Statistiche quantiche
Riflettiamo su aspetti base della Meccanica quantistica che hanno influito sull’analisi statistica di
sistemi di particelle.
1) Conseguenze del principio di indeterminazione
Sulla base del principio di indeterminazione di Heisenberg non è possibile definire lo stato
microscopico di un sistema di particelle quantistiche assegnando le posizioni e velocità di tutte le
particelle. Ciò influenza sia i conteggi dei microstati corrispondenti allo stesso macrostato sia la
possibilità di distinguere due particelle (indistinguibilità):
1. Non possiamo più immaginare un microstato come un insieme di punti posizione-quantità di
moto ma come un insieme di volumi dati dal prodotto tra intervalli di posizioni e di quantità
di moto:
V = x y z (mvx) (mvy) (mvz)
h3
Questo significa che tutte le particelle con posizione e quantità di moto comprese in
quell’intervallo si trovano nello stesso microstato. Lo spazio delle fasi viene così suddiviso
in celle di cui è assegnato un volume minimo e da cui dipende il conteggio del numero dei
microstati accessibili (fissato lo stato macroscopico).
2. Altra conseguenza del principio di indeterminazione è la indistinguibilità delle particelle
identiche. Infatti, non potendo associare a ciascuna particella un valore per la posizione e per
la velocità non possiamo neanche parlare di traiettoria che questa segue nel tempo, perciò se
proviamo a fotografare due particelle identiche in due istanti di tempo distinti esse risultano
indistinguibili.
Dal momento che la meccanica statistica tratta solo le proprietà osservabili, queste devono essere
indipendenti dalla distinguibilità o meno delle particelle.
L’osservabile più semplice, in meccanica quantistica, è quello che determina la probabilità di
trovare le particelle in delle posizioni. Supponiamo di avere due particelle e di volere determinare la
probabilità che esse si trovino nelle posizioni r1 ed r2 : se il loro stato è rappresentato dalla funzione
2
d’onda
( r1 , r2 ) , allora questa probabilità sarà pari a
(r1 , r2 ) . Essa, proprio per
l’indistinguibilità delle particelle, deve rimanere invariata se si scambiano tra di loro le due
particelle: deve cioè essere
2
(r1 , r2 ) =
2
(r2 , r1 )
Vi sono due possibilità perchè tale relazione sia soddisfatta. La funzione d’onda delle due particelle
può essere simmetrica o antisimmetrica rispetto allo scambio. Può cioè valere una di queste
relazioni:
S
(r1 , r2 )
S
(r2 , r1 )
1
A
(r1 , r2 )
A
(r2 , r1 )
Da ciò segue che le particelle in natura si dividono in due classi distinte, a seconda della proprietà di
simmetria o antisimmetria che possiedono: bosoni (funzione d’onda simmetrica) e fermioni
(funzione d’onda antisimmetrica). Ciascuna di esse ha comportamenti statistici assolutamente
diversi. La prima classe di particelle seguirà la statistica di Bose-Einstein (1924), la seconda quella
di Fermi-Dirac (1926).
Tale suddivisione dipende da una proprietà fisica caratteristica di ogni particella: il valore del suo
momento angolare intrinseco, o spin. Si trova, infatti, che i bosoni sono particelle con un valore
intero dello spin, in unità di h/2 , mentre i fermioni quelle con valore semi-intero dello spin. Ad
esempio, l’elettrone che ha un valore 1/2 per lo spin è un fermione, mentre il fotone che ha un
valore dello spin pari a 1 è un bosone. Considerazioni analoghe si possono fare sugli atomi o sulle
molecole, tenendo conto degli spin elettronici e nucleari: i gas quantistici si dividono in gas di Bose
e gas di Fermi, i quali presentano proprietà di degenerazione nettamente diverse.1
La differenza sostanziale tra fermioni e bosoni che discende proprio dal carattere ferimionico
antisimmetrico della funzione d’onda per particelle non interagenti porterà al principio di
esclusione di Pauli per i fermioni (vedi allegato A). Sulla base di tale principio, due o più fermioni
indipendenti devono disporsi in stati quantici diversi e non possono avere gli stessi numeri quantici.
2) Cosa cambia nel conteggio degli stati?
