[Cfr. Fotocopia sul passo tratto dal Manifesto, il ruolo della borghesia]; [Cfr. dal Manuale, La critica allo Stato moderno e al liberalismo, pp. 107-108-109]; [Cfr. dal Manuale, L. Feuerbach, La critica alla religione, pp. 85-86, fino al § “La religione come antropologia capovolta” compreso]; [Cfr. dal Manuale, lettura del testo “Cristianesimo e alienazione religiosa”, T1, pp.9495]. 10 6. La Sacra Famiglia e il primo delinearsi del materialismo storico Fin dall’inizio Marx presenta la sua riflessione come una concezione dell’uomo e della storia dell’umanità formulata in contrapposizione a Hegel e alle posizioni astratte della sinistra hegeliana. Nella Sacra Famiglia, primo degli scritti in collaborazione con Engels, un anno dopo i Manoscritti del ’44, Marx delinea infatti gli aspetti iniziali della sua concezione materialistica, all’interno di un’ampia e aspra polemica contro l’idealismo dei “giovani hegeliani”. Se quello di Hegel è un idealismo assoluto o dialettico, la concezione filosofica marxiana è invece indicata come materialismo storico, in netta opposizione dunque all’idealismo hegeliano. Prima ancora di tentare una spiegazione particolareggiata, il significato dell’espressione “materialismo storico” appare chiaro già alla lettura di una celebre affermazione marxiana che compare nella Prefazione allo scritto Per la critica dell’economia politica. Marx scrive: “non è la coscienza degli uomini che determina il loro essere, ma è, al contrario, il loro essere sociale che determina la loro coscienza”. Sempre procedendo dalle dirette dichiarazioni di Marx, il materialismo è da intendersi come la concezione per cui “ciò che gli individui sono dipende dalle condizioni materiali di vita”. Tuttavia, al fine di capire fino in fondo la prospettiva filosofica di cui stiamo parlando, corre l’obbligo di non lasciare nulla di inspiegato, per cui bisogna specificare chiaramente cosa significa l’espressione “condizioni materiali di vita”. Per condizioni materiali di vita, o anche – secondo l’espressione equivalente – fatti materialmente intesi, da cui dipende l’uomo, la vita reale e la realtà sociale, Marx intende la struttura economica. L’economia (o anche, nel linguaggio marxiano, la struttura) è dunque l’elemento fondamentale in base al quale prende forma il mondo storico-sociale creato dall’uomo. Prima di vedere più nello specifico il modo in cui si divide e si articola la struttura al suo interno, e prima di occuparci di come la struttura condizioni e determini l’insieme dei fenomeni spirituali denominato sovrastruttura, indugiamo ancora per un po’ sulla definizione di materialismo storico. Finora appare chiaro quanto segue: il materialismo in Marx si oppone all’astrattismo idealistico. Con questa espressione dobbiamo intendere la tendenza innanzitutto hegeliana di occuparsi di un uomo del tutto astratto, di non cogliere la specificità materiale o reale dei fenomeni che riguardano l’uomo e la sua vita, volatilizzando la realtà empirica e storica in pure categorie logico-filosofiche. A questo risultato portava, per Marx, il modo hegeliano di vedere nel mondo concreto nient’altro che il risultato dello svolgersi dell’Idea. 11 Inoltre il materialismo in Marx si riferisce al convincimento secondo cui le vere forze motrici della storia non sono di natura spirituale, come pensavano Hegel e gli hegeliani, bensì sono di natura economica. Con il termine economia, poi, dobbiamo intendere il sistema di produzione di una determinata società. Sicché, mettendo assieme tutto ciò che si è detto finora, siamo in grado di offrire una definizione sufficientemente chiara del materialismo di Marx: esso trova dunque espressione nella dottrina secondo cui la causa prima di tutti i fenomeni sociali è il sistema di produzione e di scambio prevalenti in un dato periodo. In altre parole, il materialismo non concepisce l’uomo astrattamente, come puro spirito o autocoscienza, ma lo vede nella sua esistenza concreta, ossia nella concretezza dei rapporti materiali e sociali che lo condizionano e lo caratterizzano. Il primo e il più importante di questi rapporti materiali da cui dipende l’uomo è l’economia, e cioè il modo in cui gli uomini stessi producono. Ora, dopo aver spiegato il modo in cui dobbiamo leggere il sostantivo “materialismo”, dobbiamo cercare di capire in che modo intendere l’aggettivo “storico” a esso abbinato. Esso si riferisce all’importanza