarie), il M-CSF (macrophageCSF) stimola la crescita delle colonie monocitarie.
L’interleuchina-3 (IL-3) è in grado in vitro di stimolare la formazione di CFU-GM, BFU-E (unità
formanti burst o macrocolonie eritroidi) e CFUMeg
(unità formanti colonie megacariocitarie).
I CFSs agiscono in maniera endocrina, paracrina,
o autocrina. Questi fattori presentano una significativa ridondanza funzionale ed esibiscono un’azione
pleiotropica, svolgendo diverse funzioni biologiche
su vari tessuti e cellule. La ridondanza funzionale
dei fattori di crescita è indice del fatto che il sistema emopoietico possiede una certa flessibilità, indispensabile in situazioni di emergenza. In questi
casi infatti una famiglia multigenica di citochine
cooperanti e capaci di estendere la loro azione a vari
livelli permette al sistema di mantenere una corretta
funzionalità anche in condizioni non ottimali, sopperendo alla mancanza di un determinato fattore
con la presenza di un’altra molecola regolatrice. Un
approccio sperimentale utile per chiarire il ruolo
di questa eterogeneità è stato quello di sopprimere
l’azione di una specifica citochina attraverso l’uso di
anticorpi in grado di bloccarne l’azione o mediante
la generazione di animali portatori di delezione o
inattivazione del gene corrispondente. I risultati di
alcuni di questi esperimenti indicano, per esempio,
che l’iniezione di anticorpi anti-Epo sopprime l’eritropoiesi, suggerendo che l’azione di tale molecola
non sia ridondante.
Sulla base di tali studi, le citochine possono essere classificate secondo il livello differenziativo delle
loro cellule bersaglio in:
–– fattori linea-non-specifici, che agiscono su precursori pluripotenti, quali interleuchina 3 (IL-3),
GM-CSF (Granulocyte-Macrophage-Colony Stimulating Factor), G-CSF (Granulocyte-Colony
Stimulating Factor) e interleuchina 4 (IL-4) che
sostengono la proliferazione di progenitori multipotenti dopo la loro uscita dalla fase di quiescenza. IL-3 viene prodotta dai T-linfociti e non
è un fattore linea-specifico in grado di stimolare
la produzione e il rinnovamento del compartimento staminale pluripotente e di indurre la dif-
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MANUALE DI EMATOLOGIA
ferenziazione verso tutte le linee mieloidi. La sua
azione è sinergica a quella del GM-CSF e del MCSF. Il gene che codifica per IL-3 è localizzato sul
cromosoma 5(q23-31). GM-CSF viene sintetizzato e secreto da varie cellule del microambiente
midollare: cellule stromali, fibroblasti, linfociti-T
e cellule endoteliali. Questo fattore stimola la crescita dei progenitori per i granulociti, monociti,
eritrociti ed eosinofili. Inoltre attiva i granulociti,
i monociti e i macrofagi e promuove la fagocitosi.
Il gene che codifica per questo fattore è localizzato sul braccio lungo del cromosoma 5. G-CSF
è una potente citochina che stimola la proliferazione e maturazione dei precursori granulocitari.
È prodotta da cellule stromali, monociti e macrofagi e cellule endoteliali. Il gene che codifica
per questo fattore è localizzato sul cromosoma
17(q11-21). IL-4 deriva dai linfociti T attivati e
dalle mast-cells. Il principale effetto è l’induzione
della proliferazione e differenziazione dei linfociti e dell’espressione degli antigeni di classe II del
complesso maggiore di istocompatibilità (MHC)
sui linfociti B quiescenti. IL-4 può inoltre agire
sui linfociti T, monociti, macrofagi, mast-cells,
fibroblasti e cellule endoteliali;
–– fattori specifici per una linea maturativa, capaci
di commissionare cellule unipotenti già commissionate, come eritropoietina (Epo), M-CSF
(Macrophage-Colony Stimulating Factor) e l’interleuchina 5 (IL-5). Epo è un regolatore fisiologico dell’eritropoiesi che viene sintetizzata dalle
cellule peritubulari del rene in risposta all’ipossiemia. Il gene che codifica per questa glicoproteina è localizzato sul cromosoma 7 (q11-22).
