diritto commerciale - riassunto e appunti libro 1

Diritto
Commerciale
Corso P-Z – 2012/13
Appunti lezioni con la prof. Vercellino integrati con il libro Campobasso
PARTE 1 : Libro 1 – fino a pag 160
A cura di Ilaria Tranquillo
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Diritto commerciale – Ilaria Tranquillo
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Introduzione al diritto commerciale
Nel nostro sistema giuridico privato possiamo individuare un articolato insieme di norme che
riguardano l’imprenditore e l’attività da lui svolta (vedi dopo pag. Per la definizione di
imprenditore)
La complessità è da ricercare nel fatto che numerosi interessi meritevoli di tutela gravatano intorno
alla realtà di impresa.
Lavoratori dipendenti dell’impresa
imprenditore: interessi legati all’esercizio
dell’attività
impresa
consumatori/clienti che
acquistano i prodotti dell’impresa
finanziatori: garanzie sui loro crediti
chi risiede vicino all’attività produttiva
(tutela ambientale)
Il legislatore deve tener conto di questi interessi che variano continuamente nel tempo.
Altro elemento di complessità della disciplina è il fatto che la normativa non proviene unicamente
dalla stessa fonte (codice civile, leggi speciali, regolamenti di soggetti privati come la consob...)
Inoltre la materia ha una vocazione ultranazionale perchè i rapporti derivati dagli scambi
intercorrono spesso tra soggetti di diversi stati. Hanno grosso peso le normative europee e le fonti di
diritto internazionale.
La Costituzione riconosce la proprietà privata e la libertà di iniziativa economica. Ciò inserisce il
nostro paese tra quelli che prescelgono un modello di sviluppo economico basato sull’economia
di mercato. Tale modello presuppone
a) La tendenziale libertà dei privati di dedicarsi alla produzione e alla distribuzione di quanto
necessario per il soddisfacimento dei bisogni della collettività
b) Libertà di competizione economica fra quanti operano sul mercato
Sono libertà relative, strumentali alla realizzazione del benessere collettivo, quindi indirizzate
controllate e coordinate dalla trama degli interventi pubblici legittimati dalla Costituzione.
Il diritto commerciale moderno è frutto di un percorso evulutivo di molti secoli
La nascita del diritto commerciale si colloca attorno l’XI secolo, momento in cui si chiude l’epoca
feudale; precedentemente ogni feudo bastava a sè stesso, produceva tutto ciò che era
necessario al sostentamento degli abitanti; gli scambi erano sporadici e effettuati per ottenere ciò
che era impossibile ottenere nel proprio feudo, erano solo funzionali al sostentamento.
Col nascere delle città gli scambi si intensificano e emerge la figura del mercante, colui che si
dedica professionalmente agli scambi per ottenere un profitto. Il sistema normativo prevedeva
però solo fonti di diritto romano e canonico, inadatti alla materia perchè aveva per oggetto la
conservazione della ricchezza, non la sua creazione. La classe mercantile rispose tramite la lus
mercatorum, un diritto di classe creato e amministrato dagli stessi mercanti. Le controversie che
sorgevano venivano decise all’interno delle corporazioni di cui i mercanti facevano parte. In
questo periodo vengono introdotti strumenti come la lettera di cambio e le scritture contabili e
principi giuridici come quello del possesso in buona fede vale titolo, finalizzato ad aumentare la
certezza degli scambi commerciali.
Con la nascita degli stati nazionali nel XV-XVI secolo aumenta l’intervento statale e go
radualmente avviene una trasposizione maggiore della normativa a livello nazionale: questo
passaggio non è stato traumatico perchè mercanti e sovrani avevano interessi simili o che
comunque vanno nella stessa direzione. Nella stessa epoca emergono gli antenati delle società di
capitali, le Compagnie delle Indie Occidentali: raccoglievano gli ingenti capitali necessari per
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finanziare le spedizioni; Ciò consentiva ai partecipanti alle compagnie una limitazione della
responsabilità, dato che si rischiava solo la parte di capitale conferito, non l’intero patrimonio.
Ciò era una concessione, un privilegio accordato dal sovrano.
Dopo la rivoluzione francese vengono adottati i codici Napoleonici: questi sistemi di raccolta di
norme erano concepiti separando i diversi ambiti di riferimento delle norme. In italia avevamo il
codice civile e il codice di commercio.
Il fulcro della normativa del codice di commercio non è lo stesso della normativa precedente: non
è più chi svolge l’attività ma gli atti di commercio. Le regole si applicano a tutti gli atti di
commercio.
Nel sistema italiano questa ripartizione è durata fino al 1942, quando è stato indrodotto il codice
civile che unifica i due codici precedenti e risposta l’accento sull’imprenditore.
Ancora oggi adottiamo il codice civile del 1942 con variazioni più o meno significative nel corso
degli anni: oggi alla normativa del codice si affianca il TUIB, la legge fallimentare, ecc.
L’imprenditore
Art. 2082 Imprenditore
E' imprenditore chi esercita professionalmente un'attività economica organizzata
al fine della produzione o dello scambio di beni o di servizi
Dal punto di vista economico è imprenditore colui che svolge funzione di intermediazione fra chi
dispone dei necessari fattori produttivi e chi domanda prodotti e servizi, mettendo in atto un
processo di trasformazione che trasforma i fattori produttivi nei prodotti domandati. L’imprenditore
è colui che corre il c.d rischio di impresa, ovvero che i ricavi derivanti dalla gestione non siano
sufficienti a coprire i costi dei fattori impiegati. Il rischio giustifica il fatto che all’imprenditore spetti
una remunerazione, il profitto, e il potere decisionale strategico.
La norma presa in esame qui identifica dei parametri precisi per identificare l’imprenditore sotto il
profilo giuridico e comprendere i requisiti necessari per l’acquisto della qualità di imprenditore. In
particolare i requisiti minimi necessari e sufficienti che devono ricorrere perchè un soggetto sia
esposto alla disciplina dell’imprenditore (la distinzione tra chi è e chi non è imprenditore è utile per
comprendere se siano o meno applicabili le norme che studieremo):
 È imprenditore chi svolge un'attività : serie coordinata di atti unificati da una funzione
unitaria, finalizzata alla produzione o allo scambio di beni o servizi. È un attività produttiva.
Per qualificare un attività come produttiva è irrilevante la natura dei beni e servizi prodotti o
scambiati e il tipo di bisogno destinati a soddisfare (è impresa anche l’attività di produzione
di servizi di natura assistenziale, culturale o ricreativa).
1. Parliamo di attività, non mero godimento di beni: essere imprenditore
comporta svolgere attivamente delle operazioni e non semplicemente
godere dei frutti di un bene. Il godimento non dà luogo alla produzione di
nuovi beni o servizi.
Esempio: chi da in affitto un appartamento e riceve un canone di locazione sta svolgendo un
mero godimento del suo bene. Chi nell’immobile predispone camere e le affitta in formula bed
&breakfast è imptrenditore perchè svolge una serie coordinata di operazioni per la sua attività
(colazioni, pubblicità, gestione prenotazione, check in)
L’impiego di proprie disponibilità finanziarie nella compravendita di strumenti
finanziari con intento di investimento o speculazione è godimento. Sono imprese le
società di investimento, che hanno per oggetto l’impiego del proprio patrimonio
nella compravendita di titoli secondo il criterio della diversificazione e frammentazioni
di rischi. Anche le holding sono imprese commerciali: società che hanno per oggetto
l’acquisto e la gestione di partecipazioni di controllo in altre società, sono a capo del
gruppo di società.