data alla storicità come cifra essenziale del reale. Va detto che anche l’indagine filosofica di Marx ed Engels aspira al carattere della scientificità, ossia vuole strutturarsi come analisi scientifica della realtà, intendendo per ealtà soprattutto la dimensione sociale ed economica. Come si è visto, questa indagine non è finalizzata alla mera contemplazione del reale, o alla descrizione oggettiva della logica del suo sviluppo, ma al cambiamento della realt. E tuttavia, prima di tutto, Marx – esattamente come Hegel – è motivato dalla necessità di cogliere la natura più profonda del suo oggetto di studio, le caratteristiche che stanno al fondo della realtà sociale, quelle che la definiscono, le leggi che la governano. Sicché innanzitutto, afferma Marx: la realtà è storicità, è storia, è un prodotto storico; ma non esiste storia che non sia storia dell’uomo, di individui reali; è l’individuo umano a essere autore e produttore del mondo storico sociale; e gli uomini agiscono innanzitutto per soddisfare i propri bisogni vitali; per farlo trasformano la natura, compiendo azioni che potremmo indicare sempre come materiali, o economiche. Quindi, e ancora una volta in modo polemico verso il fondamento della filosofia hegeliana, la storia non è, primariamente, un evento spirituale, ma un processo materiale. Se prendiamo infatti il termine “materiale” e lo riferiamo a quanto già sappiamo in merito a questo stesso concetto, ossia lo riportiamo al suo significato economico, capiremo cosa intende dire Marx quando afferma che la storia è un processo materiale. 12 Sappiamo che per Marx la storia è produzione umana, ma l’esistenza dell’uomo è fondata sulla dialettica bisogno-soddisfacimento: per esistere, l’uomo deve mangiare; per mangiare deve trasformare la natura, ossia lavorare. Questa base materiale della vita dell’uomo, il lavoro come attività vitale dell’uomo, mediante il quale il soggetto produce i propri mezzi di sussistenza, è necessariamente la prima delle azioni storiche dell’uomo. E questa continua dialettica fondata sul bisogno e il soddisfacimento del bisogno è la legge che spiega il movimento della storia reale dell’uomo. Concezione materialistica della storia, dunque, è quella per cui alla base della storia vi è il lavoro, inteso come motore della storia e suo fondamento, creatore di civiltà e di cultura, ciò che rende l’uomo diverso dagli altri esseri viventi e superiore rispetto agli altri animali. La filosofia aveva più o meno sempre, finora, fatto della ragione l’elemento distintivo dell’uomo ripsetto al resto dell’animalità primitiva. Marx ritiene invece che sia il lavoro a siglare la differenza tra l’uomo e l’animale. A partire da questa considerazione è forse più facile capire la reale drammaticità dell’analisi marxiana della condizione del salariato nella società capitalistica, se è vero che l’alienazione è una condizione esistenziale per la quale il soggetto ha nel lavoro – in ciò che dovrebbe costituire la sua essenza – un ostacolo insormontabile. Ora, se l’umano è eminentemente storicità, socialità e rapporti economici, la filosofia deve abbandonare l’artificioso teatro dei concetti puri e delle diatribe verbali per scendere in un mondo assai più concreto e drammatico: il mondo popolato da servi e padroni, da sfruttati e sfruttatori, da proletari e capitalisti; il mondo caratterizzato dal conflitto tra classi sociali in radicale lotta tra loro. Per Marx una nuova e più seria filosofia deve farsi anche pensiero militante. Finora i filosofi, leggiamo nella celebre XI Tesi su Feuerbach, si sono limitati a interpretare il mondo: ora si tratta, invece, di trasformarlo. Questa trasformazione può avvenire se e solo se la filosofia saprà fare lo sforzo di cogliere l’ansia di emancipazione dell’umanità alienata e di offrire a essa i propri cospicui strumenti intellettuali. L’unica concezione capace di produrre un sapere reale dei rapporti materiali, economicosociali, fra gli uomini è per Marx il materialismo: in quanto vede nell’uomo un prodotto delle circostanze e della società, esso postula una trasformazione profonda delle circostanze e della società, che disumanizzano l’uomo. Solo se si libera dall’astrattismo, il pensiero socialista può conoscere il mondo sociale nella sua specificità e concretezza, e può quindi agire su di esso e trasformarlo. La Sacra Famiglia, dunque, stabilisce una connessione precisa tra socialismo e materialismo. 