Circa il 10% dell’eritropoietina endogena è secreta dal fegato. M-CSF è un fattore di crescita
specifico della linea monocito/macrofagica ed è
secreto dalle cellule stromali, dai macrofagi e dai
fibroblasti. È una glicoproteina molto glicosilata,
è in forma dimerica e il gene che la codifica è
localizzato sul cromosoma 5(q33). È un potente
stimolatore dell’attivazione e attività dei macrofagi. Induce un incremento dell’espressione degli antigeni di classe II del MHC sui macrofagi
e promuove la citotossicità. IL-5 è unicamente
un fattore di differenziazione selettivo per gli eosinofili ed entro questi limiti mima l’azione del
GM-CSF e dell’IL-3. La proteina, di 30-40 kD,
forma un omodimero biologicamente attivo e
viene prodotta in seguito ad attivazione da parte
dei linfociti Th0 e Th2 e in maniera autocrina
dai granulociti eosinofili. L’effetto pro-eosinofilo
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dell’IL-5 si esercita solo su elementi precursori in
avanzato stadio maturativo conseguito per azione
della IL-3 e del GM-CSF;
–– fattori che inducono il reclutamento nel ciclo
cellulare di progenitori primitivi cineticamente
e funzionalmente inerti come interleuchina 6,
(IL-6), 11 (IL-11), 12 (IL-12) e SCF (stem cell
factor) che sostengono la formazione di colonie a
partire da progenitori ematopoietici in quiescenza. IL-11 è un fattore che incrementa il numero,
le dimensioni e la ploidia delle colonie megacariocitarie, in vitro. Ha un effetto sinergico con
IL-3 e IL-4 nelle fasi precoci dell’emopoiesi e con
la trombopoietina inducendo la proliferazione e
la maturazione dei megacariociti.
Tutti i fattori di crescita danno avvio alla trasduzione del segnale, attivando fattori di trascrizione
che a loro volta attivano geni che determinano il
differenziamento delle cellule del sangue. Sono stati
isolati numerosi fattori di trascrizione che regolano
la differenziazione lungo le linee cellulari più importanti tra cui: PU1 avvia il differenziamento mieloide;
GATA-1 ha un ruolo essenziale nel differenziamento eritropoietico e magacariocitico mentre Ikaros,
Ailos e Helios svolgono un ruolo importante nello
sviluppo linfatico. I fattori di trascrizione rappresentano un punto nodale del controllo dell’emopoiesi
ed eventuali aberrazioni di tale stato di funzionamento sono alla base di molte malattie tra cui leucemie e linfomi. La perturbazione dell’espressione
dei fattori di trascrizione può tradursi in alterazioni
dell’attività proliferativa e differenziativa delle cellule ematopoietiche producendo serie conseguenze
per il sistema sanguigno.
σσERITROPOIESI
L’eritrocita maturo deriva dalla cellula staminale
che si differenzia nelle cellule formanti colonie eritroidi e poi nel pro-eritroblasto che è il precursore
eritroide più precoce che si riesca a riconoscere nel
midollo osseo. È una cellula di grossa taglia con citoplasma basofilo e un nucleo ampio. Nel processo
di maturazione il nucleo diventa più denso e più
piccolo e alla fine viene estruso dalla cellula, la cellula diventa più piccola e il citoplasma diventa più
eosinofilo, per la crescente quantità di emoglobina
sintetizzata dai ribosomi. Negli stadi intermedi di
maturazione il citoplasma diviene policromatofilo,
per la presenza di proteine citoplasmatiche basofile insieme con l’emoglobina. Nelle fasi più mature,
invece il citoplasma diventa interamente eosinofi-
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1 • FISIOLOGIA DELL’EMOPOIESI
σσGRANULOCITOPOIESI
–– mieloblasto: la cellula mieloide più precoce riconoscibile nel midollo osseo. È una cellula di grossa taglia con un nucleo di grosse dimensioni;
–– promielocita: caratterizzato da un nucleo eccentrico, talora con nucleoli evidenti e numerosi
granuli citoplasmatici azzurrofili (granuli primari
che contengono molti enzimi);
–– mielocita: di dimensioni inferiori, nucleo centrale, presenza di una doppia popolazione di granuli, sia quelli azzurrofili che eosinofili (secondari
che contengono numerose sostanze battericide);
–– metamielocita: i granuli secondari diventano prevalenti, il nucleo diviene indentato;
–– neutrofilo: abbondante citoplasma con granuli
secondari prevalenti, nucleo polilobato. Il neutrofilo va incontro a numerosi cambiamenti sia
fisici che funzionali, acquisendo la capacità di
adesione, la motilità e la capacità fagocitica.