2. Si deve trattare di una serie coordinata di atti e non un singolo atto.
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
È imprenditore chi svolge un'attività economica: il concetto economicità è molto
diverso dalla definizione aziendalistica: comporta che l’attività sia volta tendenzialmente
alla copertura dei costi coi ricavi. Ed assicurino l’autosufficienza economica. Ciò che
qualifica un attività come economica non è solo il fine produttivo a cui essa è organizzata
ma anche il modo il metodo con cui è condotta; il metodo è economico quando è
perseguito con modalità che nel lungo termine consentono la copertura dei costi coi ricavi.
Volutamente non è richiesto lo scopo di lucro per non escludere dalle definizione il settore
no profit e le aziende mutualistiche. Non svolgono un’attività economica i soggetti che
realizzano le attività per spirito di liberalità, erogando beni e servizi a titolo gratuito o
richiedendo un prezzo simbolico per cui non è immaginabile coprire i costi coi ricavi
conseguiti. È imprenditore invece chi gestisce il medesimo servizio con metodo economico
anche se le condizioni non consentono poi di fatto di remunerare i fattori produttivi
Il requisito valutato su base di indici oggettivi esteriori percepibili dai terzi.

È imprenditore chi svolge un'attività economica organizzata : non è concepibile
un’attività di impresa senza programmazione e serie di atti in cui essa si sviluppa, senza
l’impiego coordinato di fattori produttivi. Il concetto di organizzazione è inteso come
eterorganizzazione, ovvero la combinazione di diversi fattori in modo da servire
unitariamente allo scopo di produrre il prodotto. Normalmente l’impresa si concretizza nella
creazione di un apparato produttivo stabile e complesso, formato da persone e da beni
strumentali. Non è essenziale, affinchè un attività possa dirsi organizzata, l’organizzazione
del lavoro altrui: è imprenditore anche chi opera solo il fattore capitale e il proprio lavoro.
Non è inoltre necessario un apparato strumentale, i mezzi materiali possono ridursi al solo
impiego di mezzi finanziari (il caso di attività di investimento/finanziamento). Siamo davanti
quindi a un attività di impresa anche se non c’è organizzazione del lavoro altrui nè un
complesso aziendale materialmente percepibile
Il lavoro autonomo
È colui che organizza autonomamente il proprio lavoro. In concreto anche l’autonomo ha
una propria organizzazione. Inoltre secondo alcuni teorici l’organizzazione è implicita nello
svolgimento di un’attività. Semplici lavoratori autonomi restano i prestatori d’opera manuali,
i mediatori, gli agenti di commercio fin quando usano mezzi inespressivi (telefono, pc,
strumentali all’utilizzo di ogni attività) o strettamente necessari alle esplicazione della propria
attività lavorativa (attrezzi dell’indraulico)

È imprenditore chi esercita professionalmente un'attività : dal punto di vista giuridico
reputiamo un’attività svolta in modo professionale se non presenta caratteri di
occasionalità. Deve essere quindi svolta con una certa continuità nel tempo; tuttavia ciò
non implica che l’attività sia
1. Ininterrotta: sono professionali le attività stagionali
2. Esclusiva: sono professionali attività svolte come secondo lavoro
3. Principale: sono professionali attività a cui non viene dedicata la maggior
parte del tempo o da cui si trae principalmente sostentamento.
Indice espressivo di professionalità, in caso di mancanza di reiterazione nel tempo degli atti
di impresa, può essere anche la creazione di un complesso aziendale idoneo allo
svolgimento di un’attività potenzialmente stabile e duratura (esempio: impresa che ha
appena aperto)
L’unico affare
A seconda del caso concreto si può ritenere l’unico affare un attività di impresa. Ciò in
particolare quando, per la sua rilevanza economica/per la sua complessità, implichi il
compimento di operazioni molteplici e complesse e l’utilizzo di un apparato produttivo
idoneo ad escludere il carattere occasionale e non coordinato dei singoli atti economici.

È imprenditore chi svolge un'attività
economica organizzata al fine della
produzione o dello scambio di beni o di servizi : con questa specificazione il
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legislatore esclude gli speculatori in borsa/differenziali, perchè non offrono servizi di
intermediazione.
L’impresa per proprio conto
In questo caso lo svolgimento dell’attività imprenditoriale è finalizzata alla produzione di
beni e servizi al fine di essere utilizzati dallo stesso imptenditore. Sono imprese per proprio
conto la coltivazione del fondo diretta al soddisfacimento dei bisogni familiari e la
costruzione di appartamenti non destinati alla vendita (costruzione in economia). È attività
di impresa? Il punto è controverso in dottrina, anche perchè si rende necessario tutelare le
posizioni dei terzi che entrano in contatto col soggetto. Il costruttore in economia è
qualificato come imprenditore indipendetemente dalla sua intenzione che motiva l’atto
dato che lo è anche chi costruisce un singolo immobile (l’unico affare). Il soggetto sarà
imprenditore se ricorrono i requisiti oggettivi del 2082: il requisito di economicità è verificato
perchè i costi sono coperti da un risparmio di spesa o da un incremento del patrimonio del
produttore
ANALISI DI ALCUNI ELEMENTI NON AFFRONTATI NEL 2082 CC
liceità dell’attività
non si specifica che l’attività svolta dall’imprenditore debba essere lecita.
Un attività è considerata illecita quando viola una o più norme imperative, (quando non è
conforme ai regolamenti, agli obblighi di concorrenza, quando l’attività non ha le
concessioni/licenze/autorizzazioni prescritte per lo svolgimento dell’attività) è contraria all’ordine
pubblico, è contraria al buon costume, è immorale.
Per stabilire se possiamo considerare un’attività illecita attività di impresa ci dobbiamo rifare al
principio per cui da un attività illecita non possono sorgere benefici: ciò comporta che chi svolge
un’attività illecita sarà sottoposto a tutti gli obblighi previsti per l’imprenditore commerciale (quindi
è esposto a fallimento) ma non riceverà i benefici derivanti dal suo status.
Impresa illegale
= senza autorizzazioni concessioni
Tale illecito non esclude l’acquisto della qualità di
imprenditore con pienezza di effetti sia sfavorevoli
che favorevoli e tutte le sanzioni del caso
amministrative e penali. È esposto al fallimento
Impresa immorale
= oggetto dell’attività illecito
Non potrà ricavare assolutamente i benefici derivanti
dalla qualifica di imprenditore (pretese del titolare
d’azienda, agire per chiedere tutela della
concorrenza, ecc) ma sarà sottoposto
esclusivamente agli obblighi ed esposto a fallimento
le professioni intellettuali
Per le professioni intellettuali la qualifica di imprenditore è esclusa dal legislatore. I liberi professionisti
in quanto tali non sono imprenditori: lo sono soltanto quando la professione intellettuale è
esercitata nell’ambito di un’altra attività qualificabile come impresa (medico che dirige la sua
clinica privata); diventa imprenditore quando l’apparato di cui si serve non è più strumentale
rispetto all’attività della professione, ovvero della sua attività personali. Se il libero professionista ha
dei dipendenti non è imprenditore: l’esercizio di una professione non costituisce di per sè attività di
impresa, neppure quando l’attuazione di tale attività comporti l’impiego di mezzi materiali e
dell’opera di qualche ausiliario.
