1. L`economia del mare della provincia di Ancona nel 2013

annuncio pubblicitario
1. L’economia del mare della provincia di Ancona
nel 2013
1.1.
Introduzione
Anche quest’anno si è ritenuto di approfondire e aggiornare la conoscenza del sistema economico locale dal
particolare punto di visto costituito dall’economia del mare o blue economy, utilizzando a tale riguardo il
lavoro di Unioncamere-SI.Camera pubblicato in occasione dei “2di Stati Generali delle Camere di Commercio
sull’Economia del Mare” (Gaeta, 30 aprile 2014), dal titolo “Terzo Rapporto sull’Economia del Mare”.
In sostanziale continuità con il precedente rapporto, tale studio conserva un approccio alla definizione
dell’economia del mare volto a comprendere tutte le attività economiche in qualche modo legate a questa
risorsa naturale, che vengono accorpate in sette settori 1:
1. filiera ittica, di cui fanno parte le attività connesse con la pesca, la lavorazione del pesce e la
preparazione dei piatti a base di pesce, compreso il relativo commercio al dettaglio e all’ingrosso;
2. industria delle estrazioni marine, come quelle del sale, del petrolio greggio e gas naturale con
modalità off-shore;
3. filiera della cantieristica: sono le attività di costruzione di imbarcazioni da diporto e sportive, cantieri
di costruzione o di demolizione navali, di fabbricazione di strumenti di navigazione, di installazione di
macchine e apparecchiature industriali connesse, come pure le attività di commercio ad essa legate;
4. movimentazione di merci e passeggeri via mare: si tratta delle attività di trasporto via acqua di merci
e persone, marittimo e costiero, comprese le relative attività di assicurazione e intermediazione e i
servizi logistici;
5. servizi di alloggio e ristorazione: include le attività ricezione alberghiera e di ogni altro tipo, nonché di
ristorazione;
6. ricerca, regolamentazione e tutela ambientale: include le attività di ricerca e sviluppo nel campo delle
biotecnologie marine e delle scienze naturali legate al mare più in generale, assieme alle attività di
regolamentazione per la tutela ambientale e nel campo dei trasporti e comunicazioni. Inoltre, in
questo settore sono presenti anche le attività legate all’istruzione (scuole nautiche, ecc.);
7. attività sportive e ricreative: include le attività connesse al turismo nel campo dello sport e
divertimento (come i tour operator, guide e accompagnatori turistici, parchi tematici, stabilimenti
balneari) e altri ambiti legati all’intrattenimento e divertimento (discoteche, sale da ballo, sale giochi,
ecc.).
Il presente approfondimento relativo alla provincia di Ancona non sarebbe stato possibile senza i dati di
dettaglio locale messi a disposizione delle Camere di Commercio in occasione della XII Giornata
dell’Economia. Per tale motivo un doveroso ringraziamento va rivolto a Unioncamere e SI.Camera che
hanno in tal modo reso possibile esaminare nel dettaglio l’economia del mare della provincia attraverso dati
aggiornati.
In questo lavoro punto di partenza imprescindibile è l’esame e l’interpretazione che della blue economy del
Paese viene data nel Terzo Rapporto sull’Economia del Mare di Unioncamere-SI.Camera, che si è cercato
di riproporre e di mettere per quanto possibile a confronto con la lettura dei dati locali.
Molti dei dati e delle considerazioni contenuti in questo lavoro riferito alla provincia di Ancona sono dunque
ripresi dal Terzo Rapporto, analogamente alla struttura per argomenti. Si precisa tuttavia che si circoscrive
1
L’esatto perimetro delle attività economiche dell’economia del mare (nella forma dei relativi codici ATECO alla quinta
cifra) è riportato in appendice al Terzo Rapporto sull’Economia del Mare di Unioncamere–SI.Camera
20
questo approfondimento relativo alla provincia dorica alla dimensione economica dell’economia del mare,
trascurando per mancanza dei relativi dati, in particolare quella, pur molto importante e attuale, relativa agli
aspetti ambientali, nonché quella relativa ai fabbisogni formativi e professionali programmati del 2013 tratti
dal Sistema Informativo Excelsior .
1.2.
Le imprese dell’economia del mare
Con il “Terzo Rapporto sull’Economia del Mare” si è consolidato e aggiornato il quadro conoscitivo relativo al
settore definito come “economia del mare”, quantificandone, in particolare, la dimensione economica dal
punto di vista di alcuni indicatori di significativa rilevanza, quali il numero delle imprese, il valore aggiunto e
l’occupazione.
Il numero delle imprese è sicuramente un punto di partenza per l’analisi di qualunque settore di attività,
poiché è nell’impresa che risiede la capacità di trasformare le risorse, di qualunque genere, comprese quelle
che provengono dal mare, in creazione di ricchezza, o valore aggiunto, e di occupazione, due parametri
fondamentali per valutare la vitalità e l’importanza delle attività economiche.
Il Terzo Rapporto indica quindi in poco meno di 180mila le imprese che costituiscono l’economia del mare in
Italia, numero che rappresenta il 3% delle imprese italiane 2, con una composizione che vede un’incidenza
prevalente delle imprese attive nell’ambito della ristorazione e dei servizi di alloggio, le imprese per così dire
“turistiche”, che raccolgono il 40% del totale, seguite da quelle della filiera ittica, la cui quota appare tuttavia
piuttosto distante fermandosi al 18,9%. Quantitativamente rilevante è quindi la presenza delle attività
sportive e ricreative, al turismo sono strettamente collegate, che incidono per il 15,7% delle circa 180mila
imprese totali, alle quali sono numericamente comparabili quelle della filiera della cantieristica, anch’esse
pari al 15,7%. Il quadro si completa con altri tre settori decisamente più circoscritti in termini numerici: sono
quelli relativi alla movimentazione di merci e passeggeri via mare, con un’incidenza del 6,1% e dei servizi di
ricerca, regolamentazione e tutela ambientale, attestati al 3,3% e infine l’industria delle estrazioni marine, il
settore decisamente più esiguo, con appena un peso dello 0,3%.
Le imprese legate all’economia del mare sono particolarmente presenti e diffuse nell’Italia centrale e
meridionale, come risulta evidente sia dai numeri assoluti (oltre 77 mila imprese per il Sud e le Isole e oltre
51mila per il Centro) sia dall’incidenza sul totale delle imprese del territorio, che per ambedue queste
ripartizioni territoriali è di 3,9% ben superiore alla media italiana, che ricordiamo è del 3,0%. L’area
settentrionale del Paese, invece, fa riscontrare una media del 2,4% con riferimento al Nord-Est e dell’1,4%
con riferimento al Nord-Ovest.
Nelle diverse macroripartizioni territoriali in cui è suddivisa l’Italia si possono riscontrare distribuzioni relative
delle imprese dell’economia del mare piuttosto diversificate, tuttavia volendo riassumere, basterà ricordare
qui che “l’economia del mare dell’Italia si caratterizza per una forte prevalenza del settore dell’accoglienza
turistica, che però nel Centro-Sud si collega al comparto dell’intrattenimento (nel Meridione anche alla filiera
ittica), mentre al Nord è associata a settori tradizionali e pesanti come la filiera ittica ad Est e la cantieristica
a Ovest.”3, rimandando per tutti i dettagli del caso all’interessante lettura completa del Terzo Rapporto
sull’Economia del Mare.
In questo quadro, che vede le diverse regioni presentare un’incidenza che dal valore più elevato della
Liguria, dove le imprese legate al mare sono nel complesso l’8,7% delle imprese totali, al valore più modesto
dello 0,3% che accomuna la Valle d’Aosta e il Trentino Alto Adige, le Marche si collocano al quinto posto
2
Occorre ricordare, come precisato nel Terzo Rapporto sull’Economia del Mare, che le imprese private costituiscono la
quasi totalità dei soggetti attivi nell’economia del mare, gli altri soggetti che ne fanno porte sono alcune istituzioni
pubbliche, quali la marina militare, le capitanerie di porto assieme alle autorità portuali e alle attività
previdenziali/assicurative dei marittimi.