La cellula staminale a indirizzo mieloide si differenzia in tre tipi di cellule granulocitarie: neutrofili,
eosinofili, basofili. Gli stadi di maturazione della linea neutrofila, eosinofila e basofila sono simili.
Per i neutrofili gli stadi maturativi sono i seguenti:
Una volta dismesso in circolo, il granulocita maturo ha una emivita di circa 8-12 ore. Molti granulociti neutrofili rimangono adesi all’endotelio vasale
(compartimento marginato), altri, mediante il processo di diapedesi attraverso la parete vasale, vanno a
localizzarsi nei tessuti (pool tissutale) svolgendo una
lo. Nello stadio finale di maturazione, eritroblasto
ortocromatico, l’emoglobina è abbondante, nel citoplasma ci sono pochi ribosomi e mitocondri, il
nucleo è piccolo con cromatina molto addensata.
Quando il nucleo viene estruso, la cellula diviene
un reticolocita, che è la fase che precede l’eritrocita
maturo. I reticolociti rimangono circa 1 o 2 giorni nel midollo prima di essere rilasciati in circolo.
Gli eritrociti maturi hanno una emivita in circolo
di circa 120 giorni. La differenziazione eritroide nel
midollo richiede, in condizioni fisiologiche circa 5-7
giorni. Solo gli stadi precoci e intermedi possiedono la capacità mitotica (proeritroblasto, eritroblasto
basofilo, eritroblasto policromatofilo). In condizioni fisiologiche, la linea eritroide occupa nel midollo
circa il 25% della cellularità totale (Fig. 1.2).
5
σσ Figura 1.2. — Eritropoiesi.
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MANUALE DI EMATOLOGIA
importante attività fagocitica e nella risposta infiammatoria. Infine una piccola percentuale dei neutrofili rimane nel midollo (pool di scorta midollare).
Il processo di maturazione dalla cellula staminale
mieloide al neutrofilo maturo richiede circa 10 giorni. Solo gli elementi più immaturi hanno capacità
mitotiche, mentre dal metamielocita in poi la mitosi
non è più possibile. Le cellule mieloidi costituiscono
circa il 40-80% della cellularità midollare (Fig. 1.3).
σσPIASTRINOPOIESI
O TROMBOCITOPOIESI
I megacariociti sono le cellule midollari specializzate nella produzione delle piastrine. Derivano da
un precursore mieloide. Le piastrine sono frammenti citoplasmatici dei megacariociti e come tali non
possono essere considerate elementi cellulari. La
maturazione dei megacariociti avviene in tre stadi:
–– stadio basofilo (megacarioblasto): citoplasma basofilo privo di granulazioni, nucleo unico o bilobato;
–– stadio granulare (pro-megacariocita): il nucleo è
polilobato e il citoplasma è più eosinofilo e presenta fini granulazioni;
–– stadio maturo o fase piastrinopoietica: in questa
fase il megacariocita è una cellule di grossa taglia,
citoplasma abbondante e granulare che si frammenta alla periferia, il nucleo è polilobato e presenta da 16 a 32 lobature.
Il megacarioblasto non è capace di dividersi, e la
maturazione del nucleo e del citoplasma possono
non procedere parallelamente.
