Diritto Commerciale Corso P-Z – 2012/13 Appunti lezioni con la prof. Vercellino integrati con il libro Campobasso PARTE 1 : Libro 1 – fino a pag 160 A cura di Ilaria Tranquillo 1 Diritto commerciale – Ilaria Tranquillo http://www.sharenotes.it Introduzione al diritto commerciale Nel nostro sistema giuridico privato possiamo individuare un articolato insieme di norme che riguardano l’imprenditore e l’attività da lui svolta (vedi dopo pag. Per la definizione di imprenditore) La complessità è da ricercare nel fatto che numerosi interessi meritevoli di tutela gravatano intorno alla realtà di impresa. Lavoratori dipendenti dell’impresa imprenditore: interessi legati all’esercizio dell’attività impresa consumatori/clienti che acquistano i prodotti dell’impresa finanziatori: garanzie sui loro crediti chi risiede vicino all’attività produttiva (tutela ambientale) Il legislatore deve tener conto di questi interessi che variano continuamente nel tempo. Altro elemento di complessità della disciplina è il fatto che la normativa non proviene unicamente dalla stessa fonte (codice civile, leggi speciali, regolamenti di soggetti privati come la consob...) Inoltre la materia ha una vocazione ultranazionale perchè i rapporti derivati dagli scambi intercorrono spesso tra soggetti di diversi stati. Hanno grosso peso le normative europee e le fonti di diritto internazionale. La Costituzione riconosce la proprietà privata e la libertà di iniziativa economica. Ciò inserisce il nostro paese tra quelli che prescelgono un modello di sviluppo economico basato sull’economia di mercato. Tale modello presuppone a) La tendenziale libertà dei privati di dedicarsi alla produzione e alla distribuzione di quanto necessario per il soddisfacimento dei bisogni della collettività b) Libertà di competizione economica fra quanti operano sul mercato Sono libertà relative, strumentali alla realizzazione del benessere collettivo, quindi indirizzate controllate e coordinate dalla trama degli interventi pubblici legittimati dalla Costituzione. Il diritto commerciale moderno è frutto di un percorso evulutivo di molti secoli La nascita del diritto commerciale si colloca attorno l’XI secolo, momento in cui si chiude l’epoca feudale; precedentemente ogni feudo bastava a sè stesso, produceva tutto ciò che era necessario al sostentamento degli abitanti; gli scambi erano sporadici e effettuati per ottenere ciò che era impossibile ottenere nel proprio feudo, erano solo funzionali al sostentamento. Col nascere delle città gli scambi si intensificano e emerge la figura del mercante, colui che si dedica professionalmente agli scambi per ottenere un profitto. Il sistema normativo prevedeva però solo fonti di diritto romano e canonico, inadatti alla materia perchè aveva per oggetto la conservazione della ricchezza, non la sua creazione. La classe mercantile rispose tramite la lus mercatorum, un diritto di classe creato e amministrato dagli stessi mercanti. Le controversie che sorgevano venivano decise all’interno delle corporazioni di cui i mercanti facevano parte. In questo periodo vengono introdotti strumenti come la lettera di cambio e le scritture contabili e principi giuridici come quello del possesso in buona fede vale titolo, finalizzato ad aumentare la certezza degli scambi commerciali. Con la nascita degli stati nazionali nel XV-XVI secolo aumenta l’intervento statale e go radualmente avviene una trasposizione maggiore della normativa a livello nazionale: questo passaggio non è stato traumatico perchè mercanti e sovrani avevano interessi simili o che comunque vanno nella stessa direzione. Nella stessa epoca emergono gli antenati delle società di capitali, le Compagnie delle Indie Occidentali: raccoglievano gli ingenti capitali necessari per 2 Diritto commerciale – Ilaria Tranquillo http://www.sharenotes.it finanziare le spedizioni; Ciò consentiva ai partecipanti alle compagnie una limitazione della responsabilità, dato che si rischiava solo la parte di capitale conferito, non l’intero patrimonio. Ciò era una concessione, un privilegio accordato dal sovrano. Dopo la rivoluzione francese vengono adottati i codici Napoleonici: questi sistemi di raccolta di norme erano concepiti separando i diversi ambiti di riferimento delle norme. In italia avevamo il codice civile e il codice di commercio. Il fulcro della normativa del codice di commercio non è lo stesso della normativa precedente: non è più chi svolge l’attività ma gli atti di commercio. Le regole si applicano a tutti gli atti di commercio. Nel sistema italiano questa ripartizione è durata fino al 1942, quando è stato indrodotto il codice civile che unifica i due codici precedenti e risposta l’accento sull’imprenditore. Ancora oggi adottiamo il codice civile del 1942 con variazioni più o meno significative nel corso degli anni: oggi alla normativa del codice si affianca il TUIB, la legge fallimentare, ecc. L’imprenditore Art. 2082 Imprenditore E' imprenditore chi esercita professionalmente un'attività economica organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o di servizi Dal punto di vista economico è imprenditore colui che svolge funzione di intermediazione fra chi dispone dei necessari fattori produttivi e chi domanda prodotti e servizi, mettendo in atto un processo di trasformazione che trasforma i fattori produttivi nei prodotti domandati. L’imprenditore è colui che corre il c.d rischio di impresa, ovvero che i ricavi derivanti dalla gestione non siano sufficienti a coprire i costi dei fattori impiegati. Il rischio giustifica il fatto che all’imprenditore spetti una remunerazione, il profitto, e il potere decisionale strategico. La norma presa in esame qui identifica dei parametri precisi per identificare l’imprenditore sotto il profilo giuridico e comprendere i requisiti necessari per l’acquisto della qualità di imprenditore. In particolare i requisiti minimi necessari e sufficienti che devono ricorrere perchè un soggetto sia esposto alla disciplina dell’imprenditore (la distinzione tra chi è e chi non è imprenditore è utile per comprendere se siano o meno applicabili le norme che studieremo): È imprenditore chi svolge un'attività : serie coordinata di atti unificati da una funzione unitaria, finalizzata alla produzione o allo scambio di beni o servizi. È un attività produttiva. Per qualificare un attività come produttiva è irrilevante la natura dei beni e servizi prodotti o scambiati e il tipo di bisogno destinati a soddisfare (è impresa anche l’attività di produzione di servizi di natura assistenziale, culturale o ricreativa). 1. Parliamo di attività, non mero godimento di beni: essere imprenditore comporta svolgere attivamente delle operazioni e non semplicemente godere dei frutti di un bene. Il godimento non dà luogo alla produzione di nuovi beni o servizi. Esempio: chi da in affitto un appartamento e riceve un canone di locazione sta svolgendo un mero godimento del suo bene. Chi nell’immobile predispone camere e le affitta in formula bed &breakfast è imptrenditore perchè svolge una serie coordinata di operazioni per la sua attività (colazioni, pubblicità, gestione prenotazione, check in) L’impiego di proprie disponibilità finanziarie nella compravendita di strumenti finanziari con intento di investimento o speculazione è godimento. Sono imprese le società di investimento, che hanno per oggetto l’impiego del proprio patrimonio nella compravendita di titoli secondo il criterio della diversificazione e frammentazioni di rischi. Anche le holding sono imprese commerciali: società che hanno per oggetto l’acquisto e la gestione di partecipazioni di controllo in altre società, sono a capo del gruppo di società. 