Volume ViII N˚ 1/2016 Organo ufficiale SIGENP Periodico trimestrale - Poste Italiane SpA - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 conv. in L. 27/02/2004 n. 46 art. 1, comma 1, DCB Pisa Aut. Trib. di Milano n. 208 del 29-04-2009 - marzo - Finito di stampare presso IGP - Pisa, Aprile 2016 TOPIC HIGHLIGHT PEDIATRIC NUTRITION & HEALTH AND FOOD SCIENCE NEWS IN PEDIATRIC GASTROENTerology PHARMACOLOGY IBD highlights GUIDELINES: WHAT IS THE BEST FOR CLINICAL PRACTICE Epigenetica, programming fetale e malattie dell’età adulta Paralisi cerebrale infantile: la valutazione nutrizionale Terapia cognitivo-comportamentale nei disturbi funzionali gastrointestinali L’ecografia nelle malattie infiammatorie croniche intestinali Infezione da Helicobacter pylori nel bambino: linee guida ESPGHAN e NASPGHAN ISSN 2282-2453 Volume ViII - N˚ 1/2016 - Trimestrale Consiglio Direttivo SIGENP Presidente Carlo Catassi Vice-Presidente Claudio Romano Segretario Maria Elena Lionetti Tesoriere Renata Auricchio Consiglieri Antonella Diamanti, Erasmo Miele, Licia Pensabene Direttore Responsabile Patrizia Alma Pacini Responsabile Commissione Editoria Claudio Romano · [email protected] Direttore Editoriale Mariella Baldassarre · [email protected] Capo Redattore Francesco Cirillo · [email protected] Assistenti di Redazione Giulia Medicamento · [email protected] Pietro Drimaco · [email protected] Comitato di Redazione Salvatore Accomando · [email protected] Barbara Bizzarri · [email protected] Osvaldo Borrelli · [email protected] Teresa Capriati · [email protected] Fortunata Civitelli · [email protected] Antonella Diamanti · [email protected] Antonio Di Mauro · [email protected] Monica Paci · [email protected] Salvatore Oliva · [email protected] © Copyright 2016 by Pacini Editore Srl · Pisa Edizione Pacini Editore Srl, Via Gherardesca 1 · 56121 Pisa Tel. 050 313011 · Fax 050 3130300 [email protected] · www.pacinimedicina.it Marketing Dept Pacini Editore Medicina Andrea Tognelli Medical Project - Marketing Director Tel. 050 3130255 · [email protected] · twitter @andreatognelli Fabio Poponcini Sales Manager Tel. 050 3130218 · [email protected] Alessandra Crosato Junior Sales Manager Tel. 050 3130239 · [email protected] Manuela Mori Customer Relationship Manager Tel. 050 3130217 · [email protected] Redazione Lisa Andreazzi - Tel. 050 3130285 · [email protected] Segreteria scientifica Valentina Bàrberi - Tel. 050 3130376 · [email protected] Progetto grafico e impaginazione Massimo Arcidiacono - Tel. 050 3130231 · [email protected] Stampa Industrie Grafiche Pacini · Pisa Rivista stampata su carta TCF (Total Chlorine Free) e verniciata idro. L’editore resta a disposizione degli aventi diritto con i quali non è stato possibile comunicare e per le eventuali omissioni. Le fotocopie per uso personale del lettore possono essere effettuate nei limiti del 15% di ciascun fascicolo di periodico dietro pagamento alla SIAE del compenso previsto dall’art. 68, commi 4 e 5, della legge 22 aprile 1941 n. 633. Le riproduzioni effettuate per finalità di carattere professionale, economico o commerciale o comunque per uso diverso da quello personale possono essere effettuate a seguito di specifica autorizzazione rilasciata da AIDRO, Corso di Porta Romana n. 108, Milano 20122, [email protected], http://www.aidro.org. I dati relativi agli abbonati sono trattati nel rispetto delle disposizioni contenute nel D.Lgs. del 30 giugno 2003 n. 196 a mezzo di elaboratori elettronici ad opera di soggetti appositamente incaricati. I dati sono utilizzati dall’editore per la spedizione della presente pubblicazione. Ai sensi dell’articolo 7 del D.Lgs. 196/2003, in qualsiasi momento è possibile consultare, modificare o cancellare i dati o opporsi al loro utilizzo scrivendo al Titolare del Trattamento: Pacini Editore Srl - Via A. Gherardesca 1 - 56121 Pisa. Sommario 1 EDITORIALE M. Baldassarre 2 TOPIC HIGHLIGHT Epigenetica, programming fetale e malattie dell’età adulta: cosa possiamo cambiare di noi stessi? Intervista al Prof. Robert Lane Epigenetics, fetal programming, and adult onset disease: interview to Prof. Robert Lane 4 CLINICAL SYSTEMATIC REVIEW I FODMAPs nella sindrome del colon irritabile FODMAPs in irritable bowel syndrome Seguici sulla pagina dedicata www.facebook.com/giornalesigenp E. Scarpato, R. Troncone 7 PEDIATRIC HEPATOLOGY Le malformazioni vascolari del fegato Hepatic vascular malformations S. Franchi-Abella, E. Gonzales, F. Guérin 14 PEDIATRIC NUTRITION & HEALTH AND FOOD SCIENCE Paralisi cerebrale infantile: la valutazione nutrizionale Children with cerebral palsy: the nutritional assessment D. Giorgio, D. Elia, D. Marino, F. Romano, T. Capriati, A. Diamanti 18 IBD HIGHLIGHTS L’ecografia nelle malattie infiammatorie croniche intestinali: quanto è utile? Ultrasonography in inflammatory bowel diseases: a world to discover F. Furfaro, F. Civitelli, G. Maconi 25 NEWS IN PEDIATRIC GASTROENTEROLOGY PHARMACOLOGY Terapia cognitivo-comportamentale e ipnoterapia nei disturbi funzionali gastrointestinali Cognitive behavioural therapy and hypnotherapy in functional gastrointestinal disorders Segreteria SIGENP Biomedia srl Via Libero Temolo, 4 - 20126 Milano Tel. 02 45498282 int. 215 - Fax 02 45498199 E-mail: [email protected] COME SI DIVENTA SOCI DELLA L. Barkley 29 CASE REPORT Un caso anomalo di allergia alimentare (AA), a metà tra sindrome della enterocolite allergica (SEA) e AA IgE-mediata An unusual case of food allergy, between FPIES and IgE-mediated food allergy S. Monaco, S. Miceli Sopo 31 ENDOSCOPY LEARNING LIBRARY La preparazione intestinale in età pediatrica Bowel preparation in pediatric age D. Vezzoli, G. Russo, S. Oliva 34 TRAINING AND EDUCATIONAL CORNER Manometria ad alta risoluzione High resolution manometry G. Pagliaro, O. Borrelli 38 GUIDELINES: WHAT IS THE BEST FOR CLINICAL PRACTICE Diagnosi e gestione dell’infezione da Helicobacter pylori nel bambino: le indicazioni “evidence based” delle Linee guida ESPGHAN e NASPGHAN Evidence based guidelines for diagnosis and management of Helicobacter pylori infection in children T. Capriati, C. De Giacomo L’iscrizione alla SIGENP come Socio è riservata a coloro (medici/ ricercatori) che dimostrano interesse nel campo della Gastroenterologia, Epatologia e Nutrizione Pediatrica. I candidati alla posizione di Soci SIGENP devono compilare una apposita scheda con acclusa firma di 2 Soci presentatori. I candidati devono anche accludere un curriculum vitae che dimostri interesse nel campo della Gastroenterologia, Epatologia e Nutrizione Pediatrica. In seguito ad accettazione della presente domanda da parte del Consiglio Direttivo SIGENP, si riceverà conferma di ammissione ed indicazioni per regolarizzare il pagamento della quota associativa SIGENP. Soci ordinari e aderenti • € 50,00 quota associativa annuale SIGENP senza abbonamento DLD • € 90,00 quota associativa annuale SIGENP con abbonamento DLD Soci junior (età non superiore a 35 anni) • € 30,00 Quota associativa annuale SIGENP con DLD on-line Per chi è interessato la scheda di iscrizione è disponibile sul portale SIGENP www.sigenp.org Editoriale Carissimi, buon anno! So bene che il 2016 è cominciato già da un po’, ma questo è il primo numero del nuovo anno, e quindi è d’obbligo sottolinearne l’inizio… Il 2015 è stato un anno ricco di novità. È nato infatti il sito web del nostro giornale (www. giornalesigenp.it) e abbiamo creato la pagina Facebook (giornale Sigenp), per favorirne la visibilità e creare la possibilità di interagire con gli appassionati di social network. Abbiamo cercato di “tirare i bilanci” per quanto abbiamo ideato, nell’ottica di una sempre maggiore condivisione di idee. Ci sono state oltre 2300 visualizzazioni del sito web del giornale. Ci sono stati molti visitatori del numero appena pubblicato ma anche dell’archivio, dove è possibile visionare i numeri precedenti. La percentuale di “returning visitor”, ovvero di utenti tornati più volte a visitare il sito, è stata del 73,3%, e anche questo mi sembra un ottimo risultato. I nostri obiettivi per l’anno in corso sono rappresentati dalla “indicizzazione” del giornale e dall’apertura del profilo Twitter, per implementare ulteriormente i social network. Uno dei nostri maggiori desideri, infatti, è che sempre più giovani siano coinvolti nella partecipazione al giornale. Per questo motivo, dal prossimo numero, nella rubrica “Clinical Case Report”, il caso clinico sarà sviluppato da un giovane specializzando, guidato dal nuovo curatore della rubrica, il dr. Antonio Di Mauro, dottorando di ricerca a Bari. Abbiamo cercato, gli amici della redazione e io, di costruire anche per quest’anno, attraverso gli argomenti che vi proporremo, un percorso scientifico che possa guidarci a una conoscenza sempre più approfondita di tanti temi della gastroenterologia, epatologia e nutrizione pediatrica. Si inizia in questo primo numero con l’intervista a Robert Lane (Wisconsin, USA) su “Epigenetica, programming fetale e malattie dell’età adulta”. Leggerete anche altri due contributi da autori stranieri: Stephanie Franchi-Abella (Parigi), radiologa, ci descrive le malformazioni vascolari del fegato e Lisa Barkley (Londra), psicologa, ci offre la possibilità di conoscere l’approccio biopsicosociale ai disturbi funzionali gastrointestinali, basato su terapia cognitivo-comportamentale e ipnosi. Elena Scarpato e Riccardo Troncone (Napoli) ci parlano del ruolo dei FODMAPs nella sindrome del colon irritabile, mentre Giovanni Maconi (Milano) e Fortunata Civitelli (Roma) ci istruiscono sull’utilità dell’ecografia nelle malattie infiammatorie croniche intestinali nell’adulto e nel bambino. Le Linee guida sono dedicate all’infezione da Helicobacter pylori, descritte magistralmente da Costantino De Giacomo (Milano) e Teresa Capriati (Roma). Salvatore Oliva (Roma) ci parla di appropriatezza nella preparazione per la colonscopia in età pediatrica, riferendosi nel suo articolo alle raccomandazioni della North American Society for Pediatric Gastroenterology, Hepatology and Nutrition (NASPGHAN). Giuseppe Pagliaro (Parma) e Osvaldo Borrelli (Londra) ci descrivono le applicazioni cliniche della manometria ad alta risoluzione. Antonella Diamanti (Roma) nella sua rubrica affronta il difficile e delicato argomento riguardante le problematiche nutrizionali del bambino neurologico. Il caso clinico è presentato da Stefano Miceli-Sopo, e sono sicura che vi intrigherà moltissimo. Lasciatemi dire un’ultima parola sul Forum dei giovani ricercatori, che anche quest’anno si terrà a Roma, e che per volontà del Presidente, Carlo Catassi, e del Direttivo della SIGENP, sarà animato da gran parte della redazione, sempre nell’ottica e nel desiderio di coinvolgere i più giovani nel diventare soggetti attivi del nostro giornale con la proposta di contributi, casi clinici ecc. Vi aspettiamo sul sito del giornale, su Facebook e, a breve, su Twitter. Giorn Gastr Epatol Nutr Ped 2016;VIII:1 1 TOPIC HIGHLIGHT a cura di Mariella Baldassarre Epigenetica, programming fetale e malattie dell’età adulta: cosa possiamo cambiare di noi stessi? Intervista al Prof. Robert Lane Epigenetics, fetal programming, and adult onset disease: interview to Prof. Robert Lane Il Prof. Robert Lane si è laureato in Medicina e specializzato in Pediatria alla “Northwestern University Medical School” di Chicago. Dal 2013 è Direttore del Dipartimento di Pediatria del “Children’s Hospital” e professore di Pediatria del “Medical College” di Milwaukee (Wisconsin, USA). Nel 2003 ha pubblicato il suo primo articolo sui rapporti tra eventi perinatali ed epigenetica, dimostrandone per primo la correlazione. Key words Epigenetics • Programming • Early nutrition • Adult disease Abstract The main factors influencing phenotype are genetics, family’s history, and own history, particularly as it relates to the environment. Evidence does exist that offspring programming can be triggered by environmental events during late pregnancy, early childhood and adolescence, as well as in adulthood. Epigenetics determines what genes are expressed, when they are expressed, and for how long they are expressed. Indirizzo per la corrispondenza Robert H. Lane The Barri L. and David J. Drury Chair in Pediatrics Department of Pediatrics-Medical College of Wisconsin Children’s Hospital of Wisconsin E-mail: [email protected] Presentazione Il termine “programming” (alla lettera “programmazione”) si riferisce al concetto che eventi o stimoli che si realizzino durante alcuni periodi critici dello sviluppo di un organismo possono “programmare” la sua struttura o lo sviluppo di una funzione a lungo termine. Un esempio di “programming” noto a tutti è rappresentato dalla somministrazione di acido folico durante il primo trimestre di 2 gravidanza: tale evento impedisce lo sviluppo di difetti del tubo neurale. L’epigenetica è una nuova scienza che studia quali sono i fattori in grado di modificare l’espressione genica e quindi il fenotipo. Il professor Robert Lane ha dedicato gran parte delle sue ricerche a tale argomento. Quali sono i principali fattori che influiscono sullo sviluppo o sul funzionamento di un organismo? I fattori principali che influenzano il fenotipo sono i geni, e poi anche la storia familiare e la storia personale, soprattutto per quanto riguarda l’ambiente. Non c’è dubbio che i geni siano importanti. Molti non accettano il fatto che, nonostante il 97% del genoma umano non codifichi alcun gene, queste regioni di DNA tuttavia definiscano la nostra complessità come mammiferi. Inoltre, il progetto internazionale del National Institute of Health (NIH) “ENCODE” ha evidenziato che il 90% delle comuni varianti di sequenze di DNA associate a una malattia si trova proprio in queste regioni di DNA che non codificano per alcun gene. La teoria del “Life Course Model” afferma che il nostro fenotipo e la nostra salute sono il risultato, almeno in parte, di esperienze ambientali accumulate dalla nostra famiglia e da noi stessi. I geni non si possono cambiare, mentre la storia familiare e la storia personale, legate ai micro- ed ai macro-ambienti di cui si fa esperienza, possono cambiare l’espressione genetica, con opportunità di miglioramento o peggioramento dello stato di salute di un individuo. Molte persone si sorprendono dell’importanza dell’impatto della storia familiare, soprattutto attraverso le generazioni. Prove di ciò possono essere riscontrate nei problemi di salute presenti negli Stati Uniti, associati alle disparità razziali. Qual è il periodo della vita più suscettibile per il “programming” dell’organismo umano? La maggior parte degli studiosi ritiene che il periodo più vulnerabile per il “programming” sia la fase finale della gestazione, convinzione basata su numerosi studi epidemiologici che hanno valutato l’effetto di vari fattori sul “programming” in molteplici razze e paesi del mondo. Ci sono anche studi su animali che hanno dimostrato che molti fattori nelle fasi finali della gestazione, inclusi dieta e stress materni, possono influire sul programming del feto. È stato fatto poco per valutare come altri periodi della vita agiscano in tal senso. Esistono prove che il “programming” possa essere innescato dall’ambiente nella prima infanzia e alla pubertà, così come nell’età Giorn Gastr Epatol Nutr Ped 2016;VIII:2-3; doi: 10.19208/2282-2453-101 TOPIC HIGHLIGHT Epigenetica, programming fetale e malattie dell’età adulta adulta. È ragionevole pensare che durante periodi di cambiamenti fisiologici, il corpo decida quali geni esprimere per consentire al meglio tali cambiamenti. Se l’ambiente in cui si trova in quel momento non è favorevole, il corpo potrebbe decidere di esprimere un set di geni differente da quello che attiverebbe in altro ambiente: ecco che potrebbe realizzarsi un differente “programming”. Qual è il ruolo della nutrizione precoce? La nutrizione precoce è fondamentale per quanto riguarda il “programming” fetale, ed è uno dei paradigmi più studiati nel campo delle “origini della salute legate allo sviluppo”. Un importante studio epidemiologico, spesso citato in letteratura, riguarda la carestia olandese verificatasi nel 1944. Numerosi studi epidemiologici di coorte evidenziarono un aumentato rischio di obesità, ipertensione, diabete tipo II e disturbi psicopatologici quali schizofrenia e depressione, trasmessi ai discendenti con meccanismi epigenetici, nei soggetti esposti alla carestia materna in epoca fetale, rispetto ai nati nei periodi precedenti o seguenti la carestia. L’importanza della nutrizione precoce è evidenziata anche in molti studi su animali. Sia le carenze che gli eccessi della nutrizione sono importanti, in termini di calorie totali, di calorie provenienti dai carboidrati, o di contenuto dei micronutrienti. Una volta mi fu chiesto se avesse senso, da un punto di vista evolutivo, che la nutrizione precoce fosse così importante. La persona che mi pose la domanda pensava che ciò rendesse i mammiferi molto vulnerabili fin dai primi momenti di vita. Questo è sicuramente vero, ma l’altro lato della medaglia è rappresentato dal fatto che il tipo di nutrizione rappresenta un’opportunità per il neonato di rendersi conto della qualità dell’ambiente circostante in modo tale da potersi adattare in modo appropriato. L’abilità di adattarsi è un vantaggio dal punto di vista della sopravvivenza, anche se comporta un rischio di malattia più tardi nella vita dell’individuo. Quali sono i più importanti meccanismi coinvolti nel “programming”? Sono coinvolti diversi meccanismi, dall’apoptosi alla biologia mitocondriale. Entriamo a questo punto nel concetto di epigenetica. L’epigenetica determina quali geni sono espressi, quando e per quanto tempo devono essere espressi. Per quanto ne sappiamo, l’epigenetica coinvolge in modo predominante la trascrizione del DNA in RNA. L’epigenetica dirige l’inizio della trascrizione, l’allungamento e la fine. I meccanismi dell’epigenetica sono importanti in tutto il gene nella sua interezza. Esempi di meccanismi epigenetici sono la metilazione del CpG DNA, modificazioni covalenti del codice di istoni, e gli “small RNA” non codificanti per le proteine. Quali sono le malattie dell’adulto che è possibile prevenire grazie a un corretto “programming” precoce? Sono stati fatti incredibili passi in avanti nella comprensione di come il “programming” precoce funzioni, e di come potenzialmente potremmo scoprire quando sta operando. Tuttavia, in questo momento, sarebbe prematuro curare un essere umano cercando di manipolarne il “programming” a causa della mancanza di conoscenze sulle successive inattese conseguenze. Per esempio, se sappiamo che un particolare gene è epigeneticamente riprogrammabile, è probabile poter cambiare la riprogrammazione attraverso la dieta o la farmacologia. In questo momento non possiamo effettuare cambiamenti in uno specifico gene, e in maniera specifica per quel dato tessuto. Il rischio è che potremmo riuscire a “spegnere” un gene cattivo ma potremmo con lo stesso trattamento “spegnere” un gene buono; inoltre, potremmo non conoscere le conseguenze dello spegnimento del gene buono per anni. La possibilità di creare un danno è pertanto reale. Spero naturalmente che qualcuna delle nuove tecnologie scoperte di recente ci porti più vicini all’obiettivo di prevenire le malattie inducendo una precoce programmazione. Per il prossimo futuro, quando possibile, dovremmo seguire il consiglio di tutte le nostre nonne: “Vai fuori a giocare, mangia con moderazione tante cose diverse, e fai una bella dormita”. Bibliografia di riferimento Joss-Moore LA, Lane RH, Albertine KH. Epigenetic contributions to the developmental origins of adult lung disease. Biochem Cell Biol 2015;93:119-27. Lane RH. Fetal programming, epigenetics, and adult onset disease. Clin Perinatol 2014;41:815-31. Majnik AV, Lane RH. The relationship between early-life environment, the epigenome and the microbiota. Epigenomics 2015;7:1173-84. • I fattori principali che influenzano il fenotipo sono i geni, la storia familiare e la storia personale, legata ai micro- e macroambienti di cui si fa esperienza. • Durante periodi di cambiamenti fisiologici (periodo prenatale e perinatale, prima infanzia, pubertà) l’organismo decide quali geni esprimere per consentire al meglio tali cambiamenti. • La nutrizione precoce è fondamentale per quanto riguarda il “programming” fetale. • L’epigenetica determina quali geni sono espressi, quando e per quanto tempo devono essere espressi. 