13 Il materialismo storico marxiano si salda così alla dottrina socialista. 14 7. L’Ideologia tedesca e la formulazione del materialismo storico La prospettiva materialistica è rafforzata nell’opera l’ Ideologia tedesca. Scritta nel 1845-1846 (ancora una volta insieme a Engels), l’ Ideologia tedesca contiene la prima formulazione organica della concezione materialistica della storia, espressa con grande forza letteraria. Questo disegno riparte (riprendendola e approfondendola) dalla polemica già avviata nei precedenti scritti contro ogni forma di idealismo, intellettualismo e coscienzialismo; fin dalla prefazione vengono precisati lo scopo e il senso dell’opera e della nuova acquisizione teoretica di Marx (ed Engels): • mostrare criticamente l’errore fondamentale della più recente filosofia tedesca, che è rimasta nella sola sfera della coscienza. L’opera è ancora una volta un ampio e polemico giudizio critico sulla sinistra hegeliana, in particolare su Bauer, Stirner e Feuerbach, nonché sul socialismo tedesco. L’obiettivo finale della critica è però rappresentato dall’idealismo hegeliano. Come già sappiamo, il materialismo marxiano impone di guardare alla realtà – scrivono Marx ed Engels – come • fondata non sulle idee, ma sui fatti, anzi sui fatti materialmente intesi. Più in generale, è tutta la filosofia che va in qualche modo raddrizzata. Il suo giusto punto d’avvio è costituito da quelli che Marx ed Engels chiamano gli “individui reali”. Un’espressione in cui l’aggettivo vale non meno del sostantivo. “Reali”, per i due autori, sono solo gli esseri umani considerati entro i loro contesti socio-economici concreti; è ciò che Marx esprime con le già note parole per cui: “ciò che gli individui sono dipende dalle condizioni materiali di vita” (Ideologia tedesca). Alla categoria astratta e idealistica (hegeliana e dei suoi seguaci, tra cui lo stesso Feuerbach) di “autocoscienza” o “coscienza” o “spirito” per indicare l’uomo, Marx sostituisce quindi quella degli “uomini”, materialisticamente intesi come individui determinati che operano in condizioni date. Primo presupposto di tutta la storia umana è quindi l’esistenza di individui umani viventi, che sono autori del mondo storico-sociale; e la prima constatazione riguarda la loro risposta a determinati bisogni materiali. Possiamo distinguere gli uomini dagli animali per la coscienza, per la religione, ecc., “ma essi cominciarono a distinguersi dagli animali allorché cominciarono a produrre i loro mezzi di sussistenza […]. Producendo i loro mezzi di sussitenza, gli uomini producono indirettamente la loro stessa vita materiale” (Marx-Engels, L’ideologia tedesca). Quindi la produzione dei mezzi di sussistenza atti a soddisfare i bisogni elementari è l’attività fondamentale, la prima “azione storica” e specificamente umana. Per Marx ed Engels, questa attività di produzione: • A) ha determinato e determina un certo tipo di rapporti sociali tra gli uomini 15 e, come abbiamo visto: • B) mette in moto la dinamica storica, e le contraddizioni immanenti a essa. Prima vedremo A), poi vedremo B). 16 Spiegazione di A): 6.1. Il concetto di struttura e la storia delle formazioni economico-sociali Dunque, per Marx gli individui reali strutturano i propri rapporti sociali attorno all’attività della produzione dei mezzi di sussistenza. In concreto, cosa vuol dire? Vuol dire che il soddisfacimento dei bisogni e l’attività di produzione dei mezzi di sussistenza è dunque già lo specchio di una forma di organizzazione sociale, definisce la struttura dei rapporti sociali esistenti entro quel modo di produzione. Spiegare questo concetto significa addentrarsi nello specifico dei termini e dei concetti che stanno al fondo dell’economia marxiana: le forze produttive e i rapporti di produzione. Questi due concetti stanno alla base della visione sociale e storica marxiana, formando quella struttura economica che non solo è la base dell’ordinamento politico e ideologico di una società, ma le cui contraddizioni provocano crisi che sono il motore dell’evolversi storico. Per forze produttive Marx intende • gli uomini che producono, i modi o le tecniche con cui producono e i mezzi di cui si servono per produrre. I rapporti di produzione (o di proprietà) indicano • le relazioni sociali che si instaurano fra gli uomini nel corso della produzione e che riguardano soprattutto il possesso