2. Si deve trattare di una serie coordinata di atti e non un singolo atto. 3 Diritto commerciale – Ilaria Tranquillo http://www.sharenotes.it È imprenditore chi svolge un'attività economica: il concetto economicità è molto diverso dalla definizione aziendalistica: comporta che l’attività sia volta tendenzialmente alla copertura dei costi coi ricavi. Ed assicurino l’autosufficienza economica. Ciò che qualifica un attività come economica non è solo il fine produttivo a cui essa è organizzata ma anche il modo il metodo con cui è condotta; il metodo è economico quando è perseguito con modalità che nel lungo termine consentono la copertura dei costi coi ricavi. Volutamente non è richiesto lo scopo di lucro per non escludere dalle definizione il settore no profit e le aziende mutualistiche. Non svolgono un’attività economica i soggetti che realizzano le attività per spirito di liberalità, erogando beni e servizi a titolo gratuito o richiedendo un prezzo simbolico per cui non è immaginabile coprire i costi coi ricavi conseguiti. È imprenditore invece chi gestisce il medesimo servizio con metodo economico anche se le condizioni non consentono poi di fatto di remunerare i fattori produttivi Il requisito valutato su base di indici oggettivi esteriori percepibili dai terzi. È imprenditore chi svolge un'attività economica organizzata : non è concepibile un’attività di impresa senza programmazione e serie di atti in cui essa si sviluppa, senza l’impiego coordinato di fattori produttivi. Il concetto di organizzazione è inteso come eterorganizzazione, ovvero la combinazione di diversi fattori in modo da servire unitariamente allo scopo di produrre il prodotto. Normalmente l’impresa si concretizza nella creazione di un apparato produttivo stabile e complesso, formato da persone e da beni strumentali. Non è essenziale, affinchè un attività possa dirsi organizzata, l’organizzazione del lavoro altrui: è imprenditore anche chi opera solo il fattore capitale e il proprio lavoro. Non è inoltre necessario un apparato strumentale, i mezzi materiali possono ridursi al solo impiego di mezzi finanziari (il caso di attività di investimento/finanziamento). Siamo davanti quindi a un attività di impresa anche se non c’è organizzazione del lavoro altrui nè un complesso aziendale materialmente percepibile Il lavoro autonomo È colui che organizza autonomamente il proprio lavoro. In concreto anche l’autonomo ha una propria organizzazione. Inoltre secondo alcuni teorici l’organizzazione è implicita nello svolgimento di un’attività. Semplici lavoratori autonomi restano i prestatori d’opera manuali, i mediatori, gli agenti di commercio fin quando usano mezzi inespressivi (telefono, pc, strumentali all’utilizzo di ogni attività) o strettamente necessari alle esplicazione della propria attività lavorativa (attrezzi dell’indraulico) È imprenditore chi esercita professionalmente un'attività : dal punto di vista giuridico reputiamo un’attività svolta in modo professionale se non presenta caratteri di occasionalità. Deve essere quindi svolta con una certa continuità nel tempo; tuttavia ciò non implica che l’attività sia 1. Ininterrotta: sono professionali le attività stagionali 2. Esclusiva: sono professionali attività svolte come secondo lavoro 3. Principale: sono professionali attività a cui non viene dedicata la maggior parte del tempo o da cui si trae principalmente sostentamento. Indice espressivo di professionalità, in caso di mancanza di reiterazione nel tempo degli atti di impresa, può essere anche la creazione di un complesso aziendale idoneo allo svolgimento di un’attività potenzialmente stabile e duratura (esempio: impresa che ha appena aperto) L’unico affare A seconda del caso concreto si può ritenere l’unico affare un attività di impresa. Ciò in particolare quando, per la sua rilevanza economica/per la sua complessità, implichi il compimento di operazioni molteplici e complesse e l’utilizzo di un apparato produttivo idoneo ad escludere il carattere occasionale e non coordinato dei singoli atti economici. È imprenditore chi svolge un'attività economica organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o di servizi : con questa specificazione il 4 Diritto commerciale – Ilaria Tranquillo http://www.sharenotes.it legislatore esclude gli speculatori in borsa/differenziali, perchè non offrono servizi di intermediazione. L’impresa per proprio conto In questo caso lo svolgimento dell’attività imprenditoriale è finalizzata alla produzione di beni e servizi al fine di essere utilizzati dallo stesso imptenditore. Sono imprese per proprio conto la coltivazione del fondo diretta al soddisfacimento dei bisogni familiari e la costruzione di appartamenti non destinati alla vendita (costruzione in economia). È attività di impresa? Il punto è controverso in dottrina, anche perchè si rende necessario tutelare le posizioni dei terzi che entrano in contatto col soggetto. Il costruttore in economia è qualificato come imprenditore indipendetemente dalla sua intenzione che motiva l’atto dato che lo è anche chi costruisce un singolo immobile (l’unico affare). Il soggetto sarà imprenditore se ricorrono i requisiti oggettivi del 2082: il requisito di economicità è verificato perchè i costi sono coperti da un risparmio di spesa o da un incremento del patrimonio del produttore ANALISI DI ALCUNI ELEMENTI NON AFFRONTATI NEL 2082 CC liceità dell’attività non si specifica che l’attività svolta dall’imprenditore debba essere lecita. Un attività è considerata illecita quando viola una o più norme imperative, (quando non è conforme ai regolamenti, agli obblighi di concorrenza, quando l’attività non ha le concessioni/licenze/autorizzazioni prescritte per lo svolgimento dell’attività) è contraria all’ordine pubblico, è contraria al buon costume, è immorale. Per stabilire se possiamo considerare un’attività illecita attività di impresa ci dobbiamo rifare al principio per cui da un attività illecita non possono sorgere benefici: ciò comporta che chi svolge un’attività illecita sarà sottoposto a tutti gli obblighi previsti per l’imprenditore commerciale (quindi è esposto a fallimento) ma non riceverà i benefici derivanti dal suo status. Impresa illegale = senza autorizzazioni concessioni Tale illecito non esclude l’acquisto della qualità di imprenditore con pienezza di effetti sia sfavorevoli che favorevoli e tutte le sanzioni del caso amministrative e penali. È esposto al fallimento Impresa immorale = oggetto dell’attività illecito Non potrà ricavare assolutamente i benefici derivanti dalla qualifica di imprenditore (pretese del titolare d’azienda, agire per chiedere tutela della concorrenza, ecc) ma sarà sottoposto esclusivamente agli obblighi ed esposto a fallimento le professioni intellettuali Per le professioni intellettuali la qualifica di imprenditore è esclusa dal legislatore. I liberi professionisti in quanto tali non sono imprenditori: lo sono soltanto quando la professione intellettuale è esercitata nell’ambito di un’altra attività qualificabile come impresa (medico che dirige la sua clinica privata); diventa imprenditore quando l’apparato di cui si serve non è più strumentale rispetto