Diversi sono i fattori di crescita coinvolti, tra
questi la trombopoietina e IL-11 che agisce in
sinergia con IL-3 negli stadi più precoci e con la
trombopoietina nelle fasi più avanzate nell’indurre
l’aumento della ploidia e la maturazione dei megacariociti.
I megacariociti possono aumentare di numero nel
midollo osseo qualora si verifichi un consumo periferico delle piastrine (per sequestro o distruzione).
Ogni megacariocita è in grado di produrre migliaia
di piastrine da un unico processo di frammentazione citoplasmatica. Le piastrine dismesse in circolo
hanno una emivita di 8-10 giorni. La piastrinopoiesi midollare richiede circa 8-10 giorni in condizioni
fisiologiche (Fig. 1.4).
σσ Figura 1.3. — Granulocitopoiesi neutrofila.
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1 • FISIOLOGIA DELL’EMOPOIESI
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σσ Figura 1.4. — Piastrinopoiesi.
σσMONOCITOPOIESI
I monociti sono prodotti nel midollo osseo a partire da precursori staminali (CFU-GM) comuni anche alla linea granulocitaria. Le fasi maturative che
si riconoscono nel midollo sono:
–– monoblasto;
–– promonocita;
–– monocita maturo.
La monocitopoiesi midollare richiede circa 2,5
giorni in condizioni fisiologiche. I monociti circolanti hanno una emivita di circa 8-9 ore, mentre i
macrofagi rimangono nei tessuti per mesi. Fattori
di crescita rilevanti per la monocitopoiesi sono IL3, GM-CSF e M-CSF, mentre IL-10 è un potente inibitore dell’attività macrofagica ed esercita un
controllo negativo sull’espressione degli antigeni del
MHC dei macrofagi (Fig. 1.5).
σσLINFOCITOPOIESI
I linfociti derivano da una cellula staminale indirizzata verso la linea linfoide che origina dalla cellula
staminale pluripotente. Una volta differenziata ver-
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so la linea linfoide, questa cellula dà origine alle due
maggiori classi di linfociti: i linfociti B e i linfociti
T, che costituiscono due sottogruppi distinti con
funzioni diverse. Sebbene non sia possibile distinguere morfologicamente, al microscopio ottico, le
due sottopopolazioni, è tuttavia possibile seguirne la
differenziazione e la maturazione mediante l’identificazione di marcatori di superficie.
Linfociti B
I linfociti B devono il loro nome alla somiglianza funzionale con i linfociti che maturano in un
organo specializzato negli uccelli, detto Borsa di
Fabrizio. La cellula staminale che migra in questa
sede ectopica prolifera e matura in cellule capaci
di produrre anticorpi. L’analogo della Borsa di Fabrizio per gli essere umani è il midollo osseo o il
fegato fetale. La differenziazione in linfociti B maturi implica un complesso riarrangiamento genico.
L’espressione e la modificazione dei geni che codificano per le catene pesanti e leggere è fondamentale
per la produzione delle immunoglobuline. La maturazione culmina con la migrazione dei linfociti
B agli organi linfatici o ai tessuti linfoidi (milza,
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MANUALE DI EMATOLOGIA
σσ Figura 1.5. — Monocitopoiesi.
linfonodi, tonsille, intestino, fegato), dove possono
rimanere o da cui possono ricircolare liberamente
nella linfa o nel sangue. Quando antigenicamente
stimolati, i linfociti B aumentano di volume e diventano metabolicamente attivi e vanno incontro
a trasformazione blastica che culmina nella divisione mitotica. Le cellule linfoblastoidi divengono
sempre più efficienti nella produzione e secrezione
degli anticorpi e spesso si differenziano in cellule
altamente specializzate nella produzione di immunoglobuline, dette plasmacellule. Le plasmacellule
sono presenti nel midollo osseo, negli organi linfoidi e nei siti in cui si verifica la risposta immunitaria,
mentre normalmente non circolano nel sangue e
nella linfa.