3 CLINICAL SYSTEMATIC REVIEW a cura di Osvaldo Borrelli I FODMAPs nella sindrome del colon irritabile FODMAPs in irritable bowel syndrome Elena Scarpato (foto) Riccardo Troncone Dipartimento di Scienze Mediche Traslazionali, Sezione di Pediatria, Università “Federico II”, Napoli Key words Irritable bowel syndrome • FODMAPs • GI symptoms • Diet • Short-chain carbohydrates Abstract In IBS patients the perception of suffering from a food intolerance is more common than in the general population. FODMAPs have been identified as possible factors responsible for GI symptoms and a low-FODMAPs diet seems to be effective in the reduction of symptoms in subjects with IBS. Nevertheless, there are still concerns regarding the nutritional adequacy and safety of the low-FODMAPs diet. Indirizzo per la corrispondenza Riccardo Troncone via Pansini 5, 80131 Napoli E-mail: [email protected] Effetti GI dei FODMAPs Epidemiologia e patogenesi La sindrome del colon irritabile (IBS) è un disordine funzionale caratterizzato da sintomi intestinali non correlati a patologia organica. L’eziopatogenesi è multifattoriale, legata ad alterazioni dell’asse encefalo-intestino e del microbioma intestinale, e a fattori genetici e psicosociali. Le attuali terapie sono mirate alla gestione del sintomo principale mediante azione periferica (es: antispastici) o centrale (es: antidepressivi), ma la loro efficacia è estremamente variabile. Negli ultimi anni si è registrato un incremento dell’autoprescrizione di diete di eliminazione, 4 in considerazione del fatto che il 60% dei soggetti con IBS riferisce comparsa di sintomi gastrointestinali (GI) tra 15 minuti e 3 ore dopo l’assunzione di specifici alimenti 1. La percentuale di soggetti con IBS che ritiene di soffrire di un’intolleranza alimentare è infatti doppia rispetto alla popolazione generale. Tra i meccanismi legati all’insorgenza di sintomi dopo l’assunzione di alimenti ci sono la stimolazione del sistema immunitario e l’attivazione di meccanorecettori intestinali. L’ipotesi di un’attivazione del sistema immunitario è suffragata dal riscontro di un intenso infiltrato mastocitario in biopsie intestinali di soggetti con IBS 2. Una possibile spiegazione di tale infiammazione di basso grado è che specifici antigeni alimentari possano superare la barriera intestinale, maggiormente permeabile, e stimolare una risposta immunitaria con infiltrazione di mastociti, liberazione di mediatori infiammatori e insorgenza di sintomi GI. Il ruolo patogenetico di specifici meccanorecettori è invece supportato dall’evidenza che nel lume intestinale l’interazione tra componenti alimentari e microbiota favorisce i processi di fermentazione con produzione di gas e distensione intestinale che, in presenza di iperalgesia viscerale e alterazioni della motilità GI, potrebbe rendersi responsabile dell’insorgenza di dolore e alterazioni dell’alvo 3. Il termine FODMAPs (oligosaccaridi, disaccaridi, monosaccaridi e polioli fermentabili) definisce un gruppo di carboidrati a catena corta che, per l’assenza di enzimi idrolitici specifici o per incompleto assorbimento, si rendono disponibili per processi di fermentazione nel colon. Al gruppo degli oligosaccaridi appartengono i frutto-oligosaccaridi (FOS) e i galatto-oligosaccaridi (GOS) contenuti in numerosi cereali, ortaggi e legumi. I FOS e i GOS, a seguito della fermentazione, svolgono azione prebiotica, con stimolazione selettiva di ceppi del microbiota intestinale (Bifidobatteri). Nell’ambito dei disaccaridi, il principale FODMAPs è il lattosio. L’assorbimento del lattosio è secondario alla digestione da parte di una lattasi, la cui attività risulta deficitaria nel 70% della popolazione generale, con Giorn Gastr Epatol Nutr Ped 2016;VIII:4-6; doi: 10.19208/2282-2453-102 CLINICAL SYSTEMATIC REVIEW I FODMAPs nella sindrome del colon irritabile conseguente malassorbimento. La prevalenza di malassorbimento di lattosio in soggetti con IBS, pari al 18-82% a seconda delle varie casistiche, è equiparabile a quella della popolazione generale. Tra i monosaccaridi non completamente assorbiti a livello intestinale un importante ruolo è svolto dal fruttosio (contenuto in frutta e sciroppi), il cui assorbimento è dose-dipendente e avviene mediante specifici trasportatori della membrana apicale delle cellule epiteliali intestinali (prevalentemente GLUT5 e GLUT2). L’assorbimento è massimo in presenza di un rapporto fruttosio/glucosio pari a 1/1, pertanto il fruttosio presente in eccesso rispetto al glucosio non viene assorbito. I polioli, come sorbitolo e mannitolo, sono carboidrati idrogenati contenuti in frutta e dolcificanti artificiali. L’assorbimento intestinale è passivo, dipende dal peso molecolare e risente di una forte variabilità inter-individuale 4. Gli effetti GI dei vari FODMAPs sono dose-dipendenti e additivi tra loro; nel piccolo intestino l’accumulo di carboidrati non assorbibili svolge azione osmotica, con richiamo di acqua nel lume intestinale. Successivamente tali carboidrati vengono fermentati nel colon dai batteri intestinali, con produzione di acidi grassi a catena corta (SCFA) e gas. I FODMAPs possono avere effetti positivi, quali incremento della massa fecale, stimolazione di specifici costituenti del microbiota intestinale e produzione di SCFA (acetato, propionato, butirrato). Tuttavia, l’incremento della produzione di gas e l’accumulo di acqua possono determinare riduzione della consistenza delle feci e distensione del lume intestinale, con comparsa di sintomi GI in soggetti che presentino alterazioni della motilità GI e ipersensibilità viscerale. In uno studio di Murray et al. 5 sono stati indagati i meccanismi alla base dell’insorgenza di sintomi dopo ingestione di FODMAPs, somministrando a 16 soggetti sani 4 soluzioni contenenti glucosio, fruttosio, inulina, o glucosio e fruttosio in rapporto di 1:1 e misurando, mediante risonanza magnetica, il diametro dell’intestino ed il suo contenuto di acqua e la distensione gassosa del colon. Tale studio ha dimostrato che i FODMAPs hanno un impatto significativo sulla produzione GI di gas, e che fruttosio e inulina comportano una produzione di gas maggiore rispetto al solo glucosio o alla miscela 1:1 di glucosio e fruttosio. Non è stata tuttavia evidenziata una correlazione tra distensione gassosa e sintomi GI, suggerendo che nei soggetti sani il colon si adatti alla distensione senza comparsa di sintomi. Per comprendere per quale motivo, invece, i FODMAPs causino sintomi in soggetti con IBS, Zhu et al. 6 hanno sottoposto una popolazione di soggetti adulti con deficit di lattasi, 277 con IBS e 64 controlli (CT), a un breath test al lattosio quantizzando la produzione di idrogeno (H), la comparsa di sintomi suggestivi di intolleranza al lattosio, la distensione addominale e la sensibilità rettale, valutata mediante manometria anorettale. La prevalenza di malassorbimento al lattosio, i valori di escrezione di H, e l’entità della distensione erano sovrapponibili tra i 2 gruppi; tuttavia, la prevalenza di sintomi GI era maggiore nei soggetti con IBS rispetto ai CT. Inoltre, la valutazione della sensibilità rettale ha mostrato che i soggetti con IBS presentano, rispetto ai controlli, soglie inferiori di sensibilità basale, urgenza alla defecazione, e discomfort/dolore. Pertanto, l’ipersensibilità viscerale associata alla produzione di gas sembra svolgere un ruolo predominante nell’insorgenza di sintomi GI in soggetti con IBS. La dieta a basso contenuto di FODMAPs La dieta a basso contenuto di FODMAPs (“low-FODMAPs”) è stata oggetto di numerosi trial condotti prevalentemente su soggetti adulti. Recentemente De Giorgio et al. 3 hanno revisionato le evidenze disponibili sull’efficacia di tale dieta nella gestione dei sintomi GI in soggetti con IBS; i 7 trial identificati hanno evidenziato un’efficacia della dieta di circa il 70%. Halmos et al. 7 hanno valutato, in uno studio crossover randomizzato, l’effetto di 21 giorni di dieta low-FODMAPs vs dieta Australiana standard in 30 pazienti con IBS e 8 CT. I soggetti con IBS presentavano score sintomatici inferiori in corso di dieta low-FODMAPs, rispetto agli score riscontrati durante la dieta standard. Inoltre, la dieta low-FODMAPs era più efficace nel ridurre gonfiore, dolore addominale e flatulenza. Tuttavia, tutti gli studi considerati presentano alcune limitazioni quali la breve durata dei trial (da 3 giorni a 6 settimane), il tipo di placebo scelto (es. dieta abituale) e talvolta la mancanza di procedura in cieco. Nella popolazione pediatrica, la letteratura disponibile è estremamente scarsa. L’unico studio in cieco, randomizzato, cross-over è quello di Chumpitazi 8, che ha valutato in 33 bambini con IBS l’efficacia di una dieta low-FODMAPs vs una dieta americana tipica nella gestione dei sintomi GI, e l’eventuale correlazione tra microbiota intestinale e risposta alla dieta. Questo studio ha evidenziato una riduzione significativa del dolore in corso di dieta low-FODMAPs rispetto alla dieta tipica. Inoltre, negli 8 soggetti identificati come “Responders”, nei quali si era realizzato un miglioramento clinico solo durante la dieta low-FODMAPs, 5 E. Scarpato, R. Troncone la composizione del microbiota intestinale è risultata differente rispetto a quella dei soggetti “nonResponder, con predominanza di ceppi con maggiore capacità saccarolitica (es: Bacteroides), quindi maggiormente capaci di fermentare carboidrati complessi. Un importante limite di questo studio è la breve durata della dieta, praticata per sole 48 ore. IBS, FODMAPs e non-celiac gluten sensitivity La non celiac gluten sensitivity (NCGS), è una sindrome caratterizzata da sintomi intestinali ed extra-intestinali correlati all’ingestione di glutine, in soggetti non affetti da celiachia né da allergia al grano. Il grano è frequentemente ritenuto responsabile dell’insorgenza di sintomi GI nei soggetti con IBS. Non è ancora chiaro quale costituente del grano sia effettivamente responsabile delle manifestazioni cliniche, se le proteine (incluso il glutine) o i carboidrati (prevalentemente FODMAPs). In uno studio di Biesiekierski condotto su una coorte di pazienti adulti con “autoriportata” NCGS e sintomi IBS-like non è stato evidenziato un effetto specifico del glutine dopo l’esclusione dei FODMAPs dalla dieta 9. Dieta low-FODMAPs: difficoltà e rischi Sebbene sembri efficace nel controllo dei sintomi, la dieta low-FODMAPs è una dieta fortemente restrittiva che richiede il • • • • 6 supporto di dietisti qualificati, in quanto l’eliminazione indiscriminata di tutti gli alimenti contenenti FODMAPs potrebbe associarsi a svariati rischi. Il principale è quello di un’inadeguatezza nutrizionale in termini di apporto energetico, apporto di fibre (restrizione di alimenti contenenti grano), e apporto di calcio (restrizione di alimenti contenenti lattosio). Inoltre, un evento avverso documentato è l’alterazione del microbiota intestinale. Halmos et al. 10 hanno valutato l’effetto di una dieta lowFODMAPs vs la dieta australiana tipica (DAT) su microbiota fecale e biomarkers intestinali in 30 pazienti con IBS e 8 CT. La dieta low-FODMAPs si associava a pH fecale più alto, a pari concentrazione di SCFA, a riduzione del numero totale di batteri fecali con riduzione dei ceppi produttori di butirrato, e a riduzione dei ceppi prebiotici. Viceversa, la DAT si associava a una stimolazione selettiva di ceppi batterici con caratteristiche favorevoli per l’ospite. Bibliografia Conclusioni 8 I dati attualmente disponibili suggeriscono un ruolo della dieta lowFODMAPs nella gestione clinica dei pazienti con IBS. Non sono però ancora noti gli effetti a distanza, in termini di adeguatezza nutrizionale ed effetti sul microbiota intestinale. Pertanto, è fondamentale che le restrizioni dietetiche siano sempre suggerite da dietisti esperti e siano limitate agli alimenti per i quali esista una chiara correlazione con la sintomatologia. Simrén M, Månsson A, Langkilde AM, et al. Food-related gastrointestinal symptoms in the irritable bowel syndrome. Digestion 2001;63:108-15. 2 Barbara G, Stanghellini V, De Giorgio R, et al. Activated mast cells in proximity to colonic nerves correlate with abdominal pain in irritable bowel syndrome. Gastroenterology 2004;126:693-702. 3 De Giorgio R, Volta U, Gibson PR. Sensitivity to wheat, gluten and FODMAPs in IBS: facts or fiction? Gut 2016;65:169-78. 1 Staudacher HM, Irving PM, Lomer MCE, et al. Mechanisms and efficacy of dietary FODMAPs restriction in IBS. Nat Rev Gastroenterol Hepatol 2014;11:256-66. Murray K, Wilkinson-Smith V, Hoad C, et al. Differential effects of FODMAPs (fermentable oligo-, di-, mono-saccharides and polyols) on small and large intestinal contents in healthy subjects shown by MRI. Am J Gastroenterol 2014;109:110-9. Zhu Y, Zheng X, Cong Y, et al. Bloating and distention in irritable bowel syndrome: the role of gas production and visceral sensation after lactose ingestion in a population with lactase deficiency. Am J Gastroenterol 2013;108:1516-25. 4 5 6 Halmos EP, Power VA, Sheperd SJ, et al. A diet low in fodmaps reduces symptoms of irritable bowel syndrome. Gastroenterology 2014;146:67-75. 7 Chumpitazi BP, Cope JL, Hollister EB, et al. Randomised clinical trial: gut microbiome biomarkers are associated with clinical response to a low FODMAPs diet in children with the irritable bowel syndrome. Aliment Pharmacol Ther 2015;42:418-27. Biesiekierski JR, Peters SL, Newnham ED et al. No effects of gluten in patients with self-reported non-celiac gluten sensitivity after dietary reduction of fermentable, poorly absorbed, short-chain carbohydrates. Gastroenterology 2013;145:320-8. 9 Halmos EP, Christophersen CT, Bird AR, et al. Diets that differ in their FODMAPs content alter the colonic luminal microenvironment. Gut 2015;64:93-100. 10 I FODMAPs sono carboidrati a catena corta che vanno incontro a processi di fermentazione a livello del colon. I FODMAPs sono presenti in numerosi alimenti di consumo abituale come cereali, latticini, e frutta. La dieta low-FODMAPs sembra essere efficace nella gestione dei sintomi GI in soggetti adulti con IBS. Gli effetti a lungo termine di una dieta low-FODMAPs non sono ancora stati adeguatamente indagati. a cura di Francesco Cirillo PEDIATRIC HEPATOLOGY Le malformazioni vascolari del fegato Hepatic vascular malformations Introduzione Le malformazioni vascolari congenite del fegato sono rare. Possono distinguersi due tipi di anomalie: le comunicazioni tra il sistema portale e il sistema venoso sistemico chiamate “fistole porto-sistemiche congenite” e le comunicazioni tra sistema arterioso epatico e il sistema portale o le vene epatiche chiamate “fistole artero-portali”, che sono molto più rare. Gli emangiomi epatici sono delle neoplasie e non rientrano nella trattazione di questo articolo. Per entrambi i tipi di malformazione, la presentazione clinica è variabile e non specifica. Le tecniche di imaging svolgono un ruolo importante per la precisa diagnosi del tipo di lesione, per la valutazione delle complicanze, per il trattamento e per il follow-up di questi pazienti. Analizzeremo successivamente nel dettaglio le fistole porto-sistemiche congenite e le fistole artero-portali. Le fistole porto-sistemiche congenite Definizione Durante la vita fetale esiste uno shunt porto-sistemico fisiologico, che attraverso il dotto venoso collega sia il ramo di sinistra della vena porta, a livello del recesso di Rex, che la vena cava inferiore nel prolungamento della vena ombelicale. Questa comunicazione fisiologica si chiude durante i primi giorni di vita (al massimo dopo un mese nel prematuro). Oltre questo periodo non vi è più comunicazione porto-sistemica macroscopica fisiologica 1, 2. Le fistole porto-sistemiche congenite sono malformazioni che determinano una comunicazione diretta tra il sistema portale (ramo della vena porta intraepatica, tronco portale, vena splenica o mesenterica superiore o inferiore) e una vena del circolo venoso sistemico (vena cava inferiore, vena renale, vena iliaca, ecc) 3. Bisogna distinguerle dagli shunt porto-sistemici acquisiti secondari all’ipertensione portale. Stéphanie Franchi-Abella1 (foto) Emmanuel Gonzales2 Florent Guérin3 1 Service de radiopédiatrie, Hôpital Bicêtre, Hôpitaux Universitaires ParisSud, Assistance publique Hôpitaux de Paris; 2 Service d’hépatopédiatrie, Hôpital Bicêtre, Hôpitaux Universitaires Paris-Sud, Assistance publique Hôpitaux de Paris; 3 Service de chirurgie pédiatrique, Hôpital Bicêtre, Hôpitaux Universitaires ParisSud, Assistance publique Hôpitaux de Paris Key words Liver • Vascular malformation • Congenital portosystemic shunt • Arterio-venous fistula Abstract Hepatic vascular malformations are rare and can be classified in porto-systemic or arterio-portal shunts. Imaging plays a key role for the diagnosis. Porto-systemic shunts may lead to various complications (neurological, hepatic, cardiopulmonary, ecc) Arterio-portal shunts may lead to portal hypertension. Management varies according to the anatomy, the complications and the team in charge of the patient. Indirizzo per la corrispondenza Stéphanie Franchi-Abella 78 rue du général Leclerc 94278 Le Kremlin-Bicêtre, France E-mail: [email protected] Giorn Gastr Epatol Nutr Ped 2016;VIII:7-13; doi: 10.19208/2282-2453-103 7 S. Franchi-Abella et al. Epidemiologia Queste malformazioni sono rare, con incidenza stimata di 1/30000 nascite, mentre la persistenza dello shunt a lungo termine è stimata a 1/50000 nascite. Tali malformazioni sono più frequentemente associate ad alcune anomalie genetiche, quali la sindrome di Turner, la Trisomia 21 e la sindrome di Noonan. In letteratura sono stati descritti anche rari casi familiari 4, 5. Classificazione Esistono diverse forme anatomiche a seconda della vena d’origine del sistema portale e della vena del circolo sistemico in cui la malformazione termina (Fig. 1) 3. Classicamente si possono distinguere da un lato gli shunts intra-epatici, come gli shunt porto-sovraepatici caratterizzati da una comunicazione di uno o due rami della vena porta con le vene sovraepatiche, e dall’altro gli La persistenza del dotto venoso, quando quest’ultimo ha caratteristiche di tipo malformativo ed è di grosse dimensioni, rappresenta ugualmente una fistola congenita porto-sistemica che, nonostante possa sembrare intraparenchimale con le tecniche radiologiche, è in realtà extra-epatica e di facile accesso chirurgico 6. La frequenza di queste diverse forme anatomiche non è chiaramente stabilita, perché i casi pubblicati sono in genere quelli complicati. Nella nostra serie inedita di 110 pazienti sembra che le fistole porto-sovraepatiche rappresentino circa la metà dei casi. shunts extra-epatici che determinano una comunicazione tra il circolo sistemico e la vena porta a monte della biforcazione portale. Questi shunts extra-epatici possono essere termino-laterali senza possibilità di visualizzare, con le tecniche radiologiche convenzionali, il tronco della vena porta e il sistema portale intraepatico (chiamati in letteratura “Abernethy 1” o agenesia del tronco della vena porta) oppure latero-laterali con tronco della vena porta e sistema portale intraepatico visibile e spesso ipoplasico a valle (chiamati in letteratura “Abernethy 2”). La distinzione fra una malformazione di tipo terminolaterale o latero-laterale può essere fatta talvolta solo dopo un test di occlusione effettuato in radiologia interventistica, nel corso del quale i rami portali ipoplasici diventano visibili, mentre possono non esserlo in ecografia, TC o RM (Fig. 2). Diagnosi La diagnosi prenatale di queste malformazioni è aumentata negli ultimi anni. La fistola può essere isolata o associata ad altre mal- Dotto venoso persistente o dotto di Aranzio Vascolarizzazione normale Fistola porto-epatica Intra-epatica Extra-epatica Termino laterale Abernethy 1 Agenesia del TP Latero laterale Abernethy 2 Latero laterale Abernethy 2 Figura 1. Rappresentazione schematica dei diversi tipi di fistole porto-sistemiche congenite: in blu cielo il sistema portale, in blu scuro le vene sistemiche. 