Andar
per mare
di Ciro Paoletti e Loredana Vannacci
D
Le località di viaggio
nella pubblicità delle
Compagnie di
Navigazione italiane
negli anni ’30
ecidere di fare
un viaggio implica la scelta
di una meta. Al giorno
d’oggi non ci sarebbero
problemi per prendere
una decisione: il cinema, la televisione, internet e la stampa illustrano alla perfezione
anche i luoghi più lontani ed esotici. Prima della Grande Guerra, invece,
non era così.
Per riuscire a far conoscere le destinazioni
possibili c’era molto poco a diposizione. Si potevano illustrare luoghi, come le spiagge, o i
paesini arroccati in cima alle montagne, utilizzando immagini pittoriche che, per quanto vicine alla realtà, richiedevano ugualmente uno
sforzo d’immaginazione, mentre le foto, rigorosamente in bianco e nero, non davano altro che
una pallida eco dell’impatto visivo prodotto dai
colori.
La foto poteva essere ritoccata e colorata a mano, ma oltre a restare lontana dalla realtà era anche molto costosa.
Per questi motivi, sovente la pubblicità, più
che la destinazione, riguardava il “viaggio” inteso
come spostamento, cambiamento. Del resto, il
viaggio di mare dell’epoca era offerto a due categorie di persone: quelle che volevano fare un crociera, come adesso, e quelle che dovevano semplicemente spostarsi, categoria che al giorno d’oggi
utilizza l’aereo per lo stesso fine.
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La differenza era che
i crocieristi erano, come ora, interessati alle
fermate intermedie e al
tempo disponibile per
visitarle, mentre i viaggiatori volevano sapere
soprattutto quanto in
fretta e comodamente
sarebbero arrivati a destinazione.
Tralasciando l’aspetto delle comodità di bordo,
qui porremo l’accento sulla rappresentazione delle mete, differente a seconda di quale categoria
(viaggiatori o crocieristi) fosse destinataria del
messaggio pubblicitario.
Questo tipo di pubblicità cominciò a comparire sulla stampa periodica solo dalla fine degli Anni 20 e conobbe il suo massimo sviluppo negli
Anni 30 e 40, riprendendosi dopo la guerra, anche se su scala via via minore, a causa della crescente concorrenza del mezzo aereo.
Cominciamo la carrellata, ovviamente solo
esemplificativa, dal manifesto del 1936 delle Flotte Riunite e della Cosulich per le linee dell’America del Sud. Ha dei bei colori e la rappresentazione
del posto, per quanto spiccatamente pittorica, potrebbe mutarsi in realtà: il mare, il cielo e la montagna, tanto particolare da essere il simbolo più
caratteristico e inconfondibile di Rio de Janeiro e
quindi del Brasile. Incuriosisce, fa venire voglia
d’andare a vederla.
Il manifesto mira a colpire l’immaginario del
viaggiatore, cercando di proporgli dei posti belli,
strani, nuovi, in cui vi siano cose non usuali per l’europeo in generale, e per l’italiano
in particolare. Il viaggiatore che vede un disegno del genere si aspetta un analogo
aspetto nella realtà: il mare blu, la vegetazione folta e verde.
Viene suscitata una curiosità specifica:
quella di vedere un monte in mezzo al mare
con una vegetazione tutta diversa dalla nostra, il tutto sottolineato orizzontalmente
dalla nave coi colori della Società Italia, che
traversa il quadro proprio a metà, staccandosi col nero dello scafo dall’azzurro del
mare e col bianco dell’opera morta dal bruno della montagna.
Potrebbe essere l’Oceania, che faceva appunto la linea del Brasile, ma non è detto,
non lo sappiamo e non ci interessa; ciò che
importa è che se la destinazione è attraente,
la Società Italia ci arriva, come il messaggio
arriva al potenziale cliente.
Passiamo ad un altro continente, il
quinto. Come si vede dal manifesto del
1937 in cui è rappresentato il ponte di Sidney, il Lloyd Triestino, prolungando ulteriormente le sue già notevoli tratte oceaniche, arriva in Australia: un Paese relativamente giovane, che per alcuni dei viaggiatori poteva essere, spesso già allora, un luogo ove cominciare una nuova vita.
Il viaggio di piacere poteva trasformarsi
in un incoraggiamento a trasferirsi lì, mentre per altri poteva essere un’indicazione
utile per emigrarvi. L’Australia era più lontana e meno immediata dell’America come
meta d’emigrazione, ma un manifesto del
genere, sottolineando un aspetto di tecnologia ingegneristica come il ponte, suggeriva che si stesse sviluppando ad elevato livello e a grande velocità, che ci fosse lavoro,
che nel futuro ce ne sarebbe stato ancora e
di più, prospettiva non spiacevole per chi
poteva preferire allontanarsi dall’Europa per
rifarsi una vita.