Definiamo i due livelli di descrizione di un sistema di particelle: quello macroscopico e quello
microscopico. Dal momento che non ci è più possibile definire contemporaneamente posizione e
velocità di ciascuna particella, allora scegliamo di utilizzare come grandezza dinamica l’energia,
che sappiamo caratterizza gli stati quantici delle particelle. Supponiamo di avere un sistema
costituito da N particelle identiche. L’energia delle singole particelle di un sistema spazialmente
limitato, a causa delle condizioni al contorno può assumere solo valori discreti, ma, in un sistema di
dimensioni macroscopiche, tali valori sono molto vicini tra loro: lo stato microscopico del sistema è
definito assegnando il numero di particelle che si trovano su ogni livello energetico. Suddividiamo
allora l’intero intervallo di energia in i piccoli ma finiti, indicando con gi il numero di livelli
energetici nella cella i-esima, e definiamo lo stato macroscopico attraverso i numeri medi ni di
particelle in ciascuna cella. Le ni particelle possono essere disposte in Wi modi distinti sui gi livelli
di ogni cella. Definiamo la probabilità W ( W W1 W2 W3 ... Wk ) dello stato macroscopico come
il numero totale degli stati microscopici distinti .
Ad esempio nell’elio queste proprietà si ritrovano entrambe a seconda dell’isotopo che consideriamo, infatti per l’ 4He lo
spin risulta intero, per l’isotopo 3He risulta semi-intero. Questa differenza nel valore dello spin determina le diverse
proprietà, tra cui quella della superfluidità. 1
2
Consideriamo inizialmente un esempio semplice per capire le differenze nei conteggi statistici
dovuti all’indistinguibilità delle particelle ed al carattere bosonico o fermionico. Supponiamo di
disporre due particelle in tre scatole differenti (celle). Se le consideriamo distinguibili e le
indichiamo una rossa ed una blu otteniamo 9 differenti stati (Boltzmann), se le consideriamo
indistinguibili , tutte rosse, ma con caratteristiche bosoniche (ossia non vale il principio di
esclusione di Pauli) otteniamo 6 differenti stati, infine se introduciamo il principio di esclusione di
Pauli, per cui due particelle identiche non possono occupare lo stesso stato, allora otteniamo solo tre
differenti stati.
Eseguiamo ora, nel caso classico di Boltzmann, in quello dei fermioni e dei bosoni, il conteggio del
numero di microstati diversi, cioè il numero di modi in cui possiamo disporre N particelle identiche
(ovvero indistinguibili) in K celle, ponendone ni negli stati gi, della i-esima cella con le sole
k
k
restrizioni che
ni
i 0
N e
ni
i
Eint .
i 0
Vista l’indistinguibilità delle particelle non è più possibile distinguere le sequenze in cui abbiamo
scelto le n1 particelle dalle N, poi le n2 dalle N-n1, e così via. Qualsiasi sequenza è indistinguibile
dalle altre: i conteggi concernono solo i modi distinti di collocare le particelle in ogni cella.
a) Boltzmann
Scelte le ni particelle per la cella i-esima, esse devono essere disposte negli gi livelli della cella:
poiché non vi sono restrizioni sul numero di particelle per livello, la prima può essere collocata in g i
modi distinti, la seconda in gi modi, e così via, in modo che le ni particelle possono essere collocate
in g ini modi distinti. Alla fine, dividendo per il numero N! di permutazioni delle N particelle, per
3
evitare il paradosso di Gibbs ed ottenere il corretto limite classico delle statistiche quantiche,
otteniamo:
k
gini
1
N!
.
W
g1n1 g 2n2  g knk
N! n1!n2! nk !
i 1 ni !
Dal momento che sappiamo che le N particelle si troveranno nello stato più probabile, cioè quello a
cui competa la massima probabilità, allora dobbiamo calcolare il valore massimo di log W. Non
entriamo nei dettagli del procedimento, ma ci limitiamo ad indicare alcuni aspetti qualitativi di cui
bisogna tenere conto. E’ questo un problema di massimo assoluto e bisogna determinare un insieme
di valori (n1, n2, …, nk) che renda massimo W e che contemporaneamente soddisfi due condizioni
fisiche (vincoli):
k
il numero totale delle particelle deve rimanere costante,
ni
N
(1)
i 1
k
l’energia totale del sistema deva rimanere costante,
ni
i
E
(2)
i 1
Tale problema si risolve di solito con il metodo dei moltiplicatori di Lagrange.
Il risultato è
ni g i exp[ (
i )] .
