2. la ricerca del principio nella natura

CAPITOLO 1 LE ORIGINI DELLA FILOSOFIA
2. LA RICERCA DEL PRINCIPIO
NELLA NATURA
Ilozoismo - Φύσις - Sapienza
Un’altra denominazione che è stata proposta per accomunare i presocratici è quella
di ilozoisti, propria cioè di coloro che concepiscono la natura come un tutto animato e
vivente.
Ilozoismo (composto dal greco hýlē, “materia”, e zōé “vita”) è la dottrina che considera
la materia come una forza dinamica vivente che ha in sé stessa animazione, movimento
e sensibilità.
Il termine hýlē,, “materia”, è una categoria aristotelica e da sola non coglie affatto l’obiettivo che ci si era posto fin dall’inizio che era quello di indagare sul principio, cioè sul
mistero della totalità dell’essere (chi è, dov’è, qual’è il suo ordine, come diventa cosmo.
I filosofi della Scuola di Mileto; Anassimandro, Talete, Anassimene furono i primi a
ritenere che la il principio di tutte le cose fosse di specie materiale.
Tale principio è da loro chiamato ‘elemento’. Essi ritengono che nulla si produca e nulla si distrugga, perché una siffatta sostanza si conserva sempre. Talete, il fondatore di
tale forma di filosofia, dice che è l’acqua – e per questo sostiene che anche la terra sta
sull’acqua: forse prese quest’ipotesi osservando che l’alimento di ogni cosa è umido, lo
stesso calore deriva dall’umidità e di essa vive e ciò da cui le cose derivano è appunto
il loro principio. È dunque di qui che egli trasse la sua ipotesi e dal fatto che i semi di
tutte le cose hanno una natura umida.
L’Acqua come archè è l’esempio di come i primi filosofi operarono: ricercavano l’unita
al di là della molteplicità. L’Acqua possiede il requisito filosofico dell’universalità.
Il termine φύσις [pr. fiùsis], quindi, finisce per inglobare il valore di anima universale, di
Essere, di quell’Essere che è eterno, assoluto, infinito ed uno.
Ogni cambiamento, dirà Eraclito, appartiene al mondo dei fenomeni [Il sole è nuovo
ogni giorno (frammento 6)] mentre l’Essere, come insegnano le Upanishad e i Brahmana,
non nasce e non diviene, perché è la sostanza continua, identica a se stessa, attraverso
le sue manifestazioni apparenti.
Per i filosofi greci Sapienza è la conoscenza dell’Ente metafisico, ignoranza è la mancata comprensione dei rapporti che legano il finito all’infinito, l’umano con il divino, il
Ilozoismo
Scuola di
Mileto
Il termine
φύσις
La Sapienza
61
1. LE ORIGINI DELLA FILOSOFIA
tempo all’eternità. Infatti Eraclito dirà che il pensare è la più grande virtù e la sapienza
è agire secondo natura.
La natura
intesa da
diversi autori
rinascimentali
Diversi autori rinascimentali, tra i quali Giordano Bruno e Tommaso Campanella, intesero la natura come un organismo vivente e animato. Purtroppo da tale dottrina fu
generata anche la magia che verrà distinta e combattuta come forma di pseudo-scienza.
Sono considerati presocratici:
Talete, Anassimandro, Anassimene [filosofi naturalisti della scuola di Mileto]; Pitagora di
Samo [fondatore della scuola pitagorica cui appartennero Filolao di Crotone, Alcmeone
di Crotone, Archita di Taranto, Timeo di Locri]; Parmenide, il filosofo dell’essere; Zenone di Elea [Scuola di Elea]; Eraclito; Empedocle, Anassagora [pluralismo], Leucippo
e Democrito [Atomismo]; Ippocrate [Scuola di Cos]; Tucidide; Senofane di Colofone;
Diogene di Apollonia; Protagora e i sofisti.
Talete di Mileto è indicato generalmente come il primo filosofo dell’antica Grecia.
Il principio delle cose13
Qiuando
nasce la
filosofia
La Filosofia nasce quando le cause prime sono cercate nell’uomo e nella natura, senza
affidarsi a spiegazioni di tipo mitologico, religioso o cosmogonico14.
L’indagine dei
presocraticii
I presocratici indagarono sull’origine delle cose, cercando di scoprire quale fosse il
principio, cioè l’elemento primario, da cui deriva tutta la realtà, dove tutta la realtà va a
finire e dove tutta la realtà permane. Ad essi si deve il grande merito di aver compreso
che tutte le cose, nonostante la grande varietà, derivano da una unità per cui si può dire
che tutti i fenomeni sono stettamente connessi tra di loro. Questo è il nucleo centrale
di tutte le scoperte posteriori della filosofia.
Gli uomini
omerici
Nell’VIII secolo a.C. gli uomini omerici non sentono ancora l’anima come origine
della loro forza e, per questo, mostrano una spiccata tendenza a divinizzare il finito
e a rivestire l’infinito di veli antropomorfici.
La nozione di assoluto, il concetto di Infinito sono assenti in quel momento dal mondo
greco, e perciò è possibile azzardare l’ipotesi che la filosofia dei presocratici sia elaborata
su concetti di importazione.
13 gr. άρχή, pron. arkhé, termine adoperato per la prima volta da Anassimandro per
designare il principio di tutte le cose.
14 [dal gr. κοσμογονία, comp. di κόσμος “universo” e γονία “generare”].
62
CAPITOLO 1 LE ORIGINI DELLA FILOSOFIA
Per quanto concerne i filosofi anteriori al VI secolo a.C., nonostante la scarsità dei
frammenti su cui effettuare una sicura valutazione del loro pensiero, questi hanno in
comune con i Presocratici e con Eraclito, in particolare, un concetto chiave: la concezione
dell’ente primo come unitario. Concetto in contrasto con il dualismo della cosmologia
esiodea ed il politeismo della fede popolare, ma affine a sensibilità orientali.
A differenza delle precedenti cosmogonie che pretendevano anch’esse di spiegare tutta
la realtà, ora si pretende di spiegare tale realtà senza gli impacci, i fraintendimenti e i veli
del •mito, che nella realtà, nella physis, coinvolgevano le presenze determinanti degli
dei e degli esseri sovrannaturali. Eliminata, nella ricerca dell’interpretazione razionale
del Tutto, ogni sovrastruttura mitica, resta la physis, la natura.
Per Aristotele i primi filosofi sono dei fisici o fisiologi. Per lui, la fisica, in greco physis,
natura, è la realtà che diviene, la realtà in movimento che è solo una parte del Tutto, il
quale comprende tanto questa realtà quanto la realtà divina; pertanto, per Aristotele, i
filosofi di Mileto si sarebbero occupati solo della realtà materiale.
Nel principio si genera un ciclo in quanto esso è generatore [costituendo l’origine delle
cose, ciò da cui tutto proviene], conservatore [mantenendo in vita il mondo], destinatario
finale [tutto ritorna a lui].
Alcuni presocratici individuano in un unico elemento [l’acqua, o meglio, l’elemento fluido di Talete, l’aria di Anassimene, il fuoco di Eraclito, l’atomo di Democrito e
Leucippo;]; altri in una pluralità di elementi.
Anassimandro, per primo, individua l’arkhé in un principio astratto, l’Ápeiron15
ovvero l’indefinito, l’illimitato.
Ognuno indicava una soluzione diversa ma tutte riconducevano a un principio di carattere materiale. Tali questioni, le cui soluzioni sono state superate da riflessioni più
complesse grazie a strumenti di ricerca più evoluti, costituiscono tutt’oggi la base del
pensiero filosofico in quanto l’uomo non ha mai smesso di porsi interrogativi sull’arkhé,
sul principio delle cose che è eterno in quanto nasce da qualcosa, e non dal nulla, e
diviene qualcosa, quindi non finisce nel nulla.
Il termine arkhé fu poi sostituito prevalentemente da quello di sostanza come ci riferisce
Aristotele:
“La maggior parte di coloro che per primi filosofarono ritennero che i soli principi di
tutte le cose fossero quelli di specie materiale, perché ciò da cui tutte le cose hanno
l’essere, da cui originariamente derivano e in cui alla fine si risolvono, pur rimanendo
la sostanza ma cambiando nelle sue qualità, questi essi dicono è l’elemento, questo il
principio (arkhé) delle cose e perciò ritengono che niente si produce e niente si distrugge,
poiché una sostanza siffatta si conserva sempre. “
I filosofi
anteriori al VI
secolo
La differenza con le
precedenti
cosmogonie
Aristotele
Le diverse
soluzioni
Aristotele, Metafisica, I, 3, 983b)
15
ἄπειρον
63
1. LE ORIGINI DELLA FILOSOFIA
Le 4 categorie dell’arké
Tipologicamente, le varie definizioni di arkhé che i filosofi hanno formulato nel corso
del tempo si possono distinguere in quattro categorie:
Ilozoismo arkhé come materia animata.
Panteismo arkhé come forza divina (tutto è dio).
Monismo arkhé come legge unica alla base di tutto ciò che esiste.
Pluralisti cioè ipotizzano una molteplicità di arkhé cercando di conciliare l’Essere con
il Divenire.
La culla della filosofia
La Ionia
Gli Ioni
Gli Ioni16, all’inizio del II millennio a. C., partirono dalla Grecia alla conquista delle
coste dell’Asia Minore e di alcune isole egee. Si stabilirono qui e la regione fu da essi
detta Ionia, corrispondente all’odierna costa mediterranea della Turchia.
Una parte di questi, nell’VIII secolo a. C., si stabilì nelle regioni greche dell’Attica e
dell’Eubea. Si ebbero così Ioni d’Asia e Ioni di Grecia.
Gli I. d’Asia, a differenza di quelli della Grecia, si sentirono più uniti tra loro e tutti
partecipavano, insieme, alle comunità religiose di Delo [solo ionica] e Delfi [panellenica]. Ebbero un proprio centro religioso nel santuario federale di Posidone Eliconio
presso Micale.
Gli Ioni della Grecia, nonostante l’originaria unità di stirpe e di lingua, il riconoscimento
di un comune capostipite, il mitico Ione, e la percezione della diversità da altre stirpi,
specie dai Dori, erano divisi e si distinsero in base all’appartenenza alla propria polis.
Un popolo
diviso
Nel VI secolo la vita si organizza in forme politiche controllate da ristretti gruppi aristocratici.
La nascita della filosofia presocratica e della sua visione di un kosmos ordinato coincide
con l’emergere della polis greca e del sistema di poleis che avrebbero dominato gran
parte del V e IV sec. della storia greca. Infatti il sistema della polis funzionava sia come
un’effettiva rete di comunicazione sia come scambio culturale ed anche come fonte di
modelli riflessivi e sistemi d’interpretazione durante il VI e il V sec. a.C.
Mileto è la prima delle città, per la ricchezza dei suoi palazzi e dei suoi templi, per il
fervore delle iniziative commerciali e della ricerca tecnico-scientifica che favorisce la
crescita delle condizioni economiche, della cultura e del numero dei cittadini che si
dedicano ad attività produttive.
Mileto
64
16 Ioni [gr. Ιωνες]
CAPITOLO 1 LE ORIGINI DELLA FILOSOFIA
Nel 600 a.C. Mileto era la punta meridionale del “triangolo dorato” di potenti città-stato
dedite al commercio, ciascuna di esse al centro di una complessa rete d’interessi materiali e culturali. L’apice di questo triangolo era formato dalle città di Colofone, Efeso e
Clazomene, l’altro angolo dall’isola di Samo. Nel raggio di 80 km è possibile localizzare
i maggiori innovatori della prima filosofia e scienza greca: a Mileto TALETE - ANASSIMANDRO - ANASSIMENE, a Efeso ERACLITO, a Colofone SENOFANE, più
tardi a Clazomene ANASSAGORA, nell’isola di Samo PITAGORA.
La regione ionica dell’Asia era nota per la sua grande ricchezza, essendo la sede di fiorenti commerci via mare che favorirono lo scambio culturale e l’abitudine ad ampliare
la propria visione della vita al di là del semplice punto di vista o della fede.
La posizione
della regione
In economia, gli Ioni d’Asia furono i primi, in ambito greco, a fare uso della moneta.
Agli Ioni d’Asia si devono innovazioni e progressi nel campo della letteratura e dell’arte,
della filosofia e delle istituzioni civiche.
Queste peculiarità degli antichi ionici li spingono a colmare in modo diverso la propria
sete di conoscenza bloccata dai dogmi e a ricercare il perché della vita, della morte e
dell’universo con metodi d’indagine basati sul pensiero e sul ragionamento. Nasce così
la filosofia greca e da quest’ultima l’intera filosofia occidentale.
A differenza della madrepatria qui si respirava un’aria più libera.
Nelle poleis della Grecia si sviluppa il •mito, nelle poleis d’Asia si sviluppa la discussione
e nasce la filosofia.
Nasce la
filosofia
Le Scuole del pensiero
I filosofi greci, fin dal primo apparire, si presentano raggruppati in scuole che prendono
il nome del fondatore. Tutte le grandi personalità della filosofia greca sono fondatori
di una scuola che prende il nome o dal luogo in cui fioriscono (ionica, eleatica) o dal
fondatore.
Gli aderenti venivano chiamati compagni17 in quanto vivevano una vita comune, facevano
ricerca associata per pervenire a una solidarietà di pensiero. Ognuno, quindi, dava il suo
contributo per la formazione delle teorie con una concordanza di sforzi, uno scambio
continuo di esperienze ed esperimenti, una comunicazione incessante. Ne derivava
solidarietà salda e effettiva tra coloro che vi si dedicavano.
Scuole e
fondatori
L’organizzazione delle
scuole
17 Dal greco Ἑταῖροι [pron. etairoi]
65
1. LE ORIGINI DELLA FILOSOFIA
La scuola non era un’associazione politica né religiosa. Ebbe queste caratteristiche solo
la scuola pitagorica che fu scuola filosofica e associazione religiosa e politica. E questo
fu il punto debole del pitagorismo. L’Accademia platonica, invece, ha avuto una storia
di nove secoli.
Scuola Ionica
La criticità e la libertà nei discorsi favorì l’esame del miscuglio di culture confluite nella
città di Mileto (da Egitto, Mesopotamia, Scizia, Fenicia, Creta, Lidia, Caria, ecc.) e incoraggiò le arti della comparazione sistematica, dell’astrazione e del criticismo. In questo
momento particolarmente fiorente ebbe inizio il pensiero filosofico occidentale.
Con il nome di Scuola Ionica si fa riferimento al gruppo dei primi filosofi greci delle
colonie ioniche dell’Asia Minore. Tra loro i tre costituenti la scuola di Mileto, e cioè Talete,
Anassimandro e Anassimene, con i quali si inizia la storia della filosofia in Occidente.
IIl dubbio
sulla scuola
di Mileto
Si è dubitato che formassero una scuola i filosofi di Mileto ma vi sono diverse e autorevoli
testimonianze esplicite: Teofrasto parla di Anassimandro come concittadino e compagno di
Talete; Platone ci parla degli eraclitiani [Teet., 179] e e degli anassagoriani [Crat., 409 h e
nel Sofista [242 d] il forestiero eleate parla della sua scuola come ancora esistente ad Elea.