all’attività della professione, ovvero della sua attività personali. Se il libero professionista ha dei dipendenti non è imprenditore: l’esercizio di una professione non costituisce di per sè attività di impresa, neppure quando l’attuazione di tale attività comporti l’impiego di mezzi materiali e dell’opera di qualche ausiliario. Perchè? Ciò è un beneficio concesso ad alcune attività, volutamente volto a tutelare, almeno inizialmente, le attività protette, ovvero quelle disciplinate da un ordine professionale, per il cui esercizio è richiesto il superamento di un esame e l’iscrizione all’albo. L’ordine assolve infatti a funzioni di vigilanza qualitativa della prestazione erogata, imponendo esami d’accesso, aggiornamenti e effettuando controlli a tutela dei clienti. Attualmente però, molti liberi professionisti esercitano attività non regolate da nessun ordine professionale, quindi non sono sottoposti nè al controllo dell’ordine nè alle regole volute per l’imprenditore. Non sono sottoposti al fallimento ma non godono nemmeno degli strumenti di difesa a tutela della concorrenza, della disciplina del marchio e dell’azienda. Erogano le loro prestazoni per mezzo del contratto d’opera intellettuale che prevede l’esecuzione personale della prestazione. 5 Diritto commerciale – Ilaria Tranquillo http://www.sharenotes.it Chi sono? Si usa un criterio sostanziale dato che non tutte le professioni sono iscritte all’albo, basato sul carattere eminentemente intellettuale della prestazione: non è libero professionista (anche se iscritto all’albo apposito) ma imprendotore commerciale il farmacista perchè vende specialità farmaceutiche acquistate dalle case produttrici. ACQUISTO DELLA QUALITA’ DI IMPRENDITORE imputazione dell’attività l’articolo 2082 non richiede esplicitamente che l’attività sia svolta direttamente dall’imprenditore: egli può avvalersi di collaboratori che operano in suo nome e per suo conto. Tra questi numerosi soggetti, occorre individuare precisamente dal punto di vista giuridico chi è l’imprenditore: ci viene in aiuto il principio della spendita del nome, che identifica come imprenditore colui che spende il suo nome nell’esercizio dell’attività di impresa. Tale esercizio può avvenire In modo diretto: l’imprenditore esercita direttamente l’attività o delega a un soggetto in possesso di un mandato con rappresentanza l’esercizio/la conclusione di alcuni atti In modo indiretto: in questo caso non vi è rappresentanza, il soggetto agisce per conto dell’imprenditore senza spendita del nome. Crea dissociazione tra chi è formalmente considerabile imprenditore e chi è il reale interessato in questa seconda ipotesi si può verificare il caso DELL’IMPRENDITORE OCCULTO, ovvero l’esercizio di un attività di impresa per interposta persona , detta prestanome, che opera come imprenditore apparente: egli segue le direttive dell’imprenditore occulto (colui che somministra i mezzi monetari necessari, dirige di fatto l’impresa e fa propri i guadagni corrispondendo eventualmente un compenso al prestanome) e risponde delle obbligazioni derivanti dall’esercizio dell’attività di impresa, ed è soggetto a fallimento in caso di insolvenza. Spesso il prestanome è un soggetto che non ha nulla da perdere, senza un proprio patrimonio personale da rischiare oppure è una società per azioni o a responsabilità limitata con capitale irrisorio (società di comodo): ciò comporta che il rischio venga traslato sui creditori perchè non esiste un patrimonio su cui essi possono rivalersi. È fuori dubbio che i creditori possano provocare il fallimento del prestanome, in quanto egli, attraverso la spendita del suo nome, è reputabile imprenditore. È altrettanto fuori discussione che date le esigue/inesistenti dimensioni del patrimonio del prestanome, i creditori trarranno ben poco dal fallimento di questi. Se si ammette che sia coinvolto nel fallimento esclusivamente il prestanome, il risultato sarà che il rischio di impresa sarà in realtà sopportato dai creditori (almeno quelli più deboli, non in grado di garantirsi dal dissesto del prestanome costringendo il reale interessato a garantire personalmente i debiti del primo). Quali rimedi? RIMEDIO EFFICACIA E MOTIVAZIONI Superamento del principio della spendita Non è una soluzione praticabile perchè del nome: dimostrando l’esistenza oltre a superare un principio essenziale del dell’imprenditore occulto, è possibile nostro ordinamento crea pregiudizo ai coinvolgerlo nel fallimento, escludendo il creditori personali dell’imprenditore principio della spendita del nome ai fini occulto che vedranno il patrimonio a dell’imputazione della resposabilità per garanzia del loro credito diviso tra i debiti di impresa. creditori dell’impresa occulta. teoria del potere di impresa: avanzando Non praticabile perchè comunque l’idea dell’inscindibilità del rapporto potere- l’imprenditore occulto non è qualificabile responsabilità, per cui chi esercita il potere come imprenditore senza spendita del di direzione di un impresa se ne assume il nome e fallisce. Inoltre è la stessa legge in rischio e risponde delle obbligazioni relative alcuni casi a non ammettere questo all’attività. legame Teoria di Bigiavi, dell’imprenditore occulto: Nel fallimento del socio occulto di società partendo dal principio contenuto nella palese è fuori discussione l’esistenza di legge fallimentare per cui fallisce il socio una società a responsabilità illimitata e occulto di società palese per cui che gli atti sono stati posti in essere nel 6 Diritto commerciale – Ilaria Tranquillo http://www.sharenotes.it estendiamo il fallimento al socio occulto possiamo applicarlo al nostro caso? Se abbiamo di fronte a un imprenditore occulto e a un prestanome, possiamo dire di avere davanti una società occulta con socio occulto? Possiamo utilizzare l’analogia perchè ciò che cambia è solo il numero dei soci occulti. Ma se fallisce la società occulta fallisce anche l’imprenditore occulto e per ciò arriviamo a dire che non importa che chi appare si palesi come esclusivo titolare dell’impresa. Teoria dell’impresa fiancheggiatrice: provando il rapporto tra impresa e prestanome si può affermare che in realtà l’imprenditore occulto è titolare di una propria attività di impresa occulta che consiste nel finanziare ed organizzare l’attività del prestanome. Di conseguenza quando il prestanome fallisce fallisce anche l’imprenditore occulto perchè il prestanome è insolvente perchè l’imprenditore non gli ha più fornito i mezzi finanziari perchè a sua volta insolvente nome della società. Il socio occulto fallisce perchè fa parte della società. In caso di socio occulto di società occulta, il socio occulto è chiamato a rispondere di atti posti in essere in nome del prestanome e fallisce perchè fa parte di una società di persone con soci illimitatamente responsabili. In caso invece di rapporto imprenditore occulto-prestanome siccome non esiste nessuna società tra i due per definizione, quindi la regola non può essere applicata. In realtà il collegamento tra l’insolvenza dell’impresa apparente e quella dell’impresa occulta non è così diretto: semplicemente l’imprenditore occulto potrebbe essersi stancato di finanziare l’attività. Inoltre anche questo stratagemma non tutela i creditori del prestanome perchè prenderanno parte a una procedura concorsuale distinta dal fallimento dell’imprenditore occulto visto che le imprese insolventi sono 2. esatto