o meno dei mezzi di produzione. In altre parole, • un certo modo di appropriarsi della natura e di trasformarla (forze produttive) si è tradotto in passato e si traduce ancora in un determinato complesso di rapporti tra gli uomini, in una certa organizzazione fra loro (rapporti di produzione). Detto in modo ancora più semplice: • Ogni modo di produzione dà luogo a un tipo particolare di organizzazione sociale. Vi è coerenza tra il modo in cui l’uomo organizza il lavoro (forze produttive) e il tipo di società a cui dà vita (rapporti di produzione). Marx ed Engels, più nel dettaglio, avanzano anche una ricostruzione storica pseudoscientifica (ma in realtà scientificamente discutibile) del cammino dell’umanità nel tempo secondo alcune forme di organizzazione economico-sociali (o di organizzazione della proprietà) qualificate da determinati modi di produrre, che si sono succedute in riferimento alla storia mondiale. La prima forma è la proprietà comunitaria tribale. L’organizzazione sociale è solo un’estensione della famiglia: capi patriarcali della tribù, sotto di loro gli altri membri della tribù, infine gli schiavi. La seconda è la proprietà del signore o despota. E’ uno sviluppo particolare della proprietà tribale tipico delle società extraeuropee: è chiamata infatti “modo di produzione asiatico”. La comunità di villaggio detiene collettivamente il possesso 17 della terra, ma la proprietà di questa appartiene al signore o despota, che la gestisce ad arbitrio. La terza è la comunità antica, nata dall’unione di più tribù in una città. Accanto alla proprietà comunitaria si sviluppa la proprietà privata; si estende la schiavitù. La quarta forma è la proprietà feudale, che ha la sua base nella campagna. La classe produttrice è formata dai piccoli contadini legati alla gleba. Nelle città la proprietà è detenuta dagli artigiani organizzati in corporazioni. La quarta forma è la proprietà capitalistica, caratterizzata dalla separazione tra capitale e lavoro e dal riconoscimento della libertà giuridica del lavoratore salariato. Vedremo tra poco che, se è vero che ogni modo con cui l’uomo produce dà vita a un corrispondente modo di organizzare i rapporti sociali tra gli uomini, e dunque dà luogo a una determinata società, è anche vero che ogni tipo di organizzazione sociale determina un tipo di antagonismo fra la classe dominante (che detiene la proprietà) e la classe dominata (che fornisce la forza lavoro necessaria). 18 6.2. Il concetto di sovrastruttura e la sua dipendenza dalla struttura Come abbiamo visto, le forze produttive e rapporti sociali di produzione costituiscono nel loro insieme la struttura della società, che è definita dal modo specifico di produrre e di distribuire la ricchezza. La struttura si identifica quindi con lo scheletro economico della società. Il concetto di sovrastruttura: il termine sovrastruttura (ciò che sta sopra la struttura) sta a indicare che secondo il materialismo storico il diritto, la politica, le dottrine etiche, artistiche, religiose, letterarie e filosofiche non devono essere intese, idealisticamente, come delle realtà a sé stanti, ma come espressioni dei rapporti materiali ed economici che definiscono la struttura di una certa società storica. Di conseguenza, non sono le leggi, lo Stato, le forze politiche, le religioni, le filosofie ecc. che determinano la struttura economica della società (idealismo storico), ma è la struttura economica che determina le leggi, lo Stato, le religioni, le filosofie ecc. (materialismo storico). I fenomeni politici e culturali in generale (lo spirito) derivano dalla base economica: l’unico elemento veramente determinante della realtà è la struttura economica, mentre la sovrastruttura, con tutto ciò che ne fa parte, è unicamente un riflesso della struttura. Sempre procedendo dalle dirette dichiarazioni di Marx, ancora più chiara in questo senso è la seguente formulazione di questo principio: “Il modo di produzione della vita materiale condiziona, in generale, il processo sociale, politico e spirituale della vita”. E ancora, dall’Ideologia tedesca: “La produzione delle idee, delle rappresentazioni, della coscienza, è in primo luogo direttamente intrecciata all’attività materiale e alle relazioni materiali degli uomini, linguaggio della vita reale. Le rappresentazioni e i pensieri, lo scambio spirituale degli uomini appaiono qui ancora come emanazione diretta