L’indagine
principale della scuola
La scuola di Mieto è essenzialmente orientata verso la ricerca dell’arkhé, principio assoluto per la totalità delle cose.
Tale indagine fu condotta per la prima volta nella storia del pensiero occidentale con
metodi razionali e laici, ovvero prescindendo da ogni teogonia e cosmogonia (cfr. ad
es. Esiodo) incentrate sulla religione tradizionale.
Questa indagine, apparentemente astratta, nasceva in realtà dalla considerazione attenta,
basata sull’osservazione diretta, degli eventi naturali, della natura nelle sue varie manifestazioni. Proprio questa riflessione speculativa sulla natura e sulla sua genesi spinse la
tradizione successiva, in particolare Aristotele, a identificare questi primi pensatori come
fisiologi, ovvero filosofi della natura Continuatori della tradizione della scuola ionica in
età più tarda furono Ideo d’Imera, Ippone, Diogene di Apollonia e altri.
Parlavano e scrivevano in dialetto ionico che presentava specifiche peculiarità rispetto
allo ionico centrale [o delle Cicladi] e occidentale [o dell’Eubea]. Sostanzialmente ionica
[ionico antico ] è la lingua dei poemi omerici, ripresa poi da Esiodo, dai poeti elegiaci
e giambici e dai più tardi epici.
Il dialetto
ionico
66
CAPITOLO 1 LE ORIGINI DELLA FILOSOFIA
Anche la prosa delle origini, essendo opera di filosofi e storici ionici, fu a base ionica;
nel 5° sec. a.C. scrissero in ionico [i. recente ] Erodoto e il dorico Ippocrate di Coo.
Fra i dialetti greci lo ionico ha maggiori somiglianze con l’attico e si parla quindi di un
gruppo i.-attico.
Esponenti della scuola di Mileto sono Talete, Anassimandro, Anassimene.
La raccolta di frammenti e testimonianze
Dei filosofi presocratici non ci sono giunte opere complete. Di alcuni, addirittura, non ci
è pervenuto neanche un frammento per cui siamo costretti a prendere in considerazione
le testimonianze dei contemporanei o dei posteri.
Il merito di aver raccolto e catalogato frammenti e testimonianze lo si deve a Hermann
Diels (Bibrich, 18 maggio 1848 – Berlino, 4 giugno 1922), un filologo classico tedesco
e storico della filosofia e delle religioni.
La sua prima raccolta era intitolata Doxographi Graeci, con una numerazione, però, che
non rispetta alcun criterio cronologico per cui una testimonianza di Platone può essere Testimonianze sugli Ioni
numerata con un numero più alto rispetto alla testimonianza che risale a molti secopli
dopo. Tale raccolta fu seguita d diverse edizioni dei Fragmente der Vorsokratiker.
Tale lavoro fu ripreso da Walther Kranz [(Georgsmarienhütte, Osnabrück, 23 novembre Il lavoro
di Walther
1884 – Bonn, 18 settembre 1960) che curò le ultime edizioni di Hermann Diels.
Kranz
Le diverse edizioni dell’opera, intitolata I presocratici, riportano la doppia paternità:
Diels-Kranz oppure le iniziali DK. Il criterio seguito è alfanumerico in quanto sono
preceduti dalla lettera A i frammenti che sarebbero testimonianze e dalla lettera B quelli
che riportano le parole esatte pronunciate dall’autore.
Nonostante la numerazione crei un po’ di confusione per il motivo indicato, la raccolta,
ancora oggi, è la base irrinunciabile per la ricostruzione della filosofia greca più antica,
tra l’VIII e il V secolo a.C.
67
2. I PRESOCRATICI
Talete
“ Talete di Mileto fu senza dubbio il più importante tra quei sette uomini famosi per la loro sapienza - e infatti tra i Greci fu il primo scopritore della geometria, l’osservatore sicurissimo della
natura, lo studioso dottissimo delle stelle “
Apuleio, Florida, 18
CENNI BIOGRAFICI
Filosofo e matematico, fu notissimo nell’antichità
grazie al suo sapere universale e alla sua saggezza
politica. Nacque a Mileto il 624 o il 620 a. C. e morì
il 547 a. C. nella sua città natale.
Di origine fenicia, fu descritto da Ateneo [Ateneo,
I deipnosofisti, XII, 540.] come un solitario. Sembra
che non si sia mai sposato e che abbia adottato
il figlio, di nome Cibisto, di una sorella. Anacarsi
[Anacarsi, Antologia, IV 26, 20] scrive che Talete
non
volle avere figli proprio per amore dei figli Simplicio attribuisce a T lo scritto Astronomia
Nautica, invece Diogene Laerzio gli attribuisce Sul
solstizio e sull’equinozio.
Il suo nome è rimasto legato al noto teorema,
che egli tuttavia non conosceva e che deve essere
ascritto a Euclide il quale nei suoi Elementi, dimostra la proporzionalità dell’area dei triangoli di
eguale altezza.
Proclo, il commentatore di Euclide, attribuisce
a Talete anche cinque teoremi di geometria elementare:
“Un cerchio è diviso in due aree uguali da qualunque diametro”
“Gli angoli alla base di un triangolo isoscele sono
uguali”
“In due rette che si taglino fra loro, gli angoli opposti al vertice sono uguali”
“Due triangoli sono uguali se hanno un lato e i due
angoli adiacenti uguali”
“Un triangolo inscritto in una semicirconferenza è
rettangolo”.Era famoso come sapiente, competente di astronomia, ingegneria e matematica.
Talete è comunemente considerato il primo filosofo della storia occidentale.
A suo credere, l’elemento primordiale da cui tutto il mondo si é svolto é l’acqua
o, meglio, l’umido. L’acqua è già presente nei miti come entità generatrice di
tutte le cose (ad esempio, Oceano dal quale tutto si genera, citato da Omero)
ma l’originalità di Talete sta nell’aver trasformato questa spiegazione mitica in
un principio di conoscenza fisica e metafisica. L’unità dell’elemento acqua è
anche l’unità del mondo.
L’affermazione aristotelica che per Talete il principio primo è l’acqua si presta a tre diverse
interpretazioni: 1) T dice che il principio è l’acqua 2) T dice che l’entità permanente è
l’acqua 3) T dice che l’acqua è la causa materiale delle cose18.
L’elemento
primordiale
68
18
Il primo uso attestato del termine oὐσία [pr. ousìa] si ha in Erodoto e sta per
“proprietà”, in Platone sta per “essenza”, in Aristotele nel passo citato sta per “corpo
semplice”. Il termine φύσις si trova già nell’Odissea (10.287) ed indica la natura di
un’erba, per T esprime che la natura o costituzione di tutte le cose è acqua(O’ GRADY
2002).
LA RICERCA DEL PRINCIPIO NELLA NATURA
Alla luce di tale analisi si ricava che per Talete l’acqua è l’unico materiale durevole
che ritorna al suo stato originario attraverso il processo di mutamento.
Probabilmente Talete ricava l’indicazione dell’acqua come arkhé dalla sua
importanza nella crescita e nell’alimentazione delle cose viventi, dalla sua funzione nella vita quotidiana degli uomini, dalle osservazioni che avrebbe fatto in
Egitto sull’importanza del Nilo, dall’osservazione diretta della physis (la natura
materiale) dove tutto ciò che è vivo sembra abbisognare d’acqua per generarsi
o semplicemente per continuare a vivere: il nutrimento dei viventi è umido, i
semi che generano le piante sono umidi (come anche gli ovuli degli animali o
il liquido amniotico dei mammiferi). L’acqua poi assume diversi stati, quello
liquido, quello gassoso e quello solido.
Perché
l’acqua
Così Aristotele, nella Metafisica,[I, 3, 983 b, 6]
“La maggior parte dei primi filosofi ritennero che i soli principi di tutte le cose fossero di specie
materiale, perché ciò da cui tutte le cose hanno l’essere, da cui derivano e in cui si risolvono, questo
è da loro chiamato elemento, principio delle cose e perciò ritengono che nulla si produca e nulla si
distrugga, perché una siffatta sostanza si conserva sempre [...] Talete, il fondatore di tale forma
di filosofia, dice che è l’acqua - e per questo sosteneva che anche la terra sta sull’acqua: forse prese
quest’ipotesi osservando che l’alimento di ogni cosa è umido, lo stesso calore deriva dall’umidità e
di essa vive e ciò da cui le cose derivano è appunto il loro principio. È dunque di qui che egli trasse
la sua ipotesi e dal fatto che i semi di tutte le cose hanno una natura umida.
Alcuni poi pensano che anche i teologi più antichi, molto anteriori alla nostra generazione, ebbero
le stesse opinioni sulla natura: essi cantarono che Oceano e Teti sono gli autori della generazione
delle cose e dicono che gli dei giurano sull’acqua, chiamata Stige dai poeti; ora, ciò che più antico
merita maggior stima e ciò che merita più stima è il giuramento. Anche se si può dubitare che
questa concezione della natura sia la più antica, non c’è dubbio che sia stato Talete a descrivere la
causa prima delle cose in questo modo”.
Fu il primo greco che sia riuscito a predire l’avverarsi di una eclissi solare e a dimostrare
quindi la natura normale di questo fenomeno che aveva prestato sempre copioso alimento
alla superstizione e mezzo secolo avanti era sembrato tuttora ad Archiloco un prodigio
incomprensibile. Gli astrologi caldei avevano, é ben vero, fatto molte esperienze prima
di lui e forse le loro osservazioni erano state quelle che avevano messo in grado Talete
di fare le sue predizioni. Ma i Caldei si erano limitati alla semplice registrazione dei fatti
senza smarrirsi nella fantastica supposizione che il corso delle stelle stesse con le sorti
dell’umanità in relazione di causa ad effetto.
Talete invece tirò d’un tratto tutte le conseguenze dalla sua scoperta; alla sua mente
apparve evidente che in natura tutto avviene secondo leggi fisse. Peraltro troppo scarse
erano le sue conoscenze positive di scienze naturali perché egli potesse trovarsi in grado
di costruire qualcosa di più che i primi ed imperfettissimi rudimenti di un sistema di
spiegazione della natura.
Talete e
le scienze
naturali
69
2. I PRESOCRATICI
La saggezza di Talete in pillole
Ai maggiori intellettuali di quell’epoca, denominati per questo “sapienti”, vengono variamente attribuite
delle sentenze; a Talete sono attribuiti gli apoftegmi:
L’essere più antico è Dio, perché non generato
Il più bello è il mondo, perché opera divina
Il più grande lo spazio, perché tutto comprende
Il più veloce l’intelletto, perché passa attraverso tutto
Il più forte la necessità, perché tutto domina
Il più saggio il tempo, perché tutto rivela
Diceva anche
La cosa più semplice è dare consigli a un altro - Gli ingiusti non possono sfuggire all’attenzione degli
dei, neanche solo pensando di fare un’ingiustizia - La sventura si sopporta più facilmente se ci si rende
conto che ai propri nemici le cose vanno peggio È felice chi è sano nel corpo, ricco nell’anima e ben educato - Bisogna abbellirsi nei comportamenti
e non nell’aspetto - Non ci si deve arricchire in modo malvagio - Dai figli c’è da aspettarsi gli stessi
benefici arrecati ai genitori.
RACCONTANO DI LUI
Platone, nel dialogo Protagora, 343 a, lo inserisce nella lista dei Sette savi.
Lo ricorda nelle vesti di saggio politico quando, prevedendo la conquista delle singole città elleniche
dell’Asia Minore da parte dell’Impero persiano, suggeriva la costituzione di uno Stato confederato della
Ionia greca, esortando gli Ioni a “disporre di un unico Consiglio, a Teo, città nel centro della Ionia, considerando le altre città dei demi, pur sussistendo esattamente come prima”.
Volle dimostrare che il filosofo non è uno sprovveduto e che se solo lo volesse si arricchirebbe molto
facilmente. Lo stesso Aristotele ci racconta questo famoso aneddoto:
nella Politica (A 11, 1259 a):
“ ...siccome, povero com’era, gli rinfacciavano l’inutilità della filosofia, avendo previsto in base a
calcoli astronomici un’abbondante raccolta di olive, ancora in pieno inverno, pur disponendo di poco
denaro, si accaparrò tutti i frantoi di Mileto e di Chio per una cifra irrisoria, dal momento che non
ve n’era alcuna richiesta; quando giunse il tempo della raccolta, cercando in tanti urgentemente tutti
i frantoi disponibili, egli li affittò al prezzo che volle imporre, raccogliendo così molte ricchezze e
dimostrando che per i filosofi è molto facile arricchirsi, ma tuttavia non si preoccupano di questo”.
Diogene Laerzio, nelle sue Vite, cita Ieronimo di Rodi per sostenere che Talete abbia misurato l’altezza
della piramide di Cheope, nella piana di Giza, calcolando il rapporto tra la loro ombra e quella del nostro
corpo nel momento del giorno in cui la nostra ombra ha la stessa lunghezza della nostra altezza.
70
LA RICERCA DEL PRINCIPIO NELLA NATURA
Plutarco19 riprende dalle Vite di Diogene Laerzio (che a sua volta citava Ieronimo da Rodi) l’ aneddoto
relativo alla misurazione della piramide di Cheope. Il faraone Amasis mise alla prova la perizia scientifica
di Talete, sfidandolo a misurare l’altezza della piramide di Cheope; superata la prova, il faraone gli espresse
la sua ammirazione, dichiarandosi “stupefatto del modo in cui hai misurato la piramide senza il minimo
imbarazzo e senza strumenti. Piantata un’asta al limite dell’ombra proiettata dalla piramide, poiché i raggi
del sole, investendo l’asta e la piramide formavano due triangoli, hai dimostrato che l’altezza dell’asta e
quella della piramide stanno nella stessa proporzione in cui stanno le loro ombre”.
Platone [Teeteto, 174a] riporta l’aneddoto che testimonia degli interessi astronomici di Talete, oltre alla
considerazione in cui è popolarmente tenuto ogni filosofo:
“Egli osservava gli astri e, avendo lo sguardo rivolto al cielo, cadde in un pozzo. Si dice che una
spiritosa e intelligente servetta trace l’abbia preso in giro dicendogli che si preoccupava di conoscere
quel che succede nel cielo senza preoccuparsi di quel che gli avveniva davanti e sotto i piedi. La
stessa ironia è riservata a chi passa il tempo a filosofare”
Oltre a vedersi attribuita la previsione dell’eclissi di sole del 28 maggio 585, i suoi interessi per l’astronomia lo avrebbero portato alla scoperta del passaggio del sole da un tropico all’altro e a stabilire che tanto
il rapporto della grandezza del sole rispetto alla sua orbita che il rapporto di quella della luna, sempre
rispetto alla propria orbita, è di 1:720. Talete avrebbe anche stabilito che alcune stelle non erano, come
sembravano, fisse rispetto ad altre, chiamandole pertanto pianeti, ossia corpi erranti; avrebbe anche fissato
in trenta il numero dei giorni del mese e constatato che l’anno era composto da 365 giorni e un quarto.