momento di inizio e fine dell’attività inizio dell’attività a) Impresa individuale: un attività di impresa si considera iniziata quando c’è effettività dell’esercizio dell’attività di impresa. Un soggetto si considera imprenditore al compimento dell’insieme atti che servono ad organizzare l’attività d impresa: non occorre aspettare fino al termine del primo ciclo produttivo nè basta una semplice manifestazione di intenti. L’effettività porta a considerare iniziata un’attività anche se esercitata in violazione di norme amministrative abilitanti b) Società: l’attività inizia al momento della loro costituzione perchè nascono finalizzate all’esercizio dell’attività di impresa. Le società di capitali sono imprenditori a partire dall’iscrizione nel registro delle imprese, le società di persone esistono a partire dalla stipula del contratto di società anche se non iscritte nel registro delle imprese, come società irregolari. fine dell’attività a) Impresa individuale: un attività di impresa si considera cessata quando c’è effettività della cessazione dell’attività di impresa. L’attività si considera cessata al momento della cancellazione dal registro delle imprese. Nel concreto l’effettiva cessazione si verifica con la disgregazione dell’apparato produttivo, la cancellazione è un punto di riferimento formale. b) Società: l’attività cessa di esistere nel momento della cancellazione dal registro delle imprese. Il momento della cessazione è molto importante perchè a partire da quel momento incomincia a decorrere un anno in cui l’impresa può essere ancora soggetta a fallimento. Un tempo, con la vecchia disciplina, si riteneva conclusa l’attività di una società solo quando tutti i rapporti giuridici che interessano la società erano chiusi (niente più debiti, crediti, proprietà). Questo, insieme all’estensione del fallimento fino ad un anno dopo la cessazione dell’attività comportavano che, dato che fallisce l’impresa insolvente, ovvero che ha dei debiti che non riesce a saldare, l’impresa insolvente è assoggettabile al 7 Diritto commerciale – Ilaria Tranquillo http://www.sharenotes.it fallimento all’infinito, fin chè non salda i debiti aperti perchè finchè non sono conclusi l’attività non si reputa cessata. Dal 2007 si adotta la nuova normativa che risolve il problema. capacità giuridica di chi svolge l’attività di impresa Svolgere un attività di impresa comporta lo svolgimento di una serie di attività come concludere contratti per cui è richiesta la capacità giuridica. Tuttavia l’incapace può avere la qualifica di imprenditore: il suo rappresentante legale svolgono le attività in suo nome e per suo conto e all’incapace spetta la qualifica di imprenditore. In casi di attività agricola non ci sono regole precise. L’impresa agricola viene prosecuzione trattata alla stregua di tutti i beni dell’incapace/inabilitato. dell’attività da parte In caso di impresa commerciale c’è un divieto assoluto di inizio dell’attività di del rappresentante impresa, ad eccezione del caso del minore emancipato. È possibile che l’incapace continui l’attività di impresa (magari a causa di una successione la legale eredita) a due condizioni: 1. La prosecuzione di tale attività deve essere utile, arrecare beneficio all’incapace 2. È necessaria l’autorizzazione del tribunale Nel caso dell’inabilitato (diverso da minore e interdetto) può essere richiesta l’autorizzazione al giudice a svolgere l’attività di impresa commerciale sotto la sorveglianza del tutore osservando le disposizioni dettato. Il beneficiario dell’amministrazione di sostegno potrà liberamente iniziare o proseguire un’attività di impresa senza assistenza (infatti conserva la capacità d’agire), salvo che il giudice tutelare disponga diversamente nel decreto di nomina dell’amministratore di sostegno o in un successivo decreto motivato L’incapace resta esposto quindi a tutte le conseguenze del suo status di imprenditore commerciale, compreso il fallimento. È fuori dubbio che sull’incapace ricadranno gli effetti patrimoniali del fallimento. Le sanzioni penali derivanti dal caso ricadranno però sul rappresentante legale. Le incapacità personali invece investiranno il minore perchè esse derivano automaticamente dalla dichiarazione di fallimento. 8 Diritto commerciale – Ilaria Tranquillo http://www.sharenotes.it CLASSIFICAZIONE DELLE IMPRESE IN BASE ALL’OGGETTO DELL’ATTIVITA’: due diverse discipline Imprenditore agricolo 2135 cc Siamo di fronte a un imprenditore agricolo quando 1. Svolge un attività agricola essenziale (coltivazione del fondo, silvicultura, allevamento di animali) strettamente connessa al ciclo biologico o a una fase di sviluppo dello stesso. Note terminologiche: parliamo di coltivazione del fondo e non di coltivazione della terra perchè esistono anche coltivazioni fuoriterra, in gel nutritivi, in cassette, etc. L’imprenditore agricolo quindi non è più strettamente legato alla terra ma al ciclo biologico. Per lo stesso motivo si parla di allevamento di animali e non di bestiame, perchè sempre più spesso si allevano cani, bachi da seta, ecc animali che non sono bestiame 2. Svolge un attività agricola connessa, ovvero un attività di trasformazione, manupolazione e commercio di prodotti agricoli che presenta una connessione soggettiva (stesso soggetto che svolge anche l’attività agricola essenziale) e oggettiva (si utilizzano prevalentemente i prodotti dell’attività agricola essenziale ottenuti quindi prevalentemente utilizzando attrezzature e risorse dell’azienda agricola). L’attività agricola connessa non deve prevalere per rilievoeconomico sull’attività agricola essenziale. La coltivazione del fondo prima del 1942 non era considerata attività di impresa ma diritto di godimento del bene. Ora l’impresa agricola è comunque sottoposta a una disciplina diversa e non è sottoposta alle norme dello statuto dell’imprenditore commerciale. Queste regole sono state volute perchè l’imprenditore agricolo sopporta anche il rischio naturale: alcuni eventi naturali possono distruggere il prodotto senza che ciò dipenda da scelte errate dell’imprenditore. Imprenditore commerciale 2195 cc È imprenditore commerciale colui che svolge una o più delle seguenti categorie di attività: 1. Attività industriale di produzione di beni e servizi: con industriale si intende “non agricola”, non in senso tecnico di trasformazione 2. Attività intermediaria della circolazione di beni e servizi: commercio. Il commerciante acquista beni e li rivende ad altri intermediari o ai consumatori dando vita a operazioni di scambio 3. Attività di trasporto per terra, per acqua o per aria. Le imprese di trasporto producono un servizio consistente nello spostare persone o cose da un luogo ad un altro. 4. Attività bancaria e assicurativa: raccolta di risparmio e finanziamento. L’attività bancaria è intermediazione nella circolazione del denaro, l’attività assicurativa produce specifici servizi. 