3 Unioncamere-SI.Camera, Terzo Rapporto sull’Economia del Mare, 2014, pag. 15.
21
assieme alla Calabria, in virtù di un’incidenza pari al 4,1%, superate solo oltre che dalla Liguria, dalla
Sardegna (5,3%), dal Lazio (5,0%) e dalla Sicilia.
Questo apprezzabile risultato, che indica nelle Marche una quota relativa delle imprese legate al mare
superiore sia a quella nazionale sia a quella del Centro Italia, è il frutto della presenza sul territorio regionale
di oltre 7 mila imprese che trovano nel mare un elemento fondamentale per la propria attività.
Le 7.243 imprese che nelle Marche compongono l’economia del mare sono collocate prevalentemente nella
parte settentrionale della regione: nella provincia di Pesaro e Urbino se ne contano infatti 2.160, il numero
maggiore, ma a poca distanza segue quella di Ancona, dove sono 2.113. Considerando congiuntamente
queste due province vi si trova il 59% delle imprese legate al mare dell’intera regione. L’esame dell’incidenza
sul totale dell’economia fa riscontrare un valore del 5,2% per la provincia di Pesaro e Urbino e del 4,5% per
la provincia di Ancona.
Si tratta di valori ben distanti da quelli delle province che guidano questa particolare graduatoria, ricordando
qui che le primissime posizioni toccano o superano la soglia del 10%, con Rimini (12,7%), Livorno (12,1%),
la Spezia (11,4%), Trieste (10,9%) e Olbia-Tempio (10%).
Passando ad esaminare le altre province della regione si osservano valori assoluti più bassi: 921 imprese
per Macerata, 1.261 per Ascoli Piceno e infine 788 per Fermo. Solamente nella provincia di Macerata si
riscontra un’incidenza sul totale delle imprese pari a 2,3%, inferiore alla media italiana, mentre nella
provincia di Fermo si sale a 3,5% per arrivare al 5,1% di Ascoli Piceno.
Tab. 1 – Numero di imprese registrate dell’economia del mare, valori assoluti e composizione
percentuale al 31.12.2013, per settore - provincia di Ancona
Ancona
Settori
Filiera ittica
Industria delle estrazioni marine
Filiera della cantieristica
Movimentazione di merci e passeggeri via mare
Servizi di alloggio e ristorazione
Attività di ricerca, regolamentazione e tutela ambientale
Attività sportive e ricreative
Totale economia
Marche
Valore
assoluto
Comp.
%
371
1
451
103
796
40
349
2.113
17,6%
0,1%
21,4%
4,9%
37,7%
1,9%
16,5%
100,0%
19,9%
0,2%
19,9%
3,0%
37,1%
1,7%
18,2%
100,0%
Centro
12,0%
0,2%
15,4%
4,8%
45,1%
2,9%
19,5%
100,0%
Italia
18,9%
0,3%
15,7%
6,1%
40,0%
3,3%
15,7%
100,0%
Fonte: Unioncamere
Elaborazione: Ufficio Statistica e studi, Camera di Commercio di Ancona
Nella provincia di Ancona le imprese dell’economia del mare sulla base dei dati riferiti al 2013 sono
dunque 2.113. La composizione strutturale della sua economia “blu” rispecchia abbastanza fedelmente
quella regionale: prevalgono, non troppo diversamente da quanto riscontrabile anche nella media italiana, le
imprese dei servizi di alloggio e ristorazione, con una quota che per la provincia dorica è del 37,7%, seguite
tuttavia dalle imprese della filiera della cantieristica, settore di rilievo, con il 21,4%. Le imprese della filiera
ittica, che a livello nazionale rappresentano il secondo settore per peso (18,9%), nella provincia di Ancona si
collocano così al terzo posto, sebbene la quota percentuale sia comunque consistente raggiungendo il
17,6%. A seguire si trovano le attività sportive e ricreative, strettamente collegate al settore turistico, con una
quota del 16,5%, che supera di poco la media nazionale, ma non quella regionale (18,2%). La
movimentazione di merci e passeggeri via mare raccoglie il 4,9% delle imprese provinciali dell’economia del
mare, oltre un punto percentuale in meno della media italiana; allo stesso modo è inferiore alla media
nazionale anche la quota delle attività di ricerca, regolamentazione e tutela ambientale, che si ferma all’1,9%
contro il 3,3% dell’Italia. Resta infine decisamente trascurabile il settore delle attività estrattive marine
(0,1%).
La maggiore peculiarità della provincia dorica è dunque costituita dalla particolare rilevanza rivestita
dalla filiera della cantieristica, rispetto al riferimento nazionale. Il settore turistico, inteso in senso
22
ampio, accorpando cioè le imprese operanti nell’ambito dell’alloggio e ristorazione con quelle del settore
attività ricreative e sportive, raggiunge infatti la quota del 54%, non troppo lontana dalla media italiana.
Il Terzo Rapporto sull’Economia del Mare mette in evidenza un elemento di grande importanza rispetto alla
sua struttura imprenditoriale: tra il 2011 e il 2013 il numero delle imprese che lo compone è aumentato
complessivamente in Italia del +2,0%. Tale crescita può essere correttamente valutata se si considera che la
restante parte del sistema imprenditoriale italiano si è al contrario contratta del -0,9%. Di più, tale dinamica
della blue economy è dovuta quasi esclusivamente all’apporto del Centro Italia (+2,5%) e del Meridione
(+2,9%).
In assenza di dati di dettaglio provinciale, occorre necessariamente fermarsi all’informazione disponibile a
livello regionale, che indica per le Marche una crescita delle imprese legate al mare pari a +1,9%, vicina a
quella nazionale, ma inferiore a quella del Centro Italia 4.
Sulle diverse dinamiche imprenditoriali incide sicuramente, ma non esclusivamente, anche la composizione
settoriale che l’economia del mare assume nei diversi territori. È importante al riguardo tenere presente che
alcuni settori, quelli tradizionali della filiera ittica (-0,7%), della movimentazione di merci e passeggeri via
mare (-0,4%) e in particolare della cantieristica (-2,4%) hanno avuto andamenti negativi, in Italia e in tutte le
sue quattro ripartizioni, con l’unica eccezione della movimentazione merci e passeggeri via mare del Sud e
Isole. Il numero delle imprese “del mare” risulta invece in crescita per i servizi di alloggio e ristorazione
(+4,4%), per le attività sportive e ricreative (+3,6%) e soprattutto per le attività di ricerca, regolamentazione e
tutela ambientale, dove l’incremento è stato addirittura del +9,3%. Anche in questo caso, gli incrementi sono
diffusi in tutte le quattro ripartizioni, con una sola eccezione relativa alle attività sportive e ricreative riferite al
Nord-Ovest.
