Quaderno IX Nietzsche e la genealogia della morale Friedrich Wilhelm Nietzsche Tra i massimi filosofi e prosatori di ogni tempo, Nietzsche ebbe un'influenza indiscutibile, sul pensiero filosofico, letterario, politico e scientifico del XX secolo. La sua filosofia è uno spartiacque fra la filosofia tradizionale e un nuovo modello di riflessione. Nietzsche scrisse saggi e opere aforistiche sulla morale, la religione , la società moderna, la scienza, intrise di una profonda lucidità ed avversione alla metafisica, di una forte carica critica, sempre sul filo dell'ironia e della parodia. Nella sua filosofia si distingue una fase wagneriana, che comprende La Nascita della Tragedia e le Considerazioni inattuali, in cui il filosofo combatte a fianco di Richard Wagner per una "riforma mitica" della cultura tedesca. Questa fase sarà poi abbandonata e rinnegata con la pubblicazione di Umano, troppo umano – nella stagione cosiddetta "illuministica" del suo pensiero –, per culminare infine, pochi anni prima del crollo nervoso - probabile conseguenza di una patologia neurologica ereditaria – che metterà fine alla sua attività, nella fase più prominente del suo pensiero (quella della trasvalutazione dei valori e del nichilismo attivo, costellata dai concetti di oltreuomo, eterno ritorno e volontà di potenza) che ha il suo apice e inizio con la pubblicazione del celeberrimo Così parlò Zarathustra. Da Genealogia della morale. Uno scritto polemico, trad.it. a cura di Mazzino Montinari Adelphi edizioni, Milano, 1984-1999. Del resto per quanto riguarda la vita, le cosiddette “esperienze” – chi di noi ha anche soltanto una sufficiente serietà per queste cose? O abbastanza tempo? A questo proposito temo che non si sia mai stati “dentro la faccenda”…A somiglianza invece di un uomo divinamente distratto o sprofondato in sè stesso, cui la campana, con i suoi dodici rintocchi di mezzodì ha or ora a più non posso rintronato le orecchie, il quale si risveglia di soprassalto e si chiede “Che razza mai di rintocchi son questi?”, anche noi talvolta ci stropicciamo, troppo tardi, le orecchie e ci chiediamo, estremamente stupiti e perplessi: “Che cosa abbiamo allora veramente vissuto?”, o più ancora “Chi siamo noi in realtà?” In realtà il problema dell’origine del male già mi correva dietro quando avevo tredici anni… - e per quanto concerne la mia soluzione del problema, a quel tempo, ebbene, come è logico, resi l’onore a Dio e feci di lui il padre del male…Fortunatamente appresi per tempo a distinguere il pregiudizio teologico da quello morale e non cercai più l’origine del male dietro il mondo…trasformai il mio problema nell’altro: in quali condizioni l’uomo è andato inventando quei giudizi di valore: buono e cattivo? E quale valore hanno in se stessi? …vidi nella morale della compassione, che si andava estendendo sempre più, che aggranfiava e ammaliava persino i filosofi, il sintomo più inquietante della nostra cultura europea Enunciamola questa nuova esigenza: abbiamo bisogno di una critica dei valori morali, di cominciare a porre una buona volta in questione il valore stesso di questi valori… …fino ad oggi non si è neppure avuto il minimo dubbio o la minima esitazione nello stabilire “il buono” come superiore, in valore, al malvagio…Come? E se la verità fosse il contrario? Come? E se nel bene fosse insito anche un sintomo di regresso, come pure un pericolo, una seduzione, un veleno, un narcoticum, attraverso il quale a un certo punto il presente vivesse a spese dell’avvenire? E’…del tutto evidente quale colore debba essere per un genealogista della morale cento volte più importante del bianco delle nuvole; intendo dire il grigio, il documentato, l’effettivamente verificabile, l’effettivamente esistito, insomma tutta la lunga, difficilmente decifrabile, scrittura geroglifica del passato morale dell’uomo! …: il giudizio di “buono” non procede da coloro ai quali viene data prova di “bontà”! Sono stati invece gli stessi buoni, vale a dire i nobili, i potenti, gli uomini di condizione superiore e di elevato sentire ad aver avvertito e determinato se stessi e le loro azioni come buoni,… …ci si potrebbe permettere di concepire l’origine stessa del linguaggio come un’estrinsecazione di potenza da parte di coloro che esercitano il dominio: costoro dicono “questo è questo e questo”… …questa utilità è stata piuttosto in ogni tempo l’esperienza quotidiana…perciò invece di dileguarsi dalla coscienza, invece di diventare obliabile, dovette imprimersi con sempre maggior chiarezza nella coscienza. …A offrirmi l’indicazione della via giusta fu il