del loro comportamento materiale. Ciò vale allo stesso modo per la produzione spirituale, quale essa si manifesta nel linguaggio della politica, delle leggi, della morale, della religione di un popolo”. E allora, come non è la religione che crea l’uomo, ma l’uomo che crea la religione, così l’insieme del mondo sociale, dei fenomeni culturali, morali, religiosi e spirituali in generale (proprio nel senso che Hegel dà al termine Spirito, nella Filosofia dello Spirito) non è la manifestazione di una razionalità assoluta, ma è la produzione dell’uomo. Sono i rapporti materiali dell’esistenza tra gli individui (la struttura economica della società), infatti, a determinare propriamente la sovrastruttura sociale, politica, giuridica, religiosa e di pensiero in generale all’interno della quale gli uomini vivono. Ma se le idee giuridiche, morali, filosofiche, religiose dipendono, sono il riflesso della struttura economica, allora se muta la struttura economica, si avrà un correlativo mutamento anche della sovrastruttura ideologica. Ciò significa che, nella prospettiva marxiana, cambiando le condizioni di vita degli uomini, i loro rapporti sociali e la loro esistenza sociale (struttura), cambiano anche le loro concezioni, i loro modi di vedere, le loro idee e le loro produzioni mentali, cioè la loro coscienza (sovrastruttura). In gergo marxiano, mutando la “struttura”, muta anche la “sovrastruttura”. 19 Spiegazione di B) 6.3. La dialettica della storia Si è anche detto che la produzione materiale della vita costituisce la vera e propria chiave di volta della concezione marxiana della storia: la “creazione di mezzi per soddisfare i bisogni”, la moltiplicazione e complicazione di tali mezzi, la susseguente nascita di nuovi bisogni mette in moto la dinamica storica. Più precisamente, la storia umana, per Marx, è ritmata dalla dialettica tra le “forze produttive” e i “rapporti di produzione”, per cui, mutate le prime, devono necessariamente mutare anche i secondi. Il cambiamento da un modo della produzione a un altro, e dunque il passaggio da un’organizzazione sociale a un’altra, avviene quando lo sviluppo delle forze produttive non è più compatibile (entra in contraddizione, dicono Marx ed Engels con linguaggio hegeliano) con i rapporti di produzione esistenti, cioè con i rapporti di proprietà. Si produce in tal modo un conflitto di classe, che scoppia in una rivoluzione. Nessuna classe, infatti, nemmeno se superata dalla storia, cede spontaneamente il potere. Questo è avvenuto per la Rivoluzione francese, la rivoluzione con cui la classe borghese ha soppiantato l’aristocrazia feudale, e questo accadrà a sua volta alla borghesia, che verrà scalzata dalla rivoluzione proletaria. In questa dinamica dialettica che scandisce l’evoluzione della storia, ben poco spazio sarà concesso alla dimensione sovrastrutturale delle idee, le quali, lungi dal trasformare la realtà, si adeguano ogni qual volta la realtà muta. Se questo è vero, ciò che per Marx ed Engels deve mutare non è soltanto l’interpretazione della storia in generale: è anche il modo di analizzarla, di raccontarla nei suoi contenuti specifici. Una storiografia realmente scientifica dovrà attribuire un rilievo particolare non tanto agli eventi “sovrastrutturali” privilegiati dagli studiosi tradizionali, quanto all’evoluzione dei bisogni materiali, alla trasformazione dei sistemi di produzione, alla modificazione dei rapporti tra le classi, alle correlative contraddizioni insorgenti tra componenti diverse della realtà storico-umana, e infine alle conseguenze d’ordine psicosociale, civile, politico, giuridico connesse a tali vicende. A tale concezione della storia e della sua scienza Marx ed Engels hanno attribuito, non a torto, la qualifica di “materialistica” . [Il concetto va ripreso dal manuale, “La dialettica della storia”, pp.117, fino al punto indicato]. 