Perchè? Ciò è un beneficio concesso ad alcune attività, volutamente volto a tutelare, almeno
inizialmente, le attività protette, ovvero quelle disciplinate da un ordine professionale, per il cui
esercizio è richiesto il superamento di un esame e l’iscrizione all’albo. L’ordine assolve infatti a
funzioni di vigilanza qualitativa della prestazione erogata, imponendo esami d’accesso,
aggiornamenti e effettuando controlli a tutela dei clienti. Attualmente però, molti liberi
professionisti esercitano attività non regolate da nessun ordine professionale, quindi non sono
sottoposti nè al controllo dell’ordine nè alle regole volute per l’imprenditore. Non sono sottoposti al
fallimento ma non godono nemmeno degli strumenti di difesa a tutela della concorrenza, della
disciplina del marchio e dell’azienda. Erogano le loro prestazoni per mezzo del contratto d’opera
intellettuale che prevede l’esecuzione personale della prestazione.
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Chi sono? Si usa un criterio sostanziale dato che non tutte le professioni sono iscritte all’albo, basato
sul carattere eminentemente intellettuale della prestazione: non è libero professionista (anche se
iscritto all’albo apposito) ma imprendotore commerciale il farmacista perchè vende specialità
farmaceutiche acquistate dalle case produttrici.
ACQUISTO DELLA QUALITA’ DI IMPRENDITORE
imputazione dell’attività
l’articolo 2082 non richiede esplicitamente che l’attività sia svolta direttamente dall’imprenditore:
egli può avvalersi di collaboratori che operano in suo nome e per suo conto.
Tra questi numerosi soggetti, occorre individuare precisamente dal punto di vista giuridico chi è
l’imprenditore: ci viene in aiuto il principio della spendita del nome, che identifica come
imprenditore colui che spende il suo nome nell’esercizio dell’attività di impresa.
Tale esercizio può avvenire
 In modo diretto: l’imprenditore esercita direttamente l’attività o delega a un soggetto in
possesso di un mandato con rappresentanza l’esercizio/la conclusione di alcuni atti
 In modo indiretto: in questo caso non vi è rappresentanza, il soggetto agisce per conto
dell’imprenditore senza spendita del nome. Crea dissociazione tra chi è formalmente
considerabile imprenditore e chi è il reale interessato
in questa seconda ipotesi si può verificare il caso DELL’IMPRENDITORE OCCULTO, ovvero
l’esercizio di un attività di impresa per interposta persona , detta prestanome, che opera
come imprenditore apparente: egli segue le direttive dell’imprenditore occulto (colui
che somministra i mezzi monetari necessari, dirige di fatto l’impresa e fa propri i
guadagni corrispondendo eventualmente un compenso al prestanome) e risponde
delle obbligazioni derivanti dall’esercizio dell’attività di impresa, ed è soggetto a
fallimento in caso di insolvenza. Spesso il prestanome è un soggetto che non ha nulla da
perdere, senza un proprio patrimonio personale da rischiare oppure è una società per
azioni o a responsabilità limitata con capitale irrisorio (società di comodo): ciò comporta
che il rischio venga traslato sui creditori perchè non esiste un patrimonio su cui essi
possono rivalersi.
È fuori dubbio che i creditori possano provocare il fallimento del prestanome, in quanto
egli, attraverso la spendita del suo nome, è reputabile imprenditore. È altrettanto fuori
discussione che date le esigue/inesistenti dimensioni del patrimonio del prestanome, i
creditori trarranno ben poco dal fallimento di questi. Se si ammette che sia coinvolto nel
fallimento esclusivamente il prestanome, il risultato sarà che il rischio di impresa sarà in
realtà sopportato dai creditori (almeno quelli più deboli, non in grado di garantirsi dal
dissesto del prestanome costringendo il reale interessato a garantire personalmente i
debiti del primo).
Quali rimedi?
RIMEDIO
EFFICACIA E MOTIVAZIONI
Superamento del principio della spendita
Non è una soluzione praticabile perchè
del nome: dimostrando l’esistenza
oltre a superare un principio essenziale del
dell’imprenditore occulto, è possibile
nostro ordinamento crea pregiudizo ai
coinvolgerlo nel fallimento, escludendo il
creditori personali dell’imprenditore
principio della spendita del nome ai fini
occulto che vedranno il patrimonio a
dell’imputazione della resposabilità per
garanzia del loro credito diviso tra i
debiti di impresa.
creditori dell’impresa occulta.
teoria del potere di impresa: avanzando
Non praticabile perchè comunque
l’idea dell’inscindibilità del rapporto potere- l’imprenditore occulto non è qualificabile
responsabilità, per cui chi esercita il potere
come imprenditore senza spendita del
di direzione di un impresa se ne assume il
nome e fallisce. Inoltre è la stessa legge in
rischio e risponde delle obbligazioni relative alcuni casi a non ammettere questo
all’attività.
legame
Teoria di Bigiavi, dell’imprenditore occulto:
Nel fallimento del socio occulto di società
partendo dal principio contenuto nella
palese è fuori discussione l’esistenza di
legge fallimentare per cui fallisce il socio
una società a responsabilità illimitata e
occulto di società palese per cui
che gli atti sono stati posti in essere nel
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estendiamo il fallimento al socio occulto
possiamo applicarlo al nostro caso?
Se abbiamo di fronte a un imprenditore
occulto e a un prestanome, possiamo dire
di avere davanti una società occulta con
socio occulto?
Possiamo utilizzare l’analogia perchè ciò
che cambia è solo il numero dei soci
occulti. Ma se fallisce la società occulta
fallisce anche l’imprenditore occulto e per
ciò arriviamo a dire che non importa che
chi appare si palesi come esclusivo titolare
dell’impresa.
Teoria dell’impresa fiancheggiatrice:
provando il rapporto tra impresa e
prestanome si può affermare che in realtà
l’imprenditore occulto è titolare di una
propria attività di impresa occulta che
consiste nel finanziare ed organizzare
l’attività del prestanome. Di conseguenza
quando il prestanome fallisce fallisce anche
l’imprenditore occulto perchè il
prestanome è insolvente perchè
l’imprenditore non gli ha più fornito i mezzi
finanziari perchè a sua volta insolvente
nome della società. Il socio occulto
fallisce perchè fa parte della società. In
caso di socio occulto di società occulta, il
socio occulto è chiamato a rispondere di
atti posti in essere in nome del prestanome
e fallisce perchè fa parte di una società di
persone con soci illimitatamente
responsabili. In caso invece di rapporto
imprenditore occulto-prestanome
siccome non esiste nessuna società tra i
due per definizione, quindi la regola non
può essere applicata.
In realtà il collegamento tra l’insolvenza
dell’impresa apparente e quella
dell’impresa occulta non è così diretto:
semplicemente l’imprenditore occulto
potrebbe essersi stancato di finanziare
l’attività. Inoltre anche questo
stratagemma non tutela i creditori del
prestanome perchè prenderanno parte a
una procedura concorsuale distinta dal
fallimento dell’imprenditore occulto visto
che le imprese insolventi sono 2.
esatto momento di inizio e fine dell’attività
inizio dell’attività
a) Impresa individuale: un attività di impresa si considera iniziata quando c’è effettività
dell’esercizio dell’attività di impresa. Un soggetto si considera imprenditore al compimento
dell’insieme atti che servono ad organizzare l’attività d impresa: non occorre aspettare fino
al termine del primo ciclo produttivo nè basta una semplice manifestazione di intenti.