Tab. 2 – Numero delle imprese registrate dell’economia del mare nel periodo 2011-2013, per settore
Italia
Settori
Filiera ittica
Industria delle estrazioni marine
Filiera della cantieristica
Movimentazione di merci e passeggeri via mare
Servizi di alloggio e ristorazione
Attività di ricerca, regolamentazione e tutela ambientale
Attività sportive e ricreative
TOTALE ECONOMIA DEL MARE
Valore
assoluto
Variazioni
percentuali
Anno 2013
Anni 20112013
33.952
528
28.139
11.017
71.845
5.915
28.188
179.584
-0,7
--2,4
-0,4
4,4
9,3
3,6
2,0
Resto dell’economia
-0,9
Il segno (- -) indica valori non significativi in termini di dinamica temporale
Fonte: elaborazioni SI.Camera su dati Unioncamere-Infocamere
1.3. L’economia del mare nella provincia di Ancona: valore aggiunto e
occupazione
Nel 2013 l’economia del mare italiana ha prodotto un valore aggiunto a prezzi correnti stimato in oltre 41
miliardi di euro, equivalente al 3% del totale dell’economia. Tale produzione è avvenuta grazie all’apporto
4
La crescita del numero delle imprese del mare del Centro Italia è trainata indubbiamente da quella del Lazio (+3,3%),
regione che inoltre riveste un peso di assoluto rilievo, con oltre 31mila imprese “del mare”.
23
lavorativo di oltre 800mila occupati nelle attività della blue economy, vale a dire il 3,3% dell’occupazione
complessiva dell’intera economia.
Il grafico 1, relativo all’incidenza in termini di valore aggiunto e di occupati nelle ripartizioni territoriali
dell’Italia che l’economia del mare ha sul totale delle rispettive economie, mostra un andamento crescente
scendendo da Nord a Sud, con il Centro Italia che si colloca un po’ al di sopra della media nazionale. Inoltre,
altro aspetto meritevole di essere segnalato, in tutte le aree, tranne che nel Nord-Ovest, l’incidenza in termini
di occupati supera quella in termini di valore aggiunto in misura piuttosto diversificata, caratteristica che può
sottendere sia diverse composizioni settoriali dell’economia del mare nei vari territori, sia diversi livelli di
produttività dei territori stessi, come il Terzo Rapporto dell’Economia del Mare mette in evidenza.
Grafico 1 - Valore aggiunto e occupati dell'economia del mare anno 2013
Incidenza sul totale dell’economia
5,6
6,0
5,0
4,0
3,0
2,0
4,0
3,6
3,3
3,0
4,4
2,6
2,4
1,91,8
1,0
Valore Aggiunto
Occupati
0,0
Fonte: Unioncamere-SI.Camera
La blue economy marchigiana nel 2013 ha prodotto 1.408,0 milioni di euro di valore aggiunto nominale,
equivalente al 3,8% dell’intera economia regionale, mentre gli occupati in tali attività sono 30,4 migliaia di
unità, corrispondenti al 4,1% dell’economia locale. In entrambi i casi gli indicatori marchigiani si collocano
sopra la media italiana e anche, sebbene di misura, sopra quella del Centro Italia.
Due ulteriori indicatori introdotti quest’anno nel Rapporto annuale sull’economia del mare pongono in
rapporto alla popolazione (abitanti) sia il valore aggiunto sia gli occupati, fornendo in tal modo due misure del
suo contributo al benessere della collettività. Per le Marche emergono risultati piuttosto rilevanti che indicano
un valore aggiunto “dal mare” di 911 euro pro capite e un’occupazione, sempre “dal mare” di 197 occupati
per 10mila abitanti. Nel primo caso il valore è notevolmente superiore alla media nazionale (693) ed è di
poco inferiore a quella del Centro Italia, che con 937 euro pro capite costituisce l’area con il risultato di gran
lunga più elevato; nel secondo caso le Marche superano invece i valori sia dell’Italia (135) sia del Centro
(174).
In entrambe le graduatorie (guidate sempre dalla Liguria, la regione marittima per eccellenza secondo i
risultati del Rapporto, con 3.044 euro pro capite e 528 occupati per 10mila abitanti) le Marche si collocano
così al quinto posto, dando conto con tale posizione di quanto l’economia del mare sia importante per la
popolazione marchigiana in termini di reddito e di occupazione. Con riferimento invece all’aspetto più
prettamente economico, precedentemente esaminato, le Marche sono l’ottava regione per incidenza del
valore aggiunto dell’economia del mare sul totale dell’economia, e la nona per incidenza degli occupati “nel
mare” rispetto al totale dell’economia.
L’economia del mare nella provincia di Ancona nel 2013 ha prodotto 464,9 milioni di euro di valore
aggiunto, che corrisponde come nel caso delle Marche al 3,8% dell’intera economia, mentre sotto il
24
profilo occupazionale sono stati 10mila circa gli occupati del settore, per un’incidenza del 4,1%, di
nuovo perfettamente allineata a quella regionale.
In ambito marchigiano la provincia di Ancona riveste infatti un ruolo di rilievo con una quota di circa
il 33% sul totale regionale, sia in termini di valore aggiunto della blue economy, sia in termini della
relativa occupazione.
Tab. 3 - Valore aggiunto e occupati dell'economia del mare, per settore
Anno 2013 (valori assoluti e percentuali)-provincia di Ancona
Valore aggiunto
Settori
Servizi di alloggio e ristorazione
Filiera della cantieristica
Attività di ricerca, regolamentazione e tutela
ambientale
Filiera ittica
Movimentazione di merci e passeggeri via mare
Attività sportive e ricreative
Industria delle estrazioni marine
Totale economia del mare
Incidenza percentuale sul totale economia
Occupati
v.a.
(milioni di
euro)
Comp. %
v.a.
(migliaia
di unità)
Comp. %
143,8
128,2
56,4
30,9%
27,6%
12,1%
3,5
3,0
0,8
35,5%
29,9%
7,7%
52,2
37,2
24,2
22,9
464,9
11,2%
8,0%
5,2%
4,9%
100,0%
1,4
0,6
0,7
0,0
10,0
13,8%
6,2%
6,8%
0,2%
100,0%
3,8
4,1
Fonte: Unioncamere-SI.Camera
La provincia di Pesaro e Urbino presenta dati assoluti simili a quelli della provincia dorica, con un valore
aggiunto di 468,4 milioni di euro e un’occupazione pari a 9,7 mila unità. Tuttavia in rapporto alla dimensione
dell’intera economia tali valori corrispondono a quote maggiori di quelle rilevate per la provincia di Ancona,
infatti l’incidenza del valore aggiunto prodotto dal mare è del 5,3%, mentre per l’occupazione si sale al 5,6%.
Delle altre province, tutte con una dimensione assoluta dell’economia del mare nettamente inferiore, per
Macerata e Fermo gli indicatori dell’incidenza sull’economia complessiva si fermano tra il 2 e il 3% sia per il
valore aggiunto sia per l’occupazione, mentre per quella di Ascoli Piceno i valori assoluti contenuti
corrispondono a quote del 4,4% per il valore aggiunto e del 5,1% dell’occupazione.
Per meglio valutare i dati presentati occorre tenere presente che le diverse attività economiche che
concorrono a definire l’economia del mare, secondo l’approccio utilizzato, producono valore aggiunto e
occupazione in misura piuttosto diversificata sul territorio italiano, come è evidenziato dal grafico 2, che
rappresenta la composizione strutturale del valore aggiunto dell’economia del mare per settore di attività.
Nel Nord-Ovest, ad esempio, la scarsa presenza di comuni costieri, comporta una modesta presenza di
attività turistiche legate al mare, che si traduce, come è ovvio, in una ridotta quota attribuibile al settore
turistico “marittimo”. Al contrario, appare invece consistente il ruolo dell’industria cantieristica, per la quale in
effetti la presenza fisica del mare non rappresenta una stretta necessità.
Allo stesso modo, può essere rappresentata graficamente la composizione percentuale del valore aggiunto
relativa al territorio marchigiano, nella sua articolazione provinciale.