20 7. Il Manifesto Il Manifesto del partito comunista (1848), nel quale Marx si propone di esporre “in faccia al mondo” gli scopi e i metodi dell’azione rivoluzionaria, nasce dalla collaborazione di Marx ed Engels con i comunisti tedeschi riuniti a Londra nella Lega dei giusti, poi Lega dei comunisti. Questo scritto rappresenta la summa della concezione marxista del mondo, oltre a essere uno dei testi più significativi della letteratura politica di ogni epoca. Se nell’Ideologia tedesca Marx pone come motore dello sviluppo sociale la dialettica tra forze produttive e rapporti di produzione, nel Manifesto individua, come soggetto di storia, la lotta fra le classi. Le forze produttive e i rapporti di produzione non sono “strutture senza soggetto”, in quanto sono incarnate concretamente da quei gruppi di “individui umani viventi” che sono le classi. I punti salienti del Manifesto sono: • • • • l’analisi della funzione storica della borghesia; il concetto della storia come lotta di classe; il rapporto fra proletari e comunisti; la critica dei socialismi non scientifici. Nella prima parte del Manifesto Marx descrive, con un’eloquenza brillante, la vicenda storica della borghesia, sintetizzandone, dal suo punto di vista, meriti e limiti. A differenza delle classi che hanno dominato nel passato, che tendevano alla conservazione statica dei modi di produzione, la borghesia, secondo Marx, non può esistere senza rivoluzionare continuamente gli strumenti di produzione e tutto l’insieme dei rapporti sociali. Di conseguenza, la borghesia appare una classe costituzionalmente dinamica, che ha dissolto non solo le vecchie condizioni di vita, ma anche idee e credenze tradizionali. La borghesia ha modificato la faccia della Terra in una misura che non ha precedenti nella storia, mostrando ai popoli che cosa possa l’attività umana. La borghesia ha realizzato per la prima volta l’unificazione del genere umano, poiché il bisogno di uno smercio sempre più esteso per i suoi prodotti l’ha spinta a percorrere tutto il globo terracqueo. Agevolando le comunicazioni e trascinando nella civiltà tutti i paesi, assoggettando l’Oriente all’Occidente, è riuscita a costruire un mercato mondiale e a porre le basi per un reale cosmopolitismo. Nello stesso tempo ha assoggettato la campagna alla città, distruggendo le antiche civiltà contadine e creando centri urbani immensi. In una parola, scrive Marx, essa si è creata un mondo a propria immagine e 21 somiglianza. Senonché questa borghesia, che ha evocato come per incanto forze cosi gigantesche, assomiglia allo stregone che non riesce più a dominare le potenze infernali da lui evocate. Infatti, tutti i mezzi che essa stessa ha prodotto le si rivoltano contro e minacciano la stessa sua sopravvivenza. “La moderna società borghese sorta dalla rovina della società feudale, non ha eliminato i contrasti tra le classi – scrive Marx –. Essa ha posto soltanto nuove classi, nuove condizioni di oppressione, nuove forme di lotta in luogo di antiche” (Manifesto). Con la società borghese nasce infatti una nuova e definitiva lacerazione sociale: quella tra la classe capitalistica e il proletariato. Sono proprio i proletari gli uomini che useranno contro la borghesia quelle armi (cioè l’insieme di strumenti economici) che in precedenza essa aveva usato contro la società feudale. Non solo, poiché per una legge interna al proprio sviluppo la borghesia produce sempre nuovi proletari, essa fa sì che la lotta del proletariato contro la borghesia divenga la lotta della enorme maggioranza degli sfruttati nell’interesse dell’enorme maggioranza. Il proletariato appare così l’unica classe veramente rivoluzionaria, l’unica classe capace di sovvertire l’ordine capitalistico e di sostituire a esso non il predominio di una classe sull’altra, ma la compiuta liberazione dell’umanità resa possibile dalla società comunista che il proletariato è chiamato a edificare. 22 8. Caratteri del comunismo Con la concezione materialistica della storia il socialismo acquista una base scientifica, costruita sull’analisi del processo storico (a differenza del socialismo utopistico che lavora sul piano dell’immaginazione inventiva). Il marxismo si configura come socialismo scientifico in quanto ritiene di avere individuato i meccanismi e le leggi – economiche – che governano la realtà, e che presiedono al suo cambiamento. In questo quadro si inserisce la teoria della rivoluzione comunista, che non va concepita come l’iniziativa volontaristica di un gruppo più o meno ampio di individui (secondo una tesi troppo a lungo diffusa), ma come il frutto di un processo storico. Molti studiosi hanno notato la grande cautela e sobrietà con cui, anche nei testi politici più maturi, Marx ed Engels hanno parlato di un concreto sistema di vita di stampo comunista. Pur richiamandolo più volte nelle sue opere, Marx affronta infatti in modo rapido, per non dire reticente, il problema dei caratteri