8 PEDIATRIC HEPATOLOGY Le malformazioni vascolari del fegato a B D C E Figura 2. Bambina nata nel 1996. Diagnosi prenatale di anomalia vascolare addominale confermata dopo la nascita come fistola porto-cavale congenita termino laterale (Abernethy 1). Monitoraggio iniziale con evoluzione verso l’encefalopatia portosistemica con ritardo scolastico importante. Decisione di chiudere lo shunt all’età di 12 anni in ragione della recente chiusura con successo di questo tipo di fistola in un nostro paziente e di qualche altro caso riportato in letteratura. A e B) angiografia TC eseguita all’età di 12 anni mostra il canale di comunicazione diretta e integrale della porzione iniziale del tronco portale situata a valle della vena mesenterica superiore (VMS) con la vena cava inferiore (VCI) (freccia nera). C) L’angiografia con la prova di occlusione eseguita prima della chiusura. Un palloncino viene gonfiato nella VCI vicino all’origine dello shunt. L’opacizzazione fatta da un catetere inserito nella VMS mostra un tronco portale ectopico (TPE) che nasce da una vena pancreatica e che alimenta dei rami portali intraepatici molto ipoplasici (BPIH). Questo TPE non era visibile all’ecografia, alla risonanza magnetica e all’ecodoppler. D) La risonanza magnetica in T1 mostra iperintensità dei nuclei pallidi relativa all’encefalopatia porto-sistemica. La chiusura è stata eseguita chirurgicamente in un solo tempo, con la rapida scomparsa dei segni clinici di encefalopatia epatica e dell’iperammoniemia. E) Completa normalizzazione della risonanza magnetica cerebrale 18 mesi dopo la chiusura dello shunt. Questa paziente non ha presentato ipertensione portale dopo più di 8 anni dalla chiusura. formazioni (specialmente cardiache e dell’apparato scheletrico). A volte può essere associata l’agenesia del dotto venoso. Ci può essere una ripercussione cardiaca con cardiomegalia o insufficienza 9 S. Franchi-Abella et al. cardiaca. Le calcificazioni epatiche non sono rare. Al di là del periodo fetale, la diagnosi può essere fortuita o avvenire a causa della insorgenza di complicanze secondarie alla fistola: encefalopatia epatica, anomalie degli esami di laboratorio (alterazioni della funzionalità epatica, alterazioni dell’emostasi, iperammoniemia), presenza di una massa epatica, shunts intra-polmonari, ipertensione polmonare. Fisiopatologia e complicanze L’esistenza di uno shunt portosistemico determina un furto totale o parziale del flusso venoso portale verso il circolo sistemico con, da un lato, “deportalizzazione” del fegato che si arterializza e, dall’altro, trasferimento diretto di sangue mesenterico verso la circolazione sistemica senza un primo passaggio epatico. Non è stata finora stabilita alcuna correlazione tra il tipo di fistola, il grado di “deportalizzazione” e il tipo di complicanze, o il tempo necessario affinché queste ultime si verifichino. Circa 2/3 dei casi riportati in letteratura hanno avuto una o più complicanze. Le complicanze sono varie 4, 5: •anomalie di laboratorio: iperammoniemia, aumento degli acidi biliari, alterazioni della funzionalità epatica e/o dell’emostasi, ipoalbuminemia. Nel neonato possono manifestarsi iperbilirubinemia coniugata, ipoglicemia, ipergalattosemia prolungata; •complicanze cerebrali: l’encefalopatia porto-sistemica è la complicanza più frequentemente riportata negli adulti, con alta frequenza della forma subclinica nei bambini. Sono stati anche riportati casi di sindrome parkinsoniana; •complicanze epatiche: se la deportalizzazione è completa, il fegato è spesso atrofico. In un ter- 10 zo dei casi sono presenti noduli epatici a partire dal terzo mese di età. Di solito si tratta di adenomi epatocellulari, iperplasia nodulare focale o iperplasia nodulare rigenerativa. Tuttavia, sono stati riportati casi di tumore maligno (carcinoma epatocellulare, epatoblastoma, ecc), alcuni di questi tumori si sviluppano in un contesto di fistole gia conosciute con un tumore preesistente; •complicanze cardiache e polmonari: nel feto può verificarsi un sovraccarico o un’insufficienza cardiaca. Non di rado si ritrova un quadro di insufficienza cardiaca nel periodo neonatale. Le manifestazioni più tardive, che possono verificarsi nei primi anni di vita, sono l’ipertensione portale (ipertensione porto-polmonare) e gli shunts artero-venosi polmonari (sindrome epato-polmonare). Ci sono anche casi tardivi di insufficienza cardiaca; •altro: sono stati segnalati sanguinamento gastrointestinale, ematuria, glomerulonefrite da deposito di IgA, malformazioni venose intracerebrali e alterazioni endocrine. La splenomegalia è frequentemente associata nei bambini più grandi, anche in assenza di ipertensione portale. La causa della splenomegalia non è al momento nota. Gli esami da effettuare per la diagnosi delle complicanze delle fistole porto-sistemiche congenite sono riassunte in Tabella I. Trattamento (Fig. 3) Non esiste al momento un consenso unanime circa il trattamento di queste malformazioni. Tuttavia, bisogna innanzitutto immediatamente sottolineare che le fistole porto-sovraepatiche sono le più frequenti e hanno la particolarità di chiudersi spontaneamente, in molti casi entro il primo mese di vita, ma di solito, entro il primo anno di vita. Pertanto è raccomandato un semplice monitoraggio iniziale. Altre forme di fistole porto-sistemiche congenite (dotto venoso e fistole extra-epatiche) non si chiudono spontaneamente nella stragrande maggioranza dei casi. Pertanto i pazienti sono esposti a complicanze potenzialmente gravi o mortali nei primi anni di vita. Diversi lavori scientifici hanno dimostrato la reversibilità della maggior parte delle complicanze dopo la chiusura dello shunt e il ripristino della normale circolazione portale, inoltre non si sono verificate complicazioni durante il follow-up dei pazienti che hanno beneficiato della chiusura dello shunt 7. Al momento di programmare un eventuale trattamento è necessario rispondere a due domande: a) È possibile chiudere la fistola senza causare un’ipertensione portale che, come è noto, si può manifestare soprattutto in caso di comparsa di fistola latero-terminale (Abernethy 1)? b) Dobbiamo aspettare il verificarsi di una complicanza per chiudere la fistola o è conveniente chiudere la fistola per prevenire il verificarsi di complicanze, ripristinando una circolazione portale fisiologica? In letteratura sono riportati diversi casi di chiusura di fistole portosistemiche di tipo Abernethy 1 con riperfusione del fegato attraverso un tronco portale estremamente ipoplasico o ectopico o un cavernoma epatopeto, senza ipertensione portale postoperatoria (Fig. 2). Il trapianto di fegato in questi tipi di fistole, pertanto, non è quasi mai giustificato, pur se ancora proposto da alcune equipe chirurgiche. Altri tipi di fistole possono essere chiuse per via endovascolare o chirurgica a seconda dell’anatomia, in 1 o 2 tempi a seconda della forma e dell’ipertensione portale valutati dal chirurgo durante l’intervento. PEDIATRIC HEPATOLOGY Le malformazioni vascolari del fegato Tabella I. Esami da effettuare al momento della diagnosi di fistola porto-sistemica congenita. Clinici • Pulsossimetria in clino e orto-statismo • Valutazione neuro-psicomotoria e delle abilità scolastiche Esami di laboratorio • • • • • • • • Funzionalità epatica completa Test dell’emostasi Acidi biliari nel siero a digiuno Ammonemia a digiuno e post-prandiale Glicemia a digiuno e post-prandiale Alfa-fetoproteina in caso di massa epatica Albumina sierica, urea, creatinina Proteinuria Indagini strumentali • Eco-doppler dell’addome • TC addominale • Risonanza magnetica del fegato con mezzo di contrasto in presenza di nodulo epatico • Angiografia con test di occlusione se lo shunt è a monte o alla biforcazione portale • Ecocardiografia • Risonanza magnetica cerebrale • La scintigrafia transrettale, se disponibile Esame istologico • Biopsia epatica • Biopsia del nodulo epatico se necessario La questione del trattamento preventivo è più complessa. Infatti attualmente non esiste nessun indice predittivo noto per il verificarsi di complicanze. Di fronte alla gravità delle complicanze (encefalopatia epatica, ipertensione polmonare) e all’impossibilità di prevederne l’insorgenza, la nostra equipe ha scelto di proporre una chiusura preventiva delle fistole per ripristinare la circolazione portale fisiologica e quindi prevenire l’insorgenza di complicanze. Quando la diagnosi dell’esistenza di una fistola extraepatica viene fatta in epoca prenatale, vi può essere un’indicazione alla chiusura nel periodo neonatale al fine di evitare l’ipoplasia funzionale o addirittura la trombosi della vena porta. Negli altri casi, aspettiamo il secondo anno di vita per realizza- re la chiusura dello shunt dopo discussione e concertazione con l’equipe di anestesia e chirurgia. Una biopsia epatica viene eseguita di routine prima della chiusura della fistola per escludere un’eccezionale venopatia obliterante portale, specialmente associata a malformazioni del feto o ad anomalie cromosomiche. La maggior parte delle complicazioni, esclusa l’ipertensione arteriosa polmonare, sono reversibili dopo la chiusura dello shunt. Fistole arterovenose congenite Le fistole artero-venose congenite sono molto rare. Si tratta soprattutto di fistole artero-portali. Esse sono a volte associate con la telangiectasia ereditaria emorragica, la sindrome di Enhler-Danlos e la Trisomia 21. Possono rivelarsi tramite un’ipertensione portale o uno scompenso cardiaco ad alto flusso. La diagnosi viene effettuata per l’esistenza di un’inversione del flusso portale a valle di una comunicazione diretta con un’arteria (spesso contrassegnato da una vasodilatazione locale) e della arterializzazione del flusso portale. La gravità di queste fistole dipende dall’intensità dello shunt e dalla gravità dell’ipertensione portale. L’inversione del flusso portale sarà tanto più estesa quanto più lo shunt è rilevante. Nei casi più gravi, l’inversione del flusso portale può interessare il sistema portale extraepatico. Bisognerebbe innanzitutto fare una valutazione dell’ipertensione portale. Il tipo di trattamento e la sua efficacia dipenderà dalla posizione e dal numero di fistole. Se la fistola è singola il trattamento di scelta è l’embolizzazione attraverso la radiologia interventistica, con un effetto immediato sulla normalizzazione della pressione portale (Fig. 4). In caso di più fistole, se si trovano tutte in un stesso settore del fegato, inaccessibile alla radiologia interventistica, si può ricorrere alla chirurgia. Se le fistole sono diffuse in tutto il fegato, la gestione terapeutica è complicata per l’impossibilità di un’occlusione completa sia attraverso la radiologia interventistica che con la chirurgia. L’obiettivo in questi casi è quello di evitare o limitare l’insorgenza di ipertensione portale occludendo i peduncoli arteriosi. In caso di fallimento può essere preso in considerazione il trapianto di fegato 8. Ringraziamenti Si ringrazia il Dr. Giuseppe Staiti per la rilettura dell’articolo. 11 S. Franchi-Abella et al. Figura 3. Algoritmo diagnostico e terapeutico delle fistole porto-sistemiche congenite (proposta dell’Ospedale Kremlin-Bicêtre, Parigi). Bibliografia 1 2 12 Loberant N, Barak M, Gaitini D, et al. Closure of the ductus venosus in neonates: findings on real-time gray-scale, color-flow doppler, and duplex doppler sonography. AJR Am J Roentgenol 1992;159:1083-5. Loberant N, Herskovits M, Barak M, et al. Closure of the ductus venosus in premature infants: findings on real-time gray-scale, color-flow doppler, and duplex doppler sonography. AJR Am J Roentgenol 1999;172:227-9. 3 Stringer MD. The clinical anatomy of congenital portosystemic venous shunts. Clin Anat 2008; 21:147-57. 4 Bernard O, Franchi-Abella S, Branchereau S, et al. Congenital portosystemic shunts in children: recognition, evaluation, and management. Semin Liver Dis 2012;32:273-87. 5 Sokollik C, Bandsma RH, Gana JC, et al. Congenital portosystemic shunt: characterization of a multisystem disease. J Pediatr Gastroenterol Nutr 2013;56:675-81. 6 Blanc T, Guérin F, Franchi-Abella PEDIATRIC HEPATOLOGY Le malformazioni vascolari del fegato • Le tecniche di imaging hanno un ruolo cruciale nella diagnosi e nel trattamento delle malformazioni vascolari e nella identificazione delle loro complicanze. C a • Le fistole porto-epatiche sono le più comuni e spesso si chiudono spontaneamente entro il primo anno di vita, richiedendo in genere un semplice monitoraggio. • La chiusura delle fistole, comprese le fistole extraepatiche di tipo Abernethy 1, è possibile nella maggior parte dei casi. d b • Bisogna sospettare una Figura 4. Lattante di 4 mesi senza particolari antecedenti. Comparsa da qualche giorno di difficoltà di alimentazione con diarrea a volte ematica, arresto della crescita ponderale e poi perdita di peso. a) L’ecografia iniziale mostra una voluminosa tasca vascolare. L’ecocolor-doppler evidenzia un’inversione del flusso dei rami di destra e di sinistra, della vena porta, del tronco portale, delle vene spleniche e della vena mesenterica superiore con un flusso arterializzato, indicando un’importante ipertensione portale in relazione a una fistola artero-portale (FAP). B) L’angiografia mostra il collegamento diretto tra la sacca aneurismatica dal FAP e i rami portali destro e sinistro. C) L’opacizzazione diretta del ramo destro dell’arteria epatica mostra che quest’ultima rifornisce di sangue la FAP. Diverse spirali vengono inserite nell’arteria per sopprimere la fornitura di sangue arterioso della FAP. D) L’eco-doppler mostra durante l’intervento la trombosi immediata della FAP. La valutazione doppler del sistema portale ha anche dimostrato la normalizzazione immediata dei flussi che ritornano epatopeti. Il bambino è gia clinicamente normale alla fine dell’intervento, con la rapida scomparsa di tutti i segni di ipertensione portale, senza recidive 11 anni dopo l’embolizzazione. S, et al. Congenital portosystemic shunts in children: a new anatomical classification correlated with surgical strategy. Ann Surg 2014;260:188-98. 7 Franchi-Abella S, Branchereau S, Lambert V, et al. Complications of congenital portosystemic shunts in children: therapeutic options and outcomes. J Pediatr Gastroenterol Nutr 2010;51:322-30. 8 Norton SP, Jacobson K, Moroz SP, et al. The congenital intrahepatic arterioportal fistula syndrome: elucidation and proposed classification. J Pediatr Gastroenterol Nutr 2006;43:248-55. fistola congenita portosistemica nel feto in caso di anomalie vascolari intraaddominali, cardiomegalia o insufficienza cardiaca, nel neonato in caso di alterazione dei test di funzionalità epatica o dell’emostasi, di iperammoniemia, di ipergalattosemia, colestasi neonatale, ipoglicemia, encefalopatia epatica, lesioni epatiche, shunt intra-polmonare, ipertensione polmonare. • Le fistole artero-portali sono eccezionali e di solito si manifestano con grave ipertensione portale. Il trattamento endovascolare è auspicabile in caso di forme localizzate. La chirurgia può essere necessaria nelle forme complesse. 13 PEDIATRIC NUTRITION & HEALTH AND FOOD SCIENCE a cura di Antonella Diamanti Paralisi cerebrale infantile: la valutazione nutrizionale Children with cerebral palsy: the nutritional assessment Daniela Giorgio (foto) Domenica Elia Daniela Marino Francesca Romano Teresa Capriati Antonella Diamanti UOS Nutrizione Artificiale, Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, IRCCS, Roma Key words Cerebral palsy • Children • Malnutrition • Nutritional assessment Abstract Children with cerebral palsy, expecially if with severe conditions and oropharyngeal disfunction, are at risk of malnutrition. The nutritional assessment is so a need for the children and a duty for the clinicians, in order to determin the best intervention. The tools we used are the foods intakes, blood chemistry and anthropometric assessment. We have learned that the standard growth charts and dietary requirements of typically developing children do not apply to those with CP, and for that we have to consider more appropriate standards. Indirizzo per la corrispondenza Antonella Diamanti piazza Sant’Onofrio 4, 00165 Roma E-mail: [email protected] 14 La paralisi cerebrale infantile (PCI) è una condizione permanente, non progressiva, caratterizzata da disordini del movimento e dello sviluppo tali da determinare importanti limitazioni nelle capacità motorie del bambino. La sua prevalenza è di 2 casi ogni 1000 nascite 1. La malnutrizione è presente nel 49-90% dei casi 2, 3. Si riscontra una prevalenza di malnutrizione per difetto nel 29-46% dei casi, di malnutrizione per eccesso nell’8-14% dei casi e un ipoevolutismo staturale nel 23% dei bambini con PCI. La bassa statura trova le sue cause non solo nella genetica, ma anche nella ridotta mobilità, essendo il “weight bearing” (blocco del peso) responsabile della crescita ossea e muscolare, nonché nell’alterato sviluppo osseo, in parte dovuto a carenze di micronutrienti 3, quali vitamina D, calcio e magnesio, provocate dalle terapie con farmaci antiepilettici (nella PCI è presente epilessia nel 35-65% dei casi) 1. In questi bambini gli effetti della malnutrizione si ripercuotono sullo sviluppo cognitivo, sulla mineralizzazione ossea, sul rischio di morbilità e di mortalità e infine sulla partecipazione all’ambiente, riducendo drasticamente la qualità di vita sia del bambino che della sua famiglia. I fattori che causano malnutrizione nel bambino con PCI sono molteplici, nutrizionali e non (Tab. I), ma esercitano una funzione predittiva del rischio di malnutrizione anche i fattori patologici correlati (Tab. II), quali la severità della paralisi, l’estensione della disabilità e la funzionalità oro-motoria. La disfagia è presente infatti nel 90% dei casi ed espone il bambino al rischio di inalazione e alle sue conseguenze (infezioni respiratorie ricorrenti, polmonite ab ingestis, morte nei casi più gravi). L’estensione della durata dei pasti (fino a 3-6 ore giornaliere), la riduzione dei consumi alimentari, la presenza di disturbi quali tosse, aumento delle secrezioni, gorgoglio respiratorio, voce umida, affaticamento respiratorio sono chiari segnali della oggettiva difficoltà del bambino ad alimentarsi. Alla diagnosi di malnutrizione si giunge mediante la valutazione dello stato nutrizionale basata su: •anamnesi alimentare; Giorn Gastr Epatol Nutr Ped 2016;VIII:14-17; doi: 10.19208/2282-2453-104 PEDIATRIC NUTRITION & HEALTH AND FOOD SCIENCE Paralisi cerebrale infantile: la valutazione nutrizionale Tabella I. Cause di malnutrizione. Fattori nutrizionali Fattori non nutrizionali Inadeguati apporti Durata dei pasti Alterata percezione dei bisogni da parte del caregiver Terapia farmacologica (farmaci antiepilettici) Aumento delle perdite Vomito Rigurgito Malattia da reflusso gastroesofageo severa Alterazioni del metabolismo Aumento della spesa energetica in caso di spasticità Mobilità attiva Entità fisiochinesiterapia Riduzione del metabolismo basale 61 ± 15% Aumento del metabolismo proteico Alterazione asse ipotalamo-ipofisi Declino crescita lineare Lato emiplegico < lato controlaterale Assenza spurt puberale Terapia farmacologica con antiepilettici Deficit micronutrienti •monitoraggio biochimico e strumentale; •valutazione antropometrica. L’anamnesi alimentare prevede la valutazione degli apporti da parte di una dietista mediante la tecnica del diario alimentare articolato su 3 o 7 giorni. Il diario alimentare è uno strumento di valutazione degli apporti alimentari del paziente estremamente importante, e che trova la sua collocazione non solo in un discorso di screening nutrizionale, ma anche di follow-up. Il diario alimentare deve essere compilato con precisione dal genitore/caregiver che prepara e somministra il pasto, affinché la stima degli apporti possa essere quanto più possibile rispettosa della situazione reale. È pertanto fondamentale che la famiglia riceva tutte le indicazioni per una corretta compilazione. Nel diario alimentare è importante che siano riportate informazioni quali l’orario e la frequenza dei pasti, la loro durata e le tecniche di distrazione adottate per incentivare il consumo alimentare, la persona solitamente preposta a questa mansione e l’ambiente nel quale il pasto stesso viene consumato. Sarà fondamentale riportare informazioni relative alla tipologia degli alimenti preparati, alla modalità Tabella II. Fattori predittivi dello stato nutrizionale. Grado di disabilità Sistema di classificazione globale della funzione motoria (GMFCS) Pattern motorio Atetosi Distonia Spasticità Estensione della disabilità Emiplegia Diplegia Quadriplegia Disfunzione oro-motoria Disfagia di preparazione, alla consistenza con la quale vengono somministrati, perché meglio tollerati, e la via di somministrazione utilizzata (il bambino si nutre per bocca o tramite sondino nasogastrico o gastrostomia endoscopica percutanea ecc). Per la valutazione dietistica è importante anche il dato oggettivo della quantità del cibo assunto che, in alcuni casi, e soprattutto per alcuni alimenti (olio, zucchero, farine di cereali, pastina ecc) potrebbe essere ottenuto ricorrendo all’uso di misure casalinghe/domestiche (cucchiaio, bicchiere, tazza ecc), piuttosto che all’uso ossessivo della bilancia, con lo scopo di ridurre il livello di impegno e di stress, già estremamente alto in queste famiglie. Sarà bene poi comprendere la reale quantità di cibo assunta rispetto a quella preparata, mediante la doppia pesata (peso netto del pasto prima e dopo il consumo) o la stima delle porzioni (metà, 3/4 o ¼ di pietanza). Nel diario andrà riportato anche l’apporto di liquidi alimentari (brodo, passato, latte, frullati, succhi di frutta, yogurt) e non (acqua e bevande). Lo sviluppo di un diario alimentare 15 D. Giorgio et al. correttamente compilato consente l’acquisizione di dati inerenti gli apporti idrici, calorici e in nutrienti (macro e micronutrienti), e