25
Grafico 2 – Struttura settoriale del valore aggiunto dell’economia del mare, per ripartizione
geografica
Anno 2013 (composizioni percentuali)
ITALIA
SUD E ISOLE
CENTRO
NORD-EST
NORDOVEST
7,6%
10,2%
5,6%
3,2% 7,2%
5,5% 5,5%
8,5%
5,2%
0%
Filiera ittica
14,3%
15,7%
30%
6,1%
14,1%
39,2%
21,6%
40%
6,2%
25,7%
36,7%
25,0%
20%
18,4%
33,5%
16,8%
18,4%
11,3%
10%
31,2%
14,2%
11,9%
4,0%
16,7%
9,4%
13,4%
50%
60%
70%
Industria delle estrazioni marine
9,5%
19,9%
80%
90%
Filiera della cantieristica
Movimentazione di merci e passeggeri via mare
Servizi di alloggio e ristorazione
Attività di ricerca, regolamentazione e tutela ambientale
4,8%
3,6%
100%
Attività sportive e ricreative
Fonte: Unioncamere-SI.Camera
Elaborazione: Ufficio Statistica e studi, Camera di Commercio di Ancona
Il confronto tra i due grafici consente di riscontrare un’incidenza in termini di valore aggiunto nelle Marche
maggiore della media italiana per due settori tradizionali, la cantieristica (21,8% contro 14,3%), la filiera ittica
(13,3% contro 7,6%) e per il settore dei servizi di alloggio e ristorazione (34,3% contro 31,2%).
Ad esse si potrebbero aggiungere anche le attività sportive e ricreative (7,2% contro 6,2%), tuttavia in questo
caso il differenziale è esiguo.
D’altro canto, si riscontrano valori minori della media italiana per l’industria delle estrazioni marine (3,8%
contro 5,6%), movimentazione di merci e passeggeri (8,6% contro 16,7%) e, infine, attività di ricerca,
regolamentazione e tutela ambientale (11,1% contro 18,4%).
La provincia di Ancona rispecchia abbastanza il profilo della specializzazione regionale, con scostamenti
nella composizione percentuale del valore aggiunto dei settori che costituiscono l’economia del mare che
generalmente si aggirano attorno a uno o due punti percentuali in più o in meno. Due settori, tuttavia,
rappresentano altrettante eccezioni. Si tratta della filiera della cantieristica e dei servizi di alloggio e di
ristorazione (-3,3 punti percentuali).
La cantieristica dorica infatti ha contribuito alla creazione del valore aggiunto della blue economy provinciale
nella misura del 27,6%, con uno scostamento positivo dalla media regionale di quasi 6 punti percentuali,
scostamento che rispetto alla media italiana arriva a superare i 13 punti percentuali. La provincia di Ancona
supera in questo caso anche la diretta rivale Pesaro-Urbino, infatti in termini assoluti il valore aggiunto della
filiera della cantieristica dorica è di 128,2 milioni di euro, mentre quello della provincia pesarese si ferma a
118,3 milioni di euro (poco più di un quarto della ricchezza creata dalla blue economy in quel territorio). Le
due province, assieme considerate hanno prodotto l’80% del valore aggiunto della cantieristica regionale.
L’altra “specializzazione” dell’economia del mare regionale rispetto al contesto nazionale, invece, quella
della filiera ittica, pur presente nella provincia di Ancona dove incide per circa l’11% (in valore assoluto 52,2
milioni di euro) in misura chiaramente superiore alla media italiana (7,6%), rappresenta piuttosto una
peculiarità della provincia di Macerata, dove nel 2013 incide per il 26,5% del valore aggiunto proveniente dal
mare, benché in termini assoluti valga circa 45 milioni di euro, valore inferiore a quello dorico.
26
Il settore delle attività di alloggio e ristorazione anche nella provincia di Ancona è il maggiore in termini di
produzione di valore aggiunto, con 143,8 milioni di euro, pari al 30,9% della ricchezza prodotta nel 2013
dalla locale economia del mare. Tale quota è inferiore a quella media regionale (34,3%) e in misura
contenuta anche rispetto a quella nazionale. Malgrado la rilevanza del settore esso non rappresenta quindi
una particolare “specializzazione” con riferimento alla provincia dorica e forse nemmeno con riferimento
all’intera regione. Nelle Marche il valore aggiunto maggiore in questo settore è stato quello prodotto nella
provincia di Pesaro e Urbino, con 155,0 milioni di euro (33,1% del totale provinciale)
Grafico 3 – Struttura settoriale del valore aggiunto dell’economia del mare delle Marche per provincia
Anno 2013 (composizioni percentuali)
MARCHE
13,3%
3,8%
Fermo
13,0%
0,7% 7,9%
Ascoli Piceno
19,1%
Macerata
Ancona
Pesaro e Urbino
0,0%
1,9%
16,2%
4,9%
27,6%
10,0%
25,3%
20,0%
34,3%
11,1%
45,7%
7,6%
2,7%
8,6%
4,3%
26,5%
11,2%
8,3%
21,8%
2,0%
16,6%
44,4%
11,9%
27,6%
30,0%
40,0%
10,1%
30,9%
12,0%
12,1%
33,1%
50,0%
60,0%
11,7%
7,8%
10,8%
8,0%
7,2%
10,4%
70,0%
80,0%
90,0%
Filiera ittica
Industria delle estrazioni marine
Filiera della cantieristica
Movimentazione di merci e passeggeri via mare
Servizi di alloggio e ristorazione
Attività di ricerca, regolamentazione e tutela ambientale
8,6%
5,4%
5,2%
8,1%
100,0%
Attività sportive e ricreative
Fonte: Unioncamere-SI.Camera
Elaborazione: Ufficio Statistica e studi, Camera di Commercio di Ancona
Per quello che riguarda gli altri settori, non si osservano quote particolarmente rilevanti. La movimentazione
di merci e di passeggeri via mare, con 37,2 milioni di euro di valore aggiunto nella provincia di Ancona,
rappresenta l’8,0%, mentre la provincia di Pesaro e Urbino supera tali valori grazie ad un valore aggiunto di
56,4 milioni di euro, poco meno della metà del valore regionale, ed una quota sulla sua economia del mare
del 12,0%. La media nazionale è invece del 16,7%.
L’industria estrattiva marina costituisce il 4,9% del valore aggiunto dell’economia del mare dorica nel
2013, dato superiore non di molto alla media regionale (3,8%), ma inferiore rispetto a quella nazionale
(5,6%). In ambito regionale si osserva una quota maggiore nella provincia di Macerata (7,6%).
Con riferimento poi alle attività sportive e ricreative la provincia di Ancona fa rilevare una quota del 5,2%
inferiore sia alla media regionale (7,2%) sia a quella italiana, pari a 6,2%. Anche in questo settore,
strettamente collegato a quello “turistico” dei servizi di alloggio e ristorazione, il primato in termini assoluti in
ambito regionale è detenuto dalla provincia di Pesaro e Urbino con 38,1 milioni di euro, pari all’ 8,1%
dell’economia del mare della provincia pesarese.
Un differenziale piuttosto consistente separa infine l’Italia dal nostro territorio quando si prendono in
considerazione le attività di ricerca, regolamentazione e tutela ambientale: infatti la quota nazionale è
pari al 18,4%, mentre nella provincia di Ancona si scende al 12,1%.
27
La composizione percentuale per settori del valore aggiunto prodotto dall’economia del mare è fortemente
connessa con quella della relativa occupazione. Bisogna tuttavia tenere presenti ulteriori fattori che incidono
sul rapporto tra lavoro e valore aggiunto, legati in primo luogo alla diversità profonda di processi produttivi di
natura industriale e terziaria ricompresi nella definizione adottata di economia del mare.
Nelle Marche emergono sostanzialmente quote superiori alla media nazionale nei medesimi settori visti con
riferimento alla distribuzione relativa del valore aggiunto: si tratta della filiera ittica (16,3% contro 11,6%),
della filiera cantieristica (24,3% contro 16,7%), cui si aggiungono le attività sportive e ricreative (9,2% contro
7,8%), queste ultime caratterizzate però da un divario contenuto. Appare invece poco significativo lo
scostamento riferito ai servizi di alloggio e ristorazione, dove il 37,1% marchigiano supera di appena quattro
decimi di punto la media nazionale. Tale settore comunque si conferma essere il maggiore in ambito
regionale anche con riferimento ai livelli occupazionali coinvolti.