5. Altre attività ausiliarie alle precedenti . In quest’ultima categoria rientrano tutte le attività ausiliare ad altre attività, sia di impresa commerciale, sia di impresa agricola, sia agenzie matrimoniali, investigative, etc. Rientrano in questa categoria le imprese di agenzia, mediazione, deposito, commissione, spedizione, pubblicità, marketing. Chi svolge queste attività è sottoposto allo statuto dell’imprenditore commerciale. L’impresa civile /il tertius genius esiste? Nel codice di commercio esisteva la figura dell’imprenditore civile, sparita dal codice civile del 42. Tesi favorevole Tesi contraria Il requisito di industrialità deve essere inteso nel significato tecnico- economico: è industriale un’attività che implichi impiego di materie prime e loro trasformazione. Sono per tanto imprese civili le imprese di caccia e pesca, quelle che producono servizi diverse dai punti 3, 4, 5 del 2195 cc, chi aliena beni propri ed eroga credito con mezzi propri. Inoltre il legislatore non definisce l’imprenditore commerciale come categoria residuale destinata ad accogliere tutto ciò che non è agricolo L’attività è detta industriale intendendo come “non agricola”. È imprenditore commerciale ogni imprenditore non agricolo, le categorie del 2195 servono solo da specificazione. Non c’è quindi spazio per le imprese civili. Inoltre non sarebbero sottoposte alla disciplina rigida dell’imprenditore commerciale senza alcuna giustificazione sostanziale (come il rischio naturale per l’imprenditore agricolo) NON ESISTE QUINDI L’IMPRESA CIVILE, DISTINGUIAMO SOLO IMPRESA AGRICOLA E COMMERCIALE 9 Diritto commerciale – Ilaria Tranquillo http://www.sharenotes.it CLASSIFICAZIONE IN BASE ALLE DIMENSIONI DELL’ATTIVITA’ Le dimensioni dell’impresa sono il secondo criterio di differenziazione della disciplina degli imprenditori. L’articolo 2083 identifica la piccola impresa; essa gode di ausilio e sostegno Art. 2083 Piccoli imprenditori Sono piccoli imprenditori i coltivatori diretti del fondo, gli artigiani, i piccoli commercianti e coloro che esercitano un'attività professionale organizzata prevalentemente con il lavoro proprio e dei componenti della famiglia. Rientrano nella categoria coloro che esercitano l’attività di impresa prevalentemente col lavoro proprio e dei propri famigliari. L’articolo fa’ alcuni esempi di categorie che potrebbero soddisfare la condizione essenziale/il criterio generale di prevalenza: i coltivatori diretti del fondo, gli artigiani, i piccoli commercianti. La prevalenza deve verificarsi nei confronti di tutti i fattori produttivi (Non solo i l lavoro altrui, ma anche sui capitali investiti). Per aver una piccola impresa è necessario che: a) L’imprenditore presti il proprio lavoro nell’impresa b) Il suo lavoro e quello dei suoi familiari che collaborano nell’impresa prevalgano sia rispeto al lavoro altrui sia rispetto al capitale. Non è per ciò mai piccolo imprenditore chi investe ingenti capitali nell’impresa senza avvalersi di nessun collaboratore. La prevalenza è intesa in senso quantitativo-funzionale: occorre accertare se l’apporto personale dell’imprenditore e dei suoi familiari abbiano rilievo preminente nell’organizzazione dell’impresa e caratterizzano i beni o i servizi prodotti. Il piccolo imprenditore è esonerato, anche se esercita attività commerciale, dalla tenuta delle scritture contabili, dall’assoggettamento al fallimento e alle altre procedure concorsuali. Il piccolo imprenditore nella legge fallimentare Il codice civile afferma che il piccolo imprenditore è esonerato dal fallimento. Tutta via la legge fallimentare fornisce una legge di piccolo imprenditore diversa, e conciliare queste definizioni è stato un problema fino alla riforma del 2007. Prima l’articolo 1 definiva come piccolo imprenditore dettando tre requisiti: era piccolo imprenditore chi aveva un reddito minore al limite imponibile per l’imposta di ricchezza mobile (poi abrogata) o chi avesse investito un capitale inferiore a 900.000 lire (questo requisito non era attuabile perchè mai adeguato). Per lungo tempo poi non sono state considerate piccoli imprenditori ai fini fallimentari le società. Con la riforma del 2006 vengono reintrodotti limiti quantitativi: per essere piccoli imprenditori occorreva: - attivo medio nei 3 anni precedenti minori di 400.000 € - ricavi medi nei 3 anni precedenti minori di 200.000 € - indebitamento minore di 500.000 € Il problema restava siccome le due definizioni si basavano su elementi diversi: i problemi sono stati parzialmente risolti togliendo dalla legge fallimentare il riferimento ai piccoli imprenditori; si danno solo parametri dimensionali. Dunque non è soggetto a fallimento, secondo la nuova norma del 2007 chi non supera nessuno di questi 3 limiti indicati: a) Chi dimostra di aver avuto nei tre anni precedenti al deposito di un istanza di fallimento un attivo patromoniale sotto i 300.000 € b) aver realizzato nei tre anni precedenti al deposito di un istanza di fallimento ricavi lordi non superiori a 200.000 € c) aver un ammontare di debiti anche non scaduti non superiore a 500.000 € Anche le società commerciali possono essere esonerate da fallimento se rispettano questi limiti dimensionali. 10 Diritto commerciale – Ilaria Tranquillo http://www.sharenotes.it L’impresa artigiana Non troviamo nel codice nessuna definizione specifica di artigiano, dobbiamo ricercarla nella legge quadro sull’artigianato .La legge del 1956 definiva le imprese artigiane a tutti gli effetti di legge, in qualsiasi circostanza, civilistica, fallimentare, ecc. Con la successiva legge dell’85 non propone quell’inciso, quindi la definizione è valida ai soli fini della legge quadro. Quindi la qualifica di artigiano non è da sola sufficiente a sottrarre l’artigiano alla disciplina dell’imprenditore commerciale, a meno che non rispretti il requisito della prevalenza. È artigiano colui che svolge una qualsiasi attività di beni e servizi (salvo limitazioni) svolgendo prevalentemente il proprio lavoro, anche manuale, nel processo produttivo. (prevalenza nel ciclo produttivo, non sugli altri fattori produttivi). Essa è quindi contraddistinta da: il ruolo preponderante dell'artigiano, che deve prestare in misura prevalente il proprio lavoro anche manuale nel processo produttivo (art. 2, 1° comma); deve comunque essere in possesso di tutti i requisiti tecnico-professionali previsti dalle leggi speciali; l'oggetto dell'impresa, che oggi può essere costituito da qualsiasi attività di produzione di beni, anche semilavorati o di prestazioni di servizi; sono escluse le attività agricole e le attività di prestazione di servizi commerciali, di intermediazione nella circolazione dei beni o ausiliarie di queste ultime, di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande. Molto probabilmente l’impresa artigiana integra la caratteristica essenziale del 2083 cc ma non c’è equivalenza automatica perchè non è detto che il lavoro sia un fattore prevalente sugli altri. La legge del 1985 considera artigiane anche le imprese costituite in società cooperativa o in nome collettivo a condizione che la maggioranza dei soci svolga in prevalenza lavoro personale, anche manuale, nel processo produttivo e che nell’impresa il lavoro abbia funzione preminente sul capitale. Titolare di un'impresa artigiana può essere anche una società, purché sia organizzata in forma di società in nome collettivo, società in accomandita semplice, società a responsabilità limitata, sia unipersonale che pluripersonale, o società cooperativa, con esclusione pertanto delle sole società per azioni e società in accomandita per azioni. L'impresa artigiana non può oltrepassare i limiti dimensionali fissati dall'art. 4 della legge quadro e deve iscriversi in un apposito albo previsto dal successivo art. 5 al fine di godere delle provvidenze ed agevolazioni previste dalla disciplina di dettaglio. L’IMPRESA FAMILIARE L’istituto dell’impresa famigliare