Per primo disse che il sole si eclissa quando la luna, di natura terrosa, gli passa sotto perpendicolarmente. Allora la sua immagine, stando sotto il disco solare, si vede riflessa [...] per primo disse che la luna è
illuminata dal sole [...]
In base alle testimonianze di Aristotele si ricavano tre questioni sulla Terra: 1) qual è il sostegno della
Terra 2) qual è la sua forma 3) qual è la causa dei terremoti.
Per Talete la Terra poggia sull’acqua, la sua forma è sferica (mentre da Anassimene, Anassagora e Democrito è ritenuta piatta e da Anassimandro un tamburo o cilindro), la causa dei terremoti è l’acqua sotterranea.
Talete fu impressionato dagli stessi fenomeni descritti dai miti ma presentò spiegazioni razionali non
mitologiche. I miti sono drammatizzazioni di eventi naturali, invece Talete riconobbe la regolarità nei
fenomeni cosmici e identificò un principio basilare per scoprire il sistema di cause e spiegare i processi
di mutamento.
Tramite Aristotele si ricava che per Talete l’anima è una capacità dell’acqua, una sua forza. Talete ha
identificato l’anima con la causa del movimento; nell’affermazione “tutte le cose sono piene di dèi”, qui
“dèi” sta per forze. Dunque Talete per primo fece dell’arte della ricerca sistematica e della discussione
formale un ideale di vita che per la vastità degli interessi e l’incertezza dei procedimenti ha la forma di
una “filosofia sapienziale”.
19 Convivio dei Sette Sapienti, 2, 147 A.
71
2. I PRESOCRATICI
Anassimandro
Principio degli esseri è l’infinito e là onde esse traggono il loro nascimento colà devono fatalmente
finire con la morte. Dopo di che esse pagano l’una all’altra [αλλήλοιςl] in ordine di tempo la pena
[τάξις] ed il fio della loro malvagità
Anassimandro, in Simplicio, De physica, 24, 13
Diogene Laerzio riassume gli aspetti salienti del pensiero filosofico e scientifico di
Anassimandro. Lo si può ritenere il fondatore della geografia e cartografia:
Anassimandro figlio di Prassiade, di Mileto. Costui diceva che principio ed elemento [delle cose]
è l’infinito, senza definirlo aria o acqua o altro, che le parti mutano ma il tutto è immutevole e che
la Terra sta in mezzo ed ha posizione centrale, a forma di sfera (la Luna non ha luce propria ma
è illuminata dal Sole, mentre il Sole non è inferiore alla Terra ed è purissimo fuoco). Scoprí per
primo lo gnomone20 e lo pose a Sparta in luogo sensibile all’ombra, a quanto dice Favorino nella
Storia varia, per indicare i solstizi e gli equinozi: costruí anche degli orologi. E per primo disegnò
i contorni della terra e del mare e costruí anche una sfera. [...]
Fr. 12 A 1 DK (Diogene Laerzio, Vite dei filosofi, II, 1-2)
(I Presocratici, Laterza, Bari, 1994, pag. 96)
Nelle carte geografiche di Anassimandro il Mediterraneo era già esattamente descritto come un bacino chiuso. Egli riteneva che la terra fosse circondata dal mare,
probabilmente per influenza delle concezioni mitiche di Oceano.
Geografo
e
Sismologo
Grazie ad alcune testimonianze pervenuteci, lo possiamo anche ritenere il primo sismologo. Cicerone21, infatti, afferma che
“i Lacedemoni furono avvertiti da Anassimandro, lo studioso della natura, a lasciare la
città e le case, vegliando in armi sui campi, perché era imminente un terremoto, dopo il
quale evento la città rimase del tutto distrutta e venne giù dal monte Taigeto una massa
rocciosa della grandezza della poppa di una nave”.
La Suda22 attribuisce ad Anassimandro almeno quattro scritti: Intorno alla natura, Il giro
della terra, Sulle stelle fisse, La sfera.
Diogene Laerzio, invece, gli attribuisce solo un’esposizione generale delle sue opinioni,
sunto consultato da Apollodoro di Atene.
I suoi scritti
Lo gnomone è un’asta che, posta in verticale, segna con la sua ombra le ore
(mezzogiorno quando l’ombra cade nella direzione del meridiano ed è piú corta); piú
in generale, lo gnomone designa anche lo stilo metallico delle “meridiane”, gli orologi
solari.
20
72
21 De divinatione, I 50, 112
22 Suda o Suida [gr. Σοῦδα o Σουΐδας] è un’enciclopedia storica in lingua greca del X
secolo.
LA RICERCA DEL PRINCIPIO NELLA NATURA
Temistio, nel quarto sec. d.C., attesta che Anassimandro fu il primo a pubblicare uno
scritto sulla natura. Morì nel 546 a.C., nello stesso anno in cui Ciro re dei Persiani conquistò Sardi capitale della Lidia e assoggettò la Ionia.
L’origine dell’universo [cosmogonia]
Anassimandro ritiene che l’Universo sia come un oceano di apeiron, una realtà infinita
composta da infiniti mondi come il nostro, mondi definiti e che hanno una fine.
L’ Ápeiron è Uno, è unità dei contrari, contiene gli opposti. Ogni elemento di ogni
coppia di contrari, nascendo a causa di un movimento circolare, contrasta con l’altro..
Tra i contrari si stabilisce un rapporto continuamente conflittuale: il giorno, ad esempio, porta alla dissoluzione delle tenebre che, a loro volta, portano alla dissoluzione del
giorno, perennemente.
È questa forza, capace di separare e generare coppie di contrari, che sta alla base del
movimento delle cose, del loro eterno divenire che porta alla formazione del cosmo
composto da acqua-fuoco, caldo-freddo, secco-umido, luce- tenebre, notte-giorno,
vita-morte.
Ogni nascita è un’ingiustizia commessa contro altri, è la pretesa di ogni cosa di sostituirsi
alla sua contrastante, di sussistere in assenza di quella.
L’unità dei
contrasti
Ma le cose della natura, le loro forze e contrasti, sono sottoposti a una giustizia immanente, come gli uomini. Come esiste un’immanenza di giustizia nella realtà dell’ordinamento umano, a maggior motivo nel Tutto esiste un ordinamento giuridico al quale le
cose si piegano e dal quale vengono governate.
La giustizia
immanente
Al suo braccio non si sfugge, lo abbiamo rilevato nella tragedia greca: quanto l’uno dei
contendenti abbia preso di troppo all’altro, gli sarà immediatamente ritolto e ridato a
colui che ebbe troppo poco [...] Di qui la necessità di una compensazione cosmica che
riconduce tutte le cose alla loro fonte originaria e riproduce le condizioni normali di
un nuovo ciclo evolutivo.
Anassimandro vede verificarsi questo eterno compenso non solo nella vita umana, ma
nell’universo intero, in tutti gli esseri.
Nella formazione degli esseri organici Anassimandro ammetteva una progressione dalle
forme inferiori alle superiori; gli uomini, secondo Anassimandro, sarebbero derivati
per via di evoluzione dai pesci. È questo il primo barlume della teoria darviniana della
origine delle specie.
Teoria dell’evoluzione
della specie
73
2. I PRESOCRATICI
Anassimandro ha visto quanto Piero Benvenuti, in rappresentanza dell’INAF, l’Istituto Nazionale di Astrofisica, espose al meeting di Rimini del 2006 con la sua relazione
intitolata Il cielo stellato.
L’antico cielo delle stelle fisse è in realtà un Universo in evoluzione che in 14 miliardi di anni è passato da uno stato iniziale omogeneo ed indifferenziato
alla molteplicità di galassie, stelle e pianeti che vediamo oggi attorno a noi.
L’evoluzione terrestre è indissolubilmente legata all’evoluzione globale del
Cosmo. Gli elementi chimici che compongono tutto ciò che vediamo, incluso
il nostro corpo, sono stati lentamente prodotti all’interno delle stelle e messi
a disposizione per i successivi passi dell’evoluzione dalla autodistruzione
catastrofica delle stelle come supernove al termine del loro ciclo.
Per questo motivo la teoria della relatività generale di Einstein, quando venne
enunciata, sembrava incredibile. È molto difficile infatti immaginare che lo
spazio fisico tridimensionale possa essere curvo e i raggi di luce, che in esso
si propagano, ne seguano docilmente le ondulazioni invece di procedere in
linea retta, come l’intuizione e l’esperienza quotidiana ci inducono a credere.
Oggi si è in grado di vedere addirittura la curvatura che avvolge lo spazio e
l’uomo si sta attrezzando per vedere se c’è qualcosa al di là di quella cortina
oscura che lo avvolge; se c’è, quindi, un altro spazio, un altro universo o altri
universi.
L’assetto del mondo [cosmologia]
L’essenza
del tutto e dei
contrari
Nell’Ápeiron vi è l’essenza, il seme di tutto. L’essenza dei contrari esiste fin dall’inizio
nell’Ápeiron ma, questo nucleo prende consistenza, diventa definito, assume la fisionomia di contrari quando, dopo il distacco dall’Ápeiron, interviene la forza rotatoria.
In tal senso, in seguito al movimento, l’Ápeiron diventa generatore dei contrari che, da
fondamentali, con il tempo si differenziano qualificandosi in ciò che è più affine alla
loro natura:
• il caldo produrrà una sfera di fuoco incandescente;
• questa circonda l’aria che, a sua volta, a forma di sfera sta intorno alla terra;
• la sfera dell’aria circonda l’acqua che, a sua volta, contiene la terra, il nucleo freddo
più pesante.
Nozioni sulla
Terra
La terra, che secondo lui ha la forma a forma di un disco circolare piatto, venne ad occupare il centro dell’universo. Il nostro mondo si mantiene sospeso nello spazio perché
da ogni parte è ugualmente distante dal limite estremo dell’universo.
Talete e le
scienze
I quattro elementi si trasformano in un continuo divenire per alterazione del principio
elementare.
Il cosmo nel quale viviamo è una delle sue innumerevoli specificazioni.
74
LA RICERCA DEL PRINCIPIO NELLA NATURA
PARLANO I PROTAGONISTI
Simplicio,23 scrive che per Anassimandro
“principio ed elemento degli esseri è l’infinito, avendo egli per primo introdotto questo nome di
principio (arkhé). E dice che il principio non è né l’acqua né un altro dei cosiddetti elementi, ma
un’altra natura infinita, dalla quale provengono tutti i cieli e i mondi che in essi esistono [...] È
chiaro che avendo osservato il reciproco mutamento dei quattro elementi [acqua, aria, terra, fuoco],
opportunamente non pose nessuno di questi come principio ma qualcos’altro. Secondo lui la nascita
delle cose non avviene per alterazione del principio elementare, ma avviene per il distacco da quello
dei contrari a causa dell’eterno movimento”.
Per contrari, Simplicio intende il caldo e il freddo, il secco e l’umido e così via.
Lo stesso Aristotele, nella Fisica, già considerò che per Anassimandro “dall’Uno che li
contiene, si staccano i contrari”. Ma Aristotele, nella sua Fisica [4. 203 b 3] dice di più:
“ogni cosa o è principio o deriva da un principio: ma non c’è principio dell’infinito, perché questo
rappresenterebbe il suo limite. Inoltre è ingenerato e incorruttibile, in quanto principio, perché
necessariamente ogni cosa generata deve avere una fine e c’è una fine di ogni distruzione. Perciò,
l’infinito non ha principio ma sembra esso stesso essere principio di ogni cosa e ogni cosa abbracciare e governare, come dicono quanti non ammettono altre cause, a parte l’infinito [...] Inoltre
esso è divino perché è immortale e indistruttibile, come vuole Anassimandro e la maggior parte dei
fisiologi - e sviluppando un personale ragionamento, Aristotele contina:
Fanno fede dell’esistenza dell’infinito, a guardar bene, cinque ragioni: il tempo – perché è infinito;
la divisione delle grandezze – perché anche i matematici usano l’infinito; e ancora: solo se la fonte,
da cui deriva ogni cosa generata, è infinita, allora esistono sempre la generazione e la distruzione;
poi, ogni cosa, che sia limitata, ha sempre il suo limite rispetto a un’altra cosa, cosicché non ci sarà
un limite se una cosa troverà sempre un limite in un’altra cosa.
Ma soprattutto, il motivo più importante e più difficile per tutti, è che pare che siano infiniti tanto
il numero e le grandezze matematiche quanto tutto quello che c’è oltre i cieli; ma siccome quel che
c’è oltre i cieli è infinito, sembra che vi debba essere un corpo infinito e dei mondi infiniti”.
23 Simplicio di Cilicia, studioso del VI secolo d.C., sintetizza gli elementi essenziali del
pensiero di Anassimandro, rifacendosi alla testimonianza di Teofrasto, scolarca del Liceo,
successore di Aristotele. Commentario alla fisica di Aristotele, 24, 13
75
2. I PRESOCRATICI
Anassimene24
Filosofo, astronomo e meteorologo. Su di lui si hanno pochissime notizie.
Nato a Mileto fra il 588 e il 587 a. C., come riferisce il teologo Ippolito, morì, come ci
riferisce Diogene Laerzio, negli anni della 63ª Olimpiade quindi tra il 528 e il 525 a. C.
Fu discepolo
di Anassimandro
Fu sicuramente discepolo di Anassimandro, dal quale ereditò forse la direzione della sua
scuola. Scrisse alcune opere in dialetto ionico ma di esse possediamo solo un frammento
di 2 righe. Da questo breve frammento è impossibile ricostruire la sua filosofia e quindi
si ricorre a testimonianze indirette dei suoi pensieri. Una delle fonti più importanti è
costituita dalla Confutazione delle eresie, opera di Ippolito che illustra il pensiero del filosofo.
Anassimene, apparentemente come Talete, individua il principio delle cose in un elemento primordiale: come la nostra anima é aria e per questo ci tiene uniti organicamente, così l’alito
e l’aria abbracciano tutto l’universo.
L’aria
L’arkhé, per Anassimenne, è l’aria. Ma, praticamente, si riferisce a una nebbia, a un
vapore più o meno sottile che, per tale indeterminatezza, non differisce dall’àpeiron di
Anassimandro.
Tutti i modi di
aggregazione
si riconducono all’acqua
Anch’essa viene concepita in un perenne movimento che, coesistendo col dinamismo
e con il vitalismo, determina effetti meccanici più precisi quali le condensazioni e le
rarefazioni dalle quali si generano il fuoco, il vento, le nuvole, l’acqua, la terra, le pietre,
i metalli che, a loro volta, si trasformano in ulteriori sottomultipli. Modi di aggregazione
che, tutti, si riconducono a quell’unico elemento.