Graf. 4 – Struttura settoriale dell’occupazione dell’economia del mare delle Marche per provincia
Anno 2013 (composizioni percentuali)
MARCHE
16,3%
Fermo
0,4%
14,7%
Ascoli Piceno
24,3%
0,3% 9,0%
21,0%
Macerata
0,1%
3,3%
13,8%
Pesaro e Urbino
0,2%
18,9%
0%
10%
0,3%
0,9%
29,3%
20%
7,4%
30%
11,4%
44,5%
13,4%
29,9%
11,0% 0,8%
37,1%
48,2%
33,0%
Ancona
5,2%
8,9%
5,5%
40%
35,5%
35,1%
50%
60%
13,0%
4,9%
29,6%
6,2%
9,2%
7,4%
7,3%
7,7%
6,8%
7,3%
70%
80%
9,6%
11,0%
90%
Filiera ittica
Industria delle estrazioni marine
Filiera della cantieristica
Movimentazione di merci e passeggeri via mare
Servizi di alloggio e ristorazione
Attività di ricerca, regolamentazione e tutela ambientale
100%
Attività sportive e ricreative
Fonte: Unioncamere-SI.Camera
Elaborazione: Ufficio Statistica e studi, Camera di Commercio di Ancona
La regione mostra invece quote di occupazione inferiori alla media nazionale se si prendono in esame i
settori della movimentazione merci e passeggeri via mare (5,2% è il dato regionale a fronte di un 11,1%
nazionale) e attività di ricerca, regolamentazione e tutela ambientale (7,4% contro 15,2%). La peculiarità del
settore delle industrie estrattive marine si riflette invece in una maggiore omogeneità delle quote territoriali,
infatti la media nazionale è pari a 0,9%, dato che comunque si dimezza nelle Marche (0,4%).
Nelle Marche l’occupazione connessa all’economia del mare si concentra di nuovo nelle due province
settentrionali, che assieme considerate raccolgono poco meno dei due terzi del valore regionale: nella
provincia di Ancona la blue economy fornisce lavoro a circa 10mila occupati, che nel caso di Pesaro e
Urbino sono 9,7mila, le altre tre province raccolgono gli oltre 10mila occupati che completano il quadro
regionale.
Entrando nel dettaglio della provincia di Ancona si conferma come settore di spicco quello della filiera della
cantieristica. Pur non essendo il primo settore in ambito provinciale, ad esso fanno capo circa tremila
28
occupati, corrispondenti al 29,9% dell’occupazione “del mare” provinciale. Tale quota supera sia quella
marchigiana, attestata su un rilevante 24,3% sia, in misura molto maggiore, quella nazionale, pari al 16,7%.
Questi dati confermano dunque la rilevanza che tale settore riveste nel territorio dorico.
Nella filiera ittica, dove gli occupati provinciali sono 1,4 mila, l’incidenza è del 13,8%. Pur superando la
media nazionale, tale valore si colloca al di sotto della media regionale, analogamente a quanto già
osservato con riferimento al valore aggiunto.
Il settore turistico, con i servizi di alloggio e ristorazione, è senza sorpresa il settore con la base
occupazionale più ampia: sono circa 3.500 i suoi occupati nel 2013, corrispondenti ad una quota nell’ambito
dell’economia del mare pari al 35,5%, oltre un terzo dunque del totale. Occorre tuttavia aggiungere che la
media regionale si presenta leggermente più consistente, come pure quella nazionale. È un settore quindi di
grande importanza in ambito locale, ma che non presenta una caratterizzazione tale da farne un’eccellenza
nel panorama nazionale.
Le altre attività che compongono l’economia del mare non evidenziano differenze significative rispetto alla
media regionale: la movimentazione di merci e di passeggeri via mare raccoglie circa 600 occupati, pari al
6,2% del totale provinciale, le attività di regolamentazione, ricerca e tutela ambientale, con circa 800
occupati, sono il 7,7% del totale provinciale, confermando anche in questo caso, come nel precedente, il
netto scostamento in difetto dalla media nazionale già rilevato con riferimento al dato regionale.
Di scarsa rilevanza infine l’occupazione nell’ambito delle attività estrattive marine (0,2% la quota
percentuale).
Tra il 2009 e il 2013 l’economia del mare italiana si è positivamente sviluppata sia in termini di valore
aggiunto nominale sia in termini di occupazione, infatti dal primo punto di vista si riscontra una crescita
del +4,3% che appare tanto più significativa e rilevante se si considera che nello stesso arco temporale il
resto dell’economia è cresciuto sì, ma in misura meno intensa fermandosi a +1,8%. Con riferimento poi
all’occupazione, nel medesimo periodo la blue economy ha mostrato una dinamicità sintetizzata da una
crescita pari a +3,1% a livello nazionale, mentre il resto dell’economia è invece mediamente arretrato sotto
questo profilo del -2,9%. L’economia del mare per il nostro Paese è dunque una realtà, ma anche
un’opportunità ancora da esplorare compiutamente, se è in grado di fronteggiare in questa maniera una
protratta fase economica recessiva come quella che il sistema economico fatica ancora molto a lasciarsi alle
spalle.
Tuttavia tale risultato non è omogeneo sia sotto il profilo territoriale sia soprattutto sotto quello settoriale. In
particolare appare preoccupante la performance della filiera della cantieristica, proprio il settore che
appare forse come l’unica vera specializzazione “blu” nella realtà della provincia di Ancona. Esso infatti è
l’unico tra tutti i settori del mare ad aver assistito ad un decremento del valore aggiunto prodotto, per
giunta significativo a livello nazionale (-10,4%), e sostanzialmente omogeneo in tutte le quattro
ripartizioni territoriali. Tale andamento si è accompagnato ad un abbassamento del livello
occupazionale, anche se meno intenso (pari a -6,1%), frutto anche questo di andamenti
sostanzialmente simili in tutte le aree.
Il decremento occupazionale rilevato nella filiera della cantieristica è condiviso anche dagli altri
settori tradizionali dell’economia del mare, intendendo per questi quello della filiera ittica, dove il
decremento medio nazionale nel periodo è stato del -4,4%, articolato però in maniera diversificata delle varie
ripartizioni, con il valore minimo nel Nord-Est (-11,0%) e il valore massimo nel Sud e Isole ( -1,4%). Occorre
però sottolineare che in questo caso il valore aggiunto mantiene una variazione positiva a livello nazionale
(+7,1%) e in tutte le macroaree.
Altro settore tradizionale che condivide l’andamento della filiera ittica è quello della movimentazione di merci
e di passeggeri via mare, il cui valore aggiunto è aumentato del +15,8% a fronte di una diminuzione della
base occupazionale pari a -2,3%, dunque contenuta. Di nuovo, non ci sono alternanze di segno tra le
diverse ripartizioni in cui è suddiviso il territorio italiano.
Anche le industrie estrattive marine assistono ad una crescita del valore aggiunto (+16,0%) accompagnata
da una diminuzione dell’occupazione (-11,3%).
29
Tutti gli altri settori hanno risultati in termini di valore aggiunto e di occupazione posizionati in campo
positivo, senza eccezioni per le varie macroripartizioni: i servizi di alloggio ristorazione segnano +3,8 % per il
valore aggiunto e +6,6% per l’occupazione, le attività di ricerca, regolamentazione e tutela ambientale,
+4,3% e soprattutto +18,4% per l’occupazione, le attività sportive e ricreative, infine, +6,5% e +4,7%.