la valutazione dell’adeguatezza dei risultati rispetto all’età e alla patologia del bambino mediante il ricorso a standars di riferimento specifici 1. Il fabbisogno calorico di bambini con PCI può essere stimato mediante il ricorso a diverse equazioni, sebbene quella di più comune uso prenda in considerazione il fattore del tono muscolare e dell’attività motoria residua. Recenti studi evidenziano inoltre un’ulteriore riduzione della REE (Resting Energy Expenditure, metabolismo basale dell’organismo a riposo) dopo l’inizio della nutrizione enterale in pazienti con PCI e quadriplegia, mentre i pazienti con PCI non deambulanti presentano un fabbisogno energetico ridotto del 18% rispetto a quelli che preservano questa capacità motoria 2, 4. Tuttavia l’influenza della capacità motoria su tale fabbisogno non può essere determinata statisticamente con formule predittive. Il monitoraggio biochimico e strumentale prevede che il paziente sia sottoposto a prelievi ematici e valutazioni strumentali con una periodicità che varia in relazione al rischio di malnutrizione a cui il paziente è esposto. Dal punto di vista biochimico vengono dosati i markers che consentono di fornire informazioni cliniche sull’equilibrio elettrolitico, sull’assetto marziale (emocromo, ferro, ferritina, trasferrina, vitamina B12 e folati); sull’assetto dei micronutrienti di cui più frequentemente si riscontra uno stato carenziale (selenio, zinco e carnitina); sull’assetto proteico (proteine totali, albumina, prealbumina e Retinol Binding Protein). Il Retinol Binding Protein e la trasferrina sono inoltre biomarkers di ridotta emivita utili indicatori di variazioni dello stato nutrizionale nel breve termine. Il 16 dosaggio del calcio, della fosfatasi alcalina e della vitamina D, insieme ai risultati della mineralometria ossea computerizzata, permetteranno al clinico di avere un quadro generale sullo stato di salute ossea e prevedere un piano di integrazione in caso di necessità. La valutazione antropometrica comprende la rilevazione del peso corporeo (compresa l’acquisizione di informazioni relative alla curva ponderale), della statura e il calcolo del BMI. In questi pazienti molti sono i fattori che possono ostacolare una valutazione apparentemente semplice. Dove non sia possibile misurare la statura, perché il paziente non è deambulante o per la presenza di deformità ossee (es. scoliosi) o di movimenti involontari, si può ricorrere alla misurazione dell’arto inferiore o superiore e all’utilizzo delle relative equazioni per la stima dell’altezza 5. I risultati di queste misure saranno valutati in virtù del sesso, dell’età e della patologia mediante il ricorso a curve di crescita specifiche 5-8 (possono essere scaricate dal sito web del Giornale: www.giornalesigenp. it), elaborate tenendo conto di un sistema di classificazione globale della funzione motoria (Tab. III) e, nei casi di PCI severa, anche della modalità di alimentazione adottata (“orally feeding” vs “tube feeding”). Queste recenti curve di crescita, descrittive della popolazione pediatrica con PCI, stabiliscono al 20° percentile, per il dato ponderale, un cut off al di sotto del quale il paziente valutato risulta esposto a un aumentato rischio di morbilità e mortalità 9, per cui consentono di correlare in modo chiaro lo stato nutrizionale alla prognosi del paziente, con grande utilità nella pratica clinica. Contrariamente alla statura e al BMI, che in questi pazienti non risultano indici affidabili di malnutrizione cronica, il peso rappresenta il pa- Tabella III. Sistema di classificazione globale della funzione motoria (GMFCS). I Deambula senza alcuna limitazione II Deambula con alcune limitazioni III Deambula usando stampelle IV Motilità autonoma ridotta, può utilizzare una sedia a rotelle elettrica V Necessità di essere trasportato su una sedia a rotelle rametro di più agevole rilevazione e indice affidabile di malnutrizione acuta. Tuttavia il peso è soggetto a variazioni dell’acqua corporea a differenza della massa grassa, che rappresenta da questo punto di vista l’indice in assoluto più fedele di un bilancio energetico positivo. Essa può essere stimata mediante l’analisi bioimpedenziometrica, la misura della circonferenza del braccio o la plica tricipitale. L’analisi bioimpedenziometrica (BIA) è una metodica non invasiva che consente lo studio della composizione corporea del soggetto misurandone l’impedenza al passaggio di una corrente elettrica a bassa potenza, rappresenta una valida alternativa ad altre metodiche costose e poco utilizzate nella pratica clinica quali la pesata idrostatica, la densitometria assiale a raggi X, la pletismografia ad aria. Nel paziente con PCI non è sempre agevole l’esecuzione dell’esame bioimpedenziometrico, a causa dell’oggettiva impossibilità da parte del bambino di distendere completamente gli arti oppure di mantenere la posizione supina anche se per pochi secondi, condizioni che se non rispettate compromettono l’attendibilità del risultato 10. La circonferenza del braccio, che in questi pazienti risulta spesso ridotta, presenta una correlazione PEDIATRIC NUTRITION & HEALTH AND FOOD SCIENCE Paralisi cerebrale infantile: la valutazione nutrizionale direttamente proporzionale all’ipotrofia muscolare più che alla deplezione del tessuto adiposo; per tale motivo il parametro antropometrico da considerare perché garante di una stima oggettiva dello stato di nutrizione è la plica tricipitale. Quest’ultima indica una condizione di grave malnutrizione se inferiore al 10° percentile. children with spastic quadriplegia. Pediatric Neurology 2008;39:330-4. 3 4 Hogan SE. Energy requirements of children with cerebral palsy. Canadian J Diet Pract Res 2004;65:3. 2 Soylu OB, Unalp A, Dizdarer G, et al. Effect of nutritional support in Bell KL, Samson-Fang L. Nutritional management of children with cerebral palsy. Eur J Clin Nutr 2013;67:S13-6. 5 Stevenson RD. Use the segmental measure to estimate stature in children with cerebral palsy. 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Dev Med Child Neurol 2015;57:793-4. • La valutazione dello stato nutrizionale del bambino con paralisi cerebrale infantile (PCI) è parte integrante della ge- stione clinica del paziente. • La severità della patologia di base e la difficoltà del bambino ad alimentarsi aumentano il rischio di malnutrizione. • Per la valutazione auxologica e la stima dei fabbisogni nutrizionali del bambino con PCI devono essere considerate curve di crescita e standards di riferimento specifici. • Il peso corporeo e la plica tricipitale rappresentano gli indici antropometrici più indicativi dello stato nutrizionale nel bambino con PCI. • È importante saper interpretare la valutazione antropometrica per non confondere l’ipotrofia muscolare con la deple- zione calorico-proteica. 17 IBD HIGHLIGHTS a cura di Fortunata Civitelli L’ecografia nelle malattie infiammatorie croniche intestinali: quanto è utile? Ultrasonography in inflammatory bowel diseases: a world to discover Federica Furfaro Fortunata Civitelli2 (foto) Giovanni Maconi1 1 1 Divisione di Gastroenterologia, Ospedale Universitario Luigi Sacco, Milano; 2 UOC Gastroenterologia ed Epatologia Pediatrica, Sapienza Università di Roma Key words Transabdominal bowel ultrasound • Crohn’s disease • Ulcerative colitis • Color and power Doppler • CEUS • SICUS Abstract In the last few years transabdominal bowel ultrasound (US) has became a well-established technique in the diagnosis and follow-up of inflammatory bowel diseases (IBD), especially Crohn’s disease. In particular, US is useful in diagnosing of complications such as stenosis, abscesses and fistulae and can be used for the study of perianal disease. The role of bowel US in assessing disease activity as well as the potential application of new techniques such as contrast-enhanced ultrasound (CEUS) and Small intestine contrast ultrasonography (SICUS) is still under debate. The purpose of this article is to demonstrate the utility of bowel-US in IBD patients. Indirizzo per la corrispondenza Fortunata Civitelli viale Regina Elena 326, 00161 Roma E-mail: [email protected] 18 Le malattie infiammatorie croniche intestinali (Inflammatory Bowel Diseases - IBD) principalmente rappresentate da colite ulcerosa (CU) e malattia di Crohn (MC), sono caratterizzate da un decorso clinico cronico-recidivante, che spesso richiede indagini radiologiche del tratto gastroenterico ripetute nel tempo, per definire sede ed estensione di malattia, per monitorare l’attività, individuare le complicanze e valutare la risposta al trattamento medico e chirurgico 1. L’imaging svolge quindi un ruolo chiave nella gestione delle IBD, poiché contribuisce a guidare le decisioni terapeutiche. Negli ultimi decenni, l’impiego della radiologia convenzionale nelle IBD, in particolare del clisma del tenue e della tomografia computerizzata (TC), è divenuto sempre meno frequente, a causa dell’elevata esposizione a radiazioni ionizzanti e al conseguente aumentato rischio oncologico. Queste metodiche sono state progressivamente sostituite dalla risonanza magnetica (RM), con mezzi di contrasto endovenosi e per os. La RM è una metodica molto accurata, non invasiva e priva di radiazioni, sebbene limitata dalla ridotta disponibilità sul territorio e dai costi elevati. Negli ultimi anni è stata sempre più utilizzata l’ecografia (US), poiché semplice, ripetibile, economica, sicura e generalmente ben tollerata 2, 3. In una metanalisi del 2008, che ha confrontato l’accuratezza dell’US, della RM, della scintigrafia e della TC nella diagnosi di IBD, l’US mostra una sensibilità del 89,7% e una specificità del 95,6%, paragonabile a quella delle altre metodiche 4. Nel sospetto di IBD in ambito pediatrico, l’impiego di US combinata ad altri test diagnostici come calprotectina, ASCA e pANCA, è in grado di aumentare l’accuratezza diagnostica nel rilevare e soprattutto escludere la malattia. In particolare, è stato osservato che, nel caso in cui almeno uno dei test risulti positivo, la probabilità di avere una IBD è del 99,47%, mentre quando tutti i test sono negativi, la probabilità di IBD è dello 0,69% 5. L’utilizzo di ecografi con sonde ad alta risoluzione (712 MHz), della seconda armonica tissutale e di mezzi di contrasto orali e endovenosi, permette di studiare sia Giorn Gastr Epatol Nutr Ped 2016;VIII:18-24; doi: 10.19208/2282-2453-105 IBD HIGHLIGHTS L’ecografia nelle malattie infiammatorie croniche intestinali la malattia luminale che perienterica nella MC e di valutare per via trans-perineale anche la presenza di complicanze perianali. La sonda più appropriata per lo studio dell’intestino e della regione perianale, è una sonda microconvex o lineare con frequenza variabile da 4-8 MHz. Nello studio dell’intestino è consigliabile che il paziente sia a digiuno da almeno 4 ore, con una modesta replezione vescicale. Alterazioni ecografiche nelle IBD I parametri da valutare ecograficamente nel sospetto di IBD si possono suddividere in “alterazioni parietali” ed “extra-parietali” 6 A) Alterazioni parietali (spessore, ecostruttura, elasticità, motilità, vascolarizzazione, perdita dell’austratura). L’aumentato spessore di parete è uno dei segni più importanti nella MC. Lo spessore della parete intestinale (Bowel Wall Thickness - BWT) si misura dallo strato iperecogeno interno della parete corrispondente all’interfaccia tra mucosa e contenuto intestinale e lo strato iperecogeno esterno corrispondente alla sierosa (Fig. 1). Il BWT varia in base alla regione esplorata. Il limite stimato per il piccolo intestino è < 4 mm, per il colon trasverso < 3 mm e per il sigma < 4-5 mm. La variazione di questi cut-off influenza l’accuratezza dell’ultrasonografia nella diagnosi di MC: in particolare se il cut-off di normalità è < 3 mm, la sensibilità dell’esame è dell’88% e la specificità del 93%, mentre con un cut-off < 4 mm la sensibilità si riduce al 75% con un incremento di specificità (97%). La sensibilità dell’US nell’individuare l’ispessimento parietale nella MC è maggiore a livello dell’ileo terminale (90-95%), rispetto all’ileo prossimale, al digiuno (< 75%) FIGURA 1. Malattia di Crohn in fase di attività. Scansione longitudinale (sinistra) e trasversale (destra), ove si nota il marcato aumento di spessore della parete e la conservazione dell’ecostruttura stratificata, oltre all’ispessimento del mesentere (M). e al colon (82%). La specificità è invece alta in tutti e i segmenti (90-92%) 7. Il grado di ispessimento parietale sembra essere correlato all’attività di malattia, sia nella MC che nella CU 8, 9 (Fig. 2). Lo spessore parietale ha anche un significato prognostico: nel follow-up della MC, un BWT > 7 mm, aumenta il rischio di riscorso alla chirurgia a breve termine. Analogamente, nella CU, la riduzione dello spessore parietale del colon dopo terapia predice un outcome positivo a 15 mesi 10. Il grado di ispessimento parietale non è in grado di distinguere tra la componente infiammatoria e quella fibrotica; a questo scopo, la valutazione della vascolarizzazione della parete con ecografia con mezzo di contrasto endovenoso (Contrast Enhanced Ultrasonography - CEUS), potrebbe essere di maggior utilità. L’ecostruttura della parete intestinale, è caratterizzata normalmente da 5 strati, iper e ipoecogeni (normale stratificazione) corrispondenti a sierosa (esterno iperecogeno), muscolare, sottomucosa, mucosa e interfaccia col contenuto. Nella malattia severa, in presenza di ulcere, la parete può apparire ipocogena, con elasticità ridotta e priva di peristalsi e nel colon può scomparire la regolare austratura. La vascolarizzazione parietale, può essere valutata con colorDoppler (Fig. 2) e CEUS. In genere è aumentata nelle forme con attività severa e alcuni studi hanno suggerito la valutazione per monitorare l’attività di malattia e la risposta al trattamento, sebbene con risultati contrastanti 6. B) Alterazioni extra parietali (mesentere, linfonodi, fluido extraintestinale). 19 F. Furfaro et al. sociata a una malattia di breve durata o alla concomitante presenza di fistole o ascessi. La presenza di piccole quantità di fluido libero in cavità peritoneale (< 1 ml) è comune nei bambini o nella donna in età fertile, ha significato aspecifico e non necessariamente patologico. Alcune caratteristiche ecografiche della parete intestinale possono aiutare a differenziare la CU dalla MC (Tab. I). FIGURA 2. Rettocolite ulcerosa. Scansione longitudinale del colon discendente (Toshiba, Aplio XG) con valutazione della vascolarizzazione parietale con color Doppler (a destra). La parete appare ispessita (> 3 mm), la stratificazione è conservata e in particolare si osserva aumento di spessore dello strato iperecogeno corrispondente alla sottomucosa (freccia). Il mesentere nella MC attiva è spesso ispessito e iperecogeno (Fig. 1). I linfonodi infiammatori reattivi si trovano nel mesentere e hanno forma ovoidale o allun- gata (asse maggiore/asse minore < 2 mm), con asse minore di dimensioni variabili da < 4 mm (adulti) a < 8 mm (bambini). La loro presenza è in genere as- TABELLA I. Differenze ecografiche tra colite ulcerosa e malattia di Crohn. Pareti Colite ulcerosa Malattia di Crohn • • • • • • • • • • • • • • • • • • Spessore Ecostruttura Profili Rigidità Austra Peristalsi 5-7 mm Variabile Variabile Regolari Assenti Assenti 5-14 mm Variabile Variabili Spesso presente Assenti Spesso attenuata/assente Sede ed estensione • Sede • Interessamento • Retto-sigma e colon • Continuo • Ileo (70%) Colon (60%) • Talvolta segmentario Alterazioni extraintestinali • Ipertrofia del mesentere • Rara • Linfonodi mesenterici • Infrequenti • Fistole e ascessi • Assenti 20 • Frequente • Frequenti • Frequenti Ruolo dell'ecografia nella valutazione delle complicanze e nel follow-up post-operatorio nella MC La MC è una patologia che può interessare l’intero tratto digerente, con un’infiammazione spesso estesa anche all’intero spessore della parete. Ciò può favorire lo sviluppo di complicanze come le stenosi, caratterizzate da fibrosi o infiammazione della parete, fistole, masse infiammatorie e ascessi. Le fistole si presentano all’ecografia come tramiti ipoecogeni tubulari, originanti dalla parete intestinale, che possono mettere in comunicazione l’intestino con altri organi o approfondirsi a fondo cieco nel mesentere (Fig. 3). Gli ascessi e le masse infiammatorie appaiono spesso come delle lesioni ipoecogene e a margini mal definiti. Queste lesioni non sono sempre ben differenziabili dall’ecografia se non attraverso la CEUS, che dimostra l’assenza di vascolarizzazione nelle lesioni ascessuali (Fig. 4). Ecograficamente la stenosi intestinale è apprezzabile come segmento intestinale con pareti ispessite, lume ristretto e preceduto da una dilatazione > 25-30 mm. Nel decorso post-operatorio della MC, l’ecografia può individua- IBD HIGHLIGHTS L’ecografia nelle malattie infiammatorie croniche intestinali re la recidiva dell’ispessimento e la riacutizzazione della malattia. Il riscontro di ispessimento parietale dell’ansa pre-anastomotica > 3 mm è suggestiva di elevato rischio di recidiva post-chirurgica 11. Nuove tecniche: ecografia con mezzo di contrasto endovenoso, orale ed elastografia nelle IBD L’ecografia con mezzo di contrasto endovenoso (CEUS) si esegue attraverso la somministrazione di un mezzo di contrasto costituito da microbolle, che non diffondendo in sede interstiziale, permettono lo studio della sola fase vascolare. La CEUS permette di valutare l’attività clinica e soprattutto endoscopica della malattia oltre che monitorare la risposta alla terapia. Non esiste tuttavia un metodo standard di misurazione della vascolarizzazione e il ruolo nella definizione dell’attività deve essere ancora ben definito. L’elastografia è una tecnica di recente sviluppo, che sembra avere un ruolo promettente nel differenziare l’ispessimento parietale di natura fibrotica da quello di natura infiammatoria nella MC 12. L’ecografia del tratto gastroenterico può essere effettuata anche con contrasto somministrato per via orale (Small Intestine Contrast Ultrasonography – SICUS), costituito da soluzione acquosa di Macrogol, in quantità variabile da 500 a 700 ml. La SICUS, utilizzata essenzialmente per lo studio del tenue, ha accuratezza sovrapponibile a quella della RM e della TC, ed è particolarmente utile nella valutazione delle stenosi e del tenue prossimale 13. FIGURA 3. Malattia di Crohn con fistola entero-enterica, chiaramente osservabile al centro dell’immagine, estesa tra due anse intestinali. FIGURA 4. Malattia di Crohn con ascesso perintestinale visualizzato come un’area ipoecogena disomogena in B-MODE (immagine a sinistra) e come area anecogena dopo iniezione di mezzo di contrasto ev (CEUS) (immagine a destra). Conclusioni L’ecografia nelle IBD rappresenta una tecnica utile e accurata, non-invasiva, ripetibile e dai costi contenuti. Nonostante le numerose evidenze scientifiche, è tuttavia ancora poco diffusa nella pratica clinica. 