Scrive Teofrasto, in Opinione dei fisici:
« Condensata e rarefatta appare in forme differenti: quando si dilata fino ad essere molto leggera
diventa fuoco, mentre poi condensandosi diviene vento: dall’aria si producono le nuvole per condensazione e se la condensazione cresce, l’acqua, se cresce ancora, la terra. E all’ultimo grado le pietre.
Sicché i contrari fondamentali per la generazione sono il caldo e il freddo. »
Sintesi fra
Talete e
Anassimandro
Anassimene, quindi, opera una sintesi tra il pensiero di Talete e quello del suo maestro:
la forza che anima il mondo non è quel principio astratto di Anassimandro ma è un
principio fisico come aveva sostenuto Talete. Tale principio, però, ha le caratteristiche
dell’Apeiron, l’infinità e il movimento incessante.
Con ciò era compiuto il primo passo verso una spiegazione meccanica della natura.
76
24 Gr. Αναξιμένης
LA RICERCA DEL PRINCIPIO NELLA NATURA
Pitagora25
CENNI BIOGRAFICI
Pitagora, grande matematico e filosofo, 570 circa
- 480 a. C. , nacque a Samo, una delle isole del Dodecanneso, non lontana da Mileto, patria di Talete.
Si trasferì a Crotone, dopo lunghe peregrinazioni in
Egitto e Babilonia e forse anche in India - durante
le quali non solo raccolse informazioni matematiche e astronomiche, ma fece sue anche molte
credenze religiose. Va detto che Pitagora era coevo
di Buddha, di Confucio e di Lao-Tse; il secolo in
cui visse fu un periodo critico nello sviluppo della
•religione, oltre che della matematica.
A Crotone nel 530 a. C. fondò una scuola. Essa
prosperò per una trentina d’anni, fino a che i pitagorici si immischiarono nelle faccende politiche
della città, appoggiando la fazione aristocratica.
Essi furono perseguitati e cacciati dal partito democratico, la scuola fu bruciata, e Pitagora fuggì a
Metaponto, dove morì poco dopo.
Per commemorare questa memoria storica, la
Provincia di Crotone affianca alla
tradizionale processione mariana le iniziative di un
singolare “Maggio pitagorico”.
La manifestazione alterna conferenze su temi matematici e concerti musicali, e culmina il 24 maggio
con un “Concerto all’aurora” che si tiene al sorger
del sole, alle quattro del mattino, a Capo Colonna.
La musica non interviene nel programma in maniera occasionale. Infatti la natura più profonda
dell’armonia e del numero, secondo i pitagorici è
rivelata proprio dalla musica.
Se Pitagora è l’inventore della spiegazione matematica dell’universo lo è perché primum omnium Pythagoras fuit inventor musicae, come dirà nel Medioevo
il monaco Engelberto in De Musica.
Pitagora credeva che Dio fosse semplicemente
l’armonia dell’universo e che la purificazione religiosa si ottenesse attraverso la contemplazione
matematica.
La famosa massima: TUTTO E’ (NUMERO)
RAZIONALE ? sintetizza il suo pensierpo.
I Pitagorici
È assai difficile e problematico ricostruire il pensiero di Pitagora perché non ci è rimasto
nessuno suo scritto (probabilmente egli non scrisse quasi nulla); più che di Pitagora si
deve quindi parlare di scuola pitagorica.
La scuola pitagorica (seconda metà del VI secolo a. C., inizi del III secolo d. C.) assunse
i caratteri di una confraternita religiosa, e gli adepti vennero divisi in due catègorie: gli
acusmatici, o uditori, e i matematici (da mathema che significa “scienza”). Ai primi si
ammanniva l’insegnamento in maniera essoterica e superficiale, mentre i secondi venivano iniziati all’insegnamento esoterico e profondo.
Taristosseno cita tra i primi matematici Archita di Taranto, Filolao ed Eurito, Ippaso
di Metaponto.
Filolao di Crotone, maestro di Democrito e dei Pitagorici Eurito e Archita, le sue dottrine
corrispondono alla filosofia della natura attribuita da Aristotele ai Pitagorici. Presentava
25
panta rei Eraclito (in greco antico Ἡράκλειτος ὁ Ἐφέσιος, Hērákleitos ho
Ephésios; Efeso, 535 a.C. – 475 a.C.) è stato un filosofo greco antico, uno dei maggiori
pensatori presocratici.
Non ci sono
pervenuti
scritti di
Anassimandro
La scuola
Pitagorica
zione della
77
2. I PRESOCRATICI
Archita
Nicomaco di
Gerasa
78
una spiegazione del mondo paragonabile al Timeo di Platone, trattando dell’origine del
fuoco centrale, dei dieci corpi celesti divini, del sole, della luna, fino alle forme dei viventi.
Eurito, che secondo le fonti sarebbe stato maestro di Platone.
Ippaso di Metaponto viene ricordato da Aristotele perché, insieme ad Eraclito, aveva
individuato nel fuoco la materia originaria del mondo e Aristosseno lo ricorda per
esperimenti sonori con dischi di bronzo.
Archita, amico di Platone, conosciuto in Sicilia, nel 361 avanti Cristo contribuì con la
sua influenza alla liberazione del filosofo greco, tenuto prigioniero a Siracusa da Dionisio
II. Fu discepolo del pitagorico Filolao di Crotone.
Nonostante Archita sia vissuto dopo Socrate, è inserito tra i filosofi presocratici, perché
continua la filosofia pitagorica; infatti basò le sue idee filosofiche, politiche e morali,
sulla matematica. Archita viene considerato l’inventore della Meccanica. Si dice che
abbia inventato due straordinarie apparecchiature meccaniche. Un’apparecchiatura
era un uccello meccanico, la famosa colomba di Archita, l’altra sua invenzione era un
sonaglio per bambini.
Pare si trattasse d’una colomba di legno, vuota all’interno, riempita d’aria compressa,
e fornita d’una valvola che permetteva apertura e chiusura, regolabile per mezzo di
contrappesi. Messa su un albero, la colomba volava di ramo in ramo perché, apertasi la
valvola, la fuoriuscita dell’aria ne provocava l’accensione; ma giunta ad un altro ramo,
la valvola o si chiudeva da sé, o veniva chiusa da chi faceva agire i contappesi; e così di
seguito, sino alla fuoriuscita totale dell’aria compressa.
Essendo Archita un pitagorico, la matematica era il suo campo d’azione principale e
vedeva tutte le altre discipline subordinate alla matematica. In quest’ultimo campo, condusse delle ricerche sulla frequenza ed una teoria del suono. Contengono degli errori,
ma sono considerate un lavoro straordinario che diverrà la base per la teoria di Platone.
Archita stabilì per primo la serie dei numeriirrazionali e del loro calcolo, della serie cioè
delle radici quadrate che si risolvono in numeri frazionari.Portò la teoria armonica ad
un livello nuovo ed intero di sofisticazione teoretica e matematica.
Nicomaco di Gerasa
Nicomaco di Gerasa (in greco Νικομαχος; Gerasa, ca. 60 – ca. 120) è stato un matematico greco antico dell’età ellenistica.
Tra i maggiori matematici dell’antichità: di formazione pitagorica, fu influenzato anche
da Aristotele. Le sue opere più note sono l’Introduzione all’aritmetica (Arithmetike eisagoge) e il Manuale degli armonici. Nell’Introduzione all’aritmetica, Nicomaco si occupa
dei numeri, specie del significato dei numeri primi e dei numeri perfetti, convinto che
l’aritmetica sia all’origine delle altre discipline matematiche, come la geometria, la musica
e l’astronomia.
A Nicomaco si deve il primo riferimento giunto fino a noi del crivello di Eratostene,
il famoso metodo per l’individuazione dei numeri primi26, sottolineandone la duplice
26
Un numero primo è un numero naturale maggiore di 1 che sia divisibile
solamente per 1 e per sé stesso (1 – 100 – 200 – 300, ecc.). L’espressione “numeri
naturali” spesso viene usata sia per la sequenza di numeri interi positivi (1, 2, 3, 4, ...) sia
LA RICERCA DEL PRINCIPIO NELLA NATURA
utilità: 1. decidere se un numero è primo; 2. stabilire se due numeri sono primi fra loro
(confrontandone i fattori primi).
Giamblico di Calcide (240 - 325 d. C.) fondatore della tendenza teurgica del Neoplatonismo. La teurgia consisteva in rituali atti ad inserire la divinità (per divinità deve
intendersi anche un demone) in un essere inanimato, o di tecniche di tipo sciamanico
aventi lo scopo di far incarnare per un determinato tempo la divinità in un essere umano.
Della sua opera in 10 volumi sulla Scuola Pitagorica di Filosofia ci sono pervenuti i primi
quattro libri fra i quali una biografia di Pitagora.
Degli acusmatici ricordiamo Diodoro di Aspendo e Licone.
Quella dei Pitagorici costituisce indubbiamente una delle sette più numerose che vanti la
filosofia antica, con una storia che si protrae per più di otto secoli. Giamblico conclude
la sua celebre Vita Pitagorica con un imponente catalogo di ben 218 uomini e 17 donne,
precisando altresì che di molti si sono persi nome e memoria.
Sempre da un punto di vista rigorosamente storico, il pitagorismo inizia con Pitagora e
si può dire che finisca con Numenio, cioè agli inizi del III secolo d.C. Successivamente
il pitagorismo si fonde col platonismo in modo definitivo.
I Pitagorici possono essere distinti in tre gruppi:
I. Pitagorici Antichi, ovvero Pitagorici dell’età arcaica e classica.
II. Mediopitagorici, ovvero Pitagorici dell’età ellenistica, per lo più autori di pseudoepigrafi.
III. Neopitagorici, ovvero Pitagorici che cercano di ripensare a fondo l’antica dottrina,
che si presentano alla ribalta già nel I secolo a.C., ma che acquistano la loro precisa
fisionomia soprattutto nei secoli I e II d.C.
Più che di una dottrina della scuola pitagorica, si può parlare di un complesso di dottrine anche perché i Pitagorici non furono soltanto una scuola filosofica ma una setta
religiosa e politica.
Le teorie sulla musica occupano una posizione particolare nella scuola pitagorica
assumendo una posizione centrale nella cosmogonia e nella metafisica dei pitagorici. Il
concetto di armonia che rappresenta il punto centrale della loro speculazione
.
Giamblico di
Calcide
Diodoro di
Aspendo e
Licone
I tre ggruppi
di pitagorici
Le teorie
sulla musica
per quella dei numeri interi non negativi (0, 1, 2, 3, 4, ...). Questi sono i primi numeri che
si imparano da bambini e sono i più semplici da comprendere.
Al contrario, un numero maggiore di 1 che abbia più di due divisori è detto composto.
Ad esempio, 2, 3 e 5 sono primi, mentre 4 e 6 non lo sono perché sono divisibili
rispettivamente anche per 2 e per 2 e 3. L’unico numero pari primo è 2, in quanto tutti gli
altri numeri pari sono divisibili per 2. La successione dei numeri primi inizia con 2, 3, 5, 7,
11, 13, 17, 19, 23, 29, 31, 37 ... (Sequenza A000040 dell’OEIS).
Quello di numero primo è uno dei concetti basilari della teoria dei numeri, la parte della
matematica che studia i numeri interi: alla base di questa importanza vi è la possibilità di
costruire con essi, attraverso la moltiplicazione, tutti gli altri numeri interi, nonché l’unicità
di tale fattorizzazione. I primi sono inoltre infiniti e la loro distribuzione è stata oggetto di
molte ricerche.
79
2. I PRESOCRATICI
L’armonia è concepita dai pitagorici anzitutto come unificazione dei contrari; il pitagorico Filolao così affermava: “L’armonia nasce solo coi contrari; perché l’armonia
è unificazione di molti termini mescolati, e accordo di elementi discordanti”. Tenuto
fermo questo principio, si può estendere il concetto di armonia all’universo concepito
come un tutto. Aezio dice che: Pitagora fu il primo a chiamare cosmo la sfera delle cose
tutte, per l’ordine che esiste in essa”.
L’armonia
Questo ordine, che regge il cosmo, è un ordine dinamico; infatti l’universo è il moto
degli astri e delle forze che li muovono e che si compongono in un tutto armonico. Se
il cosmo è armonia anche l’anima è armonia per i pitagorici.
Aristotele nella ‘Politica’ afferma, alludendo evidentemente ai pitagorici che “molti
sapienti dicono che l’anima è armonia o che l’anima ha armonia”, e nell’anima riprende lo stesso concetto: “È stata tramandata un’ altra opinione sull’anima…. . Dicono
che essa è armonia perché l’armonia è mescolanza e sintesi di contrari, e di contrari è
composto il corpo”.
Questa dottrina che Aristotele peraltro non condivide è riportata concordemente da
tutte le fonti antiche come propria della scuola pitagorica.
Il cosmo è
armonia
Il concetto di armonia si completa con quello di numero, concetto assai discusso e per
molti aspetti oscuro. Secondo testimonianze di epoca più tarda (Stobeo, storico del V
sec. d.C.) così si riferisce sulla dottrina pitagorica dei numeri:
“… Perché è la natura del numero che fa conoscere ed è guida ed insegna ad ognuno
tutto ciò che è dubbio e ignoto. Nulla sarebbe comprensibile, nelle cose in sé nelle loro
relazioni, se non ci fosse il numero e la sua sostanza. Ma questo, armonizzando nell’anima tutte le cose con la percezione, rende conoscibile esse e le loro relazioni secondo
la natura dello gnomone, col dar corpo e distinguere le determinazioni delle cose, di
quelle limitate e di quelle limitanti”.
L’anima è
armonia
Il concetto di
armonia si
completa con
quello del
numero
Il numero è la
sostanza di
tutto
80
Il numero, dunque, è la sostanza di tutte le cose, come afferma anche Aristotele parlando dei pitagorici1. Ma dentro questa intuizione fondamentale, densa di conseguenze
per tutta la storia del pensiero occidentale, nascono molti problemi interpretativi che
non trovano una precisa soluzione, dal momento che tutte le fonti sui pitagorici sono
di età molto posteriore ed inoltre la stessa dottrina dell’armonia e dei numeri trova diversa interpretazione già negli stessi pitagorici. Anzitutto è cosa assai diversa affermare
che l’universo sia fatto di numeri o che i numeri rappresentino la legge, l’ordine, cioè
l’armonia del mondo o ancora che il numero sia il modello originario delle cose e che
dal numero nascano tutte le cose. Queste varie interpretazioni che compaiono già nella
esposizione del pensiero dei pitagorici che Aristotele ci da nella Metafisica, concordano
però nel concepire il numero e quindi l’armonia come immanente alle cose stesse, cioè
come il fondamento della loro intelligibilità. Se l’armonia è sintesi di contrari anche il
numero in quanto fondamento di ogni cosa è sintesi di contrari, di pari e dispari, di
limite e di illimitato.