Questa espressione, che fornisce il numero di particelle che popolano un dato livello in conformità
alla richiesta di massima probabilità, segue la legge esponenziale detta distribuzione di MaxwellBoltzmann. La costante si considera funzione di N e si dimostra che ha un carattere universale,
1
indipendente dal particolare sistema ed è invece unicamente legata alla temperatura,
.
kT
Pertanto la distribuzione di Maxwell-Boltzmann si scrive nella forma:
i
ni
gi e
e
kT
Tale relazione ci dice che il numero ni di particelle con energia i dipende dal numero di stati a cui
compete l’energia i e decresce esponenzialmente all’aumentare dell’energia i; in altre parole, tra
celle di uguale dimensione, quelle con energia maggiore sono meno popolate di quelle con energia
minore.
b) Fermi-Dirac.
In questo caso, nel disporre le ni particelle negli gi livelli della i-esima cella dobbiamo tenere conto
del principio di esclusione di Pauli e quindi non possiamo porre più di una particella per ogni
livello gi della i-esima cella, inoltre è chiaro che dovrà essere sempre ni g i . La prima particella
può essere collocata in gi modi distinti. Per ciascuna di queste scelte la seconda particelle ha a
disposizione solo gi-1 livelli liberi e può quindi essere collocata in gi-1 modi distinti; la terza in g1-2
modi, e così via. Abbiamo allora un numero complessivo di modi:
zi !
z i ( z i 1) ( z i 2) ... ( z i ni 1)
.
( z i ni )!
Questo calcolo vale per una data sequenza delle ni particelle, ma sono possibili ni! sequenze diverse,
da cui il numero di modi distinti di disporre le ni particelle nella cella è:
zi !
W
ni !( z i ni )!
E il numero totale di microstati, ovvero la probabilità di quel macrostato, è dato dal prodotto sulle K
celle
k
gi!
W
ni )!
i 1 ni !( g i
4
a cui, procedendo come prima, associamo la massima probabilità di occupazione del sistema:
gi
ni
e
A b
i
1
,
nella quale il parametro b ha lo stesso significato del corrispondente termine classico, b=1/(kBT)
mentre A si determina a partire dalla normalizzazione sul numero totale di particelle, ini=N. Si usa
però introdurre una notazione speciale per A, ponendo F= AkBT, dove F è detta energia di Fermi.
In base a questa definizione, la distribuzione risultante, detta di Fermi-Dirac, è data da
gi
ni
e
(
i
F
) / k BT
1
.
c) Bose-Einstein.
In questo caso non vi sono limiti al numero di particelle su ogni livello. Per calcolare il numero di
modi distinti in cui possiamo disporre le ni particelle nei gi livelli della i-esima cella possiamo
servirci di un artificio. Rappresentiamo in fila ni+gi-1 palline, ni pallini neri rappresentano le
particelle, gi-1 palline azzurre i livelli della i-esima cella.
Permutiamo tra loro tutte le ni+gi-1 palline, tenendo conto che le permutazioni tra le ni non
costituiscono distribuzioni diverse data l’indistinguibilità delle particelle, e così pure le
permutazioni tra le zi-1 palline azzurre. Il numero delle permutazioni complessive va diviso per i
numeri delle permutazioni ni! e (gi-1)!, si ottiene:
k
( g i ni 1)!
W
1)!
i 1 ni !( g i
alla quale applicando le tecniche di massimizzazione vincolate, di cui sopra, si giunge alla forma
della distribuzione della popolazione di livelli bosonici, detta distribuzione di Bose-Einstein data da
ni
gi
e
A b
i
1
,
dove ancora il parametro b è collegato alla temperatura assoluta del sistema ed A è legato alla
conservazione del numero totale delle particelle. E’ consuetudine assegnare la distribuzione di
Bose-Einstein nella forma
gi
ni
.
Ei / k BT
Ae
1
3) Confronto tra le statistiche:
A questo punto ci chiediamo quando usare una statistica piuttosto che un’altra? Quali sono le
analogie e le differenze?
5
Iniziamo con il definire gli ambiti di applicazione delle tre statistiche:
a. La statistica di Maxwell-Boltzmann si applica ai gas di molecole a temperatura ambiente o a
temperature più alte.
b. La statistica di Bose-Einstein si applica ai gas di certe particelle, che da ora chiameremo
bosoni, in stato di degenerazione. I bosoni sono particelle a cui non si applica il principio di
Pauli, ed o non hanno spin o hanno spin intero come ad esempio: fotoni (ricordo che Bose,
con la sua statistica, ritrovò la formula data da Planck per l'emissione di radiazione da parte
di un corpo nero trattando statisticamente i fotoni), fononi, mesoni , mesoni K, gas reali
(idrogeno ed elio).
c. La statistica di Fermi-Dirac si applica ai gas di altre particelle, che da ora chiameremo
fermioni, che oltre ad essere in stato di degenerazione sono anche soggette al principio di
Pauli. I fermioni sono particelle che hanno spin semintero come ad esempio: elettroni,
protoni, neutroni.