Pur non essendo possibile trarre conclusioni dirette da queste informazioni con riferimento al territorio
provinciale, appare evidente che la sua specifica composizione settoriale dell’economia del mare, dove si
segnala l’importanza della filiera cantieristica, oltre al peso non particolarmente rilevante dei settori con la
maggiore crescita in termini di valore aggiunto o di occupazione quali quello della movimentazione di merci e
di passeggeri via mare, o delle attività di ricerca, regolamentazione e tutela ambientale, destano qualche
preoccupazione circa i suoi futuri sviluppi.
Tab. 4 – Andamento del valore aggiunto e dell’occupazione nel periodo 2009-2013 dell'economia del
mare, per settore - Italia
Settori
Filiera ittica
Industria delle estrazioni marine
Filiera della cantieristica
Movimentazione di merci e passeggeri via mare
Servizi di alloggio e ristorazione
Ricerca, regolamentazione e tutela ambientale
Attività sportive e ricreative
TOTALE ECONOMIA DEL MARE
Resto dell’economia
Valore
aggiunto
Occupazione
Variazioni
percentuali
Variazioni
percentuali
7,1
16,0
-10,4
15,8
3,8
4,3
6,5
4,3
-4,4
-11,3
-6,1
-2,3
6,6
18,4
4,7
3,1
1,8
-2,9
Fonte: Unioncamere-Si.Camera
1.4.
La capacità di attivazione sul resto dell’economia
Oltre al valore aggiunto prodotto direttamente dai settori economici dell’economia del mare il Terzo Rapporto
sull’Economia del Mare di Unioncamere – SI.Camera stima l’entità del valore aggiunto attivato da essi sul
resto dell’economia per effetto dei rapporti di fornitura e di clientela che li legano alle altre attività
economiche. A tale scopo sono stati utilizzati i moltiplicatori stimati in occasione della precedente edizione
del Rapporto5.
Per l’Italia tale moltiplicatore è pari 1,9 e ad esso corrispondono 77,4 miliardi di euro attivati sul resto
dell’economia, che portano il valore aggiunto della filiera del mare a 118,9 miliardi di euro, vale a dire l’8,5%
del totale prodotto dall’intera economia nazionale.
L’articolazione territoriale e settoriale evidenzia attività economiche con maggiori capacità di attivazione sul
resto dell’economia (ad esempio quella di movimentazione di merci e passeggeri via mare, 2,9) e territori
con la stessa caratteristica come il Nord-Ovest (2,2) e il Nord-Est (2,3), per i quali si rinvia alla lettura del
Rapporto Unioncamere-SI.Camera, limitandoci a riportare l’articolazione dei moltiplicatori settoriali per macro
area presentati nella tabella 5.
5
Si veda in proposito la nota a pagina 64 della Terzo Rapporto sull’Economia del Mare, Unioncamere-SI.Camera.
30
Tab. 5 – Moltiplicatori del reddito dell’economia del mare, per settore e ripartizione geografica
(euro attivati sul resto dell’economia per ogni euro prodotto, in termini di valore aggiunto)
Settori
Nord-Ovest
Nord-Est
Centro
Sud e Isole
Italia
Filiera ittica
Industria delle estrazioni marine
Filiera della cantieristica
Movimentazione di merci e passeggeri via
mare
1,8
1,2
2,9
3,4
2,1
1,5
2,4
2,9
1,8
0,9
2,2
2,8
1,8
1,4
1,8
2,5
1,9
1,2
2,4
2,9
Servizi di alloggio e ristorazione
Attività di ricerca, regolamentazione e tutela
ambientale
2,1
0,6
2,4
0,6
1,8
0,5
1,8
0,4
2,0
0,5
Attività sportive e ricreative
2,3
2,7
2,3
1,6
2,1
TOTALE ECONOMIA DEL MARE
2,2
2,3
1,8
1,5
1,9
Fonte: Unioncamere-SI.Camera
Il Terzo Rapporto sull’Economia del Mare fornisce tuttavia un’ulteriore informazione relativa al valore
complessivo del moltiplicatore per regione. Nel caso delle Marche il valore del moltiplicatore è pari a 1,7,
dunque leggermente inferiore a quello medio nazionale. Si pensi che le regioni con i valori maggiori sono la
Liguria e il Friuli Venezia Giulia, con 2,5.
Il moltiplicatore marchigiano corrisponde a 2,4 miliardi di euro di valore aggiunto ulteriore attivato dalla sua
blue economy, che porta a 3,8 miliardi di euro il valore aggiunto complessivo della filiera del mare locale nel
2013, corrispondenti al 10,4% di incidenza sul valore aggiunto regionale.
Ovviamente tanto maggiore è il valore del moltiplicatore tanto maggiori sono gli effetti che variazioni del
valore aggiunto dell’economia del mare producono sul resto dell’economia. Ciò vale tuttavia sia in senso
positivo sia in senso negativo. Tali effetti debbono essere attentamente valutati per quei settori che
nell’attuale fase economica si trovano a vivere periodi di particolare difficoltà, come si è visto nel caso della
filiera della cantieristica.
1.5.
I rapporti commerciali con l’estero
Il mare rappresenta una via attraverso la quale avviene il trasporto delle merci nell’ambito dei flussi
commerciali internazionali, particolarmente rilevante soprattutto verso le destinazioni più lontane. Infatti il
trasporto via mare è vantaggioso soprattutto nel caso di lunghe distanze e con riferimento alle merci
caratterizzate da grandi volumi e valori6.
L’incidenza dei trasporti via mare viene presa in esame limitatamente ai paesi extra-europei nell’ambito del
Terzo Rapporto sull’Economia del Mare con riguardo all’Italia. Se ne riassumono qui i principali risultati. I dati
relativi al 2013 indicano che oltre la metà (55,6%) delle esportazioni italiane dirette verso i paesi extraeuropei avviene via mare, mentre con riguardo alle importazioni si sale al 68,3%. Le due aree principali sono
l’America e l’Asia, rispettivamente con 31 e 35 miliardi di euro di merci esportate via mare, il continente
asiatico spicca anche sul versante delle importazioni, poiché dall’Asia giungono in Italia via mare quasi 54
miliardi di euro di merci. Rinviando alla lettura del Terzo Rapporto sull’Economia del Mare per
un’informazione più approfondita e completa relativamente all’Italia su questo particolare aspetto, in questa
sede è possibile tentare di replicare l’analisi almeno con riferimento alle Marche, poiché l’ISTAT, che rende
disponibili tali dati, non fornisce informazioni a livello di dettaglio provinciale.
Se si prendono in esame i flussi commerciali internazionali delle Marche del 2013, analogamente a quanto
osservato per l’Italia, emerge che più della metà delle esportazioni dirette verso destinazioni extra – UE
sono avvenute via mare, la quota appare invece sensibilmente più elevata se si passa ad osservare le
6
Terzo Rapporto sull’Economia del Mare, Unioncamere-SI.Camera, pag.72.
31
importazioni, infatti la quota del valore di merci giunta dal mare sale considerevolmente arrivando
all’86%, percentuale superiore di circa 18 punti rispetto a quella nazionale7. In termini assoluti il valore delle
esportazioni avvenute via mare nel 2013 è stato pari a 2.527,3 milioni di euro, valore non molto diverso da
quello delle importazioni avvenute per la medesima via, che sono state pari a 2.496,9 milioni di euro.