LA RICERCA DEL PRINCIPIO NELLA NATURA
La storiella dei martelli
Molti testi di Storia della filosofia riportano, errando, la storiella dei martelli riferita dal
filosofo greco Giamblico [Calcide, 245-325 a. C.] nella Vita pitagorica, 66, successivamente
ripresa dal filosofo greco Nicomaco di Gerasa [2a metà 1º sec. d. C.] e dal filosofo latino
Severino Boezio [476-525 d. C. ] nel De institutione musica che così racconta:
“… mentre passava dinanzi all’officina di un fabbro, per sorte divina udì dei martelli
che, battendo il ferro sopra l’incudine, producevano echi in perfetto accordo armonico
tra loro, eccettuata una sola coppia. Egli riconobbe in quei suoni gli accordi di ottava, di
quinta e di quarta e notò che l’intervallo tra quarta e quinta era in se stesso dissonante
ma tuttavia atto a colmare la differenza di grandezza tra i due. Rallegrato che con l’aiuto
di un dio il suo proposito fosse giunto a compimento, entrò nell’officina e dopo molte
prove scoperse che la differenza nell’altezza dei suoni dipendeva dalla massa dei martelli”.
Ma sbagliava Boezio né gli storici della filosofia si rendono conto dell’errore poiché
spiegano all’incirca così: il maglio da 6 e quello doppio da 12 restituivano lo stesso suono con una differenza di un’ottava (es. l’intervallo tra un Do e quello successivo). Un
martello che pesava una volta e mezzo l’altro (quindi un martello da 12 e uno da otto
che è inferiore di una volta e mezzo) davano un suono con un intervallo di quinta (es.
l’intervallo tra Do e Sol), e così via. LE COSE STANNO DIVERSAMENTE.
Quando si percuote un’incudine con il maglio vengono emessi pochi suoni acuti, distanziati al massimo di una quarta (es. Re-La). Questi suoni, non dipendenti dal maglio
ma dall’incudine, coprono quelli appena udibili del maglio.
Indipendenti dal maglio e dal suo peso, i suoni dipendono dalla parte dell’incudine percossa diversificandosi battendo dal centro del pianale verso la base del braccio conico.
Il maglio più o meno pesante (v. scheda ....) e l’intensità determinata dalla forza con la
quale il maglio batte sull’incudine producono un’ampiezza di vibrazioni per cui si ode,
ad esempio, un do forte, meno forte o debole. Sappiamo che l’intensità dei suoni è detta
dinamica e quel Do viene rappresentata attraverso dei simboli grafici che suggeriscono
all’esecutore il corretto livello sonoro. In tal modo si abbassano o si alzano i decibel
che è una cosa diversa dall’intervenire sugli intervalli dei suoni (v. scheda ...) cioé sulla
frequenza delle note.
Da una stessa corda, ad esempio la corda di uno strumento ad arco, si producono
note. La loro frequenza è direttamente proporzionale alla radice quadrata della forza
di tensione e inversamente proporzionale alla lunghezza e alla radice quadrata della
densità lineare. E Pitagora intuì la funzione della lunghezza nella composizione della
frequenza ma non formulò un teorema completo. Fu Vincenzo Galilei, padre di Galileo,
a confutare l’errore.
Inoltre, le incudini, impiegate in orchestra per le loro qualità sonore, vengono fabbricate
con dimensioni e intonazioni differenti, da Fa3 a La5, e, in alcuni casi (come nelle scene
Seconda e Terza del Das Rheingold wagneriano) vengono prodotte con accordatura
esattamente stabilita.
Secondo l’intensità necessaria, vengono percosse con mazze o con martelli di legno o
di plastica, per ottenere effetti lievi o volumi alti.
Il numero è
la sostanza
di tutto
81
2. I PRESOCRATICI
Modellistica musicale, cosmologia e matematica
La musica
La musica
è lla natura
più profonda
dell’’armonia
e del numero
La natura più profonda dell’armonia e del numero, secondo i pitagorici è rivelata proprio dalla musica.
A questo punto bisogna chiarire subito che cosa s’ intende per musica. Secondo Filolao
i rapporti musicali esprimono nel modo più tangibile ed evidente la natura dell’armonia
universale e perciò i rapporti tra i suoni, esprimibili in numeri, possono essere assunti
come modello della stessa armonia universale.
Il concetto di
musica
La musica perciò è in fondo un concetto astratto che non coincide necessariamente
con la musica nel senso corrente del termine. Musica ovvero armonia può essere non
solo quella prodotta dal suono degli strumenti ma anche a maggior ragione lo studio
teorico degli intervalli musicali o la musica prodotta dagli astri che ruotano nel cosmo
secondo leggi numeriche e proporzioni armoniche.
Tale musica
può essere
ascoltata solo
da individui
eccezionali
Ma quali orecchie potranno mai ascoltare questa musica (LA MUSICA DELLE SFERE) universale? Porfirio, filosofo del III - IV secolo d.C., affermava che Pitagora “udiva
anche l’armonia del tutto come quella che comprendeva anche l ‘armonia universale
delle sfere e degli astri che si muovono in esse, armonia che l’insufficienza della nostra
natura impedisce di percepire”. Porfirio era portato ad attribuire la facoltà di udire o
comunque di percepire la musica delle sfere solo a un individuo eccezionale come poteva
essere il grande maestro Pitagora.
I rapporti
armonici esistono in tutto
l’universo
Se è vera l’affermazione che tutto ciò in natura si può misurare con i numeri, sembra
semplice dedurre che, se esistono rapporti armonici in musica, tali rapporti dovranno
esistere in tutto l’universo. C’è infatti chi pensa che muovendosi corpi cosi grandi come
gli astri, ne nascano dei suoni, perché il suono è prodotto dal movimento dei corpi. Non
può, dicono, non nascere un suono dal movimento del sole, della luna e degli astri, che
sono tanti e tanto grandi e procedono con tanta velocità.
L’universo è
armonia
L’universo può definirsi come armonia e numero poiché in esso risultano armonizzati
tra loro i numeri pari e dispari; nella musica vi è armonia perché anch’ essa “è armonia
di contrari e unificazione dei molti e accordo dei discordant”.
La musica
induce a dei
comportamenti
Che la musica possa indurre a dei comportamenti lo sappiamo quando usiamo una
marcia militare piuttosto che una marcia funebre o una polka.
82
Vivaldi ha fatto corrispondere la Languidezza dell’Estate a una successione di crome
in sol minore, tempo 3/8 - e l’Ubriaco autunnale a una alternanza di quartine e terzine
di semicrome in fa maggiore, tempo 4/4.
LA RICERCA DEL PRINCIPIO NELLA NATURA
Lo studio della musica porta con sé lo studio della matematica. I rapporti fra gli accordi
sono rapporti numerici, e questo significa che la musica può essere scomposta in numeri
e ricomposta a piacere
Un intervallo tra due note si dice consonante se, suonando le due note simultaneamente,
si ottiene un effetto di gradevolezza e di quiete; si dice invece dissonante se produce
un senso di instabilità e di tensione. I giudizi sulle consonanze fondamentali non sono
soggettivi ma hanno valore universale. In qualunque parte del mondo, quando un uomo
e un bambino cantano uno stesso motivo, non emettono suoni uguali in altezza, ma
ad altezze distinte che tuttavia formano costantemente tra loro un intervallo chiamato
intervallo di ottava.
I giudizi sulle
consonanze
sono universali
I Greci, dal canto loro, pur non nominando le note modulo un’ottava, attribuivano a
questo intervallo il nome di diapason (dia-pason, attraverso tutto) per significare che in
esso è contenuto l’intero campionario delle note.
La matematica
Il primo tentativo di connettere esplicitamente musica e matematica viene tradizionalmente ascritto alla scuola filosofica presocratica dei Pitagorici.
Numerosi miti storiografici hanno attribuito allo stesso Pitagora una quantità sterminata
di cose, in particolare risultati matematici.
Vi è tuttavia un interessante sistema aritmetico, detto aritmo-geometria, nel quale i
numeri sono rappresentati da figure (quadrati, triangoli, pentagoni, etc.) costruite con
punti, o “ciottoli” (pséphoi), che appare esclusivamente nella tradizione. Si riportano
alcuni esempi:
• sommando i primi termini della progressione aritmetica 1; 2; 3; 4, ecc. si ottengono
i numeri triangolari 1; 3 (1+2); 6 (1+2+3); 10 (1+2+3+4) (Fig. 1,2,3,4);
• sommando i termini della serie 1; 3; 5; 7, ecc. (cioè numeri che aumentano di 2 unità)
si ottengono i numeri quadrati 1; 4; 9; 16 (Fig. 5);
• sommando il termini della serie 1; 4; 7; 10 (cioè numeri che aumentano di 3 unità)
si ottengono i numeri pentagonali 1; 5; 12; 22 e così via (Fig. 6);
• questa procedura si può estendere anche a figure solide, come ad esempio 8 = “due
al cubo”, 9 = “tre al quadrato”, 10 = “quattro al triangolo”, 12 = “tre al pentagono”, etc.
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1
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3
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4
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3
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Il sistema
aritmo-geometria
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5
83
2. I PRESOCRATICI
Teoria musicale su basi
razionali e
matematiche
Le scienze
sorelle
Regole di
corrispondenza a
fondamento
dell’edificio
speculativo
84
Tolomeo, Porfirio e Teone di Smirne attribuiscono ad Archita27 la paternità di una teoria
musicale fondata su basi razionali e matematicamente solide; e uno dei pochi frammenti
sicuramente attribuibili a quest’ultimo tratta appunto della relazione sussistente tra altezza dei suoni, velocità di vibrazione dell’aria e intensità del disturbo che ha generato
la vibrazione stessa.
Ad Archita stesso insiste sul fatto che le scienze aritmetiche, geometriche, musicali,
astronomiche sono sorelle28, intendendo così sottolineare la loro comunanza di metodi,
in particolare l’utilizzo di procedure argomentative logicamente conseguenti per mezzo
delle quali salvare i dati sensibili.
Ci troviamo quindi di fronte al primo esempio consapevole di modellizzazione29; vengono
poste alcune regole di corrispondenza a fondamento dell’edificio speculativo - assunzioni
sulla rappresentabilità matematica di certi fatti di acustica opportunamente semplificati
e sulla identificazione degli intervalli consonanti -, e dal quel momento l’indagine può
27
Matematico, astronomo, filosofo e stratega greco, vissuto a Taranto tra il 428
e il 347 a.C., e dunque contemporaneo di Platone, tra gli ultimi rappresentanti in senso
forte del pensiero pitagorico.
28
Ovvero il raggruppamento delle discipline canoniche in quello che sarà poi il
quadrivium medievale: aritmetica, geometria, astronomia e musica.
29
Rimanendo alla cultura greca, altri esempi importanti di modellizzazione di fenomeni
fisiologici sono la teoria della visione (ottica) di Euclide e la teoria di Erofilo del battito
cardiaco, basata a sua volta sulla teoria armonica. A un grado scientificamente compiuto, un
modello teorico è un sistema internamente coerente entro il quale sia possibile procedere
per via deduttiva, a partire da un insieme di ipotesi esplicitamente formulate, per poi,
muovendo da tali deduzioni, trarre conclusioni sul fenomeno osservato. Quando parliamo
di ipotesi, tuttavia, non dobbiamo intenderle nell’accezione ormai comune di affermazioni
fumose e non suffragate dall’esperienza. Si tratta piuttosto, nel senso originario, di assunti
di base, non oggetto di indagini ulteriori, che si pongono in modo esplicito allo scopo di
“salvare i fenomeni”, cioè di ottenerli deduttivamente attraverso connessioni logiche del
tipo “se A, allora B”. L’uso consapevole di ipotesi, e dunque anche la possibilità di spiegare
le stesse “apparenze” con diverse
“ipotesi”, è ciò che distingue il metodo scientifico da altri metodi d’indagine; vedi in proposito
L. Russo, La rivoluzione dimenticata, Milano, Feltrinelli, 2009. Agli argomenti della scuola
pitagorica furono sollevate critiche di stampo empirista, soprattutto da parte di uno dei più
grandi teorici musicali dell’antichità, Aristosseno, anch’egli tarantino,
vissuto nel IV sec. a.C. e allievo di Aristotele, il quale, nella sua opera Elementi di teoria
musicale, sostiene che proprietà armoniche come la consonanza siano innanzitutto oggetto
di esperienza da parte di un orecchio musicalmente addestrato e contesta in particolare
la correlazione proposta da Archita tra altezza del suono e velocità di vibrazione dell’aria:
Cercheremo di esporre dimostrazioni di questi [risultati] che si accordino con i fenomeni, non
come quelli prima di noi, alcuni dei quali introducono argomentazioni estranee, rifiutando
i dati dei sensi in quanto non accurati, e misero in piedi cause razionali, asserendo che
anche le velocità nelle quali si genera l’acuto ed il grave sono tra di loro come certi rapporti
numerici.
Sembra qui esserci la pretesa che tutte le assunzioni siano giustificate dai fenomeni, e
dunque una sostanziale incomprensione del metodo scientifico.
LA RICERCA DEL PRINCIPIO NELLA NATURA
svolgersi interamente a un livello aritmetico, cioè interno al modello30
Quanto all’identificazione degli intervalli consonanti, nell’introduzione della Sectio
Canonis, attribuita a Euclide, prima esposizione matematicamente formalizzata di tale
teoria musicale giunta fino a noi, si legge:
Occorre perciò dire che le note musicali sono composte di parti, in quanto per addizione
o sottrazione raggiungono l’[altezza] richiesta. Ma tutte le cose che sono composte di
parti sono correlate tra loro per mezzo di un rapporto numerico; così che è necessario
che anche le note siano correlate tra loro per mezzo di un rapporto
numerico.
Dei numeri, alcuni sono correlati in rapporto multiplo, altri in superparticolare, altri in superpaziente, così che è necessario che anche le note siano
correlate tra loro in tali rapporti. Fra questi ultimi, i multipli e i superparticolari
sono correlati tra loro con un solo nome. E delle note sappiamo che alcune sono
consonanti, altre dissonanti, le consonanti producendo una sola fusione del suono
da entrambe, le dissonanti no. Stando così le cose, è ragionevole che le
note consonanti, dal momento che producono una sola fusione del suono da entrambe, siano annoverate tra quelle che sono correlate tra loro numericamente in un solo nome: che siano cioè i multipli e i superparticolari.
Correlazione
fra numeri
Per armonia si intende quando due o più suoni emessi contemporaneamente, risultano bene “insieme”.
Cosa si
intende per
armonia
Questa era la definizione più in uso fino ad alcuni anni fa, e si insegna ancora oggi nei
corsi base di armonia nei conservatori.
Tuttavia è difficile stabilire se due suoni sono assolutamente gradevoli o meno all’orecchio: è molto soggettivo.
Oggi l’armonia è quella componente della musica che analizza o crea mediante uno
o più suoni, sensazioni, emozioni, pensieri, secondo un tipo di cultura, di gusto o di
modo, estrapolandone le regole che caratterizzano lo stile e riutilizzandole per ricreare
ben definite sensazioni.
Cosa si
intende oggi
per armonia
Se le note sono espressioni sonore di entità matematiche chiamate numeri l’armonia
rappresenta la scienza che studia i rapporti tra 2 o più note ovvero tra 2 o più numeri
definindo in questo modo uno spazio da 2 o più dimensioni.