Possiamo quindi dire che l'applicazione di una o dell'altra statistica dipende dal tipo di particelle
coinvolte e anche dalle particolari condizioni fisiche in cui queste particelle si trovano.
Definiamo la funzione distribuzione f( i) come il rapporto ni/gi e otteniamo per i tre casi :
1
1. f B ( i )
funzione di distribuzione di Maxwell-Boltzmann
i
0
e
2.
1
fE ( i )
i
e
3.
kT
funzione di distribuzione di Bose-Einstein
0
kT
1
1
fF ( i )
i
e
funzione di distribuzione di Fermi-Dirac.
F
kT
1
Nelle tre funzioni di distribuzioni possiamo individuare in
0 kT per la statistica di MaxwellBoltzmann e per quella di Bose-Einstein, in
F kT per la statistica di Fermi-Dirac un parametro
di degenerazione. Infatti, quando
F kT ) è molto minore di 1 si è in condizioni
0 kT (ovvero
di degenerazione e, non potendosi trascurare il -1 al denominatore della B-E ed il +1 al
denominatore della F-D, valgono le statistiche quantistiche. Quando invece
0 kT
(ovvero F kT ) risultano molto grandi, allora potendosi trascurare il -1 e +1 al denominatore
delle B-E e F-D rispettivamente, vale la statistica di Maxwell-Boltzmann. Dunque, la statistica
classica è un'approssimazione delle altre due quando il gas che stiamo considerando è in condizioni
non degeneri.
Riportiamo ora nella seguente figura il grafico delle distribuzioni in considerazione, a T ≠ 0 e per un
fissato valore di 0 = F:
6
Dai grafici si può vedere subito che per la fE ( ) il livello energetico 0, essendo il livello verso
cui fE( ) tende (per T  0), è il più basso livello possibile per il sistema di bosoni costituenti il gas;
per la fF( ) il livello più basso possibile per il sistema di femioni costituenti il gas è quello
corrispondente ad = 0; per la fB( ) si ha invece una situazione intermedia per il sistema di
molecole costituenti il gas.
Questo fatto rivela la profonda differenza fra le statistiche di Maxwell-Boltzmann e BoseEinstein da una parte e la statistica di Fermi-Dirac dall' altra. Quando l'energia del gas in
considerazione si abbassa di molto (  0) , quando cioè la temperatura diventa molto bassa (T 
0) , le molecole classiche tenderebbero ad occupare tutte lo stesso stato corrispondente ad energia
=0. Questo fatto in realtà non si verifica poiché, trovandoci in stato di degenerazione occorre
applicare le statistiche quantistiche: quella di Fermi nel caso di particelle a spin semintero (soggette
al principio di Pauli), quella di Bose nel caso di particelle a spin intero (non soggette al principio di
Pauli). Comunque, per  0 (cioè per T  0), quando si ha a che fare con un gas di bosoni, si
origina una condensazione del gas stesso, cioè, i bosoni costituenti il gas tendono ad occupare tutti
lo stesso stato energetico ( = 0). Una cosa del tutto diversa accade quando si ha a che fare con un
gas di fermioni: un solo fermione si troverà nello stato a cui compete energia zero, tutti gli altri
andranno ad occupare stati ad energia superiore fino a che non siano esauriti i fermioni stessi
(livello energetico F).
Vediamo meglio questo fenomeno considerando, per semplicità, non stati, in cui vi può essere un
solo elettrone, ma livelli energetici, in cui vi possono essere due elettroni a spin antiparallelo.
Vediamolo meglio in un confronto con un gas di molecole ed un gas di bosoni, nel caso particolare
di un numero N di particelle uguale a 20:
7
Se gli elettroni fossero particelle classiche, allo zero assoluto si troverebbero tutti nel livello
energetico = 0. Per portare questi elettroni classici dal livello = 0 al livello, realmente occupato
allo zero assoluto, F, occorrerebbe un innalzamento di temperatura (cioè un aumento di energia)
pari a circa 10.000 K ( ricordando quanto abbiamo detto sull'energia di punto zero, si può dire che
gli elettroni hanno una altissima energia di punto zero e come gli elettroni tutti i fermioni).