è volto non tanto all’individuazione di una specifica categoria quanto a disciplinare alcuni rapporti familiari. È impresa familiare l’impresa nella quale collaborano il coniuge, i parenti entro il terzo grado e gli affini entro il secondo dell’imprenditore. È frequente che un’impresa familiare ispetti anche i requisiti della piccola impresa ma non c’è coincidenza tra le due fattispecie. È un istituto nato nel 1975 per tutelare i familiari dallo sfruttamento da parte dell’imprenditore del lavoro dei familiari, senza costringere il capofamiglia a formare una società o ad assumere e familiari come dipendenti. È una forma di impresa che ha origine dalla situazione di fatto (il fatto che i familiari prestano lavoro nell’impresa). I familiari beneficiano di diritti patrimoniali e amministrativi: - partecipazione agli utili proporzionalmente al lavoro prestato (qualitativamente e quantitativ) - diritto mantenimento - diritti sui beni acquistati con gli utili - in caso di cessione dell’attività hanno, a parità di condizioni, una prelazione rispetto ai terzi - possono partecipare ad alcune decisioni amministrative di straordinaria amministrazione l’impresa familiare resta pur sempre un impresa individuale. Solo il titolare è autorizzato alla gestione e si occupa delle decisioni di ordinaria amministrazione. Solo il titolare risponde delle obbligazioni dell’impresa ed è soggetto a fallimento (se l’impresa famigliare non rientra nei parametri sopra indicati parlando di fallimento). 11 Diritto commerciale – Ilaria Tranquillo http://www.sharenotes.it CLASSIFICAZIONE IN BASE AL SOGGETTO CHE ESERCITA L’ATTIVITA’ Impresa: ♥ individiale ♥ collettiva: più soggetti agiscono in modo coordinato nello svolgimento dell’attività, utilizzando lo strumento apposito previsto dal diritto, la società. La società semplice è utilizzabile solo per lo svolgimento di attività non commerciali, gli altri tipi di società, dette società commerciali, possono avere oggetto agricolo o commerciali impresa privata: esercitata da privati cittadini pubblica: quando l’attività di impresa è svolta da un soggetto pubblico. Distinguiamo diversi tipi di impresa pubblica a seconda del grado di intervento pubblico: imprese organo: svolgono attività di impresa in modo servile a una certa funzionalità pubblica. Lo stato o un altro ente pubblico svolgono attività di impresa direttamente avvalendosi di proprie strutture organizzative dotate di più o meno ampia autonomia decisionale e contabile Aziende municipalizzate: Enti pubblici economici: il loro scopo principale è lo svolgimento dell’attività di impresa Società a partecipazione pubblica: società, ovvero soggetti di diritto privato i cui i soci (tutti o alcuni) sono soggetti di diritto pubblico. Si adottano le regole del diritto privato. LO STATUTO DELL’IMPRENDITORE COMMERCIALE Regole che riguardano solo le imprese commerciali, che rientrano tra le attività indicate nel 2195. Alcune imprese commerciali possono essere sottoposte a statuti settoriali specifici dell’attività in cui operano. LA PUBBLICITA’ LEGALE Le imprese commerciali sono tenute alla registrazione presso il registro delle imprese, tenuto presso la camera di commercio e contenente informazioni su di esse. Il sistema di pubblicità legale assolve alla necessità degli operatori economici di disporre di informazioni veritiere e non contestabili su fatti e situazioni delle imprese con cui entrano in contatto. Le informazioni contenute non sono solo accessibili a terzi ma anche ad essi opponibili per la conoscibilità legale. Il registro delle imprese era previsto sin dal 1942, ma attuato solo di recente: è operativo infatti dal 1997, prima le funzioni del registro delle imprese venivano svolte dalle cancellerie dei tribunali. L’attuale registro delle imprese è strumento di informazione sui dati organizzativi di tutte le imprese anche non commerciali ed è tenuto con tecniche informatiche per rendere le informazioni tempestivamente accessibili a tutti. Chi è iscritto nel registro delle imprese? Il registro delle imprese si divide in diverse sezioni: Nella sezione ordinaria sono tenuti ad iscriversi gli imprenditori commerciali, le società commerciali, gli enti pubblici economici, le società estere con sedi in italia e i consorzi con attività esterne. Nelle sezioni straordinarie/speciali troviamo i piccoli imprenditori, gli artigiani, le società semplici, gli imprenditori agricoli, le società di professionisti Cosa viene iscritto nel registro delle imprese? Nel registro vengono iscritti tutti gli atti e i fatti riguardanti l’impresa, tutte le informazioni utili ai terzi che interagiscono con essa. 12 Diritto commerciale – Ilaria Tranquillo http://www.sharenotes.it Che effetti ha l’iscrizione? L’iscrizione può avere 3 diversi gradi di efficacia: 1) efficacia dichiarativa, per quasi tutte le iscrizioni a. positiva: tutto ciò che è iscritto nel regostro delle imprese è opponibile a terzi b. negativa: tutto ciò che non è iscritta non è opponibile a terzi 2) efficacia normativa: l’iscrizione è il presupposto per applicare certe regole, una certa normativa. Un esempio di questa efficacia la troviamo nella disciplina della snc: l’iscrizione è obbligatoria ma se dovesse mancare siamo di fronte a una snc irregolare per cui applichiamo, anzichè la normativa dell’snc le regole previste per la società semplice. 3) efficacia costitutiva: a. totale: un esempio è nella disciplina delle società di capitali; esse esistono solo se il loro atto costitutivo viene iscritto nel registro delle imprese b. parziale: l’iscrizione consente di reputare l’atto come esistente solo nei confronti di un certo soggetto. È il caso della riduzione del capitale sociale: la decisione va iscritta e a partire da quel momento decorrono 3 mesi in cui i creditori possono fare opposizione (sono preoccupati per la riduzione di garanzie dei loro crediti). Dato che la mancata iscrizione comporta la mancata possibilità di fare opposizione, la riduzione non iscritta non avrà efficacia nei confronti dei creditori antecedenti. LE SCRITTURE CONTABILI Le norme civilistiche impongono alcune regole in materia di scritture contabili. Le scritture contabili sono appunto i documenti che contengono la rappresentazione, in termini quantitativi e/o monetari, dei singoli atti di impresa, della situazione del patrimonio dell’imprenditore e del risultato economico dell’attività svolta (trasposizione degli avvenimenti di gestione): sono importanti per valutare l’andamento dell’impresa sia da parte dell’imprenditore sia da parte dei terzi che vengono a contatto dell’impresa. Esse contribuiscono a rendere razionale ed efficente l’organizzazione e la gestione dell’impresa e perciò sono di regola tenute da qualsiasi imprenditore. È obbligatoria la loro tenuta per tutti gli imprenditori commerciali. I piccoli imprenditori non hanno questo obbligo, anche se esercitano attività commerciali. L’esclusione dell’obbligo dal punto di vista civilistico per piccoli imprenditori e imprenditori agricoli non escludono obblighi di natura fiscale e tributaria. Chi deve Quali scritture Modalità in cui Conseguenze per tenerle vanno tenute mancata tenuta delle scritture/tenuta in modo errato Sono Scritture obbligatorie e inderogabili Devono essere Tralasciando le obbligati libro degli inventari dove si tenute in conseguenze di tipo tutti gli iscritti annota il bilancio modo fiscale/ tributario e penali alla