21 F. Furfaro et al. …e in età pediatrica? L’ultrasonografia (US) intestinale è oggi una metodica utile e accurata nello studio delle IBD anche in età pediatrica. Oltre a essere non invasiva e relativamente poco costosa, ha il vantaggio fondamentale di essere priva di radiazioni ionizzanti. A causa della natura cronico-recidivante della malattia, infatti, i pazienti con IBD vanno incontro a diverse indagini radiologiche dell’intestino nel corso del tempo, soprattutto quando l’esordio si verifica in età pediatrica. Negli ultimi anni dati della letteratura hanno evidenziato un elevato livello di esposizione iatrogena a radiazioni ionizzanti nei pazienti adulti con IBD 14. Il bambino, rispetto all’adulto, è maggiormente sensibile al danno da radiazioni, per la consistente attività biologica dei tessuti, l’elevata suscettibilità al danno genomico e la maggior aspettativa di vita, che lo espone a una dose cumulativa più elevata nel corso del tempo; questo aumenta il rischio di effetti tardivi, anche a distanza di anni dall’evento radiante. Risulta quindi fondamentale per il gastroenterologo pediatra, utilizzare metodiche di imaging “radiation sparing”, come la risonanza magnetica e l’ecografia, nella diagnosi e soprattutto nel follow-up dei pazienti con IBD 14. In questa prospettiva l’US svolge un ruolo chiave sia nell’approccio diagnostico iniziale al bambino con sospetta IBD che nel followup, per monitorare l’andamento della malattia, la risposta al trattamento e identificare precocemente le complicanze. Descrizione della metodica Per quanto riguarda la descrizione della metodica, questa è sovrappo- 22 nibile a quella utilizzata nell’adulto. I segni patologici possono essere suddivisi in alterazioni parietali e alterazioni extra-parietali (Fig. 5). L’aumentato spessore di parete è uno dei segni più importanti anche nella MC pediatrica. Il cut-off utilizzato per il BWT varia nei diversi lavori da 1,5 mm a 3 mm per l’ileo terminale e 2-3 mm per il colon 15. Studi comparativi tra US e ileocolonscopia hanno dimostrato una sensibilità del 74-88% e una specificità del 78-93% per le lesioni dell’ileo terminale 6. Il coinvolgimento del mesentere e la presenza di linfonodi di dimensioni aumentate nel suo contesto, è un altro elemento tipico della MC, spesso presente nelle fasi iniziali della malattia, anche in assenza di altri segni più specifici. ad alta risoluzione per ottenere i livelli di accuratezza paragonabili a quelli della letteratura. Inoltre, anche in mani esperte, l’US può dare dei falsi positivi: l’ispessimento di parete, ad esempio, non è specifico per MC, ma può essere presente in altre condizioni molto frequenti in età pediatrica (adeno-mesenterite, vasculite ecc). D’altro canto l’US può dare dei falsi negativi nel paziente obeso, nelle lesioni mucose superficiali e quando la malattia si localizza solo in sede digiunale, evenienza molto frequente in età pediatrica. L’accuratezza diagnostica per le lesioni prossimali è infatti minore, perché il digiuno è difficilmente visualizzabile con l’ecografia tradizionale. Limiti Nonostante i numerosi vantaggi, l’ecografia intestinale presenta dei limiti. È una metodica fortemente dipendente dall’esperienza dell’operatore, forse in misura maggiore delle altre applicazioni dell’ecografia, e richiede un apparecchio Small Intestine Contrast Ultrasonography "SICUS" L’assunzione di una soluzione di contrasto orale anecoica, isosmotica, non assorbibile (macrogol) consente di superare alcuni dei li- • ALTERAZIONI Parietali ------- Aumento di spessore (> 3mm) Perdita della normale stratificazione Alterata ecogenicità (IPER/IPO) Incremento della vascolarizzazione Riduzione/assenza della peristalsi “Target Sign” • ALTERAZIONI extra-Parietali ----- Ispessimento mesentere vascolarizzazione mesentere (“Comb sign”) Aumento dimensioni linfonodi versamento • complicanze -- ascessi -- fistole -- stenosi FIGURA 5. Alterazioni ecografiche nelle IBD. IBD HIGHLIGHTS L’ecografia nelle malattie infiammatorie croniche intestinali miti dell’ecografia convenzionale: il macrogol, distendendo il lume e dissociando un’ansa dall’altra, permette di visualizzare il piccolo intestino nella sua interezza, dall’angolo di Treitz fino all’ileo terminale. La SICUS è ormai entrata nella pratica clinica della gastroenterologia dell’adulto e di recente è stata introdotta anche in età pediatrica 16. La SICUS ha un’accuratezza diagnostica paragonabile a quella della radiologia tradizionale e superiore a quella dell’ecografia standard, nella valutazione della presenza, del numero, della sede e dell’estensione di malattia, in pazienti con MC nota o sospetta. Il contrasto orale aumenta la sensibilità dell’US nella diagnosi di MC e in particolare l’accuratezza diagnostica per le lesioni prossimali e per l’individuazione delle stenosi (Fig. 6). Descrizione della metodica La SICUS nel bambino viene effettuata con due tipi di sonda (Convex da 3,5-5 MHz per la valutazione basale e lineare di 7,5-12 MHz per lo studio successivo), dopo l’assunzione di 125-375 ml di soluzione di contrasto orale. Per una completa visualizzazione del piccolo intestino, dopo l’assunzione del contrasto, le scansioni vengono effettuate a intervalli di circa 20-30 minuti: quando il contrasto passa dall’ileo terminale al colon ascendente, attraverso la valvola ileo-cecale, si esegue una valutazione retrograda delle anse intestinali dall’ileoterminale fino all’angolo di Treitz. Lo spessore di parete e il diametro endoluminale vengono misurati in più sedi (digiuno, ileo prossimale, ileo terminale) nel momento di massima distensione delle anse. La durata media dell’esame è di 45-90 minuti 16. Rispetto all’ecografia tradizionale, la SICUS consente una valutazione dinamica dell’intestino, con la possibilità di studiare la peristalsi FIGURA 6. Stenosi digiunale in un paziente con MC evidenziata con la SICUS. L’uso del contrasto orale consente di evidenziare la riduzione di calibro del lume (freccia) e la dilatazione pre-stenotica (*). e la distensibilità al passaggio del mezzo di contrasto. Questo è molto importante nella caratterizzazione delle stenosi nella MC e nella diagnosi differenziale tra stenosi infiammatorie e stenosi fibrotiche, che riveste una notevole importanza clinica e terapeutica. La rigidità (“stifness”), la riduzione o assenza di peristalsi, la scarsa distensibilità al passaggio del mezzo di contrasto e la presenza di dilatazione pre-stenotica suggeriscono una natura fibrotica della stenosi, mentre una peristalsi conservata, la distensibilità al passaggio del mezzo di contrasto e l’assenza di dilatazione pre-stenotica sono suggestivi di stenosi infiammatoria. Limiti La SICUS, come tutte le metodiche ecografiche, è strettamente operatore-dipendente, richiede molta esperienza e un’adeguata curva di apprendimento. Rispetto all’ecografia tradizionale è un’in- dagine time-consuming, in quanto sono necessari in media 45 minuti per ottenere una visualizzazione completa dell’intestino tenue. Ecografia del colon Negli ultimi anni l’ecografia intestinale è stata utilizzata con successo anche per lo studio del colon. La sensibilità nella diagnosi di lesioni infiammatorie del colon dipende dalla sede, è maggiore per il colon sinistro (90%) rispetto al destro (75-80%), mentre è bassa per le lesioni del retto (14%) 7. L’US del colon viene eseguita senza una preparazione specifica, di solito dopo un digiuno di 6 ore. I parametri da valutare sono l’aumentato spessore parietale (BWT > 3 mm), l’alterata stratificazione parietale, l’aumento della vascolarizzazione al color-doppler e la perdita dell’austratura (Fig. 2). La principale applicazione è il monitoraggio 23 F. Furfaro et al. dell’attività della colite ulcerosa, soprattutto nelle fasi di attività severa, in cui la colonscopia potrebbe essere controindicata 17. Horsthuis K, Bipat S, Bennink RJ, et al. Inflammatory bowel disease diagnosed with US, MR, scintigraphy, and CT: metaanalysis of prospective studies. Radiology 2008;247:64-79. 5 Conclusioni In conclusione, grazie alla buona accuratezza diagnostica, alla natura non-invasiva, priva di radiazioni e ai costi relativamente contenuti, l’ecografia intestinale rappresenta un valido strumento nel work-up diagnostico iniziale e nel follow-up dei pazienti pediatrici con IBD dei pazienti con diagnosi nota, prima di indagini più invasive. Bibliografia Novak K, Tanyingoh D, Petersen F, et al. Clinic-based point of care transabdominal ultrasound for monitoring Crohn’s disease: impact on clinical decision making. J Crohn’s Colitis 2015;9:795-801. 1 Van Assche G, Dignass A, Panes J, et al. 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Current gastroenterology reports. Gastroenterol Rep 2015;17:28. 14 8 Castiglione F, de Sio I, Cozzolino A, et al. Bowel wall thickness at abdominal ultrasound and the one-year-risk of surgery in patients with Crohn’s disease. Am J Gastroenterol 2004;99:1977-83. Darge K, Anupindi S, Keener H, et al. Ultrasound of the bowel in children: how we do it. Pediatr Radiol 2010;40:528-36. 15 9 10 Parente F, Molteni M, Marino B, et al. Are colonoscopy and bowel ultrasound useful for assessing response to short-term therapy and predicting disease outcome of moderate-to-severe forms of ulcerative colitis? A prospec- Pallotta N, Civitelli F, Di Nardo G, et al. Small intestine contrast ultrasonography in pediatric Crohn’s disease. J Pediatr 2013;163:778-84. 16 Civitelli F, Di Nardo G, Oliva S, et al. Ultrasonography of the colon in pediatric ulcerative colitis: a prospective, blinded, comparative study with colonoscopy. J Pediatr 2014;165:78-84. 17 • L’ecografia intestinale è oggi una metodica utile e accurata nella diagnosi delle malattie infiammatorie intestinali, in particolare della malattia di Crohn, per individuare la presenza, la sede e l’estensione di malattia. • L’uso combinato di esami di laboratorio di primo livello (VES, PCR), della calprotectina fecale e dell’ecografia intesti- nale delle anse intestinali, può consentire di selezionare i pazienti da indirizzare a un work-up diagnostico di II livello (endoscopia, entero-RM). • L’ecografia intestinale ha un ruolo fondamentale anche nel follow-up della malattia di Crohn, per individuare precoce- mente le complicanze e monitorare la risposta al trattamento. • L’utilizzo di un mezzo di contrasto per os (macrogol), mediante tecnica SICUS, aumenta l’accuratezza diagnostica dell’ecografia per le lesioni digiunali e per le complicanze stenotiche. 24 NEWS IN PEDIATRIC a cura di Monica Paci GASTROENTEROLOGY PHARMACOLOGY Terapia cognitivo-comportamentale e ipnoterapia nei disturbi funzionali gastrointestinali Cognitive behavioural therapy and hypnotherapy in functional gastrointestinal disorders Cosa sono i disturbi funzionali gastrointestinali? I disturbi funzionali gastrointestinali (DFGI) descrivono un insieme di sintomi gastrointestinali cronici e ricorrenti secondo i criteri Roma III, in assenza di evidenti markers organici di malattia. Sebbene sia ipotizzabile un’elevata prevalenza dei DFGI, al momento risulta difficile avere una stima accurata. Esiste un’enorme variabilità nei tassi d’incidenza riportati, dovuti anche al fatto che un elevato numero di bambini non ricevono cure mediche per i propri sintomi, mentre altri riportano sintomi che si possono riscontrare in differenti condizioni cliniche. Una revisione sistematica di studi epidemiologici suggerisce che la prevalenza di dolore addominale ricorrente (FRAP) vada dallo 0,3% al 19% 1. Ricerche sui DFGI evidenziano come i sintomi abbiano un enorme impatto sul senso di benessere dei bambini e dei giovani adulti. È caratteristicamente riportata una bassa qualità della vita, una riduzione nelle attività quotidiane e sociali, un’aumentata prevalenza di ansia o depressione e di altri sintomi funzionali non gastrointestinali, quali la cefalea 1. Una proporzione significativa di bambini affetti da DFGI continua a presentare sintomi in età adulta. L’eziologia dei DFGI è ancora oggetto di discussione, e un approccio biopsicosociale è generalmente utilizzato per la comprensione dei fattori che possono favorirne l’insorgenza. È stato ipotizzato che eventi avversi nella vita di un bambino, associati a un fragile benessere psicologico e sociale, siano associati a un aumentata frequenza di DFGI. Tuttavia rimane ancora da chiarire come questi fattori possano poi tradursi in sintomi gastrointestinali. La complessa interazione bidirezionale tra intestino e cervello (“brain-gut axis”) 2 sembra suggerire che stress psicologici e sociali possano modulare funzioni gastrointestinali, e fornire così un razionale per il ruolo di interventi psicologici. I DFGI hanno un notevole impatto economico sui sistemi sanitari nazionali a causa dei numerosi esami di laboratorio e strumentali richiesti, dei trattamenti di lunga durata, e delle frequenti valutazioni cliniche in ambito Lisa Barkley Level 3, Italian Building, Psychosocial and Family Services, Great Ormond Street Hospital, Londra, UK Key words Cognitive behavioural therapy • Hypnosis • Functional gastrointestinal disorder • Paediatric Abstract FGIDs can be debilitating in terms of pain or other symptoms, with reports of poorer quality of life, psychological wellbeing and family functioning. Medical management is ineffective for many. Limited research suggests the likely benefit of CBT and hypnosis in treating FRAP/ IBS. More rigorous research is needed. Indirizzo per la corrispondenza Lisa Barkley Great Ormond Street, London, WC1N 3JH, UK E-mail: [email protected] Giorn Gastr Epatol Nutr Ped 2016;VIII:25-28; doi: 10.19208/2282-2453-106 25 L. Barkley ospedaliero. Tali costi sono determinati soprattutto dalle esigenze della maggior parte dei bambini che soffrono di sintomi persistenti, o che hanno una risposta inadeguata ai trattamenti. L’utilizzo di interventi di tipo psicologico potrebbe ridurre i costi, avendo inoltre minori effetti collaterali rispetto al trattamenti farmacologici. Interventi psicologici nei DFGI Le ricerche disponibili in letteratura si sono concentrate su interventi psicologici “direzionati” al tratto gastrointestinale, per esempio la ipnosi “intestino-direzionata”, o interventi comportamentali atti alla gestione delle abitudini defecatorie. La valutazione del miglioramento sintomatologico, sia in termini di frequenza che di gravità, si associa alla valutazione anche di altri fattori, quali la qualità della vita, lo stato di benessere quotidiano (per esempio la frequenza scolastica o alle altre attività quotidiane, quali lo sport) e il tono dell’umore. Un miglioramento nello stato di benessere, nonostante la persistenza dei sintomi, può essere interpretato come un miglioramento clinico. L’approccio di tipo psicologico è utilizzato anche nel trattamento di problemi di ansia e depressione associati ai DFGI. Sebbene esistano pochi studi che abbiano valutato l’impatto del trattamento dell’ansia e della depressione sulla risoluzione dei DFGI, molti di questi riportano l’elevata comorbilità di tali componenti. Terapia cognitivocomportamentale per DFGI La terapia cognitivo-comportamentale (CBT) è una terapia ba- 26 sata sulla comunicazione, nella quale i pazienti identificano un particolare problema, e lavorano per obiettivi durante le sessioni. Di solito sono necessarie tra le 6 e le 18 sessioni, ciascuna di 3060 minuti di durata. La CBT aiuta il soggetto a identificare degli schemi di pensiero e convinzioni dannose, portando alla luce comportamenti disadattativi interconnessi, emozioni negative e sensazioni relative al proprio corpo. Il lavoro si concentra principalmente sulla modifica e riadattamento di tali convinzioni e comportamenti. I concetti fondamentali della CBT includono lo sviluppo di una formulazione condivisa del problema, esercizi di rilassamento (respirazione diaframmatica, rilassamento muscolare progressivo o visualizzazione guidata), il mettersi alla prova dal punto di vista cognitivo, la riorganizzazione del proprio “sé” e modifiche comportamentali. La CBT è sicuramente l’intervento psicologico più studiato e meglio valutato nel trattamento di disturbi neuropsichiatrici sia in bambini che adulti, ed è stata applicata con successo in modalità differenti, quali lavoro individuale, di gruppo o dell’intera famiglia. Nei DFGI, la CBT è utilizzata secondo metodologie applicative simili. La terapia cerca di scardinare schemi mentali che sono di ostacolo al superamento dei sintomi o addirittura li acuiscono (“non riesco a reagire al dolore”), pensieri negativi influenzati dai sintomi (“la gente non parla con me perché sono malato”) e comportamenti o interazioni con gli altri che non sono utili (come comportamenti di evitamento). Nella CBT rivolta ai bambini affetti da DFGI, i genitori sono generalmente coinvolti sia per il loro ruolo di promotori del “benessere” del bambino, sia nella pianificazione e discussione su comportamenti o idee che potrebbero involontariamente rinforzare il concetto di malattia nel bambino. La maggior parte degli studi riporta l’uso della CBT nel trattamento della IBS negli adulti. I risultati suggeriscono come la CBT presenti un’efficacia maggiore rispetto ad altri interventi attivi, quali l’educazione, o interventi farmacologici somministrati a pazienti in attesa di valutazione clinica. I risultati suggeriscono un impatto positivo sui sintomi della IBS, incluso il dolore, l’umore, la qualità della vita, con effetto duraturo nel tempo 3. Sono stati condotti pochi trials randomizzati sull’utilizzo della CBT nel trattamento di DFGI in età pediatrica, e tutti limitati ai dolori addominali ricorrenti funzionali (Functional Recurrent Abdominal Pain – FRAP). In questi studi la CBT includeva sessioni simultanee con i genitori o incontri con tutto il nucleo familiare. Una review Cochrane sulle terapie per i FRAP ha evidenziato una maggiore efficacia a breve termine della CBT rispetto ai soggetti controllo nella riduzione del dolore 4. Ci sono inoltre prove, seppur limitate, che suggeriscono l’efficacia della CBT nella riduzione dei comportamenti associati al dolore, e nel miglioramento sia della qualità della vita che del tono dell’umore. È opportuno sottolineare che sia la variabilità nella metodologia degli studi (differenti protocolli di trattamento, di valutazione dei risultati e del numero di soggetti controllo) che il numero ridotto di soggetti studiati rendono tali evidenze ancora non conclusive. Inoltre, in uno studio recente di Van der Veek et al., sebbene la CBT determini un netto miglioramento nei sintomi, nessuna differenza di efficacia è stata riscontrata rispetto al trattamento medico convenzionale somministrato in maniera intensiva 5. È stato evidenziato come en- NEWS IN PEDIATRIC GASTROENTEROLOGY PHARMACOLOGY Terapia cognitivo-comportamentale e ipnoterapia nei disturbi funzionali gastrointestinali trambi gli approcci (CBT e terapia medica intensiva) hanno caratteristiche simili e sovrapponibili, come l’attenzione e il contatto quotidiano. Per tale motivo ulteriori studi sono necessari per comprendere quali componenti della CBT risultano essere efficaci nel determinare un miglioramento sintomatologico osservato nei DFGI. Ipnosi e DFGI L’ipnosi clinica è stata definita come uno stato in cui un individuo ha un’attenzione fortemente mirata e una coscienza periferica limitata, nel quale si ha una aumentata risposta alla suggestione. L’ipnoterapia diretta all’intestino (Gutdirected hypnotherapy – GDH) generalmente comprende l’uso di una combinazione di induzione ipnotica e di tecniche atte alla “intensificazione” dell’attenzione dei pazienti. La GDH usa un immaginario metaforico multi-sensoriale che può includere suggestioni di rilassamento, challenge cognitivi e strategie di “coping” (tra cui quelle atte al “rafforzamento dell’Io”), e suggestioni post-ipnotiche. L’immaginario o le metafore possono essere suggerite dal terapista o generate dal paziente. La GDH solitamente include la diretta suggestione della trasformazione di un sintomo o della percezione del proprio intestino, per esempio i pazienti modificano la loro visualizzazione dell’intestino da “malato” a “sano”. Il numero delle sessioni varia, ma di solito le sessioni variano tra 3-6 con relativo follow-up, con durata tra i 30 e i 60 minuti. I pazienti spesso si esercitano tra una sessione e l’altra mediante audio-registrazioni o elaborati scritti. Come per la CBT, la GDH è stata sviluppata e utilizzata in diversi format, come quella di gruppo o quella individuale. Il meccanismo tramite cui l’ipnosi induce un cambiamento sintoma- tologico non risulta ben chiaro. La natura bidirezionale delle interazioni cervello-intestino permette di ipotizzare l’impatto positivo delle influenze psicologiche sul funzionamento complessivo dell’apparato gastrointestinale. L’effetto diretto della GDH sia sulla fisiologia gastrointestinale che sul funzionamento neurologico è al momento non ben definito, e i risultati disponibili in letteratura sono particolarmente contrastanti 6. Come per la CBT, l’efficacia della GDH è stata prevalentemente riportata nel trattamento della sindrome del colon irritabile (IBS) in età adulta, come evidenziato in una recente review, in cui 24 dei 35 studi pubblicati si riferiscono all’età adulta 7. Comunque, tale review ha evidenziato l’elevata efficacia della GDH nel trattamento della IBS. In particolare, sia rispetto ai trattamenti farmacologici standard che al placebo, la GDH determina un miglioramento clinico complessivo, e risulta essere particolarmente efficace nel miglioramento della qualità di vita e nella riduzione del dolore. Pochi studi sono disponibili in età pediatrica. La metodologia utilizzata in questi studi è particolarmente ampia, soprattutto in termini di tecniche di ipnosi usate e criteri di inclusione dei partecipanti. Mentre i criteri di Roma III differenziano tra IBS e FRAP, Vlieger et al. hanno incluso entrambi i gruppi, mentre altri si riferiscono specificatamente solo ai FRAP (anche se resta il dibattito riguardo l’indipendenza di queste entità) 8. C’è anche una variazione significativa nella somministrazione dell’intervento e su quello che può essere considerato intervento “ipnotico”: Weydert et al. 9 usano un immaginario guidato legato ai sintomi e rilassamento muscolare, mentre Gulewitsch et al. 10 valutano un “intervento breve comportamentale-ipnoterapeutico”, con il coinvolgimento dei genitori. Lo studio di Vlieger rappresenta il trial randomizzato-controllato sull’utilizzo della GDH nei FRAP o IBS maggiormente citato. Lo studio include 53 pazienti randomizzati per il trattamento standard o la GDH, e riporta una significativa riduzione sia della frequenza che dell’intensità del dolore rispetto ai controlli; tale miglioramento è osservabile anche un anno dopo la fine della somministrazione dell’intervento (e confermato con uno studio di follow-up a lungo termine). Inoltre, rispetto ai controlli, la GDH ha determinato un miglioramento anche in sintomi non gastrointestinali, che non fossero cefalea. In generale, la GDH riporta la massima efficacia nel miglioramento del dolore, mentre gli effetti su altre variabili non risultano essere ben documentati, sebbene alcuni autori riportino un miglioramento della qualità di vita. Comunque, come per la CBT, anche per CDH vi è necessità di ulteriori conferme scientifiche. L’utilizzo della GDH in altri DFGI in età pediatrica è particolarmente scarso. In età adulta, vi è un’evidenza limitata del suo utilizzo nel trattamento del dolore toracico di origine non cardiaca, e della dispepsia funzionale 7. Una mancanza di evidenze non necessariamente corrisponde a una mancanza di beneficio. Direzioni future Sebbene i dati attualmente disponibili siano scarsi e caratterizzati da una notevole variabilità metodologica e delle tecniche applicate, sia la CBT e la GDH sono efficaci nei FRAP e nell’IBS in età pediatrica. L’identificazione precisa di quali componenti di tali interventi siano in realtà efficaci rappresenta un aspetto di notevole importanza, in quanto la loro 27 L. Barkley possibile integrazione permetterebbe l’identificazione di interventi di massima efficacia. È inoltre importante sottolineare come i dati si concentrino principalmente sui FRAP, probabilmente per la loro alta prevalenza, ed è invece necessaria l’estensione della ricerca agli altri DFGI. Idealmente, una ricerca dovrebbe essere su larga scala, replicabile e longitudinale. Nella realtà tuttavia, la pressione globale esercitata per l’identificazione di interventi vantaggiosi in particolare dal punto di vista economico, supporta futuri ambiti di ricerca in cui siano valutati interventi autosomministrati, computerizzati o telefonici. 