I Pitagorici non sono stati gli iniziatori della matematica greca, intesa come sistema deduttivo basato su assiomi, ed espresso al suo grado più alto nei tredici libri che formano
gli Elementi di Euclide.
30
Fabio Acerbi, Introduzione a Euclide, Tutte le opere, Bompiani 2007, p.677
La matematica intesa
come sistema deduttivo
basato su
assiomi
85
2. I PRESOCRATICI
Più precisamente, egli suppose che ci fossero tre tipi di musica: quella strumentale
propriamente detta, quella umana suonata dall’organismo, e quella mondana suonata
dal cosmo. La sostanziale coincidenza delle tre musiche era responsabile da un lato
dell’effetto emotivo prodotto, per letterale risonanza, dalla melodia sull’uomo, e dall’altro
della possibilità di dedurre le leggi matematiche dell’universo da quelle musicali.
I tre tipi di
musica
Tutto è numero razionale
La musica
è la scienza
della proporzione fra i
numeri
gg
86
Poiché nelle leggi dell’armonia scoperte da Pitagora intervenivamo soltanto numeri
frazionari, detti anche numeri razionali, ed i rapporti armonici corrispondevano perfettamente a rapporti numerici, Pitagora enunciò la sua scoperta nella famosa massima:
tutto è (numero) razionale.
Essa codifica la fede nella intelligibilità matematica della natura, ed è il presupposto metafisico dell’intera impresa scientifica, di cui Pitagora è stato appunto il padre fondatore.
Il primo tentativo di connettere esplicitamente musica e matematica viene tradizionalmente ascritto alla scuola filosofica presocratica dei Pitagorici
Quei numeri stabiliscono proporzioni. La musica è appunto la scienza della proporzione
tra i numeri.
Fa un’esperienza mistica, che svela i rapporti segreti tra i suoni e informa di sé, da allora
in poi, tutta la storia della musica.
Più precisamente, “ragione” non era altro che la capacità di esprimere concetti mediante
un “rapporto” numerico, come testimonia l’uso dello stesso vocabolo per entrambi i
termini, sia in greco (logos) che in latino (ratio). Poiché poi, per i greci, logos significava anche la “parola” stessa, il vocabolo finì per esprimere una triplice coincidenza di
linguaggio, razionalità e matematica. Anche questa coincidenza è tuttora viva e vegeta,
e il Trattato di Wittgenstein non ne è che l’ultima riformulazione riveduta e corretta.
LA RICERCA DEL PRINCIPIO NELLA NATURA
Eraclito
1 Biografia
2. Il pensiero
2.1 Gli svegli e i dormienti
2.2 I migliori e i più
2.3 La dottrina dei contrari
2.4 L’arché
2.5 L’Universo come Dio-tutto
3. Influenza su autori successivi
4. Note
5. Bibliografia
6. Aneddotica
Raffaello Sanzio
La Scuola di Atene
particolare con
ritratto immaginario
di Eraclito
Musei Vaticani, Roma
Il gesto o l’atteggiamento più comune
e convenzionale
che accompagna ed
esprime l’attività del pensiero è quello di porre
una mano, a volte appena un dito, sul o sotto il
mento quasi a sostenere la testa di chi è assorto
nelle sue riflessioni.
1. Biografia
Eraclito, figlio di Blosone o, secondo altri, di Eraconto,, nato a Efeso il 535 a.C., secondo
la tradizione antica era di nobilissime origini: sarebbe appartenuto alla famiglia di stirpe
regale dei Basilidi o Codridi.
Eraclito era
di nobilissime
origini
Si riallaccia, almeno in apparenza, ai filosofi della scuola di Mileto individuando anche
lui un principio di tutte le cose in un elemento materiale. Infatti, nella sua opera in prosa
ionica Intorno alla natura sostiene che l’arché è il fuoco. “Il fuoco vive della morte della
terra e l’aria vive della morte del fuoco; l’acqua vive della morte dell’aria, la terra della
morte dell’acqua” [Frammento 76]. Di tale opera possediamo circa 130 frammenti costituiti da aforismi, cioè da proposizioni che riassumono i concetti in forma oracolare e
sentenziosa. Ebbe la possibilità di consultare le vaste biblioteche detenute dalla casta
sacerdotale pur non essendo sacerdote.
Il principio
delle cose è il
fuoco
L
e
87
2. I PRESOCRATICI
L’ambizione
del potere e
l’insaziabilità
dei sensi
Motivi della
sua solitudine
Aveva, infatti, rinunciato al titolo di βασιλεύς, la massima carica sacerdotale che gli
spettava in quanto primogenito31.
L’ambizione al potere o l’insaziabilità dei sensi sono, per Eraclito, follie che condannano
l’uomo a restare lontani dalla verità. Aveva anche rifiutato l’invito a corte del re persiano
Dario che, dopo aver letto il suo libro Sulla natura, volle conoscerlo per offrirgli grandi
onori. Lui respinge ogni privilegio, fonte d’invidia, restando a casa sua contento di quel
poco che ha.
Il distacco dai beni materiali, il disprezzo per il potere e per la ricchezza, non potevano
fare presa sugli Efesini che, dediti al commercio e al raggiungimento della ricchezza,
non erano disposti ad accogliere il suo pensiero.
Eraclito, infatti, visse in solitudine nel tempio di Artemide a Efeso ove depose il suo
libro, scritto intenzionalmente in forma oscura32, affinché non fosse dispregiato dall’ignoranza del volgo e fosse compreso solo da coloro che ne avessero la capacità.
A causa del suo stile autorevole, ispirato, di non facile interpretazione, Aristotele cita
Eraclito come esempio in negativo e Socrate dice che gli aforismi di Eraclito erano
profondi quanto le profondità raggiunte dai tuffatori di Delo.
La profondità
della sua
opera
Certamente Socrate, contrariamente a quanto generalmente si ritiene, non volle esprimere
un giudizio negativo o ironico su Eraclito. Aveva intuito che Eraclito, proprio per la sua
condizione privilegiata di conoscitore dei riti misterici, non solo autoctoni ma anche di
derivazione orientale, era stato in contatto con un patrimonio culturale accessibile solo
alla casta dei sacerdoti.
Quando gli fu sottoposto il libro delle massime di Eraclito, perché lo leggesse, Socrate
avrebbe detto:
Quello che ho capito è eccellente; sono convinto che quello che non ho capito sia altrettanto eccellente.
Ma ci vorrebbe un bravissimo pescatore per riportare alla luce tali prelibatezze dal fondo del mare.
La sua opera era profonda e densa, un libro per tutti e per nessuno che ricorda Zarathustra, anch’egli riportato da Raffaello nella Scuola di Atene.
Dai frammenti rimasti si riesce a interpretare parte del suo pensiero. Non si tratta di
concetti isolati o di improvvise e disordinate intuizioni. Tali potrebbero apparire perché
non ci è giunta l’opera nella sua interezza. È certo, comunque, che il suo pensiero influì
su molti filosofi. Hegel, ad esempio, ammise esplicitamente: “Non c’è proposizione di
Eraclito che io non abbia accolto nella mia Logica”. E Nietzsche: “Eraclito avrà eternamente ragione di affermare che l’essere è una vuota finzione. Il mondo apparente è
l’unico mondo; il mondo vero è solo un’aggiunta menzognera...”.
31 Da Diogene Laerzio, in Vite dei filosofi, IX 6, sappiamo che tale titolo fu dato al
fratello minore.
88
32 Fu soprannominato per il suo stile ὁ σκοτεινός (“l’oscuro, il tenebroso”).
LA RICERCA DEL PRINCIPIO NELLA NATURA
Eraclito, di solito, viene liquidato in due paginette. Una di queste viene sprecata solo
per soffermarsi sulla difficoltà di capire il suo pensiero per concludere che universalmente viene definito oscuro. Eraclito, invece, merita una considerazione ben diversa
se si pensa che persino l’apostolo Giovanni, conciliando il pensiero cristiano con la
filosofia greca, esprime diversi concetti eraclitei. E su questo sono state dedicate due
schede che vengono riportate di seguito.
Eraclito distinguendo il nozionismo dalla sapienza, affermò “Essere saggi è solo questo,
comprendere la ragione che governa tutto attraverso tutto”. E lui ci era andato davvero
molto vicino alla comprensione del Logos. cioè della razionalità presente nella natura,
che viene rispecchiata dalla razionalità della mente umana.
Nozionismo e
sapienza
Il fluire delle cose e la stabilità del λǿγοζ
Due intuizioni pregnanti stanno alla base della teoria eraclitea: il fluire delle
cose e la stabilità del λǿγοζ (logos), l’eterno mutamento degli esseri insieme all’immutabilità eterna della legge cosmica. Non c’è legge che non sia legge di mutamento,
che, a sua volta, non sia conforme a legge. Cogliere questo nesso è essenziale per la
comprensione del pensiero eracliteo e spiega le incomprensioni che su esso ci furono.
Le due
intuizioni
Il logos
L’intera realtà è governata da un solo principio (come dicevano i Milesi), a cui tutto è
collegato. I legami che legano la natura sono dettati dal Logos :
Il tema centrale con cui si apriva l’opera di Eraclito è sicuramente il concetto di λόγος,
espressamente citato in sette frammenti (1, 2; 45; 50; 72; 115; 124) ed evocato in molti
altri. Il termine logos riveste una miriade di significati: parola, discorso, ragione ma anche legge universale, ordine cosmico, vitalità psichica o anima. Si oppone a Caos, aggregato di
elementi informe.
Il concetto di
logos
Il Logos è la legge universale che governa il mondo.
È la ragione umana tramite la quale si perviene alla vera sapienza.
È la parola stessa di Eraclito 4, dottrina filosofica che conduce alla verità.
89
CAPITOLO 1 LE ORIGINI DELLA FILOSOFIA
SCHEDA 2/1 La musica
L’acustica è una disciplina scientifica che si occupa delle caratteristiche dei suoni
La psicoacustica è la disciplina che studia come gli esseri umani interpretano i suoni.
Il suono stimola il senso dell’udito. È un’onda creata da vibrazioni ottenute in migliaia di
modi diversi: pizzicando la corda di una chitarra, sfregando un archetto sulle corde di un
violino, percuotendo un pezzo di legno o di metallo.
Le onde sonore si propagano sia nell’aria che in altri elementi (acqua, metalli) con velocità
differenti: 340 metri/sec. nell’aria; 1435 metri/sec. nell’acqua; 5127 metri/sec. nel ferro.
L’altezza dei suoni. Anche i suoni hanno un’altezza; nel linguaggio musicale le parole
“alto” e “basso” vengono sostituite dai termini “acuto” e “grave”.
L’altezza dei suoni dipende dalla frequenza, cioè dalla velocità delle vibrazioni: dato un
tempo costante (un secondo), quanto più numerose esse sono, tanto più acuto è il suono.
Nel linguaggio musicale l’altezza dei suoni viene rappresentata attraverso le note musicali.
L’altezza del suono si misura in “hertz”. Il termine hertz si riferisce al nome del fisico
tedesco che per primo studiò questi fenomeni.
Un hertz corrisponde ad un’oscillazione completa di un corpo elastico nel tempo di un
minuto secondo. Dire che un suono è di 300 hertz significa che il corpo che lo produce
vibra 300 volte al secondo.
In natura esistono suoni che vanno da un minimo di un hertz a un massimo di circa un
milione di hertz. L’orecchio umano può solo sentire i suoni compresi tra 16 e 20.000 hertz.
Infrasuoni e ultrasuoni. I suoni di frequenza inferiore ai 16 hertz vengono chiamati
infrasuoni; quelli superiori ai 20.000 hertz vengono chiamati ultrasuoni.
Molti animali sono in grado di udire questi tipi di suono, perché dotati di un udito più
sensibile di quello umano.
L’intensità è la caratteristica che ci permettere di distinguere i suoni forti da quelli deboli;
in pratica quello che comunemente chiamiamo il volume del suono.
L’intensità è determinata dalla forza con la quale un corpo sonoro viene messo in movimento e, di conseguenza, dall’ampiezza delle vibrazioni.
Nel linguaggio musicale l’intensità dei suoni (detta dinamica) viene rappresentata attraverso dei simboli grafici che suggeriscono all’esecutore il corretto livello sonoro per ogni
frase musicale.
90
CAPITOLO 1 LE ORIGINI DELLA FILOSOFIA
L’intensità del suono si misura in decibel. Con i decibel si misura la pressione acustica
provocata dal suono nel mezzo di propagazione (generalmente l’aria).
La pressione acustica necessaria perché un suono sia udibile dall’orecchio umano varia a
seconda della frequenza (altezza) dei suoni.
Un suono di 1.000 hertz è udibile a “zero decibel”, mentre scendendo a 30 hertz occorre
un’intensità di almeno 60 decibel perché il suono sia udibile. Una lunga esposizione a suoni
di oltre 90 decibel può provocare danni permanenti all’udito.
La durata del suono è determinata dal periodo di tempo in cui l’oggetto sonoro emette
vibrazioni.
Quando un corpo sonoro smette di vibrare non produce più suono.
Il perdurare delle vibrazioni dipende da vari fattori:
• Dall’elasticità del corpo sonoro (una piastra di metallo risuona più a lungo che una
di legno)
• Dalla forza impiegata per mettere in vibrazione il corpo sonoro (una piastra percossa
debolmente esaurisce le vibrazioni prima di una percossa con forza)
• Dalla durata della sollecitazione (una corda pizzicata produce un suono di breve durata; se viene invece strofinata con un archetto di violino il suono può durare a lungo)
Nel linguaggio musicale la durata dei suoni viene rappresentata attraverso le figure musicali.
Il timbro del suono è la caratteristica che ci consente di distinguere il suono di uno
strumento da quello di un altro; esso può essere paragonato al colore in un disegno: i
compositori usano il timbro dei vari strumenti per arricchire (colorare) le loro musiche.
Il timbro dipende da vari fattori:
• Dalla forma e dimensione dell’oggetto sonoro ·
• Dal materiale di cui esso è costituito (legno, metallo, vetro, carta)
• Dal modo in cui il suono è stato prodotto (percuotendo, pizzicando, strofinando ecc.)
Il timbro determina una diversa forma dell’onda sonora generata dal suono.
Le note sono i segni con i quali si rappresentano principalmente la frequenza di suoni e
la loro durata. Le note della scala musicale sono 7: DO, RE, MI, FA, SOL, LA, SI.
Tale denominazione fu stabilita intorno all’anno 1000 da Guido d’Arezzo; l’altra denominazione “C, D, E, F, G, A, B” è di antica origine greca. Attualmente, la seconda notazione
è quella utilizzata nella lingua inglese e, con una piccola variante, nella lingua tedesca.
Intervalli. Le 7 note delimitano un intervallo di frequenze chiamato ottava.