L’effettività porta a considerare iniziata un’attività anche se esercitata in violazione di
norme amministrative abilitanti
b) Società: l’attività inizia al momento della loro costituzione perchè nascono finalizzate
all’esercizio dell’attività di impresa. Le società di capitali sono imprenditori a partire
dall’iscrizione nel registro delle imprese, le società di persone esistono a partire dalla stipula
del contratto di società anche se non iscritte nel registro delle imprese, come società
irregolari.
fine dell’attività
a) Impresa individuale: un attività di impresa si considera cessata quando c’è effettività della
cessazione dell’attività di impresa. L’attività si considera cessata al momento della
cancellazione dal registro delle imprese. Nel concreto l’effettiva cessazione si verifica con
la disgregazione dell’apparato produttivo, la cancellazione è un punto di riferimento
formale.
b) Società: l’attività cessa di esistere nel momento della cancellazione dal registro delle
imprese. Il momento della cessazione è molto importante perchè a partire da quel
momento incomincia a decorrere un anno in cui l’impresa può essere ancora soggetta a
fallimento.
Un tempo, con la vecchia disciplina, si riteneva conclusa l’attività di una società solo
quando tutti i rapporti giuridici che interessano la società erano chiusi (niente più debiti,
crediti, proprietà). Questo, insieme all’estensione del fallimento fino ad un anno dopo la
cessazione dell’attività comportavano che, dato che fallisce l’impresa insolvente, ovvero
che ha dei debiti che non riesce a saldare, l’impresa insolvente è assoggettabile al
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fallimento all’infinito, fin chè non salda i debiti aperti perchè finchè non sono conclusi
l’attività non si reputa cessata. Dal 2007 si adotta la nuova normativa che risolve il
problema.
capacità giuridica di chi svolge l’attività di impresa
Svolgere un attività di impresa comporta lo svolgimento di una serie di attività come concludere
contratti per cui è richiesta la capacità giuridica. Tuttavia l’incapace può avere la qualifica di
imprenditore: il suo rappresentante legale svolgono le attività in suo nome e per suo conto e
all’incapace spetta la qualifica di imprenditore.
 In casi di attività agricola non ci sono regole precise. L’impresa agricola viene
prosecuzione
trattata alla stregua di tutti i beni dell’incapace/inabilitato.
dell’attività da parte
 In caso di impresa commerciale c’è un divieto assoluto di inizio dell’attività di
del rappresentante
impresa, ad eccezione del caso del minore emancipato. È possibile che
l’incapace continui l’attività di impresa (magari a causa di una successione la
legale
eredita) a due condizioni:
1. La prosecuzione di tale attività deve essere utile, arrecare
beneficio all’incapace
2. È necessaria l’autorizzazione del tribunale
 Nel caso dell’inabilitato (diverso da minore e interdetto) può essere richiesta
l’autorizzazione al giudice a svolgere l’attività di impresa commerciale sotto la
sorveglianza del tutore osservando le disposizioni dettato.
 Il beneficiario dell’amministrazione di sostegno potrà liberamente iniziare o
proseguire un’attività di impresa senza assistenza (infatti conserva la capacità
d’agire), salvo che il giudice tutelare disponga diversamente nel decreto di
nomina dell’amministratore di sostegno o in un successivo decreto motivato
L’incapace resta esposto quindi a tutte le conseguenze del suo status di imprenditore
commerciale, compreso il fallimento. È fuori dubbio che sull’incapace ricadranno gli effetti
patrimoniali del fallimento. Le sanzioni penali derivanti dal caso ricadranno però sul rappresentante
legale. Le incapacità personali invece investiranno il minore perchè esse derivano
automaticamente dalla dichiarazione di fallimento.
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CLASSIFICAZIONE DELLE IMPRESE
IN BASE ALL’OGGETTO DELL’ATTIVITA’: due diverse discipline
Imprenditore agricolo 2135 cc
Siamo di fronte a un imprenditore agricolo quando
1. Svolge un attività agricola essenziale
(coltivazione del fondo, silvicultura, allevamento
di animali) strettamente connessa al ciclo
biologico o a una fase di sviluppo dello stesso.
Note terminologiche: parliamo di coltivazione del
fondo e non di coltivazione della terra perchè
esistono anche coltivazioni fuoriterra, in gel nutritivi, in
cassette, etc. L’imprenditore agricolo quindi non è
più strettamente legato alla terra ma al ciclo
biologico. Per lo stesso motivo si parla di allevamento
di animali e non di bestiame, perchè sempre più
spesso si allevano cani, bachi da seta, ecc animali
che non sono bestiame
2. Svolge un attività agricola connessa, ovvero un
attività di trasformazione, manupolazione e
commercio di prodotti agricoli che presenta
una connessione soggettiva (stesso soggetto
che svolge anche l’attività agricola essenziale)
e oggettiva (si utilizzano prevalentemente i
prodotti dell’attività agricola essenziale ottenuti
quindi prevalentemente utilizzando attrezzature
e risorse dell’azienda agricola). L’attività
agricola connessa non deve prevalere per
rilievoeconomico sull’attività agricola essenziale.
La coltivazione del fondo prima del 1942 non era
considerata attività di impresa ma diritto di
godimento del bene. Ora l’impresa agricola è
comunque sottoposta a una disciplina diversa e
non è sottoposta alle norme dello statuto
dell’imprenditore commerciale. Queste regole
sono state volute perchè l’imprenditore agricolo
sopporta anche il rischio naturale: alcuni eventi
naturali possono distruggere il prodotto senza che
ciò dipenda da scelte errate dell’imprenditore.
Imprenditore commerciale 2195 cc
È imprenditore commerciale colui che svolge una
o più delle seguenti categorie di attività:
1. Attività industriale di produzione di beni e servizi:
con industriale si intende “non agricola”, non in
senso tecnico di trasformazione
2. Attività intermediaria della circolazione di beni
e servizi: commercio. Il commerciante acquista
beni e li rivende ad altri intermediari o ai
consumatori dando vita a operazioni di
scambio
3. Attività di trasporto per terra, per acqua o per
aria. Le imprese di trasporto producono un
servizio consistente nello spostare persone o
cose da un luogo ad un altro.
4. Attività bancaria e assicurativa: raccolta di
risparmio e finanziamento. L’attività bancaria è
intermediazione nella circolazione del denaro,
l’attività assicurativa produce specifici servizi.
5. Altre attività ausiliarie alle precedenti . In
quest’ultima categoria rientrano tutte le attività
ausiliare ad altre attività, sia di impresa
commerciale, sia di impresa agricola, sia
agenzie matrimoniali, investigative, etc.
Rientrano in questa categoria le imprese di
agenzia, mediazione, deposito, commissione,
spedizione, pubblicità, marketing.
Chi svolge queste attività è sottoposto allo statuto
dell’imprenditore commerciale.
L’impresa civile /il tertius genius esiste?
Nel codice di commercio esisteva la figura dell’imprenditore civile, sparita dal codice civile del 42.