della futura società comunista. Di essa egli non dà alcuna descrizione o immagine predefinita, sul tipo di quelle – troppe – che circolano al suo tempo, per lo più di ispirazione utopica. Dietro questa cautela stava certo un’intima diffidenza nei confronti dell’utopismo radicaleggiante, anarchico e ingenuo rilanciato in anni recenti da Saint-Simon, Fourier e Proudhon: un utopismo considerato espressione di un pensiero astratto e condannato ab initio alla sterilità e al velleitarismo, superato in ogni caso dal socialismo di tipo scientifico. E’ nell’Ideologia tedesca che viene, in particolare, delineata la prospettiva scientificorivoluzionaria del comunismo, la quale ha ben poco in comune con i precedenti programmi e disegni comunisti succedutisi lungo la storia delle idee. Il comunismo secondo Marx ed Engels non coincide né con una più o meno generosa utopia, né con una più o meno valida protesta morale contro l’ingiustizia e a favore di una nuova uguaglianza fondata sulla comunanza dei beni. Il comunismo, si legge proprio nell’Ideologia tedesca, è in qualche modo inscritto nello stesso “movimento reale” della storia. Ciò significa, anzitutto, che esso non si affida alla buona volontà, allo spirito di sacrificio di alcune “anime belle” (come le chiamava Hegel). Si fonda, invece, sulla logica di vicende oggettive che lo sguardo del teorico non tanto crea, quanto illumina di luce più intensa, facilitandone così lo sviluppo. Sebbene sia incline a ritenere che il processo rivoluzionario implichi per lo più forme violente, come dimostra la storia, Marx, soprattutto nella fase matura del suo pensiero, non esclude che esso possa avvenire in forme pacifiche. Prodotto, dunque, dalla stessa realtà storica, il comunismo sta in certa misura maturando già ora. 23 La sua prima manifestazione (o precondizione) comincerà a profilarsi visibilmente • • • quando lo sviluppo dei mezzi produttivi sarà entrato nel massimo contrasto coi rapporti sociali di produzione; quando il processo di accumulazione capitalistica avrà completamente espropriato e alienato la “massa dell’umanità”; quando tale processo avrà internazionalizzato (anzi universalizzato) il potere del capitale e, insieme, l’asservimento del proletariato. Ciò significa che, al di là dell’impegno pratico degli uomini, perché si inneschi un processo rivoluzionario sono richiesti tempi e condizioni storiche definiti, riscontrabili solo in società capitalistiche mature. Queste condizioni sono che: • la produzione capitalistica sia tanto diffusa da provocare un fenomeno di espropriazione esteso pressoché all’umanità intera e, nello stesso tempo • abbia prodotto un grande aumento di ricchezza, accentuando le distanze tra chi detiene il potere e la massa dei lavoratori espropriati. Nel momento in cui elabora questa tesi, Marx osserva che la contraddizione fra lo sviluppo delle forze produttive e i rapporti sociali di produzione – contraddizione che sta alla base del passaggio da una fase storica a un’altra – si configura come contrasto tra il carattere sempre più sociale assunto dalla produzione e la natura sempre più privatistica dei mezzi di produzione, tra l’estendersi della classe dei lavoratori subordinati e il concentrarsi della proprietà nelle mani di pochi. E’ dunque la radicalizzazione di una determinata situazione socio-economica e politica — una radicalizzazione implicante il fronteggiarsi ormai antinomico di un massimo di potere e di un massimo di miseria — che aprirà la fase operativa della rivoluzione comunista. In questa situazione, infatti, i proletari saranno quasi costretti ad “appropriarsi della totalità delle forze produttive esistenti non solo per arrivare alla loro manifestazione personale, ma semplicemente per assicurare la loro stessa esistenza”. In altri testi, viceversa, Marx ed Engels attribuiscono un grande rilievo anche alla componente della consapevolezza e della concreta iniziativa trasformatrice della classe rivoluzionaria. Il comunismo, insomma, in questi testi, potrà emergere solo dall’azione congiunta del soggetto e della storia, dall’attiva lotta soggettiva contro il sistema capitalistico e dalla maturazione di precise condizioni oggettive. Nell’Ideologia tedesca Marx ed Engels, se da un lato insistono molto sulla natura storicoprocessuale della rivoluzione comunista, dall’altro esaminano con estrema attenzione anche i contenuti e i modi dell’azione