I linfociti B e le plasmacellule sono le uniche cellule in grado di produrre immunoglobuline. Cloni
di linfociti B e plasmacellule possono espandersi o
ridursi sotto l’azione dei fattori che regolano la risposta immunitaria.
Linfociti T
I linfociti T sono così chiamati per la loro dipendenza dal timo per la loro maturazione e specializ-
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zazione. I linfociti T rappresentano circa il 60-70%
dei linfociti circolanti. Sono in grado di spostarsi liberamente dal sangue agli organi linfatici e di
ritornare al sangue attraverso la linfa. I linfociti T
non producono immunoglobuline, ma secernono
proteine od ormoni detti citochine in grado di promuovere o sopprimere l’attivazione di altri linfociti
T, dei linfociti B e dei macrofagi. Costituiscono la
parte principale della risposta immunitaria cellulomediata e coordinano la risposta immune.
Alcune cellule staminali già indirizzate in senso linfoide migrano nel timo, dove si verificherà la
differenziazione e la maturazione. Le cellule commissionate linfoidi attraversano la corticale timica
entrando in contatto con le cellule epiteliali. Attraverso questo microambiente unico, i timociti perdono e acquisiscono antigeni di superficie. La fase
finale della differenziazione porta alla generazione
delle due maggiori sottoclassi di linfociti T: linfociti
T helper (esprimono l’antigene CD4) e linfociti T
suppressor (esprimono l’antigene CD8) che vengono
dismessi nella circolazione sanguigna e linfatica. Il
loro ruolo principale è la regolazione e la modulazione della risposta immunitaria.
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1 • FISIOLOGIA DELL’EMOPOIESI
Linfociti non-B e non-T
σσBibliografia
Costituiscono una piccola percentuale dei linfociti circolanti, non hanno la capacità di produrre
immunoglobuline e non hanno il pattern antigenico che li renda timo-dipendenti per la maturazione.
Hanno dimensioni leggermente maggiori dei linfociti B e T, ampio citoplasma chiaro e granulazioni
citoplasmatiche. Il loro ruolo immunologico è legato alla capacità di lisare cellule infettate da virus e
cellule tumorali mediante un meccanismo anticorpo-mediato, in assenza di evidente stimolo antigenico. Queste cellule vengono chiamate natural killer
(NK).
  1. Perry JM, Li L. Disrupting the stem cell niche: good
seeds in bad soil. Cell 2007;129(6):1045-7.
  2. Walkley CR, Olsen GH, Dworkin S et al. A microenvironment-induced myeloproliferative syndrome
caused by retinoic acid receptor gamma deficiency.
Cell 2007;129(6): 1097-110.
  3. Walkley CR, Shea JM, Sims NA et al. Rb regulates interactions between hematopoietic stem cells
and their bone marrow microenvironment. Cell
2007;129(6):1081-95.
  4. Fey MF. Normal and malignant hematopoiesis. Ann
Oncol 2007;18 Suppl 1:i9-i13.
9
DOMANDE DI AUTOVALUTAZIONE
1) I globuli rossi:
a) sono elementi cellulari dotati di nucleo e organuli
citoplasmatici
b) derivano da una cellula staminale chiamata reticolocita
c) sopravvivono in circolo 7 giorni
d) hanno una emivita di circa 120 giorni
2) I fattori di crescita che stimolano l’emopoiesi:
a) sono tutti prodotti a livello midollare
b) sono tutti linea specifici
c) sono tutti disponibili come farmaci per stimolare
l’emopoesi nei pazienti pancitopenici
d) inducono la proliferazione la maturazione delle varie
linee midollari
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3) Qual è il fattore di crescita specifico per la maturazione
granulocitaria?
a) G-CSF
b) M-CSF
c) eritropoietina
d) trombopoietina
4) I linfociti T:
a) derivano da una cellula staminale distinta rispetto ai
linfociti B
b) contribuiscono alla risposta immunitaria con la produzione di anticorpi
c) si distinguono in T-helper e T-suppressor
d) possono essere distinti dai linfociti B con la semplice
osservazione al microscopio ottico
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