Tabella 6 - Flussi commerciali extra-comunitari via mare in entrata e in uscita dalle Marche
Anno 2013 (valori assoluti in milioni di euro e incidenze percentuali )
Esportazioni
Importazioni
Valori
assoluti
Incid.% su
tot. export
verso l’Area
Valori
assoluti
Incid.% su
tot. import
dall’Area
Europa extra-UE
417,9
24,6
671,4
78,8
Africa
422,7
95,8
241,4
97,5
Africa settentrionale
298,9
98,3
227,6
98,5
Altri Paesi africani
123,8
90,4
13,8
83,7
761,1
72,0
133,2
73,3
America settentrionale
462,7
64,2
61,1
58,1
America Centro-meridionale
298,4
88,5
72,1
94,2
America
Asia
830,6
57,7
1.445,2
89,7
Medio Oriente
431,6
79,4
569,7
99,7
Asia centrale
104,9
63,8
169,7
86,7
Asia orientale
294,1
40,2
705,8
83,6
94,9
64,5
5,7
82,7
2.527,3
52,8
2.496,9
86,1
Oceania e altri territori
Totale extra-UE
Fonte: ISTAT, Coeweb
Elaborazione: Ufficio Statistica e studi, Camera di Commercio di Ancona
I valori maggiori, per le esportazioni, sono quelli diretti via mare verso l’Asia (830,6 milioni di euro) e
verso l’America (761,1 milioni di euro), mentre in termini di merci importate spicca senza dubbio il
continente asiatico, da cui provengono attraverso il mare 1.445,2 milioni di euro di merci. Per le
importazioni un’altra area che sfrutta i trasporti marittimi è quella dei paesi europei extra-UE, con 671,4
milioni di euro, risultato questo che a differenza di quelli precedenti non trova corrispondenza nei dati italiani.
Occorre tuttavia precisare che il versante delle importazioni via mare è notevolmente influenzato per le
Marche dai flussi relativi a carboni fossili e ligniti; petrolio greggio e gas naturale che sappiamo
essere una voce di rilievo per la presenza di impianti di raffinazione nella costa regionale. Tale voce
rappresenta una quota importante con riferimento sia all’aggregato dei Paesi europei non UE (con 397,5
milioni di euro importati via mare nel 2013) sia al Medio Oriente, storicamente il principale fornitore di tali
materie prime a livello regionale, al quale nel 2013 fanno capo importazioni per un valore di 521,1 milioni di
euro.
In effetti il Rapporto nazionale fa emergere che per alcune tipologie di merci, quali appunto i carboni fossili e
ligniti; petrolio greggio e gas naturale, come pure quella dei prodotti petroliferi raffinati, il trasporto via mare
rappresenta senza ombra di dubbio il canale principale per il trasferimento, mentre in generale si assiste ad
una notevole variabilità della quota trasportata via mare per le varie categorie di merci e prodotti. Dunque, i
particolari risultati emersi a livello regionale sono solo un’ulteriore espressione della presenza sul territorio
marchigiano dell’industria della raffinazione del petrolio.
Il Terzo Rapporto sull’Economia del Mare analizza le tendenze del commercio mondiale dei settori
“core” della filiera ittica e di quella della cantieristica 8, anche dal punto di vista del valore dei flussi
7
I dati relativi alle Marche fanno riferimento ai dati 2013 revisionati da ISTAT.
Vengono escluse le attività estrattive marine,che pur avendo scambi commerciali con l’estero, danno origine a valori
esigui di import ed export, Terzo Rapporto sull’Economia del Mare, Unioncamere-SI.Camera, pag.73.
8
32
internazionali dei prodotti frutto dell’attività dei settori dell’economia del mare. I principali risultati che
emergono da tale analisi, che ha preso in esame il decennio 2003-2012, possono essere qui sintetizzati in
pochi punti:

la filiera ittica ha fatto registrare una dinamica globale sostenuta, grazie ad un aumento delle
importazioni mondiali complessive da 68 miliardi di dollari del 2003 ai 118 del 2012;

tuttavia la quota comunitaria e quella italiana sono diminuite (l’Italia è passata dallo 0,8% del
mercato mondiale nel 2003 allo 0,6% del 2012);

il settore della cantieristica presenta un andamento maggiormente fluttuante, per via del ruolo della
domanda di grandi commesse;

l’Italia, malgrado tutto, riveste ancora un ruolo di rilievo nella cantieristica occidentale (2,8% del
mercato mondiale nel 2012).
I dati ISTAT delle esportazioni italiane più aggiornati relativi al 2013 per le due filiere in esame sono pari
a 4,5 miliardi di euro, corrispondenti all’1,2% delle esportazioni totali e sono prevalentemente frutto della
filiera della cantieristica che ha contribuito per 3,6 miliardi di euro. Le importazioni sono state invece pari a
quasi 7 miliardi di euro (l’1,9% delle importazioni nazionali) con un ruolo prevalente in questo caso della
filiera ittica (5 miliardi di euro pari al 73,3% del totale). I dati degli ultimi anni indicano poi che la
cantieristica versa in difficoltà, con una flessione media annua delle esportazioni dell’8% tra il 2009 e il
2013, e trascina con sé tutto l’export del mare, in un trend negativo solo leggermente frenato dal positivo
andamento della filiera ittica negli stessi anni (+4,4% medio annuo). L’andamento, complessivamente
negativo (-5,9%), è inoltre in controtendenza anche rispetto a quello dell’export del resto dell’economia
(+7,7%).
Alla luce delle preziose informazioni elaborate e fornite nel Terzo Rapporto sull’Economia del Mare, e qui
brevemente riassunte, è possibile esaminare i dati che l’ISTAT fornisce con riferimento al dettaglio
territoriale regionale e provinciale, e, pur nella consapevolezza della loro natura parziale rispetto alla
ricchezza di informazione disponibile a livello nazionale 9, è possibile trarne qualche elemento utile.
Lo stesso Rapporto, utilizzando i dati delle produzioni “core” dei due settori in esame presenta alcuni dati
relativi alle Marche e alla provincia di Ancona, che è bene qui riproporre.
Le principali attività della pesca, acquacoltura e della lavorazione e conservazione dei prodotti ittici delle
Marche danno vita ad un’attività di esportazione e soprattutto di importazione di un certo rilievo nel quadro
nazionale: nel 2013 le importazioni di tali prodotti sono state pari a 153,6 miliardi di euro (3,6% del totale
nazionale) e 33,8 miliardi di euro di esportazioni (6,1% del totale nazionale), che ne fanno in particolare la
sesta regione italiana in merito alle esportazioni ittiche. Occorre tuttavia aggiungere che il peso di tali
esportazioni, sul totale regionale, è modesto (0,3%), non molto diversamente da quanto rilevabile per le
altre regioni10.
I dati di dettaglio provinciale presentati nel Terzo Rapporto si fermano alle prime 10 province sia in termini di
valore assoluto delle esportazioni, sia in termini di incidenza sul totale delle rispettive esportazioni provinciali,
e la provincia di Ancona, come del resto le altre province marchigiane, non compare in nessuna delle due
graduatorie.
Tuttavia, interrogando la banca dati ISTAT, si scopre che la provincia di Ancona nel 2013 ha esportato
prodotti ittici per un valore di 12,9 milioni di euro, pari al 38% del corrispondente valore
marchigiano11. Si consideri che se la provincia di Como guida la graduatoria italiana con un valore che
supera gli 89 milioni di euro, la decima provincia è invece quella di Brindisi, con 13,2 milioni di euro, dato non
molto superiore a quello della provincia dorica. Con riferimento poi alla quota sul totale delle esportazioni, la
provincia di Ancona fa rilevare un’incidenza dello 0,3%, lontanissima dalla capolista, in questo caso la
provincia di Vibo Valentia (14,0%), ma piuttosto distante anche da quello della decima posizione di Grosseto
(1,4%).
9
I dati ISTAT con riferimento al Paese infatti fanno riferimento ai settori “core” e non “core”.
Con riferimento alle importazioni l’incidenza sul totale regionale è maggiore 2,3%, a fronte di una media italiana
dell’1,2%.