rivoluzionaria. Essa non può, anzitutto, consistere in una mera riforma dell’esistente: • ridistribuzione più equa delle ricchezze; 24 • • maggiore democratizzazione della vita politica; riforma delle leggi e degli istituti giuridici. Sotto tale profilo quella comunista deve essere una vera e propria rivoluzione. Una rivoluzione che aggredisce non i frutti ma le radici, non le conseguenze ma le cause: è per questo che, in particolare, essa “si rivolge contro il modo dell’attività che si è avuto finora, sopprime il lavoro e abolisce il dominio di tutte le classi insieme con le classi stesse”. D’altra parte, però, la rivoluzione non consiste in una mera distruzione dell’esistente. Come ormai sappiamo, Marx ed Engels non pronunciano una condanna di tutto quanto la borghesia ha saputo produrre nell’era del suo predominio. Per questo il pensiero marxiano — sia nell’Ideologia tedesca che in testi successivi — ha sempre mostrato scarsissima simpatia per le varie versioni di rivolta romantico-nichilista contro il Moderno diffusesi lungo tutto il corso dell’Ottocento. Marx, in altre parole era persuaso che la rivoluzione comunista consistesse in un processo assolutamente irriducibile al mero uso del conflitto armato. Il “nuovo umanesimo” di cui parla Marx sarà caratterizzato da due momenti decisivi: il socialismo e il comunismo. Immediatamente dopo la rivoluzione, la forma politica dello stato socialista sarà quella della • dittatura del proletariato, • mentre l’economia si fonderà sulla negazione della proprietà privata e la progressiva statalizzazione e collettivizzazione dell’industria e dell’agricoltura. Ma il socialismo non è ancora la realizzazione del comunismo: la fase socialista della società nuova è ancora troppo vicina al vecchio mondo abbattuto dalla rivoluzione. In questa fase il principio distributivo della ricchezza sarà quello della corresponsione della retribuzione secondo il valore del lavoro effettivamente prestato, in un contesto che ha eliminato la proprietà privata. La fase del socialismo occuperà un’intera epoca storica, sulla cui durata, però, Marx non azzarda previsioni. In questa fase le nuove condizioni sociali ed economiche e lo sviluppo delle forze produttive favoriranno la nascita di una coscienza nuova della responsabilità etica, quindi della giustizia sociale, e la cancellazione di ogni forma di subordinazione e sfruttamento. A conclusione di questo processo si aprirà infine la fase del comunismo. 25 Nella misura in cui il comunismo vuol configurarsi come l’instaurazione di un “ordine nuovo”, dotato di un indice di razionalità e di giustizia più elevato di quello del vecchio ordine, esso deve impegnarsi soprattutto in una sistematica, approfondita trasformazione/innovazione delle strutture socio-economiche fondative del sistema capitalistico. Coerentemente con i principi acquisiti in sede di riflessione storico-teorica, gli obiettivi primari del processo rivoluzionario vengono così identificati nella: soppressione della proprietà privata; nella socializzazione dei mezzi di produzione; nella soppressione delle classi sociali; nell’estinzione dello stato e dunque della politica e della burocrazia come sfere indipendenti e autonome. E’ il ritratto di una società omogenea e compatta, senza squilibri di sorta, perfettamente armonica, solidale, concorde. In una parola, una società completamente unificata. Solo la soppressione della proprietà privata e delle differenze economico-sociali sopprimerà le radici di qualunque conflittualità, di qualunque antagonismo. Ciò consentirà il sorgere di una società affrancata da un’organizzazione eretta sullo sfruttamento dell’uomo da parte dell’uomo. L’individuo sarà il responsabile dello sviluppo del proprio essere, nella corretta cooperazione con gli altri individui. E’ l’affermazione di una convivenza tra uguali fondata su una giustizia e una libertà non più formali ma sostanziali. La rivoluzione comunista e i suoi scopi La rivoluzione comunista può avere successo quando: • La produzione capitalista è tanto diffusa da provocare un’espropriazione estesa dell’umanità intera; • Si è accentuata la distanza fra chi detiene il potere e la grande massa dei lavoratori espropriati In tal caso essa dovrà: • Redistribuire i rapporti di forza all’interno della società intaccandone i meccanismi economici; • Abolire il lavoro nella sua forma alienata; • Sopprimere le classi sociali. 26