Tesi favorevole
Tesi contraria
Il requisito di industrialità deve essere inteso nel significato
tecnico- economico: è industriale un’attività che implichi impiego
di materie prime e loro trasformazione. Sono per tanto imprese
civili le imprese di caccia e pesca, quelle che producono servizi
diverse dai punti 3, 4, 5 del 2195 cc, chi aliena beni propri ed
eroga credito con mezzi propri. Inoltre il legislatore non definisce
l’imprenditore commerciale come categoria residuale destinata
ad accogliere tutto ciò che non è agricolo
L’attività è detta industriale intendendo come “non agricola”. È
imprenditore commerciale ogni imprenditore non agricolo, le
categorie del 2195 servono solo da specificazione. Non c’è
quindi spazio per le imprese civili. Inoltre non sarebbero
sottoposte alla disciplina rigida dell’imprenditore commerciale
senza alcuna giustificazione sostanziale (come il rischio naturale
per l’imprenditore agricolo)
NON ESISTE QUINDI L’IMPRESA CIVILE, DISTINGUIAMO SOLO IMPRESA AGRICOLA E COMMERCIALE
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CLASSIFICAZIONE IN BASE ALLE DIMENSIONI DELL’ATTIVITA’
Le dimensioni dell’impresa sono il secondo criterio di differenziazione della disciplina degli
imprenditori. L’articolo 2083 identifica la piccola impresa; essa gode di ausilio e sostegno
Art. 2083 Piccoli imprenditori
Sono piccoli imprenditori i coltivatori diretti del fondo, gli artigiani, i piccoli commercianti e coloro che
esercitano un'attività professionale organizzata prevalentemente con il lavoro proprio e dei componenti della
famiglia.
Rientrano nella categoria coloro che esercitano l’attività di impresa prevalentemente col lavoro
proprio e dei propri famigliari. L’articolo fa’ alcuni esempi di categorie che potrebbero soddisfare
la condizione essenziale/il criterio generale di prevalenza: i coltivatori diretti del fondo, gli artigiani, i
piccoli commercianti. La prevalenza deve verificarsi nei confronti di tutti i fattori produttivi (Non solo
i l lavoro altrui, ma anche sui capitali investiti). Per aver una piccola impresa è necessario che:
a) L’imprenditore presti il proprio lavoro nell’impresa
b) Il suo lavoro e quello dei suoi familiari che collaborano nell’impresa prevalgano sia rispeto al
lavoro altrui sia rispetto al capitale. Non è per ciò mai piccolo imprenditore chi investe
ingenti capitali nell’impresa senza avvalersi di nessun collaboratore.
La prevalenza è intesa in senso quantitativo-funzionale: occorre accertare se l’apporto personale
dell’imprenditore e dei suoi familiari abbiano rilievo preminente nell’organizzazione dell’impresa e
caratterizzano i beni o i servizi prodotti.
Il piccolo imprenditore è esonerato, anche se esercita attività commerciale, dalla tenuta delle
scritture contabili, dall’assoggettamento al fallimento e alle altre procedure concorsuali.
Il piccolo imprenditore nella legge fallimentare
Il codice civile afferma che il piccolo imprenditore è esonerato dal fallimento.
Tutta via la legge fallimentare fornisce una legge di piccolo imprenditore diversa, e conciliare
queste definizioni è stato un problema fino alla riforma del 2007.
Prima l’articolo 1 definiva come piccolo imprenditore dettando tre requisiti: era piccolo
imprenditore chi aveva un reddito minore al limite imponibile per l’imposta di ricchezza mobile (poi
abrogata) o chi avesse investito un capitale inferiore a 900.000 lire (questo requisito non era
attuabile perchè mai adeguato). Per lungo tempo poi non sono state considerate piccoli
imprenditori ai fini fallimentari le società.
Con la riforma del 2006 vengono reintrodotti limiti quantitativi: per essere piccoli imprenditori
occorreva:
- attivo medio nei 3 anni precedenti minori di 400.000 €
- ricavi medi nei 3 anni precedenti minori di 200.000 €
- indebitamento minore di 500.000 €
Il problema restava siccome le due definizioni si basavano su elementi diversi: i problemi sono stati
parzialmente risolti togliendo dalla legge fallimentare il riferimento ai piccoli imprenditori; si danno
solo parametri dimensionali.
Dunque non è soggetto a fallimento, secondo la nuova norma del 2007 chi non supera nessuno di
questi 3 limiti indicati:
a) Chi dimostra di aver avuto nei tre anni precedenti al deposito di un istanza di fallimento un
attivo patromoniale sotto i 300.000 €
b) aver realizzato nei tre anni precedenti al deposito di un istanza di fallimento ricavi lordi non
superiori a 200.000 €
c) aver un ammontare di debiti anche non scaduti non superiore a 500.000 €
Anche le società commerciali possono essere esonerate da fallimento se rispettano questi limiti
dimensionali.
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L’impresa artigiana
Non troviamo nel codice nessuna definizione specifica di artigiano, dobbiamo ricercarla nella
legge quadro sull’artigianato .La legge del 1956 definiva le imprese artigiane a tutti gli effetti di
legge, in qualsiasi circostanza, civilistica, fallimentare, ecc. Con la successiva legge dell’85 non
propone quell’inciso, quindi la definizione è valida ai soli fini della legge quadro. Quindi la qualifica
di artigiano non è da sola sufficiente a sottrarre l’artigiano alla disciplina dell’imprenditore
commerciale, a meno che non rispretti il requisito della prevalenza.
È artigiano colui che svolge una qualsiasi attività di beni e servizi (salvo limitazioni) svolgendo
prevalentemente il proprio lavoro, anche manuale, nel processo produttivo. (prevalenza nel ciclo
produttivo, non sugli altri fattori produttivi). Essa è quindi contraddistinta da:
 il ruolo preponderante dell'artigiano, che deve prestare in misura prevalente il proprio
lavoro anche manuale nel processo produttivo (art. 2, 1° comma); deve comunque essere
in possesso di tutti i requisiti tecnico-professionali previsti dalle leggi speciali;
 l'oggetto dell'impresa, che oggi può essere costituito da qualsiasi attività di produzione di
beni, anche semilavorati o di prestazioni di servizi; sono escluse le attività agricole e le
attività di prestazione di servizi commerciali, di intermediazione nella circolazione dei beni o
ausiliarie di queste ultime, di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande.
Molto probabilmente l’impresa artigiana integra la caratteristica essenziale del 2083 cc ma non c’è
equivalenza automatica perchè non è detto che il lavoro sia un fattore prevalente sugli altri.
La legge del 1985 considera artigiane anche le imprese costituite in società cooperativa o in nome
collettivo a condizione che la maggioranza dei soci svolga in prevalenza lavoro personale, anche
manuale, nel processo produttivo e che nell’impresa il lavoro abbia funzione preminente sul
capitale. Titolare di un'impresa artigiana può essere anche una società, purché sia organizzata in
forma di società in nome collettivo, società in accomandita semplice, società a responsabilità
limitata, sia unipersonale che pluripersonale, o società cooperativa, con esclusione pertanto delle
sole società per azioni e società in accomandita per azioni.
L'impresa artigiana non può oltrepassare i limiti dimensionali fissati dall'art. 4 della legge quadro e
deve iscriversi in un apposito albo previsto dal successivo art. 5 al fine di godere delle provvidenze
ed agevolazioni previste dalla disciplina di dettaglio.
L’IMPRESA FAMILIARE
L’istituto dell’impresa famigliare è volto non tanto all’individuazione di una specifica categoria quanto a
disciplinare alcuni rapporti familiari.
È impresa familiare l’impresa nella quale collaborano il coniuge, i parenti entro il terzo grado e gli affini
entro il secondo dell’imprenditore.