problema di quel che devono propriamente significare, sotto il riguardo etimologico, le designazioni di “buono” coniate nelle diverse lingue: trovai allora che esse si riconducono tutte a un’identica metamorofosi concettuale – che ovunque “nobile”, “aristocratico”, nel senso di ceto sociale, costituiscono il concetto fondamentale da cui ha tratto necessariamente origine e sviluppo l’idea di “buono”. …Bonus quindi come uomo della disputa, della disunione…come guerriero… …Il “puro” è, fin dall’inizio, semplicemente un uomo che si lava, che si proibisce certi cibi, i quali comportano malattie della pelle, che non si unisce carnalmente alle donne sordide del basso popolo, che ha orrore del sangue – e nulla più, non molto di più! D’altro canto, risulta indubbiamente chiara, dall’intero tipo, dall’intero tipo di un’aristocrazia essenzialmente sacerdotale, la ragione per cui è precisamente qui che si poterono ben presto interiorizzare e acutizzare in maniera pericolosa i contrasti di valutazione;… In siffatte aristocrazie sacerdotali e nelle consuetudini ivi dominanti…esiste sin dal principio qualcosa di non sano… …metteteci per giunta l’intera metafisica dei preti, nemica dei sensi, atta a impoltronire e a scaltrire…Presso i sacerdoti tutto diventa appunto più pericoloso,…ma anche superbia, vendetta, sagacia, dissolutenzza, amore, sete di dominio, virtù, malattia…si potrebbe anche aggiungere che soltanto sul terreno di questa umana forma di esistenza, essenzialmente pericolosa, quella cioè dei preti, l’uomo è divenuto in generale un animale interessante, e che soltanto qui l’anima umana ha acquisito profondità in un superiore significato ed è diventata malvagia – e sono anzi queste le due forme fondamentali della superiorità che ha avuto sino ad oggi l’uomo sugli altri animali. …Questo Gesù di Nazareth, vangelo vivente dell’amore, questo “redentore”, che portava la beatitudine e la vittoria ai poveri, agli infermi, ai peccatori – non era esattamente la seduzione nella sua forma più inquietante e più inarrestabile…? Posto che sia stato vero…che cioè il senso di ogni civiltà sia appunto quello di disciplinare con l’educazione la bestia da preda “uomo” così da farne un animale mansuefatto e civilizzato, un animale domestico, si dovrebbe cosiderare.. tutti questi istinti di reazione e di ressentiment…come i peculiari strumenti della civiltà… …La vista dell’uomo rende ormai stanchi – che cos’altro è oggi nichilismo, se non è questo?...Noi siamo stanchi dell’uomo… …non esiste alcun “essere” al di sotto del fare, dell’agire, del divenire; colui che fa non è che fittiziamente aggiunto al fare – il fare è tutto. Per un istinto di autoconservazione, di autoaffermazione, in cui ogni menzogna suole purificarsi, questa specie di uomini ha bisogno della credenza nell’indifferente libertà di scelta del “soggetto”. Ma basta! Finiamola! Non ne posso più. Aria cattiva! Aria cattiva! Quest’officina dove si fabbricano ideali – mi sembra che esali unicamente fetore di menzogne… In realtà tutte le tavole di valore, tutti i “tu devi” noti alla storia e all’indagine etnologica, avrebbero bisogno innanzitutto della chiarificazione e interpretazione fisiologica, prima ancora, in ogni caso, di quella psicologica. …E’ possibile indovinare in anticipo che il concetto di coscienza…ha già dietro di sé una lunga storia e metamorofsi di forme. Il sentimento della colpa, della nostra personale obbligazione…ha avuto…la sua origine nel più antico e originario rapporto tra persone che esista, nel rapporto tra compratore e venditore, creditore e debitore… Per bene che si sia compresa l’utilità di un qualsiasi organo fisiologico (o anche di un’istituzione politica, di un costume sociale, di un uso politico, di una determinata forma nelle arti o nel culto religioso), non è perciò stesso ancora compreso nulla relativamente alla sua origine…Così ci si è figurata la pena come fosse inventata per castigare. Ma tutti gli scopi, tutte le utilità sono solamente indizi del fatto che una volontà di potenza ha imposto la sua signoria su qualcosa di meno potente e gli ha impresso, sulla base del proprio arbitrio, il senso di una funzione… (E’ oggi impossibile dire esattamente per quale ragione si addiviene alla pena: tutte le nozioni, in cui si condensa semioticamente un intero processo, si sottraggono alla definizione; definibile è soltanto ciò che non ha storia)… Considero la cattiva coscienza come quella grave malattia in balìa della quale doveva cadere l’uomo sotto la questione della più radicale tra tutte le metamorfosi che egli abbia mai vissuto – quella