Se innalziamo la temperatura, tutte le particelle di Boltzmann e di Bose acquistano energia
saltando, senza nessuna limitazione nell'occupazione dei livelli, sui livelli ad energia più alta; le
particelle di Fermi invece si comportano in modo diverso: quelle che stanno nei livelli energetici
più bassi non possono, in alcun modo, acquistare energia (poiché ad un acquisto di energia
corrisponde il salto in un livello superiore il quale essendo già occupato da due elettroni non
permette che se ne aggiunga un altro); le uniche particelle che acquistano energia sono quelle
prossime al livello di Fermi che hanno, immediatamente sopra, livelli energetici liberi che possono
occupare:
Dal livello ( *) in cui non vi sono più elettroni, si può applicare la statistica di Boltzmann; nel
grafico delle funzioni di distribuzione, infatti, il livello * è proprio quello in cui si raccordano le
funzioni di Fermi e di Boltzmann:
8
Quindi nel caso dei fermioni, quanto T ≠ 0, solo quei fermioni che hanno un'energia dell'ordine
di F = 2kT possono subire incrementi di energia, portandosi al massimo ad una energia * . Tutti
gli altri fermioni sono, per così dire, congelati nel loro stato e non possono subire innalzamenti di
energia con un solo innalzamento di temperatura.
APPENDICE
Si riportano qui alcuni esempi comuni di sistemi di bosoni o di fermioni, le cui proprietà possono
essere approfondite in qualunque testo di Meccanica Statistica.
1. La radiazione elettromagnetica che ci circonda si interpreta come un gas di particelle di
Bose-Einstein, i fotoni, di massa nulla, spin 1 (in unità di h/2 ) ed energia =h . Fu
proprio Bose nel 1924, partendo dall'indistinguibilità delle particelle, dalla
quantizzazione della loro energia ed anche (in qualche modo) dal principio di
indeterminazione (pur non essendo quest'ultimo ancora stato enunciato - 1927) quando
fissò h3 come volume delle cellette a disposizione delle particelle, ad applicare il nuovo
conteggio statistico per ricavare la formula della radiazione del corpo nero.
2. Consideriamo la conduzione dell’energia elettrica in un metallo: se consideriamo gli
elettroni di conduzione come particelle che soddisfano la fisica classica sorgono delle
incongruenze, quella più facilmente comprensibile riguarda il calcolo del calore
specifico. In un metallo possiamo considerare che il numero di elettroni di conduzione
presenti è dello stesso ordine di grandezza del numero degli atomi del reticolo: che cosa
otteniamo se applichiamo ad entrambi i tipi di particelle il teorema di equipartizione
dell’energia? Il calore fornito va ad eccitare in parte le vibrazioni degli atomi del reticolo
attorno alla loro posizione di equilibrio e in parte l’energia cinetica degli elettroni. Ogni
atomo può essere considerato un oscillatore armonico tridimensionale, e dunque la sua
energia è la somma di sei termini quadratici, tre per quella cinetica e tre per quella
potenziale. Per gli elettroni d’altro canto l’energia è solo la somma dei tre termini
9
quadratici dell’energia cinetica. Ne segue che il calore specifico del gas di elettroni
dovrebbe essere metà di quello del reticolo, mentre sperimentalmente si trova che esso è
circa 1/40. Se consideriamo gli elettroni di conduzione come particelle di Fermi-Dirac
tale incongruenza può essere spiegata. Infatti, un sistema di fermioni obbedisce al
principio di esclusione di Pauli che fa si che a livello più basso di energia ( alla
temperatura dello zero assoluto) N particelle occupano gli N livelli energetici più bassi:
il numero di occupazione è 1 per i livelli più bassi occupati e 0 per gli altri. Qualora
T , la transizione è
forniamo al sistema una piccola energia di eccitazione
permessa solo agli elettroni collocati nei livelli ad alta energia, al di sopra dei quali
esistono livelli ancora liberi; mentre è vietata agli elettroni dei livelli inferiori dal
momento che i livelli superiori sono già occupati. I numeri di occupazione rimangono
esattamente 1 per tutti i livelli, tranne che per quelli collocati in un intervallo
T attorno al livello più alto occupato, solo una piccola frazione degli elettroni dunque
può venire eccitata dal moto di agitazione termica a temperatura ambiente e contribuisce
quindi all’assorbimento dell’energia termica, cioè al calore specifico.