È frequente che un’impresa familiare ispetti anche i requisiti della piccola impresa ma non c’è
coincidenza tra le due fattispecie.
È un istituto nato nel 1975 per tutelare i familiari dallo sfruttamento da parte dell’imprenditore del lavoro
dei familiari, senza costringere il capofamiglia a formare una società o ad assumere e familiari come
dipendenti. È una forma di impresa che ha origine dalla situazione di fatto (il fatto che i familiari prestano
lavoro nell’impresa).
I familiari beneficiano di diritti patrimoniali e amministrativi:
- partecipazione agli utili proporzionalmente al lavoro prestato (qualitativamente e quantitativ)
- diritto mantenimento
- diritti sui beni acquistati con gli utili
- in caso di cessione dell’attività hanno, a parità di condizioni, una prelazione rispetto ai terzi
- possono partecipare ad alcune decisioni amministrative di straordinaria amministrazione
l’impresa familiare resta pur sempre un impresa individuale. Solo il titolare è autorizzato alla
gestione e si occupa delle decisioni di ordinaria amministrazione. Solo il titolare risponde delle
obbligazioni dell’impresa ed è soggetto a fallimento (se l’impresa famigliare non rientra nei
parametri sopra indicati parlando di fallimento).
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CLASSIFICAZIONE IN BASE AL SOGGETTO CHE ESERCITA L’ATTIVITA’
Impresa:
♥ individiale
♥ collettiva: più soggetti agiscono in modo coordinato nello svolgimento dell’attività,
utilizzando lo strumento apposito previsto dal diritto, la società. La società semplice è
utilizzabile solo per lo svolgimento di attività non commerciali, gli altri tipi di società, dette
società commerciali, possono avere oggetto agricolo o commerciali
impresa
 privata: esercitata da privati cittadini
 pubblica: quando l’attività di impresa è svolta da un soggetto pubblico. Distinguiamo
diversi tipi di impresa pubblica a seconda del grado di intervento pubblico:
 imprese organo: svolgono attività di impresa in modo servile a una certa
funzionalità pubblica. Lo stato o un altro ente pubblico svolgono attività di impresa
direttamente avvalendosi di proprie strutture organizzative dotate di più o meno
ampia autonomia decisionale e contabile
 Aziende municipalizzate:
 Enti pubblici economici: il loro scopo principale è lo svolgimento dell’attività di
impresa
 Società a partecipazione pubblica: società, ovvero soggetti di diritto privato i cui i
soci (tutti o alcuni) sono soggetti di diritto pubblico. Si adottano le regole del diritto
privato.
LO STATUTO DELL’IMPRENDITORE COMMERCIALE
Regole che riguardano solo le imprese commerciali, che rientrano tra le attività indicate nel 2195.
Alcune imprese commerciali possono essere sottoposte a statuti settoriali specifici dell’attività in cui
operano.
LA PUBBLICITA’ LEGALE
Le imprese commerciali sono tenute alla registrazione presso il registro delle imprese, tenuto presso
la camera di commercio e contenente informazioni su di esse.
Il sistema di pubblicità legale assolve alla necessità degli operatori economici di disporre di
informazioni veritiere e non contestabili su fatti e situazioni delle imprese con cui entrano in
contatto. Le informazioni contenute non sono solo accessibili a terzi ma anche ad essi opponibili
per la conoscibilità legale.
Il registro delle imprese era previsto sin dal 1942, ma attuato solo di recente: è operativo infatti dal
1997, prima le funzioni del registro delle imprese venivano svolte dalle cancellerie dei tribunali.
L’attuale registro delle imprese è strumento di informazione sui dati organizzativi di tutte le imprese
anche non commerciali ed è tenuto con tecniche informatiche per rendere le informazioni
tempestivamente accessibili a tutti.
Chi è iscritto nel registro delle imprese?
Il registro delle imprese si divide in diverse sezioni:
 Nella sezione ordinaria sono tenuti ad iscriversi gli imprenditori commerciali, le società
commerciali, gli enti pubblici economici, le società estere con sedi in italia e i consorzi con
attività esterne.
 Nelle sezioni straordinarie/speciali troviamo i piccoli imprenditori, gli artigiani, le società
semplici, gli imprenditori agricoli, le società di professionisti
Cosa viene iscritto nel registro delle imprese?
Nel registro vengono iscritti tutti gli atti e i fatti riguardanti l’impresa, tutte le informazioni utili ai terzi
che interagiscono con essa.
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Che effetti ha l’iscrizione?
L’iscrizione può avere 3 diversi gradi di efficacia:
1) efficacia dichiarativa, per quasi tutte le iscrizioni
a. positiva: tutto ciò che è iscritto nel regostro delle imprese è opponibile a terzi
b. negativa: tutto ciò che non è iscritta non è opponibile a terzi
2) efficacia normativa: l’iscrizione è il presupposto per applicare certe regole, una certa
normativa. Un esempio di questa efficacia la troviamo nella disciplina della snc: l’iscrizione
è obbligatoria ma se dovesse mancare siamo di fronte a una snc irregolare per cui
applichiamo, anzichè la normativa dell’snc le regole previste per la società semplice.
3) efficacia costitutiva:
a. totale: un esempio è nella disciplina delle società di capitali; esse esistono solo se il
loro atto costitutivo viene iscritto nel registro delle imprese
b. parziale: l’iscrizione consente di reputare l’atto come esistente solo nei confronti di
un certo soggetto. È il caso della riduzione del capitale sociale: la decisione va
iscritta e a partire da quel momento decorrono 3 mesi in cui i creditori possono fare
opposizione (sono preoccupati per la riduzione di garanzie dei loro crediti). Dato
che la mancata iscrizione comporta la mancata possibilità di fare opposizione, la
riduzione non iscritta non avrà efficacia nei confronti dei creditori antecedenti.
LE SCRITTURE CONTABILI
Le norme civilistiche impongono alcune regole in materia di scritture contabili. Le scritture contabili
sono appunto i documenti che contengono la rappresentazione, in termini quantitativi e/o
monetari, dei singoli atti di impresa, della situazione del patrimonio dell’imprenditore e del risultato
economico dell’attività svolta (trasposizione degli avvenimenti di gestione): sono importanti per
valutare l’andamento dell’impresa sia da parte dell’imprenditore sia da parte dei terzi che
vengono a contatto dell’impresa. Esse contribuiscono a rendere razionale ed efficente
l’organizzazione e la gestione dell’impresa e perciò sono di regola tenute da qualsiasi imprenditore.
È obbligatoria la loro tenuta per tutti gli imprenditori commerciali. I piccoli imprenditori non hanno
questo obbligo, anche se esercitano attività commerciali. L’esclusione dell’obbligo dal punto di
vista civilistico per piccoli imprenditori e imprenditori agricoli non escludono obblighi di natura
fiscale e tributaria.