sezione periodicamente, contiene le ordinato, (bancarotta ordinaria del valutazioni delle attività e senza semplice/fraudolenta), il registro delle passività dell’impresa. cancellature e codice civile sanzions imprese il libro giornale dove si abrasioni, su l’imprenditore annotano cronologicamente le pagine impedendogli di usare le operazioni realizzate, numerate scritture contabili come nell’ordine in cui sono compiute mezzo di prova a suo + tutte le altre scritture necessarie favore. potranno essere a seconda della tipologia, usate come prova contro di dimensioni, modalità di lui realizzazione dell’attività LE PROCEDURE CONCORSUALI Nel momento in cui l’impresa è in crisi vengono toccati gli interessi di numerosi soggetti: per gestire queste situazioni complesse sono state eleborate procedure ad hoc che sostituiscono i classici rimedi di diritto privato per insolvenza. Esse realizzano la parità di trattamento tra tutti i soggetti 13 Diritto commerciale – Ilaria Tranquillo http://www.sharenotes.it coinvolti e sono volte a salvaguardare il valore dell’impresa (nuovo orientamento: prima era più orientato a estromettere l’impresa dal mercato) Le procedure consensuali sono fallimento, liquidazione coatta amministrativa, il concordato preventivo, l’amministrazione straordinaria della grande impresa in crisi. Queste procedure concursuali sono applicabili solo agli imprenditori commerciali. LA RAPPRESENTANZA COMMERCIALE L’imprenditore, nell’esercizio della sua impresa può avvalersi di collaboratori che agiscono in rappresentanza, in nome e per conto dell’imprenditore. Nel diritto privato esiste l’istituto della rappresentanza legale: il terzo che entra in contatto col rappresentante deve accertarsi che questi sia in possesso di un mandato/procura realmente esistente, che l’atto rientri nei limiti della procura, ecc. Per non rallentare le trattative a causa dei controlli che i terzi devono efettuare il diritto privato ha elaborato figure tipiche con diversi poteri di rappresentanza per gli ausiliari intrerni dell’imprenditore. Chi conclude affari con tali ausiliari dovrà solo verificare se l’imprenditore ha modificato con atto espresso e reso pubblico i loro naturali poteri previsti per legge; non dovrà verificare se la rappresentanza è stata loro conferita. definizione È colui che è preposto dal titolare all’esercizio di un impresa, di una sua sede secondaria o di un ramo di essa. Si sostituisce in tutto e per tutto all’imprenditore nell’esercizio delle sue funzioni. INSTITORE 14 poteri Ha potere di gestione generali che abbraccia tutte le operazioni della struttura alla quale è preposto. Ha sia la rappresentanza sostanziale (gestione dell’impresa, poteri decisionali) sia la rappresentanza processuale attiva e passiva (può stare in giudizio al posto dell’imprenditore come attore o convenuto). Può concludere contratti con i terzi. La nomina viene iscritta nel registro delle imprese. Diritto commerciale – Ilaria Tranquillo http://www.sharenotes.it limiti Imposti dalla legge: - non può vendere in blocco l’azienda - non può alienare e ipotecare beni immobili (a meno che l’attività di impresa sia compravendita di immobili) L’imprenditore può derogare a questi limiti autorizzando l’institore a compiere lo stesso questi atti e imporre limiti che vanno iscritti nel registro delle imprese (altrimenti non sono opponibili a terzi). In mancanza di pubblicità legale la rappresentanza si reputa generale, salvo provare che i terzi erano a conoscenza dei limiti non iscritti. altro Dall’iscrizione dei limiti e dalla spendita del nome dipende la responsabilità dell’imprenditore per gli atti compiuti dall’imprenditore: - se non c’è spendita del nome se l’atto è palesemente relativo all’impresa gli effetti giuridici ricadono sull’imprenditore - se c’è spendita del nome distinguiamo a. se l’operazione rispetta i limiti ne risponde l’imprenditore b. se l’operazione non rispetta i limiti e tali limiti sono iscritti ne risponde l’institore c. se l’operazione non rispetta limiti non iscritti ne risponde anche l’imprenditore perchè non sono opponibili a terzi PROCURATORE COMMESSO 15 definizione In base a un rapporto continuativo compiono per l’imprenditore atti pertinenti all’esrcizio di impresa pur non essendo preposti ad essi. È preposto all’attività di impresa con un ambito d’azione limitato a uno specifico settore, circoscritto a un determinato settore operativo. poteri Poteri limitati a singoli settori (ad esempio un ramo d’azienda). In mancanza di specifica iscrizione sul registro delle imprese sono investiti da un potere generale rispetto alla specie di operazioni per le quali sono stati investiti di autonomo potere decisionale. limiti Non ha la rappresentanza processuale Non è soggetto agli obblighi di iscrizione nel registro delle imprese e di tenuta delle scritture contabili altro Non sono previste deroghe al principio della spendita del nome: se non avviene la spendita del nome, dell’atto ne risponde il procuratore Ha mansioni meramente esecutive, esegue direttive e mansioni materiali che li pongono in contatto con terzi. Hanno potere di rappresentanza senza specifico atto di conferimento Possono concludere gli atti per cui sono stati incaricati, che ordinamente comporta la specie di operazioni di cui sono stati incaricati, ricevere osservazioni e reclami in merito al contratto, possono compiere atti conservativi e cautelati nei confronti dell’imprenditore, possono chiedere provvedimenti cautelari nell’interesse dell’imprenditore Non possono derogare alle condizioni di contratto predisposte dall’imprenditori o alle clausole stampate nei moduli di impresa, concedere sconti e dilazioni al di fuori delle indicazioni dell’imprenditore, non possono esigere il prezzo delle merci al di fuori del locali o che non consegnano Non è richiesta una forma specifica di pubblicità: spetta all’imprenditore renderlo noto con mezzi idonei quali divise, targhette, elementi distintivi. Di conseguenza le limitazioni sono opponibili ai terzi solo se portate a conoscenza degli stessi mezzi idonei Diritto commerciale – Ilaria Tranquillo http://www.sharenotes.it L’azienda Art. 2555 L'azienda è il complesso dei beni organizzati dall'imprenditore per l'esercizio dell'impresa. L’azienda costituisce l’apparato strumentale di cui l’imprenditore si avvale nello svolgimento della sua attività. I beni organizzati ad azienda consentono la produzione di unità nuove, diverse e maggiori di quelle traibili dai singoli beni isolatamente considerati.il valore di scambio dell’azienda è maggiore della somma del valore di scambio dei singoli beni che la compongono presi singolarmente: Tale maggior valore è detto “avviamento”. In dottrina ci sono due diverse teoria (che nella pratica non incidono) - teoria atomistica: l’impresa è l’insieme dei beni che la compongono. - Teoria unitaria: l’azienda è un universalità di beni, un bene distinto dai beni che la compongono, un bene untario Disciplina dell’azienda: finalizzata alla conservazione dell’apparato organizzativo, cercando di non smembrarlo Da cosa è composta l’azienda? L’azienda è composta da tutti i beni strumentali materiali e immateriali di cui l’imprenditore ha facoltà di utilizzo (non occorre che sia proprietario, è irrilevante il titolo giuridico reale o obbligatorio che conferisce la facoltà di utilizzo). Un bene fà parte dell’azienda se è utilizzato nello svolgimento dell’attività di