3. La trattazione quantistica delle vibrazioni del reticolo porta alla introduzione dei modi
normali di vibrazione come quasi-particelle: tali particelle sono dette fononi, ed
obbediscono alla statistica di Bose-Einstein avendo spin intero. Ne deriva che tutte le
particelle, non essendo soggette al principio di esclusione di Pauli, possono essere
eccitate. Ne segue che il valore del calore specifico calcolato usando tale statistica, anche
se si discosta da quello calcolato usando la statistica di Boltzmann, risulta molto più
grande rispetto a quello degli elettroni.
4. Anche la superfluidità dell’4He può qualitativamente essere spiegata come conseguenza
del fatto che gli atomi di 4He hanno spin intero e quindi sono bosoni. Quando
avviciniamo la temperatura del sistema a quella dello zero assoluto, esso tenderà ad
andare nella configurazione di energia totale minima. Dato che le particelle non
obbediscono al principio di esclusione di Pauli, esse tenderanno a condensarsi tutte nello
stato fondamentale, cioè quello di energia più bassa (condensazione di Einstein). Vi è
però una differenza importante rispetto alle transizioni ordinarie: mentre in queste la
condensazione avviene nello spazio ordinario, ad esempio il liquido si separa dal vapore,
nel processo di cui stiamo parlando le particelle non acquistano valori prossimi nelle
coordinate, ma lo stesso valore dell’energia, o dell’impulso. Le proprietà di superfluidità
vengono associate proprio alla comparsa della fase condensata.
5. La temperatura critica per la condensazione di Einstein corrisponde alla configurazione
per la quale si ha l’indeterminazione minima possibile dell’impulso secondo la relazione
h
di indeterminazione di Heisenberg
x p
 . Assumendo, infatti, come
2
indeterminazione
p
0
h
2
p
2m
N
V
2
1
3
h2
4 2
x la distanza minima tra le N particelle,
che
1
2m
corrisponde
N
V
2
3
alla
quale
all’energia
si
può
x
di
associare
V
N
1
3
, si ottiene
punto
la
zero
temperatura
2
h2
N 3
Tc
che ha proprio i fattori giusti ed è dell’ordine di grandezza
2
V
8 m
dell’espressione che si ottiene da un calcolo esatto.
10
Appendice A
Consideriamo un sistema fisico costituito da due particelle identiche non interagenti: se ne
descriviamo lo stato con la funzione
( r1 , r2 ) , l'equazione di Schroedinger cui
( r1 , r2 )
soddisfa,
H (r1 , r2 )
ih d (r1 , r2 )
2
dt
(1)
sarà separabile in due equazioni eguali per le funzioni d'onda
( r1 , r2 ) per separazione delle variabili:
( r1 , r2 ) = (r1 )
(r2 ) . Se
(r1 ) e
a
( r1 ) e
(r2 ) ottenute da
b
( r2 ) sono due
soluzioni delle rispettive equazioni, relative a due particolari stati quantici a e b, una qualsiasi
loro combinazione lineare soddisferà l'equazione (1), ma l'indistinguibilità delle due particelle
implica che le quantità misurabili, come la densità * , non dipendano dall'eventuale scambio
delle particelle e allora possiamo accettare come soluzioni le sole combinazioni lineari che
possiedano uno definito stato di simmetria per l'operazione di scambio. Queste risultano essere
la combinazione simmetrica
(r1 , r2 )
1
2
a
(r1 )
b
(r2 )
a
(r2 )
b
(r1 )
a
(r1 )
b
(r2 )
a
(r2 )
b
(r1 )
e quella antisimmetrica
(r1 , r2 )
1
2
Se le due particelle sono descritte dalla combinazione antisimmetrica, non si potranno mai
trovare nello stesso stato quantico: se a = b infatti la funzione d'onda
( r1 , r2 ) risulta
identicamente nulla. Ciò può essere esteso senza difficoltà a funzioni d'onda che descrivano N
particelle identiche, dato che si può sempre costruire uno stato totalmente antisimmetrico
utilizzando il determinante di Slater. Questo è, come già accennato, il principio di esclusione di
Pauli nella sua formulazione più generale: i sistemi contenenti elettroni devono essere descritti
da funzioni d'onda antisimmetriche per l'operazione di scambio. E in realtà, il principio ha
validità ancora più generale, poiché si applica a tutte le particelle di spin semi-intero, ovvero a
tutti i fermioni. Per i sistemi di particelle a spin intero (bosoni), sono invece necessarie funzioni
d'onda totalmente simmetriche per lo scambio di ciascuna di esse. Due o più fermioni
indipendenti devono disporsi in stati quantici diversi e non possono avere gli stessi numeri
quantici.
11