Chi deve
Quali scritture
Modalità in cui Conseguenze per
tenerle
vanno tenute
mancata tenuta delle
scritture/tenuta in modo
errato
Sono
Scritture obbligatorie e inderogabili Devono essere Tralasciando le
obbligati
 libro degli inventari dove si
tenute in
conseguenze di tipo
tutti gli iscritti
annota il bilancio
modo
fiscale/ tributario e penali
alla sezione
periodicamente, contiene le
ordinato,
(bancarotta
ordinaria del
valutazioni delle attività e
senza
semplice/fraudolenta), il
registro delle
passività dell’impresa.
cancellature e codice civile sanzions
imprese
 il libro giornale dove si
abrasioni, su
l’imprenditore
annotano cronologicamente le
pagine
impedendogli di usare le
operazioni realizzate,
numerate
scritture contabili come
nell’ordine in cui sono compiute
mezzo di prova a suo
+ tutte le altre scritture necessarie
favore. potranno essere
a seconda della tipologia,
usate come prova contro di
dimensioni, modalità di
lui
realizzazione dell’attività
LE PROCEDURE CONCORSUALI
Nel momento in cui l’impresa è in crisi vengono toccati gli interessi di numerosi soggetti: per gestire
queste situazioni complesse sono state eleborate procedure ad hoc che sostituiscono i classici
rimedi di diritto privato per insolvenza. Esse realizzano la parità di trattamento tra tutti i soggetti
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coinvolti e sono volte a salvaguardare il valore dell’impresa (nuovo orientamento: prima era più
orientato a estromettere l’impresa dal mercato)
Le procedure consensuali sono fallimento, liquidazione coatta amministrativa, il concordato
preventivo, l’amministrazione straordinaria della grande impresa in crisi. Queste procedure
concursuali sono applicabili solo agli imprenditori commerciali.
LA RAPPRESENTANZA COMMERCIALE
L’imprenditore, nell’esercizio della sua impresa può avvalersi di collaboratori che agiscono in
rappresentanza, in nome e per conto dell’imprenditore. Nel diritto privato esiste l’istituto della
rappresentanza legale: il terzo che entra in contatto col rappresentante deve accertarsi che questi
sia in possesso di un mandato/procura realmente esistente, che l’atto rientri nei limiti della procura,
ecc. Per non rallentare le trattative a causa dei controlli che i terzi devono efettuare il diritto privato
ha elaborato figure tipiche con diversi poteri di rappresentanza per gli ausiliari intrerni
dell’imprenditore. Chi conclude affari con tali ausiliari dovrà solo verificare se l’imprenditore ha
modificato con atto espresso e reso pubblico i loro naturali poteri previsti per legge; non dovrà
verificare se la rappresentanza è stata loro conferita.
definizione
È colui che è
preposto dal titolare
all’esercizio di un
impresa, di una sua
sede secondaria o di
un ramo di essa. Si
sostituisce in tutto e
per tutto
all’imprenditore
nell’esercizio delle
sue funzioni.
INSTITORE
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poteri
Ha potere di
gestione generali
che abbraccia tutte
le operazioni della
struttura alla quale è
preposto. Ha sia la
rappresentanza
sostanziale (gestione
dell’impresa, poteri
decisionali) sia la
rappresentanza
processuale attiva e
passiva (può stare in
giudizio al posto
dell’imprenditore
come attore o
convenuto). Può
concludere contratti
con i terzi.
La nomina viene
iscritta nel registro
delle imprese.
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limiti
Imposti dalla legge:
- non può vendere in
blocco l’azienda
- non può alienare e
ipotecare beni
immobili (a meno
che l’attività di
impresa sia
compravendita di
immobili)
L’imprenditore può
derogare a questi
limiti autorizzando
l’institore a compiere
lo stesso questi atti e
imporre limiti che
vanno iscritti nel
registro delle imprese
(altrimenti non sono
opponibili a terzi).
In mancanza di
pubblicità legale la
rappresentanza si
reputa generale,
salvo provare che i
terzi erano a
conoscenza dei limiti
non iscritti.
altro
Dall’iscrizione dei
limiti e dalla
spendita del nome
dipende la
responsabilità
dell’imprenditore per
gli atti compiuti
dall’imprenditore:
- se non c’è spendita
del nome se l’atto è
palesemente
relativo all’impresa
gli effetti giuridici
ricadono
sull’imprenditore
- se c’è spendita del
nome distinguiamo
a. se l’operazione
rispetta i limiti ne
risponde
l’imprenditore
b. se l’operazione
non rispetta i limiti e
tali limiti sono iscritti
ne risponde
l’institore
c. se l’operazione
non rispetta limiti
non iscritti ne
risponde anche
l’imprenditore
perchè non sono
opponibili a terzi
PROCURATORE
COMMESSO
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definizione
In base a un
rapporto
continuativo
compiono per
l’imprenditore atti
pertinenti all’esrcizio
di impresa pur non
essendo preposti ad
essi. È preposto
all’attività di impresa
con un ambito
d’azione limitato a
uno specifico settore,
circoscritto a un
determinato settore
operativo.
poteri
Poteri limitati a singoli
settori (ad esempio
un ramo d’azienda).
In mancanza di
specifica iscrizione sul
registro delle imprese
sono investiti da un
potere generale
rispetto alla specie di
operazioni per le
quali sono stati
investiti di autonomo
potere decisionale.
limiti
Non ha la
rappresentanza
processuale
Non è soggetto agli
obblighi di iscrizione
nel registro delle
imprese e di tenuta
delle scritture
contabili
altro
Non sono previste
deroghe al principio
della spendita del
nome: se non
avviene la spendita
del nome, dell’atto
ne risponde il
procuratore
Ha mansioni
meramente
esecutive, esegue
direttive e mansioni
materiali che li
pongono in contatto
con terzi. Hanno
potere di
rappresentanza
senza specifico atto
di conferimento
Possono concludere
gli atti per cui sono
stati incaricati, che
ordinamente
comporta la specie
di operazioni di cui
sono stati incaricati,
ricevere osservazioni
e reclami in merito al
contratto,
possono compiere
atti conservativi e
cautelati nei
confronti
dell’imprenditore,
possono chiedere
provvedimenti
cautelari
nell’interesse
dell’imprenditore
Non possono
derogare alle
condizioni di
contratto
predisposte
dall’imprenditori o
alle clausole
stampate nei moduli
di impresa,
concedere sconti e
dilazioni al di fuori
delle indicazioni
dell’imprenditore,
non possono esigere
il prezzo delle merci
al di fuori del locali o
che non
consegnano
Non è richiesta una
forma specifica di
pubblicità: spetta
all’imprenditore
renderlo noto con
mezzi idonei quali
divise, targhette,
elementi distintivi.
Di conseguenza le
limitazioni sono
opponibili ai terzi solo
se portate a
conoscenza degli
stessi mezzi idonei
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L’azienda
Art. 2555
L'azienda è il complesso dei beni organizzati dall'imprenditore per l'esercizio
dell'impresa.
L’azienda costituisce l’apparato strumentale di cui l’imprenditore si avvale nello svolgimento della
sua attività. I beni organizzati ad azienda consentono la produzione di unità nuove, diverse e
maggiori di quelle traibili dai singoli beni isolatamente considerati.il valore di scambio dell’azienda
è maggiore della somma del valore di scambio dei singoli beni che la compongono presi
singolarmente: Tale maggior valore è detto “avviamento”.
In dottrina ci sono due diverse teoria (che nella pratica non incidono)
- teoria atomistica: l’impresa è l’insieme dei beni che la compongono.
- Teoria unitaria: l’azienda è un universalità di beni, un bene distinto dai beni che la
compongono, un bene untario
Disciplina dell’azienda: finalizzata alla conservazione dell’apparato organizzativo, cercando di
non smembrarlo
Da cosa è composta l’azienda?