2 3 4 5 Bibliografia 1 Chitkara D, Rawat D, Talley N. The epidemiology of childhood recurrent abdominal pain in Western rectal sensitivity after gut-directed hypnotherapy in children with functional abdominal pain or irritable bowel syndrome. Am J Gastroenterol 2010;105:213-8. countries: a systematic review. Am J Gastroenterol 2005;100:1868-75. 6 Carabotti M, Scirocco A, Maselli M, et al. The gut-brain axis: interactions between enteric microbiota, central and enteric nervous systems. Ann Gastroenterol 2015;28:203-9. Palsson O, Whitehead W. Psychological treatments in functional gastrointestinal disorders: a primer for the gastroenterologist. Clin Gastroenterol Hepatol 2013;11:208-16. Huertas-Ceballos A, Logan S, Bennett C, et al. Psychosocial interventions for recurrent abdominal pain (RAP) and irritable bowel syndrome (IBS) in childhood. Cochrane Database Syst Rev 2008;1:CD003014. van der Veek S, Derkx B, Benninga M, et al. Cognitive behavior therapy for pediatric functional abdominal pain: a randomized controlled trial. Pediatrics 2013;132: e1163-72. Vlieger A, Van Den Berg M, MenkoFrankenhuis C, et al. No change in 7 Palsson O. Hypnosis treatment of gastrointestinal disorders: a comprehensive review of the empirical evidence. Am J Clin Hypnos 2015;58:134-58. 8 Vlieger A, Menko-Frankenhuis C, Wolfkamp S, et al. Hypnotherapy for children with functional abdominal pain or irritable bowel syndrome: a randomized controlled trial. Gastroenterology 2007;133:1430-6. 9 Weydert J, Shapiro D, Acra S, et al. Evaluation of guided imagery as treatment for recurrent abdominal pain in children: a randomized controlled trial. BMC Pediatr 2006;6:29. 10 Gulewitsch MD, Müller J, Hautzinger M, et al. Brief hypnotherapeutic-behavioral intervention for functional abdominal pain and irritable bowel syndrome in childhood: a randomized controlled trial. Eur J Pediatrics 2013;172:1043-51. • I disturbi funzionali gastrointestinali (DFGI) possono essere meglio compresi secondo un modello biopsicosociale, in cui sia fattori psicologici che biologici giocano un ruolo determinante. • L’utilizzo della terapia cognitivo-comportamentale e dell’ipnosi nei DFGI è supportato da evidenze limitate ma cre- scenti. • In bambini affetti da dolori addominali funzionali, sia la terapia cognitivo-comportamentale che l’ipnosi determinano un miglioramento dei sintomi gastrointestinali, capacità di svolgimento delle comuni azioni quotidiane e qualità della vita. • Al momento attuale sono comunque necessarie ulteriori evidenze scientifiche. 28 a cura di ANTONIO DI MAURO CASE REPORT Un caso anomalo di allergia alimentare (AA), a metà tra sindrome della enterocolite allergica (SEA) e AA IgE-mediata An unusual case of food allergy, between FPIES and IgE-mediated food allergy Presentazione del caso clinico F. è un bambino giunto alla nostra osservazione nel sospetto di allergia alimentare (AA) al pollo e all’uovo. La storia clinica era esordita all’età di 8 mesi quando, in due occasioni, il bambino aveva assunto pollo cotto al vapore e, a distanza di circa trenta minuti dall’ingestione, aveva presentato episodi multipli di vomito associati a pallore e letargia. In precedenza, all’età di 6 mesi, F. aveva assunto omogeneizzati di carne di pollo senza problemi. All’età di 10 mesi aveva assunto un cucchiaino di uovo crudo miscelato in una minestrina calda, dopodiché si era addormentato come di consueto. A distanza di circa 2 ore dall’assunzione del pasto, il risveglio lamentoso del bambino aveva attirato l’attenzione della nonna: il bambino aveva vomitato una volta e presentato elementi orticarioidi dapprima solo sul volto e, nel corso dei minuti successivi, sul resto del corpo. Il bambino era apparso anche pallido e letargico. Circa un mese prima, il bambino aveva assunto in due occasioni il tuorlo di un uovo bollito per dieci minuti, senza presentare reazioni avverse. Dall’età di 10 mesi F. non aveva più mangiato né uovo né pollo. La prima valutazione presso il nostro ambulatorio è stata effettuata all’età di 21 mesi. In tale occasione sono stati effettuati prick test cutanei che mostravano i seguenti risultati: uovo crudo (albume e tuorlo miscelati) = 6 mm (diametro medio del pomfo), albume bollito = negativo, tuorlo bollito = negativo, uovo al forno in matrice di grano (ciambellone) = negativo, estratto commerciale di albume (Lofarma, Italia) = 3 mm, estratto commerciale di tuorlo (Lofarma, Italia) = negativo, pol- Serena Monaco (foto) Stefano Miceli Sopo Unità Operativa Semplice di Allergologia Pediatrica, Unità Operativa Complessa di Pediatria, Area Pediatrica, Polo Salute della Donna e del Bambino, Fondazione Policlinico Universitario A. Gemelli, Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma Key words Chicken • Egg • Food protein induced enterocolitis syndrome • IgEmediated food allergy Abstract Food protein induced enterocolitis syndrome (FPIES) is a food-related gastrointestinal hypersensitivity disorder, probably non IgE-mediated. Over the years, various diagnostic criteria have been proposed to identify FPIES. In the last few years, there was an increased interest from researchers to FPIES, that frequently brought to discover new aspects of this disease. We describe an unusual case of FPIES to egg and chicken in a 21-months child, because of its clinical characteristics that reflect some aspects of IgE-mediated food allergy (FA) and other of non IgE-mediated FA. Although we believe that the most correct diagnosis for our case is FPIES, we think also that this is undoubtedly an atypical form. This is in fact, the first description of a patient who simultaneously has both clinical expressions of IgE-mediated FA and of FPIES. Our case highlights the need to review criteria for FPIES diagnosis. Indirizzo per la corrispondenza Stefano Miceli Sopo largo Agostino Gemelli 8, 00168 Roma E-mail: [email protected] Giorn Gastr Epatol Nutr Ped 2016;VIII:29-30; doi: 10.19208/2282-2453-107 29 S. Monaco, S. Miceli Sopo lo crudo = negativo, estratto commerciale di pollo (Lofarma, Italia) = negativo, istamina = 5 mm, controllo negativo = negativo. Esame obiettivo Al momento del nostro primo incontro l’esame obiettivo di F. era normale. Possibili ipotesi diagnostiche •Allergia alimentare (AA) IgEmediata nei confronti dell’uovo •Sindrome dell’enterocolite allergica (SEA) nei confronti del pollo •Sindrome dell’enterocolite allergica nei confronti dell’uovo •Entrambi i tipi di allergia alimentare, AA IgE-mediata e SEA, per entrambi gli alimenti Sviluppo e soluzione del caso clinico a pagina 45 30 a cura di Salvatore Oliva ENDOSCOPY LEARNING LIBRARY La preparazione intestinale in età pediatrica Bowel preparation in pediatric age La colonscopia è una procedura diagnostica e terapeutica di fondamentale importanza in una varietà di disturbi gastrointestinali che interessano l’età pediatrica. Tuttavia, per essere davvero efficace e utile necessita di un’adeguata preparazione intestinale. Infatti, un’insufficiente preparazione può determinare: incompleta visualizzazione della mucosa; mancata individuazione delle lesioni di piccole dimensioni; aumento dei rischi procedurali; prolungamento dei tempi di esecuzione e di anestesia/sedazione; aumento della frequenza dei controlli e costi maggiori (Figg. 1, 2). Molto spesso, proprio la preparazione intestinale rappresenta la parte più difficile della procedura in età pediatrica. Infatti, frequentemente i bambini non riescono ad assumere i quantitativi previsti, e si deve ricorrere all’utilizzo del sondino nasogastrico. L’obiettivo quindi, soprattutto in pediatria, è quello di rendere la preparazione il più tollerabile possibile, senza perdere in efficacia. Un regime ideale, dovrebbe essere allo stesso tempo efficace, sicuro, palatabile, facile da somministrare ed economico. Attualmente in commercio sono disponibili molti preparati ma nessuno di essi soddisfa a pieno tali requisiti e, a oggi, non esiste un protocollo unico standardizzato in età pediatrica. Di recente, la North American Society for Pediatric Gastroenterology, Hepatology and Nutrition (NASPGHAN), ha confrontato i diversi meccanismi d’azione, l’efficacia, la sicurezza e la tollerabilità di diverse preparazioni in commercio, al fine di individuare quelle più efficaci. In questo report i catartici in uso vengono così classificati: •Lassativi stimolanti (bisacodile, sennosidi antrachinonici). Stimolano la motilità intestinale e accelerano la defecazione, inducendo la secrezione di acqua ed elettroliti, con possibilità di dolori addominali e squilibri idro-elettrolitici importanti; •Agenti iper-osmotici (sodio fosfato, magnesio citrato). La loro azione principale consiste nel sequestrare liquidi all’interno del lume intestinale e stimolare la motilità dell’intestino. Agiscono molto Debora Vezzoli (foto) Giusy Russo Salvatore Oliva UOC di Gastroenterologia ed Epatologia Pediatrica, Azienda Universitaria Policlinico Umberto I, Dipartimento di Pediatria e Neuropsichiatria Infantile, Sapienza Università di Roma Key words Colonoscopy • Colon cleansing • Children • Pediatric endoscopy Abstract Inadequate bowel cleansing during colonoscopy may lead to incomplete visualization of the colon, missed detection of lesions, lower procedural safety, prolonged procedure time, and reduced interval time for follow-up with significant economic impact. From children’s perspective, taking a complete bowel preparation is often the most difficult part of the procedure. Despite the availability of various bowel preparations, the ideal preparation regimen for pediatric colonoscopy remains elusive, and only few well-controlled studies in pediatric population have been published. Polyethylene glycol-electrolyte is one of the most commonly used agents and has been shown to have a cleansing effectiveness similar to that of sodium picosulphate with magnesium citrate (NaPico.MgCit), but with lower acceptability. According to recent evidences, NaPico can be recommended as an option for bowel cleansing in children. The low-volume preparations represent a promising regimen for bowel preparation in children. Indirizzo per la corrispondenza Salvatore Oliva viale Regina Elena 324, 00185 Roma E-mail: [email protected] Giorn Gastr Epatol Nutr Ped 2016;VIII:31-33; doi: 10.19208/2282-2453-108 31 D. Vezzoli et al. Figura 1. Scarsa preparazione intestinale. Figura 2. Adeguata preparazione intestinale. 32 rapidamente (circa 2 ore). Sono dunque molto efficaci a bassi volumi, ma si rendono responsabili di importanti alterazioni idro-elettrolitiche; pertanto richiedono un’adeguata idratazione pre- e post-procedurale; • Agenti iso-osmotici (glicole polietilenico o PEG). Sono polimeri inassorbibili che hanno un effetto meccanico di lavaggio ad alto volume. Sono molto sicuri, in quanto non causano significative alterazioni di liquidi e di elettroliti né alterazioni della mucosa. Hanno azione rapida, circa 2 ore. Il loro svantaggio è legato alla scarsa tollerabilità e agli alti volumi necessari. Il panel di esperti ha esaminato i diversi protocolli in uso nei centri di gastroenterologia pediatrica del Nord America e ha prodotto delle raccomandazioni ufficiali per migliorarne l’utilizzo. Per quanto riguarda le sostanze utilizzate è risultato quanto segue: •PEG-3350 (polietilenglicole senza elettroliti): prodotto più utilizzato per efficacia e sicurezza; •PEG-ELS (polietilenglicole con elettroliti): efficace ma meno tollerato; •sodio fosfato: non raccomandato nei bambini per l’alta percentuale di eventi avversi; •citrato di magnesio: efficace (ma meno del PEG-3350), ma il gusto sgradevole può limitarne l’uso. In relazione all’utilizzo del PEG3350, in monoterapia si consiglia: •2-5 anni e 6-11 anni: 1,5 g/kg/ die per 1 giorno; •> 12 anni: 4 g/kg/die per 1 giorno (con succhi di frutta o integratori sportivi). Per la duplice terapia, l’associazione più frequente è PEG-3350 e bisacodile. Anche il nostro gruppo di Gastroenterologia pediatrica della Sapienza - Università di Roma ha condotto uno studio su diversi schemi di preparazione, includen- ENDOSCOPY LEARNING LIBRARY La preparazione intestinale in età pediatrica do 299 bambini randomizzati in 4 bracci di trattamento: •gruppo A: PEG-4000 alla dose di 100 mL/kg (fino ad un massimo di 4 L); •gruppo B: PEG-4000+ citrato+ bisacodile. 5 mg di bisacodile seguiti da 50 mL/kg (fino a un massimo di 2 L) di soluzione di PEG-CS; •gruppo C: PEG-3350 con acido ascorbico alla dose di 50 mL/kg (fino a un massimo di 2 L) con aggiunta di 25 mL/kg di liquidi chiari (massimo 1L); • gruppo D: 2 dosi di sodio picosolfato + magnesio citrato + acido citrico diluiti in 150 mL di acqua, seguiti da assunzione di liquidi chiari. Per ciascuno di essi sono state valutate efficacia, sicurezza e tollerabi- lità. I risultati hanno mostrato un’efficacia e una sicurezza pressoché equivalenti tra i vari trattamenti, ma una maggior tollerabilità nel gruppo con NaPico+MgCit (p < 0,01). Da questi dati emerge che le nuove soluzioni a basso volume (sia di PEG che di NaPico) sembrerebbero essere le uniche in grado di avvicinarsi ai requisiti di una preparazione ideale. Tuttavia questi nuovi regimi andrebbero validati su larga scala prima di poter diventare protocolli di riferimento, considerata la mancanza di letteratura a riguardo. Bibliografia di riferimento Di Nardo G, Aloi M, Cucchiara S, et al. Bowel preparations for co- lonoscopy: an RCT. Pediatrics 2014;134:249-56. Pall H, Zacur GM, Kramer RE, et al. Bowel preparation for pediatric colonoscopy: report of the NASPGHAN endoscopy and procedures committee. J Pediatr Gastroenterol Nutr 2014;59:409-16. Turner D, Levine A, Weiss B, et al.; Israeli Society of Pediatric Gastroenterology and Nutrition (ISPGAN). Evidence-based recommendations for bowel cleansing before colonoscopy in children: a report from a national working group. Endoscopy 2010;42:1063-70. Vejzovic V, Wennick A, Idvall E, et al. Polyethylene glycol- or sodium picosulphate-based laxatives before colonoscopy in children. J Pediatr Gastroenterol Nutr 2016;62:414-9. • La colonscopia è una procedura diagnostica e terapeutica di fondamentale importanza in gastroenterologia pediatrica. Tuttavia, per essere davvero efficace e utile necessita di un’adeguata preparazione intestinale. • Molto spesso la preparazione intestinale rappresenta la parte più difficile della procedura per i pazienti pediatrici. • Attualmente sono disponibili molti preparati ma non esiste un protocollo unico standardizzato in età pediatrica. • Le nuove soluzioni a basso volume (sia di PEG che di NaPico) sembrerebbero essere le uniche in grado di avvicinarsi ai requisiti di una preparazione ideale. Tuttavia questi nuovi regimi andrebbero validati su larga scala prima di poter diventare protocolli di riferimento, considerata la mancanza di letteratura a riguardo. 33 TRAINING AND EDUCATIONAL CORNER a cura di Barbara Bizzarri Manometria ad alta risoluzione High resolution manometry Giuseppe Pagliaro (foto) Osvaldo Borrelli2 1 UOC Pediatria Generale e d’Urgenza, Dipartimento Materno-Infantile Azienda Ospedaliera-Universitaria “Maggiore” Parma; 2 Divisione di Neurogastroenterologia e Motilità, Dipartimento di Gastroenterologia Pediatrica, Great Ormond Street Hospital for Sick Children, Londra 1 Key words Motility • Diagnostic • High resolution manometry • Esophagus • Anorectum • Colon Abstract High-resolution manometry (HRM) enables more detailed definition, both in term of space and time, of pressure profiles along the gut. By a combination of new manometric assemblies and advances in computer processing allow pressure data to be presented as highly detailed topographical plots. HRM provides objective measurements of the intraluminal pressure, and improve the sensitivity and specificity of manometric recording. Indirizzo per la corrispondenza Giuseppe Pagliaro via Gramsci 14, 43100 Parma E-mail: [email protected] una progressiva riduzione della distanza tra di essi, in associazione a una specifica rappresentazione topografica delle variazioni pressorie. La HRM è utilizzata principalmente nello studio dei disturbi motori esofagei, sebbene negli ultimi tempi si è osservata una sua crescente applicazione nella valutazione della motilità colonica e rettale. Esistono due metodi principali per l’esecuzione della manometria intestinale: un metodo che richiede la perfusione costante di acqua con un sistema a bassa compliance e un metodo allo stato solido. In entrambi i sistemi, le variazioni di pressione endoluminale sono acquisite mediante cateteri posizionati nel lume intestinale, e inviate a trasduttori in grado di trasformare il segnale meccanico in elettrico, e amplificarlo. Nel sistema a perfusione, i cateteri presentano un numero variabile di fori (open tips) perfusi da una pompa pneumoidraulica a un flusso costante e quando occlusi, per esempio da una contrazione, le variazioni pressorie sono trasmesse a trasduttori localizzati esternamente ai cateteri. Nel sistema allo stato solido, invece, i microtrasduttori sono localizzati lungo la superficie del catetere (endoluminali), permettendo un’elaborazione diretta dei cambi pressori. I cateteri allo stato solido sono caratterizzati da una maggiore rigidità e costo più elevato rispetto quelli perfusionali, ma presentano una maggiore accuratezza diagnostica. Manometria esofagea ad alta risoluzione La manometria intestinale ad alta risoluzione (High Resolution Manometry - HRM) rappresenta uno sviluppo tecnologico della manometria intestinale convenzionale, rispetto alla quale è caratterizzata da una maggiore risoluzione spazio-temporale, una visualizzazione più intuitiva e diretta dei patterns motori e un netto miglioramento nella accuratezza diagnostica. Ciò è dovuto a una riduzione sensibile della grandezza dei cateteri utilizzati, un impressionante aumento del numero dei sensori pressori e 34 I disturbi della motilità esofagea sono stati i primi a essere studiati mediante la manometria ad alta risoluzione, che ha ormai ampiamente sostituito la manometria convenzionale. L’HRM permette la registrazione della pressione endoluminale esofagea mediante sensori ravvicinati, a intervalli di circa 1 cm, lungo tutto l’esofago (high spatial resolution) e una maggiore accuratezza nella registrazione pressoria (temporal and pressure resolution). Tramite un software dedicato le ampiezze pressorie vengono espresse in una scala di colori che prende il nome di Esophageal Pressure Topography (EPT) (Fig. 1). Giorn Gastr Epatol Nutr Ped 2016;VIII:34-37; doi: 10.19208/2282-2453-109 TRAINING AND EDUCATIONAL CORNER Manometria ad alta risoluzione FIGURA 1. Esempio di deglutizione registrata mediante manometria esofagea ad alta risoluzione (HRM). L’avvento dell’EPT ha determinato l’introduzione di nuovi parametri nella valutazione e diagnosi dei disturbi motori esofagei e sebbene siano state proposte numerose