impresa: ciò che conta è lo scopo funzionale del bene. Il trasferimento d’azienda: regole L’azienda può essere venduta, conferita in società, donata e su di essa possono essere costituiti diritti reali (usufrutto) o personali(affitto) di godimento a favore di terzi. L’imprenditore può trasferire l’azienda o singoli beni aziendali: siamo di fronte a un trasferimento d’azienda (e applichiamo la relativa disciplina) quando il trasferimento riguarda un insieme di beni di per sè potenzialmente idonei a essere utilizzati per una determinata attività di impresa (non necessariamente la stessa del trasferente); è necessario che i beni esclusi dal trasferimento non alterino l’unità economica e funzionale di quella data azienda, devono essere trasferiti tutti gli elementi determinanti. Norme riguardanti il trasferimento d’azienda Forma negoziale: il contratto di trasferimento d’azienda non richiede forme particolari per la validità del contratto: devono osservare le forme richieste per il trasferimento dei singoli beni componenti l’azienda (se comprende immobili è necessaria la forma scritta ad esempio) e eventualmente per il particolare tipo di negozio traslativo(il conferimento di un azienda in una società di capitali dovrà sempre avvenire per atto pubblico). le regole antiriciclaggio impongono limiti diversi. Solo per le imprese soggette a registrazione nella sezione ordinaria del registro delle imprese è poi previsto che ogni atto di disposizione dell’azienda deve essere provato per iscritto: la forma è richiesta ai soli fini probatori. Sempre per la registrazione può essere richiesta una forma specifica (atto pubblico/scrittura privata autenticata) e deve essere depositato dal notaio entro 30 giorni per la trascrizione. L’avviamento: il valore dell’azienda non è pari alla somma dei valori dei beni che la compongono esaminati singolarmente, ma superiore perchè i beni sono già organizzati e coordinati in un apparato idoneo a produrre valore economico. Dipende sia da fattori soggettivi (capacità dell’imprenditore di coordinare nel modo più efficente i beni, capacità dell’imprenditore di attrarre e fidelizzare i clienti ) che oggettivi (sinergie positive ottenute combinando due beni, sono suscettibili di rimanere anche se muta il titolare in quanto insiti nel coordinamento funzionale dell’azienda) 16 Diritto commerciale – Ilaria Tranquillo http://www.sharenotes.it Effetti dell’operazione: Sull’alienante: divieto di concorrenza In capo a chi trasferisce l’azienda è imposto un divieto di concorrenza: per 5 anni l’alienante deve astenersi per al massimo 5 anni (periodo riducibile dalle parti) dall’aprire un’attività che per oggetto e/o per luogo possa sviare la clientela dell’azienda alienata. Questo divieto è un tentativo di conciliare due interessi opposti: l’interesse dell’alienante a non vedere troppo limitata la sua libertà di iniziativa economica (ecco perchè il limite non può essere aumentato) e l’interesse dell’acquirente di non subire uno sviamento della clientela involontario. Lo sviamento involontario della clientela comporta che il cliente continui erroneamente a intrattenere rapporti col precedente titolare dell’azienda pensando di aver a che fare con la stessa azienda che in realtà è stata alienata. Inoltre l’acquirente ha pagato l’avviamento per goderne, e lo sviamento pregiudicherebbe ciò in quanto non potrebbe godere del pacchetto clienti incluso nell’avviamento. Il divieto si applica sia alla vendita volontaria, sia alla vendita coattiva (vendita in blocco dell’impresa da parte degli organi fallimentari). Su debiti dell’azienda A tutela della posizione dei terzi i debiti vengono sì trasferiti in modo automatico se risultano dalle scritture contabili ma l’alienante non è liberato salvo che il creditore non abbia acconsentito espressamente alla sua liberazione. Nel caso in cui i creditori non abbiano espressamente accosentito a liberare l’alienante egli risponderà in solido all’acquirente inadempiente. Sui crediti dell’azienda nel diritto privato la cessione deve essere notificata al debitore ceduto. In questa frangente il provvedimento di notifica è stato sostituito con l’iscrizione nel registro delle imprese come metodo di informazione . se il debitore ceduto paga al vecchio titolare, il vecchio titolare egli deve pagare l’indebito al nuovo titolare. Sui contratti in corso di esecuzione In caso di contratti a prestazioni corrispettive in cui entrambe le parti non hanno terminato l’esecuzione (altrimenti sarebbe un credito/debito) stipulati dall’alienante per assicurarsi i fattori produttivi necessari all’organizzazione dell’impresa, allo svolgimento dei cicli produttivi, per dar sbocco ai suoi prodotti (esempio: contratto di lavoro, di fornitura, di trasporto, di somministrazione dei prodotti dell’impresa ai clienti). I manuali in questo caso distinguono spesso tra Contratti di impresa: tutti gli atti necessari all’attività di impresa Contratti aziendali: per poter disporre dei beni dell’azienda La distinzione è irrilevante ai fini della disciplina perchè è uguale per le due categorie perchè entrambi i contratti sono funzionali all’attività di impresa e quindi vengono trasferiti automaticamente all’acquirente dell’azienda, salvo il caso di contratti personali ovvero in cui l’identità di una delle parti è stata determinante nella conclusione del contratto perchè la prestazione è legata all’abilità / capacità dell’esecutore. Queste regole sono derogabili dalle parti: alienante e acquirente possono stabilire quali contratti trasferire e quali no, la vontà delle parti è sovrana, la disciplina standard si applica se non si è disposto nulla. Nel trasferimento d’azienda, a differenza del diritto privato, non viene quindi richiesto il consenso della controparte ceduta, ma ella può recedere dal contratto entro 3 mesi dalla cessione per giusta causa. Regole specifiche sono previste per i contratti particolari come il contratto di lavoro. Per i contratti personali come già detto non vengono trasferiti automaticamente e, in caso le parti optino per trasferire il contratto serve il consenso del contraente ceduto, si torna alla disciplina di diritto comune riguardante la cessione del contratto. Usofrutto e affitto dell’azienda. usofrutto: l’usofruttuario dell’azienda deve esercitarla sotto la ditta che la contraddistingue. L’usofruttuario deve disporre dell’azienda senza modificarne la destinazione economica e in modo da conservarne l’efficenza dell’organizzazione e degli impianti e le normali dotazioni di scorte. Può disporre dell’azienda nei limiti delle esigenze di gestione. Al termine dell’usofrutto l’azienda sarà mutata e risulterà composta da beni diversi: verranno redatti un inventario a inizio usofrutto e un inventario alla fine e la differenza verrà regolata in denaro. La stessa disciplina si applica anche all’affitto di azienda (da non confondere con la locazione di un immobile per l’attività di azienda). Si applicano alle stesse fattispecie il divieto di concorrenza e la successione nei contratti aziendali. Si applica all’usofrutto ma non all’affitto la disciplina dei crediti aziendali. Dei debiti aziendali anteriori alla concessione dell’usofrutto o dell’affitto risponderanno solo il nudo proprietario o il locatore salvo che per i debiti di lavoro espressamente accollati anche al titolare del diritto di godimento. 17 Diritto commerciale – Ilaria Tranquillo http://www.sharenotes.it