L’azienda è composta da tutti i beni strumentali materiali e immateriali di cui l’imprenditore ha
facoltà di utilizzo (non occorre che sia proprietario, è irrilevante il titolo giuridico reale o obbligatorio
che conferisce la facoltà di utilizzo). Un bene fà parte dell’azienda se è utilizzato nello svolgimento
dell’attività di impresa: ciò che conta è lo scopo funzionale del bene.
Il trasferimento d’azienda: regole
L’azienda può essere venduta, conferita in società, donata e su di essa possono essere costituiti
diritti reali (usufrutto) o personali(affitto) di godimento a favore di terzi.
L’imprenditore può trasferire l’azienda o singoli beni aziendali: siamo di fronte a un trasferimento
d’azienda (e applichiamo la relativa disciplina) quando il trasferimento riguarda un insieme di beni
di per sè potenzialmente idonei a essere utilizzati per una determinata attività di impresa (non
necessariamente la stessa del trasferente); è necessario che i beni esclusi dal trasferimento non
alterino l’unità economica e funzionale di quella data azienda, devono essere trasferiti tutti gli
elementi determinanti.
Norme riguardanti il trasferimento d’azienda
 Forma negoziale: il contratto di trasferimento d’azienda non richiede forme particolari per
la validità del contratto: devono osservare le forme richieste per il trasferimento dei singoli
beni componenti l’azienda (se comprende immobili è necessaria la forma scritta ad
esempio) e eventualmente per il particolare tipo di negozio traslativo(il conferimento di un
azienda in una società di capitali dovrà sempre avvenire per atto pubblico). le regole
antiriciclaggio impongono limiti diversi. Solo per le imprese soggette a registrazione nella
sezione ordinaria del registro delle imprese è poi previsto che ogni atto di disposizione
dell’azienda deve essere provato per iscritto: la forma è richiesta ai soli fini probatori.
Sempre per la registrazione può essere richiesta una forma specifica (atto pubblico/scrittura
privata autenticata) e deve essere depositato dal notaio entro 30 giorni per la trascrizione.
 L’avviamento: il valore dell’azienda non è pari alla somma dei valori dei beni che la
compongono esaminati singolarmente, ma superiore perchè i beni sono già organizzati e
coordinati in un apparato idoneo a produrre valore economico. Dipende sia da fattori
soggettivi (capacità dell’imprenditore di coordinare nel modo più efficente i beni,
capacità dell’imprenditore di attrarre e fidelizzare i clienti ) che oggettivi (sinergie positive
ottenute combinando due beni, sono suscettibili di rimanere anche se muta il titolare in
quanto insiti nel coordinamento funzionale dell’azienda)
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Effetti dell’operazione:
 Sull’alienante: divieto di concorrenza  In capo a chi trasferisce l’azienda è imposto un divieto
di concorrenza: per 5 anni l’alienante deve astenersi per al massimo 5 anni (periodo riducibile
dalle parti) dall’aprire un’attività che per oggetto e/o per luogo possa sviare la clientela
dell’azienda alienata. Questo divieto è un tentativo di conciliare due interessi opposti:
l’interesse dell’alienante a non vedere troppo limitata la sua libertà di iniziativa economica
(ecco perchè il limite non può essere aumentato) e l’interesse dell’acquirente di non subire
uno sviamento della clientela involontario. Lo sviamento involontario della clientela comporta
che il cliente continui erroneamente a intrattenere rapporti col precedente titolare
dell’azienda pensando di aver a che fare con la stessa azienda che in realtà è stata alienata.
Inoltre l’acquirente ha pagato l’avviamento per goderne, e lo sviamento pregiudicherebbe
ciò in quanto non potrebbe godere del pacchetto clienti incluso nell’avviamento.
Il divieto si applica sia alla vendita volontaria, sia alla vendita coattiva (vendita in blocco
dell’impresa da parte degli organi fallimentari).
 Su debiti dell’azienda  A tutela della posizione dei terzi i debiti vengono sì trasferiti in modo
automatico se risultano dalle scritture contabili ma l’alienante non è liberato salvo che il
creditore non abbia acconsentito espressamente alla sua liberazione. Nel caso in cui i creditori
non abbiano espressamente accosentito a liberare l’alienante egli risponderà in solido
all’acquirente inadempiente.
 Sui crediti dell’azienda  nel diritto privato la cessione deve essere notificata al debitore
ceduto. In questa frangente il provvedimento di notifica è stato sostituito con l’iscrizione nel
registro delle imprese come metodo di informazione . se il debitore ceduto paga al vecchio
titolare, il vecchio titolare egli deve pagare l’indebito al nuovo titolare.
 Sui contratti in corso di esecuzione  In caso di contratti a prestazioni corrispettive in cui
entrambe le parti non hanno terminato l’esecuzione (altrimenti sarebbe un credito/debito)
stipulati dall’alienante per assicurarsi i fattori produttivi necessari all’organizzazione
dell’impresa, allo svolgimento dei cicli produttivi, per dar sbocco ai suoi prodotti (esempio:
contratto di lavoro, di fornitura, di trasporto, di somministrazione dei prodotti dell’impresa ai
clienti). I manuali in questo caso distinguono spesso tra
 Contratti di impresa: tutti gli atti necessari all’attività di impresa
 Contratti aziendali: per poter disporre dei beni dell’azienda
La distinzione è irrilevante ai fini della disciplina perchè è uguale per le due categorie perchè
entrambi i contratti sono funzionali all’attività di impresa e quindi vengono trasferiti
automaticamente all’acquirente dell’azienda, salvo il caso di contratti personali ovvero in cui
l’identità di una delle parti è stata determinante nella conclusione del contratto perchè la
prestazione è legata all’abilità / capacità dell’esecutore.
Queste regole sono derogabili dalle parti: alienante e acquirente possono stabilire quali
contratti trasferire e quali no, la vontà delle parti è sovrana, la disciplina standard si applica se
non si è disposto nulla. Nel trasferimento d’azienda, a differenza del diritto privato, non viene
quindi richiesto il consenso della controparte ceduta, ma ella può recedere dal contratto
entro 3 mesi dalla cessione per giusta causa.
Regole specifiche sono previste per i contratti particolari come il contratto di lavoro.
Per i contratti personali come già detto non vengono trasferiti automaticamente e, in caso le
parti optino per trasferire il contratto serve il consenso del contraente ceduto, si torna alla
disciplina di diritto comune riguardante la cessione del contratto.
Usofrutto e affitto dell’azienda.
usofrutto: l’usofruttuario dell’azienda deve esercitarla sotto la ditta che la contraddistingue. L’usofruttuario deve disporre
dell’azienda senza modificarne la destinazione economica e in modo da conservarne l’efficenza dell’organizzazione e
degli impianti e le normali dotazioni di scorte. Può disporre dell’azienda nei limiti delle esigenze di gestione. Al termine
dell’usofrutto l’azienda sarà mutata e risulterà composta da beni diversi: verranno redatti un inventario a inizio usofrutto e un
inventario alla fine e la differenza verrà regolata in denaro. La stessa disciplina si applica anche all’affitto di azienda (da
non confondere con la locazione di un immobile per l’attività di azienda). Si applicano alle stesse fattispecie il divieto di
concorrenza e la successione nei contratti aziendali. Si applica all’usofrutto ma non all’affitto la disciplina dei crediti
aziendali. Dei debiti aziendali anteriori alla concessione dell’usofrutto o dell’affitto risponderanno solo il nudo proprietario o
il locatore salvo che per i debiti di lavoro espressamente accollati anche al titolare del diritto di godimento.
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