classificazioni, attualmente la più utilizzata è la cosiddetta Classificazione di Chicago (Tab. I). Per lo studio della motilità esofagea, il catetere è introdotto per via nasale a paziente sveglio, e solo occasionalmente è richiesta una sedazione. Dopo un periodo di rilassamento, lo studio con HRM consta, in breve, di due fasi: 1. la prima fase è contraddistinta da una registrazione a riposo, nella quale vengono posizionati i markers che individuano lo sfintere esofageo inferiore (LES), superiore (UES) e lo stomaco e viene misurata la pressione del LES a riposo (resting pressure); 2. la seconda fase, più dinamica, è caratterizzata da 10 deglutizioni con 2-5 ml di acqua. Successivamente, se possibile, si invita il paziente a bere un intero bicchiere di acqua (test da stress), e infine nei pazienti con sintomi durante l’assunzione di cibi di consistenza aumentata o secchi si effettua la valutazione dell’attività motoria in corso di un pasto solido. L’HRM, a differenza della manometria convenzionale, ha dei tempi di esecuzione minori, poiché non sono necessarie manovre ripetitive di “pull-trough” o di riposizionamento del catetere. Al termine della registrazione, ogni deglutizione viene valutata e classificata mediante dei parametri che permettono in maniera accurata e oggettiva di definire differenti pattern dell’attività motoria esofagea (Tab. I). La HRM ha permesso di distinguere l’acalasia in tre sottogruppi, sulla base dei differenti pattern pressori e la presenza di contrazioni spastiche: 1. tipo I: acalasia con pressurizzazione assente (classic achalasia); 2. tipo II: acalasia con compressione esofagea (achalasia with panesophageal pressurization); 3. tipo III: acalasia con contrazio- ni premature dall’elevata ampiezza (spastic achalasia). Questa nuova classificazione si è dimostrata utile nel predire la risposta al trattamento e di conseguenza nel guidare la scelta terapeutica ottimale. I limiti della metodica sono legati, principalmente, alla scarsa conoscenza di quali fattori, legati al paziente (età, peso, etnia) e tecnici (diametro del catetere, risoluzione spaziale) siano in grado di influenzare le misure dell’HRM. Nonostante sia possibile ottenere molti più dettagli sulla motilità esofagea, l’HRM non fornisce una spiegazione adeguata sulla disfagia non ostruttiva. Inoltre l’HRM ha dei costi di acquisto e gestione molto più alti rispetto alla manometria convenzionale. Manometria anorettale ad alta risoluzione Lo sviluppo dell’HRM nello studio dei disturbi anorettali è ancora 35 G. Pagliaro, O. Borrelli TABELLA I. Criteri diagnostici secondo l’ultima versione della classificazione di Chicago. Diagnosi Criteri diagnostici Disordini con incompleto rilassamento del LES: - Acalasia tipo I - Acalasia tipo II - Acalasia tipo III - EGJ outflow obstruction IRP medio al di sopra dei limiti di norma + 100% di peristalsi fallite. ≥ 20% di PEP (panesophageal pressurization). ≥ 20% di contrazioni premature (spastiche). Presenza di peristalsi intatte o peristalsi frammentate non soddisfa i criteri per la diagnosi di acalasia (ostruzione meccanica) Disordini maggiori della motilità (non osservati in soggetti sani) - Spasmo esofageo distale (DES) - Esofago Ipercontrattile (Jackhammer esophagus) - Contrattilità assente IRP normale + ≥ 20% di contrazioni premature. ≥ 20% DCI > 8000 mmHg-cm-sec 100% di peristalsi fallite Disordini minori della motilità - Motilità inefficace - Peristalsi frammentata IRP normale + ≥ 50% di deglutizioni inefficaci ≥ 50% di deglutizioni frammentate e non efficaci Motilità normale IRP normale + > 50% di deglutizioni efficaci IRP, Integrated Relaxation Pressure; DCI, Distal Contractile Integral; EGJ, Giunzione Esofagogastrica in una fase iniziale. La manometria anorettale ad alta risoluzione (HRAM) si basa sull’utilizzo di cateteri flessibili allo stato solido o a perfusione ad acqua che contengono 8-12 sensori, distanziati tra loro circa 0,5-1 cm, che permettono una valutazione pressoria spazio-temporale migliore rispetto ai cateteri della manometria convenzionale. Questo tipo di sistema permette un minor tempo di esecuzione e una più semplice interpretazione (Fig. 2). Le indicazione cliniche sono le stesse dell’HRM tradizionale, ossia la valutazione quantitativa e qualitativa delle funzioni motorie anorettali e in particolar modo del canale anale, il cui normale funzionamento esprime la perfetta coordinazione tra il sistema nervoso autonomo e somatico. I principali parametri valutati sono: • lunghezza del canale anale; • pressione a riposo dello sfintere anale (resting pressure); • ponzamento (squeezing pressure); • riflesso Inibitorio Retto Anale (RAIR), fondamentale soprat- 36 tutto nel sospetto di Malattia di Hirschsprung. Alcuni autori hanno comparato questi parametri usando la metodica tradizionale e quella ad alta risoluzione, evidenziando una buona correlazione. L’HRM for- nisce, sicuramente, una migliore caratterizzazione e comprensione della motilità anorettale, ma gli studi pubblicati non hanno ancora dimostrato un vantaggio clinico-diagnostico definitivo nei confronti della manometria con- FIGURA 2. Tracciato di manometria anorettale ad alta definizione. TRAINING AND EDUCATIONAL CORNER Manometria ad alta risoluzione Bibliografia di riferimento Dinning PG, Carrington EV, Scott SM. Colonic and anorectal motility testing in the high-resolution era. Curr Opin Gastroenterol 2016;32:44-8. Dinning PG, Carrington EV, Scott SM. The use of colonic and anorectal high-resolution manometry and its place in clinical work and in research. Neurogastroenterol Motil 2015;27:1693-708. Fox M, Bredenoord AJ. Oesophageal high-resolution manometry: moving from research into clinical practice. Gut 2008;57:40523. FIGURA 3. Patterns motori colonici evidenziati tramite tracciato manometrico ad alta risoluzione. venzionale, come è accaduto in quella esofagea. Inoltre i cateteri utilizzati sono molto più costosi e fragili e hanno una durata inferiore rispetto a quelli convenzionali. Manometria colonica ad alta risoluzione L’introduzione dell’HRM nello studio dei disturbi colonici è all’inizio, con pochissimi studi pubblicati a disposizione. Anche per la manometria colonica esiste un sistema perfusionale e un sistema allo stato solido. I cateteri utilizzati nel sistema perfusionale presentano un numero di punti di registrazione variabile tra 20 e 24, mentre i cateteri allo stato solido variano tra 36 a 72-120 sensori pressori, spaziati ogni 10 mm (catetere a fibre ottiche). È stato dimostrato che la manometria ad alta risoluzione fornisce un’accuratezza e sensibilità maggiore nella valutazione dei patterns motori colonici che non vengono individuati con l’HRM a bassa risoluzione. Questo sviluppo tecnologico potrà contribuire a comprendere in maniera più chiara la normale fisiologia del colon e a individuare dei biomarkers clinicamente rilevanti nella valutazione delle alterazioni della motilità colonica (Fig. 3). Jones MP, Post J, Crowell MD. Highresolution manometry in the evaluation of anorectal disorders: a simultaneous comparison with water-perfused manometry. Am J Gastroenterol 2007;102:850-5. Kahrilas PJ, Bredenoord AJ, Fox M, et al. The Chicago classification of esophageal motility disorders, v3.0. Neurogastroenterol Motil 2015;27:160-74. Kahrilas PJ. Esophageal motor disorders in terms of high-resolution esophageal pressure topography: what has changed? Am J Gastroenterol 2010;105:981-7. Lee TH, Bharucha AE. How to perform and interpret a high-resolution anorectal manometry test. J Neurogastroenterol Motil 2016;22:46-59. Van Hoeij FB, Bredenoord AJ .Clinical application of esophageal high-resolution manometry in the diagnosis of esophageal motility disorders. J. Neurogastroenterol Motil 2016;22:6-13. • La manometria ad alta risoluzione rappresenta uno sviluppo tecnologico della manometria tradizionale. • L’HRM garantisce una maggiore risoluzione spazio-temporale permettendo un’interpretazione migliore dei risultati. • La manometria esofagea ad alta risoluzione mediante l’utilizzo di parametri derivanti dall’Esophagel Pressure Topo- graphy (EPT) ha permesso una nuova e più accurata classificazione dei disturbi motori esofagei. • L’introduzione dell’HRM nello studio della motilità colonica e rettale è in una fase iniziale, ma sembra permettere una comprensione più dettagliata dei pattern e dell’attività motoria. 37 GUIDELINES: WHAT IS THE BEST FOR CLINICAL PRACTICE a cura di Teresa Capriati Diagnosi e gestione dell’infezione da Helicobacter pylori nel bambino: le indicazioni “evidence based” delle Linee guida ESPGHAN e NASPGHAN Evidence based guidelines for diagnosis and management of Helicobacter pylori infection in children Teresa Capriati UOS di Nutrizione artificiale, Ospedale pediatrico Bambino Gesù, Roma Key words Infezione da Helicobacter pylori • Test invasivi e non invasivi • Resistenza alla claritromicina Abstract In this review we summarize the main recommendations for diagnosis and management of Helicobacter pylori infection in children formulated in ESPGHAN and NASPGHAN evidence-based guidelines. Grades of evidence were reported for each recommendation based on the GRADE system. The comment of an expert reviewer explicates the applicability of these reccomendations to daily clinical practice. Indirizzo per la corrispondenza Teresa Capriati piazza Sant’Onofrio 4, 00165 Roma E-mail: [email protected] 38 Raccomandazioni Nel 2011 la Società Pediatrica Europea di Gastroenterologia, Epatologia e Nutrizione (ESPGHAN) e la Società Pediatrica Americana di Gastroenterologia, Epatologia e Nutrizione (NASPGHAN) hanno sviluppato, con l’aiuto di un panel internazionale di esperti (11 gastroenterologi pediatri, 2 epidemiologi, 1 microbiologo e 1 patologo) le Linee guida (LG) “evidence-based” riguardanti diagnosi e trattamento della infezione da Helicobacter pylori (HP) in età pediatrica 1. Tali LG si basano su una ricerca bibliografica sistematica di tutte le pubblicazioni relative all’argomento uscite da gennaio 2000 a dicembre 2009 (sono state riviste 738 su 2290 pubblicazioni selezionate) e condotta su 8 banche dati. L’intento è stato quello di rispondere a 4 domande fondamentali: quali soggetti sottoporre a indagini per l’infezione da HP, qual è l’indagine diagnostica più adatta, chi trattare e con quale schema di terapia. La LG presenta 21 raccomandazioni (divise per aree tematiche) classificate in base alla forza della raccomandazione prodotta e al suo grado di evidenza (Sistema GRADE) e un algoritmo “evidence based” relativo agli step di diagnosi e trattamento della infezione da HP in età pediatrica. Queste LG sono pensate e studiate per i bambini e gli adolescenti che vivono in Europa e in Nord America, e potrebbero non essere applicabili a coloro che vivono in paesi in via di sviluppo che presentano un alto tasso di infezione da HP e risorse sanitarie limitate. Nelle tabelle I, II e III abbiamo riassunto le principali raccomandazioni relative all’approccio diagnostico e terapeutico all’infezione da HP, in base alla percentuale di accordo e grado di evidenza della raccomandazione. Nella tabella IV vengono elencati i test diagnostici disponibili allo stato attuale, suddivisi per categorie (test invasivi e test non invasivi). Gli schemi di terapia proposti dalla LG sono riassunti in tabella V. Nei casi di resistenza secondaria agli antibiotici (evento comune nei bambini) la LG offre delle alternative terapeutiche e/o procedurali (vedi raccomandazione 21). Giorn Gastr Epatol Nutr Ped 2016;VIII:38-44; doi: 10.19208/2282-2453-110 a cura di Teresa Capriati Commenti GUIDELINES: WHAT IS THE BEST FOR CLINICAL PRACTICE Costantino De Giacomo Le LG ESPGHAN/NASPGHAN sono sviluppate su 4 domande chiave: 1. Chi deve essere testato per l’infezione da HP? 2. Quali test dovrebbero essere usati per questo scopo? 3. Chi dovrebbe essere trattato? 4. Quali regimi terapeutici sono più appropriati? La prima domanda è la più importante che le LG pongono (chi deve essere testato per l’infezione da HP?) e non può non tenere conto di 2 aspetti fondamentali: l’epidemiologia dell’infezione e le differenze esistenti fra adulto e bambino in merito all’evolutività clinica della stessa. L’infezione da HP, in effetti, non è sempre patogena anzi, sotto molteplici aspetti, rappresenta un esempio tipico di malattia ospite-parassita, in cui è possibile un vasto spettro di manifestazioni cliniche che vanno dalla possibile risoluzione spontanea nei primi 2 anni di vita all’evoluzione (> 90%) in gastrite cronica antrale non attiva (una sorta di adattamento simbiotico), o più raramente, attiva; ancora più sporadicamente, poi, l’infezione da HP determina lo sviluppo di quadri clinici patologici specifici ed etàdipendenti quali la malattia ulcero-peptica (7-8%), l’atrofia gastrica, il carcinoma (CR) gastrico (< 1%) e il BLinfoma gastrico a bassa malignità (Maltoma). Questa progressiva evolutività è rara nell’età pediatrica, età in cui la manifestazione clinica al massimo si limita alla patologia peptica (raramente ulcerosa e più comunemente infiammatoria antrale) 2. Alla base di questo polimorfismo clinico ci sono non solo le specificità del batterio (attività citotossiche più o meno marcate e ceppo-dipendente), ma anche alcune caratteristiche dell’ospite 3. Proprio alla luce di questo dato (bassa ricaduta clinica dell’infezione da HP in età pediatrica) ci si deve chiedere innanzitutto se sia utile ai fini della salute del bambino diagnosticare l’infezione da HP, dato che in questo caso “infezione” raramente vuol dire “malattia”. Nei bambini, inoltre, i sintomi legati alla malattia peptica associata all’infezione da HP sono assolutamente aspecifici e possono includere dolore epigastrico, soprattutto dopo i pasti, con risveglio notturno, nausea e/o vomito, anoressia, ematemesi e anemia da carenza di ferro (multifattoriale). Questo dato spiega una delle prime precisazioni delle raccomandazioni, ossia che l’obiettivo primario dell’indagine clinica dei sintomi gastrointestinali deve essere quello di determinare la causa sottostante i sintomi e non solamente la presenza o meno della infezione da HP (Tab. I). Ne consegue che, in presenza di un sintomo di allarme di patologia del tratto digestivo superiore, quale dolore persistente ai quadranti addominali superiori, vomito persistente, sanguinamento gastrointestinale, perdita di peso involontaria, andranno eseguiti accertamenti appropriati, tra i quali vi è anche una esofagogastro1 SC di Pediatria, ASST Grande Ospedale Metropolitano Niguarda, Milano Indirizzo per la corrispondenza Costantino De Giacomo piazza Ospedale Maggiore 3, 20162 Milano E-mail: [email protected] duodenoscopia (EGDS) con annessa ricerca dell’HP. In presenza invece di sintomi funzionali, come il dolore addominale senza alcun segno di allarme, la ricerca dell’infezione da HP non è indicata. Le LG contemplano un’unica eccezione alla regola, secondo la quale la diagnosi di infezione da HP sia basata solo sui test invasivi: questa eccezione è il caso dei bambini asintomatici che hanno parenti di primo grado con carcinoma gastrico. In questo caso la ricerca dell’HP, in qualunque modo sia condotta (quindi sia con test invasivo che con l’istologia), se risulta positiva, autorizza a prendere in considerazione un atteggiamento del tipo “ sottopongo a test e tratto”. Più ambigua invece appare la raccomandazione di valutare per l’infezione da HP i bambini con anemia sideropenica refrattaria ai trattamenti, in cui siano state escluse altre cause di anemia sideropenica. Nella raccomandazione infatti non viene precisato con quale tipo di test valutare questi pazienti (test non invasivo o invasivo?) e soprattutto non è chiaro se a una diagnosi positiva debba seguire un trattamento specifico o meno. La terapia eradicante aumenta i livelli di emoglobina anche senza terapia sostitutiva, a differenza di quanto accade facendo solo terapia marziale. Viene comunque ribadito che, nel caso in cui i test non invasivi per la ricerca delle cause dell’anemia sideropenica non siano conclusivi e nel caso in cui l’anemia sia refrattaria alla terapia con il ferro per os, l’EGDS con biopsie è indicata. In merito al possibile ruolo patogenetico dell’infezione da HP in patologie extra-digestive, le LG, sulla base degli studi analizzati 4, sottolineano come 39 T. Capriati, C. De Giacomo TABELLA I. Raccomandazioni relative all’approccio clinico e diagnostico all’infezione da Helicobacter pylori (HP) secondo il grado di evidenza e la forza della raccomandazione. Strategia di approccio clinico all’infezione da HP Accordo Grado di evidenza 100% Non applicabile 92% 93% 100% Alto Basso Basso 100% Basso Accordo Grado di evidenza Per la diagnosi di infezione da HP durante la EGDS, si raccomanda di ottenere biopsie gastriche (antro e corpo) da sottoporre a esame istopatologico (raccomandazione 6). 93% Moderato Si raccomanda che la diagnosi iniziale di infezione da HP sia basata su almeno 2 test ottenuti su biopsie: esame istopatologico positivo e test rapido positivo o cultura positiva (raccomandazione 7). 100% Moderato L’obiettivo primario dell’indagine clinica in caso di infezione da HP è soprattutto quello di determinare la causa dei sintomi e non solo di accertare la presenza di infezione da HP (raccomandazione 1). I test diagnostici per l’infezione da HP: non sono raccomandati nei bambini con dolore addominale funzionale (raccomandazione 2); possono essere presi in considerazione in bambini con parenti di primo grado affetti da carcinoma gastrico (raccomandazione 3) e nei bambini con anemia sideropenica refrattaria, in cui siano state escluse altre cause (raccomandazione 4). Non ci sono evidenze sufficienti che l’infezione da HP possa essere causalmente correlata a otiti medie, infezioni del tratto respiratorio superiore, malattia parodontale, allergie alimentari, sindrome della morte improvvisa nel lattante (SIDS), porpora trombocitopenica idiopatica e bassa statura (raccomandazione 5). La diagnosi si basa su indagini effettuate su biopsie gastriche ottenute durante esofagogastroduodenoscopia (EGDS) non vi siano allo stato attuale prove sufficienti per stabilire e sostenere una correlazione causale e come esse non rappresentino un’indicazione alla ricerca della infezione da HP. In merito alla seconda domanda posta dalle LG (quali test dovrebbero essere usati per diagnosticare l’infezione da HP) il corretto percorso diagnostico prevede l’utilizzo solo dei test invasivi in ambito clinico (mentre in ambito epidemiologico i test non invasivi sono gli unici a dover essere utilizzati). I test invasivi sono quelli basati sull’istologia, sul test all’ureasi e sulla coltura della biopsia da EGDS. Tali test sono i soli ad avere una sufficiente predittività diagnostica e le LG sottolineano come per la diagnosi sia richiesta la positività della ricerca microscopica sulla biopsia (antro e corpo) associata alla positività di un secondo test (ureasi o coltura mi- 40 crobiologica). La coltura, inoltre, dovrebbe essere eseguita sempre in caso di persistenza/reinfezione allo scopo di definire con l’antibiogramma la terapia più adeguata ed evitare terapie inappropriate, soprattutto in caso di elevata antibiotico-resistenza. In merito ai test non invasivi, quali il 13C-Urea breath test e la ricerca dell’antigene fecale, è importante sapere che hanno un valore analogo ai fini della verifica dell’avvenuta eradicazione dell’infezione da HP (Tabb. III e IV). È importante, per garantire l’attendibilità dei test (sia invasivi che non invasivi), rispettare una precisa tempistica diagnostica e far trascorrere almeno 2 settimane dalla sospensione dei farmaci inibitori di pompa protonica e 4 settimane dalla sospensione degli antibiotici prima della loro esecuzione. La terza domanda (chi deve essere trattato?) è altrettanto fondamen- tale, in quanto sottintende che l’infezione non deve essere sempre trattata (Tab. II). Le LG, infatti, sottolineano che tutti i casi con ulcera e infezione da HP vanno di regola trattati con terapia eradicante, tenendo però ben presente che in età pediatrica l’associazione tra ulcera, erosioni e infezione è molto meno stretta che nell’adulto. Un recente studio europeo prospettico e multicentrico ha mostrato che su 244 casi di lesioni gastroduodenali solo il 27% dei bambini con ulcera gastrica e il 53% con ulcera duodenale avevano un’infezione da HP 5. In merito poi ai bambini con infezione da HP ma senza malattia ulcero-peptica (che costituiscono in realtà la maggior parte dei bambini sottoposti a EGDS) le LG sottolineano come essi rappresentino di fatto un dilemma e lasciano in questo caso ampio spazio al giudizio del medico, suggerendo anche la possibilità di argomentare GUIDELINES: WHAT IS THE BEST FOR CLINICAL PRACTICE Diagnosi e gestione della infezione da Helicobacter pylori in età pediatrica TABELLA II. Raccomandazioni relative alla strategia e agli schemi terapeutici consigliati nell’infezione da Helicobacter pylori (HP) secondo il grado di evidenza e la forza della raccomandazione. Strategia di approccio alla terapia dell’infezione di HP Una strategia “sottopongo a test e tratto” (diagnosi di infezione da HP con l’uso di un test non invasivo e a seguire terapia) non è raccomandata nei bambini (raccomandazione 14). In presenza di ulcera peptica HP positiva (PUD), si raccomanda l’eradicazione dell’HP (raccomandazione 12) Quando il rilevamento dell’HP non si associa a PUD, il trattamento per HP può essere preso in considerazione (raccomandazione 13). Nei bambini con infezione da HP e con parente di I grado con carcinoma gastrico si può avviare la terapia (raccomandazione 15). Terapia dell’infezione da HP Le terapie di prima scelta per l’eradicazione sono le seguenti (raccomandazione 17): 1) terapia triplice: inibitore di pompa protonica (IPP) + amoxicillina + claritromicina oppure IPP + amoxicillina + imidazolo oppure sali di bismuto + amoxicillina + imidazolo; 2) terapia sequenziale. Si raccomanda che la durata della terapia tripla sia da 7 a 14 giorni. Bisogna considerare costi, compliance, ed effetti collaterali (raccomandazione 19). Si raccomanda l’esecuzione dell’antibiogramma per la claritromicina prima di iniziare una tripla terapia con claritromicina in quelle aree/popolazioni con ceppi di HP con un tasso di resistenza alla claritromicina notoriamente alto (> 20%) (raccomandazione 18). Si raccomanda la sorveglianza dei tassi di resistenza agli antibiotici dei ceppi di HP in bambini e adolescenti nei diversi paesi e aree geografiche (raccomandazione 16). 