La differenza tra due note prende il nome di intervallo. Do-Do (intervallo di prima - unisono); Do-RE (seconda); Do-Mi (terza); Do-Fa (quarta); Do-Sol (quinta); Do-La (sesta);
91
CAPITOLO 1 LE ORIGINI DELLA FILOSOFIA
Do-Si (settima); Do-Do (ottava).
L’intervallo che separa una nota dall’altra prende sempre il nome di intervallo di seconda:
(Do-Re; Re-Mi; Mi-Fa ecc.).
L’ottava successiva alla prima è costituita da frequenze doppie rispetto all’ottava precedente: il DO della prima ottava ha una frequenza di 65,464 mentre la frequenza del Do
successivo è di 130,813.
Toni e semitoni. Tra due suoni ci sono altri suoni che si ottengono abbassando di un
semitono (bemolle) o alzandolo (diesis).
Secondo le convenzioni, la frequenza di riferimento è quella della nota LA, a 440 Hz. Da
questa frequenza si ottengono quelle degli altri semitoni dell’ottava, secondo la formula:
440*Kn. La costante k vale precisamente 21/12
OTTAVA italiano - spagnolo - francese
Toni
Semitoni Calcolo
Do-Sib
440*K-9
Do#-Reb 440*K-8
Re
440*K-7
Re#-Mib 440*K-6
Mi
440*K-5
Fa
440*K-4
Fa#-Solb 440*K-3
Sol
440*K-2
Sol#-Lab 440*K-1
La
440*K0
La#-Sib
La#-Sib
440*K1
Si
440*K2
I ottava
65,464
69,2957
73,4162
77,7817
82,4069
87,3071
92,4986
97,9989
103,026
110,00
116,541
123,471
II ottava
130,813
138,591
146,832
155,563
164,814
174,614
184,997
195,998
207,652
220,00
233,082
246,949
III ottava
261,626
277,183
293,665
311,127
329,628
349,228
369,994
391,995
415,305
440,00
466,164
493,883
IV ottava
523,251
554,365
587,330
622,254
659,255
698,456
739,989
783,991
830,609
880,00
932,328
987,767
V ottava
1046,50
1108,73
1174,66
1244,51
1318,51
1396,91
1479,98
1567,98
1661,22
1760,00
1864,66
1975,53
La scelta di distribuire le note in questo modo, deriva dall’esigenza
di distinguere le ottave negli strumenti a tastiera (come il piano).
Se un corpo, ad esempio una corda, viene messo in virazione, si determina un’onda sonora di una certa frequenza n (numero di oscillazioni per unità di tempo) e una certa ampiezza (differenza tra la massima pressione prodotta dall’onda sonora e la pressione atmosferica).
0
92
1
CAPITOLO 1 LE ORIGINI DELLA FILOSOFIA
Le note si dispongono sul pentagramma1, composto da cinque linee e quattro spazi orizzontali. Le linee e gli spazi si contano dal basso all’alto. Nella prima misura di ogni pentagramma viene specificata la chiave seguita dall’armatura di chiave. La forma del simbolo
rappresenta la durata della nota.
Il pentagramma può essere:
Semplice - per la voce umana e per tutti gli
strumenti musicali di limitata estensione fonica, come gli archi e i fiati ecc., per i quali la
gamma (scala o estensione) abbraccia o il
registro acuto o centrale o basso.
Doppio - formato da due pentagrammi semplici uniti da una graffa, usato da altri strumenti come il pianofor te, l’arpa,
l’harmonium,la fisarmonica e la celesta per i
quali la loro gamma abbraccia tutti i suoni degli strumenti citati in precedenza; i due pentagrammi, inoltre, permettono di distinguere i suoni prodotti dalla mano destra (rigo superiore) e quelli prodotti dalla mano sinistra (rigo inferiore).
Triplo - usato per la grafia per le musiche
d’organo, due pentagrammi per la tastiera e
uno per le note gravi affidate alla pedaliera.
CENNI STORICI
La prima civiltà che ha affrontato in profondità e a diversi livelli il rapporto tra musica e
matematica è stata la cosiddetta civiltà ellenica, sviluppatasi principalmente in Grecia e in
Italia meridionale dal VI a tutto il IV secolo a.C., in particolare con la scuola pitagorica
(Pitagora, Filolao, Archita, Eudosso) e le sue derivazioni platoniche e i suoi critici di scuola
aristotelica (Teofrasto, Aristosseno).
Tale indagine era indissolubilmente collegata a quella sui problemi dell’ethos musicale:
per i greci la techné mousiké, intesa come unione di parola, melodia e danza, era la più
efficace di tutte le arti per l’educazione dell’uomo, riuscendo ad agire emozionalmente in
senso positivo o negativo sul suo animo era in grado di predisporlo all’apprendimento
di altre discipline. Tutto questo ha poi continuato a svilupparsi nel corso dell’ellenismo,
1
Composto da πεντα, pron. penta,
vuol dire cinque e gramma, ovvero linea.
93
CAPITOLO 1 LE ORIGINI DELLA FILOSOFIA
sia nella sua fase greca (Euclide, Eratostene, Didimo, Filodemo), dal 323 a.C., anno della
morte di Alessandro Magno, al 31 a.C., anno della conquista romana dell’Egitto, sia nella
sua fase greco-romana (Aristide Quintiliano, Nicomaco di Gerasa, Tolomeo, Gaudentius,
Boezio), dal 31 a.C. al 529 d.C., anno in cui l’imperatore Giustiniano nella sua campagna
di persecuzione dei pagani ordinò la chiusura dell’Accademia Platonica di Atene.
Dopo una fase di latenza nel corso del Medioevo cristiano, l’interesse per questo tema è
nuovamente esploso nel primo Rinascimento europeo, da parte di teorici (Marsilio Ficino,
Franchino Gaffurio, Gioseffo Zarlino, Vincenzo Galilei, etc.) ma anche di artisti come Leon
Battista Alberti, Leonardo da Vinci e Filippo Brunelleschi, finendo poi per contribuire
alla ricerca scientifica stimolando in forme diverse l’immaginazione di Keplero, Mersenne,
Galileo, Stevino, Cartesio, Huygens, Hooke, Leibniz, Newton, lungo tutto il corso della
Rivoluzione Scientifica, a partire dalla metà del XVI secolo alla fine del XVII.
Nel secolo dei Lumi il tema divenne più che altro elemento di dibattito su questioni astratte1
quali: cos’è l’arte? cosa s’intende per naturale? E così via. Ma la ricerca di connessioni profonde tra musica e matematica, e più in generale con il sapere nelle sue varie articolazioni,
iniziò a declinare fortemente in seguito al farsi strada di una visione ‘pragmatico-strumentale’
della scienza e della cultura. Elementi di rinnovato interesse e nuovi contributi sono emersi
nel XX secolo, anche in connessione con la comparsa di strumenti di sintesi elettronica
del suono, e continuano ad emergere in quello attuale, sebbene inevitabilmente confinati
nell’ambito di dipartimenti specializzati e settori disciplinari di vario tipo.
CONSONANZE MUSICALI
Nell’introduzione della Sectio Canonis, attribuita a Euclide, si legge: “E delle note sappiamo
che alcune sono consonanti, altre dissonanti, le consonanti producendo una sola fusione
del suono da entrambe, le dissonanti no. Stando così le cose, è ragionevole che le note
consonanti, dal momento che producono una sola fusione del suono da entrambe, siano
annoverate tra quelle che sono correlate tra loro numericamente in un solo nome:
che siano cioè i multipli e i superparticolari”.
Per “consonanza”, in musica, si intende la virtù propria di alcuni intervalli e accordi
(diversi a seconda delle epoche e delle civiltà – per esempio l’ottava, la quinta e la quarta
per i pitagorici) di produrre, con la fusione apparente dei loro suoni (la krasis dei Greci), una sensazione di affermazione, di consenso, di riposo, cui si contrappone quella
di insoddisfazione e di tendenza al movimento prodotta dalla
“dissonanza”(risultato di intervalli di seconda o settima o di accordi alterati).
Dal punto di vista fisico finì per accreditarsi l’elementare distinzione secondo cui la c. è
deter minata da suoni le cui relazioni di altezza sono espresse da rapporti semplici entro i primi sei numeri cardinali (1,2,3,4,5,6) o da loro raddoppi: che è come dire dai primi sei suoni della serie armonica o da loro ottave.
94
CAPITOLO 1 LE ORIGINI DELLA FILOSOFIA
Dissonanti in quanto tali e in quanto tendenti a risolversi nel tempo in consonanti continuarono a essere considerati gli intervalli di seconda e settima, eccedenti e diminuiti.
Le combinazioni bifoniche consonanti sono le seguenti: esposte in ordine statistico di
decrescente effetto (...) unisono (...), ottava (...), quinta giusta (...), quarta giusta (...), terza
maggiore (...), sesta minore (...), terza minore (...), sesta maggiore (...). Tutte le altrecombinazioni sono, sempre per la teoria della tecnica elementare della musica, dissonanti.”.
Ricordo qui brevemente gli inter valli che contempla la musica occidentale.
L’unisono è prodotto da due o più suoni simultanei di uguale altezza.
Seconda è un intervallo tra due gradi congiunti della scala, formato da un semitono diatonico (seconda minore, es: mi-fa) o un tono intero (seconda maggiore, es: do-re), e quando l’intervallo fra le due note sale a tre semitoni, con l’alterazione di uno dei due suoni, si chiama seconda aumentata (es: fa-sol diesis).
Terza è l’intervallo formato di due toni (terza maggiore, es: do-mi), o di un tono e un
semitono diatonico (terzaminore: es. do-mi bemolle), o di due semitoni diatonici (terza
diminuita, es: do diesis-mi bemolle), o di due toni e un semitono cromatico (terza aumentata, es: do-mi diesis).
Quartaè un intervallo di quattro note della scala e può essere giusta (di tre toni e un semitono, es: do-fa), eccedente o aumentata (di tre toni, es: fa-si), diminuita (di due semitoni
e un tono, es: do diesis-fa).
Quinta comprende cinque note e sue varietà sono, allo stesso modo, la quinta giusta (tre
toni e un semitono, es: do-sol - per intervalli di quinte giuste sono intonate le corde del
violino, della viola e del violoncello), la quinta diminuita (due toni e due semitoni, es: dosol bemolle) e la quinta aumentata (quattro toni, es: do-sol diesis).
Sesta è l’intervallo di sei gradi, che nella scala diatonica può essere maggiore (quattro toni e
un semitono, es: do-la),ominore (tre toni e due semitoni, es: do-la bemolle); se l’ampiezza
della sesta maggiore aumenta di un semitono (es: do-la diesis) la sesta si chiama aumentata,
se decresce di un semitono prende il nome di sesta diminuita (es: do diesis-la bemolle).
Settima è un intervallo di sette gradi e si distingue in settima maggiore (cinque toni e
un semitono, es: do-si), settima minore (quattro toni e due semitoni, es: do-si bemolle),
settima aumentata.
95
CAPITOLO 1 LE ORIGINI DELLA FILOSOFIA
SCHEDA 2/2
Lessico dei Presocratici
1. Principio/Arché: “ciò di cui tutti gli esseri sono costituiti, ciò da cui derivano originariamente e ciò in cui si risolvono da ultimo” (AR.,Metafisica I,3.983b).
L’affermazione di Talete che l’acqua è l’origine da cui derivano tutte le cose è la prima
proposizione filosofica perché con essa il pensiero umano passa dal mito al logos, dalle
raffigurazioni fantastiche alle motivazioni di pura ragione, dal racconto suggestivo all’argomentazione criticabile senza perdere di vista l’orizzonte della totalità, es. TALETE.
2. Logos: da leghein (mettere insieme) ed esprime l’operazione che il pensiero compie
nell’affrontare le cose, ossia le collega sulla base di un ordine oggettivo che sussiste nelle
cose stesse.
In Eraclito è la regola seconda cui si realizzano tutte le cose, la legge che è comune a tutte
e le governa. Il collegamento tra le osservazioni empiriche e l’ordine mentale in base ad
una regola razionale trasforma il logos in principio della scienza, es. ERACLITO.
3. Kosmos: significa “ordine” ed è il termine usato dai Pitagorici per indicare l’universo
che cessa di essere dominato da forze oscure e diventa trasparente all’intelligenza in base
alla loro concezione del numero come principio armonizzatore di tutti gli elementi.
Con la filosofia pitagorica l’uomo greco passa dal caos di Esiodo al kosmos di Pitagora,
perché il numero è garanzia di ordine, razionalità, conoscibilità, permeabilità al pensiero.
Per Filolao è garanzia di verità e giustizia, es. PITAGORA e FILOLAO.
4. Physis: la parola greca physis appartiene alla radice phyo, dal greco “genero”, “cresco”: il
termine physis indica pertanto la totalità delle cose che esistono, che nascono, che vivono
e che muoiono.
Physis indicava dunque per i presocratici l’essenza ultima, la realtà fondante che sta alla
base di tutte le trasformazioni in natura, il divenire nel mondo con il suo ordine e le sue
leggi, il principio dell’essere e della vita di tutte le cose, che fonda sia la specificità di ciascuno sia l’unità dell’insieme.
Il concetto di physis si è imposto come fondamentale tra i Presocratici tanto che la maggior parte dei loro scritti sono stati intitolati Sulla natura. Aristotele afferma (Met. V, 4)
che tale concetto fu creato proprio da loro per cui vennero chiamati Fisici, ritenendolo il
principio dell’essere e della vita di tutte le cose es. ANASSIMENE.
96
CAPITOLO 1 LE ORIGINI DELLA FILOSOFIA
5. Psyché: da soffio vitale e fantasma in Omero a demone/essere divino negli Orfici, nei
Presocratici, a cominciare da Talete, è collegata al principio primo della physis e ne assume
alcune caratteristiche, tra le quali, nei Pitagorici, l’immortalità e il ritorno al divino da cui
ha avuto origine. Eraclito e Anassagora la collegano all’intelligenza.
Diogene di Apollonia, per collegare l’anima con l’intelligenza e la natura, la identifica con
l’aria come realtà intelligente o sua emanazione materiale, es. EMPEDOCLE.
6. Essere: negli Eleati è l’assoluto positivo libero da qualsiasi negatività, considerato
ingenerato, incorruttibile, immutabile, immobile, uguale, indivisibile, uno. È identico al
pensabile ed ha significato univoco, per cui devono essere negati divenire e molteplicità
nelle formulazioni polemiche di Zenone e Melisso.
I Fisici pluralisti cercano di conservare la forza dei ragionamenti degli Eleati sull’essere,
ma anche di argomentare razionalmente sull’evidenza dell’esperienza, es. PARMENIDE.
7. Uno: esprime il vertice dell’intelligibilità e della realtà, si impone al logos per Eraclito,
è identico a Dio per Senofane e all’essere per Melisso.
Nella filosofia greca la maggior attenzione non è dedicata all’ontologia o metafisica dell’essere (Parmenide, Aristotele), ma all’henologia o metafisica dell’uno (Melisso, Platone,
Neopitagorici e Neoplatonici), es. SENOFANE.
