COMUNICATO STAMPA del 17 ottobre 2016

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COMUNICATO STAMPA del 17 ottobre 2016
MICROBIOTA: IL LATTE MATERNO È UNA COPERTA CHE PROTEGGE IL NEONATO
Studio dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù dimostra l’importanza dell’allattamento materno
nella formazione del sistema immunitario. Disegnata la “carta d’identità” dei batteri responsabili
delle diverse attività metaboliche.
L’allattamento materno nei primi giorni di vita è fondamentale per la costituzione del microbiota
e la formazione delle difese immunitarie del neonato. Lo confermano i risultati di uno studio
condotto in laboratorio dai ricercatori dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, pubblicato sulla
rivista Frontiers in Microbiology del gruppo Nature.
Attraverso l’impiego di piattaforme avanzate di spettrometria di massa è stato possibile elaborare
enormi volumi di dati, che hanno aiutato i ricercatori a comprendere molti aspetti non ancora noti
della genesi e della maturazione del microbiota intestinale nelle primissime fasi della vita, come
l’effetto dell’allattamento materno, la formazione del sistema immunitario, la risposta alle infezioni,
i rapporti tra madre e figlio, i meccanismi di insorgenza di una serie di malattie che colpiscono l’età
pediatrica.
IL MICROBIOTA
Circa un chilo e mezzo del nostro peso è dovuto ai microrganismi. Una presenza “ingombrante”,
quasi tutta localizzata nell’intestino (il microbiota) e strettamente associata a diverse attività
fisiologiche e a condizioni patologiche. Questa popolazione di trilioni di batteri svolge infatti la
funzione di “centrale biochimica” dell’intestino, dove trasforma il cibo ingerito, produce energia,
regola l’immunità della mucosa intestinale e l’equilibrio delle popolazioni microbiche che fungono
da barriera contro gli agenti patogeni.
GENETICA E ALLATTAMENTO
La ricerca del Bambino Gesù ha disegnato in un modello murino, cioè nei in topi da laboratorio,
l’evoluzione del microbiota nei primi giorni di vita, tenendo conto di due principali variabili in grado
di modificarlo: l'allattamento e il patrimonio genetico materno. Per comprendere l’interazione tra
questi elementi i topi appena nati sono stati divisi in gruppi e sono stati nutriti con 3 diverse
tipologie di latte: quello delle madri naturali, quello di altre madri adottive, quello privato di
immunoglobuline A (o IgA, un tipo di anticorpo coinvolto nella risposta immunitaria dell’organismo).
È stato così dimostrato che le comunità microbiche dei neonati nutriti con il latte delle proprie
madri, contenente immunoglobulina A, sono ricche di lattobacilli, cioè batteri “amici”, mentre i
batteri patogeni opportunisti o “nemici” sono assenti o scarsamente rappresentati. Il profilo del loro
microbiota, inoltre, risulta simile a quello delle madri. Di contro, i topi neonati allattati con latte
privo di IgA, presentavano un aumento delle popolazioni batteriche patogene opportuniste.
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«È la dimostrazione – spiega la dottoressa Lorenza Putignani, responsabile di parassitologia
dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù – che il latte materno fornisce ai neonati nei primissimi
giorni di vita una sorta di coperta di batteri “amici”, che funge da barriera contro l’insediamento
dei batteri patogeni e protegge potenzialmente i piccoli dall’insorgenza di una serie di malattie».
Interessanti i risultati anche del terzo gruppo di topi. Scambiando le madri subito dopo il parto,
infatti, il microbiota e il rispettivo proteoma (l’insieme cioè delle proteine prodotte dal genoma di
un organismo) dei neonati presentavano comunque profili correlati alle caratteristiche del
microbiota delle mamme naturali, oltre che al tipo di latte ricevuto dalle mamme adottive. «Questo
risultato – aggiunge la dott.ssa Putignani – ha confermato il ruolo dell’inoculo del microbiota della
mamma durante il parto, già anticipato da altri studi dei ricercatori del Bambino Gesù».
«Più in generale – conclude la responsabile di Parassitologia dell’Ospedale Pediatrico di Roma – con
questa ricerca siamo riusciti a caratterizzare l’intero profilo delle proteine presenti nel microbiota
intestinale, il cosiddetto proteoma, fornendo una sorta di “carta d’identità” dei batteri responsabili
delle diverse attività metaboliche. Si tratta di un risultato del tutto originale, in quanto questi dati
non sono più solo descrittivi, come quelli ottenuti in precedenza con le tecniche di sequenziamento
genetico di seconda generazione, ma funzionali, in grado cioè di caratterizzare le diverse categorie
di batteri in termini di “chi fa che cosa”»
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