12 La quota dorica è leggermente inferiore a quella della provincia di Pesaro e Urbino (38,3%).
10
33
Passando ad esaminare la produzione di navi e imbarcazioni (dove sono comprese le costruzioni navali e
le imbarcazioni da diporto) le Marche fanno rilevare nel 2013 esportazioni per un valore di 199,5 milioni
di euro, equivalenti al 7,9% delle esportazioni nazionali del settore, valore che colloca la nostra
regione al quinto posto nella graduatoria regionale. In termini di incidenza sul totale delle esportazioni
regionali, invece, la quota è dell’1,7%, assieme a Toscana, e superata solo da Friuli Venezia-Giulia (6,0%) e
da Liguria (5,8%). Ben diverso è il risultato su fronte delle importazioni, dove il valore è stato di appena 9,3
milioni di euro, lo 0,8% delle importazioni italiane.
Con riferimento più specificamente alla provincia di Ancona, i dati ISTAT contenuti nel Rapporto indicano
un valore di 189,7 milioni di euro, che fanno di Ancona la quarta provincia italiana per valore
assoluto, dietro Gorizia (534,8 milioni di euro), Lucca (479,5 milioni di euro) e La Spezia (282,9 milioni di
euro). In termini di incidenza invece sul totale delle esportazioni provinciali la provincia dorica
scende al settimo posto della graduatoria nazionale con una quota del 5,1%. Malgrado l’arretramento,
questa seconda graduatoria (guidata sempre da Gorizia, provincia per la quale l’incidenza sfiora il 40%) è
maggiormente indicativa della presenza di una reale specializzazione cantieristica locale.
Pur restringendo l’analisi alle esportazioni delle attività “core” della cantieristica e della filiera ittica la
provincia di Ancona presenta quindi nel 2013 un’incidenza del 5,5% mentre per la media italiana l’incidenza
è dello 0,8%. Ciò testimonia efficacemente l’importanza dell’economia blu per la provincia dorica con
riferimento alle esportazioni12, ed è immediatamente evidente la predominanza delle attività cantieristiche
che hanno inciso sulle esportazioni blu del 2013 per il 93,7%, a fronte di una media nazionale dell’82%.
Tuttavia, le attività core della filiera ittica nella provincia di Ancona nel 2013 fanno registrare una consistente
contrazione del valore delle esportazioni rispetto all’anno precedente (-17,5%) dovuto sia alla diminuzione
dell’esportazione della materia prima (-7,0%), sia a quella più consistente del prodotto lavorato e conservato
(-73,6%). Tale andamento non trova riscontro nella media nazionale, che vede al contrario un incremento
complessivo del +7,4%.
Grafico 5 – Andamento delle esportazioni provinciali totali, della settore ittico e della cantieristica –
numeri indice (2005=100) del periodo 2005-2013
350
300
250
200
Navi e imbarcazioni
150
Filiera ittica "core"
Totale Export
100
50
0
2004
2006
2008
2010
2012
2014
Fonte: Istat, Coeweb
Elaborazioni: Ufficio Statistica e studi, Camera di Commercio di Ancona
Se si osserva poi la serie storica degli ultimi anni si può notare con riferimento alla provincia dorica un
andamento piuttosto particolare. Nell’ambito della filiera ittica, dove a prevalere è senza dubbio il valore
12
Con riguardo alle importazioni, la quota si ferma all’1,7% del totale provinciale. Si consideri che se le esportazioni del
2013 sono state pari a 3,7 miliardi di euro, le importazioni si sono fermate a 3 miliardi.
34
delle esportazioni di materia prima (nel 2013 12,2 milioni di euro), si evidenzia un valore insolitamente
elevato (attorno ai 2 milioni di euro) delle esportazioni del prodotto lavorato nel quadriennio 2009-2012, che
segue un periodo in cui le vendite all’estero di tali prodotti hanno oscillato tra i 200mila e i quasi 400mila
euro. I dati dell’ultimo anno hanno mostrato quindi un brusco crollo che li porta a poco meno di 650 mila
euro, valore non molto superiore a quello dei primi anni esaminati.
Nel complesso quindi l’andamento del settore è risultato tendenzialmente crescente fino al 2011, grazie
alla performance positiva delle vendite all’estero di materia prima ittica, per poi registrare un’inversione del
trend nell’ultimo biennio, quando invece i prodotti ittici non lavorati hanno registrato una fase calante delle
vendite all’estero, cui nel 2013 si è aggiunto anche l’arretramento del prodotto lavorato.
Il settore della cantieristica, invece, nel 2013 ha praticamente raddoppiato il valore dell’anno
precedente (+98,9%). Anche in questo caso l’andamento provinciale non trova riscontro in quello
nazionale che fa rilevare invece una lieve flessione del settore core (-3,1%). Considerando tuttavia un
orizzonte temporale più lungo, si può osservare che il valore delle esportazioni locali di settore nel periodo
2009-2012 si era ridimensionato rispetto ai picchi del biennio 2006-2007. Il dato del 2013 rappresenta
pertanto un parziale riavvicinamento ai valori degli anni migliori, la cui tenuta nel tempo (considerata la
dipendenza dal settore da singole grandi commesse) andrà verificata successivamente.
Seguendo, per quanto possibile, la metodologia applicata nell’ambito del Terzo Rapporto sull’Economia del
Mare, nel periodo 2009-2013 nella provincia di Ancona con riferimento alle sole produzioni”core” della filiera
ittica e di quella cantieristica, le esportazioni blu doriche sono cresciute con una variazione media annua pari
a +10,71%, dato migliore in misura chiara rispetto a quello riferito al “resto dell’economia”, che è invece
cresciuto di una variazione media annua pari a +6,88%. Nel dettaglio la filiera cantieristica fa la parte del
leone, con una variazione media annua di +11,48%, mentre la filiera ittica si ferma a +1,72%.
Per operare un confronto per quanto possibile omogeneo, si è proceduto al calcolo delle variazioni medie
annue limitate alle attività “core” anche a livello nazionale 13. Per quanto riguarda le esportazioni di produzioni
ittiche il periodo 2009-2013 fa rilevare una variazione media annua di +2,44%, mentre con riferimento alle
esportazioni di navi e imbarcazioni si riscontra una variazione media annua negativa, pari a -11,43%. Il
risultato complessivo dell’economia del mare, quindi, limitatamente ai settori core della filiera della
cantieristica e di quella ittica è nel complesso negativo, con una variazione media annua pari a -9,58%,
mentre quando il resto dell’economia è cresciuto con una variazione media annua di +7,73%.
L’economia del mare dorica, dal punto di vista delle esportazioni, negli anni più recenti ha prodotto quindi
risultati nel complesso positivi, come testimonia anche il confronto con i corrispondenti andamenti nazionali,
in particolare per quanto riguarda la cantieristica, che per effetto del buon risultato del 2013 va in netta
controtendenza rispetto alla performance nazionale. Tuttavia, le esportazioni di navi e imbarcazioni si
caratterizzano come già detto per un’elevata variabilità nel tempo dei suoi risultati, in conseguenza delle
peculiarità specifiche delle sue produzioni (commesse di alto valore con lunga durata di lavorazione), da
monitorare nel tempo anche in considerazione della difficile fase che il settore attraversa a livello mondiale 14.
Occorre inoltre porre attenzione alla recente inversione di tendenza della filiera ittica, che coinvolge
entrambe le sue componenti (materia prima ittica e prodotto lavorato).
13
Nel Terzo Rapporto sull’Economia del Mare a livello nazionale sono invece presentati quelli relativi alla definizione più
ampia dei settori in esame.
14 Terzo Rapporto sull’Economia del Mare, Unioncamere-SI.Camera, pag.78.
35
Scarica