8. Nous: Il termine ha una vasta gamma di significati oltre a quelli attuali in ambito gnoseologico e psicologico, anzi a loro fondamento sta il significato metafisico a volte identico
a quello cosmologico con forti implicanze etiche e religiose.
In alcuni presocratici indica sia l’intelletto dell’uomo sia l’intelletto ordinatore del cosmo,
per Senofane corrisponde al Dio unico, per Anassagora alla causa del cosmo, realtà fisica,
ma infinita, indipendente e non mescolata alle altre, es. ANASSAGORA.
9. Incorporeo: il termine asòmatos è usato da Anassimene per esprimere la superiorità
dell’aria infinita rispetto a tutto il resto, ossia un infinito in senso fisico.
In ambito mitologico si attribuisce ad Orfeo la concezione di un “dio incorporeo” che va
inteso come indefinibile perché può assumere innumerevoli forme fisiche.
Secondo Melisso è una caratteristica dell’essere in quanto unico per escludere divisioni al
suo interno, es. MELISSO.
10. Infinito: il termine àpeiron ha un ruolo positivo nei presocratici orientali e negativo in
quelli occidentali: per Anassimandro è il principio primo, per i Pitagorici è l’indeterminato
e svolge un ruolo negativo, per Anassimene, Anassagora e gli Atomisti è l’inesauribile e
svolge un ruolo positivo, es. ANASSIMANDRO.
97
2. I PRESOCRATICI
Il Logos, quindi, può essere riferito:
• alla Parola: indispensabile per esprimere concetti;
• al Discorso: un insieme di parole legate tra loro in maniera logica;
• alla Ragione: mediante la quale si può comprendere la realtà che viene così espressa
tramite il discorso; comprendere il Logos universale è difficile ma non impossibile:
l’uomo può comprenderlo usando la ragione che costituisce il frammento di logos
a sua disposizione, insito dentro di lui.33 Tutti gli uomini sono dotati di ragione
(framm.113), tutti, quindi, partono dallo stesso livello ma solo quelli svegli o desti
riescono ad avvicinarsi, a differenza dei dormienti”. La ragione, facoltà conoscitiva
suprema, ci mette in contatto con la logica, la razionalità presente nelle cose, ci
permette di coglierle nella loro oggettività.
• all’Essere: in tal caso indica la legge che regola tutto ciò che accade, il principio
dell’armonia dei contrari “Nessuna cosa avviene per caso ma tutto secondo logos e
necessità”, Leucippo fr. 2. L’intera realtà, dunque, è governata da un solo principio
(lo avevano detto anche i Milesi) al quale tutto è collegato.
s
Il Logos è eterno, universale, trascendente. Essendo anche immanente è presente in
tutti gli uomini indistintamente.34
Il Logos
è Ordine – Ragione - Discorso
Al Logos si accede tramite la sapienza
È comprensibile solo ai desti ossia ai filosofi
Si oppone a Caos aggregato di elementi
informe
Il suo simbolo è il fuoco:
dinamico, inafferrabile, distruttore
33 Anche per i Cristiani è presente in ogni uomo un frammento divino chiamano anima.
Lo stesso corpo viene considerato “tempio di Dio”: “Non sapete che il vostro corpo è
tempio dello Spirito Santo?” San Paolo, Prima Lettera ai Corinzi.
34 Anche per i cristiani Dio è trascendente e immanente.
98
LA RICERCA DEL PRINCIPIO NELLA NATURA
Svegli e dormienti
Il logos cosmico, tramite la ragione, è comune a tutti gli uomini. I desti, cioé coloro che sanno cogliere il
senso intrinseco delle cose, di comprendere le leggi autentiche del mondo circostante e, quindi, di capire
insieme la realtà, sono i filosofi. Questi sanno indagare a fondo la loro anima, che, essendo illimitata,
offre all’interrogando la possibilità di una ricerca altrettanto infinita.
Rispetto a tutte le altre una sola cosa preferiscono i migliori: la gloria eterna rispetto alle cose caduche.
I desti
«Gli uomini migliori preferiscono una sola cosa a tutte le altre, ossia la gloria eterna alle cose
mortali; i più, invece, amano saziarsi come le bestie».
Diels-Kranz 29.
Dai frammenti 113 e 116 si rileva che la possibilità della evoluzione dell’individuo non viene aristocraticamente negata da Eraclito ma viene ritenuta possibile a condizione che l’uomo si dedichi allo studio
senza tralasciare alcun aspetto della ricerca cognitiva .
Tale studio non deve ridursi all’erudizione o al nozionismo ma deve mirare alla sapienza che consente
di comprendere la ragione per cui tutto è governato attraverso il tutto.
Nei frammenti 41, 108 espone il suo concetto di sapienza che è diverso dal concetto di erudizione o nozionismo poiché questi non insegnano all’intelletto la capacità di andare al di là di una conoscenza vasta
ma superficiale. Esiodo, Pitagora, Senofane e Ecateo sono ritenuti eruditi ma non sapienti [framm. 42].
I desti sono pochissimi rispetto alla moltitudine dei dormienti che si affidano alle altre facoltà e attitudini
umane: i sensi, il sentimento, le passioni, gli istinti che, a differenza della Ragione, sono soggettivi, portano
a divergenze e particolarismi, fanno apparire diversi da individuo a individuo le varie situazioni, i vari
aspetti della realtà, non sono in grado o non hanno voglia di comprendere il Logos.35.
L’individuo si
evolve tramite lo studio
I dormienti
Panta rei - Il divenire e l’armonia dei contrari
La caratteristica principale della realtà, il principio di ogni cosa, è il divenire. Ogni cosa è soggetta al
tempo e si trasforma incessantemente. Ciò che all’apparenza sembra statico è in realtà dinamico.
Mentre l’Essere, come insegnano le Upanishad e i Brahmana, non nasce e non diviene, perché è la sostanza
continua, la realtà è in continuo divenire attraverso le sue manifestazioni apparenti.
Il sole è nuovo ogni giorno
Il principio di
ogni cosa è il
divenire
Diels-Kranz, 6
La realtà è come un fiume in cui non ci si può bagnare due volte nella stessa acqua.
“Non si può discendere due volte nel medesimo fiume e non si può toccare due volte una sostanza
mortale nel medesimo stato, ma a causa dell’impetuosità e della velocità del mutamento essa si
disperde e si raccoglie, viene e va”.
Diels-Kranz, 91
Ogni cambiamento, infatti, appartiene solo al mondo dei fenomeni: Questa osservazione è certamente
limitata in quanto si potrebbe obiettare facilmente: se tutto è in continuo divenire, le nostre sensazioni
non variano da un momento all’altro rendendo impossibile un’esperienza attendibile?
35 “In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini… venne fra la sua gente, ma i suoi
non l’hanno accolto. A quanti però l’hanno accolto, ha dato potere di diventare figli di Dio
(Giovanni, Vangelo, prologo):...
Ogni cambiamento
appartiene
al mondo dei
fenomeni
99
2. I PRESOCRATICI
Il divenire si
manifesta nei
contrari
Il divenire si manifesta come continuo presentarsi di contrari: ogni cosa tende a trasformarsi nel suo
opposto, il giorno in notte, la veglia in sonno, il giovane in vecchio.
Pur opponendosi, i contrari, si equilibrano a vicenda. Ogni cosa esiste solo in relazione al suo contrario
ed è comprensibile solo se la rapportiamo al suo contrario.
La realtà è una guerra continua tra opposti. Lo stesso piacere della vita è inseparabile dal dolore. Il principio che genera tutte le cose è il conflitto, la lotta tra i contrari.
Se uno dovesse prevalere sull’altro anche il primo cesserebbe di esistere. Se il giorno prevalesse sulla
notte non si avrebbe pià il loro alternarsi.
La legge che governa la realtà, quindi, è data dall’armonia dei contrari. Il contrasto e l’armonia di forze
contrastanti è alla base di tutta la realtà:
Polemos è padre di tutte le cose
Diels-Kranz, 53
Il Fuoco
Il Fuoco è il
simbolo del
Logos
Il simbolo del Logos è il fuoco. Non si tratta del fuoco che consuma, divora e tutto distrugge ma di un
qualcosa di etereo, dinamico e inafferrabile, una specie di materia prima del calore che, in quanto tale,
è in tutti noi esseri viventi.
Il fuoco, quindi, inteso anche come luce, calore, materia evanescente.
Sulla soglia della celebre baita di Martin Heidegger nella Selva Nera, vi è inciso un detto di Eraclito: “Il
fulmine governa ogni cosa”.
Non si tratta, ovviamente, del fulmine di Giove, che scaglia i suoi dardi per dominare gli eventi del mondo.
Eraclito odia la mitologia e, ricordiamolo, ormai siamo in cammino verso il lògos.
Il fulmine simboleggia la forza improvvisa, illuminante.
Bisogna tener presente, inoltre, che per i Greci calore e fuoco erano strettamente connessi tra loro.
Il dinamismo
del fuoco
Il logos è
all’interno di
ogni uomo
100
Il fuoco è animato da un vorticoso dinamismo, cambia in ogni istante, ma, pur in questo continuo mutamento, resta lo stesso e si presta quindi a indicare la compresenza di unità e pluralità della realtà. Il fuoco
è uno e multiplo, è se stesso e ad ogni istante è diverso da sé.
Tale principio fisico individuato da Eraclito (cfr. i frammenti 14, 30, 31, 65, 66, 67, 76, 90) è affine, in
qualche modo, all’arché dei filosofi di Mileto. Esso va inteso come una componente essenziale del logos,
una sorta di paradigma fenomenico.
Se il simbolo del Logos è il fuoco ne deriva che il logos interno a ogni uomo, che i cristiani chiamano
anima, è anch’esso fatto di fuoco nel senso appena precisato.
Il dualismo anima-corpo ebbe già spazio nell’orfismo ma certamente si ricollega ai sapienti che facevano
della divisibilità dell’anima dal corpo e della sua esistenza superiore - durante l’estasi della separazione una cosa ampiamente dimostrata.
Questo dualismo si ritrova nella filosofia greca classica e sarà sublimato poi in particolare da Platone.
LA RICERCA DEL PRINCIPIO NELLA NATURA
2. Pensieri sparsi
Aristocratico convinto, esprime giudizi politicamente sprezzanti nei riguardi dei propri
concittadini (cfr. fr. 121 e 125a), rei d’aver cacciato dopo una rivolta democratica l’amico
Ermodoro:
Gli Efesii dovrebbero impiccarsi tutti, gli adulti, e lasciare la città ai fanciulli, essi che cacciarono via
Ermodoro, tra di loro il più utile alla città, e dissero: “Tra di noi non ci sia uno migliore. O se c’è, lo
sia altrove e tra altri.”
A. Tonelli, Dell’Origine, Fr.54, Feltrinelli 1993.
Nel fr. 49 riprende con veemenza la concezione della società che non tiene conto
dell’unicità dell’individuo, soprattutto se questi si eleva sugli altri grazie al possesso di
un patrimonio sapienziale. Tramite tale saggezza il singolo raggiunge un’autonomia
razionale e morale che inevitabilmente lo distingue dalla massa confusa e anonima.
Sintesi - Filofofia di Eraclito
Le sue più importanti polemiche:
1) contro i presunti sapienti : pensare è ciò che in tutti è comune, perciò bisogna saper usare
bene l’intelletto. Polymathia (letteralmente: sapere molte cose) è cosa ben diversa dalla
Phronesys (letteralmente: saggezza).
Contro i presunti sapient
2) contro i dormienti: “cattivi testimoni sono agli uomini gli occhi e gli orecchi, se hanno anime da
barbari”. Il principale errore degli uomini è affidarsi solo ai sensi.
Contro i
dormienti
3) contro la filosofia di Mileto: i Milesii credevano di poter cogliere l’archè interrogando
direttamente la natura. Operavano per generalizzazioni empiriche. Invece, la Natura va
indagata al di là della sua evidenza più esteriore.
Contro la
filosofia di
Mileto
Eraclito è il primo a contrapporre esplicitamente Riflessione razionale/Esperienza dei
sensi.
Riflessione/
Esperienza
sensi
Nella sua filosofia viene data totale e assoluta centralità al logos (parola, discorso, legame, relazione).
Centralità al
logos
Il suo pensiero è anche noto come mobilismo o filosofia del flusso. La realtà è immersa in un
processo di continue trasformazioni che fanno passare le cose l’una nell’altra (panta rei
– tutto scorre: detto che, in verità, sarebbe più appropriato attribuire ai suoi discepoli).
Filosofia del
flusso
I due simboli della sua concezione filosofica sono il fuoco e il fiume.
101
2. I PRESOCRATICI
Polemos
Il gioco dei
contrari
Polemos (conflitto) è piuttosto il vero nucleo del pensiero di Eraclito, che ha insistito
molto sul conflitto come Giustizia cosmica.
Il conflitto è padre di tutte le cose e di tutte le cose è re”.
Il “gioco di contrari” garantisce la continuità del mondo: infatti, i contrari non si combattono per annullarsi l’un l’altro, ma hanno piuttosto bisogno l’uno dell’altro per esistere.
Bisogna spegnere la prevaricazione più che un incendio.
L’ audacia speculativa della filosofia di Eraclito è senza precedenti.
Per lui, l’equilibrio cosmico è dato da un sottile bilanciamento tra le forze, percepibile
solo tramite l’attività del NOUS (intelletto) e il NOEIN (pensare).
Il principio
universale è
praticamente
la relazione
Prima
riflessione
introspettiva
La filosofia
impegnata
Allo sguardo esteriore si deve sostituire lo sguardo interiore, della mente, per rendersi
conto che la RELAZIONE è il principio universale di tutte le cose: i contrari si danno
infatti in compresenza (2 forze opposte che coesistono nel medesimo oggetto ex arco);
oppure in successione (2 forze contrarie che divengono l’una nell’altra ex giovane che
diviene vecchio). Solo l’intelletto può scorgere questa intima logica razionale soggiacente
il continuo divenire.
Eraclito è innovativo anche perché fu il primo a dire di aver indagato se stesso: si tratta
della prima riflessione introspettiva perché analizza la coscienza individuale.
Gli uomini non devono lasciarsi guidare dai propri desideri, dalle proprie voglie, ma
dalla ragione (logos).
Eraclito affascina ancora oggi per la sua concezione appassionata della filosofia della
natura, chiamata a liberare “i dormienti” (gli uomini comuni) dai pregiudizi, dalle visioni
superficiali, dalle opinioni fuorvianti e dai falsi desideri: esempio di filosofia impegnata.
In sintesi
1. Eraclito distingue tra Svegli e Dormienti.
2. I primi sono i filosofi, i secondi quelli che non pensano con la propria testa e vivono
come in sogno.
3. Scopo della filosofia è cogliere il Logos nascosto che consente di comprendere la
realtà. Solo i filosofi sono capaci di questo.
4. Per cogliere il Logos occorre andare al di là dell’ apparenza delle cose e cogliere con
gli occhi della ragione il logos nascosto.
102
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