Il Lloyd andava anche in Giappone, ma
il messaggio era tutto diverso e lo vediamo.
L’ambiente è quello del Sol Levante più
classico: il laghetto, il tempio e, in primo
piano, la donna avvolta nel tradizionale
chimono, sotto un salice piangente. Tutto è
esotico, dall’architettura all’abbigliamento
e, per un italiano degli anni fra le due guer-
Manifesto del 1936; Flotte Riunite e Cosulich, Linee celeri per le
Americhe. Sullo sfondo sono identificabili la Baia di Rio con il Pan di
Zucchero che sovrasta il transatlantico
Manifesto del 1937 del Lloyd Triestino, linee per il grande ponte di
Sidney, comunemente conosciuto come “la stampella” a causa della
silouhette che evoca l’immagine di una gruccia per camicie
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Ancora il Lloyd Triestino del 1937, questa volta, però, per le linee dirette
in Asia, Africa e Australia, ma segnatamente in Giappone. Cambia la
grafica in bianco e nero, mentre il tratto si fa più essenziale e delicato
Lloyd Triestino del 1934, dedicato alle tratte settimanali per il Medio
Oriente. In quel periodo il territorio oggi israeliano era definito
Palestina, e il 1938, con le infami Leggi Razziali, era ancora lontano
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re mondiali, non abituato a quel modo di
costruire e di vestire, il manifesto cattura
l’attenzione, stimola la curiosità e attrae il
potenziale turista.
Attraeva più dell’Australia, la cui impronta occidentale la rendeva, per quanto
lontana, non altrettanto esotica e radicalmente diversa dall’Occidente quanto il
Giappone. Ha attratto anche noi, che ci
siamo immedesimati nella mentalità del
tempo.
Occasioni specifiche di incontro potevano originare pubblicità mirate. È il caso
delle linee del Lloyd Triestino in Levante
che, in questo caso, vengono pubblicizzate
per la fiera di Tel Aviv della primavera
1934. Il messaggio è indirizzato a persone
interessate all’appuntamento espositivo,
quindi un gruppo ben preciso e limitato, al
quale viene ricordato che il Lloyd va anche
in Palestina e con tre piroscafi, Martha
Washington, Gerusalemme e Italia, che partono da Trieste e tornano da Giaffa ogni
settimana, toccando, dopo Brindisi, Haifa,
Beirut e Larnaca, cioè Palestina (sotto mandato britannico), Libano (sotto mandato
francese) e Cipro, non mancando di evidenziare la posizione di Tel Aviv a mezza
strada fra Giaffa e Haifa.
Restiamo nel Levante, dove arrivava anche l’Adriatica, società di navigazione con
sede a Venezia, di cui presentiamo il manifesto della linea per Rodi del 1938. L’accento viene messo su un angolo caratteristico
dell’isola, all’epoca capoluogo del possedimento italiano del Dodecaneso. Le donne
nel costume bianco tradizionale, coi fiori
rossi, creano due macchie di colore, accentuate dal chiaroscuro dell’ombra. L’insieme
ha delle tonalità morbide, tali da creare
un’invogliante aria di calma e serenità in
cui godersi una vacanza in un ambiente bello e riposante.
Nello stesso anno arrivano a Rodi anche
le navi del Lloyd Triestino in crociera. Dalla
Rodi disegnata di scorcio a colori dell’Adriatica, si passa, per le crociere d’estate del
1938 del Lloyd Triestino, a visioni più specifiche: alle cose da andare a vedere.
Nel caso di Rodi, rappresentata icasticamente dalle due colonne con la cerva, simbolo dell’isola, e la lupa di Roma, viene di
nuovo richiamato il passato imperiale dell’Italia, già presente nell’isola dal tempo dei
romani, poi nel Medioevo e, fino alla caduta in mano ai turchi nei primi anni del Cinquecento, adesso di nuovo là dal 1912: un
incoraggiamento all’orgoglio nazionale e alla visita di un angoletto dei domini, dell’Impero nel senso più ampio del termine.
L’esotismo della destinazione nasce dal
collocarla insieme ai cammellieri arabi, che
dal cappuccio potremmo pensare marocchini, ai paesaggi desertici tipici dell’Africa settentrionale e del mondo arabo in generale
e, infine, a Santa Sofia di Istanbul, cioè Costantinopoli, evocatrice delle delizie dei serragli ottomani e delle bellezze del Corno
d’Oro.