80% Grado di evidenza Moderato 100% 79% Alto Basso 93% Basso Accordo 100% Grado di evidenza Moderato 93% Moderato 93% Moderato 100% Non applicabile Accordo TABELLA III. Raccomandazioni relative all’eradicazione dell’Helicobacter pylori (HP) e alle strategie in caso di fallimento della terapia di prima linea secondo il grado di evidenza e la forza della raccomandazione. Verifica dell’eradicazione Il breath test all’urea (13C-UBT) e il test immunoenzimatico (ELISA) che ricerca l’antigene dell’HP su feci sono due test non invasivi affidabili nel determinare l’eradicazione dell’HP (raccomandazioni 8 e 9). Si raccomanda l’esecuzione di un test affidabile non invasivo per verificare l’eradicazione almeno 4-8 settimane dopo completamento della terapia (raccomandazione 20). Si raccomanda di attendere almeno 2 settimane dopo la sospensione della terapia con IPP e 4 settimane dopo la sospensione degli antibiotici prima di eseguire biopsia e test non invasivi (13C-UBT, ELISA su feci) per HP (raccomandazione 11). I test che si basano sulla ricerca nel siero, nelle urine e nella saliva degli anticorpi (IgG, IgA) contro HP non sono affidabili per l’uso in ambito clinico (raccomandazione 10). Se la terapia di prima scelta fallisce (raccomandazione 21) Si consigliano 3 opzioni: 1) esecuzione di EGDS, con coltura e antibiogramma per antibiotici alternativi (se non effettuato prima a guida della terapia); 2) fluorescenza in ibridazione in situ (FISH) su biopsie sospese in paraffina, se il test di sensibilità alla claritromicina non è stato eseguito prima di avviare la terapia; In caso sia impossibile eseguire una coltura: 3) modifica della terapia con aggiunta di un antibiotico, usando diversi antibiotici, aggiungendo bismuto, e/o aumentando la dose e/o la durata della terapia. TERAPIE QUADRUPLICI: IPP + metronidazolo + amoxicilina + bismuto TERAPIE TRIPLICI: IPP + levofloxacina (moxifloxacina) + amoxicillina 94% 86% 93% Grado di evidenza Alto Moderato Basso 100% Alto 87% Alto Accordo Accordo 100% Grado di evidenza Non applicabile 41 T. Capriati, C. De Giacomo TABELLA IV. Test per indagare l’infezione da Helicobacter pylori (HP). Test invasivi (richiedenti l’endoscopia) Sensibilità (%) Specificità (%) > 95% > 95% Test rapido all’ureasi 95% 85% Coltura del germe 64% 100% Metodo Biopsie e istologia Vantaggi Svantaggi Ampiamente disponibile; Costoso; Valuta il danno Richieste 3 biopsie; mucosale sottostante Recente uso di AB o PPIà FN Risultato rapido; Facile da eseguire; Meno costoso di istologia e coltura Uso di formalina, AB, bismuto o PPI à FN; La tecnica o il trattamento possono influenzare il risultato Determinazione dell’antibiotico resistenza Costosa; Richiede tecniche specifiche di trasferimento e di coltura; Richiede più di 1 settimana per i risultati; Recente uso di AB o PPI -à FN Test non invasivi (non richiedenti l’endoscopia) Metodo Sensibilità (%) Specificità (%) 13C-UBT > 95% > 95% Economico Recente uso di PPI à FN; Non raccomandato per bambini < 3 anni Ag HP su feci Monoclonale Policlonale > 90% > 90% Economico Necessità di raccogliere campione fecale Sierologia (ELISA) siero e sangue intero 85% 79% Ampiamente disponibile; Non raccomandato nella pratica clinica Economico Sierologia su urine 85% 79% Rapido risultato; Facile da eseguire Bassa sensibilità; Non raccomandato per documentare l’eradicazione Sierologia su saliva 71-93% 82-92% Facile da raccogliere; Economico Bassa sensibilità; Non raccomandato per la diagnosi Vantaggi Svantaggi Legenda. AB: antibiotici; PPI: inibitori di pompa protonica; FN: falsi negativi, Ag: antigene; HP: Helicobacter pylori con la famiglia del paziente i pro e i contro di un eventuale trattamento e la necessità di avvisarli che la sintomatologia potrebbe verosimilmente non essere dipendente dall’infezione e quindi non risolversi con l’eradicazione della infezione stessa. Il trattamento suggerito dalle LG è quello della terapia sequenziale per 10 gg o della tripla terapia per 7-14 gg (Tab. V). La terapia sequenziale, nonostante sia più 42 difficile da spiegare ai genitori e necessiti di particolare attenzione, sembrerebbe presentare un trend di efficacia terapeutica leggermente superiore nei casi claritromicina-resistenti. Questo è ancora più importante se pensiamo che in Europa il tasso di claritromicina-resistenza è in incremento e oscilla tra il 10 e il 30% 3. Bisogna sempre tenere presente che lo sviluppo di una resistenza secondaria agli antibiotici può essere un evento comune nei bambini. In questi casi la LG offre delle alternative di comportamento (vedi raccomandazione 21 in tabella III). Oggi sappiamo che alla base dell’antibiotico-resistenza di alcuni ceppi sta una particolare specificità nei fattori di virulenza ceppo-specifici. Dati più recenti suggeriscono che i risultati migliori della tripla terapia si ottengono con almeno 10 gg di trattamento. In sintesi, riteniamo le LG ancora GUIDELINES: WHAT IS THE BEST FOR CLINICAL PRACTICE Diagnosi e gestione della infezione da Helicobacter pylori in età pediatrica TABELLA V. Schemi terapeutici di prima scelta per eradicazione di infezione da Helicobacter pylori (HP). Trattamenti di prima linea per l’eradicazione dell’H. pylori nel bambino Tripla terapia Assumere per 7-14 giorni 3 farmaci contemporaneamente, secondo uno dei 3 schemi sottostanti IPP 1-2 mg/kg/die in 1-2 dosi Amoxicillina 50 mg/kg/die (max, 2 g/die) in 2 dosi Claritromicina 20 mg/kg/die (max, 1 g/die) in 2 dosi IPP 1-2 mg/kg/die Amoxicillina 50 mg/kg/die (max, 2 g/die) in 2 dosi Metronidazolo 20 mg/kg/die (max, 1 g/die) in 2 dosi Sali di Bismuto 8 mg/kg/die (max 480 mg/die) in 2 dosi Amoxicillina 50 mg/kg/die (max, 2 g/die) in 2 dosi Metro/tinidazolo 20 mg/kg/die (max, 1 g/die) in 2 dosi Terapia sequenziale In alternativa a precedente assumere per totali 10 giorni di terapia IPP (per 10 giorni) + nei primi 5 giorni amoxicillina e nei restanti 5 giorni claritromicina + metro/tinidazolo IPP 1-2 mg/kg/die 10 gg Amoxicillina 50 mg/kg/die (max, 2 g/die) in 2 dosi Primi 5 giorni Claritromicina 20 mg/kg/die (max, 1 g/die) in 2 dosi Successivi 5 giorni Metro/tinidazolo 20 mg/kg/die (max, 1 g/die) in 2 dosi applicabili nei principi generali e nei percorsi diagnostico-terapeutici proposti, ma nel contempo facciamo notare come la loro attualità confermi purtroppo la mancanza di risposte ai numerosi quesiti sull’argomento esistenti già al momento della loro formulazione. Schema 2 Koletzko S, Jones NL, Goodman KJ, et al. H. pylori Working Groups Schema 3 of ESPGHAN and NASPGHAN. Evidence-based guidelines from ESPGHAN and NASPGHAN for Helicobacter pylori infection in children. J Pediatr Gastroenterol Nutr 2011;53:230-43. Yucel O. Prevention of Helicobacter pylori infection in childhood. World J Gastroenterol 2014;20:10348-54. tion and extragastric disorders in children: a critical update. World J Gastroenterol 2014;20:1379-401. 5 Bontems P, Kalach N, Vanderpas J, et al. Helicobacter pylori infection in european children with gastroduodenal ulcers and erosions. Pediatr Infect Dis J 2013;32:1324-9. 6 Kutluk G, Tutar E, Bayrak A, et Al. Sequential therapy versus standard triple therapy for Helicobacter pylori eradication in children: any advantage in clarithromycin-resistant strains? Eur J Gastroenterol Hepatol 2014;26:1202-8. 2 3 Roma E, Miele E. Helicobacter pylori Infection in Pediatrics. Helicobacter 2015;20 (Suppl. S1):47-53. 4 Pacifico L, Osborn JF, Tromba V, et al. Helicobacter pylori infec- Bibliografia 1 Schema 1 43 T. Capriati, C. De Giacomo • Nei bambini, a differenza di quanto accade per gli adulti, una strategia “sottopongo a test e tratto” non è raccoman- data e il gold standard per la diagnosi di infezione in età pediatrica è sempre la biopsia ottenuta durante esofagogastroduodenoscopia (EGDS). • Per la diagnosi di infezione da HP è necessario avere la concordanza di almeno 2 test invasivi basati su biopsie (ad esempio istopatologia compatibile + test rapido all’ureasi positivo o coltura positiva). Al contrario lo stato di negatività per infezione da HP è dato dalla concordanza negativa di tutti e 2 o 3 i metodi invasivi usati. Si può fare diagnosi con un solo test invasivo solo nel caso di coltura da biopsia positiva per HP (questo metodo ha una specificità del 100% e sensibilità bassa) e nel caso in cui all’analisi macroscopica sia presente un’ulcera sanguinante. • Nel caso in cui non si abbia a disposizione la coltura o si verifichi una discordanza tra gli altri 2 test (test rapido all’u- reasi e istologia) a completamento della diagnosi può essere usato un test non invasivo affidabile, ossia il 13C urea breath test (13C UBT) o la ricerca dell’antigene (Ag) per HP su feci. • Tutti i test per HP invasivi e non (biopsia, UBT e ricerca Ag su feci) devono essere effettuati dopo almeno 2 settimane dalla sospensione di un inibitore della pompa protonica terapia (IPP) e 4 settimane dopo la sospensione degli antibiotici. • Gli schemi terapeutici di prima scelta prevedono l’adozione di un regime triplice continuativo (3 farmaci contemporanea- mente di cui un IPP per 7-14 giorni) o un regime di terapia sequenziale, in cui nei 10 giorni di terapia (interamente coperti da un IPP) si preveda l’utilizzo di amoxicillina nei primi 5 giorni e di claritromicina e imidazolico nei successivi 5 giorni. • Gli schemi terapeutici di seconda linea dovrebbero essere sempre guidati da un antibiogramma specifico ottenuto dalle colture delle biopsie ottenute da EGDS e in ogni caso non dovrebbero far uso di farmaci già usati nella terapia di prima linea. 44 CASE REPORT a cura di ANTONIO DI MAURO Soluzione del caso clinico di pagina 29 SVILUPPO DEL CASO CLINICO La distanza di tempo (2 ore) e il vomito associato a pallore e letargia era compatibile con il sospetto di una SEA da uovo. Tuttavia, la presenza di orticaria faceva propendere per una AA IgE-mediata, in virtù anche di un tempo di latenza di 2 ore, ammessa come tempo massimo di latenza per queste forme di AA. Abbiamo quindi deciso di eseguire, a distanza di una settimana circa dalla visita ambulatoriale, un test di provocazione orale (TPO) con ciambellone contenente uovo: la processazione mediante cottura dell’alimento incriminato è solitamente riservata alle AA IgE-mediate e ci è sembrato un approccio iniziale più prudente. Il prick test con ciambellone è risultato negativo e pertanto, un po’ confortati, abbiamo somministrato a F. 50 gr di ciambellone (contenenti 1,5 gr di proteine di uovo) in un’unica soluzione. A distanza di 3 ore, quando oramai ritenevamo il TPO negativo, il bambino ha presentato 4 episodi di vomito a getto, sudorazione fredda, pallore moderato e letargia. I sintomi si sono risolti spontaneamente entro due ore. Lo stesso giorno è stato eseguito anche “rub test” con uovo crudo, mediante lo strofinamento di un batuffolo di cotone imbevuto della miscela di uovo crudo sulla cute del volto e del tronco e, dopo venti minuti dall’inizio del test, sono comparsi piccoli pomfi di orticaria associati a prurito, le cui dimensioni e numero sono aumentati Serena Monaco Stefano Miceli Sopo Unità Operativa Semplice di Allergologia Pediatrica, Unità Operativa Complessa di Pediatria, Area Pediatrica, Polo Salute della Donna e del Bambino, Fondazione Policlinico Universitario A. Gemelli, Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma dopo altri 10 minuti. Poiché anche questa volta i dubbi sul meccanismo immune sono rimasti (da un lato i sintomi vomito-pallore-letargia a 3 ore dall’ ingestione facevano propendere per una SEA, una AA non IgE-mediata; dall’ altro, la positività del rub test orientava verso una forma di AA IgE-mediata), abbiamo voluto accertarci che l’ingestione della forma cruda dell’alimento colpevole non potesse indurre una reazione avversa di tipo IgE-mediato, magari anafilattica. E così dopo quattro settimane abbiamo effettuato un TPO con miscela di uovo crudo e succo di frutta. È stato ripetuto il prick test con miscela di albume e tuorlo crudi, che è risultato nuovamente positivo. È stato ripetuto anche il rub test, ma questa volta il test è risultato negativo. F. ha ingerito con incrementi graduali (secondo il protocollo delle AA IgE-mediate) l’uovo crudo miscelato a succo di frutta, fino ad arrivare ad assumere in totale metà di un uovo crudo e poi non ne ha più voluto. A distanza di due ore dall’ingestione della prima dose (e a circa venti minuti dall’ingestione dell’ultima dose) il bambino ha presentato un episodio di vomito in assenza di pallore e letargia. Questa volta sono stati somministrati 0,2 mg/ kg di ondansetron per via intramuscolare, ma nonostante ciò F. ha presentato altri episodi di vomito (in totale 5), associati a pallore e letargia. La pressione arteriosa si è mantenuta sempre nei limiti di norma. A distanza di quattro ore dall’inizio della sintomatologia Giorn Gastr Epatol Nutr Ped 2016;VIII:45-46 clinica il bambino stava bene. È stato proposto un TPO con omogeneizzato di pollo, ma i genitori si sono rifiutati. Soluzione del caso clinico La SEA è un disturbo di ipersensibilità gastrointestinale correlato all’assunzione di cibo, probabilmente non IgE-mediato. I sintomi della forma acuta includono vomito a getto e ripetitivo, diarrea, letargia fino a prevedere, nei casi più gravi, anche disidratazione, ipotensione e shock. Tali sintomi di solito si verificano tra le due e le sei ore seguenti l’ingestione dell’alimento sospetto 1. Nel corso degli anni, sono stati proposti vari criteri diagnostici per definire una corretta diagnosi di SEA su base anamnestica 1, criteri che sono destinati a mutare con il progredire delle conoscenze. Ad esempio, recentemente è stato pubblicato un caso di SEA da funghi, insolito perché accaduto in una bambina di 7 anni 2. Questo caso sottolinea la necessità di rivedere gli attuali criteri diagnostici di SEA che prevedono, attualmente, che l’età del primo episodio sia al massimo di 2 anni. Riteniamo che il nostro caso sia un’espressione clinica insolita dovuta a una singola AA basata su meccanismi immunopatogenetici misti, IgE- e non IgE-mediati. Le caratteristiche che, in questo caso, suggeriscono un’AA IgEmediata sono: a) l’orticaria dopo l’ingestione di uovo crudo all’età 45 S. Monaco, S. Miceli Sopo di 10 mesi; b) la positività degli SPT verso l’uovo crudo; c) la positività del primo rub test con uovo crudo; d) il vomito dopo una latenza di tempo di trenta minuti dall’ingestione del pollo cotto al vapore; e) probabilmente la tolleranza del pollo omogeneizzato, una forma di processazione che potrebbe ridurre l’allergenicità in chi è affetto da una AA IgE-mediata. Invece, le seguenti caratteristiche suggeriscono un meccanismo immunopatogenetico non IgE-mediato: a) il tempo di insorgenza dei sintomi, a distanza di 2-3 ore dall’ingestione di uovo semicrudo all’età di 10 mesi e durante i TPO con ciambellone e uovo crudo; b) il fallimento del TPO con ciambellone (questa forma processata di uovo è solitamente tollerata dai pazienti affetti da un’allergia alimentare IgE-mediata nei confronti dell’uovo crudo); l’assenza di orticaria durante il TPO con uovo crudo; d) l’esito negativo del secondo rub test con uovo crudo. Noi riteniamo che la diagnosi più ragionevole sia quella di SEA. Essa, tuttavia, non andrebbe d’accordo con uno dei criteri diagnostici più comuni della SEA, vale a dire l’assenza di sintomi tipici di una reazione IgE mediata, quale l’orticaria è 1. Sono stati già stati descritti casi di SEA virati verso una forma di AA IgE-mediata 3 e casi di AA IgE-mediata virati verso una forma di SEA 4, ma stando alle nostre conoscenze, questo descritto, è il primo caso di un paziente che manifesti in contemporanea entrambe le espressioni cliniche di AA IgE-mediata e di AA non IgE-mediata. Come il caso già descritto 2, anche il nostro caso sottolinea la necessità di rivedere i criteri diagnostici attuali di diagnosi di SEA, includendovi la possibilità che si manifestino espressioni cliniche più tradizionalmente IgE-mediate, come l’orticaria. Del resto, il ruolo patogenetico del- 46 le IgE nella SEA non è del tutto escludibile. Il TPO con miscela di uovo crudo eseguito secondo la metodologia per le AA IgE-mediate ha comportato qualche dubbio. In quell’occasione, infatti il bambino ha cominciato a vomitare a distanza di due ore dall’ingestione della prima dose assunta e venti minuti dopo l’ingestione dell’ultima dose. Se la dose responsabile dei sintomi fosse stata la prima, la reazione sarebbe compatibile certamente con la diagnosi di SEA, mentre se la dose responsabile fosse stata l’ultima, la diagnosi corretta sarebbe quella di un’AA IgE-mediata. Un altro punto interessante riguarda la simultanea allergia al pollo. Questo tipo di allergia solitamente è rara e quasi mai associata all’allergia nei confronti dell’uovo 5, almeno per quanto riguarda la forma IgE-mediata. Anche la SEA da pollo è raramente descritta 6. Di converso, Sicherer 7 suggerisce di evitare nel primo anno di vita, nei bambini affetti da SEA da alimenti solidi (come è l’uovo), alcuni alimenti considerati a rischio, tra cui pollo e carne di tacchino. Nel nostro caso, non sappiamo se la contemporanea allergia all’uovo e al pollo sia dovuta a una crossreattività, come avviene per le AA IgE-mediate, o sia dovuta a un aumento del rischio nei pazienti affetti da SEA da alimenti solidi, come suggerisce Sicherer 7. Infine, il nostro caso rappresenta anche il primo caso descritto del fallimento terapeutico della terapia intramuscolare con ondansetron, utile nel controllo del vomito occorso durante un TPO eseguito nel sospetto di SEA. Bibliografia Miceli Sopo S, Greco M, Monaco S, et al. Food proteininduced enterocolitis syndrome, from practice to theory. Expert Rev Clin Immunol 2013;9:707-15. 1 Serafini S, Bergmann MM, NowakWęgrzyn A, et al. A case of food proteininduced enterocolitis syndrome to mushrooms challenging currently used diagnostic criteria. J Allergy Clin Immunol Pract 2015;3:135-7. 2 Onesimo R, Dello Iacono I, Giorgio V, et al. Can food protein induced enterocolitis syndrome shift to immediate gastrointestinal hypersensitivity? A report of two cases. Eur Ann Allergy Clin Immunol 2011;43:61-3. 3 Banzato C, Piacentini GL, Comberiati P, et al. Unusual shift from IgEmediated milk allergy to food protein-induced enterocolitis syndrome. Eur Ann Allergy Clin Immunol 2013;45:209-11. 4 Zacharisen MC. Severe allergy to chicken meat. WMJ 2006;105:50-2. 5 Cunningham K, Scanlan B, Coghlan D, et al. Infants with FPIES to solid food proteins – chicken, rice and oats. Ir Med J 2014;107:151. 6 Sicherer SH. Food protein-induced enterocolitis syndrome: case presentations and management lessons. J Allergy Clin Immunol 2005;115:149-56. 7 • La sindrome della enterocolite allergica (SEA) deve essere sospettata anche quando gli attuali criteri diagnostici non sono completamente rispettati. • Anche nei casi dubbi, il test di provocazione orale (TPO) deve essere ef- fettuato secondo la metodologia prevista per la SEA per evitare equivoci. • Il ruolo patogenetico delle IgE nella SEA non è escludibile. • I criteri diagnostici anamnestici della SEA devono essere perfezionati.