metamorofosi in cui si venne a trovare… incapsulato nell’incantesimo della società e della pace. (…la volontà di potenza): solo che la materia su cui si scatena la natura plasticamente formatrice e tirannica di questa forza, è qui…lo stesso uomo, il suo intero, animalesco, antico sé – e non, come in quell’altro fenomeno più grande e più appariscente, l’altro uomo, gli altri uomini. Con la moralizzazione delle nozioni di colpa e di dovere, con il loro spostarsi indietro nella cattiva coscienza, si è fatto realmente il tentativo di rovesciare la direzione dello sviluppo…o per lo meno di arrestarne il movimento:…ora lo sguardo deve…proiettarsi all’indietro…ma contro chi?...in primo luogo contro il debitore, in cui ormai la cattiva coscienza…cresce a tal punto…che insieme all’irrisarcibilità della colpa si finisce per concepire anche l’inestinguibilità dell’espiazione, il pensiero della irrisarcibilità di quella (della pena eterna)…; e infine persino contro il creditore, sia che si pensi alla causa prima dell’uomo, all’inizio del genere umano, al suo progenitore, il quale ormai è colto da una maledizione…oppure alla natura dal cui grembo nasce l’uomo e in cui ormai è immesso il principio del male… Bello – ha detto Kant – è quel che piace in guisa disinteressata. Disinteressata! Si confronti questa espressione con quell’altra espressa da uno “spettatore” e artista vero – Stendhal, che chiama il bello une promesse de bonheur…Chi ha ragione Kant o Stendhal? …che cosa significa l’omaggio tributato da un filosofo all’ideale ascetico?... Incontestabilmente, finchè sulla terra ci saranno filosofi, ovunque siano esistiti filosofi…, sussiste una particolare irritazione e astiosità filosofica contro la sensualità – Shopenhauer ne è solo il più eloquente sfogo… …Che significa dunque l’ideale ascetico in un filosofo?...: alla sua vista sorride il filosofo, come di fronte ad un optimum delle condizioni di suprema e arditissima spiritualità – e con ciò non nega “l’esistenza”, sibbene afferma in essa la sua esistenza e unicamente la sua esistenza, e questo forse fino al punto da non restargli lontano l’empio desiderio: pereat mundus, fiat philosophia, fiat philosophus, fiam!… Ricapitoliamo in brevi formule tutto questo stato di fatto: lo spirito filosofico ha sempre dovuto innanzitutto traverstirsi nei tipi anteriormente stabiliti dell’uomo contemplativo, come sacerdote, mago, indovino, come uomo religioso in generale, per essere in qualche misura anche soltanto possibile…Ma si sono realmente mutate le cose?...V’è oggi già abbastanza fierezza, audacia, valentìa, certezza di sé, volontà di spirito, volontà di responsabilità, libertà del volere, perché realmente ormai, sulla terra “il filosofo” – sia possibile? Una vita ascetica è…un’autocontraddizione: domina qui un ressentiment senza uguali, quello di un insaziato istinto e una volontà di potenza che vorrebbe signoreggiare non su qualcosa della vita ma sulla vita stessa…qui si consuma il tentativo di impiegare la forza per ostruire le sorgenti della forza; qui lo sguardo si rivolge contro, astioso e perfido contro la stessa prosperità fisiologica, in particolare contro la sua espressione, la bellezza, la gioia; mentre si avverte e si ricerca un compiacimento dell’insuccesso,…dell’espiazione volontaria, dell’autorinuncia, della flagellazione e dell’olocausto di sé stessi… …L’uomo, l’animale uomo non ha avuto fino a oggi alcun senso. La sua esistenza sulla terra è stata vuota di ogni meta…Questo appunto significa l’ideale ascetico: che qualche cosa mancava,… – egli non sapeva giustificare, spiegare, affermare se stesso, soffriva del problema del suo significato…L’assurdità della sofferenza, non la sofferenza, è stata la maledizione che fino a oggi è dilagata su tutta l’umanità – e l’ideale ascetico offrì a essa un senso!...un qualsiasi senso è meglio che nessun senso…l’enorme vuoto parve colmato…– l’uomo venne in questo modo salvato, ebbe un senso, non fu più da quel momento una foglia al vento, un trastullo dell’assurdo, del “senza senso”, ormai poteva volere qualcosa – e soprattutto…restava salvata la volontà stessa. …: questo odio contro l’umano, più ancora contro il ferino, più ancora contro il corporeo, questa ripugnanza ai sensi, alla ragione stessa, il timore della felicità e della bellezza, questo desiderio di evadere da tutto ciò che è apparenza, trasmutamento, divenire, morte, desiderio, dal desiderare stesso – tutto ciò significa…una volontà del nulla …E per ripetere ciò che dissi all’inizio: l’uomo preferisce ancora volere il nulla, piuttosto che non volere…