Le date non ci sono, ma ci sono i prezzi,
tutt’altro che bassi, specie considerando che
sono quelli minimi, implicitamente giustificati dai nomi delle navi, tutti noti, molti assai prestigiosi: Conte di Savoia, Conte Rosso,
Conte Verde, Conte Biancamano, Roma e Vulcania, alcune delle quali destinate ad avere
solo pochi anni di vita per via dell’imminente guerra mondiale.
L’America viene spesso rappresentata
sui manifesti pubblicitari. Cominciamo
dall’America centrale, con l’isola di Montecristo, nel Salvador, alla foce del Rio Lempa, 80 chilometri a sud di San Salvador,
omonima di quella a noi più nota al largo
della Toscana.
Piace perché al viaggiatore dell’epoca la
spiaggia con le palme e le capanne di paglia
dà l’idea di una vacanza in un ambiente più
che esotico, in un posto di mare che non è
la civilizzata Versilia e tantomeno le attuali
Maldive con le palme che degradano ordinatamente verso il mare.
Non c’è molto da commentare, c’è da
guardare e possibilmente andare. È una destinazione possibile, ma non c’è indicazione
di come la si raggiunga. Vi piace? Sarà il caso di chiedere alle agenzie delle Flotte Riunite o della Cosulich? Loro ci arrivano, lo
dimostra il fatto che ne parlano e il tondo
con la nave reca i colori dell’ “Italia”.
L’America settentrionale, specie allora,
era sempre l’America. In una sapiente miscela di colori ecco il Rex in uscita dal porto, chiaramente di New York, sia per la li-
Nel 1938 la Società di Navigazione Adriatica invita il viaggiatore a
tentare la tratta che congiunge Venezia a Rodi, allora possedimento
italiano del Dodecanneso, con un’ispirazione decisamente folcloristica
Flotte Riunite e Cosulich invogliano la clientela con immagini
tropicali per il Centro America e l’Isola di Montecristo, inserendo
però, modernamente, il tassello fotografico di una delle unità in
servizio nella grafica del manifesto
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di partenza o di arrivo e, quando
capitava, lo erano limitatamente
al porto, come la Stazione Marittima di Trieste o quella di Genova.
Qui invece abbiamo una vista
panoramica della Venezia più celebre, con San Marco, il campanile, il Palazzo Ducale e la Riva
degli Schiavoni: un manifesto
che serve come pubblicità della
compagnia, ma pure di Venezia
come destinazione turistica.
In un colpo solo “Adriatica Venezia”, il messaggio condensa
molto: Venezia è la sede della
compagnia Adriatica, ma pure la
1935, Flotte Riunite; in questo trionfalistico manifesto si esprime tutto l’orgoglio e la
destinazione dove tutti vorrebbeproiezione nel futuro marinaresco di un’Italia giovane, che presenta come proprio
ro andare almeno una volta nella
ambasciatore sul mare il superbo transatlantico Rex
vita, è il luogo da cui partono e in
cui arrivano le navi dell’Adriatica,
belle come il Marco Polo. Non imnea dei grattacieli sullo sfondo, sia perché là anporta dove vadano o da dove vengano, l’importandava il Rex.
te è che passino per Venezia, che portino a VeneEccolo, il più prestigioso transatlantico italiazia: messaggio efficace, messaggio riuscito; un ulteno, il vincitore del Nastro Azzurro, uscire dal New
riore esempio da cui si vede come la pubblicità di
York Harbour circondato dalle lance e dai rimorquegli anni riuscisse a spingere il viaggiatore a parchiatori con la bandiera a stelle e strisce, che semtire per vedere e per tornare, contento di aver visto
brano fargli rispettosa corte, mentre li saluta con
angoli caratteristici, ponti, porti, luoghi, spiagge,
la sirena il cui fumo bianco si staglia su quello
■
isole, ma, soprattutto, “di aver visto”.
scuro dei fumaioli.
È una pubblicità della destinazione, senza dubbio, ma ancor
più della nave stessa, una celebrazione del Rex e della Società
Italia. Questa è una tavola a colori; dal vero avrebbe fatto ancora più effetto sui passeggeri e sugli spettatori se, a distanza di oltre cinquant’anni, una testimone
oculare ricordava ancora come
l’ombra del Rex, in banchina a
Napoli, coprisse completamente
la palazzina della Capitaneria dove alloggiava il comandante del
porto e ne oscurasse le finestre.
Dalla nave disegnata alla nave
fotografata, da New York a Venezia, dall’Italia all’Adriatica, dal
Rex al Marco Polo: eccoci in Lagu1938; un manifesto completamente fotografico e di nuova concezione. L’Adriatica non
na. Le città italiane erano rara- presenta più immagini di lidi lontani, ma un proprio “biglietto da visita”: nello
mente rappresentate come luogo scenario di San Marco naviga, a lento moto, il Marco Polo, “perla” della Società
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